Archivio del Tag ‘petrolio’
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Libia, anche l’Italia firma l’ultimatum di guerra
Sette basi militari a disposizione, insieme ai velivoli tricolori in partenza per i cieli libici: intercettori Eurofighter, caccia F-16 e bombardieri Tornado. Missione: contribuire alla “no-fly zone” per impedire a Gheddafi di continuare a bombardare gli insorti e la popolazione che li sostiene. Di fatto: neutralizzare basi libiche, contraerea, radar e difesa missilistica. Sono le regole d’ingaggio della “guerra dell’Onu”, ultimatum scattato con l’ok del Consiglio di Sicurezza su pressione di Francia e Inghilterra – un passo indietro gli Usa, astenuta la Germania. Decisivo il silenzio-assenso di Russia e Cina, che hanno rinunciato al loro potere di veto aprendo la strada alla fine del regime di Gheddafi: un esito sul quale mette la propria firma anche l’Italia, “portaerei del Mediterraneo” e scomoda dirimpettaia del Colonnello, fino a ieri super-fornitore, grande amico e socio in affari.
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La Russia gela la riscossa travolgente di Gheddafi
Anche la Russia chiude le porte a Gheddafi: il presidente Medvedev annuncia che il Colonnello e i suoi familiari non potranno mettere più piede a Mosca e neppure condurvi operazioni finanziarie. L’annuncio del presidente russo arriva il 14 marzo, proprio mentre la travolgente controffensiva delle forze del raìs ha colto di sorpresa non solo gli insorti ma anche la diplomazia occidentale, che ancora si attarda a verificare la possibilià di una “no fly zone” che fra pochi giorni potrebbe rivelarsi ormai inutile, se gli insorti dovessero capitolare sul piano militare dopo l’ultima disperata resistenza che si va apprestando fra Brega e Bengasi, ad Adjabiya.
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Rivolta araba, ora s’infiamma anche il Golfo del petrolio
La Libia brucia e di certezze se ne vedono poche. In Egitto e in Tunisia si cerca di costruire il loro nuovo mondo. Tutto ruota, per ora, attorno all’asse del Nord Africa. Il Golfo Persico è attraversato da correnti non meno impetuose e, rispetto all’Europa e al Nord America, i cambiamenti potrebbero avere un impatto anche maggiore di quanto visto fino a ora. L’Arabia Saudita, per esempio. La monarchia di Riad vive la crisi più profonda della sua storia. La casa reale non ha un candidato al trono. O ne ha troppi, che è poi l’altra faccia della stessa medaglia. Oggi è la “giornata della rabbia”, in Arabia Saudita.
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Ladri di acqua, cibo e petrolio: sta arrivando una catastrofe
Le pallottole ricoperte di zucchero del “libero mercato” stanno uccidendo i nostri figli. L’atto dell’uccidere è orchestrato, con fare distaccato, attraverso il commercio di programmi per il computer nelle Borse Merci di New York e Chicago, dove vengono stabiliti i prezzi mondiali del riso, del frumento e del granturco. Persone di paesi diversi vengono simultaneamente impoverite a causa del meccanismo del mercato mondiale. Una piccola parte di istituzioni finanziarie e società per azioni mondiali ha la capacità di determinare i prezzi degli alimenti base quotati nelle Borse Merci, con ripercussioni dirette sul tenore di vita di milioni di persone in tutto il mondo.
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Nessuno difende il Colonnello, l’arabo nemico degli arabi
Non uno straccio di solidarietà formale. Non una parola di sostegno da parte degli altri raìs, presidenti, monarchi e sultani che osservano con sguardi indifferenti, se non compiaciuti, l’inesorabile caduta del Colonnello. Anzi, a dire il vero, già si contano le opinioni a favore di una no-fly zone sulla Libia che equivarrebbe ad un intervento militare mirato. E sono opinioni che pesano, come quella del presidente della Conferenza dei paesi islamici, il turco Ekemelledin Ihsanoglu, o quella del versatile segretario della Lega Araba, l’egiziano Amr Mussa. E allora sorge una domanda: ma perché Muhammar Gheddafi sta così sullo stomaco ai suoi stessi “fratelli” arabi e islamici?
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Latouche: il capitalismo condanna il mondo al suicidio
Anche se a scuola ti insegnano che è stato Colombo a scoprire l’America, nessuno fa caso al fatto che è vero anche il contrario: è stata l’America a scoprire Colombo, facendone le spese. Comunque, non tutto è perduto: ci sono voluti 500 anni, ma poi i nativi hanno riconquistato San Cristobal de Las Casas, dando il via alla rivolta del Chiapas. Che anticipa di poco l’altra data-simbolo, aprile 2001, con la “guerra dell’acqua” di Cochabamba in Bolivia, contro le multinazionali della privatizzazione. Questa è la storia del pianeta, quella che conta, secondo il professor Serge Latouche, il padre della teoria della decrescita. Il mondo ridotto a merce? Guarire è possibile: archiviando il capitalismo, prima che sia troppo tardi.
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Porto Torres, la marea nera è ancora in viaggio
Dove viene smaltito l’olio combustibile che si è riversato in mare dopo l’incidente avvenuto lo scorso gennaio a Porto Torres? E chi risarcirà tutti coloro che hanno una struttura balneare e subiranno in prima persona le conseguenze del disastro ambientale che, inevitabilmente, ha provocato un danno d’immagine a tutta la Sardegna? Sebbene i riflettori dei grandi media non abbiano dato il dovuto risalto alla vicenda e malgrado la sottovalutazione del disastro da parte delle istituzioni, c’è chi si interroga sulle conseguenze della marea nera che ha invaso le acque e le coste sarde, prezioso tesoro del nostro Paese.
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Il sud del mondo rivuole quel che gli abbiamo rubato
Rivoluzione democratica del mondo arabo? Per favore, chiamiamo le cose col loro nome: non è che i maghrebini e i mediorientali vogliano “finalmente” anche per sé la “nostra” magnifica democrazia liberale; svegliati da Internet e dalla tv satellitare, che rivela i nostri standard di vita, ora pretendono semplicemente che le loro vaste ricchezze siano resitituite e condivise, sottratte all’indegna custodia di dittature e satrapie che hanno finora sequestrato e derubato interi popoli per spartire il bottino petrolifero tra pochi intimi, a tutto vantaggio del business privilegiato occidentale. Restituzione del maltolto: questa la chiave del terremoto in corso, secondo lo storico Franco Cardini. Terremoto che parte dal Maghreb ma potrebbe coinvolgere l’intera Africa.
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Dalla Libia il rischio di una nuova guerra planetaria
Parto dalle rivolte arabe per mettere sul tappeto un problema più generale. Per quanto riguarda il mondo arabo ritengo che siamo di fronte a cose molto diverse. In Egitto e Tunisia c’è il tentativo imperialista (Usa) e subimperialista (Ue) di mantenere il controllo della situazione cavalcando e indirizzando le rivolte popolari verso esiti rassicuranti e per certi versi preventivati, ovvero cambi delle guardia indolori, basandosi sui militari. Non è per nulla detto che la cosa funzioni, ma se anche il movimento popolare non dovesse fermarsi qui, si deve dotare di una direzione e di un’organizzazione, altrimenti saranno guai. Non siamo noi a doverlo insegnare a nessuno: qui è la Storia che dà lezioni a tutti.
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Raid Nato in Libia per stroncare la resistenza di Gheddafi?
La Nato si prepara a intervenire in Libia per dare manforte ai ribelli anti-Gheddafi che stanno liberando il paese. Missione militare umanitaria: questa la formula dell’intervento armato che sembra si stia preparando in tutta fretta. Forse anche un raid aereo sui bunker di Tripoli per liquidare il Colonnello e stroncarne la sanguinosa resistenza a oltranza. La notizia trapela il 25 febbraio, di prima mattina: il segretario generale dell’Alleanza Altantica, Anders Fogh Rasmussen, ha convocato una riunione d’emergenza. In prima linea, inglesi e francesi: il premier britannico Cameron si è detto pronto anche all’impiego di forze speciali: per una possibile missione “chirurgica”?
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Giovani arabi: rivoluzione Al Jazeera, l’Occidente balbetta
Non è quello del comunismo. E, per ora, non lo si può chiamare “fantasma della democrazia”. E’ una rivolta da fine dell’Impero. E’ uno dei sintomi della crisi globale del pianeta, che progressivamente sta sostituendo, e sostituirà completamente in pochi anni, tutte le agiografie adoranti della globalizzazione imperiale. E’ un figlio di molti fattori, che non possono essere ridotti a uno, come gran parte della stampa occidentale sta scribacchiando in questi giorni. Non è la rivoluzione dei “social network” americani, anche se vi hanno contribuito. Non è la rivoluzione democratica all’occidentale, anche se questo aspetto fa capolino, per esempio in Egitto.
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Gheddafi e l’ipocrisia italiana, sinistra compresa
Lascia un po’ sgomenti lo sconcerto del Pd davanti al silenzio («preoccupato») del premier Berlusconi sulla crisi libica. Sabato scorso, il Cavaliere ha sterilizzato la rivolta di Bengasi con un laconico «non voglio disturbare» e Veltroni e Fassino hanno subito reagito stigmatizzando il rapporto speciale fra il Cavaliere e il Colonnello. Ma il trattato di amicizia fra Italia e Libia non è un’invenzione del centrodestra e la politica estera dell’Italia verso i paesi del Nordafrica è stata tradizionalmente orientata verso una piena legittimazione dei regimi illiberali che garantivano l’ordine in Egitto e Tunisia.