Archivio del Tag ‘petrolio’
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Petrolio Bp tra Libia e Sicilia, Mediterraneo a rischio?
Marea nera anche nel Mediterraneo? Impossibile escluderlo: se il Golfo del Messico è distante, stavolta anche gli osservatori meno attenti non potranno sottovalutare l’intenzione della British Petroleum di iniziare delle esplorazioni «al largo» del Golfo della Sirte, in Libia. Insomma, nuove trivellazioni nel Mediterraneo, a profondità pericolosa: 1.700 metri, ovvero con le modalità più rischiose in caso di incidente. Nel Mediterrano, il fondale che è oggetto delle perforazioni sarebbe dunque ancora più profondo di quello al largo della Louisiana, che ha messo in croce l’America nell’impossibilità di tappare la falla.
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Baghdad e Kabul, due guerre e un solo vincitore: la Cina
Dev’essere che nessuno negli Stati Uniti prese sul serio George W. Bush quando nel maggio del 2003, salito sul ponte di comando della portaerei Uss Abraham Lincoln dichiarò che la missione irachena era compiuta. Dev’essere che sette anni dopo e con i marines pronti a tornare a casa i grandi investitori americani valutano l’Iraq un posto altamente insicuro, politicamente instabile e schiavo di una corruzione velenosa che strozza l’iniziativa economica. Sarà, ma non tutti la pensano così e la Cina, fra tutti, è il paese che più sta traendo vantaggi dall’indecisione degli americani.
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Una Balena cinese salverà il Golfo dal petrolio?
A 76 giorni dall’inizio della crisi della marea nera, le speranze di salvare le acque del Golfo del Messico sono ormai affidate a una balena. E’ un cetaceo d’acciaio, proveniente da Taiwain: alta come un palazzo di dieci piani, lunga 350 metri, la gigantesca nave – battezzata “Whale” perché «funziona proprio come una balena» – è in grado di pompare acqua da 12 boccaporti, filtrando il petrolio e restituendo al mare 80 milioni di litri d’acqua pulita ogni 24 ore. Vista l’impossibilità di chiudere la falla della piattaforma “Deepwater Horizon” e in attesa dei “pozzi di sollievo” per sviare il greggio, la bonifica dell’Oceano è affidata ai giganteschi filtri della “Whale”.
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Bp, azioni cedute prima del disastro: qualcuno sapeva
La falla petrolifera da cui si spilla la marea nera nel Golfo del Messico risale davvero al 20 aprile 2010? È veramente da allora, dal giorno in cui una grande esplosione ha danneggiato la piattaforma semisommergibile Deepwater Horizon, che tutto è cominciato? Di certo, l’enormità del disastro ecologico si traduce – ogni giorno da quel giorno – in tanti nuovi dollari da far sborsare alla Bp (British Petroleum). Chi possiede quelle azioni perciò le vende, perché nel firmamento del rating oggi hanno meno stelle di ieri, e domani ne avranno ancora meno di oggi.
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Rifkin: basta catastrofi, archiviamo l’era del petrolio
Ora basta. Questa è una delle più gravi catastrofi della storia americana. È inaccettabile continuare a correre rischi simili: bisogna varare un’immediata moratoria sull’estrazione di greggio offshore in tutto il Golfo del Messico. Bisogna sospendere l´attività delle piattaforme di estrazione di petrolio in tutta l’area. È arrivato il momento di scegliere: da una parte c’è la vecchia economia del petrolio, che ormai produce poco benessere e molte catastrofi, dall’altra la terza rivoluzione industriale basata sull´efficienza, sull´innovazione tecnologica, sulle fonti rinnovabili.
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Petrolio, catastrofe Louisiana: i mandanti siamo noi
Sento il rumore delle grida. Lo sento dentro. Scuote ogni centimetro del mio corpo. Sono grida di dolore, di sconcerto, di paura. Sono le grida degli 11 operai morti e dei 17 feriti (bilancio provvisorio)? Sono le grida degli uccelli, dei pesci, dei cetacei, delle alghe, delle onde del mare, incatramate, soffocate, lentamente uccise dalle tonnellate di petrolio che si stanno riversando nei mari di fronte alla Louisiana. Leggo su Repubblica.it: «La Bp, che inizialmente aveva tranquillizzato sulle conseguenze per l’ambiente, ora lancia allarmi sulla possibilità di bloccare la fuoriuscita di greggio dalle valvole e dalle tubature».
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Incubo fame: tra 40 anni, guerre per il pane
Crisi economica? Deficit energetico? Clima impazzito? Peggio. Il rischio più grande ha un nome antico: fame. E’ lo spettro che comincia a minacciare il pianeta, dove la domanda di cibo nei prossimi quarant’anni raddoppierà. Scenari spaventosi: guerre e rivolte per il pane, domate con le armi. A lanciare l’allarme è l’australiano “Science Alert”, non certo un sito catastrofista. Carenza di cibo: «E’ un problema che non si potrà risolvere come negli anni ‘60, ovvero con la tecnologia». Ormai le risorse tecnologiche non bastano più: «Dobbiamo affrontare nodi più strutturali», ovvero: acqua, terra, agricoltura, mari. Salvare la Terra, o non ci sarà più da mangiare. E scoppierà una guerra planetaria.
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Cardini: guerra vicina, l’unica bomba dell’Iran è l’euro
Una dittatura che si regge su brogli elettorali, che minaccia Israele, che si sta fabbricando l’atomica e quindi sta per essere isolata dal resto del mondo? «Calunnie, falsità totali». L’insigne medievista Franco Cardini non ha dubbi: sull’Iran sta per concentrarsi la stessa tempesta che travolse l’Iraq. Innescata dal medesimo copione basato su identiche premesse: disinformazione e menzogne. Perché a far tremare gli Usa non è l’improbabile atomica degli ayatollah, ma il nuovo “cartello” petrolifero del Golfo, basato non più sul dollaro ma sull’euro: «E’ quella l’unica vera bomba nucleare iraniana».
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Massacri in Sudan, per strappare il petrolio alla Cina
Destabilizzare il Sudan per sottrarre alla Cina il controllo della maggiore risorsa del grande paese africano: il petrolio. Dopo la guerra del Darfur, ora tocca alla seconda regione petrolifera dello stato: il Sud Sudan. Dove, come già nel Darfur, sono in corso sanguinosi scontri su base etnico-religiosa, in realtà orchestrati da Usa ed Europa, con il determinante contributo operativo di Israele. E’ quanto afferma il newsmagazine indipendente “PeaceReporter”, che riaccende i riflettori sui presunti “misteri” del martoriato paese africano, di cui l’Occidente non gradisce la guida islamica del governo centrale né gli accordi di cooperazione stipulati coi cinesi.
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Droga, bugie e petrolio: il Vietnam afghano di Obama
Gli Stati Uniti si trovano nel mezzo della più grave crisi occupazionale dai tempi della Grande Depressione, e il presidente Barack Obama sta seguendo le orme di George W. Bush dispensando trilioni di dollari a poche grandi banche. I contribuenti americani non hanno avuto nulla. E adesso si prendono la ciliegina sulla torta, con Obama che intensifica la sua guerra in Afghanistan. Un Vietnam in versione “lite”, con una provvisoria data di scadenza, luglio 2011, per l’inizio di un ritiro.
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No-B Day, attenti ai burattinai atlantici del derby italiano
«Il 5 dicembre anche io sarò in piazza per dire che il Caimandrillo farebbe bene a preparare le valige», anche se la “rivoluzione viola” che si annuncia tradisce «un’uniformità mai vista prima», avverte Pino Cabras su “Megachip”: «Andiamo verso i disordini e la dissoluzione della Repubblica, ma ben vestiti, e ben pettinati. Alla moda. Viola». Attenti, dice Cabras: «In gioco c’è qualcosa di più della sorte di un governo azzurro, nero e verde-padano». La Seconda Repubblica si trasformerà ancora, avrà «un’impronta costituzionale nuova», forse decisa lontano dall’Italia: «Il popolo sarà coinvolto, ma il derby vero si giocherà nell’élite».
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Biocarburanti dall’Eni in Congo, rischio-devastazione?
Quasi 2000 chilometri quadrati per lo sfruttamento di sabbie bituminose e 70.000 ettari di savane per ricavare olio di palma. E’ la colossale operazione da tre miliardi di euro con la quale l’Eni, accanto all’esportazione di idrocarburi, punta a sfruttare le risorse africane del Congo-Brazzaville per utilizzare fonti rinnovabili. Un rapporto della fondazione dei Verdi tedeschi avverte: attenti a non provocare un disastro ecologico. Il dossier, realizzato dalla Heinrich Böll Foundation, chiede alle autorità congolesi e italiane di evitare di trasformare il bacino del fiume Congo in un’area ad altissima densità di inquinamento.