Archivio del Tag ‘Peacereporter’
-
Sangue italiano: perché siamo in guerra (a 65 milioni l’anno)
Ieri altri due italiani sono morti in Afghanistan. Saltati in aria mentre cercavano di disinnescare un ordigno esplosivo collocato ai bordi di una strada. Due giorni prima Wikileaks ha pubblicato un corposo dossier in cui, tra le altre cose, si dice (fonte Esercito degli Stati Uniti) che gran parte degli ordigni esplosivi usati dai talebani sono costruiti utilizzando delle mine anticarro di produzione italiana riadattate. Nessuno ci dirà mai se questi due ragazzi morti in Afghanistan (e gli altri uccisi negli anni scorsi) siano stati colpiti dal made in Italy. Da quanto si legge, almeno uno dei nostri Lince è stato colpito con mine italiane.
-
Israele dichiara guerra ai bambini di Gaza
«E’ improvvisamente corsa dentro casa e si è inginocchiata al centro del stanza dove stavamo tutti. Non avevamo capito fosse ferita, fino a quando non ha iniziato a vomitare fiotti di sangue dal naso e dalla bocca. I suoi fratelli erano immobili dinnanzi a lei, terrorizzati». Dopo il massacro della famiglia Abu Said, che la settimana scorsa ha portato all’uccisione di una madre di cinque figli e il ferimento di altri tre civili, l’esercito israeliano ha esercitato ancora una volta l’uso di armi proibite contro la popolazione della Striscia di Gaza. Lo afferma Vittorio Arrigoni, in prima linea nel denunciare gli abusi delle forze israeliane nella zona più calda del Mediterraneo, dove i soldati sparano ai bambini.
-
Orrore a Gaza, famiglia inerme massacrata a cannonate
Gli Abu Said sono beduini, e da quarant’anni vivono dei frutti della loro terra in una fattoria isolata nei pressi di Johr el-Diek, davanti al confine a Est di Gaza City, e per quarant’anni dichiarano di non avere avuto grossi problemi con il bellicoso vicinato israeliano. In realtà, approfondendo il discorso con il capofamiglia, dopo la prima intifada, la seconda intifada e l’inizio dell’assedio, sotto la minaccia delle armi hanno dovuto progressivamente arretrare di molto le loro coltivazioni, se vent’anni aravano a ridosso al confine ora sono retrocessi di 400 metri, con perdite rilevanti: dei bei frutteti che una volta prosperavano carichi di frutta non sono rimaste neanche le radici.
-
Amianto, Lombardia avvelenata a morte dalla ‘Ndrangheta
«Per chi è calabrese è come scoprire l’acqua calda», dice Giuseppe Baldessarro, uno che scrive di ‘Ndrine da 15 anni: gira per discariche illegali in Calabria e indaga su navi affondate cariche di scorie nucleari. Scoprire, come è scritto nell’ordinanza del Gip di Milano contro la nuova rete di cosche calabresi in Lombardia, che una delle aziende controllate dalle ‘Ndrine, “Perego Strade”, smaltisse nei propri cantieri rifiuti tossici, in primis amianto, non lo smuove più di tanto. Autore del libro “Avvelenati” con Manuela Iatì – dove si parla di scorie di centrali atomiche ed elettriche, container con diossina di Seveso e scarti industriali – dice che sono bazzecole rispetto alla monnezza nucleare con cui hanno affossato la Calabria, quei residui di amianto disseminati tra i laghi e la Lomellina.
-
Eva, ecovillaggio low cost per risorgere dal terremoto
Il nome è biblico e promette un vero nuovo inizio: si chiama Eva, Ecovillaggio Autocostruito, il fiore della resurrezione dell’Abruzzo devastato dal terremoto. Lontano dalle polemiche che ancora incendiano il capoluogo aquilano, ridotto a una città fantasma, sulle colline di Pescomaggiore, piccolo borgo di origini altomedioevali alle porte del parco nazionale del Gran Sasso, sta sorgendo il primo avamposto di un futuro radicalmente diverso. Case in legno, rivestite di paglia. Leggere, comode, sicure, ultra-ecologiche, assemblate dai proprietari-costruttori e molto economiche: solo 500 euro al metro quadrato. E realizzate in totale autonomia: senza contributi pubblici.
-
L’inferno di Gaza: ora Israele fa i conti con la verità
Con una buona dose di coraggio, lentamente, il tribunale militare israeliano sta esaminando i fatti e i crimini compiuti durante l’operazione Cast Lead, Piombo Fuso, che tra dicembre 2008 e gennaio 2009 ha portato alla morte di millequattrocento palestinesi della Striscia di Gaza – in maggior parte civili – e di tredici soldati dell’esercito israeliano (Idf). La lista dei rinviati a giudizio, delle confessioni spontanee e dei destinatari di provvedimenti disciplinari è destinata ad allungarsi. Al momento sono stati aperti sette fascicoli a carico di altrettanti soldati colpevoli di aver commesso dei crimini di guerra nel corso dell’attacco sferrato nella Striscia di Gaza durato 22 giorni.
-
Baghdad e Kabul, due guerre e un solo vincitore: la Cina
Dev’essere che nessuno negli Stati Uniti prese sul serio George W. Bush quando nel maggio del 2003, salito sul ponte di comando della portaerei Uss Abraham Lincoln dichiarò che la missione irachena era compiuta. Dev’essere che sette anni dopo e con i marines pronti a tornare a casa i grandi investitori americani valutano l’Iraq un posto altamente insicuro, politicamente instabile e schiavo di una corruzione velenosa che strozza l’iniziativa economica. Sarà, ma non tutti la pensano così e la Cina, fra tutti, è il paese che più sta traendo vantaggi dall’indecisione degli americani.
-
Petraeus getta la maschera: mano pesante in Afghanistan
Il divieto di ricorrere ai bombardamenti aerei e all’artiglieria pesante per ridurre gli “effetti collaterali”? Va rimosso perché la vita dei civili afghani è importante, ma quella dei soldati americani lo è di più. La data del luglio 2011 come inizio del ritiro? «Solo una balla per tener buoni gli afghani: in realtà l’occupazione proseguirà ben oltre quel termine». Un giudizio sul comando del generale McChrystal in Iraq (dove i suoi uomini torturavano a morte i prigionieri)? Fu «una leadership eccezionale». David Petraeus «ha gettato la maschera», scrive “PeaceReporter”, bocciando il generale «dalla faccia buona e dal sorriso rassicurante appena nominato da Obama».
-
Karzai restituisce l’Afghanistan ai killer di Massoud?
Pur di uscire dal pantano afgano, gli Stati Uniti sarebbero pronti a lasciare l’Afghanistan in mano ai talebani e al Pakistan. Dopo aver rinunciato a lanciare l’offensiva di Kandahar, l’amministrazione Obama – nonostante lo scetticismo di facciata – starebbe di fatto avallando i negoziati tra Karzai e talebani, apertamente mediati dai vertici militari pachistani. Lo stato maggiore dell’esercito e dell’Isi, i servizi segreti del Pakistan, stanno facendo la spola tra Islamabad e Kabul per promuovere un accordo politico tra Karzai e i talebani della famigerata rete di Haqqani, cui fa capo la resistenza afghana nel sud-est del paese.
-
Russia, tutti spiati: torna l’impero del Kgb
La risposta del Cremlino ai recenti attacchi del fondamentalismo islamico nel Caucaso passa attraverso due provvedimenti legislativi che estenderanno i poteri dei servizi segreti, consentendo all’Fsb di usare la mano pesante non solo contro gli accusati di terrorismo, ma anche contro attivisti e parlamentari di partiti dell’opposizione. La nuova legislazione mette anche in discussione l’operato di Medvedev, che dal momento della sue elezione, nel 2008, ha lavorato per attuare una politica liberale e più tollerante nei confronti soprattutto dei membri dell’opposizione.
-
Afghanistan, svolta di Obama: arriva lo stratega di Baghdad
Il generale David Petraeus, stratega della stagione post-bellica in Iraq, al posto del “ribelle” Stanley McChrystal, insofferente verso i limiti imposti dalla Casa Bianca al punto da rivolgere insulti a Barack Obama attraverso l’ormai celebre intervista pubblicata da “Rolling Stone”, nella quale il comandante delle forze Nato in Afghanistan ha accusato Washington di incompetenza. Con qualche giorno di anticipo sull’evoluzione della crisi – e l’inevitabile liquidazione di McChrystal da parte di Obama – il generale Fabio Mini, già a capo della missione internazionale in Kosovo, ha indicato a “PeaceReporter” la soluzione in arrivo: via il rozzo McChrystal, per fare posto a Petraeus, generale più adatto al tipo di gestione, tattica ed elastica, che l’Afghanistan impone e che Washington auspica.
-
Bloody Sunday, l’Inghilterra ammette: feroce massacro
“I can’t believe the news today”: non posso credere alle notizie, oggi, cantavano gli U2. Bloody Sunday, domenica 30 gennaio 1972. A Derry, il primo battaglione del reggimento paracadutisti britannico aprì il fuoco contro una folla di inermi, manifestanti per i diritti civili, colpendone 26. Tredici erano giovanissimi e morirono sul colpo, uno morì quattro mesi più tardi. A quasi quarant’anni di distanza, la Gran Bretagna ammette: fu un’infamia dell’esercito inglese a insanguinare uno dei giorni più infausti e traumatici per l’Irlanda del Nord. Un atto di barbarie, senza possibili attenuanti, deciso a freddo per assassinare la protesta.