Archivio del Tag ‘progressisti’
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Hillary Clinton, una psicopatica a capo della psicoguerra
Strategia della distrazione: come annunciato già nel lontano 2007 da Alessandro Marescotti e Carlo Gubitosa, esponenti di “Peacelink”, «la più grande base Nato del Mediterraneo è ora senza alcuna opposizione», dato che «tutti sono concentrati su rigassificatore, emergenza Ilva e morti per cancro». Analisi puntualmente confermata dalla cronaca di oggi: via i veleni dell’Ilva, lasciando così via libera ai veleni dei sommergibili nucleari, di cui però i cittadini non potranno e dovranno sapere nulla, anche grazie al silenzio totale del governatore pugliese Nichi Vendola. Lo scrive il blog “Anarchismo Comidad” in un intervento ripreso da “Megachip”: «Si consente di lottare e informare contro i poteri forti, ma non contro i poteri fortissimi». Perciò a Taranto la Nato non la si nomina neppure, mentre il ministro degli esteri Giulio Terzi esorta la Russia ad abbandonare Assad al suo destino, pena la caduta della Siria nelle mani di Al-Qaeda: come se il ministro non sapesse che le milizie islamiche anti-Damasco sono direttamente finanziate da Qatar e Arabia Saudita, fedelissimi vassalli della Nato.
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Cremaschi: spiegate a Vendola che si è alleato col nemico
In una delle sue ultime interviste il grande regista Mario Monicelli così rispose a a una domanda sulle speranze per il futuro: «La parola speranza è solo un imbroglio, serve a tener buoni coloro che dovrebbero ribellarsi, la parola che ci vuole in Italia è rivoluzione». Nichi Vendola propone di chiamare “polo della speranza” il ricostituito centrosinistra di cui vuole fare parte. Siamo ad una stanca replica della commedia: il centrosinistra progressista, ma naturalmente anche responsabile, contro Berlusconi. Casini, in mezzo, che si prepara all’alleanza, ma non lo dice chiaramente perché deve tenere conto di Vendola. Intanto i principali giornali che sostengono Monti, cioè quasi tutti, spiegano che le prossime elezioni saranno a sovranità limitata, perché chiunque governi dovrà solo portare avanti il programma di austerità e “riforme” dell’attuale governo e della Bce.
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Serve un Partito d’Azione, contro la Coalizione del Colle
Qualcuno deve aver fatto credere al Colle più alto che in Italia sia già stato introdotto il (semi) presidenzialismo alla francese, visto che Giorgio Napolitano si comporta ormai quotidianamente come se agenda, priorità, orientamenti dell’attività di governo fossero in suo potere. Del resto, quando si cominciano ad accampare pretese di “prerogative” inesistenti (vedi accuse alla Procura di Palermo), è facile che venga la bulimia, se il coro partitocratico e massmediatico intona il “Te Deum” anziché pronunciare l’altolà che logica e buon senso vorrebbero. Perciò succede questo: da qualche giorno Roma è tappezzata di manifesti del “Popolo della libertà” di Berlusconi e Alemanno, che “sparano” il presidenzialismo come cosa fatta, precisando che l’approvazione è solo del Senato in un corpo tipografico più pudibondo.
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Atroci sofferenze inutili: Monti ha fallito tutti gli obiettivi
È possibile fare un breve e disincantato bilancio del governo Monti? La prima, avvilente constatazione, è che in quasi 9 mesi di “riforme” e di “vertici decisivi” la montagna del debito pubblico italiano non è stata neppure scalfita. Anzi si è fatta ancora più alta e imponente. Il debito ammontava a 1.897 miliardi di euro nel dicembre 2011, oggi è arrivato a. 1.966.Dunque, la ragione fondamentale della nostra condizione di rischio, la causa causarum delle nostre difficoltà presenti e future si è ulteriormente aggravata. Lo spread si mantiene elevato e torna sui 500 punti. Il Pil – questo vecchio totem delle società capitalistiche – è nel frattempo diminuito e diminuirà ancora. Scenderà di oltre il 2% nel 2012. Dicono gli esperti che si riprenderà nel 2013. Ma per quale felice congiunzione degli astri non è dato sapere. Qui, infatti, la scienza economica si muta in astrologia, dà gli oroscopi.
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Guerra all’Italia: torneremo poveri come cent’anni fa
Nel disinteresse generale il Parlamento ha approvato il Fiscal Compact. E questo disinteresse, costruito dalla disinformazione di regime, è l’ultimo segnale del disfacimento della nostra democrazia. In tutta Europa, di Europa si discute e sull’Europa ci si divide. In Irlanda si è fatto un referendum. Da noi una Camera quasi vuota e con l’assenza dei principali leaders, approva il più brutale e vasto servaggio economico della storia repubblicana. Secondo quel patto, che i cittadini non per colpa loro ignorano, l’Italia si impegna a dimezzare in venti anni lo stock del debito pubblico. Cioè dobbiamo pagare 1000 miliardi, 50 all’anno. In aggiunta agli interessi che ora ci costano 80 miliardi all’anno. Insomma un costo paragonabile alle riparazioni di una guerra perduta. E di guerra infatti ha parlato Monti, guerra al popolo italiano.
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Pucciarelli: ecco perché il Pd non è un partito di sinistra
In Italia esistono tre destre: la destra di Berlusconi, che si traduce nel fare gli interessi di Berlusconi; la destra dei tecnocrati, che si traduce nel fare gli interessi di chi ha di più; e poi il Pd, che si traduce nel fare gli interessi di chi ha di più. Cosa cambia fra tecnocrati e Pd? Che i tecnocrati lo fanno con naturalezza, nel Pd lo si fa con lo zelo tipico di chi vuole emendarsi dalle colpe passate. In questo caso, aver militato in un partito denominato “comunista”. Il dirigente piddino ha perduto (volutamente, pervicacemente) ogni legame col proprio passato alla fondazione del Pd stesso. Con la scusa di disfarsi dei vecchi simboli – ricordate?, tutto quell’armamentario fatto di bandiere rosse, feste dell’Unità, la dizione “di sinistra”, le sezioni trasformate in circoli e così via – ha consentito a se stesso di fare il salto di qualità: abiura totale in cambio del fedele servizio alla Causa. Cioè levarsi dai coglioni il mondo del lavoro per sposare il mondo dei datori di lavoro. Scusate se è poco.
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Bagnai: perché Hollande sarà costretto a tradire gli elettori
Gli ottimisti la vedono come Gad Lerner, che “festeggia” la sconfitta europea di Angela Merkel: che in Francia perde il suo fedele alleato Sarkozy e in Grecia vede vacillare il suo “commissario” Lucas Papademos, indebolito dal crollo dei due partiti storici della democrazia ellenica, i conservatori di Nuova Democrazia e i socialisti del Pasok. Brutte notizie anche dal fronte interno tedesco: nello Schleswig-Holstein la Cdu segna un record negativo, anche se la Spd e i Verdi non possono gioire, perché il successo dei “Pirati” toglie loro i consensi necessari per una tradizionale “alternativa progressista”. Ma poi, naturalmente, ci sono anche i pessimisti. Fra questi, l’economista Alberto Bagnai, che “smonta” il successo di Hollande: la Francia in piena crisi è a un passo dal dramma, e – nonostante le promesse dei socialisti – anche su Parigi potrebbe spalancarsi il baratro del “massacro sociale”.
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Riforma? No, truffa. Ma la legge siamo noi: cacciamoli
Oggi voglio parlarvi di una truffa e di una aggressione di cui sono vittime milioni di italiani, in queste ore. Chi sono i truffatori? Si chiamano: Bersani, Alfano, Casini. Chi sono gli aggressori? Monti e Fornero – come simboli, diciamo; tanto per non far nomi. Che cos’è questa truffa? E’ la cosiddetta riforma del lavoro. Riforma? Questo è un classico esempio della neo-lingua di Orwell. Una volta, “riforma” significava: cambiamento in positivo. Adesso, “riforma” significa: aggressione. Questa riforma è un’aggressione, ma la chiamano riforma. La cosa che colpisce più di tutte è la pantomima alla quale stiamo assistendo, con la complicità naturalmente di gran parte dei media – ma questo ormai è scontato, e chi mi segue sa che io considero il “mainstream” la cloaca nella quale è stata gettata la democrazia italiana.
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Galtung: licenza di uccidere, su ordine del fascista Obama
Barack Obama? Il capo di una «nazione-killer», che – per cercare di rallentare il proprio inesorabile declino imperiale – sperimenta un nuovo «fascismo globale», senza frontiere, fatto di terrorismo di Stato e uccisioni mirate ma molto imprecise, con migliaia di vittime civili. Lo afferma l’insigne sociologo norvegese Johan Galtung. In piena crisi, incalzato dai repubblicani, Obama «si rigioca il trucco retorico progressista che lo ha portato al potere nel 2008», anche se appena due anni dopo «si è svelato il bluff», subito punito dal rovescio elettorale delle votazioni di medio termine. Il pericolo? Si chiama fascismo, dice letteralmente Galtung, che avverte: «Ce n’è una varietà nazionale e una globale». Obama spia gli americani violando la loro privacy. E in più, addestra reparti-killer per eliminare segretamente “nemici” in tutto in mondo, americani e non.
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Decrescita è democrazia, contro la dittatura che ci assedia
«La decrescita è il riflusso di un torrente straripato: siccome il fiume dell’economia è uscito dagli argini, è quanto mai auspicabile che vi rientri». Si intitola “Per un’abbondanza frugale” l’ultimo saggio dell’eco-intellettuale francese Serge Latouche, che insiste ancora, innanzitutto, sul concetto di decrescita come via d’uscita dalla crisi: per Latouche si tratta di un “orizzonte di senso” per abbandonare la società dei consumi, ma anche un obiettivo politico a breve termine, «da opporre alle pseudoterapie neoliberali o keynesiane nella situazione attuale di depressione repressiva», osserva Luca Barbirati nella sua recensione. La ricetta? Economia locale a filiera corta, lavori socialmente utili e orario ridotto: anche solo 4 ore al giorno.
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Rigore? No, sovranità: così l’Argentina ha fatto il miracolo
Esattamente dieci anni fa, tra il 19 e il 20 dicembre 2001, l’Argentina esplodeva. Fernando de la Rúa, ultimo presidente di una notte neoliberale durata 46 anni, appoggiato da una maggioranza nominalmente di centro-sinistra, sparava sulla folla (i morti furono una quarantina) ma era costretto a fuggire dalla mobilitazione di un paese intero. Le banche e il Fondo Monetario Internazionale gli avevano imposto di violare il patto con le classi medie sul quale si basa il sistema capitalista: i bancomat non restituivano più i risparmi e all’impiegato Juan Pérez, alla commerciante María Gómez, all’avvocato Mario Rodríguez era impedito di usare i propri risparmi per pagare la bolletta della luce, la spesa al supermercato, il pieno di benzina.
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Maggiani: addio Pd, rinuncio a votare alle regionali
L’altra mattina ho ricevuto la telefonata di un candidato alle prossime elezioni regionali che mi ha chiesto se gli facevo la cortesia di dichiarare pubblicamente la mia intenzione di voto a suo favore. Ho risposto che no, grazie, e il richiedente si è proclamato sinceramente addolorato per il mio diniego. La sincerità del suo addoloramento mi ha colpito. Quell’uomo è una brava persona, come amministratore so che si è comportato correttamente e so anche che gode di un certo seguito tra i suoi potenziali elettori. Se decidessi mai di andare a votare per il governo regionale, è probabile che nel segreto dell’urna darei a lui la mia preferenza