Archivio del Tag ‘popolo’
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Magaldi: come fermare Erdogan, quel maiale terrorista
Sarà la storia, fra non molto, a sbarazzarsi per sempre di «quel maiale di Erdogan». Si esprime senza mezzi termini, Gioele Magaldi, nel condannare il presidente turco. Ottenuto il via libera da Washington, ora Ankara minaccia di invadere il nord della Siria, abitato dai curdi. Massone progressista, già iniziato alla superloggia “Thomas Paine”, il presidente del Movimento Roosevelt (autore del saggio “Massoni”, Chiarelettere, che denuncia le malefatte delle Ur-Lodges reazionarie) definisce il “sultano” del Bosforo «terrorista e massone contro-iniziato». Spiega: «E’ uno degli uomini-simbolo della “Harhor Pentalpha”, la superloggia creata dai Bush per accelerare a mano armata la globalizzazione neoliberista anche con il ricorso al terrorismo, dall’11 Settembre all’Isis, di cui Erdogan è stato e resta un grande protettore». Ora le forze turche minacciano di dilagare nel Rojava, l’autoproclamata regione autonoma curda, dopo che Trump ha ritirato di colpo la protezione militare degli Usa. Altro gesto a doppio fondo, secondo Magaldi: una specie di avvertimento indirizzato ai massoni progressisti che avevano appoggiato The Donald contro la Clinton, ma che alle prossime presidenziali potrebbero puntare su altri candidati. Come dire: o mi sostenete, o io lascio che il macellaio Erdogan faccia a pezzi i vostri amici curdi.
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Addio curdi siriani, Trump e Erdogan li regalano ad Assad
Grazie al “dittatore” Erdogan, a capo di un paese Nato, con la benedizione dei cristiani l’autocrate Assad si riprende il Kurdistan siriano – laboratorio di democrazia – con l’appoggio della Russia e dell’Iran. Ai curdi, che si erano illusi di poter dare un futuro alla loro regione autonoma, che chiamano Rojava (“ovest”), non resta che la resa al governo di Damasco, tenuto in piedi da Putin e contrario a concedere qualsiasi autonomia. L’alternativa è l’inferno dell’Isis, annunciato dalle milizie sunnite filo-turche in avanzata. A far franare tutto, di colpo, è stato l’incredibile ritiro degli Usa, che proteggevano le formazioni curde, cioè i partigiani che si erano battuti eroicamente contro lo Stato Islamico mostrando al mondo, in città-simbolo come Kobane, una resistenza laica declinata anche al femminile. Tutto è crollato in poche ore, grazie al proditorio gesto di Trump. La fotografia della capitolazione la offre un magistrale reportage di Lorenzo Cremonesi sul “Corriere della Sera”, il 13 ottobre, dal fronte curdo. Traditi e abbandonati dall’alleato americano e da tutto l’Occidente, «i curdi di Rojava avviano il dialogo diretto con il regime di Bashar Assad grazie all’attenta mediazione russa». In realtà, osserva Cremonesi, non hanno alternative: «Sono con le spalle al muro e stanno capitolando per non essere annullati». E così, nella loro regione contesa nel nord della Siria, «piatta ma ricca d’acqua, fertile e ricca di campi petroliferi», si consuma «l’ennesimo smacco delle diplomazie e degli eserciti dell’alleanza Nato a beneficio della Russia di Putin».Soprattutto: la baby-autogestione curda soccombe di fronte alla fellonia dell’Occidente. A giocarsi il Risiko nord-siriano sono Erdogan, Putin, Assad, l’iraniano Rohani. Da parte sua, Cremonesi osserva l’evoluzione degli eventi direttamente sul terreno, da Qamishli, la città più popolosa della regione autonoma curda, dove una delegazione russa giunta all’aeroporto (con funzionari del governo siriano) è stata ricevuta dai massimi dirigenti curdi, mentre «contatti stanno proseguendo alla presenza dell’ambasciatore russo a Damasco». L’intesa pare ormai raggiunta, scrive Cremonesi: «Rojava si ritira e al suo posto stanno già schierandosi le truppe agli ordini diretti dello stato maggiore di Assad». A parlare, afferma il reporter, sono gli ambienti locali cristiani, legati ai patriarchi delle chiese locali. «Sono ambienti che sono rimasti sempre fedeli al regime». Su questo punto «tutti i sacerdoti delle chiese locali parlano la stessa lingua, senza differenze tra assiri, armeni, cattolici, ortodossi o caldei». Per i religiosi, l’unica via d’uscita dalla crisi (e il solo modo per bloccare l’avanzata turca da nord) è contrapporre a loro «la piena sovranità di Damasco, puntellata dai forti alleati militari russi e iraniani». Retaggi storici: «Noi cristiani – dicono i religiosi – non potremo mai dimenticare le responsabilità dell’antico Impero Ottomano nel massacro di armeni e in generale dei cristiani durante la Prima Guerra Mondiale».«Anche se i curdi allora furono strumento delle violenze ottomane nei confronti dei cristiani, oggi abbiamo tutto l’interesse a creare un fronte comune», sostiene un alto esponente della Caritas locale, legato strettamente alla Chiesa di Roma. Quella alla quale i curdi si sono ora visti costretti «è stata una dolorosissima concessione», osserva Cremonesi. Gira già voce che le loro forze «verranno assimilate all’esercito siriano della Quinta Brigata». È infatti ben noto che Assad «non intende dare loro alcuna autonomia sia politica che militare». Ma di fronte al pericolo maggiore di massacri e distruzioni hanno poche alternative, sottolinea il giornalista del “Corriere”. «Per salvare il nostro popolo siamo pronti a fare un patto anche il diavolo», ammettono all’unisono i capi politici e militari curdi che Cremonesi ha incontrato negli ultimi giorni. «Oggi però il dramma è molto più profondo, radicale», scrive il giornalista: «L’intera Rojava si sta dissolvendo sotto i nostri occhi». Si attende l’arrivo dell’esercito siriano, le pattuglie curde spariscono dalla circolazione, nelle strade tornano centinaia di militanti locali del partito baathista, «inneggiando al presidente siriano e sventolando le bandiere del regime». Cosa che «non accadeva dal 2011».Ma le notizie più gravi – aggiunge Cremonesi – arrivano dal fronte delle prigioni curde, dove fino a ieri erano detenuti i più pericolosi militanti dell’Isis catturati nelle battaglie tra il 2014 e il marzo 2019. «Nelle ultime ore circa un migliaio di detenuti Isis sono fuggiti dal campo di Ain Issa, non lontano dalla cittadina di Kobane, e a nord di Raqqa, la vecchia capitale del Califfato. Fughe di massa e rivolte si registrano nel gigantesco campo di Al Hol, dove sono detenuti oltre 70.000 tra donne e figli dei jihadisti dell’Isis. Scontri violenti avvengono in generale in una trentina di centri di detenzione curdi». È l’intero sistema che crolla, avverte Cremonesi: «I curdi abbandonano i servizi di guardia alle prigioni per concentrarsi sull’autodifesa militare, dove possono. A far precipitare la loro situazione è anche la notizia arrivata da Washington dell’imminente ritiro del migliaio di soldati americani che li avevano sostenuti nelle lunghe battaglie contro l’Isis, a partire da quella di Kobane nell’autunno 2014, e che ultimamente fungevano soprattutto da garanzia contro le mire turche». Per Cremonesi «è la fine, la sconfitta militare e politica». I centri stampa curdi «tornano a diffondere i vecchi comunicati dei tempi della battaglia di Afrin in cui si accusava la Turchia di sostenere gli stessi jihadisti dell’Isis che Erdogan oggi proclama di voler combattere».Grazie al “dittatore” Erdogan, a capo di un paese Nato, con la benedizione dei cristiani l’autocrate Assad si riprende il Kurdistan siriano – laboratorio di democrazia – con l’appoggio della Russia e dell’Iran. Ai curdi, che si erano illusi di poter dare un futuro alla loro regione autonoma, che chiamano Rojava (“ovest”), non resta che la resa al governo di Damasco, tenuto in piedi da Putin e contrario a concedere qualsiasi autonomia. L’alternativa è l’inferno dell’Isis, annunciato dalle milizie sunnite filo-turche in avanzata. A far franare tutto, di colpo, è stato l’incredibile ritiro degli Usa, che proteggevano le formazioni curde, cioè i partigiani che si erano battuti eroicamente contro lo Stato Islamico mostrando al mondo, in città-simbolo come Kobane, una resistenza laica declinata anche al femminile. Tutto è crollato in poche ore, grazie al proditorio gesto di Trump. La fotografia della capitolazione la offre un magistrale reportage di Lorenzo Cremonesi sul “Corriere della Sera”, il 13 ottobre, dal fronte curdo. Traditi e abbandonati dall’alleato americano e da tutto l’Occidente, «i curdi di Rojava avviano il dialogo diretto con il regime di Bashar Assad grazie all’attenta mediazione russa». In realtà, osserva Cremonesi, non hanno alternative: «Sono con le spalle al muro e stanno capitolando per non essere annullati». E così, nella loro regione contesa nel nord della Siria, «piatta ma ricca d’acqua, fertile e ricca di campi petroliferi», si consuma «l’ennesimo smacco delle diplomazie e degli eserciti dell’alleanza Nato a beneficio della Russia di Putin».
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Petizione: Sos curdi, via subito i missili italiani dalla Turchia
«Le forze di invasione turche possono contare su missili italiani: chiediamo che il governo li ritiri». Di fronte alla devastante avanzata della Turchia nel nord della Siria, dopo il tacito via libera di Trump, soccombono le milizie curde che per prime si erano battute per fermare l’Isis, la formazione terroristica appoggiata sottobanco da Erdogan. E mentre l’Europa sta a guardare, l’Italia «mantiene ancora nel Sud della Turchia una batteria di missili contraerei Aster 30, con 130 militari italiani assegnati». Lo ricorda il Movimento Roosevelt, che in una petizione su “Change.org” chiede al governo di ritirare il contingente. «Gli Aster 30 sono tra i missili più sofisticati in dotazione alla Nato», si legge nel testo dell’appello. «Questi missili sono stati posizionati durante il conflitto siriano per difendere la Turchia da eventuali attacchi aerei esterni». Oggi, spiega il Movimento Roosevelt, gli Aster «potrebbero attivarsi in caso di intervento siriano a difesa delle truppe curde», tenendo conto anche del fatto che accanto a Damasco è schierata la Russia, con l’appoggio dell’Iran e delle milizie libanesi di Hezbollah. Per il presidente del Movimento Roosevelt, Gioele Magaldi, «è vergognosa l’offensiva di Erdogan contro i curdi, ed è altrettanto ignobile la decisione degli Usa di abbandonare i curdi al loro destino».Secondo Magaldi, Trump sta giocando sporco: il tradimento inflitto ai curdi è un ricatto «nei confronti della massoneria progressista che l’aveva appoggiato alle presidenziali contro la Clinton». Temendo di non essere più sostenuto in vista delle prossime elezioni, ora mostra di cosa sarebbe capace se quel sostegno non gli venisse più confermato, «ben sapendo che il massone reazionario Erdogan, membro della superloggia “Hathor Pentalpha”, è uno dei massimi artefici della nascita dell’Isis, contro cui i curdi si sono battuti eroicamente». Nella petizione su “Change.org” si afferma che l’Italia «non deve appoggiare le mire espansionistiche turche nei confronti del popolo curdo in nessun modo». L’invasione delle aree curde nel nord della Siria «è un attacco proditorio a una popolazione che ha sconfitto il terrorismo dell’Isis con un grandissimo costo di vite umane e con un eroismo che ricorda i combattenti democratici durante la guerra di Spagna». Secondo il Movimento Roosevelt, i curdi «sono il più grande popolo rimasto ancora senza una propria nazione», e in quel territorio «intendono proporre un confederalismo democratico, autonomo e rispettoso dei diritti di genere: una eccezione nella deriva integralista ed autocratica della regione».Le recenti e timide critiche che il ministero degli esteri Luigi Di Maio ha espresso all’ambasciatore turco in Italia «non sono assolutamente sufficienti per rimarcare la netta contrarietà del governo e del popolo italiano a questa invasione». Il Movimento Roosevelt chiede al governo italiano di fare «il minimo e simbolico indispensabile per rimarcare la distanza dell’Italia dall’aggressione turca», ovvero: «Rtirare con effetto immediato la batteria di missili Aster 30 e riportarla in patria insieme al personale italiano». Al dramma che si sta consumando in Siria si aggiunge anche l’imbarazzo atlantico: la Turchia è a tutti gli effetti un paese Nato, e sta invadendo – senza motivo – il territorio di un paese non in guerra con Ankara, la Siria. «Ci aspettiamo anche sanzioni economiche da parte dei paesi della Nato nei confronti della Turchia», sostengono i promotori della petizione. Per parte sua, Magaldi augura a Erdogan di uscire di scena al più presto, visto che ha trasformato la Turchia in una dittatura. E nei confronti dei curdi si fa ambasciatore di una promessa: «Il network internazionale della massoneria progressista, cui appartengo – dice, in un video su YouTube – si adopererà per favorire sviluppi geopolitici che portino, in tempi celeri, a creare finalmente lo Stato autonomo che i curdi meritano di avere».(Su “Change.org” la petizione promossa dal Movimento Roosevelt).«Le forze di invasione turche possono contare su missili italiani: chiediamo che il governo li ritiri». Di fronte alla devastante avanzata della Turchia nel nord della Siria, dopo il tacito via libera di Trump, soccombono le milizie curde che per prime si erano battute per fermare l’Isis, la formazione terroristica appoggiata sottobanco da Erdogan. E mentre l’Europa sta a guardare, l’Italia «mantiene ancora nel Sud della Turchia una batteria di missili contraerei Aster 30, con 130 militari italiani assegnati». Lo ricorda il Movimento Roosevelt, che in una petizione su “Change.org” chiede al governo di ritirare il contingente. «Gli Aster 30 sono tra i missili più sofisticati in dotazione alla Nato», si legge nel testo dell’appello. «Questi missili sono stati posizionati durante il conflitto siriano per difendere la Turchia da eventuali attacchi aerei esterni». Oggi, spiega il Movimento Roosevelt, gli Aster «potrebbero attivarsi in caso di intervento siriano a difesa delle truppe curde», tenendo conto anche del fatto che accanto a Damasco è schierata la Russia, con l’appoggio dell’Iran e delle milizie libanesi di Hezbollah. Per il presidente del Movimento Roosevelt, Gioele Magaldi, «è vergognosa l’offensiva di Erdogan contro i curdi, ed è altrettanto ignobile la decisione degli Usa di abbandonare i curdi al loro destino».
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Erdogan spietato con i curdi. Invece gli altri sono meglio?
Ci sono approfondimenti talmente contrari al comune sentire che scontentano tutti: destra, sinistra, moderati, massimalisti, patrioti, nazionalisti, sovranisti ed iperliberisti. Ebbene, l’approfondimento che segue appartiene proprio alla categoria degli “inaccettabili”. Tuttavia, come diceva Franz Kafka, bisogna anche sforzarsi di leggere testi che sono un pugno nello stomaco. Se vi siete abituati a leggere solo le informazioni che vengono dai media tradizionali, sconsiglio dunque la lettura di quel che segue. Da appassionato di storia, ho sempre nutrito una certa simpatia per le cause separatiste. Che si tratti della causa basca o catalana in Spagna, di quella irlandese nel Nord dell’isola o di quella del Donbass in Ucraina, a mio modo di vedere le comunità hanno il diritto di autodeterminarsi. Ci sono molte importanti eccezioni, però, perchè in alcuni casi il separatismo è solo anticamera di guerre civili, e quelle che a prima vista possono sembrare cause separatiste, nascondono lotte di potere interne alle comunità, oppure torbide relazioni con paesi del tutto estranei. Il caso della Cecenia è in tal senso illuminante: non si trattò affatto di guerre per l’autodetermianzione del popolo ceceno, ma di una guerra civile sponsorizzzata.Dunque, i distinguo servono eccome, altrimenti si rischia di non capirci nulla e di fare, come si suol dire, di tutta l’erba un fascio. In queste ore il presidente turco Erdogan ha ordinato un’operazione militare nel nord della Siria al fine di annullare l’operatività dei militanti curdi. Erdogan maschera questo intervento con la solita manfrina della lotta al terrorismo. Questo tema (il terrorismo), viene usato da tutti, senza eccezioni, per reprimere gli oppositori internazionali. I Bush contro Iraq e Afghanistan, Sarkozy contro la Libia, Umberto I e Bava Beccaris contro i manifestanti a Milano, l’austriaco Cecco Beppe contro i serbi e giù giù fino a Metternich contro Mazzini. Dunque, l’argomentazione di Erdogan non regge così come non reggevano quelle di Obama, di Clinton e financo di James Brooke contro Sandokan. C’è però almeno un aspetto per il quale faccio seriamente fatica a criticare l’intervento di Erdogan. Ed è la consapevolezza che il Medioriente è la polveriera del mondo. I turchi hanno dominato, amministrato e costruito infrastrutture in Medioriente per più di 500 anni di storia moderna. Le aree confinanti con l’attuale Turchia erano dentro la Turchia stessa (alias Impero Ottomano) fino al 1922 e lo erano per l’appunto, da oltre mezzo millennio. Gli stati mediorientali attuali: Siria, Libano, Israele, Giordania, Arabia Saudita sono un’invenzione geometrica anglofrancese, realizzata a tavolino dopo la Prima Guerra Mondiale attraverso il trattato Sykes-Picot.Quel trattato ha conferito potere alla tribù più retriva dell’area, i wahabiti (oggi “sauditi”) ed è una divisione innaturale, che non tiene conto delle culture delle varie altre tribù. Detto diversamente, il caos che regna in Medioriente da quasi un secolo a questa parte è interamente imputabile alle proiezioni coloniali anglofrancesi, non ai turchi che furono storicamente più tolleranti in quelle aree di quanto non lo sono oggi le tribù autoctone eterodirette (e lo ripeto: eterodirette prima da francesi e inglesi; poi da americani ed israeliani). Com’è logico che sia, dal 1922 – anno della dissoluzione dell’Impero Ottomano – ad oggi, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, e non è posssibile far finta di nulla. I turchi si sono macchiati di crimini orrendi, in primis il genocidio degli armeni durante la Prima Guerra Mondiale, avvenuto per opera di un gruppo di fanatici ottomani ai danni delle popolazioni storicamente più vicine ai russi in quel periodo: gli armeni, appunto.Non si trattò affatto però, come Hollywood vorrebbe far credere, della natura malvagia dei turchi: poco prima i coloni inglesi avevano perseguitato e sterminato fino all’estinzione la stragrande maggioranza delle tribù pellerossa in Nord America e costretto i neri africani a fare da schiavi. I belgi avevano pochi anni prima massacrato milioni di congolesi ed i tedeschi di lì a poco si sarebbero interessati agli ebrei in un modo a dir poco maniacale e demoniaco. Sì, insomma, se i turchi sono cattivi, trovatemi quelli buoni, che io ancora non ne ho conosciuti. Venendo in modo più stringente alla questione curda, al separatismo della regione del Kurdistan, ecc, la vicenda è solo apparentemente complessa. Quand’è che – storicamente – una regione separatista realizza il suo progetto e diventa uno Stato nazionale? La risposta è duplice: da un lato, ciò avviene quando quella regione riesce a farsi riconoscere come Stato dalla stragrande maggioranza degli altri paesi. In subordine, ma neanche tanto, quando un’altra nazione la aiuta in questo tortuoso e rischioso percorso. In Iraq, in Siria ed in Turchia – cioè nei paesi ove alla faccia del trattato Sykes-Picot vivono i curdi – la comunità ha fatto una scelta precisa e inequivocabile dicendo che “ad aiutarci in questa impresa saranno gli Stati Uniti d’America! Non importa se siamo comunisti, non importa se siamo antimperialisti! Sarà l’America a liberarci dai turchi e da Assad”.Al netto di tale ingenuità (fidarsi degli americani in geopolitica è come fidarsi di un promotore finanziario in banca), i siriani lealisti hanno teso una mano ai curdi in diverse occasioni. Com’è noto, date le vicende in Siria e la chiamata del leader Assad dei russi in suo soccorso, cercare una collaborazione con Assad per i curdi avrebbe significato anche cercare una collaborazione con Putin. I curdi hanno declinato gentilmente l’invito preferendo gli americani e, ora, tutti ad allargarsi la bocca e stracciarsi le vesti perchè gli americani li hanno mollati. Ma dire che i curdi hanno avuto sfortuna puntando sul cavallo sbagliato non basta. C’è dell’altro. Anche se gli americani tramite milizie ribelli l’avessero spuntata contro i siriani lealisti, che ne sarebbe stato del Kurdistan? L’ipotesi più probabile è che avrebbero realizzato una microscopica autonomia in perenne contrasto con la Turchia. Io non trascurerei tanto facilmente il fatto che Erdogan, appena tre anni or sono, ha represso un colpo di Stato militare contro di lui. Non se ne parla più, ma che gli americani non sapessero nulla di quel colpo di stato, per cortesia, lo andate a raccontare ai vostri bambini, la sera, prima di addormentarsi e dopo avergli letto quella di Biancaneve.Ora, immaginatevi questo scenario: una Turchia sempre più vassalla dell’America dopo la fine di Erdogan. Una Siria inesistente ed in mano all’Isis. Che ne sarebbe stato del laico e comunista Kurdistan? Non sarebbe forse diventato un Israele dei poveri, ulteriore elemento di destabilizzazione e di attentati? Gli islamisti vittoriosi non se lo sarebbero pappato in un attimo? Conclusione: i curdi sono stati pagati per anni dagli americani per destabilizzare l’area nella speranza che i vari gruppi di ribelli rovesciassero la Siria con la guerriglia e la Turchia con il colpo di stato. Le cose non sono andate così ed ora Erdogan fa quello che tutti farebbero: riportare la stabilità con le cattive col tacito consenso di Putin, Assad e Trump. In cambio, Erdogan acquista armi dai russi, non metterà in discussione il ruolo di Assad a Damasco e custodirà gli jihadisti catturati dagli americani per fare un piacere anche a Trump, che ha dato il via libera. E’ sempre difficile giustificare umanamente un intervento militare. Ma a comprendere Erdogan non ci vuole niente.(Massimo Bordin, “La versione di Erdogan”, dal blog “Micidial” del 10 ottobre 2019).Ci sono approfondimenti talmente contrari al comune sentire che scontentano tutti: destra, sinistra, moderati, massimalisti, patrioti, nazionalisti, sovranisti ed iperliberisti. Ebbene, l’approfondimento che segue appartiene proprio alla categoria degli “inaccettabili”. Tuttavia, come diceva Franz Kafka, bisogna anche sforzarsi di leggere testi che sono un pugno nello stomaco. Se vi siete abituati a leggere solo le informazioni che vengono dai media tradizionali, sconsiglio dunque la lettura di quel che segue. Da appassionato di storia, ho sempre nutrito una certa simpatia per le cause separatiste. Che si tratti della causa basca o catalana in Spagna, di quella irlandese nel Nord dell’isola o di quella del Donbass in Ucraina, a mio modo di vedere le comunità hanno il diritto di autodeterminarsi. Ci sono molte importanti eccezioni, però, perchè in alcuni casi il separatismo è solo anticamera di guerre civili, e quelle che a prima vista possono sembrare cause separatiste, nascondono lotte di potere interne alle comunità, oppure torbide relazioni con paesi del tutto estranei. Il caso della Cecenia è in tal senso illuminante: non si trattò affatto di guerre per l’autodetermianzione del popolo ceceno, ma di una guerra civile sponsorizzzata.
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Il cinismo della disperazione: Di Maio svuota la democrazia
Lo scellerato auto-affondamento del Parlamento, voluto da un Di Maio ridotto alla disperazione, produrrà danni incalcolabili al sistema democratico italiano. Prossimo colpo, magari: il divieto di cambiare casacca, riducendo il parlamentare a burattino. La primogenitura dell’attacco alla rappresentanza popolare «va molto più in là del governo gialloverde». Secondo Federico Ferraù «arriva fino ai “politici ladri” degli anni di Tangentopoli, passando per la “casta”, indimenticata bandiera antipolitica che tanto senso comune ha prodotto negli anni novanta e duemila». Gioele Magaldi va ancora più indietro: evoca il Piano di Rinascita Democratica della P2 e, prima ancora, il “dimagrimento” delle Camere voluto da Mussolini. «Ovvio: se i parlamentari sono pochi, il potere oligarchico nemico della democrazia li controlla più facilmente». Secondo il professor Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano, è penoso lo spettacolo dei parlamentari che corrono a decurtare le proprie file: «Siamo al cinismo della disperazione», all’autoliquidazione di chi non è più classe politica e pertanto non ha più ragione di esistere. Perché mantenerlo in vita, un Parlamento, se è solo un peso?Ci rimette anche la Lega, rimasta «imbottigliata per una anno e mezzo sullo scambio tra autonomia differenziata e riduzione del numero dei parlamentari». Già, l’autonomia per il Nord-Est: «Per mesi è stata avvolta da una nebbia fittissima», e oggi «non se ne vede nemmeno l’ombra». Innanzitutto, osserva Mangia nella sua analisi offerta a Ferraù sul “Sussidiario”, si dovrebbe aver capito che il taglio dei parlamentari «è un modo per bloccare il funzionamento del sistema elettorale, rendere impossibili elezioni a breve e creare le premesse per un dialogo infinito sulla legge elettorale prossima ventura». Che dovrà essere infinito, «perché altrimenti questa situazione di democrazia sospesa, che permette di evitare le elezioni, finisce». E se Lega e Pd assecondano il populismo di Di Maio, a “vincere” è il Movimento 5 Stelle: «Il dato veramente incredibile è che i 5 Stelle siano riusciti, in momenti diversi, e per una serie di casi fortunati, a portare prima la Lega e poi il Pd su un progetto tanto inutile e pretestuoso rispetto agli obiettivi dichiarati». Di Maio parla di un risparmio di 100 milioni all’anno. «Appunto: roba che uno Stato con un bilancio di 800 miliardi nemmeno se ne accorge», sottolinea Mangia. L’Osservatorio di Cottarelli, poi, parla di un risparmio reale di appena 57 milioni all’anno, cioè la metà di quanto propagandato.Ma il vero pericolo è più serio: «Se il parlamentare oggi si concepisce come uno schiacciabottoni, tanto da dirlo apertamente – osserva il professore – significa che il problema non è il taglio dei parlamentari, ma l’involuzione della classe politica nel suo complesso, tanto da arrivare per prima a concepirsi come inutile. Tanto da credere di potersi rigenerare attraverso un’automutilazione». È un atteggiamento che ricorda da vicino la riforma delle immunità del 1993 votata in piena Tangentopoli, sotto la pressione di Mani Pulite. «Anche allora si pensava che spogliando il parlamentare dell’immunità, e denudandolo di fronte alla magistratura, la classe politica si sarebbe rigenerata». E invece, «quell’automutilazione non solo ha cambiato gli equilibri tra i poteri dello Stato, ma ha spianato la strada alla dissoluzione di una classe politica, dopo la quale non ce ne è mai stata un’altra». Ma a quel punto, allora, «perché non risolvere tutto in un vertice tra segretari di partito, dove ciascuno pesa in ragione del pacchetto di azioni che rappresenta, come in un’assemblea degli azionisti?».Qualcuno potrebbe dire: sapete quanti soldi continuano a costare 400 deputati e 200 senatori? «Se si sfonda una linea, trovare poi un limite davanti al quale fermarsi diventa difficile», avverte Mangia. «Tant’è vero che da allora, e cioè da Tangentopoli, si è sempre andati avanti nella stessa direzione in un gioco di delegittimazioni reciproche». Una classe politica «ha coscienza di sé e del suo ruolo, e la coscienza del ruolo ha un implicito effetto di legittimazione». Non a caso, in altri tempi, «i re non tagliavano la testa agli altri re, perché se no passava l’idea che ai re si poteva tagliare la testa e il sistema crollava». Se manca la consapevolezza di un ruolo – dice il costituzionalista – alla fine di quel ruolo manca anche la percezione tra chi lo deve rispettare. Dunque: parlamentari tagliati «non perché siano troppi, ma perché, tutti assieme, non fanno una classe politica». Fermare lo scempio con un referendum? Il professor Mangia è scettico: «Dopo 25 anni di delegittimazione della classe politica, chi andrebbe oggi a dire ai cittadini che lasciare il Parlamento così com’è non sarebbe affatto un male? Ci si esporrebbe alla solita obiezione del voler salvare le poltrone».Secondo il professore «si congelerà la situazione per un po’ e ci si sposterà sulla legge elettorale». Su quella non c’è accordo, perché i leader «si sono accorti che il proporzionale enfatizzerebbe a dismisura quanto sta accadendo: l’imperversare di Renzi e forse, un domani, dell’amico-nemico Di Maio». Cosa fare? «Non lo sa nessuno. Qualcuno vuole un proporzionale puro; altri lo vogliono con lo sbarramento “alto” per mettere in difficoltà Renzi; altri lo sbarramento alto con la sfiducia costruttiva; qualcuno parla di doppio turno da vent’anni e continua a farlo oggi». Per prendere tempo «si allargherà il campo e si giocherà sull’abbassamento dell’età per votare, sulla base regionale per l’elezione del Senato, sui regolamenti parlamentari». Secondo Mangia, «è il solito armamentario delle riforme che gira da vent’anni senza però riuscire a cambiare granché, se non in peggio». Perché quell’armamentario «è il figlio dell’illusione che basti cambiare le regole per cambiare la politica: un’illusione che ha guidato la fase dello sperimentalismo costituzionale». Adesso è solo «materiale per una tattica parlamentare che usa spregiudicatamente la Costituzione per comprare tempo. È il cinismo della disperazione», sintetizza il professore.Alessandro Mangia inquadra con precisione il disegno politico dei 5 Stelle: «Ridurre il peso politico del Parlamento, spostare quel peso sulle consultazioni dirette – e cioè Twitter, referendum e Rousseau: tanto nella loro ottica è tutto uguale». In questo modo, si finisce per cambiare il funzionamento delle istituzioni. «Non a caso le due riforme, taglio dei parlamentari e riforma del referendum, sono sempre andate di pari passo». Tant’è vero che ora se n’è ricominciato a parlare: «Sarà la prossima frontiera». Altra mina, i cambi di casacca: il vincolo di mandato. Limitazioni che i 5 Stelle erano già riusciti a inserire nel “contratto di governo” con la Lega, e che hanno cercato di introdurre con le sanzioni ai dissidenti che abbandonano il gruppo. Il tribunale di Roma le ha già dichiarate nulle, «come è nullo ogni contratto contrario a norme imperative». Ma il rischio è dietro l’angolo: «Credete che sarebbe difficile, volendo, far partire una campagna contro i parlamentari voltagabbana che si staccano e fanno un loro gruppo o che passano da una maggioranza all’altra? È la stessa tecnica usata per il taglio ai parlamentari». Fatto quello, a che serviranno deputati e senatori? «Più a nulla. Nemmeno a schiacciare il bottone. Basterà il palmare o il telecomando». Del resto, chiosa Mangia, se è vero che se “uno vale uno”, allora “uno vale l’altro”, a prescindere dalla volontà degli elettori.Lo scellerato auto-affondamento del Parlamento, voluto da un Di Maio ridotto alla disperazione, produrrà danni incalcolabili al sistema democratico italiano. Prossimo colpo, magari: il divieto di cambiare casacca, riducendo il parlamentare a burattino. La primogenitura dell’attacco alla rappresentanza popolare «va molto più in là del governo gialloverde». Secondo Federico Ferraù «arriva fino ai “politici ladri” degli anni di Tangentopoli, passando per la “casta”, indimenticata bandiera antipolitica che tanto senso comune ha prodotto negli anni novanta e duemila». Gioele Magaldi va ancora più indietro: evoca il Piano di Rinascita Democratica della P2 e, prima ancora, il “dimagrimento” delle Camere voluto da Mussolini. «Ovvio: se i parlamentari sono pochi, il potere oligarchico nemico della democrazia li controlla più facilmente». Secondo il professor Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano, è penoso lo spettacolo dei parlamentari che corrono a decurtare le proprie file: «Siamo al cinismo della disperazione», all’autoliquidazione di chi non è più classe politica e pertanto non ha più ragione di esistere. Perché mantenerlo in vita, un Parlamento, se è solo un peso?
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Magaldi: “Liberiamo l’Italia” non sa che tutto sta cambiando
Che senso ha invocare il rispetto di una Costituzione brutalmente amputata da Monti nel 2012 con l’obbligo del mostruoso pareggio di bilancio? E che senso ha farlo oggi, proprio mentre i vertici della Bce – l’uscente Draghi e l’entrante Lagarde – ammettono, in modo clamoroso, che bisogna gettare nella spazzatura decenni di austerity, da loro stessi imposta, per “restituire la moneta al popolo” e varare gli eurobond destinati a sostenere i debiti pubblici azzerando il fantasma dello spread? Se lo domanda Gioele Magaldi di fronte a quello che definisce «il velleitarismo rossobruno» dei promotori della manifestazione “Liberiamo l’Italia”, in programma a Roma il 12 ottobre. Bocciatura secca, per qualsiasi generico “sovranismo” gridato: serve solo a rendere impresentabili certe proposte (uscire dall’euro e dall’Ue) che i media si incaricano prontamente di presentare come pittoresche, dunque inoffensive. «A Roma si svolgerà l’ennesima parata malinconica e inutile, come tutte quelle finora promosse da chi, in questi anni, ha compiuto una sorta di idolatria della Costituzione, limitandosi ad auspicarne la piena attuazione, senza mai portare a casa nessun risultato».
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Magaldi: ma il crocifisso a scuola è solo ciarpame fascista
Macché “radici cristiane”: chi vuole il crocifisso nelle scuole «non difende il cristianesimo, ma solo i patti di potere stipulati negli anni Venti da Mussolini per stabilire un’egemonia culturale clerico-fascista sulle nuove generazioni, agendo sulla scuola e sull’educazione». Il massone progressista Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si schiera col neo-ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti, che ha messo in dubbio l’opportunità di esporre i crocifissi nelle aule scolastiche. «In Francia, in Belgio e in Germania (con l’eccezione della Baviera) non c’è nessun crocifisso nelle scuole e nei tribunali», ricorda. «E’ una conferma della vera natura della cività occidentale, cui si deve la conquista storica della libertà di religione». Questa, da secoli, è la nostra vera identità: «Ciascuno è libero di professare anche collettivamente la propria fede, senza però che quest’ambito (privato) condizioni la sfera pubblica, che deve restare laica». In realtà, ricorda Magaldi, così era anche in Italia prima del fascismo: «Quella del crocifisso nei luoghi pubblici non è una tradizione secolare, ma un’innovazione introdotta da una legge fascista del 1924».Normativa anomala, quella dei Patti Lateranensi, poi entrata «vergognosamente» anche nella Costituzione del 1948, «grazie all’ipocrisia del leader comunista Togliatti», preoccupato di non allarmare il potere vaticano di allora. Il trascinarsi delle polemiche sull’uso e abuso del simbolo cristiano offre il destro a Magaldi, cattolico convinto, di mettere a fuoco il tema, fuor dagli equivoci, in una video-chat su YouTube con Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt. «Gli analfabeti di ritorno della nostra attuale classe politica, quelli che ogni giorno alimentano l’allarmismo gratuito sul presunto neofascismo di oggi, magari non sanno che, se difendono il crocifisso nelle scuole, non fanno che confermare una scelta imposta da Mussolini». Lo Stato laico e liberale pre-fascista, infatti, non prevedeva l’esposizione in aula del simbolo cristiano. Sicchè, «chi proclama di voler difendere la nostra identità culturale, in realtà dimostra di non conoscere né la nostra storia né la nostra tradizione».Tra gli ipocriti, Magaldi include anche il premier Giuseppe Conte: «Si dice pronto, da cattolico, a garantire “libertà di coscienza” ai medici messi di fronte al drammatico problema dell’eutanasia, eppure è lo stesso Conte che solo ieri rinfacciava a Salvini l’esibizione del crocifisso nei comizi e l’evocazione della “Vergine Maria”». I crocifissi nelle scuole e negli altri edifici pubblici «non appartengono alla tradizione cattolica», ribadisce Magaldi: «Sono stati imposti con leggi del 1924-28 come parte di quel connubio clerico-fascista che rappresenta uno dei momenti più bassi dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia». Massone progressista, Magaldi confessa di aver aderito al cattolicesimo in mondo consapevole, in età adulta. Un’adesione matura e pienamente libera: eppure, ricorda, «la libertà di religione è stata conculcata, per secoli, dalle stesse religioni», che perseguitavano i seguaci di altre fedi. «Non ce l’ha portata lo Spirito Santo, la libertà di culto: l’hanno garantita, semmai, le avanguardie laiche e massoniche che hanno costruito il mondo contemporaneo, che tutela culture diverse».Ecco perché oggi, per la festa di San Petronio, «ha fatto benissimo la curia di Bologna a predisporre, nel menù della popolare sagra gastronomica, anche agnolotti con ripieno a base di pollo, per chi avesse problemi con la carne di maiale». Anche di polemiche sugli agnolotti, infatti, si nutre il gossip politico del 2019. Non che sia scomparsa la mortadella, dai tortellini di San Petronio: la notizia (falsa) è stata veicolata da estremisti. Per Magaldi, «si è trattato di un fraintendimento velenoso e stupido, visto che il ripieno di maiale resterà largamente maggioritario, a Bologna». Gli agnolotti al pollo, semmai, potranno avvicinare alla festa cattolica anche altre culture. Magaldi punta il dito contro «l’ateismo devoto e il tradizionalismo integralista reazionario» di chi contesta l’arcivescovo bolognese Matteo Maria Zuppi, presto cardinale, «esemplare interprete del rinnovamento e delle aperture inclusive intraprese dalla Chiesa di Papa Francesco», nel solco tracciato da prelati come monsignor Vicenzo Paglia, in uno sguardo ecumenico anticipato dalla Comunità di Sant’Egidio e dal dialogo interreligioso intrapreso ad Assisi da un Papa come Wojtyla.«Sulla laicità dello Stato comunque non si scherza», sottolinea Magaldi, ricordando l’islamico Abe Smith che nel 2003 intentò una causa contro lo Stato per rimuovere i crocifissi dai luoghi pubblici. «Non lo faceva in modo laico, ma con una motivazione di parte, islamico-integralista: era offeso dalla presenza dei segni di una religione diversa dalla sua». In seno alla stessa Cei, oggi c’è chi cita il recente monito di un imam: «Non dovete togliere i crocifissi dalle scuole – avrebbe detto il religioso musulmano – perché questo significherebbe abdicare alla vostra tradizione». Appunto, replica Magaldi: «In quel mondo islamico, che non ha ancora conosciuto la laicità, la distinzione tra legge civile laica e legge religiosa (dove infatti la “sharìa” è una commistione teocratica) non ci si capacita di come si possa essere contemporaneamente cristiani e laici». La nostra identità sarebbe messa in pericolo da culture altre? «La nostra tradizione non sta nel fatto di essere cristiani o ebrei: la tradizione occidentale – insiste Magaldi – è quella che stabilisce la laicità dello Stato e la possibilità per tutte le religioni di esprimersi e di essere coltivare dai fedeli, distinguendo però sempre tra la sfera religiosa (che è privata) e la sfera civile e laica (che è pubblica)».E’ la democrazia, la sovranità del popolo, a caratterizzare la civiltà occidentale, ribadisce Magaldi. Cattolico, ma non ipocrita: «Il cristianesimo – riconosce – è stato anche compagno di strada del fascismo e di situazioni pre-moderne con visioni teocratiche della società che nulla hanno da invidiare alle attuali teocrazie islamiche». Dopo l’Illuminismo e le rivoluzioni liberali del Settecento, si è affermato un cristianesimo più aperto, «declinato anche da massoni», che stabilisce «l’importanza e la salvaguardia della religione e della libertà di coscienza, distinguendo l’ambito religioso da quello civile». Chi oggi fa le barricate per i crocifissi nelle aule «è gente che non conosce la storia: parla di tradizioni ma non conosce le proprie». In particolare, «non conosce il retaggio da cui veniamo, e non sa nemmeno perché oggi si può parlare di libertà». Vittorio Sgarbi difende il simbolo del Cristo, come “Dio che si fa uomo” e indica agli uomini la via per il loro riscatto? «Giusto, ma senza scordare che, storicamente, il cristianesimo ha usato il simbolo del Cristo anche per fare i roghi, le persecuzioni, le inquisizioni e le peggiori nefandezze», sottolinea Magaldi: «Negli anni Venti, i fascisti e i clericali dell’Oltretevere non hanno messo il croficisso nelle scuole per significare quello che dice Sgarbi, ma per stabilire un’egemonia politica sui giovani».Macché “radici cristiane”: chi vuole il crocifisso nelle scuole «non difende il cristianesimo, ma solo i patti di potere stipulati negli anni Venti da Mussolini per stabilire un’egemonia culturale clerico-fascista sulle nuove generazioni, agendo sulla scuola e sull’educazione». Il massone progressista Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si schiera col neo-ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti, che ha messo in dubbio l’opportunità di esporre i crocifissi nelle aule scolastiche. «In Francia, in Belgio e in Germania (con l’eccezione della Baviera) non c’è nessun crocifisso nelle scuole e nei tribunali», ricorda. «E’ una conferma della vera natura della civiltà occidentale, cui si deve la conquista storica della libertà di religione». Questa, da secoli, è la nostra vera identità: «Ciascuno è libero di professare anche collettivamente la propria fede, senza però che quest’ambito (privato) condizioni la sfera pubblica, che deve restare laica». In realtà, ricorda Magaldi, così era anche in Italia prima del fascismo: «Quella del crocifisso nei luoghi pubblici non è una tradizione secolare, ma un’innovazione introdotta da una legge fascista del 1924».
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Greta recita: sta minacciando personalmente ognuno di noi
Dovete consumare di meno (voialtri, non loro lassù). E dunque: rassegnatevi alla precarietà, all’esclusione sociale. E sentitevi in colpa, se avete appena cambiato il frigo e osato concedervi una vacanza. Dovete smettere, punto e basta. A chi parla, Greta Thunberg? A noi, le vittime dei suoi burattinai. Fino a ieri, la giovanissima attrice svedese si limitava a mormorare, dispensando saggezza dall’alto dei suoi 16 anni. Oggi ha cambiato passo: intima, minaccia, insolentisce. Le hanno messo a disposizione addirittura la platea della Nazioni Unite, per esibirsi nel suo nuovo spettacolo. Una viperetta tracotante, livida: ne saranno felcissimi, gli azionisti del suo business. In primis, a brindare è la filiera industriale delle energie rinnovabili, con la potente macchina di propaganda ben oliata dall’oligarca Al Gore, ex vice di Clinton, l’uomo che ha scatenato la finanza-canaglia globalizzata. Ma in generale, nel mirino della piccola fiammiferaia svedese (ovvero, dei suoi sceneggiatori) c’è suprattutto il famoso 99% dell’umanità, o meglio ancora dell’Occidente, il “primo mondo” che era benestante e che si è improvvisamente impoverito proprio mentre l’economia mondializzata ha moltiplicato in modo esponenziale il Pil finanziario dei decenni precedenti la caduta del Muro di Berlino.Il grande artefice del disgelo, Mikhail Gorbaciov, sognava un mondo senza più guerre. Sfrattato dal Cremlino, ha visto l’Urss smembrata e la Russia brutalmente privatizzata e saccheggiata. Ma il colpo da maestro degli strateghi del globalismo a mano armata è stato permettere alla Cina di entrare nel gioco planetario con merci prodotte sottocosto, grazie anche a condizioni schiavistiche di lavoro, senza le tutele sindacali di Europa e Usa. In pochi anni il mondo è esploso, insieme al suo fatturato, in una sorta di festa truccata: l’europeo e l’americano medio hanno perso terreno, hanno smesso di crescere in termini di benessere, hanno cominciato a intaccare i risparmi familiari e a dover mantenere i figli senza lavoro, costretti a non sposarsi o a emigrare all’estero. Devastante il fenomeno delle delocalizzazioni, la fuga delle industrie nei paesi asiatici dove l’operaio costava un dollaro al giorno. In Europa – vero laboratorio mondiale del suicidio tecnocratico della democrazia – la truffa neoliberale ha indossato la maschera austera e perbenista dell’ordoliberismo autoritario, l’ipocrita moralismo del guru austriaco Friedrich von Hayek: l’illuminato economista concepiva il welfare (ridotto a poche briciole, s’intende) solo come misura estrema e preventiva per cautelarsi dalla rivolta delle masse impoverite.Agli italiani, personaggi come Ciampi e Prodi avevano presentato l’Ue e l’Eurozona come il paradiso, il regno dell’età dell’oro. Dopo meno di vent’anni non restano che macerie, nazioni che si guardano in cagnesco e che si fanno le scarpe appena possono, mentre il Belpaese (depredato, secondo i piani) ha perso il 25% del suo potenziale industriale. L’Europa intera ha assistito senza muovere un dito alla macellazione senza anestesia del popolo greco: cos’avrebbe da dire, Greta Thunberg, ai sopravvissuti della Grecia che si sono visti scippare il Pireo e gli aeroporti, chiudere i bancomat, tagliare i salari, ridurre le pensioni fino alla soglia della fame? Cicale irresponsabili, quelle che hanno assistito alla morte dei neonati, nei loro ospedali, per mancanza di medicine? Spendaccioni scellerati, i greci, che oggi devono vedersela con piaghe che si credevano sepolte dalla storia, come la malnutrizione infantile? E’ sconcertante la consonanza fra le parole di Greta e quelle degli oligarchi europei che hanno messo la Grecia in ginocchio, accusandola di aver abusato del debito pubblico. La canzone – vagamente nazista – è sempre la stessa: la colpa è vostra, peggio per voi.La Thunberg, si sa, è una pedina importantissima della grande manipolazione mediatica sul “climate change”, ovvero la teoria – non suffragata scientificamente – secondo cui il surriscaldamento globale (peraltro appena contestato all’Onu da 500 scienziati) sarebbe di origine antropica. Sommessamente, qualche anno fa, il fisico Carlo Rubbia, Premio Nobel, ricordava che, ai tempi dell’Impero Romano, le temperature medie erano superiori a quelle di oggi. Nel solo medioevo, come gli storici sanno, si è passati dalla mini-glaciazione (che d’inverno congelava il Tamigi e la Senna, attraversabili camminando) al grande caldo del periodo basso-medievale, con colture mediterranee come l’ulivo diffuse ovunque nel Nord Italia. Ancora nom c’era neppure la macchina a vapore, figurarsi le emissioni velenose delle odierne megalopoli. L’inquinamento è tangibile e pericoloso, quello sì: negli oceani galleggiano isole di plastica vaste quanto continenti. Come è possibile che non si impieghi la tecnologia necessaria a bonificare la Terra e riconvertire ecologicamente l’industria? E soprattutto: perché – in primis – i padroni dell’universo che muovono i fili della marionetta Greta vogliono, a tutti i costi, colpevolizzare noi per quanto sta accadendo, raccontandoci addirittura che il degrado della biosfera altera il clima del pianeta?E’ tutto talmente surreale da sembrare comico, se non fosse per il caos sanguinoso che sfiora o assedia miliardi di esseri umani. Il cielo è vistosamente coperto dalle emissioni aeree della geoingegneria (guai a chiamarle scie chimiche), mentre l’aviazione Usa ammette, di colpo, che i piloti dei jet sono frastornati dai continui avvistamenti di Ufo. Il Medio Oriente non fa più notizia, eppure dovrebbe: non si è ancora spenta l’eco del terrore scatenato dal sedicente Stato Islamico, protetto e armatissimo da precisi settori dell’intelligence atlantica prima dell’elezione di Trump alla Casa Bianca. Gli stregoni della finanza oggi hanno paura: temono un crollo catastrofico dell’economia fittizia gonfiata dalla speculazione. Mario Draghi smentisce integralmente la sua vicenda professionale e arriva a evocare addirittura la Modern Money Theory, cioè la restituzione della sovranità monetaria agli Stati, mentre Christine Lagarde, in uscita dal Fmi e diretta alla Bce, parla apertamente degli eurobond che metterebbero fine all’incubo dello spread, consentendo all’economia europea di tornare a investire e produrre lavoro. Sono voci frammentarie di élite potentissime che oggi appaiono divise e lacerate da faglie profonde, come quella che oppone il governo Usa al cartello Rothschild, ora schierato con Silicon Valley e con la Cina, pronto a sostituire il dollaro con un’altra possibile valuta internazionale, come propone la Bank of England.I segnali non sono rassicuranti, c’è chi teme un collasso che potrebbe spalancare scenari di guerra. Nell’Italia che assiste alla strage indiscriminata di alberi d’alto fusto, tagliati per fare spazio al misterioso 5G (vera incognita, per la salute), i genitori si rassegnano a sottoporre i bambini a vaccinazioni improvvisamente obbligatorie, somministrate in batteria – oggi ai neonati e forse domani anche agli adulti, pena la pedita del passaporto e della patente di guida come in Argentina? Ma non importa, evidentemente, se in tanti battono le mani alla piccola strega Greta Thunberg, che recita a soggetto davanti alle Nazioni Unite puntando il dito contro tutti noi. Un’intimidazione ad personam, minacciosa e sinistra: guai a voi, branco di incoscienti. Come osate continuare a sperare di migliorare la vostra vita? Musica, per le orecchie dei tagliatori di bilanci. Nulla che possa impensierire le major, gli oligarchi, le multinazionali. Greta ce l’ha con noi, con ognuno di noi: punta a far crescere il nostro senso di colpa, quello del giovane che sogna l’auto nuova, del pensionato che fatica ad arrivare alla fine del mese. Grazie a Greta, i cialtroni dell’austerity – da Palazzo Chigi alla Commissione Ue – potranno accanirsi sul popolo bue con meno scrupoli, specie se l’economia mondiale volgerà al peggio. Nuovi sacrifici in vista? Niente paura, in soccorso ai lestofanti arriva la lezione della piccola attrice svedese: soffrire è giusto, ce lo meritiamo.Dovete consumare di meno (voialtri, non loro lassù). E dunque: rassegnatevi alla precarietà, all’esclusione sociale. E sentitevi in colpa, se avete appena comprato lo smartphone ultimo modello e avete osato concedervi una bella vacanza. Dovete smettere, punto e basta. A chi parla, Greta Thunberg? A noi, le vittime dei suoi burattinai. Fino a ieri, la giovanissima attrice svedese si limitava a mormorare, dispensando saggezza dall’alto dei suoi 16 anni. Oggi ha cambiato passo: intima, minaccia, insolentisce. Le hanno messo a disposizione addirittura la platea della Nazioni Unite, per esibirsi nel suo nuovo spettacolo. Sembra una viperetta tracotante, livida: ne saranno felicissimi, gli azionisti del suo business. In primis, a brindare è la filiera industriale delle energie rinnovabili, con la potente macchina di propaganda ben oliata dall’oligarca Al Gore, ex vice di Clinton, l’uomo che ha scatenato la finanza-canaglia globalizzata. Ma in generale, nel mirino della piccola fiammiferaia svedese (ovvero, dei suoi sceneggiatori) c’è soprattutto il famoso 99% dell’umanità, o meglio ancora dell’Occidente, il “primo mondo” che era benestante e che si è improvvisamente impoverito proprio mentre l’economia mondializzata ha moltiplicato in modo esponenziale il Pil finanziario dei decenni precedenti la caduta del Muro di Berlino.
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Magaldi: i supermassoni Draghi e Lagarde pentiti del rigore?
Suona paradossale che il governatore della Bce parli della Modern Money Theory nel momento in cui sta uscendo del suo incarico. Se l’avesse fatto uno o due anni fa, nella sua veste autorevolissima, avrebbe potuto trarne debite conseguenze. Credo che occorra rimanere cauti. A meno che non si finga di credere che avere italiani in certe istituzioni sia un aiuto per il paese. Spesso si pensa infatti che Draghi abbia aiutato l’Italia, o che avere un commissario italiano all’economia possa esserci utile. Non è così. Se sei un credente di una religione economica di un certo tipo (perché di questo si tratta, di religiosità economica), difficilmente smentirai quella fede in favore del tuo popolo. Oltretutto, parliamo di persone educate a ragionare in termini sovranazionali. Peraltro, anche in un modo diverso e migliore, perché un italiano all’Ue dovrebbe aiutare l’Italia e non anche gli altri paesi? Se si è rappresentanti dell’Europa ci si prende cura di tutti i popoli europei. Quindi, se si fanno politche diverse dalle attuali, le si fa non solo a favore dell’Italia, ma anche della Grecia, della Spagna, della Germania, della Francia. Detto questo, Draghi se ne esce con questa valutazione possibilista sulla Mmt a fine mandato, mentre Christine Lagarde non solo fa un’affermazione clamorosa, dicendo che la moneta “appartiene al popolo e al suo interesse”, ma parla addirittura della necessità di emettere gli eurobond.Sappiamo che adottare gli eurobond (titoli di Stato europei, unificati) significherebbe la fine dello spauracchio dello spread: dunque gli eurobond sarebbero un servizio efficacissimo al servizio dei popoli europei e dello sviluppo dell’economia reale. Però ricordo lo stesso Juncker, che – in vista del suo insediamento alla Commissione Europea – disse di capire il disagio socio-economico in Europa, tanto da ritenere che avessero fondamento persino alcune tesi di Marx. Affermazioni ancora più impegnative, quindi, per un neoliberista puro come Juncker. Ma cosa ne è seguito? Nulla. Anzi: insieme agli altri, Juncker è stato uno dei cani da guardia dell’austerità europea, che tuttora perdura. Ora, trattandosi di massoni di altissimo rango (ma di segno neoaristocratico, reazionario, post-democratico e neoliberista), molto difficilmente queste affermazioni del “fratello” Mario Draghi e della “sorella” Christine Lagarde significano che ci sarà un cambio di passo. Sono specchietti per le allodole: è questa la valutazione più razionale che è possibile fare oggi. Per contro, è successo tante volte che qualche pezzo grosso di una fazione lanciasse messaggi all’altra fazione, perché magari intendeva fare un cambio di casacca.Anche in questo caso, quindi, non escludo a priori che Draghi e la Lagarde stiano lanciando messaggi in questo senso, visto che il potere neoaristocratico sta perdendo la sua presa sull’Europa. La sua presa scricchiola, così come scricchiola il governo Conte-bis: era partito con grandi aspirazioni socialdemocratiche di rigenerazione del tessuto sociale ed economico italiano, e adesso sta pensando di tassare le merendine per avere quattro baiocchi in più per finanziare la scuola, che invece avrebbe bisogno di ben altro: edifici che non crollino e insegnanti pagati dignitosamente. L’insegnamento e l’educazione civica, ricordiamolo, sono tratti qualificanti di una nazione, di una collettività. Tornando a Draghi e Lagarde: vediamo cosa succederà. Certo, bisogna che alle parole seguano i fatti. Ma poi: chiediamoci come l’informazione ha gestito le notizie riguardanti le esternazioni dei due tecnocrati. Se ci si limita a registrare le loro battute, senza poi inviare giornalisti a chieder conto di quelle affermazioni, incalzando Draghi e Lagarde per sapere come contano di agire concretamente, dall’indomani, è chiaro che non succede niente.Anzi, mi immagino la Lagarde, intenta a ridacchiare coi suoi collaboratori: ecco, ho detto la mia bella cosa e i media l’hanno messa in risalto, ma nel frattempo in Europa tutto continua come prima. E tuttavia insisto: aspettiamo e vediamo. D’accordo, queste non sono posizioni concretizzabili immediatamente. Ma potrebbe anche darsi (e lo verificheremo, in sede massonica) che questo sia un segnale, verso noi progressisti, per dirci: guardate che il governo Conte scricchiola, il governo dell’Europa scricchiola, le aspettative dei popoli sono sempre più urgenti, e forse – in quest’ultima fase della nostra vita, politica e massonica – noi siamo pronti a fare il salto della quaglia. In una guerra come quella che si combatte a livello globale, direi che la miglior vittoria si verifica quando i nemici passano dalla tua parte. E’ un po’ come il pentitismo: grazie ai pentiti si sono sconfitte e ridimensionate alcune organizzazioni mafiose. Io quindi non direi di no ad un eventuale, sincero passaggio di casacca: bisogna però vedere se questo è reale.Fino ad oggi, Draghi e la Lagarde, la Merkel, Juncker e tutti i personaggi di questo circo di pseudo-governanti delle tecnocrazie e delle istituzioni pseudo-europee, hanno scientemente fatto questo gioco illusionistico: la Bce tiene bassissimi i tassi del costo del denaro e immette quantità importanti di liquidità, ma questa emissione non si vuole che arrivi direttamente alle politiche governative. Si è consentito a banche e ad entità finanziarie di ricevere denaro a bassissimo costo e di usarne una parte per l’acquisto di titoli di Stato, così da abbassare lo spread. Ma, in questa filiera, il denaro che è arrivato all’economia reale è scarsissimo. Questo però non è stato fatto per incapacità: non è che adesso si rendano conto che il sistema non funzionava. No, tutto questo è stato fatto in modo consapevole, pervicace e anche subdolo. Se poi – nella coscienza individuale di Mario Draghi e di Christine Lagarde – c’è un ripensamento sulla loro posizione nello scacchiere di potere, e quindi stando lanciando un messaggio alle reti della massoneria progressista che attende il loro crollo (perché il crollo ci sarà, dal momento che certe menzogne non tengono più), ebbene, questo lo scopriremo solo vivendo.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Marco Moiso nel colloquio in diretta web-streaming su YouTube del 24 settembre 2019).Suona paradossale che il governatore della Bce parli della Modern Money Theory nel momento in cui sta uscendo dal suo incarico. Se l’avesse fatto uno o due anni fa, nella sua veste autorevolissima, avrebbe potuto trarne debite conseguenze. Credo che occorra rimanere cauti. A meno che non si finga di credere che avere italiani in certe istituzioni sia un aiuto per il paese. Spesso si pensa infatti che Draghi abbia aiutato l’Italia, o che avere un commissario italiano all’economia possa esserci utile. Non è così. Se sei un credente di una religione economica di un certo tipo (perché di questo si tratta, di religiosità economica), difficilmente smentirai quella fede in favore del tuo popolo. Oltretutto, parliamo di persone educate a ragionare in termini sovranazionali. Peraltro, anche in un modo diverso e migliore, perché un italiano all’Ue dovrebbe aiutare l’Italia e non anche gli altri paesi? Se si è rappresentanti dell’Europa ci si prende cura di tutti i popoli europei. Quindi, se si fanno politiche diverse dalle attuali, le si fa non solo a favore dell’Italia, ma anche della Grecia, della Spagna, della Germania, della Francia. Detto questo, Draghi se ne esce con questa valutazione possibilista sulla Mmt a fine mandato, mentre Christine Lagarde non solo fa un’affermazione clamorosa, dicendo che la moneta “appartiene al popolo e al suo interesse”, ma parla addirittura della necessità di emettere gli eurobond.
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Veneziani: non è col sovranismo che si sconfigge il Mostro
Pontida, Atreju e poi? Tweet, selfie, comizi, talk show, magari un corteo. Ma qual è la consistenza di quel fenomeno pur maggioritario nel nostro paese che è chiamato sovranismo? Dico la consistenza oltre l’apparenza mediatica, le opinioni espresse, le facce dei leader. Sapete come la penso, sapete che la sintesi del peggio che comanda l’Italia suscita in me come in molti di voi, qualcosa di più del dissenso e dell’opposizione. Disgusto, indignazione, a tratti perfino schifo al solo vederli e sentirli. Quando il peggior settarismo si unisce al peggior trasformismo in un progetto che è agli esatti antipodi di quel che pensano, dicono, vogliono gli italiani e di quel che il puro buon senso, la realtà, non hai voglia di sottoporre a critica chi si oppone a loro. Puro sfascismo, inavvertenza del declino verso cui ci portano al galoppo, negazione di ogni senso d’italianità, di civiltà, di priorità legate alla vita reale delle persone, delle famiglie, dei popoli. Però possiamo chiederci una volta, almeno una volta, che altro c’è di solido, di credibile, di fondato oltre le facce, gli slogan e le dichiarazioni dei leader sul versante dei sovranisti?Sapete che vuol dire governare l’Italia, e sapete che vuol dire farlo avendo il mondo contro, i potentati veri, i media, Papi, i giudici d’assalto, i presidenti e i tecnocrati, le classi dominanti europee? Nessuno pensa che all’opposizione si possa disporre di mezzi e risorse adeguate ad affrontare una sfida così grande; si sa che c’è uno squilibrio clamoroso, che parliamo di Davide contro Golia, con l’unica forza che ci sono milioni di Davide a tendere la fionda del medesimo puntata contro il gigante. Ma si può costruire una credibile alternativa ai poteri armati e accessoriati solo con la biblica fionda e il tifo intorno? Può bastare l’uso dei social per combattere una vera battaglia di civiltà? Si può far rinascere un paese, rifondare una nazione sovrana con qualche palliativo, qualche piccola battaglia simbolica e poi nient’altro? No, non può bastare.Sì, qualcosa magari c’è, qualche buon amministratore locale, qualcuno che se la cava, qualche faccia credibile e rispettabile. Ma poi basta, il vuoto; nessuna classe dirigente, nessuna struttura, nessun quartier generale, nessuna vera strategia oltre la solita tattica elettorale più contorno di sondaggi. Il deserto, e gli slogan nel deserto. Non tornerò a ripeterlo, magari lo scriverò una volta su “La Verità” o su “Panorama”; per ora lo dico solo a voi, amici della pagina. Non mi va di far la cassandra; e poi, se consideri chi c’è al potere, chi abita il Palazzo, tutti gli altri se, ma, boh, finiscono in un angolo; non puoi perder tempo a “sottilizzare” sulla reale consistenza di quell’alternativa se hai la certezza che quel potere fa male. Ma ogni tanto, a bassa voce, in un orecchio, diciamocelo pure noi. Non bastano due facce, quattro slogan e tanta rabbia per costruire una seria alternativa di governo. Ce lo siamo detti, non ce lo ripeteremo. Ma dovevamo dircelo, senza ipocrisia. Con la speranza di sbagliarci o di vederla noi troppo negativamente.(Marcello Veneziani, “Detto tra noi”, da “La Verità” del 21 settembre 2019; articolo ripreso sul blog di Veneziani).Pontida, Atreju e poi? Tweet, selfie, comizi, talk show, magari un corteo. Ma qual è la consistenza di quel fenomeno pur maggioritario nel nostro paese che è chiamato sovranismo? Dico la consistenza oltre l’apparenza mediatica, le opinioni espresse, le facce dei leader. Sapete come la penso, sapete che la sintesi del peggio che comanda l’Italia suscita in me come in molti di voi, qualcosa di più del dissenso e dell’opposizione. Disgusto, indignazione, a tratti perfino schifo al solo vederli e sentirli. Quando il peggior settarismo si unisce al peggior trasformismo in un progetto che è agli esatti antipodi di quel che pensano, dicono, vogliono gli italiani e di quel che il puro buon senso, la realtà, non hai voglia di sottoporre a critica chi si oppone a loro. Puro sfascismo, inavvertenza del declino verso cui ci portano al galoppo, negazione di ogni senso d’italianità, di civiltà, di priorità legate alla vita reale delle persone, delle famiglie, dei popoli. Però possiamo chiederci una volta, almeno una volta, che altro c’è di solido, di credibile, di fondato oltre le facce, gli slogan e le dichiarazioni dei leader sul versante dei sovranisti?
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Vox Italia: Dio, patria e famiglia. Chi ha paura di Fusaro?
Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate: oscurati da Facebook già in partenza, tanto per cominciare. E se si prova a varcare la soglia del sito ufficiale, voxitalia.net, è Google a trasformarsi in Cerbero: sito pericoloso, potrebbero scipparvi la carta di credito e i dati sensibili. Aiuto! Non insperate mai veder lo cielo, specie se vi chiamate Vox Italia. Come mai tanta paura, per il neonato movimento ispirato e guidato dal giovane filosofo torinese Diego Fusaro? Basta fare un giretto sul web per farsene un’idea. Le reazioni vanno dalla minimizzazione all’irrisione, fino alla diffamazione. Cos’è Vox Italia? Un movimento, si legge, che nasce per dar voce all’interesse nazionale. Slogan: “Pensare e agire altrimenti”, e muoversi “obstinate contra”, scrive Fusaro. «In direzione ostinata e contraria», avrebbe detto Fabrizio De Andrè, in un’Italia dove ancora esistevano menti come quella di Fabrizio De Andrè. «Il movimento – chiarisce Fusaro – unisce valori di destra e idee di sinistra». Più precisamente: «Valori dimenticati dalla destra e idee abbandonate dalla sinistra». Vox Italia si smarca dal «coro virtuoso del politicamente corretto», definito «superstruttura santificante i rapporti di forza del globalismo finanziario a beneficio degli apolidi signori del big business sradicato e sradicante».
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Magaldi: gli azionisti del Conte-bis temono che non durerà
Vi siete mai domandati perché le formazioni “sovraniste” che sfidano il truce potere eurocratico sono sempre costruite in modo da perdere le elezioni? Vale per l’ex Front National di Marine Le Pen in Francia, fino – in piccolo – alla nostrana Vox Italia di Diego Fusaro. Slogan bellicosi e assetti ideologici tutt’altro che rassicuranti: un profilo che sembra fatto apposta per non farcela, né ora né mai, a impensierire i padroni del vapore. Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente del network progressista della massoneria internazionale. Che sintetizza: «Non avremo la speranza di alcun cambiamento, fino a quando ci sarà da una parte chi spera nel fronte “sovranista”, e dall’altra chi ancora si aspetta qualcosa di buono da governi come il Conte-bis, che incarna la continuità dell’austerity inagurata da Monti e proseguita da Letta, Renzi e Gentiloni». Nient’altro che maggiordomi, magari in guanti bianchi, pronti a seguire i “consigli” del Quirinale e di Bankitalia, a loro volta succursali, nel Belpaese, del potere finanziario privatistico che si è impossessato delle istituzioni europee, manovrandole a piacimento per imporre il neoliberismo di regime che impoverisce la maggioranza della popolazione.Quanto ai “mandanti” dei maggiordomi, i veri padrini del patetico governicchio messo insieme incollando alla poltrona i 5 Stelle e i fantasmi del Pd, Magaldi avverte: lorsignori «sono parecchio nervosi, perché sanno che l’esperimento non è destinato a durare». Il motivo è semplice: lo scontro con la dura realtà. Riassume Magaldi, in diretta video su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”: «Il Conte-bis sconterà gli stessi problemi che avevano indotto Salvini a staccare la spina. Se non riesci a combinare niente, i cittadini non ti faranno sconti. E i soldi per fare qualcosa di utile per il paese, esattamente come nel primo governo Conte, continuano a non esserci, grazie ai vincoli di bilancio imposti da Bruxelles». Chiarisce Magaldi: «E’ stato Salvini a lasciare il governo, non aveva scelta: sapeva che avrebbe finito col deludere i suoi elettori». Semmai, aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt, il tempismo del leader leghista ha spiazzato gli avversari, cioè il super-potere (massonico e reazionario) che ricatta l’Italia. «Speravano di cuocerlo a fuoco lento, Salvini, facendolo cadere nel corso dell’autunno, quando Conte e Tria (legati a Mattarella e al banchiere centrale Visco) gli avrebbero negato i fondi richiesti per firmare una manovra espansiva, dalla parte degli italiani».In altre parole, continua Magaldi, il capo della Lega ha capito che non avrebbe avuto i soldi per tagliare le tasse e dare più servizi. A quel punto, vistosi circondato, ha anticipato i tempi decidendo di tagliare il cordone ombelicale già ad agosto. Si sarebbe potuto andare a elezioni anticipate, certo. Invece, il fronte opposto è riuscito nell’impresa bislacca di abborracciare il Conte-bis, imposto da Grillo a un Di Maio ridotto a ombra di se stesso. Idem sul fronte “dem”: grandi pressioni per guadagnare alla causa dell’inciucio il recalcitrante Zingaretti, salvo poi infliggergli la beffa della scissione renziana, che lo priva ulteriormente del controllo sui gruppi parlamentari. «L’euforia per i nuovi ministeri e le nuove cariche è già finita», annuncia Magaldi, facendo eco alla voce profonda del back-office del vero potere: gli azionisti del Conte-bis sono estremamente preoccupati, osservando l’estrema fragilità della neonata compagine, lacerata da divergenze interne e spaventata dalle imminenti elezioni regionali che vedono la Lega in pole position. Ma soprattutto: nemmeno al Conte-due sarà concessa la flessibilità negata al Conte-uno, indispensabile per far dare ossigeno all’economia rassicurando gli elettori.Ecco perché nessuno, da Berlino a Parigi, si fa illusioni sul governo “giallorosso”: il rigore europeo (presidiato formalmente anche da Gentiloni e incarnato da Ursula von der Leyen, eletta grazie al voto determinante dei grillini) resta il terreno minato su cui Giuseppe Conte cadrà, come temono i suoi stessi azionisti occulti, cioè i circuiti della massoneria neo-oligarchica. «Sul fronte opposto – dice Magaldi – la massoneria progressista è disponibile ad affiancare chiunque (Salvini o altri) sia pronto a dare battaglia per far nascere, un giorno, qualcosa che assomigli davvero a un’Unione Europea: cioè un’entità democratica capace di sviluppare una politica finalmente condivisa, con una banca centrale che (al contrario della Bce) faccia il suo lavoro e supporti in modo adeguato le finanze degli Stati». Ecco perché, conclude Magaldi, il cosiddetto sovranismo non è che un abbaglio, in realtà comodissimo per i sovragestori: non saranno certo gli untorelli alla Fusaro a impensierire il poderoso blocco di potere che da decenni racconta che, per crescere, bisogna prima tagliare.La prima a farlo fu l’indimentica Margaret Thatcher: paragonò lo Stato al buon padre di famiglia, che non può permettersi di indebitarsi. Affermazione integralmente falsa: a differenza dello Stato, infatti, famiglie e aziende non possono emettere moneta; e il denaro preso a prestito devono restituirlo (non così il governo, che si limita a inscrivere la spesa sotto la voce “deficit”). Eppure, quella famosa fandonia ha fatto strada, «al punto che oggi è considerata verità di fede, a reti unificate». Per colpa della Thatcher è stato criticato anche Salvini, che ha esibito la “Strega del Nord” nel pantheon leghista di Pontida. «Ma attenzione», precisa Magaldi: «Della Thatcher, Salvini ha solo citato una frase, che peraltro sottolinea una verità sacrosanta: e cioè che, senza libero mercato, non c’è neppure libertà politica». Verissimo: è la lezione fornita dall’autentico pensiero liberal-progressista. Magaldi ricorda che il maggiore economista del Novecento, l’inglese John Maynard Keynes (spesso preso a modello degli stessi “sovranisti”) non era un socialista, ma un “liberal”, così come l’inventore del welfare europeo, il connazionale William Beveridge.Vero, libertà e democrazia oggi sono fortemente conculcate dal regime Ue, che calpesta la sovranità popolare degli elettori costringendo i governi a disattendere le promesse elettorali. «Ma se si vuole più democrazia – si domanda Magaldi – come fanno i sovranisti a evocare come modelli alternativi paesi come la Russia, che non ha una democrazia compiuta, e la Cina, dove la vera democrazia non è mai esistita?». E a proposito di democraticità: «Che lezioni può dare, Vox Italia, che propone una leadership preconfezionata cooptando dall’alto una cinquantina di dirigenti? Immagino che nell’area siano presenti anche gli aderenti della Lista del Popolo messa in piedi un anno fa, con gli stessi metodi, da Giulietto Chiesa e Antonio Ingroia. Che fine ha fatto, quell’esperienza?». Magaldi è tra i fautori del Psai, “Partito che serve all’Italia”: un cantiere politico rimasto finora sottotraccia. Spiega: «Preferiamo lavorare in silenzio, ai programmi: un partito realmente alternativo può nascere e agire efficacemente solo se supportato da migliaia di italiani, sin dalla sua fondazione». Nel frattempo, tanti auguri a Vox Italia: «A chi ha simpatia per Fusaro consiglio di iscriversi, toccherà con mano quella realtà». E intanto, piena solidarietà per la nuova formazione rossobruna: «E’ stata oscurata da Facebook, che ha sicuramente violato la legge: il social network non può abusare in questo modo del servizio pubblico web, danneggiando ingiustamente una voce poltitica che ha piena dignità di espressione».Vi siete mai domandati perché le formazioni “sovraniste” che sfidano il truce potere eurocratico sono sempre costruite in modo da perdere le elezioni? Vale per l’ex Front National di Marine Le Pen in Francia, fino – in piccolo – alla nostrana Vox Italia di Diego Fusaro. Slogan bellicosi e assetti ideologici tutt’altro che rassicuranti: un profilo che sembra fatto apposta per non farcela, né ora né mai, a impensierire i padroni del vapore. Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente del network progressista della massoneria internazionale. Che sintetizza: «Non avremo la speranza di alcun cambiamento, fino a quando ci sarà da una parte chi spera nel fronte “sovranista”, e dall’altra chi ancora si aspetta qualcosa di buono da governi come il Conte-bis, che incarna la continuità dell’austerity inaugurata da Monti e proseguita da Letta, Renzi e Gentiloni». Nient’altro che maggiordomi, magari in guanti bianchi, pronti a seguire i “consigli” del Quirinale e di Bankitalia, a loro volta succursali, nel Belpaese, del potere finanziario privatistico che si è impossessato delle istituzioni europee, manovrandole a piacimento per imporre il neoliberismo di regime che impoverisce la maggioranza della popolazione.