Archivio del Tag ‘potere’
-
Austerità, emergenza umanitaria: 5,8 miliardi le vittime
La chiamano austerità, come se fosse una condizione transitoria, ma è ormai un’emergenza umanitaria che colpisce soprattutto i più deboli, non solo in Europa: si parla di 5,8 miliardi di vittime, in tutto il pianeta. Secondo dati del Fondo Monetario Internazionale, nel 2013 ben 119 paesi del mondo passeranno attraverso pesanti “aggiustamenti” della loro spesa pubblica, e l’anno prossimo il numero di paesi investiti dalle “riforme strutturali” salirebbe a 131, secondo un trend destinato a crescere inesorabilmente almeno fino al 2016. Lo conferma anche uno studio della Columbia University, in collaborazione con il “South Centre”, intitolato “The Age of Austerity”. Obiettivo invariabile: colpire la spesa pubblica, cioè la sovranità democratica degli Stati, sempre più deboli di fronte agli appetiti dei globalizzatori verso le grandi privatizzazioni raccomandate dall’ideologia neoliberista, principale responsabile del disastro planetario in corso.
-
Opposizione non pervenuta: non osa denunciare Bruxelles
Ce lo dice lo spread: per ora, i padroni dell’universo non stringeranno il cappio. Hanno un piano, diverso da quello di Draghi: permettere al governo Napolitano-Letta di “resistere” fino all’autunno, cioè alle elezioni tedesche. Nel frattempo, Enrico “Ponzio Pilato” Letta lavorerà sull’unico punto che trova il pieno accordo di tutto il Palazzo: varare una legge elettorale il più in fretta possibile, che sia peggiore del Porcellum. Obiettivo: impedire a chiunque di insidiare il potere. Tagliando fuori Grillo e, intanto, logorandolo, ovvero «aiutandolo nel compito non difficile in cui è già impegnato: logorare se stesso». Giulietto Chiesa è netto: se l’unica risposta alla crisi è a Bruxelles, Grillo deve “prendere l’aereo” e correre in cerca di alleati, «che ci sono», anziché «limitarsi a controllare i conti del Palazzo», mentre il sistema-Italia sta per saltare in aria e “nonno Napolitano” «resta, armi in pugno, a difendere Maastricht e Lisbona, per portare l’Italia in Grecia (a nuoto)».
-
Benvenuti all’inferno: oggi Bangladesh, domani Italia
Chi produce gli indumenti che indossiamo lavora per due dollari l’ora. Anzi, lavorava: perché ormai quei due dollari sono “troppi” persino in Cina, dove si fatica senza contributi, senza sanità e senza protezioni ambientali. Così, annuncia Paolo Barnard, le maggiori multinazionali mondiali del manifatturiero se ne stanno andando, dalla Cina: «Vanno in Vietnam, o altrove, dove il costo del lavoro è la metà», perché il margine di profitto delle grandi catene americane ed europee si è ridotto all’1-2%. «Pagando all’origine 2 dollari all’ora per i cinesi, non ci stanno più dentro. Dopo il Vietnam andranno in Sudan, poi faranno lavorare i bambini africani a 50 centesimi al giorno, poi i prigionieri di guerra e i carcerati gratis, poi le anime dell’inferno, e poi dovranno inventarsene un’altra». E’ un fronte spaventoso, le cui ultime notizie arrivano dal Bangladesh: almeno 300 operai sono morti nel crollo di Rana Plaza, una fabbrica fatiscente del sobborgo Dhaka di Savar, dove si confezionavano abiti per Benetton e per catene come Wal-Mart.
-
Il sapere ci può salvare, per questo tagliano la cultura
Apprendo con il grande senso di nausea che accompagna, ormai, la lettura dei giornali mattutini, che l’Italia perderà lo spazio espositivo, presso il campo di concentramento nazista di Auschwitz, già chiuso da due anni perché mal curato, vecchio, illeggibile e fuori contesto. Il giorno dopo il 25 Aprile, la notizia appare ancor più nauseabonda, ma in fondo, davvero ci si potrebbe aspettare qualcosa di diverso da questo paese votato all’autodistruzione? Il non attendersi altro è forse già il segno della fine, ma come non essere intellettualmente onesti? Il presidente dell’Aned, ex deportato, fa sapere che nulla potrà essere fatto in mancanza delle sovvenzioni dello Stato italiano. E questa ormai sembra la risposta preconfezionata a qualunque domanda, un po’ come quelle che ricevi dal risponditore automatico di e-mail.
-
Italia, potenza scomoda: dovevamo morire, ecco come
Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e “nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria statale italiana, temutissima da Germania e Francia. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altre banche centrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese. Il secondo colpo, quello del ko, arriva otto anno dopo, quando crolla il Muro di Berlino. La Germania si gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro concorrente più pericoloso: noi. A Roma non mancano complici: pur di togliere il potere sovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa “tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.
-
La tela atlantica: Obama e Letta, governissimo di guerra
L’approdo al governo di Enrico Letta ha molti punti di contatto con il viaggio nel potere di Barack Obama. A molti questo potrebbe apparire come un complimento rivolto a due campioni progressisti. Per chi obamiano non è, come chi scrive, è invece la critica a due conservatori impegnati a salvaguardare creativamente gli interessi dell’Impero, Obama al centro e Letta in periferia. Tralasciamo per ora le scontate differenze fra Usa e Italia, il divario in termini di loro ruolo e peso internazionale, la diversità dei sistemi politici ed elettorali. Quel che interessa qui sottolineare è il fatto che un sistema in profonda crisi di legittimità ha trovato una soluzione “creativa” all’interno delle proprie classi dirigenti. Gli Stati Uniti erano segnati da un “impresentabile” come il presidente Bush. In Italia venivamo da un livello di fiducia nei partiti politici ormai prossimo allo zero.
-
Krugman: fine della farsa, solo il deficit ci salva dall’incubo
Sarebbe davvero tanto facile mettere fine alla piaga della disoccupazione? Ebbene sì. Basta aumentare la spesa pubblica a deficit per creare subito posti di lavoro. Problema: «Chi ha il potere in mano non ci vuole credere». Qualcuno di quei potenti, scandisce il Premio Nobel americano per l’economia, Paul Krugman, «ha una sensazione viscerale che la sofferenza sia un bene». Lo dicevano anche alcuni “padri” dell’Eurozona, come l’ex ministro prodiano Tommaso Padoa Schioppa, che auspicava «riforme che vi facciano soffrire». La mania delle élites? Far pagare (a noi) un prezzo per i “peccati” del passato, «anche se i peccatori di allora e chi soffre oggi sono dei gruppi sociali di persone completamente diverse». Qualcuno di quei potenti, accusa Krugman, vede nella crisi una magnifica opportunità per smantellare tutta la rete di sicurezza sociale. «E quasi tutti, nelle élites politiche, prendono le parti di una minoranza benestante che in realtà non sta sentendo molto dolore».
-
Per Bruxelles siamo solo bestiame: fanno zootecnia sociale
Tanto rumore per il solito commissariamento del governo italiano. Si dà grande risalto mediatico al fatto che Pd e Pdl si mettano insieme, per nascondere la vera notizia: «Lo fanno per imporre decisioni prese al di fuori dell’Italia, sebbene si dimostrino rovinose». Ci portano al macello: con metodi di “allevamento” sperimentati precisamente nella zootecnia. Parola di Marco Della Luna, scettico nei confronti del governo Letta per un motivo semplicissimo: «Il potere politico è nelle mani di chi ha le leve macroeconomiche, soprattutto di decidere quanta moneta mettere in circolazione, a chi darla, a che tassi, a che condizioni, e di decidere se e quanto lo Stato possa investire, anche a deficit, per indurre l’attivazione dei fattori di produzione, l’occupazione, la crescita», oltre che «decidere sulla regolazione dei cambi valutari e regolamentare le importazioni di beni, servizi e capitali». Quindi, il conflitto d’interessi «non è tra Pd e Pdl, ma tra chi impone quelle decisioni e la gente che ne subisce gli effetti».
-
Attenti: il regime Napolitano-Berlusconi durerà a lungo
Se tanto mi dà tanto, qui è stato il (presunto) tonno ad aprirci come una scatoletta (di ventresca). Infatti, tra maldestri rivoluzionari a fumetti e rinnovatori intermittenti, quanto infine ha prevalso è stata la determinazione proterva e inaffondabile della corporazione trasversale del Potere. Sotto l’accorta regia di Giorgio Napolitano, il dato per morto Silvio Berlusconi è rifiorito a nuova vita, per farsi finalmente tutti gli affaracci suoi e – al tempo stesso – fornire l’abituale alto contributo all’interminabile esproprio di democrazia e decenza; esproprio che perdura dal momento lontano in cui lo strappo di Tangentopoli fu ricucito grazie alla chiamata dell’intero arco costituzionale, da allora allargato ai neo fascisti, a difesa della politica politicante e alla contestuale rimozione della “questione morale” (intorno al 1993). Vent’anni esatti, che minacciano di proseguire ancora a lungo.
-
Nato e Bce, con tanti saluti all’Italia (e minacce a Grillo)
Dall’ultra-atlantista Emma Bonino, pronta a tutte le più sanguinose guerre decise da Washington, all’ultra-europeista Fabrizio Saccomanni, direttore di Bankitalia con esperienze sia alla Bce che al Fmi, dopo gli studi alla Bocconi e alla Princeton University. Due ministri-chiave, esteri ed economia, già delimitano in modo inequivocabile il perimetro del secondo “governo Napolitano”, con Letta premier e Alfano vice, più altri mestieranti della nomenklatura: Gaetano Quagliariello alle riforme, probabilmente per una legge elettorale anti-Grillo e un presidenzialismo all’italiana, Maurizio Lupi a infrastrutture e trasporti (leggasi: Tav Torino-Lione), nonché il redivivo Dario Franceschini (rapporti col Parlamento) e i “presentabili” Nuzia De Girolamo (agricoltura), Beatrice Lorenzin (sanità) e l’ex sindaco padovano Flavio Zanonato (sviluppo). Ministri-vetrina: la campionessa Josefa Idem (sport), il direttore della Treccani, Massimo Bray (cultura), il presidente dell’Istat Enrico Giovannini (altro“saggio”, ora incaricato di gestire lavoro e welfare) e la italo-congolese Cécile Kyenge, medico e primo ministro di colore nella storia italiana, delegata all’integrazione.
-
Barnard: ci stanno portando in Kosovo, schiavi sottopagati
Il peggio dell’economia a senso unico noi ancora non l’abbiamo subito, anche se siamo sul punto di. Il grande esperimento delle “riforme”, del “rigore”, delle Austerità, fu inflitto come “laboratorio”, a partire dal crollo del muro di Berlino, a tutto l’Est europeo. Quando l’impero sovietico crollò nell’arco di pochi mesi, le porte dell’Est europeo si spalancarono ai falchi del Libero Mercato e dietro di esse c’erano masse di miserabili sbandati disposti a lavorare per pochi centesimi, assieme a intere economie da spolpare. Le élite d’Europa e degli Usa non avevano mai sognato nulla del genere. E’ ovvio che non sto dicendo che le dittature comuniste erano in alcun modo raccomandabili, ma lo sfruttamento di quelle genti che seguì il loro crollo è stato moralmente rivoltante. Qui di seguito alcuni dati scientifici, ma poi anche un dato aneddotico che, a mio parere, vale più di qualsiasi librone.
-
Se Letta fallisce ci aspettano i manganelli dell’Eurogendfor
Rieleggere Napolitano al Colle e puntare decisi a legittimare con una riforma costituzionale il presidenzialismo di fatto, svuotando di poteri e dignità il Parlamento in favore della Commissione Europea, della Bce e del Quirinale, serve a inasprire la crisi. Confermata la linea pseudo-neoliberista e fiscalista, gli uomini del Bilderberg, del Fmi e dell’Unione Europea sono i primi a congratularsi, annota Marco Della Luna. E Napolitano, col plauso di quasi tutti (incluso Berlusconi) incarica di formare il governissimo “senza alternative” nientemeno che Enrico Letta, che «come economista e come politico è assolutamente improponibile per il ruolo di premier, dato ciò che ha fatto, ciò che è stato e ciò che è tuttora». Anche se, forse, «si capisce perché è stato scelto», e per fare cosa: completare l’economicidio italiano. Impossibile sperare in un miracolo. Più probabile che, invece, la protesta per il disastro economico venga sigillata da una inaudita repressione, affidata alla nuova super-polizia europea.