Archivio del Tag ‘potere’
-
Monti fa ancora danni: 3 miliardi regalati a Morgan Stanley
Mario Monti sbagliò a pagare 2,567 miliardi di euro a Morgan Stanley che tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, poco dopo il declassamento di Standard & Poor’s e la defenestrazione di Silvio Berlusconi, chiuse i contratti derivati con la Repubblica italiana. La Procura regionale per il Lazio della Corte dei Conti, infatti, lo scorso 11 luglio ha presentato richiesta di risarcimento per 2,879 miliardi alla banca americana. È quanto si legge nella relazione trimestrale dell’istituto Usa pubblicata dalla Sec, l’Authority che vigila su Wall Street. Si tratta di un fatto di notevole importanza dal punto di vista finanziario, politico e giudiziario. Le contestazioni dei magistrati contabili si basano sul fatto che non solo le clausole contrattuali fossero «improprie», ma che fosse «impropria» anche l’azione di Morgan Stanley che aveva chiuso in anticipo quelle posizioni aperte tra il 1999 e il 2005. Vale la pena, perciò, ricordare qualche antefatto. I governi di centrosinistra della seconda metà degli anni ‘90 (con Carlo Azeglio Ciampi ministro e Mario Draghi direttore generale del Tesoro) avevano acceso contratti derivati con varie banche per abbassare gli interessi sul debito, ricevere un flusso finanziario ed entrare nell’euro.Simili operazioni, infatti, erano state stipulate anche con Deutsche Bank, Bnp Paribas, Dexia, Unicredit e Intesa Sanpaolo, che contribuì a limitare l’esborso nel 2012 subentrando tramite Banca Imi a Morgan Stanley. A tutte sarebbe stata concessa la clausola di estinzione anticipata. «La controparte non aveva mai esercitato questa clausola, poi, arrivati alla fine del 2011, in quel periodo particolarmente turbolento, fecero presente che dovevano farla valere», spiegò il direttore del debito pubblico Maria Cannata ai magistrati di Trani che indagano sulle agenzie di rating. Mario Monti ha sempre spiegato che l’Italia, in una fase di difficoltà come quella del 2011-12, non avrebbe potuto non onorare i contratti pena la perdita di credibilità. In ogni caso, Morgan Stanley riuscì a liquidare la posizione proprio mentre l’agenzia di rating Standard & Poor’s (di cui detiene una piccolissima quota tramite un fondo di investimento) declassava doppiamente il nostro paese. La tesi di Monti fu accolta anche dalla Procura di Roma con i pm Pignatone e Rossi, che archiviarono la posizione del senatore a vita in un’indagine conclusa senza esito l’anno scorso.La mossa della Corte dei Conti apre, però, uno scenario nuovo: quei contratti derivati hanno prodotto un danno erariale tanto all’apertura quanto alla chiusura. Questo vuol dire che allo stesso modo in cui le grandi banche hanno consentito a Prodi e D’Alema di portare l’Italia nell’euro così hanno avuto un ruolo determinante nella deposizione dell’ultimo premier legittimamente eletto. Basti ricordare il pessimo segnale per i mercati rappresentato nel giugno 2011 dalla vendita di tutti i Btp detenuti da Deutsche Bank. E basti ricordare che i primi due atti politici di Monti furono appunto la riforma delle pensioni chiesta dalla Germania e l’esborso verso Morgan Stanley come prova di affidabilità. Un meccanismo che aveva stritolato Silvio Berlusconi con la crisi da spread e con le pressioni di Francia e Germania al G20 di Cannes affinché l’Italia si mettesse sotto tutela della Troika. Un apparato di potere non estraneo al premier insediato a fine 2011 dall’ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano.(Gian Maria De Francesco, “Monti fa ancora danni: ci è costato altri 3 miliardi. Lo Stato li rivuole indietro”, da “Il Giornale” del 5 agosto 2016).Mario Monti sbagliò a pagare 2,567 miliardi di euro a Morgan Stanley che tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, poco dopo il declassamento di Standard & Poor’s e la defenestrazione di Silvio Berlusconi, chiuse i contratti derivati con la Repubblica italiana. La Procura regionale per il Lazio della Corte dei Conti, infatti, lo scorso 11 luglio ha presentato richiesta di risarcimento per 2,879 miliardi alla banca americana. È quanto si legge nella relazione trimestrale dell’istituto Usa pubblicata dalla Sec, l’Authority che vigila su Wall Street. Si tratta di un fatto di notevole importanza dal punto di vista finanziario, politico e giudiziario. Le contestazioni dei magistrati contabili si basano sul fatto che non solo le clausole contrattuali fossero «improprie», ma che fosse «impropria» anche l’azione di Morgan Stanley che aveva chiuso in anticipo quelle posizioni aperte tra il 1999 e il 2005. Vale la pena, perciò, ricordare qualche antefatto. I governi di centrosinistra della seconda metà degli anni ‘90 (con Carlo Azeglio Ciampi ministro e Mario Draghi direttore generale del Tesoro) avevano acceso contratti derivati con varie banche per abbassare gli interessi sul debito, ricevere un flusso finanziario ed entrare nell’euro.
-
Vittorio Marchi: la morte non esiste, l’ha scoperto la fisica
Come e quando, da studioso di fisica, sono passato dalla “scienza” alla “coscienza”? Osservando che la materia, ovvero il fondamento della visione meccanicistica della realtà, che si credeva “solida”, densa, compatta e intangibile, perdendo la sua consistenza materiale, si trasformava sempre di più in un Pensiero. Quando? Considerando che noi fisici, ricercatori di un settore come quello del campo della fisica quantistica, confortati dagli studi delle neuroscienze, abbiamo scoperto al Cern di Ginevra che la “nuova sostanza primordiale”, base della formazione dell’universo, non è la “materia” (di cui si diceva sopra), bensì l’Informazione. Un Campo di Coscienza Universale, interamente intelligente. Un “Campo Energetico Unificato”, come lo definisce oggi la fisica e che un tempo, circa 5000 anni fa, il mistico indicava con il nome di “Akasha”. Il maestro è stato un libro, a lungo cercato, e poi il suo autore, grande amico di Enrico Fermi, che ha pensato bene di passarmi il “testimone”. Il punto di riferimento è stata la “caduta del mito di Dio e della Creazione”, determinata dal punto di incontro tra il misticismo orientale e la fisica quantistica.Finché la fisica non è scesa nei meandri del mondo subatomico, non è stato possibile comprendere le Sacre Scritture, e in particolare quelle dei testi himalayani. Quando invece è discesa nelle profondità dell’invisibile, ho scoperto che tempo e spazio perdevano di significato. La verifica mi è stata data dal fatto che il misticismo orientale ha percorso questa strada partendo dall’invisibile, mentre la scienza occidentale è partita dal grossolano del mondo materiale o visibile per incontrarsi con essa sul piano del “sottile”. Inevitabile, certo, che i pensieri meno ordinari che esprimo nei miei libri e nelle conferenze abbiano creato problemi in ambito accademico. La psicoscienza e in particolare la psicofisica hanno scoperto una novità piuttosto dura da digerire. La fisica quantistica sta dimostrando che quel mondo naturale che si credeva così materialmente reale sta svanendo nella “irrealtà” della sua consistenza fisica. E cosa fanno i nostri più illustri leader del conservatorismo scientifico per correre ai ripari? Dicono che la materia solida è qualcosa di stabile e che le regole che si applicano al mondo subatomico non si applicano al mondo macroscopico newtoniano.Dicono insomma che tra il micro e il macro esistono due diverse serie di leggi e di regole. Il che è falso, come dimostrano tutti gli esperimenti eseguiti da Anton Zeilinger, professore di fisica all’università di Vienna. Il quale è un esempio che fa eccezione alla regola. Il fatto è che ciò che ancora le varie accademie del mondo non accettano è che il mondo “spirituale” sia un prolungamento della scienza e ne rappresenti il suo completamento. Di qui l’ostracismo. In che modo le più recenti scoperte della fisica quantistica confermano le visioni mistiche dell’antichità presenti in modo simbolico negli archetipi delle mitologie, dell’alchimia, dell’astrologia, dei tarocchi? Il misticismo orientale afferma che Dio non è una entità, ma uno stato di consapevolezza, e che uno scienziato unidisciplinare non lo troverà mai, perché viaggia con il paraocchi. Per questo c’è stato un Gesù che con la sua missione storica si è speso molto per osservare che “tutto l’universo è figlio di una donna sterile”. Una metafora per indicare come tutta la creazione sia… Increata. Ma come fare per spiegare alla mente umana un concetto così impossibile da assimilare? Come fare ad illustrare che l’Universo è “inessente”, e che quindi non diviene, nel senso che non viene in essere, ma è?Per cercare una via di uscita al problema, il misticismo ha dovuto affidarsi al simbolo e al mito per esprimere un concetto di Assoluto Eterno che eliminasse l’idea dell’origine e della fine, della nascita e della morte delle cose e degli esseri umani. Ma il misticismo, tra archetipi, alchimie, astrologie e altro, mancava di un linguaggio adatto, di una “neolingua”, capace di trasferire quanto sperimentato interiormente (spiritualmente) all’esterno. Per questo la scienza (quantistica), pur arrivando in ritardo, ha avuto il grande merito di tradurre in un linguaggio elaborato, ideale e più adatto alla massa qualcosa che ha le dimensioni dell’“infinito”, per trasmettere tale “Informazione” alle capacità dell’intelletto umano. E allora, coincidendo con quanto affermato dalla verità mistiche millenarie, anche la fisica quantistica ha finito per concordare con i testi dei Veda e dei Vedanta nel dire che non esiste un “altrove” (relatività), bensì un “ovunque” (assoluto); non un luogo (spazio), ma la non-località; non un tempo, ma un “hic et nunc” (qui ed ora), sempre. Ecco perché oggi l’Oriente riconosce che “scienza e spiritualità sono come due gambe che consentono all’uomo di avanzare verso la meta”.Qual è il ruolo dell’essere umano nell’universo? Fondamentale. L’uomo è figlio di questo universo e questo universo è figlio dell’uomo. L’uno genera l’altro, come il seme l’albero e viceversa, in un apparente paradosso inesplicabile. Ognuna delle due “singolarità” non ha creato l’altra, altrimenti avrebbe duplicata se stessa, ma si è semplicemente riflessa (disuguaglianza simmetrica). “Tutto, assolutamente Tutto, è indissolubilmente e in continuità tra nucleo (uomo-particella) e Campo o Spazio Pensante” (“ondi-cella” – Coscienza/Vibrazione) (Schroedinger, 1958). La forma è solo un’area vibrazionale più densa del Campo Energetico Unificato. Pertanto, l’Osservato dipende dalla presenza dell’Osservatore. Lo scopo dell’universo, del resto, è quello di essere osservato. Senza l’osservatore non esiste l’universo – e, viceversa, l’osservato. Sono Uno. Altrimenti, se per assurdo così non fosse, la vita non sarebbe.Che cos’è il tempo? Esiste veramente o è una illusione mentale? Con l’osservazione, l’onda diventa corpuscolo. L’energia del Campo Unificato (intelligente) diventa materia. La materia si trasforma e produce il tempo e lo spazio (il momento e la posizione). Dunque il tempo nasce dalla trasformazione dell’energia in materia. Ma in realtà il tempo e lo spazio non esistono. Ci sono intervalli rapidissimi che sembrano succedersi in continuità tra una scomparsa e una apparizione di una particella e l’altra. Questi intervalli che sembrano susseguirsi in rapida successione sembrano andare a costituire il tempo. Ma così non è. Se il nostro occhio potesse avere un potere percettivo più veloce (più risolutivo), ci accorgeremmo che nulla fluisce e nulla scorre. Tutto è, anche se ciò sembra un ossimoro (paradosso); movimento è quiete – come diceva lo stesso Gesù (primo fisico quantistico ante litteram). Solo ora, forse, si è incominciato a intravedere che il “nulla” o il “vuoto” di cui parlavano il “realizzato” himalayano o il Sufi islamico non stavano a indicare il “niente”, bensì il “pieno” di uno stato quantico vibrazionale, privo di spazio, di tempo e di materia, dal quale, secondo il modello di Vilenkin del 1982 della Tufts University, scaturisce il manifesto e ad esso ritorna eternamente, in un ciclo senza fine e senza inizio.Il limite del nostro ragionare è che esso è lineare e si snoda in un’unica direzione, secondo un orientamento unidirezionale come il presunto sviluppo del tempo, mentre nella realtà noi non vediamo che esso è “ossidato” dalla nostra incapacità di renderlo circolare. E ciò dipende dal fatto che noi crediamo che il nostro tempo di vita sia inferiore a quello dell’universo, dalla concezione che ci siamo fatti di essere una parte, e “da parte”, quindi marginali al Tutto, da cui ci sentiamo strappati, isolati e chiusi. Il giorno però che ci renderemo conto che stiamo ritornando al Tutto (Uno), da cui pensiamo illusoriamente di essere stati tolti (col Due, espresso dal mito della caduta), allora capiremo il perché abbiamo l’impressione che il tempo scorra sempre in avanti, verso il futuro (che non c’ è). E allora il tempo cesserà di esistere, perché tutto ciò che è nell’universo è già dentro di noi.Quale futuro immagino che la scienza possa riservare all’umanità e alla sua evoluzione spirituale? Grandi passi, se i ricercatori del futuro, uscendo dai loro schemi mentali meccanicistici, si orienteranno verso un tipo di ricerca che li vedrà occupati in veste di ricercatori “spirituali” nel campo del “sottile”, della coscienza cosmica e del Campo Unificato. Se riusciranno a superare quel “limen”, un punto liminale o limite di separazione, causato da una soglia sensoriale, psicofisiologica, che procura all’uomo l’illusione ottica di essere Altro dall’essere un unico con il Tutto e di non vedere che Osservatore e Osservato (come asserisce la fisica quantistica) sono Uno. Non per niente il termine “Uomo” deriva dal sanscrito “Manava”, a sua volta derivato da “Manas”, pensiero o “coscienza empirica”. Si tratta quindi di cominciare a riconoscere che esiste una realtà fatta di una certa identità presente tra uomo e cosmo, relazione che si va facendo sempre più stretta, fino ad essere sostenuta oggi dalla stessa Pnei (psico-neuro-endocrino-immunologia). E non è un caso che la stessa Università di Southampton (Regno Unito, altra eccezione) nell’ambito del progetto “Coscienza Umana” abbia lanciato un invito alla collaborazione internazionale per lo studio di “Aware”, connesso al processo conosciuto come “Awarness during Resuscitation”.(Vittorio Marchi, estratti dall’intervista “Fisica quantistica e spiritualità”, pubblicata sul blog di Giovanni Pelosini il 10 luglio 2011. Il professor Marchi è un eminente ricercatore italiano nel campo della fisica quantistica, autore di importanti saggi anche a carattere divulgativo come “La scoperta dell’invisibile”, “La vertigine di scoprirsi Dio” e “La grande equazione – io, l’universo, Dio”).Come e quando, da studioso di fisica, sono passato dalla “scienza” alla “coscienza”? Osservando che la materia, ovvero il fondamento della visione meccanicistica della realtà, che si credeva “solida”, densa, compatta e intangibile, perdendo la sua consistenza materiale, si trasformava sempre di più in un Pensiero. Quando? Considerando che noi fisici, ricercatori di un settore come quello del campo della fisica quantistica, confortati dagli studi delle neuroscienze, abbiamo scoperto al Cern di Ginevra che la “nuova sostanza primordiale”, base della formazione dell’universo, non è la “materia” (di cui si diceva sopra), bensì l’Informazione. Un Campo di Coscienza Universale, interamente intelligente. Un “Campo Energetico Unificato”, come lo definisce oggi la fisica e che un tempo, circa 5000 anni fa, il mistico indicava con il nome di “Akasha”. Il maestro è stato un libro, a lungo cercato, e poi il suo autore, grande amico di Enrico Fermi, che ha pensato bene di passarmi il “testimone”. Il punto di riferimento è stata la “caduta del mito di Dio e della Creazione”, determinata dal punto di incontro tra il misticismo orientale e la fisica quantistica.
-
Francesi, a chi giova il terrore? Chi lo copre, chi lo finanzia?
Mentre diversi paesi in Europa occidentale sono vittime di attacchi terroristici rivendicati da “Daesh”, cioè l’Isis – scrive sul suo sito il movimento indipendentista francese Upr, Unione Popolare Repubblicana, molti politici trovano la scusa per aumentare a dismisura il loro potere, restringendo la libertà dei cittadini. In particolare, il terrorismo è l’alibi perfetto per «limitare ulteriormente la libertà pubbliche (estensione dello stato di emergenza di François Hollande), insegnare ai giovani a “essere pronti a vivere con il terrorismo” (Manuel Valls), creare “campi di detenzione preventiva”, ossia campi di concentramento secondo il vocabolario degli anni ‘30 (Laurent Wauquiez)», e magari «armare i soldati di lanciarazzi», come propone Henri Guaino. Non solo: si chiede anche di «stabilire lo stato d’assedio» (Frédéric Lefebvre) e «demolire lo Stato di diritto» (Jacques Bompard ed Eric Ciotti), accantonando la Costituzione della Quinta Repubblica (David Douillet) e considerando lo Stato di diritto come paccottiglia, mero ammasso di noiosi “argomenti giuridici” che devono essere superati, come dice Nicolas Sarkozy, ansioso di unirsi allo “scontro di civiltà” teorizzato dai “think-tank” americani.«Naturalmente – aggiunge l’Upr, in un post ripreso da “Voci dall’Estero” – tutti gli attacchi sono crimini assoluti e devono essere puniti dai tribunali con la massima fermezza, allo stesso modo in cui tutte le reti del traffico di armi e dei finanziamenti occulti devono essere distrutte». Nel contempo, però, la Francia dovrebbe «vietare immediatamente qualsiasi ingerenza straniera in alcuni suoi ambiti territoriali, come fanno apertamente gli Stati Uniti o il Qatar». E deve «ritirare tutti i suoi soldati dai teatri di guerra dove si è resa corresponsabile della morte di migliaia di civili, come in Libia e in Siria». Al di là di queste proposte di misure d’emergenza che l’Upr formula, il movimento sovranista francese chiede ai cittadini di «non indulgere in reazioni sconsiderate ed emotive, anche se gli attacchi sono sempre più odiosi, ma di mantenere la loro compostezza». E soprattutto di farsi due domande essenziali: «Chi trae vantaggio da questi crimini, in definitiva? E cosa ci insegna la storia dell’ondata di attentati verificatisi in Europa durante gli anni ’50?».L’Upr cita lo studio scientifico dello storico Daniele Ganser, intitolato “Gli eserciti segreti della Nato – le reti Stay Behind, Gladio e il terrorismo in Europa Occidentale”, pubblicato in francese nel 2007. Nel saggio, Ganser «dimostra che, tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e il 1990, esistevano nei paesi membri della Nato, oltre alle truppe regolari dell’Alleanza, eserciti segreti della Nato (noti anche come Stay-Behind o Gladio), che erano stati istituiti dalla Cia e dal Mi6 britannico». Eserciti-ombra, «controllati e coordinati da un ufficio di sicurezza segreta all’interno del quartier generale della Nato a Bruxelles». Eserciti-fantasma, guidati dalla Nato e dalla Cia, che «non hanno esitato a commettere attacchi terribilmente mortali per terrorizzare le popolazioni, nel contesto della “strategia della tensione”». I francesi citano la spaventosa strage italiana della stazione di Bologna del 1980, coi depistaggi messi in atto: falsi colpevoli immediatamente dati in pasto alla stampa e rivendicazioni troppo velocemente annunciate. «Nell’esempio italiano, era stata una parte dell’apparato statale, sostenuta dalla Nato e dalla Cia, a indirizzare la popolazione contro il “pericolo rosso”: i comunisti. Non si tratta di “complottismo”, ma di una verità storica».Oggi non parliamo più di “pericolo rosso”, ma di “minaccia islamica”. «E la gente approfitta delle emozioni legittime causate dagli attacchi per minare le libertà civili, mantenere di popolazioni in uno stato d’ansia e impedire qualsiasi dibattito su centinaia di migliaia di morti civili commesse dalla Nato e dalle forze armate americane, francesi e inglesi in Medio Oriente», dove la pretesa “lotta contro il terrorismo” ha causato più di 1,3 milioni di morti civili in 10 anni. «I francesi – continua l’Upr – devono riflettere sul fatto che i popoli dell’Iraq, della Libia, della Siria, non ci avevano fatto assolutamente niente fino a quando i paesi della Nato non hanno iniziano a bombardarli – con la scusa della rappresaglia per gli attentati dell’11 Settembre – ma molto più sostanzialmente per consentire alle grandi compagnie petrolifere e finanziarie occidentali di appropriarsi delle loro ricchezze». Conclusione: «La storia deve pertanto invitarci a una grande cautela nei confronti dei drammatici eventi in atto in Francia e in molti altri paesi europei. Prima di tirare conclusioni affrettate – insiste l’Unione Popolare Repubblicana – i francesi devono chiedersi chi ci sia dietro i terroristi. Chi li finanzia? Chi li arma? Chi li manipola? Chi li condiziona e li droga? Non sono forse solo “utili idioti” che servono interessi superiori che li scavalcano?».Mentre diversi paesi in Europa occidentale sono vittime di attacchi terroristici rivendicati da “Daesh”, cioè l’Isis – scrive sul suo sito il movimento indipendentista francese Upr, Unione Popolare Repubblicana, molti politici trovano la scusa per aumentare a dismisura il loro potere, restringendo la libertà dei cittadini. In particolare, il terrorismo è l’alibi perfetto per «limitare ulteriormente la libertà pubbliche (estensione dello stato di emergenza di François Hollande), insegnare ai giovani a “essere pronti a vivere con il terrorismo” (Manuel Valls), creare “campi di detenzione preventiva”, ossia campi di concentramento secondo il vocabolario degli anni ‘30 (Laurent Wauquiez)», e magari «armare i soldati di lanciarazzi», come propone Henri Guaino. Non solo: si chiede anche di «stabilire lo stato d’assedio» (Frédéric Lefebvre) e «demolire lo Stato di diritto» (Jacques Bompard ed Eric Ciotti), accantonando la Costituzione della Quinta Repubblica (David Douillet) e considerando lo Stato di diritto come paccottiglia, mero ammasso di noiosi “argomenti giuridici” che devono essere superati, come dice Nicolas Sarkozy, ansioso di unirsi allo “scontro di civiltà” teorizzato dai “think-tank” americani.
-
Craig Roberts: sembra Ue, ma è Cia. Il suo veleno? L’euro
“Un anello per domarli tutti… e nel buio incatenarli” (J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli”). La Seconda Guerra Mondiale è finita con la conquista dell’Europa, non da parte di Berlino, ma da parte di Washington. La conquista era certa, ma non la si poteva ottenere tutta in una volta. La conquista di Washington dell’Europa è avvenuta grazie al Piano Marshall, alla paura dell’Armata Rossa di Stalin (che ha portato l’Europa a fare affidamento sulla protezione di Washington e a subordinare le forze armate europee agli Stati Uniti, all’interno della Nato), alla sostituzione della sterlina con il dollaro Usa come valuta di riserva mondiale e al lungo processo di subordinazione della sovranità dei singoli paesi europei verso l’Unione Europea, un’iniziativa della Cia attuata da Washington per controllare tutta l’Europa attraverso un solo e irresponsabile governo. Con poche eccezioni, principalmente il Regno Unito, l’adesione all’Unione Europea ha significato anche la perdita di indipendenza finanziaria. Dato che solo la Banca Centrale Europea è in grado di creare euro, quei paesi così sciocchi da accettarlo come valuta non hanno più avuto il potere di creare il proprio denaro per finanziare i deficit di bilancio.I paesi che hanno aderito all’euro devono fare affidamento su banche private per finanziare i loro deficit. Il risultato è che i paesi indebitati non possono più pagare i loro debiti con la creazione di denaro o sperare che questi debiti vengano abbassati a livelli che possono tenere sotto controllo. Invece, Grecia, Portogallo, Lettonia e Irlanda sono state saccheggiate dalle banche private. L’Ue ha costretto gli pseudo-governi di questi paesi a pagare le banche private del Nord Europa soffocando il tenore di vita delle loro popolazioni e privatizzando i beni pubblici svendendoli per due soldi rispetto al loro valore originale. Così le pensioni di anzianità, il pubblico impiego, l’istruzione e la sanità sono stati tagliati e il denaro reindirizzato alle banche private. Le aziende idriche municipali sono state privatizzate con il risultato che le bollette dell’acqua sono più elevate. E così via. Poiché non vi è alcuna ricompensa, solo punizioni, per essere un membro della Ue, perché i governi, nonostante i desideri espressi dei loro popoli, si uniscono?La risposta è che Washington ha voluto che non vi fossero altre possibilità. I fondatori europei della Ue sono creature mitiche. Washington ha utilizzato i politici pilotandoli nella creazione dell’Unione Europea. Alcuni anni fa sono stati rilasciati dei documenti della Cia che dimostrano che l’Ue è stata un’iniziativa della Cia stessa. Nel 1970 il presidente per la discussione della tesi del mio dottorato di ricerca, divenuto poi un funzionario di alto rango a Washington addetto al controllo degli affari di sicurezza internazionale, mi ha chiesto di intraprendere una missione delicata all’estero. Ho rifiutato. Tuttavia, egli ha risposto alla mia domanda: «Come fa Washington a fare in modo che i paesi stranieri facciano ciò che Washington vuole?». «Soldi», ha detto. «Diamo ai loro leader borse piene di soldi. Appartengono a noi». E’ chiaro che l’Ue serve gli interessi di Washington, non gli interessi dell’Europa. Ad esempio, il popolo francese e il governo sono contrari agli Ogm, ma l’Ue consente una “autorizzazione di mercato precauzionale” di introduzione degli Ogm, contando forse sulle “scoperte scientifiche” degli scienziati sul libro paga della Monsanto.Quando lo Stato americano del Vermont ha approvato una legge che impone l’etichettatura degli alimenti Ogm, la Monsanto gli ha fatto causa. Una volta che i funzionari dell’Ue, pagati di nascosto, firmeranno l’accordo Ttip scritto dalle multinazionali degli Stati Uniti, la Monsanto si impadronirà dell’agricoltura europea. Ma il pericolo per l’Europa va ben oltre la salute dei popoli europei, che saranno costretti a nutrirsi di cibi velenosi. Washington sta usando l’Ue per costringere gli europei a entrare in conflitto con la Russia, una potenza nucleare in grado di distruggere tutta l’Europa e tutti gli Stati Uniti in pochi minuti. Ciò sta accadendo perché i “leader” europei, pagati di nascosto con “borse piene di denaro”, hanno preferito avere il denaro di Washington nel breve periodo piuttosto che garantire la vita degli europei nel lungo periodo. Non è possibile che qualsiasi politico europeo sia sufficientemente idiota da credere che sia stata la Russia a invadere l’Ucraina, che la Russia da un momento all’altro invaderà la Polonia e gli Stati baltici, o che Putin sia un “nuovo Hitler” che progetta di ricostruire l’impero sovietico. Queste accuse assurde non sono altro che propaganda di Washington priva di qualsiasi verità. Tutto ciò è evidente. Nemmeno un idiota potrebbe crederci. Eppure l’Unione Europea va di pari passo con la propaganda, come fa la Nato. Perché?La risposta è il denaro di Washington. L’Ue e la Nato sono assolutamente corrotte. Sono le puttane ben pagate di Washington. L’unico modo che gli europei hanno per impedire una Terza Guerra Mondiale nucleare, e continuare a vivere e godere di ciò che resta della loro cultura (che gli americani non sono riusciti a distruggere con la loro cultura di sesso, violenza e avidità) è, per i governi europei, quello di seguire l’esempio del governo inglese e uscire dall’Unione Europea creata dalla Cia. E l’uscita dalla Nato, il cui scopo è evaporato con il crollo dell’Unione Sovietica, e che ora viene usata come uno strumento di egemonia mondiale da parte di Washington. Perché gli europei vogliono morire per favorire l’egemonia mondiale di Washington? Ciò significa che gli europei stessi stanno morendo a causa di questa egemonia (esercitata allo stesso modo sull’Europa). Perché gli europei vogliono sostenere Washington, i cui alti funzionari, come Victoria Nuland, dicono “l’Unione Europea si fotta”? Gli europei stanno già soffrendo a causa delle sanzioni economiche che il loro signore a Washington li ha costretti ad applicare nei confronti della Russia e dell’Iran. Perché gli europei desiderano essere distrutti da una guerra contro la Russia? Gli europei vogliono forse morire?Sono stati americanizzati e non apprezzano più l’enorme quantità di bellezze artistiche e architettoniche, letterarie e musicali di cui i loro paesi sono custodi? La risposta è che non fa alcuna differenza che cosa pensino gli europei, perché Washington ha istituito per loro un governo che è totalmente indipendente dalla loro volontà. Il governo dell’Ue è tenuto a rispondere solo per il denaro di Washington. Alcune persone capaci di emettere editti sono sul libro paga di Washington. Gli interi popoli d’Europa sono servi di Washington. Pertanto, se gli europei rimangono i popoli creduloni, indifferenti e stupidi che attualmente sono, verranno condannati, assieme al resto di noi. D’altra parte, se i popoli europei saranno in grado di rinsavire, di liberarsi dalla Matrix che Washington ha imposto su di loro, e di rivoltarsi contro gli agenti di Washington che li controllano, i popoli europei potranno salvare la propria vita e la vita di tutti noi.(Paul Craig Roberts, “L’Ue è condannata al vassallaggio nei confronti di Washington”, dal blog di Craig Roberts del 27 luglio 2016, tradotto da “Desastrado” per “Come Don Chisciotte”. Eminente analista ed economista statunitense, Roberts è stato viceministro del Tesoro con Ronald Reagan).“Un anello per domarli tutti… e nel buio incatenarli” (J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli”). La Seconda Guerra Mondiale è finita con la conquista dell’Europa, non da parte di Berlino, ma da parte di Washington. La conquista era certa, ma non la si poteva ottenere tutta in una volta. La conquista di Washington dell’Europa è avvenuta grazie al Piano Marshall, alla paura dell’Armata Rossa di Stalin (che ha portato l’Europa a fare affidamento sulla protezione di Washington e a subordinare le forze armate europee agli Stati Uniti, all’interno della Nato), alla sostituzione della sterlina con il dollaro Usa come valuta di riserva mondiale e al lungo processo di subordinazione della sovranità dei singoli paesi europei verso l’Unione Europea, un’iniziativa della Cia attuata da Washington per controllare tutta l’Europa attraverso un solo e irresponsabile governo. Con poche eccezioni, principalmente il Regno Unito, l’adesione all’Unione Europea ha significato anche la perdita di indipendenza finanziaria. Dato che solo la Banca Centrale Europea è in grado di creare euro, quei paesi così sciocchi da accettarlo come valuta non hanno più avuto il potere di creare il proprio denaro per finanziare i deficit di bilancio.
-
Carpeoro: massoneria e terrorismo, attenti al 10 agosto
Dalla massoneria al terrorismo: per capire davvero cos’è accaduto in seno al massimo vertice mondiale nel corso degli ultimi decenni, con il “golpe” dell’élite finanziaria neo-feudale, fino al ricorso – ormai sistematico – alla strategia della tensione su scala internazionale, con le guerre asimmetriche e gli attentati stragistici, ufficialmente ricondotti a sigle come l’Isis. Eventi catastrofici e molto sanguinosi, tra i cui risvolti gli osservatori di formazione massonica possono facilmente riconoscere delle “firme” inequivocabili, ricavandole dai nomi dei luoghi, le date, i numeri collegati, i riferimenti simbolici e i richiami diretti a fatti storici collegabili. E’ un linguaggio di segni cifrati quello che permette di intuire che, dietro a molto terrorismo di oggi, operano “menti raffinatissime”, di formazione esoterica, che dispongono di interi settori dei servizi segreti, a valle dei quali agisce una docile manovalanza, inconsapevole e manipolata, oggi per lo più di matrice islamista-radicale. E’ la testi attorno alla quale si sviluppa il prossimo libro dell’avvocato Gianfranco Carpeoro, che avverte: proprio grazie alla profonda conoscenza del “modus operandi” altamente simbolico dei veri mandanti delle stragi, nel mirino potrebbero esserci Roma o Palermo, già il prossimo 10 agosto.«I terreni ipotizzabili di una azione neoterroristica, anche sotto il profilo simbolico proprio della “sovragestione”, oggi sono due: Roma, ovviamente, e la Sicilia, Palermo per esempio», scrive Carpeoro il 6 agosto sulla sua pagina Facebook. «E la data del 10 agosto, magari proprio collocata nella città di Palemo e forse già a partire da questo sinistro 2016, ma anche in seguito, potrebbe rivelarsi caratterizzata dal segno sanguinoso di Ecate», cioè della “dea della magia” nella tradizione religiosa greco-romana, ritenuta capace di viaggiare liberamente tra il mondo degli uomini, quello degli dei e il regno dei morti. Massone e profondo conoscitore dei sistemi simbologici, autore di romanzi come “Il volo del Pellicano” (Melchisedek) che ripercorre la ricerca mistico-simbologica dei Rosacroce, con la loro misteriosa “conoscenza parallela” e sempre velata (da Dante a Giorgione, da Cartesio a Newton) per tenerla al riparo degli abusi del potere, Carpeoro è uno degli alti esponenti della massoneria italiana – già gran maestro, 33esimo grado del rito scozzese – che di recente hanno intrapreso “esternazioni” a catena, per squarciare il velo su molti aspetti, ben poco edificanti, del milieu libero-muratorio degradatosi in struttura di potere.«Per la quinta volta – ha annunciato un paio di anni fa, nel corso di un incontro pubblico – ho rifiutato un incarico di consulenza propostomi dai servizi segreti italiani». Un altro autorevole osservatore privilegiato, Fausto Carotenuto, ha operato per decenni in qualità di analista strategico dell’intelligence, e oggi – attraverso il network “Coscienze in Rete” – fornisce un prezioso contributo nel chiarire il ruolo attuale di molti servizi, in funzione della “piramide di potere” di stampo mondialista. Un’opera pienamente consonante con quella di un altro esponente della massoneria, Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere), che ha apertamente denunciato l’esistenza di una galassia di 36 Ur-Lodges, cioè superlogge internazionali, pronte a fare uso di svariati sistemi di intelligence, come si evincerebbe dal “fatale” successo di tutte le operazioni terroristiche recentemente attuate sul suolo europeo, grazie alle “strane” inefficienze degli apparati di sicurezza. A questo quadro si aggiungerà ora il saggio di Carpeoro, “Dalla massoneria al terrorismo”, in uscita il prossimo ottobre per “rEvoluzioni Edizioni”, del gruppo Uno Editori, lo stesso di Mauro Biglino.«Oltre a qualche inedita chiarificazione storica e concettuale sulla Libera Muratoria – anticipa l’autore – spiegherò come alcune logge massoniche sono divenute deviate e come, con i servizi segreti, vogliono controllare il mondo». Carpeoro aggiungerà «qualche spiegazione sulla P2, ma anche sulla P1», e quindi «i collegamenti tra massoneria autocratica e terrorismo». In altre parole, aggiunge: «spiegherò cosa sia la “sovragestione”». L’editore stesso conferma che, in 220 pagine, il libro offrirà «uno sguardo dall’interno nel mondo della massoneria, così pieno attualmente di contraddizioni». Dalla antica sacralizzazione del lavoro (la ritualizzazione del costruire) alla nascita della dei riti massonici, ovvero «quello che pochi sanno della dottrina massonica, fin dalle sue radici mitiche e filosofiche». Poi i veleni, cioè «l’incesto col potere, fin dalle ambiguità dei Neoilluminati, invano combattuto da George Washington». Il libro ripercorre «l’incubo del Nwo», il nuovo ordine mondiale, nonché «la definitiva mutazione genetica del sogno e delle utopie dei Rosa+Croce».Ed eccoci precipitati nel fosco scenario recente, con il primo piano «il fenomeno della massoneria reazionaria, che trasforma le logge in focolai di eversione per inaugurare una storia di sangue e di distruzione», di cui Carpeoro individua con precisione «la radice massonica e le firme occulte del terrorismo islamico». Spesso, in Italia, la parola massoneria richiama alla mente la loggia P2. Ma quella, sostiene l’autore, era solo uno «specchietto per le allodole», affidato alla «marionetta Gelli», senza che nessuno si sia mai chiesto: se c’è stata una P2, esiste dunque una P1 mai venuta allo scoperto? Si suppone di sì, ovviamente: nei mesi scorsi, lo stesso Carpeoro ne ha fatto esplicito riferimento, nel corso di trasmissioni web-radio come “Border Nights”, facendo nomi come quello di Eugenio Cefis, già patron dell’Eni dopo l’attentato di Bascapè costato la vita a Enrico Mattei. Esiste dunque una struttura-ombra deputata alla “sovragestione” degli eventi, pilotando servizi e tagliagole per allestire il “terrore permanente” destinato, in ultima analisi, a radere al suolo i diritti democratici? L’allarme è serio, dichiara Gioele Magaldi, sostenendo che la strage di Nizza contenga una minaccia esplicita rivolta all’Italia. Carpeoro restringe il campo a Roma o Palermo, e anticipa la data del 10 agosto. Forse già di quest’anno.Dalla massoneria al terrorismo: per capire davvero cos’è accaduto in seno al massimo vertice mondiale nel corso degli ultimi decenni, con il “golpe” dell’élite finanziaria neo-feudale, fino al ricorso – ormai sistematico – alla strategia della tensione su scala internazionale, con le guerre asimmetriche e gli attentati stragistici, ufficialmente ricondotti a sigle come l’Isis. Eventi catastrofici e molto sanguinosi, tra i cui risvolti gli osservatori di formazione massonica possono facilmente riconoscere delle “firme” inequivocabili, ricavandole dai nomi dei luoghi, le date, i numeri collegati, i riferimenti simbolici e i richiami diretti a fatti storici collegabili. E’ un linguaggio di segni cifrati quello che permette di intuire che, dietro a molto terrorismo di oggi, operano “menti raffinatissime”, di formazione esoterica, che dispongono di interi settori dei servizi segreti, a valle dei quali agisce una docile manovalanza, inconsapevole e manipolata, oggi per lo più di matrice islamista-radicale. E’ la testi attorno alla quale si sviluppa il prossimo libro dell’avvocato Gianfranco Carpeoro, che avverte: proprio grazie alla profonda conoscenza del “modus operandi” altamente simbolico dei veri mandanti delle stragi, nel mirino potrebbero esserci Roma o Palermo, già il prossimo 10 agosto.
-
Odio, nemico, guerra: potere cannibale, siamo tutti soldati
1. Empatia. Poniamo che io sia un pastore errante per l’Asia, con il mio picciol gregge. Che salga il pendio di un colle, e affacciato dalla sommità, veda un pastore errante per il Sahel, con pochi dromedariucci. Ciascuno di noi sorriderà all’alterità che così gli si rivela. Empatia. Che è, sì, partecipazione emotiva, è sì affinità, ma non elettiva, non dunque cercata, non voluta, e neppure passivamente accettata. Senza l’empatia, molto si può fare, non però le cose che si sottraggono alla sfera razionale, alla Discorsività. Si può per esempio tradurre un testo in modo che appaia accettabile alla scrittura (intesa come opposta alla letteratura che è al servizio del potere e delle sue norme grammaticali e sintattiche)? Si può eseguire, cioè tradurre in sonorità, uno spartito musicale, in modo che si distacchi e redima dalla discorsività che si esprime nel battito ritmico del piede dell’ascoltatore? Penso che né il testo né lo spartito possano venire degnamente interpretati muovendo dalla convinzione che soprattutto per la traduzione di opere scritte sia necessaria un’attività affine a un esercizio algebrico. A contestare l’empatia, interviene però quella prescrizione imposta dal beato Sigmund da Vienna laddove categorizza: “Wo Es war, soll Ich werden”, cioè al posto dell’Es è necessaria l’instaurazione dell’Io e, va da sé, del super-Io. Ed è la messa in mora della poiesis, la dichiarazione della sudditanza al discorso. Interviene insomma il potere, metaforizzato dal super-Io fallico nelle metastasi del dominio, che sono potere politico, potere religioso e potere di preparare e condurre la guerra.2. Dominio. Perché il dominio, per perdurare in ciascuna delle sue manifestazioni, ha bisogno di nemici che lo giustifichino. E non c’è differenza effettiva tra l’una delle metastasi in questione. Il potere politico si fonda e si replica in quello religioso e in quello bellico. E ciò fin dalla sua invenzione e introduzione nel mondo, risalente a circa quindicimila anni fa. E per la persistenza delle metastasi e dunque del Dominio stesso, è sempre indispensabile una forma o l’altra di mobilitazione. Necessaria per garantire il funzionamento degli stabilimenti industriali e degli uffici, perché occorre persuadere i dipendenti, operai o impiegati dell’opportunità di non opporsi alle rigide norme della produttività. Così, per riaffermare la fede dei credenti occorrono, certo, processioni, encicliche, corali, altre prediche e altre parafernalia, ma in primo luogo quella componente selettivamente mobilitatoria, persuasiva, che è la messa o il suo equivalente, la quale comporta l’inghiottimento del dio fatto particola o pane, di solito con accompagnamento del vino sacramentale riservato al sacerdote.In tutti i casi, la mobilitazione si basa sull’asserto che senza l’obbedienza ai superiori – manager, ministri del culto, gerarchie ecclesiastiche, comandanti militari – i nemici sempre in agguato (concorrenza nazionale e internazionale, crisi finanziarie causate da incompetenza o più spesso da malafede, eccetera) il sistema correrebbe seri pericoli. La funzionalità della mobilitazione si rivela, e anzi salta agli occhi anche di chi, operaio o impiegato, la vive o la subisce, sia pure in maniera meno palese, e anzi spesso senza che gli uni e gli altri si rendano conto della sua astanza. Ben più esplicita è la mobilitazione militare che riguarda tutti, intendo per tutti gli appartenenti alla Patria o alle strutture che parzialmente o totalmente l’hanno effettivamente o presuntamente vicariata. A questo punto, per i reggitori del sistema, padroni, uomini politici, dirigenti militari, si pone il problema, di fondamentalissima incidenza, consistente nel mascherare le esigenze e le pretese della patria o dei suoi equivalenti. Che hanno in comune i denti lunghi che sono un’eredità del cannibalismo degli antichi tempi e dei superstiti selvaggi.La Patria, voglio dire, imperversa, esige, pretende, impone – s ìenza proporre giustificazioni – il supremo sacrificio, considerandolo aprioristicamente un dovere al quale nessun mobilitato può sottrarsi. Con l’avvertenza che la preparazione alla guerra, che è perenne in tutti gli stati, non si traduce necessariamente nel richiamo immediato, urgente, alle armi. Ma è, ripeto e sottolineo, presente a tutti i livelli produttivi, persino alle attività di svago e riposo. Le quali sono appunto attività, dal momento che la consumazione esige la preventiva creazione dei mezzi, finanziari ma anche e soprattutto psicologici, che permettono lo spreco festoso. Quella che diciamo Patria, e quale che ne sia la struttura, è cannibale, pronta all’occorrenza a divorare i suoi figli, insensibile alle angosce e alle paure dei singoli mobilitati. La Patria-cannibale imperversa e a nulla serva implorare dal fondo di una trincea che si astenga dall’impiego e dall’essere il bersaglio di letali proiettili, razzi, gas tossici, assalti e distruttive manovre. La patria va però opportunamente mascherata, le sue pretese vanno attenuate, i suoi denti e le sue unghie limati. Non è bene inteso una giustificazione: è solo un sipario calato di fronte agli attori e spettatori. E lo si cala rendendo accettabile, addirittura affabile l’eventualità della morte che è lo scotto aprioristicamente imposto a chi si sia messo volontariamente o obbligatoriamente al suo servizio.3. La mobilitazione. Che, ripeto, ha luogo a tutti i livelli, compreso quelli scolastici, accademici, di produzione culturale e nell’ambito di tutte le attività economiche e produttive, comporta anche un’altra forma di persuasione, non meno importante, del richiamo del dovere verso la Madre, ed è la denigrazione sistematica del nemico. Occorre infatti che il nemico venga descritto come pericoloso, spietato, implacabile, proditorio, assetato di sangue, ma alla fin fine superabile dalle nostre armi e più ancora dal fegato e dal cuore dei nostri militi. Allo stesso modo il concorrente industriale, l’appartenente a un altro esercito produttivo che in ogni momento possa diventare ostile, sarà anch’esso necessariamente calunniato, fatto prescrittivamente oggetto di sospetto, deprecazione, finanche odio. Solo così la mobilitazione sarà effettiva ed efficace.L’operazione – odio del nemico – implica di necessità che il potenziale o attuale avversario, e in primo il nemico per antonomasia della società, il criminale comune o politico, giudicato, condannato e variamente isolato dal resto dei componenti la società mediante chiusura in carcere, detenzione in un campo di concentramento, esilio o internamento di altro genere, non sia oggetto di simpatie o anche solo di commiserazione. La punizione che gli viene inflitta deve essere pertanto resa nota, sottolineata, giustificata, spesso anzi proclamata. Il nemico interno della società deve essere cioè oggetto di disprezzo, deve essere calunniato, fatto segno di riprovazione e odio, esattamente come il nemico esterno. È quanto si è visto accadere nel caso dei campi di concentramento tedeschi, ma anche nei campi di lavoro, i gulag dei deportati sovietici. Nulla di nascosto: anzi, tutto dichiarato, esposto del ludibrio della parte “sana” delle popolazioni.4. L’Odio. Ma come si suscita ostilità e odio totale nei confronti del nemico esterno e ostilità e disprezzo di quello interno, il criminale comune o politico che sia? Va premesso che l’odio totale o l’odio temperato dal disprezzo, comunque l’ostilità, cresce – e si vuole appunto che accada – su se stessa. Una volta che il dominio sia riuscito ad avviare il meccanismo, di importanza fondamentale per al sua stessa sopravvivenza, chi se ne fa interprete o strumento andrà come alla scoperta di un continente, l’oscura, torbida regione della negatività. Io, l’odiatore, colui che ha fatto propria l’ostilità, divengo il mezzo per cui l’altro si è rivelato, si è attuato come oggetto della mia insopportabilità. Io, l’odiatore, sono l’arnese che serve ad attuare uno scopo specifico. Che è la dichiarata superiorità della mia parte – la patria o la parte sana della società. Scopro l’insopportabilità di ogni gesto, pensiero, azione del nemico dichiarato tale. Non posso – non devo – ignorare la presenza del nero accanto a me; buon cittadino di uno stato razzista, dovrò nutrire paura nei confronti dello zingaro; e, apertamente o meno, debitamente, desiderare di fargli del male, di perseguitarlo, di appenderlo a un ramo.E sono atteggiamenti emozionali in cui si riassume il desiderio di distruggere, o almeno di mettere in condizione di non nuocere, tutti i simili a lui, il nero o lo zingaro, cioè tutti quelli che stanno al di là, oltre la barricata: nei confronti dei quali, chiunque vi si trovi o corra il rischio di collocarvisi, l’odio dev’essere sempre pronto a scattare. E nell’odio, l’odiatore simboleggerà la volontà di affermare il proprio assoluto valore, la propria indiscutibile superiorità. L’odiatore sa che gli è propria una indiscutibile superiorità. L’odiatore sa che gli altri, oggetto prima del suo disprezzo (dal momento che la scuola dell’odio procede per crescenti fasi: disprezzo determinato dal fatto di detestare, via via, una, poi molte delle sue qualità) saranno al termine il bersaglio della negativa globalità dell’ostilità e dell’odio.5. Inutilità dell’Odio. Ma anche inutilità dell’odio. Per il fatto stesso di esistere, l’altro, l’odiato, costituisce un pericolo e una minaccia, ma l’odio non può sopprimere il fatto primordiale dell’esistenza altrui. L’odio è così minato da se stesso: non può impedire all’altro di rivelarsi quale presenza indispensabile. Qualcosa dell’altro mi sfugge sempre, o lo distruggo, e porto a compimento l’odio, ma in pari tempo nullifico l’odio (l’altro è esistito, l’altro fu una presenza: dell’altro aleggia il ricordo, i suoi occhi, il suo sguardo, la certezza che per questo spiraglio di luce che qualcosa mi è sfuggito) oppure gli do modo di crearsi una zona sua, non più grande di un’unghia ma imprendibile: l’odiato mi odia a sua volta, è me stesso in carne d’altri; e, a questa stregua, il mio odio non tocca il culmine, è un meccanismo che gira a vuoto. Con l’odio, la mia sconfitta è certa.Infatti, se odio faccio un ricorso come ultima istanza… che cosa mi resterebbe, che cosa ho concluso, una volta salito su un monte di cadaveri? La guerra – ogni guerra – finisce; poniamo che io, qualunque sia la nazione di mia appartenenza, abbia vinto, che guardiano di un campo di concentramento e di sterminio, abbia celebrato quella che allora è diventata la mia vittoria: ecco che mi ritrovo davanti a una folla di schiavi, che non ho più né scopo né ragione di odiare, dal momento che hanno cessato di costituire un pericolo. Ma riconquistare la propria integrità – ed è ciò che avviene al termine di ogni guerra, per quanto catastrofica sia stata – sarà tanto più difficile quanto più è avanzato il processo di decomposizione, di semplificazione, di riduzione: insomma, quanto più vasta è stata l’abiura alla mia umanità.6. Guerra. L’altra faccia della medaglia: guerra. Il problema, si è visto, è rappresentato dalle modalità usate per rendere il soldato invulnerabile alla pietà. Che il soldato possa diventare da semplice cittadino un carnefice, colui cioè che è incaricato di distruggere carne umana, è dimostrato dai campi di concentramento della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. I guardiani dei detenuti erano perlopiù SS che dopo aver combattuto su vari fronti, erano stati ritirati dal servizio attivo perché feriti o perché troppo usurati per venire impiegati in prima linea. Assurto alla figura di eroe, di collerico semidio incaricato di combattere e all’occorrenza eliminare, i nemici della “patria” e del sistema politico dominante: trasfigurato come tutti i guerrieri in incarnazione della violenza, dell’aldilà incontrollabile, l’SS ne reca addosso la maschera e il paludamento.Il soldato ridotto a stizzoso guardiano è anch’egli un masochista, anzi un sadomasochista. In quanto masochista, pronto a pagare uno scotto prima di commettere l’azione che sa o sospetta riprovevole. In quanto sadico, non è esattamente il beccaio: è un carnefice che deve riuscire a rendere masochista la vittima. Il suo proposito sarà dunque quello di escogitare tormenti tali da tappare la bocca del martire le cui lamentele lo irritano e incattiviscono. E martire e carnefice si vedranno così impegnati in un duello che non potrà, a un certo punto, non assumere l’apparenza della lealtà, dello scontro aperto, dichiaratamente senza esclusione di colpi. Col carnefice che dovrà, almeno con se stesso, ammettere la propria sconfitta, quando la vittima non si sia trasformata in oscurità rantolante, in annebbiamento e abiura, ma anche qualora il rantolo sia diventato irreversibilmente agonico.Supremo ideale del sadico: riuscire a trasformare l’altro in carne senza che costui cessi di essere strumento. Gli basta, per convincerlo di avere toccato la propria meta, l’implorazione della vittima? No, poiché anche nelle grida di terrore può celarsi la soperchieria. E l’atteggiamento del sadico, in questo caso soldato – carnefice, è dettato da volontà di potenza. Definizione che è una mera tautologia: resta da spiegare, infatti, il perché del gusto di dominare gli altri. E se il sadico questo impulso lo prova, è perché vede in esso la possibilità di avere la rivelazione dell’altro, – e di sé per riflesso – attraverso l’oppressione. Ma l’accettazione a cui l’altro si obbliga deve essere senza residui; e non basta neppure che la vittima rinneghi e abiuri, che strisci e urli. Occorre che quegli urli siano per così dire assoluti. In un certo senso, frutto di una libera scelta, e che tuttavia codesta scelta non lasci residui, ombre, ambiguità. La vittima dovrà interamente trasferirsi in quest’esito, senza avere più un secondo fine, soprattutto quello di convincere il sadico-carnefice di avere già pagato abbastanza e pertanto di persuaderlo a rinunciare alla continuazione della tortura. E allora?La tortura cessa: o la vittima è un freddo cadavere, o è tornata coscienza, astuzia, gioco, inganno. Il sadico-carnefice si sente defraudato nell’uno come nell’altro caso. Deve pertanto impedire che venga superata una linea di confine non oggettivamente determinabile, una soglia solo probabilisticamente fissabile. La sua è quindi la condanna alla tortura perenne: in ogni istante dovrà essere circondato almeno dagli emblemi del suo potere, e come un Dracula banchettare tra i cadaveri, o come i quattro signori delle Centoventi giornate di Sodoma, prescriversi un rigido rituale, un crescendo dell’orrore. Il sadismo diviene pertanto consumazione e autofagia: il sadismo perciò stesso si rifà al suo contrario, gli estremi finiscono per toccarsi. Il sadico può scoprire la possibilità che venga applicata a lui stesso l’impresa tentata a spese degli altri. Può allora accadere che il masochismo prevalga. Che il combattente veda, nel suo avversario, il nemico che dovrebbe odiare senza remissione, ed è ormai vano farlo; che scopra, nell’uomo dell’opposta trincea, il suo simile. Può accadere dunque che si verifichi un istante di empatia, quasi un ritorno a un’origine mai dimenticata, perché indimenticabile, un vuoto di memoria che può all’improvviso colmarsi. È accaduto tante volte, durante le stragi della prima e della seconda guerra mondiale.Può accadere, in qualunque guerra, che questa divenga ritualistica – che a prevalere sia la stanchezza e che ne derivi compassione per il nemico, e che dia luogo alla rassegnazione (di chi, sepolto nel rifugio, sperimenti, cieco, l’ossessione dei bombardamenti) e alla stanchezza dei disertori e addirittura degli ammutinati. Gli eserciti zaristi, nel 1917, proprio per questo si sono disfatti. È come se la vittima, anziché semplicemente soccombere – e pur restando condannata – sia entrata nel seno della sacralità. Che divenga intoccabile, ancorché si continui a toccarla, a disfarla. Si constata allora che il gioco dell’angoscia sia sempre lo stesso, angoscia fino alla morte, al sudore di sangue. E al di là della morte e della rovina, il superamento dell’angoscia, quello che ha popolato la terra di eroi e taumaturghi, di figli del sole e nati da vergini minacciati e invincibili come il sogno dell’uomo. Viene allora fatto di chiedersi: può allora l’uomo rinunciare ai sacrifici, concreti o simbolici? Può fare a meno di vittime a carnefici? Ed è legittimo il dubbio che anche tra i nostri progenitori paleolitici – e tra gli ultimi selvaggi – superstiti della civiltà – si desse e si dia la nostra stessa, attualissima suddivisione tra sofferenti e apportatori di sofferenza? In altre parole: l’uomo poteva allora, e può ancora, rinunciare all’angoscia? O l’angoscia è costitutiva dell’umanità?7. Beltran de Born. Dante lo incontra nel suo XXVIII dell’Inferno, ai versi 118 – 149. Nona Bolgia riservata ai seminatori di scandalo e scisma, e dunque «mali consiglieri». Dove i dannati girano perennemente tutt’attorno e vengono feriti di spada dal Diavolo. Le loro ferite si rimarginano prima che gli ripassino davanti. «Io vidi certo… / un busto senza capo andar…// e il capo tronco tenea per le chiome, / presol con mano a guisa di lanterna…». È Bertram de Born (per Dante, dal Bormio) trovatore (ca.1140-1215) signore del Castello di Hautefort tra il Périgord e il Limosino, coinvolto – si dice – in dispute feudali tra Francia e Inghilterra e suscitatore, forse, di discordia tra Enrico di Inghilterra e il padre, re Enrico II. Gli si devono una trentina di sirventesi in cui celebra le virtù cavalleresche, esalta la guerra come unica fonte di gloria, la morte in battaglia come liberazione dalle miserie terrene. La più celebre di tali composizioni è stata tradotta in toscano nel XV da un poeta di cui mi sfugge il nome. Dopo aver celebrato la primavera, la bella fioritura, i dolci canti degli uccelli, Bertram cambia di colpo registro: “Ma più mi piace veder per li prati alzar le tende e stendardi piantare. / E per i campi cavalieri andare. Tutti in ischieri su cavalli armati. / E piacemi se vedo scorridori, molti ed armati a tumulto venienti. / E piacemi se vedo inseguitori. Che fan fuggire con loro robe el genti. / Et ho allegrezza assai grande mirando. Forti castelli assaltati e crollare muri abbattuti / E le schiere ristare presso le fosse steccati innalzando”.Mi si farà notare che la guerra può eccitare con l’allucinazione del potere che conferisce, con la speranza di premi e ricompense, con la liceità di “perversioni” giudicate ammissibili e anzi consigliabili; e tuttavia potrebbe in ultima analisi esercitare un fascino solo per chi attribuisce scarso e nullo significato alla propria esistenza, e dunque per quelli che ci si ostina a chiamare «dannati della terra,» o a giovani incapaci di trovare una nobile ragione per vivere. Ma mi si farà anche notare che la guerra, ogni guerra, rappresenta la prosecuzione di un clima di festa, di messa in mora delle norme consuete. Di sospensione della separazione tra realtà e sogno, tra quotidianità e avventura. Né si mancherà di ricordarmi che la guerra è necrofila, in quanto esige dal combattente familiarità con la morte propria e altrui. Un fascino oscuro, quello esercitato dalla guerra: ma sono tutte considerazioni di accento negativo, laddove la celebrazione di Bertran de Born è una affermazione di vitalità spinta ai limiti.Gli è che la guerra ha una sua intrinseca bellezza, e lo comprovano i molti, celeberrimi dipinti di ogni secolo – a partire, facile notarlo, dal Neolitico, e più avanti dirò perché – i quali illustrano fatti d’armi, si tratti delle Termopili, della carica della cavalleria scozzese alla battaglia di Waterloo, o dell’enorme numero di film che continuano ad esaltarne l’importanza, la torbida bellezza, insomma l’incidenza enorme che le guerre, e soprattutto certe battaglie conclusive, hanno avuto e hanno sulle vicende sociali. Persino sulla delimitazione dei periodi che usiamo chiamare storici. L’Inghilterra è nata dalla conquista normanna del 1166. Cos’è dunque la guerra? Risposta di Karl von Clausewitz: «Limitiamoci alla sua essenza, il duello». Dove il grande teorico della guerra rischia la confusione tra violenza e guerra, come se fossero un’unica cosa. L’errore di Clausewitz è consistito nell’aver equiparato la guerra a un atto, o una serie di atti, istintuali. Quasi si trattasse di un litigio da osteria che finisca a coltellate.Ma la guerra non è l’istintuale. Non si guerreggia obbedendo a impulsi prerazionali. No, perché le guerra sono proprie, ed esclusivamente, di società gerarchiche, strutturate in piramidi formate da un vertice autorevole e da una successione di sudditi convinti all’obbedienza. Senza questa struttura, eminentemente razionale, e di ascendenza neolitica (e come tale furto dello stanziamento, della produzione agricola, dell’allevamento del bestiame, dell’invenzione della divinità, del dominio nella sua triplice articolazione, dell’invenzione della macchina, della proprietà privata – in una parola dell’epoca, appunto il Neolitico, di cui siamo gli eredi, e anzi i continuatori). Clausewitz, celebre autore del suo celeberrimo “Della guerra”, 1832-34, si è reso conto del suo errore. Dicendo che per il militare non esiste «la pace»: esiste solo la non-guerra, la tregua armata. E alludendo dunque alla perennità della mobilitazione continua a tutti i livelli della società e di conseguenza alla condanna del militarismo inteso quale politica che abbia a propria finalità e conclusione la guerra. Della politica, infatti, la guerra è, al più, la forma suprema, il culmine. E soltanto una politica stupida (e ne abbiamo avuto nel secolo scorso esempi clamorosi, Vietnam, Iraq, Afganistan…) si tramuta senz’altro in guerra, al di là di ogni considerazione di carattere razionale e utilitaristico.8. Meccanismo della Persuasione. Sì, perché esiste una tecnoscienza, ripetuta di generazione in generazione, della mobilitazione. Ed è quella che da altri, in particolare Clyde Miller, è stata chiamata Meccanismo della Persuasione. Né è certo una novità l’intervento di «persuasori occulti,» cioè di appelli all’irrazionale nella vita delle nazione: irrazionale camuffato, sia chiaro, da richiami ai principi di realtà. Elaborata da secoli a scopi mobilitatori, la propaganda politica nella fase attuale dello sviluppo civile ha investito la società in maniera un tempo sconosciuta. Le forme di propaganda rispecchiano i fondamenti economici della società che la usa, nonché gli intenti della sua classe dirigente; e, per ciò che riguarda le società odierne – tutte borghesi seppure con varie connotazioni, che siano o meno sottoposte al controllo di un partito unico – il modulo, l’insieme di tecniche impiegate allo scopo, è sempre lo stesso, che si tratti di agire nell’ambito della caserma o del supermercato, quale che sia la merce da indurre ad apprezzare, ad accettare, ad acquistare, formaggi o ideologie.Perché i problemi della persuasione si riducono a uno solo: sviluppare certi riflessi condizionati mediante ricorso a parole-chiave. A simboli-chiave, ad azioni-chiave. Il consumatore-mobilitando, il compratore-soldato, viene “precondizionato”, gli si stampa nel cervello l’elogio del prodotto in modo da escludere dubbi sulla sua assolutezza. Si tratta di agire programmaticamente su tutti i livelli dell’opinione, soprattutto a quelli consci o preconsci, (pregiudizi, terrori, credenze ancestrali, impulsi emotivi), applicando nei confronti del milite come del consumatore i ritrovati della ricerca motivazionale, dell’analisi delle motivazioni. Il prodotto – e l’ideologia – dovrà esercitare una suggestione sui sentimenti annidati nella psiche. Ma non si tratta di prassi inedite, inaspettatamente iniettate nelle vene della società borghese, anche se hanno assunto, soprattutto a partire dalla fine della seconda guerra mondiale e della guerra fredda, un’estensione rilevantissima in concomitanza con l’espansione del mercato. E la cura costante per le esigenze psicologiche degli eserciti (fino a tempi recentissimi quelli di massa, oggi in apparenza composti da volontari salariati) ha avuto uno sviluppo parallelo a quello dell’economia di mercato. Il cliente, milite o compratore, dovrà innamorarsi del prodotto, a esso legarsi mediante una fedeltà irrazionale.Per quanto riguarda il compratore, il prodotto apparirà ( anche se in effetti contenga veleni), casalingo, puro, cortese, pulito, onesto, paziente. Nel caso dell’acquirente del prodotto patria, dovrà apparire virile, forte, potente, autoritario. Sempre il prodotto dovrà avere una personalità, la stessa della patria o dei suoi equivalenti. Si offrirà così al mobilitando un’illusione di razionalità, un pretesto con il quale nascondere a se stesso l’irrazionalità su cui si fa leva. L’estetica dell’arma, da lustrare e curare, l’arma che prolunga la personalità del combattente, kalascnicov o elicottero che sia, fa il paio con l’idea dell’automobile come mezzo di espressione dell’“aggressività” di chi la acquista. Importantissime, ai fini della mobilitazione, le parate militari, che altro non sono se non l’esposizione di certi prodotti sapientemente architettati, accuratamente designed, carri armati dall’aria cattiva, di fosco colore, dalle minacciose torrette, mostri scientifici e metafisici insieme; e velivoli senza pilota, invisibili, irrintracciabili in cielo, di invincibile pericolosità; caccia-bombardieri nei quali la funzionalità si sposi alla misteriosità, all’incomprensibilità per il profano, e la cui efficienza sia già rivelata dal fracasso che producono volando o decollando e dalle enigmatiche scie di condensazione. Se al consumatore del supermercato piace vedere una grande abbondanza di merci che lo sazia letteralmente e preventivamente, al milite piace la sensazione di essere in tanti che partono in missione, e la constatazione di disporre di tante armi, presuntamente efficientissime, che si aggiungono all’euforia tipica delle manifestazione di massa, soprattutto quelle patriottiche-militaristiche.9. Il Militarismo. Il Militarismo è l’esplicita o sottilmente insinuata finalizzazione della politica alla guerra proclamata come necessaria. E tale è stata dichiarata, a sua giustificazione, la guerra del Vietnam, come quelle successive. Noi viviamo così in società della paura (qualcuno può sempre e comunque sganciare la BOMBA). Ma l’oscuro fascino della guerra è lungi dall’essersi spento e anche solo eclissato, e sussiste pur sempre la possibilità di sottrarsi collettivamente al logos inteso come super-Io, e di abbandonarsi lontano dalla città con le sue forclusioni, a una sorta di stravolta empatia (o controempatia) con la rivelazione però, non dell’Alterità, bensì della Morte. L’ostilità è così calata dal cielo a funestare la terra – ogni lembo di terra abitato dalla civiltà, che è per definizione bianca, occidentale. Né chiamatela follia. Poiché quella che si usa definire follia – oppure psicosi o altri presunti equivalenti – è innanzi tutto condizione della poiesis.Ed è hybris, è dissoluzione del soggetto, rifiuto dell’obbligatoria felicità, contestazione della volgarità sotto forma del rappresentabile e rappresentato – pittura, teatro, danza, o dalla rappresentabilità della Logica del Tempo, della Logica dell’Inconscio, in nome dell’eccesso, dell’estremismo, dell’ekstasis, parola greca che può indicare l’uscita dai ceppi della ratio come assoluta egemone, ma dalla quale deriva, guarda caso essere, non esser-ci: voglio dire l’inattingibile Carne, mai matrugiata dalla carne, forse intravista – budella squarciate, sublime dolore, dal samurai che pratica il seppuku, – e forse per un istante raggiunga il fondo supremo della rivelazione, il simbolo palpabile dell’aldilà, della sua presenza in noi. Cosa non data al soldato, e tanto meno al cosiddetto eroe. E mai al soldato. Soldato che inesorabilmente scopre la sua propria miseria.(Francesco Saba Sardi, “Istituzione dell’ostilità”, dalla pagina Facebook di Giovanni Francesco Carpeoro, 14 aprile 2016. Scrittore, saggista e traduttore, eminente intellettuale italiano, ha tradotto i maggiori scrittori mondiali dell’800 e del ‘900, nel 1958 ha firmato “Il Natale ha 5000 anni” e, in un altro saggio, “Dominio”, edito nel 2004, ha tracciato una lucida analisi della natura autoritaria del potere che ha guidato la civilizzazione terrestre, dall’avvento del neolitico ai giorni nostri).1. Empatia. Poniamo che io sia un pastore errante per l’Asia, con il mio picciol gregge. Che salga il pendio di un colle, e affacciato dalla sommità, veda un pastore errante per il Sahel, con pochi dromedariucci. Ciascuno di noi sorriderà all’alterità che così gli si rivela. Empatia. Che è, sì, partecipazione emotiva, è sì affinità, ma non elettiva, non dunque cercata, non voluta, e neppure passivamente accettata. Senza l’empatia, molto si può fare, non però le cose che si sottraggono alla sfera razionale, alla Discorsività. Si può per esempio tradurre un testo in modo che appaia accettabile alla scrittura (intesa come opposta alla letteratura che è al servizio del potere e delle sue norme grammaticali e sintattiche)? Si può eseguire, cioè tradurre in sonorità, uno spartito musicale, in modo che si distacchi e redima dalla discorsività che si esprime nel battito ritmico del piede dell’ascoltatore? Penso che né il testo né lo spartito possano venire degnamente interpretati muovendo dalla convinzione che soprattutto per la traduzione di opere scritte sia necessaria un’attività affine a un esercizio algebrico.
-
Terrore e media: è nato il nuovo business della strage
«E’ nata una formidabile alleanza tra due conglomerati, quello della morte e quello dei media, che porta enormi profitti a entrambi». Lo sostiene Mauro Baldrati su “Carmilla online”, dopo la proliferazione di “terroristi fai-da-te” e presunti “lupi solitari”, che uccidono in varie parti del mondo prima di essere uccisi o di farsi saltare in aria. Pagine intere sui giornali, sterminate dirette televisive. E immagini-fiume: guerriglieri che agitano Kalashnikov e coltelli «forse sognando di decapitare qualcuno perché, ci informano i soliti media, le liste d’attesa dell’Isis sono piene di aspiranti tagliatori di teste». Frasi a effetto e video virali sui social, «come quel ragazzo di 17 anni che voleva “scannare” tutti i tedeschi, o l’omicida-suicida di Monaco, 18 anni, in cerca, pare, di riscatto e di gloria». L’episodio di Nizza, scrive Baldrati, ha scatenato «le menti febbricitanti dei giornalisti, dei ragazzi solitari che sognano la catarsi finale, in un bagno di sangue, e dei manager della multinazionale della morte». Secondo l’analista, «quella del terrore è un’impresa efficiente, un conglomerato che possiede tutti i moderni requisiti aziendali».Un network che dispone di finanziatori, sponsor, «un’organizzazione che si decentra a seconda della necessità», contando anche su reclutatori e corsi di formazione debitamente finanziati. «Se a qualcuno, sentendo parlare di “azienda” che produce terrore e morte, viene un sorriso amaro pensando a un macabro scherzo – scrive Baldrati – invitiamo a considerare la seguente, semplice riflessione: la morte – l’omicidio – non è un semplice incidente, ma è prevista nelle strategie aziendali. Spesso come effetto collaterale, ma anche come elemento strutturale della produzione». I manager di molte imprese «erano perfettamente a conoscenza, da decenni, degli effetti cancerogeni dell’amianto, eppure hanno continuato a sottoporre i lavoratori alle polveri, con premeditazione». Risultato: «Ogni anno in Italia muoiono dalle 3 alle 4.000 persone per l’amianto». E la giustizia? «Qualcuno, dopo lunghissimi processi, subisce una specie di condanna, che tuttavia non sconterà mai». A questo si aggiunge la delocalizzazione di molte imprese italiane, che ha creato povertà e disperazione e inoltre «genera sfruttamento nei paesi ospiti, e morti: sul lavoro, per la prevenzione inesistente, per le condizioni, le malattie».Tutti ricordiamo come a Dacca il crollo di un capannone ha causato la morte di 380 operai tessili, aggiunge Baldrati. Poi ci sono i morti per incidenti sul lavoro, che in Italia sono circa tre al giorno. «Ma il conglomerato della morte, come tutte le grandi aziende, ha un altro importante requisito: la pubblicità e il marketing». Sfruttando Internet, veicola filmati autoprodotti che rappresentano decapitazioni, torture e «omelie deliranti dei predicatori della strage». Tutte immagini che fanno il giro del mondo, «suscitando orrore, ma anche voyeurismo macabro, nonché una preziosa esaltazione di menti disturbate, giovani sparsi per il pianeta che accumulano rabbia, frustrazione, odio, per la loro condizione di emarginati in un mondo che considerano ostile». Giovani che «cercano di raggiungere i centri di addestramento, per combattere come “soldati” di una guerra senza fine, alcuni diventando kamikaze ansiosi di assassinare decine di persone prima di farsi saltare in aria o di essere abbattuti». Baldrati parla di una “sindrome di imitazione” che si traduce in una sorta di riscatto finale preparato con cura, con l’ausilio di psicologi-predicatori che usano la religione per introdurre nelle loro menti un pensiero unico che prevede lo sterminio di tutti gli “impuri”.Secondo l’analista, è forse questo l’aspetto più interessante dell’attività del “conglomerato della morte”: la natura e l’intensità del marketing, che non ha eguali in nessuna parte del mondo. «Ha una straordinaria potenza dirompente, e una diffusione capillare che tutti gli altri operatori ammirano. E invidiano, perché ha una caratteristica unica: è completamente gratuito. I titolari delle aziende – di qualsiasi produzione si occupino – spendono milioni di euro o di dollari per pagine pubblicitarie, o spot di pochi secondi. Invece questi assassini specializzati hanno sei pagine di giornale e servizi di ore e ore sulle maggiori televisioni. Gratis. Sempre». Così, gli aggressori proliferano. «E i manager della strage sono pronti a farne “cosa loro”, capitalizzandone l’operato, anche se non li hanno mai sentiti nominare. Generano comunque senso di minaccia, ansia, terrore, che è la materia prima della produzione aziendale. Soprattutto è manovalanza gratuita, che deriva da un marketing gigantesco, persuasivo, altrettanto gratuito». Il problema ovviamente non è la produzione di notizie, ma l’ossessiva spettacolarizzazione, «indugiando su dettagli che si giustificano solo con la propagazione di un gossip mortifero che ha l’unico fine di stimolare le menti già scosse dei lettori/spettatori». Terrore e media: il nuovo business del “conglomerato della morte”.«E’ nata una formidabile alleanza tra due conglomerati, quello della morte e quello dei media, che porta enormi profitti a entrambi». Lo sostiene Mauro Baldrati su “Carmilla online”, dopo la proliferazione di “terroristi fai-da-te” e presunti “lupi solitari”, che uccidono in varie parti del mondo prima di essere uccisi o di farsi saltare in aria. Pagine intere sui giornali, sterminate dirette televisive. E immagini-fiume: guerriglieri che agitano Kalashnikov e coltelli «forse sognando di decapitare qualcuno perché, ci informano i soliti media, le liste d’attesa dell’Isis sono piene di aspiranti tagliatori di teste». Frasi a effetto e video virali sui social, «come quel ragazzo di 17 anni che voleva “scannare” tutti i tedeschi, o l’omicida-suicida di Monaco, 18 anni, in cerca, pare, di riscatto e di gloria». L’episodio di Nizza, scrive Baldrati, ha scatenato «le menti febbricitanti dei giornalisti, dei ragazzi solitari che sognano la catarsi finale, in un bagno di sangue, e dei manager della multinazionale della morte». Secondo l’analista, «quella del terrore è un’impresa efficiente, un conglomerato che possiede tutti i moderni requisiti aziendali».
-
Colonnello: reclutano kamikaze che hanno motivo di odiarci
«Il terrorismo negli ultimi 25 anni non ha fatto che aumentare. Avevamo 400 attentati all’anno nel 1999. Oggi siamo arrivati a quasi 15.000 e non ci siamo mai domandati la ragione di quest’incremento». Lo afferma il colonnello svizzero Jacques Baud, un esperto in sicurezza, autore del saggio “Terrorismo, menzogne politiche e strategie fatali dell’Occidente”. Al di là delle manipolazioni di potere che, di volta in volta configurano nuovi aspetti del “radicalismo” di matrice islamica, debitamente pilotato, sarebbe imperdonabile non tener conto del vasto e motivatissimo risentimento che in Medio Oriente si è accumulato contro l’egemonia imperiale occidentale. Un retroterra che rende facilissimo il reclutamento di giovani “radicalizzati”. Nell’ultimo quarto di secolo, gli interventi occidentali condotti in Medio Oriente erano privi di legittimità: «Ogni volta si è imbrogliato un po’», dice il colonnello Baud, intervistato da “Tv5 Monde”, citando la montatura delle “armi di distruzione di massa” attribuite a Saddam. «Ma in realtà, tutti gli altri conflitti che si sono susseguiti sono stati anche loro viziati da imbrogli e disinformazione».In verità, sostiene il colonnello nell’intervista (ripresa e tradotta da “Come Don Chisciotte”) non si sono affatto compresi i meccanismi che oggi conducono molti giovani emarginati, in Medio Oriente ma anche in Europa, a “radicalizzarsi”. «Si è parlato molto di “radicalismo”, della maniera nella quale la radicalizzazione si esercita, attraverso Internet o i social network. Ma si è assai poco riflettuto sulle ragioni, sulle motivazioni. E, quando si legge la bibliografia islamista – Daesh e non solo – si constata che la spiegazione, che è la stessa dalla fine degli anni Novanta, va ricercata nei nostri interventi in Medio Oriente». Secondo l’alto ufficiale elvetico, il terrorismo è (anche) «una maniera per suggerire ai nostri governi di smetterla di colpire, di bombardare e d’intervenire militarmente». Un paragone storico? Quello dei “bombardamenti strategici”, altamente terroristici, «che gli americani condussero contro la popolazione civile tedesca negli anni Quaranta per costringere la popolazione a ribellarsi ai suoi dirigenti. È un po’ ciò che accade oggi con lo Stato Islamico».Lo conferma un video-appello del cosiddetto Isis: “Dite ai vostri governi di smetterla di bombardarci”. Il video, dice Baud, cita l’esempio della Spagna, che – dopo gli attentati a Madrid dell’11 marzo 2004, alla vigilia delle elezioni – ritirò le proprie truppe dall’Iraq. Il fatto è che «è difficile, in Occidente, mettere in discussione le nostre politiche», ammette il colonnello, «in primis per ragioni ovvie: ci sono scadenze elettorali e, se si comincia a rimettere in discussione le scelte politiche, evidentemente si otterranno risultati che si rifletteranno nelle urne». In Europa, poi, «c’è una sorta di etnocentrismo che, in effetti, ci impedisce di riflettere in maniera critica su quanto facciamo, di vedere in maniera critica i risultati di quanto abbiamo fatto». Come ad esempio in Libia: abbiamo eliminato Gheddafi, che in ogni caso era il capo di un paese che nel 2010, «qualunque fosse la natura del regime», era, secondo le Nazioni Unite, «il paese africano con il più alto indice di sviluppo umano». Noi invece «abbiamo ridotto la Libia a un campo di battaglia per fazioni jihadiste senza fornire alcuna alternativa. Abbiamo bombardato, abbiamo distrutto e siamo ripartiti. Abbiamo fatto più o meno la stessa cosa in Iraq e in Afghanistan».Il nostro sistema politico mainstream «ha il vizio di far passare il jihadismo, o il terrorismo, come una fatalità», continua il colonnello. Abbiamo gestito male l’immigrazione, specie in paesi come Francia e Belgio? Senz’altro, «ma è comodo legare il terrorismo ai migranti». Il Mullah Omar, l’ex leader dei Talebani, considerava Bush «un regalo prezioso», capace cioè di rendere spaventosamente evidente l’abuso violento dell’Occidente contro gli islamici. Lo riteneva «il testimonial del nostro movimento nel mondo». E’ un aspetto che Jacques Baud aveva descritto nel libro precedente, “La guerra asimmetrica”: «La jihad è fondamentalmente una risposta. E questa risposta è alimentata dalle nostre azioni offensive». In altre parole: «A causa delle nostre azioni, alimentiamo costantemente la jihad, come conferma il Mullah Omar». Altra cosa è valutare quale disegno segreto vi sia a monte, ovviamente, da pare di chi – in Occidente – punta proprio sull’opzione-guerra per consolidare il proprio dominio. Ma è certo che, senza questa diffusa percezione di asimmetria e ingiustizia, una “creatura” come Abu Bakr Al-Baghdadi non sarebbe mai neanche potuta esistere.Complotti veri i solo complottismo? Il colonnello Baud resta prudente: non crede alla tesi fondamentale del cospirazionismo, secondo cui a dominare è «un’intelligenza superiore, nascosta, clandestina, che tira i fili dei complotti al fine di ottenere dei vantaggi strategici». E’ pià propenso a vedere «una serie di furbizie, di opportunismi politici a breve termine». Per esempio, l’11 Settembre. L’Fbi, dice l’ufficiale svizzero, sapeva perfettamente che Osama Bin Laden era estraneo all’attentato delle Torri Gemelle. Se l’ha trasformato in un caprio espiatorio era «per mostrare che, nonostante si fossero lasciati passare i terroristi, malgrado questi terroristi fossero passati attraverso le maglie della rete, si aveva comunque un’idea di chi l’avesse fatto». E questo, in una certa misura, «permetteva loro di salvare la faccia». Non mancano segnali in controtendenza, per fortuna: «Il Canada è un paese occidentale che ha deciso di fare un passo indietro». A febbraio, il nuovo premier Justin Trudeau ha dichiarato: «Le popolazioni terrorizzate dallo Stato Islamico non hanno bisogno della nostra vendetta, hanno bisogno del nostro aiuto». E ha deciso di ritirare il suo paese dalla coalizione che bombarda in Iraq e Siria. «Penso sia il risultato di un’analisi e ritengo che ci siano dei servizi di informazione che l’hanno guidato verso questa decisione», conclude Jacques Baud. «È una decisione saggia che dovrebbe farci riflettere».«Il terrorismo negli ultimi 25 anni non ha fatto che aumentare. Avevamo 400 attentati all’anno nel 1999. Oggi siamo arrivati a quasi 15.000 e non ci siamo mai domandati la ragione di quest’incremento». Lo afferma il colonnello svizzero Jacques Baud, un esperto in sicurezza, autore del saggio “Terrorismo, menzogne politiche e strategie fatali dell’Occidente”. Al di là delle manipolazioni di potere che, di volta in volta configurano nuovi aspetti del “radicalismo” di matrice islamica, debitamente pilotato, sarebbe imperdonabile non tener conto del vasto e motivatissimo risentimento che in Medio Oriente si è accumulato contro l’egemonia imperiale occidentale. Un retroterra che rende facilissimo il reclutamento di giovani “radicalizzati”. Nell’ultimo quarto di secolo, gli interventi occidentali condotti in Medio Oriente erano privi di legittimità: «Ogni volta si è imbrogliato un po’», dice il colonnello Baud, intervistato da “Tv5 Monde”, citando la montatura delle “armi di distruzione di massa” attribuite a Saddam. «Ma in realtà, tutti gli altri conflitti che si sono susseguiti sono stati anche loro viziati da imbrogli e disinformazione».
-
Magaldi: Nizza, minaccia cifrata. Prossimo attentato, Italia
Dopo Nizza, ormai è chiaro: nelle intenzioni dei killer, le prossime vittime saremo noi italiani. Sempre che le “menti raffinatissime” che progettano le stragi (non chiamiamole Isis, a meno che non si voglia fare dell’umorismo nero) riescano a superare il formidabile muro di sicurezza, finora invalicabile, che ha protetto il nostro paese in questo interminabile, sanguinoso frangente. Una stagione di violenza cieca, inaugurata dal primo massacro francese, quello della redazione di “Charlie Hebdo” il 7 gennaio 2015, le cui indagini sono state bloccate – con l’imposizione del segreto militare – dopo che la magistratura parigina aveva scoperto il ruolo della Dgse, il servizio di intelligence, nella triangolazione delle armi, di provenienza slovacca, fornite al commando stragista attraverso un trafficante belga. A tradurre la cronaca in analisi è un illustre massone come Gioele Magaldi, uomo di vasti studi, protagonista di clamorose rivelazioni attraverso il dirompente saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, vero e proprio caso editoriale, pubblicato da Chiarelettere a fine 2014. Oggi, mentre in tutta Europa si scatenano kamikaze presentati come “lupi solitari”, Magaldi avverte: il prossimo maxi-attentato, in stile “francese”, potrebbe colpire proprio l’Italia. Ma c’è chi si sta impegnando a fondo per scongiurarlo.«Se finora nulla di grave è accaduto nel nostro paese», dice Magaldi ai microfoni di “Colors Radio” in una trasmissione su web seguita in diretta da centinaia di migliaia di ascoltatori, «è solo per merito dei servizi segreti italiani, che stanno operando un controllo assoluto del territorio in termini di sicurezza, grazie anche alla strettissima sinergia con l’intelligence Usa, che non vuole assolutamente che l’Italia venga colpita». La lettura che Magaldi fornisce degli eventi è interamente massonica: «Sono in azione elementi dei servizi di sicurezza americani che provengono dai settori più progressisti della massoneria», e sanno perfettamente di doversi impegnare contro “colleghi” ascrivibili alla massoneria “reazionaria”, al servizio dell’élite neo-aristocratica, che sarebbe il vero “cervello” di tutte le operazioni di strategia della tensione messe in atto, a livello internazionale, negli ultimi anni. Fino alle più recenti stragi: da quella del Bataclan, compiuta nell’autunno 2016 (il 13 novembre, data-simbolo per la massoneria di ispirazione “templare”) a quello di Bruxelles del 22 marzo, in cui furono colpiti aeroporto e metropolitana (“come in cielo, così in terra”, sempre in chiave simbolica). Da Nizza, poi un “avvertimento” ancora più esplicito. Rivolto palesemente all’Italia.«Nizza un tempo era italiana, e in più è la città natale di Garibaldi – massone anche lui e, per inciso, storicamente, primo “gran maestro” del Grande Oriente d’Italia». E’ dunque perfettamente plausibile, dice Magaldi, ragionare in termini simbolico-esoterici, se si vuole tentare di interpretare i fatti: il vero movente, i veri mandanti (non certo l’Islam “radicale” del jihadismo, che semmai si limita a fornire sciagurata manodopera, largamente inconsapevole del ruolo dei burattinai occulti). Nizza, cioè quasi-Italia, e per giunta il 14 luglio: data-simbolo della “Révolution”, progettata e celebrata dalla massoneria progressista europea non solo francese: furono in paricolare i massoni italiani – Garibaldi in primis, e con lui Mazzini e Cavour – a ispirarsi al 14 luglio per puntare all’unità d’Italia. «Letta in questa chiave la strage di Nizza, il responso è ultra-palese: una minaccia chiarissima al nostro paese». L’Italia “sigillata”, finora, dalla super-efficienza dei suoi servizi? Cioè gli stessi che negli anni di piombo si distinsero per il loro ruolo opaco nelle “stragi impunite”? «Nessuno nega la stagione dei depistaggi e delle infiltrazioni», precisa Magaldi. Che però aggiunge: «Oggi la situazione è completamente cambiata. E la collaborazione virtuosa tra i nostri servizi e quelli americani, per la protezione delle nostre città, ha raggiunto un livello senza precedenti nella storia».Non siamo al riparo al 100%, naturalmente. «Se però un grave attentato dovesse verificarsi, ne capiremo il motivo: vorrà dire che questa straordinaria barriera di sicurezza sarà stata violata dall’interno». Quella, suggerisce Magaldi, è la vera “battaglia” in corso, che si gioca interamente nell’ombra. Perché una cosa è certa: senza “coperture”, oggi, in Europa, è praticamente impossibile compiere stragi. «Lo dimostra, una volta di più, l’incredibile superficialità dell’apparato di sicurezza dispiegato a Nizza, che faceva acqua da tutte le parti». Corollario invariabile: i killer vengono sempre uccisi prima che possano parlare, raccontare la loro storia, motivare il loro gesto. «Sarebbe interessante poterli ascoltare, ma finora non è stato mai possibile», ricorda Magaldi, che dichiara di attingere a fonti riservate ma documentabili, come quelle che alimentano il suo poderoso libro sui “misfatti” della massoneria di potere nel ‘900, tra rivoluzioni e golpe, evoluzioni democratiche e svolte autoritarie, fino alla globalizzazione forzata e all’imposizione del dominio della finanza sull’economia, attraverso lo strapotere di 36 Ur-Lodges, superlogge segrete e internazionali davvero “a responsabilità illimitata”.La peggiore di tutte, sempre secondo Magaldi, fu fondata nel 1980 da George Herbert Bush, per rispondere alla bruciante sconfitta subita da Reagan alle primarie repubblicane. Evento che provocò due attentati “simmetrici”, a breve distanza l’uno dall’altro: l’attentato al presidente Reagan e, poco dopo, quello a Papa Wojtyla, che era stato sostenuto nella corsa al soglio pontificio dal super-massone Zbigniew Brzezinski, polacco come Giovanni Paolo II e primo “reclutatore” di Osama Bin Laden in Afghanistan (sono di pubblico dominio le foto che documentano quell’incontro). Poi, come sappiamo, Bin Laden fu trasformato in “uomo nero” e accusato – in modo assolutamente infondato – della strage dell’11 Settembre. La cui regia, sostiene sempre Magaldi, coinvolge invece la superloggia “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush coinvolgendo poi politici come Blair, l’uomo delle inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam usate per radere al suolo l’Iraq. Ma anche Sarkozy, cioè l’artefice della liquidazione di Gheddafi che ha trasformato la Libia in un inferno terroristico, anticamera della guerra civile in Siria. E poi un tipetto come Erdogan, grande regista occulto della macelleria siriana targata Isis, prima ancora che para-golpista.La Hathor Pentalpha, scrive Magaldi, è definita “loggia del sangue e della vendetta”. Attenzione, come sempre, ai simboli: Hathor è l’altro nome di Iside, la dea egizia cara ai massoni. Pertanto, «non è un caso che l’armata dei tagliatori di teste sia stata battezzata proprio Isis». Una “firma”, appunto. Come quelle, sempre cifrate, di chi si nasconde dietro i killer jihadisti che oggi colpiscono Parigi, Bruxelles, Nizza. E domani anche Roma? Non resta che sperare nella super-intelligence evocata da Magaldi, cui spesso viene contestata la mancata esibizione delle fonti. Se si parla di servizi segreti, va da sé, le citazioni dirette sono tecnicamente impossibili. Ma in realtà, a partire dall’introduzione presente già nella prima edizione nel suo libro, Magaldi chiarisce: «Ogni fatto menzionato è documentabile, ho con me 6.000 pagine di documenti. Se qualcuno desidera chiarimenti, sarò lieto di esibire il materiale». Finora, però, nessuno si è azzardato a farne richiesta, nonostante i personaggi citati siano centinaia, di ieri e di oggi, fino a soggetti tuttora in piena attività come la Merkel e Obama, oppure Draghi, Monti, Napolitano. Silenzio su tutta la linea: strano, vero?Dopo Nizza, ormai è chiaro: nelle intenzioni dei killer, le prossime vittime saremo noi italiani. Sempre che le “menti raffinatissime” che progettano le stragi (non chiamiamole Isis, a meno che non si voglia fare dell’umorismo nero) riescano a superare il formidabile muro di sicurezza, finora invalicabile, che ha protetto il nostro paese in questo interminabile, sanguinoso frangente. Una stagione di violenza cieca, inaugurata dal primo massacro francese, quello della redazione di “Charlie Hebdo” il 7 gennaio 2015, le cui indagini sono state bloccate – con l’imposizione del segreto militare – dopo che la magistratura parigina aveva scoperto il ruolo della Dgse, il servizio di intelligence, nella triangolazione delle armi, di provenienza slovacca, fornite al commando stragista attraverso un trafficante belga. A tradurre la cronaca in analisi è un illustre massone come Gioele Magaldi, uomo di vasti studi, protagonista di clamorose rivelazioni attraverso il dirompente saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, vero e proprio caso editoriale, pubblicato da Chiarelettere a fine 2014. Oggi, mentre in tutta Europa si scatenano kamikaze presentati come “lupi solitari”, Magaldi avverte: il prossimo maxi-attentato, in stile “francese”, potrebbe colpire proprio l’Italia. Ma c’è chi si sta impegnando a fondo per scongiurarlo.
-
Carpeoro: siate consapevoli, e aprirete una falla nel sistema
Qual è lo schema della manipolazione? E’ anch’esso uno schema rituale. Io ho sempre pensato che il potere, quello che Saba Sardi chiama “dominio”, agisca sulle persone in cinque fasi, che sono quasi un rito. Queste cinque fasi sono sempre le stesse, e si chiamano: astrazione, estrazione, ostruzione, istruzione, distruzione. Sono azioni, per questo hanno tutte la stessa desinenza. Perché astrazione? Perché bisogna creare il vuoto. E quindi, il primo schema della manipolazione è quello di togliere l’individuo da una realtà che può capire, può farlo pensare, può renderlo autonomo nei confronti del pensiero. Quindi la prima cosa che devo fare è: fargli il vuoto intorno, e possibilmente anche il vuoto dentro. E questo lo faccio astraendolo dalla realtà, cioè facendo delle operazioni di astrazione. Fatto questo, poi c’è l’estrazione: dopo che l’ho messo in un mondo finto, di plastica, devo comunque estrarlo da un contesto dove lui possa tornare; devo creargli una finta casa: dopo che gli tolto la casa vera, devo costruirgliene attorno una finta, datta di fondali cinematografici, di effetti speciali. E questa è l’estrazione.Questa casa, che gli ho costruito attorno, piena di cose posticce, poi devo rendergliela unica e invalicabile: e quindi devo fare un’operazione di ostruzione, cioè devo rendere impossibile tornare indietro. Poi devo trasformare questa persona, adattarla al meccanismo-ingranaggio generale che ho creato, e questa operazione si chiama istruzione. E poi, dopo, c’è la fase finale, che si chiama distruzione, e si può considerare a livello individuale ma anche non individuale. Un grande iniziato, che si chiamava Isaac Newton, fece 5 pagine di previsioni, tra l’altro ripubblicate recentemente dalla fondazione a lui dedicata, che ha pubblicato tutto i suoi atti inediti in un sito Internet. Newton era anche un matematico, scopritore del cosiddetto calcolo infinitesimale. Facendo conteggi, Isaac Newton ha collocato la possibilità della fine del mondo nel 2060: quanto è lontano il 2060? Una stima del ministero americano dell’ambiente, basata sull’elevazione dell’area priva di ossigeno degli oceani – si chiama “area della morte”, è la fase più profonda e completamente priva di ossigeno, di luce, di possibilità di vita – rivela che questa fascia, nell’ultimo secolo, si è elevata del 400%. Provate a pensare a cosa succede se muoiono completamente gli oceani. E, se questo work in progress va avanti così, questa stima degli americani porta all’incirca al 2060. Il che vuol dire che Newton con la matematica ci sapeva fare.Tutte le operazioni dei millenni di vita dell’uomo che conosciamo sono dominati dal pensiero magico. Della nostra avventura conosciuta, rispetto ai 22 milioni di anni di storia scientifica della vita e dell’universo, quanti anni conosciamo, analiticamente? Cinquemila? Settemila? Diecimila? Nella storia generale dell’universo, i diecimila anni di cammino dell’uomo che conosciamo cosa sono? Un pulviscolo. Noi, siccome abbiamo l’epos, li dilatiamo, pensiamo che chissà che storia sia. Ma non è mica tutta questa grande storia. Né sarebbe un esempio di vita lunga di una civiltà, se morisse dopo diecimila anni (credo che la dominazione dei dinosauri sulla Terra sua mille volte tanto, centomila volte tanto). Queste migliaia di anni che conosciamo, della nostra vita, sono anni di implemento delle conseguenze del pensiero magico. Gradualmente, abbiamo trasferito tutte le nostre risorse, tutto il nostro cammino evolutivo e tutta la nostra creatività dalla possibilità di un pensiero simbolico alla scelta del pensiero magico. Se una persona è malata di cancro, tra un medico e una cartomante preferisce il medico. Ma se non è ancora malata di cancro, sceglie la cartomante. Il nostro problema è che, quando eravamo sani, abbiamo scelto la magia. Adesso che malati lo siamo, chissà, forse… Però è molto difficile.Gesù Cristo nel Vangelo dice che bisogna scegliere la via stretta, ma noi non scegliamo sepre la via stretta. E’ talmente difficile imparare a considerare le nostre possibilità di espansione individuale come collegate alle nostre capacità, alla nostra vita, alle opportunità reali che abbiamo, che gli ultimi anni che stiamo vivendo sono il record dei superenalotti, delle lotterie. Non siamo più abituati a mettere in concatenazione la nostra felicità – il nostro lavoro, la nostra creatività – al merito. Se uno pensa ad arricchirsi, questo è il prodotto di un pensiero magico: perché, prima di pensare a come arricchirsi, dovrebbe valutare perché arricchirsi. Non siamo più abituati a collegare nemmeno l’arricchimento al merito, ad un valore, a una differenza: basta andare dal tabaccaio. Noi oggi abbiamo queste altre ritualità. Abbiamo distaccato, trasformato il sacro.Noi oggi siamo schiavi di idoli diversi. Sempre di idolatria si tratta, ma abbiamo sostituito il sacro come ricerca con il sacro come autoasserzione. Abbiamo cioè trasformato il sacro in qualcosa che si definisce da sé, non in qualcosa che definiamo noi. E questa operazione di idolatria è abilmente descritta nella Bibbia quando gli ebrei si ritrovano ad adorare il Vitello d’Oro, mentre Mosè gli porta giù dalla montagna delle leggi. La differenza è tra adorare il Vitello d’Oro e proseguire in un percorso per cui il tuo capo spirituale ti porta giù delle leggi. Sapete, le leggi non sono una cosa qualunque: sono lì per regolare la nostra vita. Certo, non sempre ci sono delle buone leggi: è per questo che Mosè se le fa dare da Dio. Non voglio entrare nella polemica su Jahvè-Dio sollevata da Biglino, col quale peraltro sono in buonissimi rapporti. Qui interpreto Dio come simbolo: una entità suprema che dà la legge, sottolinea quanto sia importante, una legge. E quando Mosè scende con le leggi, quelli sono già passati al Vitello d’Oro. Questo non descrive forse il pensiero magico e il pensiero simbolico? Non me la sono inventata io, questa scelta tra il Magus e il Magister: nell’antichità, la troviate enne volte. Si è trasferita in tutto. Si è trasferita nella nostra vita sociale.Noi oggi continuiamo a inseguire un politico che ci risolva dei problemi, che ci attribuisca dei diritti. Ma io non voglio un politico che mi risolva i problemi. Voglio un politico che metta me in condizione di risolverli. Non è pensiero magico? Qui c’è una politica che vi ha tolto i vostri diritti, cioè la possibilità di risolvere da voi i vostri problemi. E qualunque tipo di politico viene e dice: non ti preoccupare, te li risolvo io. Nessuno ti dice: non ti preoccupare, perché creeremo condizioni perché te li risolva tu. E’ lì che poi falliscono le democrazie. Perché uno non mi può spacciare una democrazia sostitutiva per una democrazia rappresentativa. Sono due cose diverse. Qui, le nostre vite sono state delegate per procura notarile, irevocabile. Ma io non voglio delegare la mia vita, io voglio avere da te il diritto di farmela da solo, la mia vita. E questo diritto tu non me lo dai. E sembra quasi che sia giusto, scontato, che tu non me lo dia. Nessuno si chiede: ma perché nessun politico mi dice come sarò in condizione, io, di fare le cose? Sulla base di una nostra pigrizia, di una nostra graduale astrazione dalla vita concreta e dalle regole democratiche, ci danno ormai per scontato che i problemi ce li deve risolvere qualcun altro. In pari con un’altra cosa: che la colpa è sempre di qualcun altro.E’ in parallelo: da un lato ti dicono che i problemi te li risolvono loro, dall’altro ti spiegano che, comunque, la colpa è sempre di tizio – Gelli, Sindona, Craxi, Totò Riina, è sempre colpa degli altri. Dobbiamo entrare nella logica che il cambiamento è nostro: siamo noi che dobbiamo diventare dei soggetti rivoluzionari. Il che non significa che non saremo più propensi a sacralizzare, ritualizzare e simboleggiare delle cose; significa che, quando lo facciamo, lo dobbiamo fare consapevolmente. Il margine è tutto lì, tra consapevolezza e inconsapevolezza. In quante ore della nostra giornata facciamo cose di cui siamo pienamente consapevoli? Numeriamo le azioni di una nostra giornata, e verifichiamo alla fine che conto ne esce. Secondo me si farebbero delle belle scoperte, ma questa non è una funzione che Facebook ha previsto; quindi non ve ne accorgerete mai, perché un diario non lo tenete più. Immaginate che su Facebook ci sia una funzione “verifica consapevolezza” – ma Facebook quella funzione non la metterà mai, perché fa parte dell’altro meccanismo, dell’altro versante. E se scopriste che il 90% della vostra vita è fatto di atti inconsapevoli? La consapevolezza comporta automaticamente una falla nel sistema di potere. Questo è un potere che vive sull’inconsapevolezza. E’ questa è l’unica vera rivoluzione, l’unica chiave rivoluzionaria della nostra vita.(Gianfranco Carpeoro, estratto della conferenza “Riti, rituali e quotidianità, il vero e il falso”, tenuta a Curtarolo, Padova, il 17 maggio 2016).Qual è lo schema della manipolazione? E’ anch’esso uno schema rituale. Io ho sempre pensato che il potere, quello che Saba Sardi chiama “dominio”, agisca sulle persone in cinque fasi, che sono quasi un rito. Queste cinque fasi sono sempre le stesse, e si chiamano: astrazione, estrazione, ostruzione, istruzione, distruzione. Sono azioni, per questo hanno tutte la stessa desinenza. Perché astrazione? Perché bisogna creare il vuoto. E quindi, il primo schema della manipolazione è quello di togliere l’individuo da una realtà che può capire, può farlo pensare, può renderlo autonomo nei confronti del pensiero. Quindi la prima cosa che devo fare è: fargli il vuoto intorno, e possibilmente anche il vuoto dentro. E questo lo faccio astraendolo dalla realtà, cioè facendo delle operazioni di astrazione. Fatto questo, poi c’è l’estrazione: dopo che l’ho messo in un mondo finto, di plastica, devo comunque estrarlo da un contesto dove lui possa tornare; devo creargli una finta casa: dopo che gli tolto la casa vera, devo costruirgliene attorno una finta, fatta di fondali cinematografici, di effetti speciali. E questa è l’estrazione.
-
Giannuli: leggi elettorali su misura per questi gangster
Se una disposizione della Costituzione non stabilisse che i voti e le opinioni espresse nei dibattiti parlamentari godono dell’imperseguibilità penale, i tre quarti di questo Parlamento meriterebbero la detenzione quantomeno per “interessi privati in atti d’ufficio” o “abuso di potere” se non per attentato alla Costituzione. Mi spiego meglio. Le leggi elettorali dovrebbero essere fatte con fini di carattere sistemico, anche perché si immagina che debbano durare nel tempo e non essere cambiate ad ogni votazione: io sono per il sistema proporzionale perché privilegio il principio di rappresentanza rispetto a quello di governabilità, mentre un altro può essere per il maggioritario per considerazioni opposte ed è legittima tanto la mia posizione quanto l’altra, perché non sono pensate per avvantaggiare un partito piuttosto che un altro. Poi i bari ci sono sempre stati e c’è sempre stato qualcuno che ha introdotto questa o quella clausola per avvantaggiare o, all’opposto, danneggiare un particolare competitore.Ad esempio la clausola di sbarramento al 5% del sistema tedesco, in teoria fu fatta per impedire l’eccessiva frammentazione del sistema politico, ma in realtà fu fatta per escludere dal Bundestag il Partito Comunista che aveva intorno al 3%. Allo stesso modo, la clausola N+2 del quoziente Imperiali fu fatta ufficialmente per favorire i piccoli partiti, facilitando l’acquisto di un quoziente necessario per accedere al riparto dei resti, ma, in realtà, determinava un meccanismo di calcolo favorevole ai partiti maggiori per cui la Dc ebbe sempre 20 o 30 seggi in più rispetto a quelli che le sarebbero spettati ed il Pci fra i 10 ed i 15. E potremmo fare mille altri esempi. Ma va detto che mai il proponente di una clausola truffaldina del genere avrebbe proclamato essere quello il suo fine, avrebbe sempre ammantato la sua proposta delle più nobili motivazioni, rispondendo indignato a chi denunciasse i motivi reali. Qui, invece, siamo alla perdita del più elementare senso del pudore: si dichiara apertamente di voler cambiare la legge elettorale perché con questa –appena approvata e mai sperimentata – vince il M5S.La governabilità qui non c’entra, anche perché, quando si è fatto questo aborto di legge elettorale, ci è stato spiegato che i suoi meccanismi erano pensati per fare in modo di sapere, già dalla sera delle elezioni, chi avrebbe governato nel quinquennio successivo. Qui il ragionamento apertis verbis è il seguente: “Noi quella legge la avevamo fatta perché assicurasse la nostra vittoria, ma visto che non è così e che a vincere sono gli altri, noi la cambiamo in modo che vinciamo noi”. Cioè, dei parlamentari che hanno giurato fedeltà alla Costituzione, dicono apertamente che stanno usando (cioè : abusando) del loro potere per farsi una legge elettorale per proprio uso e consumo. Un atto di disonestà inaudita e per di più candidamente confessato. Poi, giusto per non farsi mancare nulla, il ministro dell’interno Alfano – con decenza parlando – propone, papale papale, di abolire il doppio turno, ripristinare le coalizioni e di far scendere al 35% (o anche meno) la soglia per il premio di maggioranza, cioè di ripristinare pari pari il Porcellum (salvo la fissazione di una quota nominale) dimenticando che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima quella legge elettorale proprio per l’eccessivo premio di maggioranza.Ma, si osserverà, qui abbiamo una soglia minima per accedere al premio, cosa che prima non c’era. Solo che, in un sistema politico diviso in tre poli è quasi matematico che uno dei tre superi di un poco il terzo dei voti. D’altra parte, fissare una soglia al 35% per un premio che dia il 54% dei seggi, significa dare un premio di ben il 19% e, se già è discutibile l’attuale 14% (che non ha pari in nessun altro sistema di maggioritario su lista), figuriamoci un premio del 19%. A questo punto, perché non il 25% o il 20% come soglia minima? Cioè mettiamo un numero a caso che, di fatto, garantisca che al primo turno, quello che ha un voto più degli altri fa “asso prende tutto”.Già, ma se poi ci accorgiamo che il M5S diventa partito di maggioranza relativa che si fa? Semplicissimo: cambiamo di nuovo la legge elettorale. Anzi do qualche suggerimento utile: stabilire che il premio viene dato al secondo e non al primo, oppure che c’è il “premio di minoranza” ma anche che i voti del Pd valgono il doppio degli altri. Perché no? Io mi chiedo con quale faccia il Presidente della Repubblica possa controfirmare una legge elettorale nata con questi presupposti e mi chiedo come potrebbe evitare la declaratoria di incostituzionalità la Consulta. Ricordo nuovamente lo stupore del mio amico danese Morten che, di fronte alla candida ammissione di Berlusconi di aver fatto “solo” tre leggi nel suo interesse, disse: “Ha detto proprio così? E non succede niente?!” Già: e non succede niente?!(Aldo Giannuli, “Leggi elettorali, decenza e codice penale”, dal blog di Giannuli del 26 luglio 2016).Se una disposizione della Costituzione non stabilisse che i voti e le opinioni espresse nei dibattiti parlamentari godono dell’imperseguibilità penale, i tre quarti di questo Parlamento meriterebbero la detenzione quantomeno per “interessi privati in atti d’ufficio” o “abuso di potere” se non per attentato alla Costituzione. Mi spiego meglio. Le leggi elettorali dovrebbero essere fatte con fini di carattere sistemico, anche perché si immagina che debbano durare nel tempo e non essere cambiate ad ogni votazione: io sono per il sistema proporzionale perché privilegio il principio di rappresentanza rispetto a quello di governabilità, mentre un altro può essere per il maggioritario per considerazioni opposte ed è legittima tanto la mia posizione quanto l’altra, perché non sono pensate per avvantaggiare un partito piuttosto che un altro. Poi i bari ci sono sempre stati e c’è sempre stato qualcuno che ha introdotto questa o quella clausola per avvantaggiare o, all’opposto, danneggiare un particolare competitore.
-
Il potere irride l’esoterismo? Ovvio: teme che ci sveli verità
Umberto Eco, per potersi interessare di simbologia in ambito universitario, ha dovuto cambiarle nome: l’ha dovuta chiamare semiotica, perché sennò il suo corso universitario non si sarebbe mai potuto tenere. L’unica università al mondo che aveva una facoltà di esoterismo era l’Università di Princeton, dove si è sviluppato un tema straordinario, la cosiddetta Gnosi di Princeton, con scienziati che hanno messo in discussione la rigidità della scienza moderna. Però è stata chiusa, ovviamente, per mancanza di fondi. Perché oggi c’è un circuito perverso – tra università e aziende, farmaceutiche e di vario tipo – per cui la ricerca dev’essere assolutamente finalizzata. Quindi, la scienza non ammette che esista la conoscenza. Da che mondo è mondo, le ricerche sull’esoterismo sono state sempre svolte dalle accademie platoniche, non dalle università aristoteliche. Purtroppo, fare ironia su iniziative di studio inerenti l’esoterismo significa ridurre il tutto al livello del Mago Otelma, e questo a chi conviene? A chi conviene che certe cose non si ricerchino e non si approfondiscano? Qualcuno se la faccia, questa domanda.L’esoterismo in realtà è una cosa seria. Studiare questa meta-storia, questo pensiero, la ricerca del retropensiero, è qualcosa di fondamentale: non viene svolto perché al potere non conviene che si svolga. Il potere – religioso, politico, di qualunque tipo – appena sente questi temi tende al dileggio, perché sono temi che hanno messo in discussione dogmi, posizioni e interessi nei secoli. Nei secoli si è spacciato Cartesio per un materialista, quando invece lui apre il discorso sul metodo dicendo che cerca Dio. Per secoli si è imbottita la testa della gente di un sacco di menzogne. Si è nascosto il fatto che Newton, prima di essere uno scienziato, era un alchimista. Per secoli sono state raccontate delle balle, alle persone. Fare dello spirito a buon mercato, su questi temi, significa diventare funzionali a un determinato schema di potere.La parola esoterismo viene da “esotèio”, che significa “cercare dietro”. Le viene data una connotazione magica? Neanche quella è negativa. Io mi sono sempre scagliato contro il pensiero magico. Che cos’è? E’ un meccanismo di potere, per il quale la gente viene convinta di poter alterare determinate cose. Ma i grandi che si sono occupati di magia intesa come conoscenza – perché la parola magia viene da “Mg”, sanscrito, che significa “conoscere” – hanno chiarito che si occupavano di “magia naturalis”, non di qualunque magia. “Magia naturalis”: che cos’era? Era la conoscenza delle leggi naturali che ti portava a poter spiegare (e a poter utilizzare) le cose della natura – le leggi della natura, i meccanismi naturali, le cose che non conosciamo. Ho detto spesso che il paranormale è il normale che noi non conosciamo. Esistono cose che non conosciamo, o no? E al potere conviene che le scopriamo? Nella storia è convenuto, al potere, che la gente capisse, sapesse?Di recente ho tenuto una conferenza sul cosiddetto “nazismo magico”, dove ho dato un po’ di spiegazioni; perché, in realtà, se tutti conoscono, fregature come il nazismo non se ne prendono più. Ma il potere, al contrario, le fregature vuole continuare a darle, non vuole che non se ne diano più. E quindi, tutto ciò che attiene all’esoterismo viene bandito e considerato in un certo modo. Vengono finanziati i Maghi Otelma del momento, in maniera che la gente associ queste cose al Mago Otelma, ai cartomanti. Ecco il problema. E di fronte a questo, secondo me, la reazione giusta, opportuna, non è quella che vedo che si dà.(Gianfranco Carpeoro, intervento a “Border Nights”, trasmissione web-radio del 28 giugno 2016 condotta da Fabio Frabetti con Paolo Franceschetti, con la partecipazione di Barbara Marchand, Stefania Nicoletti, Ambra Guerrucci e Fabiuccio Maggiore).Umberto Eco, per potersi interessare di simbologia in ambito universitario, ha dovuto cambiarle nome: l’ha dovuta chiamare semiotica, perché sennò il suo corso universitario non si sarebbe mai potuto tenere. L’unica università al mondo che aveva una facoltà di esoterismo era l’Università di Princeton, dove si è sviluppato un tema straordinario, la cosiddetta Gnosi di Princeton, con scienziati che hanno messo in discussione la rigidità della scienza moderna. Però è stata chiusa, ovviamente, per mancanza di fondi. Perché oggi c’è un circuito perverso – tra università e aziende, farmaceutiche e di vario tipo – per cui la ricerca dev’essere assolutamente finalizzata. Quindi, la scienza non ammette che esista la conoscenza. Da che mondo è mondo, le ricerche sull’esoterismo sono state sempre svolte dalle accademie platoniche, non dalle università aristoteliche. Purtroppo, fare ironia su iniziative di studio inerenti l’esoterismo significa ridurre il tutto al livello del Mago Otelma, e questo a chi conviene? A chi conviene che certe cose non si ricerchino e non si approfondiscano? Qualcuno se la faccia, questa domanda.