Archivio del Tag ‘Portogallo’
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Giulietto Chiesa: sono allo sbando, aspettiamoci di tutto
Aspettiamoci di tutto: la crisi sta precipitando e il “governuccio” di Enrico Letta punta solo ad arrivare fino alle elezioni tedesche di settembre, mentre i pm di Palermo vorrebbero convocare Napolitano come testimone al processo sulla trattativa Stato-mafia. E Berlusconi è al governo inseguito dalle condanne: interdizione dai pubblici uffici per quattro anni, che la Boccassini vorrebbe diventasse “perpetua”. Tentazione forte: elezioni anticipate, visto che il Pdl (evaporato il Pd e frenato Grillo) è nuovamente in pole position. Stiamo per vivere un’estate anomala e pericolosa, avverte Giulietto Chiesa, perché i politici di Roma sono allo sbando, obbediscono solo a Bruxelles e ora hanno l’esatta percezione della loro precarietà: tutto potrebbe crollare, con scenari aperti a possibili “colpi di testa”. Prima domanda: «Ma il presidente Napolitano non poteva pensarci prima? Perché questo governo l’ha voluto lui. L’ha voluto in primo luogo lui, l’ha fatto lui». Diceva Mao: spesso i reazionari sollevano i massi sopra la loro testa, e poi se li lasciano cadere sui piedi. «Bisogna vedere dove andrà a cadere questo sasso: sicuramente sui piedi di Napolitano, ma anche sui nostri».
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Vasapollo: fingeranno di allentare la morsa, temono rivolte
Questo governo apparentemente dovrà far vedere che propone la realizzazione anche di politiche sociali perché la gente non ce la fa più, ormai non c’è speranza di futuro per i giovani; non si parla di precarietà del lavoro, è precarietà della vita. Per non parlare di come vivono gli immigrati nel nostro paese, in condizioni disagiate, di miseria e repressione. Ormai disoccupazione e precarietà sono questioni che toccano drammaticamente persone adulte e non solo i giovani. Si parla di suicidi e di atti di follia, ma la gente non diventa improvvisamente pazza; ci si ritrova a 50 anni con due o tre figli senza sapere cosa dargli da mangiare, come pagare l’affitto o il mutuo della casa, una vita da buttare senza un futuro, perché riproporsi sul mondo del lavoro dopo un licenziamento a quell’età è di una difficoltà incredibile.
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La voce del padrone, da Bava Beccaris a Bini Smaghi
Galileo? Un cretino: in effetti non è la Terra a orbitare nello spazio, ma il Sole. Ergo, «l’austerità non è una scelta dettata dalla Banca Centrale Europea». Del resto, lo sanno tutti: Bruxelles e Francoforte sono istituzioni umanitarie. Se ora si è passati alla frusta, la responsabilità è tutta dei governi e della loro incapacità di «introdurre le riforme strutturali capaci di aumentare il potenziale di crescita delle loro economie». A sostenenerlo non è un umorista, ma il fiorentino Lorenzo Bini Smaghi, banchiere centrale europeo fino al 2011 e ora “visiting scholar” ad Harvard e presidente di Snam Rete Gas, nel libro “Morire d’austerità. Democrazie europee con le spalle al muro”. Come dire: Tolomeo rivisitato nel 2013 e doppiato dalla voce del mitico generale Fiorenzo Bava Beccaris, l’uomo che a Milano nel 1898 non esitò a sparare sulla folla degli affamati, facendo a pezzi più di 500 persone. Colpa loro, probabilmente, anche in quel caso.
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L’Italia usi il suo oro per minacciare l’uscita dall’Eurozona
L’Italia ha tutti i mezzi per resistere alla crisi, a patto che voglia davvero farlo: deve cioè minacciare l’uscita dall’unione monetaria europea, che la sta strangolando. Lo sostiene l’inglese Ambrose Evans-Pritchard, di fronte alla recente proposta del World Gold Council: utilizzare la riserva aurea italiana, la quarta al mondo, per mitigare i dettami di austerità imposti dall’Eurozona. Duemila tonnellate d’oro, come garanzia di una prima tranche per le eventuali perdite degli obbligazionisti: in questo modo, l’Italia potrebbe raccogliere sul mercato dei capitali almeno 400 miliardi di euro e sfuggire al ricatto del debito per un paio d’anni. Ma se a monte non cambiano le regole di Bruxelles – avverte l’economista del “Telegraph” – dopo una boccata d’ossigeno biennale l’Italia potrebbe trovarsi definitivamente nei guai. E senza più neppure il salvagente dei suoi lingotti d’oro.
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Chomsky: fermate la Germania, vuole solo depredarvi
E’ rimasto celeberrimo il momento in cui il presidente venezuelano Hugo Chávez, durante un discorso all’assemblea delle Nazioni Unite, mostrò al mondo il libro “Egemonia o sopravvivenza”. L’autore, Noam Chomsky, è considerato uno dei filosofi che hanno ispirato il movimento no-global nel 2000 e comunque uno dei più grandi portatori di una chiave interpretativa diversa del nostro momento storico. E infatti, scrive Debora Billi su “Crisis”, Chomsky non rinuncia ad esprimersi anche sulla crisi che sta imperversando in Europa, e la sua opinione è come sempre chiara e controcorrente: «Lo scopo ultimo delle richieste della Germania ad Atene, nella gestione della crisi del debito, è il depredare le risorse della Grecia. La Germania sta imponendo condizioni di schiavitù e pressione psicologica sulla Grecia».
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Pronti a tutte le partenze, con alle spalle l’Italia perduta
Mai dimenticare chi siamo stati, di che Italia siamo figli, come ha vissuto e in cosa sperava la generazione che ci ha preceduto. Solo così, un giorno, potremo impugnare la vita dalla parte giusta, ribellandoci allo spettacolo quotidiano dello sfascio della nazione, in preda alla tragedia sociale della mancanza di lavoro. Svegliarsi dall’incubo e scoprire di dover lottare per il proprio futuro può essere una scoperta amara e allo stesso tempo appassionante: lo racconta in modo magistrale il giovane Marco Balzano, insegnante milanese e romanziere tradotto anche in Germania. “Pronti a tutte le partenze”, ovvero: come lasciare la sonnolenta provincia di Salerno per catapultarsi nella grande Milano, per stringere una strana alleanza con due profughi della globalizzazione, un cinese e un marocchino. E poi spiccare il volo fino a Lisbona, il paese martoriato dall’austerity dove oggi l’anziano patriarca democratico Mario Soares scongiura i portoghesi di sbattere la porta in faccia agli avvoltoi di Bruxelles.
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Macelleria Italia: tagli selvaggi, stipendi ai livelli del 1979
Tagliare gli sprechi della spesa pubblica, gonfiati dalla “casta” del pubblico impiego? Balle: l’Italia è scesa al di sotto della media Ocse per numero di occupati nella pubblica amministrazione. Dal 2006 al 2011, lo Stato ha tagliato 232.000 dipendenti pubblici. Una drastica “spending review” sostanziale, in ossequio all’ideologia neoliberista di Bruxelles, cominciata molto prima delle invettive di Brunetta contro i “pelandroni” o l’allarme scatenato da Grillo. Oltre alla salutare denuncia di sprechi intollerabili, la strana stagione delle crociate contro i privilegi della “casta” ha prodotto il disastro definitivo del tecno-governo “nominato” dalla Troika. A conti fatti, stanno letteralmente “smontando” lo Stato, costantemente sotto ricatto finanziario a partire dall’adesione all’Eurozona. Ora siamo alla “terza fase” dell’austerità, quella senza ritorno: devastazione dell’economia nazionale e, naturalmente, privatizzazione lucrosa dei servizi pubblici, a danno dei cittadini.
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Nato e Bce, con tanti saluti all’Italia (e minacce a Grillo)
Dall’ultra-atlantista Emma Bonino, pronta a tutte le più sanguinose guerre decise da Washington, all’ultra-europeista Fabrizio Saccomanni, direttore di Bankitalia con esperienze sia alla Bce che al Fmi, dopo gli studi alla Bocconi e alla Princeton University. Due ministri-chiave, esteri ed economia, già delimitano in modo inequivocabile il perimetro del secondo “governo Napolitano”, con Letta premier e Alfano vice, più altri mestieranti della nomenklatura: Gaetano Quagliariello alle riforme, probabilmente per una legge elettorale anti-Grillo e un presidenzialismo all’italiana, Maurizio Lupi a infrastrutture e trasporti (leggasi: Tav Torino-Lione), nonché il redivivo Dario Franceschini (rapporti col Parlamento) e i “presentabili” Nuzia De Girolamo (agricoltura), Beatrice Lorenzin (sanità) e l’ex sindaco padovano Flavio Zanonato (sviluppo). Ministri-vetrina: la campionessa Josefa Idem (sport), il direttore della Treccani, Massimo Bray (cultura), il presidente dell’Istat Enrico Giovannini (altro“saggio”, ora incaricato di gestire lavoro e welfare) e la italo-congolese Cécile Kyenge, medico e primo ministro di colore nella storia italiana, delegata all’integrazione.
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Italia kaputt, a Palazzo Chigi il super-piazzista dell’euro
“Euro sì. Morire per Maastricht”. Era il 1997 ed Enrico Letta annunciava, nel suo saggio pubblicato da Laterza, che sarebbe valsa la pena di morire per l’euro e Maastricht come nel 1939 valeva la pena di “morire per la Polonia”. «Non c’è un paese che abbia, come l’Italia, tanto da guadagnare nella costruzione di una moneta unica», disse al “Corriere della Sera”, al termine del suo primo incarico importante, la partecipazione alla commissione per l’introduzione dell’euro. «Abbiamo moltissimi imprenditori piccoli e medi che, quando davanti ai loro occhi si spalancherà il grandissimo mercato europeo, sarà come invitarli a una vendemmia in campagna: è impossibile che non abbiano successo, il mercato della moneta unica sarà una buona scuola, ci troveremo bene». Questo è l’uomo a cui l’appena rieletto Napolitano affida il “governissimo”.
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Orrore Grecia: lager fiscale per chi non può pagare le tasse
Dietro le sbarre chi non paga le tasse, anche se non le paga semplicemente perché non ha più un soldo in tasca. E niente carcere civile: la Grecia si sta preparando ad aprire un “campo di concentramento” per micro-evasori, una sorta di Guantanamo dove rinchiudere chi deve al fisco anche solo qualche migliaio di euro. Allo scopo, il governo pensa a riconvertire vecchie caserme abbandonate, trasformandole in “pseudo-prigioni”. Anche a causa delle assurde politiche applicate dai vari governi negli ultimi anni sotto dettatura della Troika, la Grecia pullula di cittadini debitori e insolventi, spesso nei confronti dello Stato, visto che la pressione fiscale continua a salire a fronte di una ricchezza sociale sempre minore, mentre si diffondono la disoccupazione e addirittura la fame. L’importante, per il governo di Atene, è spremere ad ogni costo i cittadini, aziende e famiglie, imponendo loro di pagare il debito pubblico dello Stato, in base alla dottrina neoliberista di Bruxelles che, con l’adozione dell’euro e del Fiscal Compact, è diventata legge.
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Barnard: Harvard, stragisti falsari da impiccare in piazza
Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff sono due economisti Neoclassici di Harvard (Usa) che qualche tempo fa scrissero uno studio che dimostrava come le nazioni gravate dal alto debito pubblico (+ del 90% del Pil soffrono inevitabilmente un crollo economico (meno crescita). Il loro lavoro, intitolato “Growth in a Time of Debt.”, datato 2010, è stato preso a modello da tutta la tecnocrazia europea che ha imposto a Italia, Irlanda, Spagna, Grecia, Portogallo, ma anche alla Francia e alla Germania, la più devastante disciplina delle Austerità economiche nella storia dell’Europa, con risultati ormai talmente agghiaccianti da non necessitare neppure più di commenti. Alla testa dei tecnodistruttori e primo ammiratore di “Growth in a Time of Debt” sta il Torquemada delle Austerità, l’ignobile Olli Rehn, responsabile finanziario della Commissione Europea.
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Pd, le tessere stracciate e l’attacco al cuore dello Stato
Vent’anni di guerriglia verbale con Berlusconi, per poi andarci a nozze definitivamente, all’ombra del Quirinale, contro la volontà della stragrande maggioranza del paese e persino dei propri iscritti, esasperati dalla protervia marmorea di una nomenklatura grottesca. Nella inquietante “notte della Repubblica” che si spalanca sull’incerto 2013, brilla il bagliore – non scontato – dei roghi delle tessere del Pd, il “popolo delle primarie” che sembra aver finalmente capito di esser stato ferocemente preso in giro: a personaggi come Bersani, Letta, Bindi, Violante, D’Alema e Finocchiaro non è mai passata nemmeno per l’anticamera del cervello l’ipotesi di un vero cambiamento. Se l’antiberlusconismo tanto sbandierato era solo un collante di comodo, fragile e insincero, ora è scaduto anche quello. Così si comprende meglio l’irruzione sulla scena di Beppe Grillo, come sostiene Giovanni Minoli: «Grillo ha fatto un miracolo democratico, ha evitato una guerra civile».