Archivio del Tag ‘Peacereporter’
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L’Occidente rapina l’Africa: 1800 miliardi di dollari
Società fantasma, coperture politiche, finanza compiacente, prezzi truccati: in quarant’anni, la fuga illecita di capitali è costata all’Africa 1800 miliardi di dollari, di cui 854 grazie al “mispricing”, la falsificazione dei prezzi dei beni materiali. Una truffa mondiale, che colpisce i più poveri: con quei soldi, l’Africa avrebbe potuto ripianare il suo debito estero (250 miliardi di dollari) e impiegare i 600 miliardi rimanenti per combattere fame e povertà. Soldi fantasma, dunque: la denuncia parte da un centro studi no-profit di Washington, il Global Financial Integrity.
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Ombre sulle bombe di Mosca: chi ha armato i ceceni?
Gli attacchi kamikaze ceceni che hanno provocato 39 vittime nella metropolitana di Mosca il 29 marzo sono esplose all’indomani della firma, a Praga, del trattato “Start2” sul disarmo nucleare, definito «storico» dagli osservatori internazionali e siglato dai due presidenti, Barack Obama e Dmitrij Medvedev. Chi ha progettato l’assistenza dei terroristi ceceni in azione nella capitale russa, accusa Giulietto Chiesa, proviene «certamente» dagli stessi ambienti internazionali che l’11 Settembre, con l’attacco alle Torri, spinsero l’America (e il mondo) nel vicolo cieco della “guerra infinita”.
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«Macché Talebani, la Nato vuole la nostra eroina»
Il distretto afghano riconquistato con l’operazione “Moshtarak” resterà il maggiore centro di produzione di oppio del paese, ora che è passato sotto il controllo Nato. Malgrado le iniziali rassicurazioni, le autorità locali consentiranno infatti ai contadini di continuare a coltivare i papaveri. «Governo e americani sono coinvolti nel business della droga: lo scopo dell’operazione era riprendere il controllo della principale zona di produzione di oppio del paese», accusa l’ex parlamentare democratica Malalai Joya, nota per il coraggio dimostrato nel denunciare i crimini e la corruzione dei governanti afghani protetti dall’Occidente.
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Trelew, arrestato il boia dei golpisti argentini
Sono passati più di trentasei anni dal massacro di Trelew, quando ufficiali dell’esercito argentino fucilarono sedici prigionieri politici nella base Almirante Zar. Il penitenziario di Trelew fu sede di una rivolta di alcuni prigionieri politici, che causò la morte di una guardia e il tentativo di fuga di un centinaio di oppositori del regime. Un piccolo gruppo di prigionieri riuscì a fuggire in aereo fino in Cile. Il resto si arrese alle autorità; gli organizzatori furono rinchiusi in una prigione militare, dove il 22 agosto 1972 furono fucilati a sangue freddo.
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Emergency: l’atroce guerra dei bimbi amputati
Non sorridono più Najib e Naqib, due fratellini di 5 e 7 anni ricoverati all’ospedale di Emergency di Lashkargah. Le infermiere li coccolano e il giovane papà, Abdul Wali, li copre di baci e carezze. Ma a loro sembra non fare effetto. Sono arrivati qui sabato sera dalla base militare britannica di Camp Bastion: il più grande con il piede sinistro maciullato e una brutta ferita al braccio destro, il più piccolo con decine di schegge infilzate ovunque. Tutti e due ancora sotto shock per il dolore, lo spavento e il trauma di aver visto morire, davanti ai loro occhi, i due loro fratelli poco più grandi, Sadiq e Asrat, di 8 e 9 anni. Colpa di un razzo americano
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Contro il razzismo, anche Napolitano diventa nero
Mentre l’Italia il 1° marzo farà a meno di badanti, operai e braccianti per il primo “sciopero degli immigrati”, protesta in giallo che scatterà in 60 piazze, sospinta da 50.000 adesioni su Facebook come anche in Francia, Spagna e Grecia, in queste ore è stato pubblicato un manifesto dedicato ai Rom schedati, agli africani di Rosarno perseguitati e a tutte le vittime anonime del razzismo. “Non toccare il mio amico” è l’iniziativa lanciata dall’Ong “Sos Razzismo”, che ha diffuso il “manifesto contro il razzismo in Italia”, sottoscritto da Oliviero e Lola Toscani, autori dell’immagine della campagna: una Gioconda di colore e un Napolitano nero.
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Afghanistan, la guerra contro i bambini: vergogna
Vergogna. E’ quella che proviamo tutti qui all’ospedale di “Emergency” a Lashkargah, Afghanistan, dopo l’inizio dell’ennesima ‘grande operazione militare’, che ogni volta è la più grande… Un profondo senso di vergogna per quello che la guerra, qualsiasi guerra, fa. Distruzione, morti, feriti. Sangue, pezzi di carne umana. Urla feroci e disperate. Non fa altro. Ma qualcuno ancora pensa che sia un buon modo per esportare ‘pace e democrazia’. In effetti la pace la stavano portando anche a Said Rahman, noto ‘insurgent’ della zona, ma quella eterna però. Si è beccato un proiettile in pieno petto, di mattina presto, mentre era in giardino.
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Devastare il Camerun per garantire biofuel all’Europa
Colera, febbre tifoidea e dissenteria: sarebbe il “regalo” alla popolazione del Camerun che subisce la distruzione della foresta per far posto alle piantagioni di palma da olio destinate a produrre biocarburanti. Operazione sostenuta dall’Europa, che punta sul biofuel per sostituire gradualmente il petrolio. Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale sostengono la campagna per il biodiesel in Camerun: 140.000 ettari di superficie, 30.000 dei quali ottenuti a spese della foresta africana, delle popolazioni rurali e della biodiversità: la distruzione di foreste vergini accelera il surriscaldamento terrestre.
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Afghanistan, all’Italia la guerra costa 50 milioni al mese
Una guerra da 50 milioni di euro al mese. Questi i costi della missione italiana in Afghanistan, del cui rifinanziamento si è inziato a ridiscutere alla Camera. Per i primi sei mesi del 2010, osserva “PeaceReporter”, sono stati stanziati 308 milioni di euro (51 milioni al mese) che serviranno per mantenere operativi sul fronte afgano 3.300 soldati, 750 mezzi terrestri (tra carri armati, blindati, camion e ruspe) e 30 velivoli, ossia 4 caccia-bombardieri, 8 elicotteri da attacco, 4 da sostegno al combattimento, 10 da trasporto truppe e 4 droni.
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Il sistema Rosarno: gli schiavi fruttano milioni alle cosche
Sei milioni di euro in due anni: questo il fatturato del “sistema Rosarno”, basato sullo sfruttamento dei nuovi schiavi. «E’ la dimostrazione del salto di qualità della ‘Ndrangheta, che vent’anni or sono sbarcava coi gommoni i curdi sans-papiers sulle spiagge di Africo, da dove aveva fatto fuggire gli operatori Valtour, perché le coste servivano alle ‘Ndrine per alimentare il traffico di esseri umani disperati; ora dispongono di colletti bianchi efficientissimi che predispongono contratti per i loro braccianti irregolari, che sbarcheranno a Malpensa e Fiumicino».
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Etiopia, il business italiano delle maxi-dighe difettose
Gioiello idroelettrico made in Italy, è crollato a due settimane esatte dall’inaugurazione, avvenuta il 13 gennaio alla presenza del ministro degli esteri Franco Frattini. Si tratta del Gilgel Gibe II, il tunnel di 26 chilometri costruito per generare energia sfruttando la differenza di altitudine fra il bacino della Gilgel Gibe I e il fiume Gibe. Il cuore naturale dell’Etiopia, lungo la valle del fiume Omo, è un paradiso che sta per sparire, ingoiato da grandi interessi: dietro a questo misero flop, infatti, c’è un intreccio di business a nove cifre, sostenuto negli ultimi 15 anni da Etiopia, Italia ed Europa.
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Israele ammette: fosforo bianco contro la Striscia di Gaza
L’esercito israeliano ha preso misure disciplinari nei confronti dei comandi militari che ordinarono l’utilizzo delle bombe al fosforo bianco sulla popolazione civile a Gaza. Lo ha rivelato il quotidiano israeliano “Haaretz”, citando la relazione consegnata da Israele nel week-end all’Onu in risposta al rapporto della Commissione Goldstone. Nel documento, Israele in parte ammette le denunce fatte dalle organizzazioni umanitarie internazionali: il colonnello Ilan Malka e il generale di brigata Eyal Eisenberg andarono oltre la propria autorità «nel consentire l’utilizzo delle bombe al fosforo che misero in pericolo vite umane».