Archivio del Tag ‘Pd’
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Il popolo di Grillo: sana e democratica rivolta di classe
C’è una strana serenità che sale dopo il terremoto elettorale, retrocedendo i tonfi sui mercati e gli allarmi delle cancellerie al rango delle note di colore. Come se i problemi fossero altri, di un’altra epoca. La sorpresa che emerge è che il signor Grillo non è un mostro a tre teste né un gerarca nazista, come da anni predicavano i partiti, a iniziare dal Pd, e i loro volonterosi carnefici che oligopolizzano la stampa italiana. E’ solo un libero professionista che si è appassionato del web e di temi socio-ecologici e tre anni e mezzo fa si candidò alle primarie dello stesso Pd. Che rispose come insegnavano le Frattocchie. Col solito niet, non privo di risatine e consigli a trovarseli da solo, i voti. E con la solita pacca sulla spalla che continua a elargirsi ai giovanotti, relegati per oltre 30 anni nelle “sezioni giovanili”, ovvero nella patetica coreografia della danza del giaguaro.
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Il tramonto degli smacchiatori e dei loro guru televisivi
«L’unica promessa attendibile del Pd per due mesi è stata: “Votate per noi, altrimenti ritorna Berlusconi”. Molti cittadini hanno capito: “Se votate per noi, ritorna Monti”. E sono corsi a votare i 5 Stelle. Tutti gli altri hanno detto: “Ah sì? Non avete altro da offrirci? Beh, almeno il nano ci toglie l’Imu”. E hanno votato Berlusconi». Un capolavoro di strategia elettorale, ironizza Debora Billi il giorno dopo il voto: nessun complotto, per carità, ma «una totale idiozia in perfetta buona fede: francamente, confesso che avrei preferito il complotto». In fondo, la frana comincia a fine 2011: «Il grande partito della sinistra, caduto Berlusconi, invece di correre alle urne e stravincere ci ha inflitto il peggior governo di destra che la storia repubblicana ricordi. Un’orda di professori ricchi sfondati e senza alcun rilievo accademico, che hanno pedissequamente messo in pratica in Italia i dettami del più bieco neoliberismo».
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E questo è solo l’inizio: l’Italia prenota il diritto al futuro
«Chi, dopo 5 anni di bancarotta berlusconiana, non riesce a convincere più di un terzo degli elettori non può pretendere di governare contro gli altri due terzi: anzi, dovrebbe dimettersi seduta stante per manifesta incapacità». Marco Travaglio non ha dubbi: Bersani e soci dovrebbero togliere il disturbo. «La domanda era: riusciranno i nostri eroi a non vincere le elezioni nemmeno contro un Caimano fallito e bollito?». La risposta è arrivata: ce l’han fatta un’altra volta. «Come diceva Nanni Moretti 11 anni fa, prima di smettere di dirlo e di illudersi del contrario, “con questi dirigenti non vinceremo mai”». Del resto, «era impossibile che gli amici del giaguaro smacchiassero il giaguaro». A fine 2011 Berlusconi era al 7%, le elezioni lo avrebbero cancellato. «Invece, un’astuta manovra di palazzo coordinata dai geniali Napolitano, Bersani, Casini e Fini, pensò bene di regalarci il governo tecnico e soprattutto di regalare a B. 16 mesi preziosi per far dimenticare il disastro».
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Val Susa a 5 Stelle, ora il partito No-Tav assedia Torino
Val Susa a 5 stelle: «Avremo percentuali bulgare», aveva avvertito il portavoce No-Tav Alberto Perino, e così è stato. I grillini sono saldamente il primo partito in tutta la valle minacciata dalla Torino-Lione. Il record spetta a Venaus, paese simbolo della storica “resistenza” del 2005: Grillo rimedia addirittura il 58,1% dei voti, nonostante l’8,8 raccolto dal sindaco Nilo Durbiano, capolista al Senato per “Rivoluzione civile”. Va al “Movimento 5 Stelle” anche Avigliana (37,8%), capoluogo produttivo della valle e città natale di Piero Fassino, oltre che dell’ex sindaco Carla Mattioli, espulsa dal Pd per la sua posizione No-Tav e ora candidata alla Camera con Vendola. A gonfie vele anche Bussoleno, altro centro della protesta contro la Torino-Lione, dove Grillo raccoglie il 46,3% e spedisce a Roma, in carrozza, il neo-senatore Marco Scibona. Sempre a Bussoleno, dove Rifondazione è sempre stata fortemente radicata, Ingroia “supera lo sbarramento” raccogliendo il 4,6% dei voti, nonostante la mancata candidatura di Nicoletta Dosio, storica attivista No-Tav.
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Tsunami Grillo: senza futuro i partiti del Rigor Montis
«Metta in piedi un’organizzazione, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende». Profetico come sempre, il sindaco torinese Piero Fassino. Era solo il 2009, ricorda il “Fatto Quotidiano”, e già invitava Beppe Grillo a «fondare un partito per i fatti suoi invece che venire a rompere le scatole ai democratici», che gli rifiutarono l’iscrizione al partito e quindi l’accesso alle future primarie, alle quali si era provocatoriamente auto-candidato. Risultato, lo tsunami: per volontà dell’“Italia giusta”, quella vera, che ha “smacchiato” gli aspiranti “smacchiatori”. In capo a tre anni, Grillo festeggia “la fine della Terza Repubblica” e lancia in orbita il “Movimento 5 Stelle”, primo partito alla Camera, in un paese ancora bloccato dal “Porcellum” e paralizzato dal clamoroso pareggio delle coalizioni Pd-Pdl, condannate a gestire le euro-macerie di Mario Monti, elettoralmente irrilevante.
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Potere nel panico, ora serve un patto di salvezza nazionale
Visti i sondaggi, se le forze antagoniste si fossero presentate unite, forse si poteva pensare addirittura di contendere al Pd il premio di maggioranza alla Camera. Se non altro, ora ci sarà – per la prima volta – una vera opposizione, fatta di “grillini” e parlamentari ingroiani. Senza contare molti eletti nelle file di Sel: neppure loro digeriranno facilmente il massacro sociale del Fiscal Compact, spending review elevata all’ennesima potenza fino a devastare la società italiana. Per non parlare dell’altro incubo alle porte: la guerra – alla quale noi, “lavapiatti della Nato”, potremmo essere velocemente chiamati in Medio Oriente, tra Siria e Iran. Molto allarmante, sotto questo aspetto, la chiamata a rapporto di Napolitano nell’ufficio di Obama, a pochi giorni dal voto: «Il Palazzo è nel panico – dice Giulietto Chiesa – e potrebbe mettere in campo un altro tecnocrate della Goldman Sachs». Oppure, inventare un “piano-B”: «Soluzione ancora peggiore, con la svendita finale delle aziende di Stato i cui manager stanno finendo in galera, e una repressione mai vista per impedire ai cittadini di protestare».
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Voto storico: fermiamo i banditi e riprendiamoci l’Europa
Elezioni storiche: per la prima volta dopo tanti anni possiamo finalmente fermare i “camerieri” della finanza e creare un solido fronte di opposizione che ci consenta, già domani, di riprenderci l’Europa. Insieme a Spagna e Portogallo, Grecia e Francia, potremo rinegoziare i trattati-capestro coi quali Bruxelles impone il massacro sociale dell’austerity. Giulietto Chiesa ha le idee chiare: «Dobbiamo riconquistare l’Europa e riformarla in senso democratico, perché senza l’Europa saremmo perduti, nel grande scontro mondiale che oppone gli Usa alla Cina». Pechino sta crescendo, e fra appena cinque anni avremo di fronte “una Cina e mezzo”: «Quante risorse ci saranno a disposizione, per noi e per loro?». Guai se l’Europa scompare, anche se questa Unione Europea è da buttare. Va cambiata radicalmente, a cominciare dalle singole trincee nazionali. Per questo, l’Italia affronta un voto decisivo, che potrebbe cambiare la storia.
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Servi e padroni dello spread: ora mettiamoli in minoranza
Si apprende che i fondi e le agenzie della speculazione finanziaria internazionale stanno sondando l’Italia per sapere che fare dopo il voto, se far salire lo spread, o lucrare sulla fuga di capitali, o altro ancora. Questo perché, anche se la campagna elettorale ha fatto finta di dimenticarsene, il nostro paese fa sempre parte della schiera dei paesi debitori del sud Europa, precipitati in una depressione senza fine per colpa delle politiche di austerità e rigore. Paesi tra i quali spicca ancora la Grecia, nella quale nulla è migliorato e che si prepara ad un nuovo sciopero generale contro il massacro sociale in corso senza interruzione da tre anni. Massacro che è stato voluto e amministrato da governi che hanno deciso di obbedire ai diktat di quegli stessi signori che ora stanno testando il nostro voto.
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Votare No-Tav: per costringere la politica a dire la verità
Disastrosa, ideologica e sballata: come i leggendari piani quinquennali del Cremlino. L’assurdità della Torino-Lione sembra uscita dal genio inquieto di Buzzati: cambia il mondo, passano i decenni, ma nel deserto siderale che ha attorno – niente merci e niente passeggeri, né ora né mai – la Grande Opera resiste al Grande Nulla, presidiando una frontiera di fantasie, narrazioni, menzogne e puntuali intimidazioni. L’ultima: l’intenzione del governo di chiedere un risarcimento abnorme, quasi un milione e mezzo di euro, a quegli abitanti della valle di Susa che, nell’estate 2011, cercarono di fermare l’avanzata delle ruspe, non avendo di fronte a sé altro interlocutore che i reparti antisommossa. Agenti inviati a Chiomonte a proteggere gli operai che avrebbero recintato un prato, per consentire poi ai politici di dichiarare che sarebbe finalmente partita la Grande Opera voluta e finanziata dall’Europa. Falso.
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Politici muti: pagati e ricattati dalla mafia della finanza
Mps, tangenti, Finmeccanica? Sono solo la vetta dell’iceberg, che spesso esplode – a orologeria – col pretesto puntuale della corruzione, grazie a dossier tenuti nel cassetto per il momento opportuno: vedi la liquidazione improvvisa di Di Pietro e della Lega, anch’essa travolta da strani scandali, e persino le intimidazioni che, da Siena, minacciano il Pd: guai a sgarrare, a deviare dall’agenda Monti. E’ la mafia, bellezza: e tu non puoi farci niente. Lo sostiene un economista europeo come il professor Bruno Amoroso. La mafia di cui parla è quella della finanza, che adotta gli stessi metodi di Cosa Nostra: usa i politici, li compra, li ricatta e li fa fuori quando non servono più o, addirittura, quando minacciano gli affari. Il grande business? Aver permesso di inquinare, con “titoli spazzatura”, il portafoglio delle banche. Ricostruzione-choc: i nostri politici sono tutti sotto ricatto, perché hanno accettato – a suon di miliardi – di svendere il sistema bancario alla finanza tossica, senza protestare.
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Una vera opposizione, contro l’euro-fascismo di Monti
La differenza tra destra e sinistra è l’unica cosa in cui possiamo ancora credere. Destra e sinistra oggi sono più vive che mai e si vede benissimo. La destra, in questo momento, significa Europa, Monti, banche e messa in ordine dei conti. Uno schieramento che domina perché ha il controllo dei media. La sinistra, invece, significa più politica sociale, meno disuguaglianze, sostegno ai diritti civili e una patrimoniale seria. Il patto con la Svizzera per il rientro dei capitali, noi non l’abbiamo fatto. L’hanno fatto Inghilterra e Francia, tassandoli al 20 per cento. La destra ha una natura darwiniana e razzista: vuole usare le differenze naturali per lo sviluppo. La sinistra vuole correggere le differenze naturali in modo che tutti possano competere cominciando dallo stesso livello. La situazione è tale che in virtù del ‘voto utile’ Bersani incastra persino Vendola, facendogli balenare, con estremo cinismo, l’idea delle nozze gay.
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Unica opposizione vera, con idee di sinistra? Beppe Grillo
Per chi, nonostante tutto, trova ancora a sinistra – intesa nel senso fresco, aggiornato e post-ideologico ben espresso qualche settimana fa da Giulietto Chiesa – il proprio universo di riferimento politico, queste elezioni sono un vero e proprio rebus. Chi la sinistra sostiene di rappresentare, in questa tornata, ha compiuto autentici capolavori di masochismo, andando oltre il fondo che già ormai pensavamo si fosse definitivamente toccato negli anni precedenti. A cominciare è stato Vendola, con la decisione suicida di allearsi con il Partito Democratico. A Vendola sarebbe bastato guardare alla sua sinistra e dire “uniamoci e torniamo in Parlamento”, e non avrebbe fatto fatica a porsi alla guida di una coalizione saldamente ancorata a sinistra, alternativa al Pd, facilmente accreditabile di una percentuale di voti ben superiore a quell’8% necessario ad entrare in entrambi i rami del Parlamento.