Archivio del Tag ‘Pino Cabras’
-
Milano e Napoli, storico ko: l’Italia boccia Berlusconi
Una Milano esausta, stremata da violenze verbali, volgarità e xenofobia, risse e scandali, archivia Letizia Moratti e boccia Silvio Berlusconi e la sua disastrosa campagna elettorale, mentre Napoli incorona Luigi De Magistris. Il centrodestra frana quasi ovunque: anche a Cagliari, Trieste, Novara. Nella capitale del Nord si afferma il moderatismo riformista di Giuliano Pisapia, sopra il 55%, accelerando l’ascesa del suo sponsor, Nichi Vendola. Il Pd è costretto a inseguire anche a Napoli, dove l’ex magistrato dell’Idv straccia letteralmente il centrodestra volando sopra il 65%, ma Bersani esulta: «Una valanga, una riscossa civica e morale del centrosinistra, di cui il Pd ha saputo mettersi al servizio». Anche per Pino Cabras, direttore di “Megachip”, la svolta è epocale: «La Seconda Repubblica finisce da dove era cominciata: dai Comuni».
-
Orwell, i “nuovi” video e la fabbrica degli Osama
I nuovi “video di Bin Laden” rilasciati dal Pentagono sono una favola. Nelle favole di un tempo a un certo punto irrompeva il bambino che con il suo candore scopriva il male e il bene, il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso. Era quel bambino a urlare che «il re è nudo», con una verità semplice e affilata, che risuonava davanti a un pubblico, spezzava l’incantesimo dei tanti che lodavano i vestiti inesistenti del sovrano. Il dramma dell’era di Photoshop è che l’urlo si perde nel rumore di fondo delle Tv e dei giornalisti alla Giovanna Botteri del Tg3, incapaci di un’ombra di dubbio, meri amplificatori degli uffici stampa del potere. Eppure il punto di rottura della menzogna non può essere rinviato, almeno finché siamo tenuti a credere il verosimile. Ora, non è verosimile che quello lì sia Osama Bin Laden.
-
Bin Laden, morte fantasma: «Quella foto è un falso»
Attenti: quella foto è un trucco realizzato con Photoshop. Lo scetticismo dilaga sul web, anche in Italia grazie a “PeaceReporter”: «L’immagine di Bin Laden morto è un banale fotomontaggio». Morte-fantasma, dopo una vita-fantasma? Peggio: il corpo del leader di Al Qaeda sarà (o è già stato) sepolto in mare. Lo “sceicco del terrore”, a suo tempo reclutato dalla Cia per combattere in Afghanistan contro i sovietici, rischia così di sparire dalla scena senza lasciare tracce. Alimentando nuovi sospetti, anche se difficilmente il decesso sarà smentito da un video: per gli Usa, dove le folle festeggiano in strada, sarebbe una catastrofe. Le domande però restano: Osama Bin Laden è davvero morto? Dov’è il suo corpo? E’ proprio autentica la foto presentata come quella del suo cadavere?
-
Italia, stop al nucleare: paura del referendum anti-Silvio
Marcia indietro clamorosa, anche se già prospettata e “addolcita” da Tremonti: il governo ha deciso di annullare il programma nucleare che aveva difeso con le unghie e con i denti accusando i verdi-comunisti di voler solo sfruttare l’emozione-Fukushima. E ha inserito nella moratoria già prevista nel decreto legge “omnibus”, all’esame del Senato, l’abrogazione di tutte le norme per costruire le nuove centrali nucleari nella Penisola. Di fronte ai sondaggi disastrosi, col 54% degli italiani intenzionati a votare il 12-13 giugno, a decidere sarebbe stato Berlusconi in persona: spaventato dal rischio che si raggiunga il quorum sul “legittimo impedimento”, l’altro quesito che – insieme all’acqua pubblica – compone il tris referendario.
-
Ucciso Arrigoni: denunciò le atrocità di Israele a Gaza
Era la spina nel fianco di Israele, la voce di Gaza sotto le bombe al fosforo bianco. Lo hanno ritrovato con gli occhi bendati: non doveva vedere più. Il corpo senza vita di Vittorio Arrigoni, 36 anni, coraggioso reporter indipendente, è stato rinvenuto nella notte fra il 14 e il 15 aprile in un appartamento di Gaza City al termine del blitz organizzato da Hamas per tentare di salvarlo. Sarebbe stato soffocato o strangolato, molto prima dell’ultimatum lanciato dai rapitori, appartenenti – secondo le rivendicazioni ufficiali – a un gruppo salafita islamico ultra-radicale, vicino ad Al Qaeda. L’atroce morte di Arrigoni rappresenta in realtà una svolta per i “falchi” di Tel Aviv: Vittorio era rimasto l’unico, sul campo, a testimoniare le atrocità israeliane contro la popolazione palestinese.
-
Libia, war game: raid franco-inglesi già pronti dal 2010
C’è un dittatore feroce, che regna col terrore su un “paese del sud”. Un giorno il dittatore cede il potere al figlio, e la situazione peggiora ulteriormente. A quel punto, entrano in azione i “buoni”, Francia e Gran Bretagna: che, con mirati raid aerei, intervengono per fermare i tiranni, padre e figlio. Gheddafi? Mubarak? Chi può dirlo. Il “paese del sud” si chiama semplicemente Southland, e figura in una sorta di war game presentato su un sito web dell’aviazione francese, che – si apprende – fin dal 2010 si addestrava, insieme a quella inglese, per un’evenienza del genere. «L’attacco franco-britannico contro la Libia – ne deducono Pino Cabras e Giulietto Chiesa – pare non avesse niente a che fare con operazioni umanitarie di sorta».
-
Fukushima, lo tsunami smaschera il “nucleare sicuro”
«Terremoto in Giappone, scatta l’allarme nucleare. Evacuate 2000 persone residenti vicino alla centrale di Fukushima. Umberto Veronesi mette a disposizione il suo giardino». La fulminante battuta appare sul sito www.danieleluttazzi.it. Un terremoto terribile come quello giapponese, nel colpire al massimo grado un paese che porta in sé tutte le contraddizioni dello sviluppo più spinto, è un evento che parla a tutte le società e le fa riflettere sul loro futuro. Parla anche a noi in Italia. Il gravissimo incidente nucleare di Fukushima ci racconta ad esempio senza equivoci che la truffa del “nucleare sicuro” è una delle questioni più urgenti da smascherare. Con il referendum ne avremo l’occasione.
-
E’ già sera, tutto è finito: il noir dell’Italia assassinata
Chissà cosa direbbe di Wikileaks il personaggio misterioso nascosto dietro la sigla G.P., l’uomo oscuro che attraversa le vicende di “E’ già sera, tutto è finito”, un romanzo pubblicato nel 2010. Lui, G.P., è sempre loscamente puntuale all’appuntamento con le vicende più importanti del momento. Il personaggio pronuncerebbe anche ora una frase che ripete spesso: «Ci sono Fatti con la maiuscola e fatti con la minuscola. Io mi occupo di quelli con la minuscola». Esiste qualcuno in grado di pronunciare una frase come questa, apparentemente innocua e dimessa, in realtà segnata da una volontà di potenza spietata e nascosta. Qualcuno che a questa frase intende dare senso fino in fondo, mentre passano i decenni, le stragi restano impunite, e i segreti più pesanti non trovano nemmeno una personalità ambigua, che so, un Julian Assange, un Massimo Ciancimino, che li possa sbloccare.
-
Wikileaks, choc e illusioni: la prima vittima sarà il web
Ora che ci dicono che con le prime nuove soffiate di Wikileaks sta esplodendo «l’11 settembre della diplomazia» ovvero «l’11 settembre di internet», deve valere una premessa: non ci sono individui, e neanche organizzazioni, che siano in grado di leggere 250mila documenti in breve tempo. Quindi ci arriva solo un flusso filtrato di documenti. E chi lo filtra, per ora, è la vecchia fabbrica dei media tradizionali. Se di un 11 settembre si trattasse, saremmo nella fase del trauma mediatico iniziale, quella che ci dà l’imprinting, l’apprendimento base del nuovo mondo su cui ci affacciamo e delle nuove credenze sulle quali far fede. Una volta educate le menti con questo shock, le sue riletture successive andranno controcorrente e perciò partiranno sfavorite.
-
Missili salva-Obama? I rivali: no, ora basta guerre
E se l’America si ritirasse clamorosamente dai teatri di guerra disseminati nel mondo? Potrebbe succedere, per assurdo, se fra due anni cadesse la “colomba” Obama, come sembra annunciare il disastroso esito delle elezioni di medio termine. Solo una guerra, scrive il “Washington Post”, oggi potrebbe “salvare” il presidente che prometteva “Yes, we can” ed è stato invece travolto dalla propria inerzia di fronte alla catastrofica crisi ereditata da Bush. A puntare sulla pace oggi non è più Obama, ma i suoi rivali, i tradizionali “falchi” di ieri: proprio i leader emergenti dei repubblicani oggi sono gli unici, in America, a prospettare il ritiro immediato e unilaterale degli Stati Uniti da ogni guerra.
-
Crescita, la festa è finita: il futuro dell’Italia fa paura
Fino agli anni novanta si credé nell’ultimo grande ciclo ritenuto irreversibile e innovatore, autopropulsivo e all’altezza della globalizzazione: l’interminabile ciclo della piccola e media impresa, dei distretti industriali della Terza Italia, fucine di occupazione e di nicchie di mercato aperte al mondo. Quanti politici cercarono di cavalcare l’illusione che i distretti sarebbero entrati in sistema, portando un nuovo capitalismo al centro del mondo? I capannoni vuoti – nel Nordest italiano e non solo – oggi ci raccontano quell’abbaglio. La scala gerarchica chiusa del nostro mercato dei capitali non si è mai schiodata dall’affidare alle sole seconde e terze linee della liquidità la gestione finanziaria delle imprese sottocapitalizzate dei distretti
-
Crisi al buio: l’inizio della fine dell’egemonia anglosassone
Di recente un arco di riflessioni molto profonde è stato a più riprese pubblicato da Marino Badiale e Massimo Bontempelli. È uno dei tentativi più interessanti di costruire un pensiero politico all’altezza della grande crisi in corso. Possiamo dire prima di tutto che la vera faccia del capitalismo, non solo italiano, si palesava completamente già nell’arco di tempo ricompreso fra la metà degli anni settanta e la seconda metà degli anni novanta. Perché quel periodo è così importante? Dal punto di vista economico e sociale è proprio in quella fase che si è chiuso il ciclo aperto dalla seconda guerra mondiale.