Archivio del Tag ‘Pd’
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Strage di militari malati, silenzio dei media sui vaccini-killer
Mercurio e metalli pesanti nei vaccini somministrati ai militari: non sono un migliaio, ma ben 4.000, i soldati italiani colpiti da gravissimi problemi di salute per motivi di servizio. E ben 340 membri delle forze armate italiane sono morti, a causa di patologie sospette, spesso connesse con l’esposizione all’uranio impoverito degli armamenti. Non solo: tra i fattori di rischio indicati dalla commissione difesa ci sono anche le vaccinazioni. «E la cosa inaudita è che la stampa abbia omesso questo aspetto», accusa Patrizia Scanu, dirigente del Movimento Roosevelt, commentando lo scomodo lavoro d’indagine che è costato la non ricandidatura al presidente della commissione, il deputato Pd Gian Pietro Scanu, già sindaco di Olbia, amareggiato per l’eclusione dalle liste renziane. Sotto la sua guida, ricorda il blog del Movimento Roosevelt, «i parlamentari hanno lavorato con indipendenza e determinazione, in mezzo a molti ostacoli». L’attenzione degli esperti «si è allargata dall’uranio impoverito ai vaccini come probabile concausa del problema». Il vicepresidente della stessa commissione, Ivan Catalano, denuncia «una vera e propria censura» ai danni del presidente Scanu, «pressato dai vertici del suo partito, a proposito delle vaccinazioni».La notizia sulla relazione conclusiva della commissione era stata data da “Askanews” e poi dall’“Ansa”: le agenzie di stampa avevano dato ai giornali un resoconto preciso, senza omettere le notizie sui vaccini, ma poi questo dettaglio è stato completamente ignorato da quotidiani e telegiornali, e la notizia stessa «è subito sparita da entrambi i siti ed è diventata irreperibile con qualunque motore di ricerca». Nella sua riunione conclusiva, la commissione «ha incluso nella relazione finale la parte fondamentale sulla profilassi vaccinale, peraltro individuata come probabile fattore causale anche dagli esperti della precedente commissione difesa», scrive il blog del Movimento Roosevelt. Nella conferenza stampa tenuta il 7 febbraio, Gian Piero Scanu ha ribadito il concetto di “spiegazione multifattoriale” delle gravi patologie che hanno colpito 4.000 militari in servizio conducendone alla morte 340, e ha invitato i giornalisti presenti alla lettura integrale del documento, per comprendere appieno la complessità del problema. Da allora, però, «tutte le principali testate giornalistiche nazionali (giornali e telegiornali) hanno completamente omesso la parte relativa alle vaccinazioni, messe sotto accusa».La commissione indica «un eccesso di mercurio e di metalli contenuti nei vaccini militari» e parla di «somministrazioni scorrette (un numero eccessivo di dosi iniettate contemporaneamente)», denunciando anche «l’assenza di esami prevaccinali e di follow up dopo le vaccinazioni». Il Movimento Roosevelt «deplora questa gravissima violazione del diritto dei cittadini ad un’informazione libera, completa e trasparente», afferma Patrizia Scanu. Violazione «ancora più inaccettabile per il fatto che si tratta di un documento istituzionale prodotto dal Parlamento, di enorme rilevanza per le famiglie coinvolte e per l’interesse dell’intera comunità nazionale». Un silenzio stampa così unanime, aggiunge, lascia supporre una regia politica: «La censura di un atto parlamentare sovvertirebbe il principio della rappresentanza», configurando la violazione dell’articolo 21 della Costituzione, che recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. A fronte di una situazione così minacciosa per la democrazia, conclude Patrizia Scanu, occorre reagire in nome della trasparenza: «Il popolo italiano è fatto di cittadini, non di sudditi, e i cittadini hanno diritto di sapere». Il Movimento Roosevelt sta valutando la possibilità di intraprendere azioni legali a tutela dei cittadini.Mercurio e metalli pesanti nei vaccini somministrati ai militari: non sono un migliaio, ma ben 4.000, i soldati italiani colpiti da gravissimi problemi di salute per motivi di servizio. E ben 340 membri delle forze armate italiane sono morti, a causa di patologie sospette, spesso connesse con l’esposizione all’uranio impoverito degli armamenti. Non solo: tra i fattori di rischio indicati dalla commissione difesa ci sono anche le vaccinazioni. «E la cosa inaudita è che la stampa abbia omesso questo aspetto», accusa Patrizia Scanu, dirigente del Movimento Roosevelt, commentando lo scomodo lavoro d’indagine che è costato la non ricandidatura al presidente della commissione, il deputato Pd Gian Pietro Scanu, già sindaco di Olbia, amareggiato per l’eclusione dalle liste renziane. Sotto la sua guida, ricorda il blog del Movimento Roosevelt, «i parlamentari hanno lavorato con indipendenza e determinazione, in mezzo a molti ostacoli». L’attenzione degli esperti «si è allargata dall’uranio impoverito ai vaccini come probabile concausa del problema». Il vicepresidente della stessa commissione, Ivan Catalano, denuncia «una vera e propria censura» ai danni del presidente Scanu, «pressato dai vertici del suo partito, a proposito delle vaccinazioni».
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Uranio impoverito, sono malati oltre 1.100 marinai italiani
Oltre mille soldati italiani colpiti da malattie collegate all’amianto. La novità? Lo ammette il Parlamento: ci sono dei morti, e solo nella marina i militari colpiti patologie absesto-correlate sono 1.100. Sono le «sconvolgenti criticità» nella salute dei nostri militari, in Italia e nelle missioni all’estero, scoperte dalla commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, presieduta da Gian Piero Scanu, deputato uscente del Pd (non ricandidato). «Risultati imbarazzanti, per i vertici militari e il governo», scrive il “Fatto Quotidiano”. Una frase per tutte: la «diffusa inosservanza degli obblighi» risulta «perfettamente funzionale a una strategia di sistematica sottostima, quando non di occultamento, dei rischi e delle responsabilità effettive». Scondo la relazione, queste criticità «hanno contribuito a seminare morti e malattie». Dai vertici la risposta è stato il «negazionismo», al quale si aggiungono gli «assordanti silenzi generalmente mantenuti dalle autorità di governo», che hanno ingenerato il dilagare, «tra le vittime e i loro parenti», di uno «sconfortante senso di giustizia negata». Eppure, sottolinea la relazione, gli esperti ascoltati hanno riconosciuto il nesso tra esposizione all’uranio impoverito e tumori.Raccomandando al prossimo Parlamento di «vigilare con il massimo scrupolo sulle modalità di realizzazione della missione in Niger» anche «per quanto attiene alla valutazione dei rischi, all’idoneità sanitaria e ambientale dei luoghi di insediamento del contingente, alla congruità delle pratiche vaccinali adottate e alle pratiche di sorveglianza sanitaria», la commissione definisce «singolare» la «scarsa conoscenza» circa l’uso, durante le missioni all’estero, di «armamenti pericolosi, eventualmente impiegati dai paesi alleati». Per la commissione d’inchiesta, le procedure «convergono nel produrre il duplice effetto di offuscare i rischi incombenti e di arginare le responsabilità dei reali detentori del potere». La vigilanza su salute e sicurezza è «svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici della difesa», la cui azione «si è dimostrata insufficiente». Aggiungono i commissari: «La diffusa inosservanza degli obblighi risulta perfettamente funzionale a una strategia di sistematica sottostima, quando non di occultamento dei rischi e delle responsabilità effettive».Basti pensare che i responsabili del servizio di prevenzione e protezione, nonché i medici competenti, «in alcuni siti sono risultati addirittura assenti». Critiche anche alla magistratura penale, riporta il “Fatto”: gli interventi dei giudici a tutela della salute dei militari «non appaiono sistematici», e dunque nell’amministrazione della difesa «continua a diffondersi un deleterio senso d’impunità», che porta a un «risultato devastante». Ovvero: «L’idea che le regole c’erano, ci sono e ci saranno, ma che potevano, si possono e si potranno violare senza incorrere in effettive responsabilità». I rischi non si limitano solo alle missioni, visto che «rischi minacciosi» riguardano anche «caserme, depositi, stabilimenti militari», sia per «deficienze strutturali» (particolarmente critiche «nelle zone a maggiore sismicità»), sia per carenze di manutenzione che per la permanenza di «materiali pericolosi». La presenza di amianto, spiegano i commissari, «ha purtroppo caratterizzato navi, aerei, elicotteri».In relazione a tre specifici casi emersi nel corso dell’inchiesta, la commissione ha trasmesso i suoi atti alle procure. Un militare, Antonio Attianese, ammalatosi in Afghanistan, ha denunciato «l’atteggiamento ostruzionistico e le minacce di alcuni superiori», mentre il tenente colonello medico Ennio Lettieri, impegnato in Kosovo (infermeria del comando Kfor) ha denunciato una fornitura idrica «altamente cancerogena», destinata al contingente italiano. Segnalato alla magistratura anche il caso del generale Carmelo Covato, dello stato maggiore: «I militari italiani impiegati nei Balcani – ha detto alla commissione – erano al corrente della presenza di uranio impoverito nei munizionamenti utilizzati ed erano conseguentemente attrezzati». Affermazioni che i commisari giudicano «in contrasto con le risultanze dei lavori e con gli elementi conoscitivi acquisiti nel corso dell’intera inchiesta».Oltre mille soldati italiani colpiti da malattie collegate all’amianto. La novità? Lo ammette il Parlamento: ci sono dei morti, e solo nella marina i militari colpiti patologie absesto-correlate sono 1.100. Sono le «sconvolgenti criticità» nella salute dei nostri militari, in Italia e nelle missioni all’estero, scoperte dalla commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, presieduta da Gian Piero Scanu, deputato uscente del Pd (non ricandidato). «Risultati imbarazzanti, per i vertici militari e il governo», scrive il “Fatto Quotidiano”. Una frase per tutte: la «diffusa inosservanza degli obblighi» risulta «perfettamente funzionale a una strategia di sistematica sottostima, quando non di occultamento, dei rischi e delle responsabilità effettive». Scondo la relazione, queste criticità «hanno contribuito a seminare morti e malattie». Dai vertici la risposta è stato il «negazionismo», al quale si aggiungono gli «assordanti silenzi generalmente mantenuti dalle autorità di governo», che hanno ingenerato il dilagare, «tra le vittime e i loro parenti», di uno «sconfortante senso di giustizia negata». Eppure, sottolinea la relazione, gli esperti ascoltati hanno riconosciuto il nesso tra esposizione all’uranio impoverito e tumori.
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Giannuli: elezioni-spazzatura. Dai partiti, una gara di rutti
La peggior campagna elettorale di sempre: la più indecente. Lo sostiene Aldo Giannuli, politologo dell’ateneo milanese. «Avevo 16 anni quando seguii consapevolmente la campagna elettorale delle politiche, era il 1968. Dunque, quest’anno ”festeggio” (si fa per dire) il cinquantesimo della mia partecipazione politica. Da allora ho visto 13 campagne elettorali politiche, 8 europee e 10 regionali. Ebbene, debbo dire che una campagna elettorale così ripugnante, sciatta, volgare, sguaiata, offensiva come questa non l’avevo ancora vista. E non abbiamo visto tutto, siamo all’inizio». Una camapgna elettorale «offensiva, soprattutto dell’intelligenza degli elettori», costretti a votare con una legge-truffa, ad ascoltare promesse grottesche, a scegliere tra candidati più che mediocri e, in ogni caso, di strettissima obbedienza: tutti devoti al capo del partito che li schiera, si chiami Berlusconi, Renzi o Di Maio. Il Rosatellum? «Incostituzionale, pieno di trucchi demenziali: riesce nel mirabile intento di sacrificare la rappresentatività del Parlamento senza assicurare una maggioranza, salvo che una qualche trappola del sistema (una valanga monocolore nei collegi uninominali, una quota importante di voti dispersi sotto la quota di esclusione) non crei una maggioranza del tutto fittizia. L’unica cosa divertente è che punirà i suoi ideatori».Per non parlare dei programmi: tutti i partiti esibiscono solo il “libro dei sogni”. «Abbassare le tasse, ridurre il debito, aumentare la spesa – cioè no, ridurla ma concedendo il reddito di cittadinanza». E poi: «Investimenti per l’occupazione, le dentiere ai vecchi, il bonus alle famiglie e i lecca-lecca agli infanti. E nessuno che si sia degnato di dire dove troverebbe le risorse per tutto questo». I conti? «Numeri in libertà, a casaccio». La gara, nel settore, «l’ha vinta il M5S, che promette tutto ed il contrario di tutto». Ma anche Pd e Forza Italia hanno il loro bel piazzamento. “Liberi e Uguali”, tra mille inconsistenti vaghezze, ha «una sola proposta precisa», cioè abolire le tasse universitarie per tutti: «La traduzione in chiave universitaria della “flat tax” trumpiana». S’indigna, Giannuli: «Ma chi credete di prendere in giro? Pensate che gli elettori abbiano tutti l’anello al naso?». E le liste? «Semplicemente un orrore. La Lega candida solo gli amici di Salvini, il Pd solo quelli di Renzi, il M5S esclude almeno 1/10 dei candidati alla selezione e non comunica le motivazioni, perché deve prevenire infiltrazioni, cambia-casacca, pregiudicati, scalatori e riciclati. Poi si scopre che fra i candidati c’è una valanga di riciclati dell’ultima ora, compreso qualcuno che non si ricordava di essere ancora consigliere comunale di un altro partito, c’è anche un amico di mafiosi, qualche altro ha precedenti penali… meno male che hanno fatto una attenta selezione, perché altrimenti chissà cosa ci presentavano!».E anche dal punto di vista politico, tra i 5 Stelle, spiccano gli economisti di scuola neoliberista come Fioramonti, nonché «i giornalisti Fininvest amici di Gianni Letta». A Firenze, «contro Renzi c’è un renziano che solo 14 mesi fa ha fatto campagna elettorale per il sì al referendum (e questa non ve la perdoneremo mai)». Mancano solo «un po’ di spie, un lenone e qualche alcolizzato cronico (o ci sono e non ce lo avete detto?)». Poi “Liberi e Uguali”: «Ha delle liste che sembrano il festival della ribollita, i poveri militanti di base sono stati semplicemente ignorati». Forza Italia? «Non è cambiata: come sempre mette in lista nani, ballerine e camerieri vari». E bravi, tutti. «Ma insomma, non vi vergognate? Non esiste più la Lega ma il Pds (Partito di Salvini), non il Partito Democratico ma il Pdr (partito di Renzi), non Forza italia ma – come sempre – il Pdb (partito di Berlusconi). E, mi costa dirlo, al posto del M5S c’è il Pdd (partito di Di Maio) che ancora è quel che si oppone all’inciucio renzusconiano, ma di questo passo…».Infine il metodo d’azione, lo stile: «La Lega arriva all’orrore di cavalcare i tentati omicidi fascisti per raccogliere voti anche in quella sentina». Il Pd ha un unico chiodo fisso: il Movimento 5 Stelle, «che attacca con argomenti elegantissimi come l’attacco personale a Di Maio perché incespica sui congiuntivi (come se i suoi fossero tutti accademici della Crusca: mai sentito parlare la ministra della pubblica istruzione Fedeli?)». Dal canto suo, il M5S invita i suoi seguaci a raccogliere prove e foto sulle nefandezze dei rivali, trasformando le elezioni nello “sputtanamento show”. «Anche a me non piacciono i pregiudicati in lista, anche se una condanna in primo grado non significa che uno lo sia, ma insomma, nelle campagne elettorali si parla di politica: magari fai notare le troppe presenze di candidati con guai giudiziari, ma poi vai avanti e confrontati sulle proposte politiche». Qui invece «l’unico confronto è quello degli insulti», dice Giannuli, «e vale per tutti». Un consiglio? «Fate una cosa sfidatevi, a gara di rutti e vediamo chi vince». D’altra parte, chiosa il politologo, «dopo 26 anni di deserto della politica, massimo frutto di Mani Pulite e del populismo occhettiano di Occhetto, Segni e Pannella, cosa possiamo pretendere? Ci si era parlato di partiti-farfalla, constatiamo che il risultato sono i partiti-monnezza».La peggior campagna elettorale di sempre: la più indecente. Lo sostiene Aldo Giannuli, politologo dell’ateneo milanese. «Avevo 16 anni quando seguii consapevolmente la campagna elettorale delle politiche, era il 1968. Dunque, quest’anno ”festeggio” (si fa per dire) il cinquantesimo della mia partecipazione politica. Da allora ho visto 13 campagne elettorali politiche, 8 europee e 10 regionali. Ebbene, debbo dire che una campagna elettorale così ripugnante, sciatta, volgare, sguaiata, offensiva come questa non l’avevo ancora vista. E non abbiamo visto tutto, siamo all’inizio». Una camapgna elettorale «offensiva, soprattutto dell’intelligenza degli elettori», costretti a votare con una legge-truffa, ad ascoltare promesse grottesche, a scegliere tra candidati più che mediocri e, in ogni caso, di strettissima obbedienza: tutti devoti al capo del partito che li schiera, si chiami Berlusconi, Renzi o Di Maio. Il Rosatellum? «Incostituzionale, pieno di trucchi demenziali: riesce nel mirabile intento di sacrificare la rappresentatività del Parlamento senza assicurare una maggioranza, salvo che una qualche trappola del sistema (una valanga monocolore nei collegi uninominali, una quota importante di voti dispersi sotto la quota di esclusione) non crei una maggioranza del tutto fittizia. L’unica cosa divertente è che punirà i suoi ideatori».
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Voto inutile, chiunque vinca: l’Italia non deve svegliarsi
La crisi è sistemica – europea, mondiale – mentre le elezioni restano un fenomeno soltanto atmosferico, stagionale: se piove, si apre l’ombrello in attesa che passi il maltempo (che non passerà). Nulla di importante è alla portata dell’elettore italiano informato e consapevole, rassegnato all’irrilevanza. Chi si candida a governare il paese non ha soluzioni alternative al declino, presentato come squallida normalità. Le liste che invece mettono il dito nella piaga – tantissime, di ogni colore – devono munirsi di telescopio: per avvistare non certo Palazzo Chigi (missione impossibile), ma solo il miraggio di un seggio in Parlamento, da cui eventualmente riproporre, col megafono, la loro denuncia destinata a non essere raccolta da nessuno, né aula né sui grandi media. Chi votare, dunque? E soprattutto: perché? Per quale motivo andare al seggio elettorale, già sapendo che – sondaggi alla mano – neppure la coalizione data in vantaggio, il centrodestra, raccoglie forze stabili e coese? Salvini e Meloni conservano almeno la memoria della loro critica alla gestione Ue, mentre il loro capo Berlusconi – che da un lato propone la Flat Tax – dall’altro rassicura Bruxelles: giura che non toccherà il mortale tetto di spesa del 3%, imposto dai burocrati del rigore, i maggiordomi agli ordini dei grandi poteri economici che hanno sprofondato l’Italia nel disastro della disoccupazione di massa, portandole via milioni di posti di lavoro e 450 milardi di euro in soli tre anni.Stessa musica a casa Pd, dove restano tabù i dogmi di Maastricht che sono all’origine della tragedia, la decadenza strutturale del made in Italy. Idem i 5 Stelle, che non sono corresponsabili della catastrofe ma si stanno attrezzando: propongono un taglio fantascientifico, l’amputazione del 40% del debito pubblico, cioè della spesa strategica per l’economia. Quali sono i paesi, storicamente, con il maggior debito statale? Stati Uniti e Giappone. Il problema è dunque il debito o la moneta in cui è denominato? La moneta, ovvio. Quindi i 5 Stelle cosa contestano, il debito o la moneta? Il debito, purtroppo: nulla deve cambiare. Deve restare in piedi il paradigma, falso, che vuole lo Stato in ginocchio, costretto a privatizzare per fare cassa, taglieggiando i contribuenti. Risparmi erosi, aziende senza crediti, dipendenti senza lavoro, studenti senza futuro, coppie senza figli. Ce lo chiede l’Europa: e noi all’Europa, ancora una volta, rispondiamo che va bene così. Siamo contenti di sprofondare. Felici, ancora una volta, di non poter scegliere – alle urne – nessuna opzione alternativa alla rassegnazione sistemica, alla resa di fronte a uno schema che punisce l’Italia come nazione, come società, come sistema produttivo, come partner europeo colpevole di esistere.L’Italia ha tante colpe, in effetti: è un paese ammirato, invidiato e detestato perché potenzialmente ricchissimo, creativo, ingegnoso, padrone di un giacimento culturale senza pari al mondo, proteso nel cuore strategico del Mediterraneo. Guai se dovesse svegliarsi, il paese che seppe risorgere dalle macerie della guerra per diventare la quarta potenza industriale del pianeta, nonostante i suoi tumori endemici (mafia, corruzione, evasione fiscale). Guai, se l’Italia risvegliata mandasse a stendere Bruxelles e il suo 3%, Francoforte e la sua moneta privata, Berlino e la sua cancelliera privatizzata. Per questo sono sempre così delicate, per l’oligarchia dominante, le elezioni italiane: è fondamentale che l’Italia resti in letargo, in coma farmacologico. Faccia come crede, purché voti Berlusconi, Renzi o Di Maio. Il risultato, per Bruxelles, è già in cassaforte: chiunque prevalga, di quei tre, non impensierirà nessuno dei nemici dell’Italia. Il voto-contro, per chi alle fiabe non crede più? Niente paura: sarà disperso in mille rivoli, nessuno dei quali (dicono i sondaggi) raggiungerà neppure l’anticamera del Parlamento. In più, nessuno dei maggiori candidati avrà i numeri per governare. Due sole ipotesi: larghe intese o nuove elezioni. Nulla che, in ogni caso, riguardi gli italiani stanchi di dormire, e di vedere il loro paese trattato come un malato terminale ingombrante, in parte ancora ricco. Un malato da spolpare fino all’ultimo, da tenere in vita solo per evitare l’imbarazzo del funerale.La crisi è sistemica – europea, mondiale – mentre le elezioni sembrano un fenomeno innocuo e soltanto atmosferico, stagionale: se piove, si apre l’ombrello in attesa che passi il maltempo (che non passerà). Nulla di importante è alla portata dell’elettore italiano consapevole, rassegnato all’irrilevanza. Chi si candida a governare il paese non ha soluzioni alternative al declino, presentato come squallida normalità. Le liste che invece mettono il dito nella piaga – tantissime, di ogni colore – devono munirsi di telescopio: per avvistare non certo Palazzo Chigi (missione impossibile), ma solo il miraggio di un seggio in Parlamento, da cui eventualmente riproporre, col megafono, la loro denuncia fatalmente pletorica, destinata a non essere raccolta da nessuno, né in aula né sui grandi media. Chi votare, dunque? E soprattutto: perché? Per quale motivo trascinarsi fino al seggio elettorale, già sapendo che – sondaggi alla mano – neppure la coalizione data in vantaggio, il centrodestra, raccoglie forze stabili e coese? Salvini e Meloni conservano almeno la memoria della loro critica alla gestione Ue, mentre il loro capo Berlusconi – che da un lato propone la Flat Tax – dall’altro rassicura Bruxelles: giura che non toccherà il mortale tetto di spesa del 3%, cioè la camicia di forza imposta dai burocrati del rigore, i maggiordomi agli ordini dei grandi poteri economici che hanno sprofondato l’Italia nel disastro della disoccupazione di massa, portandole via milioni di posti di lavoro e 450 miliardi di euro in soli tre anni.
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Barnard: siamo in crisi perché l’antica élite si è ripresa tutto
Ogni aspetto che regola la nostra vita nell’Unione Europea è deciso dalla Commissione, non eletta da nessuno. La Commissione Europea decide anche sulle Costituzioni: una sentenza della Corte Europea di Giustizia decreta che le leggi europee hanno priorità anche sulle Costituzioni dei singoli paesi. Oggi, per statuto, parlamentari e ministri italiani in Europa sono tenuti a fare gli interessi dell’Europa in Italia, non gli interessi dell’Italia in Europa. Non rappresentano l’Italia in Europa: rappresentano l’Europa in Italia. Questa struttura sovranazionale, creata dall’élite politico-economica messa all’angolo dalla Rivoluzione Francese e poi nel ‘900 dall’affermazione della democrazia, ha ripreso il potere e ha creato l’euro per togliere la sovranità agli Stati. Lo sapevano dal 1943: l’euro serve a togliere agli Stati la loro ragione di esistere, fino a distruggerli. Cito una frase, pronunciata da uno dei grandi burocrati europei, uno degli uomini del vero potere, Jacques Attali. Era consulente di Mitterrand insieme a un insigne economista, Alain Parguez, poi ravvedutosi. Parguez lo ferma in un corridoio della Commissione Europea e gli dice: «Sapete cosa state facendo? State distruggendo l’Europa. Cos’avete in mente?». E Attali risponde, letteralmente: «Non è colpa nostra se la plebaglia europea pensa che l’unione monetaria sia stata fatta per la loro felicità».Questa è la mentalità di coloro che ci considerato «degli outsider rompicoglioni», «una massa ignorante» da mettere ai margini. E hanno vinto, su di noi. Questo progetto di Unione Europea messo nelle mani di burocrati dell’estrema destra finanziaria, completamente svincolato dal controllo dei cittadini, prende piede formalmente in Italia negli anni ‘90, quando improvvisamente crolla la Prima Repubblica. Crolla un sistema di partiti: arriva Tangentopoli e spazza via una classe politica che la finanza internazionale (specie americana) considerava incontrollabile, non dedita a sufficienza al mantra delle privatizzazioni e dei tappeti rossi stesi davanti alla grande finanza speculativa. In Italia c’erano ancora leggi che impedivano grandemente l’esportazione dei capitali (il famoso “capital flight”, che è un fenomeno devastante, che distrugge interi paesi nell’arco di un attimo). L’Italia era un paese con partiti corrotti, ladri, bugiardi e mafiosi. Ma non erano nella Serie A. Erano nella Serie C, non facevano il gioco che contava. E con il crollo dell’Unione Sovietica, scrive un importante economista come Marcello De Cecco, questi partiti perdono ulteriormente il loro valore, per gli Stati Uniti: non servivano più a niente. E chi serviva veramente, in quel momento, alla grande finanza internazionale? Chi poteva essere il grande interlocutore per gli anni ‘90 e Duemila, per la grande finanza speculativa internazionale? Il candidato ovvio: il partito comunista.Era dagli anni ‘60 che il Pci faceva riunioni a Bellagio, sul Lago di Como, con la Fondazione Rockefeller: Sergio Segre, Amendola e soprattutto Giorgio Napolitano, che è stato il grande accoglitore del grande capitale finanziario internazionale dentro il Pci, in Italia, garantendo tappeti rossi stesi davanti a loro. Era dagli anni ‘60 che il Pci, mentre in piazza faceva la retorica dei lavoratori, della sinistra, sotto sotto dialogava. Al Mulino, a Bologna, facevano le riunioni con la Fondazione Agnelli. Veniva Brzezinski, a parlare col Pci: si stavano già mettendo d’accordo negli anni ‘60. E quindi, a maggior ragione, negli anni ‘90 questo partito diventa l’interlocutore privilegiato. Gli americani lo dicono molto chiaro, in un rapporto del Council on Foreign Relations, che incarna la politica estera statunitense: è un partito che ci è utile, scrivono, perché è l’unico in Italia a essere strutturato come una grande azienda, sa come fare business. E infatti lo facevano, il business: facevano chiudere le fabbriche in Italia e assicuravano i soldi per la Fiat in Russia, eccetera. Tangentopoli distrugge la Dc e il Psi ma risparmia il Pci (poi Pds, Ds e Pd). Ne chiesi conto a Gherardo Colombo, giudice di Mani Pulite (io sono di Bologna, città dove si pagavano mazzette per qualsiasi servizio), e Colombo rispose: gli imprenditori denunciavano solo la Dc e il Psi.Di fatto, dopo il ‘92-93 crolla questa classe politica, in Europa si sta consolidando l’Unione Europea, e in Italia arrivano i cosiddetti governi tecnici: Ciampi, poi il grande periodo del centrosinistra fino al 2000. In Italia, questa pianificazione orrenda che ha distrutto Stati, leggi e cittadini è stata portata su un vassoio d’argento unicamente dal centrosinistra. I nomi sono quelli di Andreatta, Prodi, Visco, Bassanini, Draghi, Amato, D’Alema. Le privatizzazioni selvagge dell’Italia avvengono tutte sotto i governi di centrosinistra, che stabiliscono il record europeo delle privatizzazioni, dal 1997 al 2000. Record europeo: riusciamo a battere addirittura l’Inghilterra del partito laburista di destra di Toby Blair. Oggi come allora, pubblicamente il centrosinistra fa la retorica del mondo del lavoro e della solidarietà sociale: tutte balle, questa gente è veramente bieca. L’Italia in quel periodo comincia a vendere i suoi beni pubblici, fa delle scelte sempre condizionate dal fantasma dell’inflazione. Scelte importanti: decide di internazionalizzare il proprio debito. Anziché fare quello che avrebbe dovuto fare una vera coalizione di centrosinistra, cioè trovare le risorse nazionali per gestire il proprio debito (perfettamente gestibile), l’Italia di Prodi e D’Alema internazionalizza il debito, mettendolo nelle mani delle grandi fondazioni economiche estere. Così, grazie a questa bella gente, negli anni ‘90 l’Italia è l’unico paese europeo a consegnarsi totalmente nelle mani della finanza internazionale.Marcello De Cecco (Normale di Pisa, La Sapienza) è considerato il più autorevole economista italiano, in assoluto. Scrive: il permanere di un debito pubblico internazionalizzato costituisce una zavorra permanente per l’economia italiana. Non le permette di correre, e le impedisce di seguire una politica in contrasto con le opinioni dei mercati finanziari internzionali, dai quali può discostarsi solo per pochi mesi. Cioè: se si sgarra per pochi mesi, si è finiti. E aggiunge, citando la caduta del governo Berlusconi nel ‘94: è la prova lampante del fatto che una maggioranza parlamentare che si metta in contrasto con i mercati internazionali si decompone, e il governo cade. Aprite gli occhi: Berlusconi ha avuto guai continui – non per via del fatto che è un pessimo politico, ma perché ha disobbedito a questa gente. Mentre gli altri, quelli che dovrebbero fare i nostri interessi, ci stanno rovinando: la nostra sinistra, quelli di “Repubblica”, Scalfari e De Benedetti (a cui D’Alema ha regalato miliardi, come la rete telefonica delle Ferrovie dello Stato venduta a De Benedetti per niente, e che De Bedenetti ha rivenduto facendo profitti di oltre il 300%). Questa sinistra sta rovinando gli operai, i lavoratori, i cassintegrati, i precari, i giovani che non trovano lavoro.Questo centrosinistra che, internazionalizzando il debito, ha consegnato l’Italia nelle mani della finanza internazionale, che cosa ci ha fatto perdere? Sapete qual è la cifra finale (dati del 2011) che l’Italia ha perduto, per la crisi finanziaria del 2007-2008 causata da questa gente? E ci siamo dentro fino al collo, nelle privatizzazioni e nella svendita del bene pubblico, a beneficio delle grandi banche d’investimento grazie a Prodi e D’Alema. Abbiamo perso 457 miliardi di euro: ricchezza sparita dall’Italia in soli tre anni. Una cifra che vale 33 finanziarie. Il conflitto d’interessi di Berlusconi sono 6 miliardi di euro, la casta di Beppe Grillo sono 4 miliardi di euro, tutte le mafie italiane messe assieme contano per 90-100 miliardi di euro. Questi signori ce ne hanno portati via 457. Questo paese non ha più alcuna possibilità di riscattarsi in nessun modo: con l’arrivo dell’euro, siamo veramente rovinati. In una situazione di questo genere, uno Stato avrebbe una sola possibilità di scampo, che è quello che fanno gli Stati Uniti: spendere a deficit. Stampare denaro, continuare a indebitarsi, svalutare la propria moneta – cioè, tutto quello che si può fare quando uno Stato ha una moneta propria (come il dollaro e la sterlina, com’erano il marco in Germania e la lira in Italia). Noi una moneta propria non l’abbiamo più, abbiamo l’euro.Di chi è l’euro? Di nessuno, nemmeno delle banche. La sua emissione viene decisa dai 16 governatori delle banche centrali dell’Eurozona, la Bce formalmente prende la decisione e le banche centrali nazionali stampano questa moneta. Sapete, quando viene stampato, a chi va in mano l’euro? Al ministero del Tesoro? No: va alle banche private, e da queste ai mercati dei capitali. Il ministro del Tesoro deve costruire un ospedale, aprire una strada, pagare gli stipendi agli insegnanti? Va a bussare ai mercati dei capitali privati e dice: per favore, mi date degli euro? Vi rendete conto di cosa sta succedendo? Uno Stato (teoricamente sovrano, ma non più sovrano) per comprare un cancellino di una lavagna di scuola deve andare al mercato dei capitali privati a prendere in prestito gli euro. I mercati dicono: certo che te li prestiamo, gli euro, ma i tassi di interesse li decidiamo noi. Sapete cosa vuol dire, questo? Sapete cos’è la variazione percentuale di un punto sui tassi d’interesse su miliardi di euro? L’Italia è ridotta come il cittadino strangolato dalla banca a cui ricorre per un prestito, se deve comprarsi l’auto. Ecco perché siamo costretti a tagliare le spese pubbliche. Al contrario di uno Stato a moneta sovrana (Usa, Inghilterra, Giappone) oggi l’Italia ha un debito che è veramente un debito – prima non lo era: era un fantasma, era inventato che fosse un problema, perché lo Stato era indebitato solo con se stesso, non doveva soldi a nessuno.Il debito dello Stato era la ricchezza dei cittadini. Oggi, con l’euro, è cambiato tutto. Oggi siamo veramente indebitati, dobbiamo veramente fare i tagli ai servizi pubblici e dobbiamo veramente tassare per tirar su dei soldi, perché dobbiamo bussare alla porta dei capitali privati per spendere ogni singolo euro destinato alla nazione. A questo pensava l’economista francese François Perroux nel 1943, quando disse: togliendogli la moneta, si toglie agli Stati la ragione di esistere e li si distrugge. Questo ci hanno fatto, e chi ha portato in Italia questa roba su un tappeto rosso è Romano Prodi, con tutta la sua cricca di delinquenti. E’ un disastro: non possiamo neanche più dire che è sbagliato tagliare i fondi alla sanità o alla scuola. I soldi dove andiamo a prenderli? Prima sì, si poteva dire: è sbagliato fare quei tagli, è una scelta politica, ideologica. Oggi non più: ci hanno tolto la funzione primaria dello Stato, e hanno vinto definitivamente. Prima ci impedivano di fare la piena occupazione, il welfare e il benessere per tutti, terrorizzandoci con dei fantasmi ideologici per impedire allo Stato di spendere. Adesso ce lo hanno impedito con uno strumento che è addirittura irreversibile. Adesso, anche un primo ministro si svegliasse una mattina e dicesse “io sono uno Stato sovrano e posso spendere a deficit e creare la piena occupazione”, non può più farlo neanche se vuole, perché non ha più la moneta per farlo.Vuol dire posti di lavoro perduti, aziende chiuse, ricchezza evaporata, povertà. La disoccupazione galoppa, i fallimenti delle aziende sono aumentati del 40% nel solo 2009. Il 30% degli italiani è costretto al prestito, il 38% è in difficoltà economiche, il 76% è costretto alla flessibilità. Il lavoro a chiamata è aumentato del 75%. Un milione e 650.000 italiani sono senza coperture di alcun tipo, se licenziati: non percepiscono nulla. Il 50% delle pensioni italiane sono sotto i mille euro: non ci vivi, non ce la fai. Un italiano su cinque rimanda le visite specialistiche, l’11% degli italiani non si riscalda, l’11% non ha soldi per le spese mediche ordinarie. Il 31% degli italiani non può permettersi di spendere 750 euro per un’emergenza in famiglia. E la grande finanza internazionale ci ha rubato 457 miliardi di euro in tre anni. Qui dobbiamo spalancare la mente. Che cosa succederà? Da qui in avanti, succederà esattamente quello che era pianificato dagli anni ‘30: il ritorno al potere assoluto dell’élite finanziaria, con la marginalizzazione delle leggi e dei cittadini. In particolare, pianificavano che in Europa si creassero delle sacche di povertà talmente ampie da poter poi fare del blocco industriale franco-tedesco una grande potenza dell’export, in competizione con gli Stati Uniti, con la Cina e con l’India.Mantenendo un euro estremamente sopravvalutato, hanno introdotto tutte queste misure di precarizzazione del lavoro e di erosione dei diritti. Stiamo privatizzando a man bassa, stiamo alienando beni pubblici per due lire al capitale privato. Con un euro molto forte, l’Europa non è competitiva sui mercati: ne soffrono le aziende, che devono tagliare il costo del lavoro. Significa che lo Stato deve sborsare cassa integrazione e sborsare un sacco di soldi che non si può più permettere, con l’euro. Questo mette in crisi gli Stati, e la crisi degli Stati crea ancora più incertezza economica, ancora più deflazione e disoccupazione. Il costo del lavoro cala ancora di più: oggi è normale accettare un posto di lavoro al supermercato per 700 euro, coi turni spezzati. In Germania è lo stesso: nel 2009 i lavoratori hanno registrato la più alta produttività europea coi più bassi stipendi. Quindi in Europa si sta creando questa situazione dove c’è un impoverimento drastico, una disoccupazione che sta schizzando alle stelle: stiamo a 23 milioni di disoccupati. Incertezza, povertà crescente, sacche di lavoro sottopagato per competere con la Cina, con l’India e con gli Stati Uniti sul mercato delle esportazioni. E qui il vero potere fa la prima, grande tornata di profitti: diventerà competitivo esportare dall’Europa pagando una miseria il lavoratore europeo.La deflazione e l’incertezza finanziaria fanno sì che i mercati perdano di valore, e se perdono di valore gli Stati sono costretti ai tagli. Devono alienare i beni pubblici, e quindi al primo che arriva a comprare vendono a due lire una Telecom, l’acqua, il sistema sanitario o le ferrovie, cosa che succede dagli anni ‘90 e che succederà ancora di più. Loro comprano a due lire, e quindi fanno la seconda tornata di profitti. Poi l’euro crollerà: crolleranno i tassi di interesse, e gli speculatori internazionali faranno profitti immensi, con i “credit default swaps” e le altre scommesse che si fanno sui crolli delle monete. E alla fine di tutto questo, quando l’Europa sarà un buco nero di economia, ridotta quasi a un territorio da Secondo Mondo balcanico, il vero potere farà la quarta tornata di profitti: le scommesse, coi derivati, sul crollo del mercato europeo. Che è quello che hanno fatto in Grecia: hanno scommesso sul crollo della Grecia, che loro stessi stavano causando. Questo è il futuro che si prospetta, per noi, grazie a questa pianificazione di 70 anni. Guardate che il Fondo Monetario Internazionale (che è uno degli attori principali di questo piano scellerato) ha capito di aver troppo calcato la mano, arrivando a pubblicare un rapporto che prevede per l’Europa lo spettro della disoccupazione di massa. Dobbiamo correre ai ripari, dice il Fmi, che chiede agli Stati di cominciare a spendere a deficit e aumentare la spesa pubblica (ma non lo possiamo più fare, non abbiamo più la moneta).Se il Fondo Monetario arriva a questo, vuol dire che la situazione è più che drammatica. Ci sono uomini – ne cito uno, Carlo De Benedetti – che fin dagli anni ‘90, in combutta coi politici del centrosinistra, avevano già capito perfettamente che cosa stava succedendo, e come fare queste quattro tornate di profitti. Cosa ha fatto? Si è tolto dall’Olivetti, che aveva una competizione sui mercati che non poteva reggere, e si è messo nell’industria dei servizi. E così hanno fatto tanti industriali, anche Benetton: ha lasciato le magliette ai competitor cinesi e indiani e si è buttato nell’acquisizione di questi servizi essenziali. Perché lo fanno? Ok, stanno creando questo buco nero, in Europa. Ci stanno distruggendo completamente. Ma quando saremo tutti più poveri, come faremo a fargli fare dei profitti? La risposta è questa, e loro la conoscono da tanto tempo: in termini tecnico-economici si chiama “captive demand”. Che cosa fanno? Ti impoveriscono, ti precarizzano e guadagnano sulle esportazioni, intanto però si comprano i servizi essenziali per la cittadinanza: la sanità, l’acqua, la luce, i trasporti – tutto, anche l’anagrafe e i servizi funerari. Tutto già previsto dai negoziati internazionali, verrà venduto tutto. Il Pd è il partito italiano più avanzato nella privatizzazione della sanità: ci lavora nelle lobby europee.Quando avranno acquisito questi servizi essenziali, e noi saremo tutti più poveri, loro faranno profitti spaventosi: perché senza l’acqua non possiamo vivere, non possiamo stare senza i treni o senza la sanità. Siamo prigionieri: “captive demand” vuol dire “richiesta prigioniera”, il cittadino diventa prigioniero di una richiesta che deve soddisfare. Per cui starà senza mangiare, rinuncerà alle vacanze e non comprerà più le lenti a contatto, ma l’acqua la pagherà, il gas lo pagherà, la nonna la seppellerirà, l’operazione al fegato la dovrà fare. Chi è l’uomo più ricco del mondo? Non più Bill Gates, ma Carlos Slim: è un messicano, e ha nelle sue mani tutte le telecomunicazioni del Messico. Ha fatto quello che ha fatto De Benedetti, che ha fatto Benetton in Italia. Si è comprato un servizio essenziale: i messicani devono telefonare, non possono non farlo. Saranno dei poveracci, il Messico è un paese di poveri. Ma lui è l’uomo più ricco del mondo, guardacaso. Questo ci stanno facendo, questo ci aspetta.Sbalordisce l’ampiezza di questo disegno criminale, che è il più grande crimine della storia occidentale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a oggi. Perché non solo hanno distrutto gli Stati, le leggi e i cittadini , ma hanno anche tenuto milioni di persone in condizioni di povertà, di bisogno, di indigenza. E oggi tengono i nostri ragazzi precari, le donne che non possono fare figli perché non possono mantenerli, le coppie che non si sposano perché non possono comprare casa. Tuttto questa sofferenza, che è stata immensa per milioni di persone in tutte le nazioni cosiddette ricche, è stato deciso a tavolino. E’ veramente il più grande crimine. E quello che ci aspetta è proprio la conclusione degna di questo crimine immenso, che hanno commesso. Non esito a dire che, di fronte a una pianificazione di questo tipo, occorrerebbe una nuova Norimberga. Bisognerebbe portare questi personaggi (molti sono ancora vivi) a un processo internazionale per crimini contro l’umanità.(Paolo Barnard, estratto della conferenza “Il più grande crimine”, video caricato su YouTube nel 2011. I dati citati, relativi al 2009, disegnano un quadro che poi si è aggravato in modo ulteriormente drammatico, con il governo Monti. Già nel 2010 Barnard aveva pubblicato online il suo saggio “Il più grande crimine”, che ricostruisce la riconquista del potere da parte dell’élite, a spese della democrazia, con un piano concepito a partire dagli anni ‘20 del ‘900, giunto a compimento in Europa con la creazione dell’Unione Europea e dell’Eurozona).Ogni aspetto che regola la nostra vita nell’Unione Europea è deciso dalla Commissione, non eletta da nessuno. La Commissione Europea decide anche sulle Costituzioni: una sentenza della Corte Europea di Giustizia decreta che le leggi europee hanno priorità anche sulle Costituzioni dei singoli paesi. Oggi, per statuto, parlamentari e ministri italiani in Europa sono tenuti a fare gli interessi dell’Europa in Italia, non gli interessi dell’Italia in Europa. Non rappresentano l’Italia in Europa: rappresentano l’Europa in Italia. Questa struttura sovranazionale, creata dall’élite politico-economica messa all’angolo dalla Rivoluzione Francese e poi nel ‘900 dall’affermazione della democrazia, ha ripreso il potere e ha creato l’euro per togliere la sovranità agli Stati. Lo sapevano dal 1943: l’euro serve a togliere agli Stati la loro ragione di esistere, fino a distruggerli. Cito una frase, pronunciata da uno dei grandi burocrati europei, uno degli uomini del vero potere, Jacques Attali. Era consulente di Mitterrand insieme a un insigne economista, Alain Parguez, poi ravvedutosi. Parguez lo ferma in un corridoio della Commissione Europea e gli dice: «Sapete cosa state facendo? State distruggendo l’Europa. Cos’avete in mente?». E Attali risponde, letteralmente: «Non è colpa nostra se la plebaglia europea pensa che l’unione monetaria sia stata fatta per la loro felicità».
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Cremaschi: neofascismo figlio del liberismo, molti i complici
«Il killer nazifascista di Macerata ha ottenuto un successo travolgente», sostiene Giorgio Cremaschi: «Il dibattito ufficiale minimizza la gravità del suo crimine, ignora le sue vittime e si concentra tutto sul “disagio sociale” provocato dai migranti». Il ministro Minniti e tutti gli esponenti del governo «non hanno mai usato la parola razzismo, né tantomeno la parola fascismo, per la tentata strage di Macerata, e lo stesso hanno fatto i mass media». Terrorismo fascista e razzista in Italia? «Quando mai. Il problema sono i migranti, dicono tutti, rinfacciandosi l’un l’altro di non saperlo affrontare. Traini ha già vinto», scrive Cremaschi su “Micromega”. Salvini e CasaPound affermano che in Italia non c’è nessun rischio fascista e che chi usa questa parola lo fa solo per ragioni strumentali? «Non è una novità, dal 1945 i fascisti si sono sempre mascherati in vario modo, spesso reagendo sdegnosamente a chi ricordava loro chi realmente fossero. Negli anni ‘70 mettevano le bombe e mai le rivendicavano. Ci pensava lo Stato a coprirli e ad indirizzare altrove l’opinione pubblica. L’uccisione nella questura di Milano dell’anarchico Pinelli, assieme a Valpreda accusato innocente della bomba fascista di Piazza Fontana, aprì la via ad una lunga trama di stragi, insabbiamenti e depistaggi di Stato».Secondo Cremaschi, candidato a Napoli per “Potere al popolo”, in Italia l’establihment «ha sempre fatto leva sui fascisti». Ovvero: «Li ha fatti crescere e usati quando voleva diventare più autoritario, li ha colpiti quando voleva mostrarsi più democratico». E i mass media, che indirizzano l’opinione pubblica verso i migranti quando invece «viene sfasciato lo Stato sociale e dilagano disoccupazione e povertà»? Raccontano che ci sono italiani che non trovano lavoro perché glielo hanno “rubato” i migranti, «mentre tanti sono in mezzo a una strada perché le multinazionali chiudono e migrano indisturbate a saccheggiare altrove». La demografia è impietosa: «La popolazione residente sta calando, perché sono più gli italiani che emigrano perché non trovano un lavoro decente, rispetto a coloro che vengono qui e che diventano schiavi sfruttati, da italiani naturalmente». Si dovrebbero combattere la disoccupazione, il degrado e lo sfruttamento del lavoro, «ma i razzisti parlano di sostituzione etnica, addossando agli schiavi la colpa della schiavitù». Il recente neofascismo strisciante? Frutto del «liberismo capitalista». E non è una novità: «Dopo la crisi del 1929 i governi democratici tedeschi adottarono la politica dell’austerità e del rigore di bilancio e un insignificante gruppuscolo fascista sbeffeggiato da tutti conquistò il potere».Dopo la guerra, continua Cremaschi, il welfare fu edificato come compromesso tra le classi e come garanzia di democrazia. La nostra Costituzione? «E’ antifascista perché promuove lo Stato sociale contro la ferocia del mercato, ed è per i diritti sociali e del lavoro perché è antifascista». E’ ancora così, nei fatti? Non più: «Decenni di politiche di smantellamento di quei diritti, nel nome dell’Europa e della globalizzazione, hanno divelto le basi materiali dell’antifascismo e fatto risorgere i mostri». È per questo, scrive Cremaschi, che il mondo Pd non usa la parola “fascismo”, ma si limita – in modo generico e ipocrita – a condannare “l’odio”. «Meglio condannare moralisticamente un sentimento, che dover riconoscere i frutti marci della propria politica». E il Movimento 5 Stelle, «che pure non è responsabile delle politiche economiche di questi anni», ora adotta lo stesso linguaggio del Pd, «evidentemente pensando che nessun partito che voglia governare, possa usare parole sconvenienti come fascismo e razzismo».Certo, ammette Cremaschi, i gruppuscoli fascisti non prenderanno mai il potere. «Quando ci provarono nel 1970 con Junio Valerio Borghese, i loro protettori della Nato li convinsero a fermarsi e ad uscire dai ministeri dove erano entrati». Secondo l’ex sindacalista Fiom, «i fascisti oggi non devono prendere il potere, ma aiutare il potere a fascistizzarsi: cosa che sta facendo benissimo, basti pensare alle leggi di polizia di Minniti». Per continuare con le politiche liberiste di devastazione sociale, il potere (italiano e Ue) deve «imporre un sistema sempre più autoritario e intollerante». Cioè: «Se gli sfrattati si organizzano, lottano, magari contrastano la polizia che li vuole sbattere fuori di casa, allora questa è inaccettabile violenza degli antagonisti e dei centri sociali. Invece se un fascista spara nel mucchio ai neri, questo è disagio sociale». Oppure: «Se i poveri si ribellano vengono repressi, perché per il palazzo i poveri devono solo odiarsi tra loro». D’altra parte, il 10% diviene sempre più ricco impoverendo il restante 90%: «Come farebbe a comandare e a distogliere da sé l’indignazione popolare, se non volgendola verso i migranti oggi, domani verso chissà chi? A questo servono i fascisti». Non facciamoci illusioni, il guasto ormai è profondo: «Anni di politiche liberiste e di diseguaglianza sociale, la resa della sinistra di governo al mercato, hanno diffuso una mentalità reazionaria di massa».«Il killer nazifascista di Macerata ha ottenuto un successo travolgente», sostiene Giorgio Cremaschi: «Il dibattito ufficiale minimizza la gravità del suo crimine, ignora le sue vittime e si concentra tutto sul “disagio sociale” provocato dai migranti». Il ministro Minniti e tutti gli esponenti del governo «non hanno mai usato la parola razzismo, né tantomeno la parola fascismo, per la tentata strage di Macerata, e lo stesso hanno fatto i mass media». Terrorismo fascista e razzista in Italia? «Quando mai. Il problema sono i migranti, dicono tutti, rinfacciandosi l’un l’altro di non saperlo affrontare. Traini ha già vinto», scrive Cremaschi su “Micromega”. Salvini e CasaPound affermano che in Italia non c’è nessun rischio fascista e che chi usa questa parola lo fa solo per ragioni strumentali? «Non è una novità, dal 1945 i fascisti si sono sempre mascherati in vario modo, spesso reagendo sdegnosamente a chi ricordava loro chi realmente fossero. Negli anni ‘70 mettevano le bombe e mai le rivendicavano. Ci pensava lo Stato a coprirli e ad indirizzare altrove l’opinione pubblica. L’uccisione nella questura di Milano dell’anarchico Pinelli, assieme a Valpreda accusato innocente della bomba fascista di Piazza Fontana, aprì la via ad una lunga trama di stragi, insabbiamenti e depistaggi di Stato».
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Magaldi: come liberarci degli ipocriti che faranno l’inciucio
Per favore, basta ipocrisie: tutti giurano che non stringeranno alleanze e invece sono già pronti a farle, ben sapendo che nessuno vincerà. La soluzione? Un taglio netto alla palude della Seconda Repubblica, vassalla dei super-poteri neoliberisti di Bruxelles. Primo passo, il ritorno al sistema proporzionale puro: obiettivo, piena rappresentatività del Parlamento. Seconda mossa: presidente della Repubblica non più eletto dai partiti, ma direttamente dagli italiani. E’ il piano sul quale Gioele Magaldi (Movimento Roosevelt) intende impegnarsi per il dopo-elezioni, già contando sull’esito deludente della consultazione del 4 marzo, anticipato da una campagna elettorale imbarazzante in cui si alternano promesse “impossibili” e “liste della vergogna”, con candidati che vengono additati come semi-delinquenti. «No alle liste di proscrizione, innanzitutto: non esistono gli “impresentabili”, è la legge a stabilire chi può concorrere alle elezioni, e dopodiché decidono gli elettori chi è “presentabile” e chi no, votandolo o meno», dichiara Magaldi a “Colors Radio”. «Finiamola, con questo clima da caccia alle streghe, che ammorba la politica dopo aver travolto il mondo dello spettacolo, mettendo alla berlina e rovinando chiunque sia stato anche solo sospettato di abusi sessuali, magari riferiti a trent’anni fa».
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Verso l’inciucio per blindare i segreti Mps, cioè il Pd e Draghi
Se, dopo i dati desolanti e fuori norma di Mps pubblicati questa settimana, la vigilanza della Banca Centrale Europea non attaccherà la banca senese, forse è perché attaccandola esporrebbe il suo presidente Mario Draghi, il quale, da governatore della Banca d’Italia, impose all’organo di vigilanza di questa, contro l’originario parere del medesimo, di autorizzare Mussari (allora Ad di Mps) alla rovinosa acquisizione (senza “due diligence”) di Antonveneta, atto che avrà reso disinteressatamente felice qualcuno, ma che è stato la causa fondamentale del disastro di quella banca, di molti risparmiatori e lavoratori. I dati pubblicati ieri dal Monte pongono seri dubbi sulla possibilità di un piano industriale ragionevole e credibile e dall’altro lato confermano l’ipotesi formulata nel mio precedente articolo “Il Monte degli Inganni”, ovvero che la recente emissione di una grossa obbligazione subordinata da parte del Monte sia una operazione di raccolta emergenziale di liquidi con cui costituire coperture per le perdite ultimamente affiorate sui crediti, onde far fronte al severo esame della vigilanza della Banca Centrale Europea previsto per febbraio.Draghi, ora, data la montante crisi da sofferenze di Mps e stanti le sue predette responsabilità nella acquisizione di Antonveneta, si trova esposto a ricatti del partito del Quarto Reich nella Banca Centrale Europea, quindi è debole, condizionabile. Al contempo, la maggioranza di governo a guida piddina ha un forte bisogno che non scoppi proprio adesso una nuova crisi del Monte dei Paschi di Siena, affinché non venga alla luce l’azione partitico-clientelare con-causa (assieme alla conclamata manchevolezza degli organi di vigilanza) della crisi della detta banca – azione che, se venisse resa nota all’opinione pubblica, porterebbe a un disastro elettorale per la maggioranza. E vanificherebbe lo sforzo per tenerla coperta fatto dalla commissione parlamentare di inchiesta sulla crisi delle 7 banche. Che cosa non si fa per tacitare le acque ed acquisire (forse) consensi toscani? Si manda Padoan a Siena e gli si fa proclamare l’ennesima bufala pre-elettorale, ovvero che lo Stato presto uscirà dal Monte: un ottimo affare per le tasche dei cittadini.Su scala nazionale – dicono i farneticanti della dietrologia più screditata – avviene invece che il modo più rapido per arricchirsi con le banche, consistente nel prendersi direttamente i soldi dei depositanti lasciando le casse vuote a carico dei risparmiatori e dei contribuenti, è stato sdoganato dalla politica dei partiti e delle istituzioni, e viene trasversalmente tutelato come diritto della casta sulla società civile. Lo confermerebbe – dicono quegli inattendibili malpensanti – il fatto che la reticente relazione della commissione d’inchiesta, che è stata redatta dalla maggioranza di governo e che sottace le gesta bancarie di qualche Boschi, gli atti trasmessi dai Pm e altre cose pericolose per il Pd, è stata approvata grazie alla provvidenziale assenza di 4 deputati berlusconiani. Una ulteriore indicazione, agli occhi dei paranoici complottisti, che Berlusconi si prepara a un governo di irresponsabilità nazionale e solidarietà partitocratica con Renzi (o Gentiloni/Prodi/Casini/Amato + Boschi) e Associati. Si noti che ieri, a “Radio Radicale”, Brunetta, su domanda se entrerebbe mai in un governo col Pd, ha risposto «con Renzi mai», ma non «col Pd mai».(Marco Della Luna, “Mons Nazarenus, preallarme inciucio sulla miniera bancaria”, dal blog di Della Luna del 2 febbraio 2018).Se, dopo i dati desolanti e fuori norma di Mps pubblicati questa settimana, la vigilanza della Banca Centrale Europea non attaccherà la banca senese, forse è perché attaccandola esporrebbe il suo presidente Mario Draghi, il quale, da governatore della Banca d’Italia, impose all’organo di vigilanza di questa, contro l’originario parere del medesimo, di autorizzare Mussari (allora Ad di Mps) alla rovinosa acquisizione (senza “due diligence”) di Antonveneta, atto che avrà reso disinteressatamente felice qualcuno, ma che è stato la causa fondamentale del disastro di quella banca, di molti risparmiatori e lavoratori. I dati pubblicati ieri dal Monte pongono seri dubbi sulla possibilità di un piano industriale ragionevole e credibile e dall’altro lato confermano l’ipotesi formulata nel mio precedente articolo “Il Monte degli Inganni”, ovvero che la recente emissione di una grossa obbligazione subordinata da parte del Monte sia una operazione di raccolta emergenziale di liquidi con cui costituire coperture per le perdite ultimamente affiorate sui crediti, onde far fronte al severo esame della vigilanza della Banca Centrale Europea previsto per febbraio.
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Centrodestra e Pd, lo squadrone dei candidati impresentabili
Chiuse le liste delle convocazioni dei partiti, dopo notti di lotte all’arma bianca nelle segrete stanze di Arcore e del Nazareno, in attesa di conoscere l’allenatore, ecco la formazione titolare con cui il centrodestra si schiera in campo. Con la fascia di capitano, candidato capolista al Senato in Campania, Luigi Cesaro, detto “Giggino a’ purpetta”, indagato per voto di scambio in riferimento alle ultime elezioni regionali e per minacce a pubblico ufficiale aggravato dalla finalità mafiosa: avrebbe fatto pressioni su una funzionaria del Comune di Marano, che si occupava dei controlli su opere costruite dall’impresa di Aniello e Raffaele Cesaro, suoi fratelli. Antonio Angelucci, premiato per la sua assidua presenza in Parlamento (99.59% di assenze) e per i risultati sul fronte giudiziario con una condanna in primo grado a un anno e 4 mesi per falso e tentata truffa per i contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani “Libero” e “Il Riformista”; oltre un indagine in corso in merito a un’inchiesta sugli appalti nella sanità della procura di Roma. Per lui il posto di capolista alla Camera nel Lazio.Ugo Cappellacci, capolista in Sardegna, ex governatore, per lui chiesta condanna per abuso d’ufficio nel processo scaturito nell’inchiesta sulla cosiddetta P3; condannato in secondo grado a restituire alla Regione Sardegna circa 220 mila euro. Condannato a due anni e mezzo di reclusione per il crac milionario della Sept Italia, società fallita nel 2010. Fresco di sentenza Michele Iorio, candidato al Senato in Molise, è stato condannato qualche giorno fa dalla corte d’appello di Campobasso a 6 mesi di reclusione per abuso d’ufficio e a un anno di interdizione dai pubblici uffici. In Puglia rispunta una vecchia conoscenza: Domenico Scilipoti. E’ stato condannato a versare 200 mila euro più spese legali per un vecchio debito non pagato. Ma è noto ai più per il suo triplo salto carpiato da Idv all’allora maggioranza, per salvare il governo Berlusconi nel 2010, dando addirittura vita a un neologismo: “scilipotismo”. In Sicilia continua la “dinastia Genovese”. Stavolta tocca a una donna di fiducia dell’ex deputato condannato Francantonio Genovese, Mariella Gullo. Anche lei raggiungerà quota 20mila come toccò prima al cognato e poi al nipote Luigi Genovese alle scorse regionali? Con lei, Urania Papatheu, candidata nel Catanese, con una condanna in primo grado per gli sperperi dell’ex Ente fiera di Messina.La nuove generazione delle Lega marca la sua presenza con Edoardo Rixi, assessore regionale in Liguria e imputato per le spese pazze in Regione Liguria: si sarebbe fatto rimborsare spese private con soldi pubblici. Facce nuove ma vecchi vizi. La Lega infatti candida anche tale Umberto Bossi, condannato a 2 anni e 3 mesi per aver usato i soldi del partito, quindi “provenienti dalle casse dello Stato” a fini privati. Sulla stessa onda, troviamo il redivivo Roberto Formigoni, condannato per corruzione a sei anni e imputato in altri processi: è candidato al Senato come capolista nella formazione del centrodestra ‘Noi con l’Italia’ in Lombardia. Nella stessa formazione, Raffaele Fitto alla Camera in Puglia, la Cassazione ha disposto che sarà un giudice civile a stabilire se, da presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto ha generato danno d’immagine all’ente, dopo che la corte d’appello di Bari l’aveva dichiarato prescritto ma lo condannava al risarcimento nei confronti della Regione.Il Pd, allenato da Renzi con Gentiloni pronto a sostituirlo a seconda dello scenario che si prospetterà, schiera invece in campo. Maria Elena Boschi, il capitano. Aveva promesso di lasciare la politica in caso di sconfitta al referendum e non l’ha fatto. Da ministro per le Riforme si è interessata della sorte di Banca Etruria, l’istituto bancario del padre. Ha sostenuto di averlo fatto per il territorio, infatti si candida a Bolzano nell’uninominale ed è stata piazzata in altri cinque collegi-paracadute: Cremona-Mantova, Lazio 3, Sicilia 1-02, Sicilia 2-03 e Sicilia 2-01. Tutto pur di non farle mollare la poltrona. In Campania c’è Piero De Luca, figlio del governatore della Campania, Vincenzo, capolista alla Camera ovviamente in Campania e candidato all’uninominale di Salerno, il “feudo” del padre. È imputato di bancarotta fraudolenta per il crac della società immobiliare “Ifil”, società satellite degli appalti del ‘sistema Salerno’ quando il padre era sindaco della città. Ma De Luca raddoppia, con la candidatura del suo ex capo staff, Franco Alfieri. Il “signore delle fritture” elogiato dal governatore campano perché sa fare le “clientele come Cristo comanda”, già condannato in appello a restituire 40.000 euro al Comune di Agropoli e imputato per omissione in atti d’ufficio e sottrazione di beni alla loro destinazione: avrebbe lasciato dei beni sequestrati alla camorra, e destinati al Comune di Agropoli, nella disponibilità dei vecchi proprietari. Per i pm non per dimenticanza, ma per ingraziarsi il “clan degli zingari”.In Campania c’è anche Umberto Del Basso De Caro, già sottosegretario ai Trasporti del governo Gentiloni, è indagato per tentata concussione e voto di scambio. In alcune conversazioni intercettate si evincerebbero, per l’accusa, le sue pressioni al dirigente generale di un ospedale per la rimozione o il trasferimento di alcuni funzionari “non graditi” alla moglie, dirigente amministrativo nello stesso nosocomio. In Abruzzo corre Luciano D’Alfonso, governatore in carica, indagato dalla procura de L’Aquila per corruzione, abuso d’ufficio e turbata libertà degli incanti per interventi di manutenzione di case popolari a Pescara e Penne. E’ stato scelto per meriti sul campo da Renzi come capolista del listino al Senato in Abruzzo. Nel Lazio schierati Claudio Mancini e Bruno Astorre, premiati per il rinvio a giudizio nell’inchiesta sui rimborsi e le spese di rappresentanza del gruppo Pd alla Pisana fra il 2010 e il 2012.Stesso criterio usato per le candidature nelle Marche, con Francesco Comi e Paolo Petrini, coinvolti nello scandalo sulle spese pazze in Regione, procedimento ancora aperto dopo che la Cassazione ha annullato il non luogo a procedere disposto dal gup. Anche in Calabria premiati Ferdinando Aiello, Brunello Censore e Antonio Scalzo per il processo disposto a loro carico nell’ambito dell’inchiesta “Rimborsopoli”. Scalzo, in più, ha visto di recente arrestato il suo capostruttura nell’operazione contro la ‘ndrangheta denominata “Stige”, in quanto accusato di concorso esterno alla potente cosca dei Farao-Marincola. Punta di diamante della formazione renziana, Luca Lotti, attuale ministro dello Sport, è indagato nella vicenda Consip, insieme a Renzi Senior e a gran parte del “giglio magico”, per favoreggiamento e rivelazione di segreto. E’ candidato in Toscana, nel collegio di Empoli 8.(“Lo squadrone di candidati impresentabili del centrodestra” e “Figli di e fritture di, gli impresentabili del Pd”, dal “Blog delle Stelle” del 3 febbraio 2018).Chiuse le liste delle convocazioni dei partiti, dopo notti di lotte all’arma bianca nelle segrete stanze di Arcore e del Nazareno, in attesa di conoscere l’allenatore, ecco la formazione titolare con cui il centrodestra si schiera in campo. Con la fascia di capitano, candidato capolista al Senato in Campania, Luigi Cesaro, detto “Giggino a’ purpetta”, indagato per voto di scambio in riferimento alle ultime elezioni regionali e per minacce a pubblico ufficiale aggravato dalla finalità mafiosa: avrebbe fatto pressioni su una funzionaria del Comune di Marano, che si occupava dei controlli su opere costruite dall’impresa di Aniello e Raffaele Cesaro, suoi fratelli. Antonio Angelucci, premiato per la sua assidua presenza in Parlamento (99.59% di assenze) e per i risultati sul fronte giudiziario con una condanna in primo grado a un anno e 4 mesi per falso e tentata truffa per i contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani “Libero” e “Il Riformista”; oltre un indagine in corso in merito a un’inchiesta sugli appalti nella sanità della procura di Roma. Per lui il posto di capolista alla Camera nel Lazio.
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Di Maio: bei giornalisti, prima mi attaccano poi si candidano
Si vede che la campagna elettorale è entrata nel vivo. Basta leggere i giornali di oggi per capire il livello degli attacchi che stanno cominciando ad intensificarsi contro il MoVimento 5 Stelle e contro di me. Naturalmente ciò che è stato scritto non mi impensierisce, ma alcune riflessioni lasciatemele fare. Cominciamo da “Panorama”, che oggi mi dedica una copertina ridicola. Ci sarebbe da ridere se non fosse che colui che fino a una settimana fa era il direttore di questo settimanale, Giorgio Mulè, oggi è candidato con Forza Italia alla Camera. Ma questo non vale solo per Panorama: Tommaso Cerno, il condirettore di “Repubblica”, il giornale di Carlo De Benedetti, si è dimesso per candidarsi con il Pd. Allora “Panorama”, per tutta la campagna elettorale, dovrebbe scrivere sotto il nome della testata che “il direttore si è dimesso per candidarsi con Forza Italia”, stessa cosa dovrebbe fare “Repubblica” scrivendo «il condirettore Tommaso Cerno si è dimesso per candidarsi con il Pd a Milano». Così riusciremmo a dare un po’ di coordinate a chi legge i giornali.L’altro caso del giorno riguarda la mia missione a Londra con il professor Lorenzo Fioramonti, dove abbiamo incontrato gli investitori internazionali, ai quali ho spiegato cosa faremo la sera delle elezioni. A loro ho detto che il M5S può arrivare ad avere la maggioranza, ma se così non fosse, faremo un appello pubblico a tutte le forze politiche chiedendo di convergere non sui ministeri e le poltrone, ma sui temi. La cosa assurda è che è uscita un’agenzia della “Reuters” che dice che io vorrei fare un governo di larghe intese con Fi, Pd e Lega, e questo governo di larghe intese è finito su tutte le pagine dei giornali di oggi, che scrivono di un giallo o di un presunto malinteso che non c’è mai stato. E ne scrivono soprattutto “Stampa” e “Repubblica”, i giornali di Carlo De Benedetti, che si è fatto 600mila euro grazie alla telefonata di Matteo Renzi che gli annunciava il decreto sulle popolari.Nei collegi uninominali abbiamo presentato una super squadra di competenti che vengono dal mondo della ricerca, dell’università, della medicina, dello sport, delle forze armate, persone che si sono messe a disposizione del paese. I giornali si sono guardati bene dal raccontare di questa squadra e tutti invece parlano di candidati “riciclati”, solo perché c’è una persona che dieci anni fa si è candidata con una coalizione di centrodestra alle amministrative e un’altra che dice di aver fatto otto anni fa la coordinatrice del Pd a livello comunale. Ma queste sono persone che hanno lavorato sul territorio e che hanno abbandonato gli altri partiti anni fa dopo averli conosciuti e che ora mettono la propria faccia nei collegi in cui si candidano.Nel frattempo il Pd a Bologna candida Casini, a Modena la Lorenzin e il figlio di De Luca in Campania; Berlusconi in Campania sta candidando l’autista di Raffaele Cutolo, fondatore della nuova camorra organizzata; a Salerno è candidato Alfieri, quello delle fritture di pesce, mente noi candidiamo Alessia D’Alessandro, giovane economista che lavora in Germania e parla cinque lingue. Però i nostri candidati vengono demonizzati, mentre degli impresentabili candidati dagli altri non se ne parla. Dovete aiutarci a combattere la disinformazione che fa male al paese. I prossimi trenta giorni valgono come dieci anni, perché tra 30 giorni potremmo svegliarci e avere un governo 5 Stelle. Chiedo anche a voi, in questi trenta giorni, di mettere il massimo delle vostre energie.(Luigi Di Maio, “Gli attacchi dei media ci rendono più forti, è il momento di dare il massimo”, dal “Blog delle Stelle” del 3 febbraio 2018).Si vede che la campagna elettorale è entrata nel vivo. Basta leggere i giornali di oggi per capire il livello degli attacchi che stanno cominciando ad intensificarsi contro il MoVimento 5 Stelle e contro di me. Naturalmente ciò che è stato scritto non mi impensierisce, ma alcune riflessioni lasciatemele fare. Cominciamo da “Panorama”, che oggi mi dedica una copertina ridicola. Ci sarebbe da ridere se non fosse che colui che fino a una settimana fa era il direttore di questo settimanale, Giorgio Mulè, oggi è candidato con Forza Italia alla Camera. Ma questo non vale solo per “Panorama”: Tommaso Cerno, il condirettore di “Repubblica”, il giornale di Carlo De Benedetti, si è dimesso per candidarsi con il Pd. Allora “Panorama”, per tutta la campagna elettorale, dovrebbe scrivere sotto il nome della testata che “il direttore si è dimesso per candidarsi con Forza Italia”, stessa cosa dovrebbe fare “Repubblica” scrivendo «il condirettore Tommaso Cerno si è dimesso per candidarsi con il Pd a Milano». Così riusciremmo a dare un po’ di coordinate a chi legge i giornali.
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Stregoni e partiti all’opera: rassegnarsi a questa agonia Ue
«Finito il tempo degli anestesisti, è ormai arrivato quello degli stregoni». L’esito degli “anestesisti”, scrive Leonardo Mazzei, fa registrare un contestuale avvicinamento delle posizioni di tutte le diverse forze politiche in campo, sulla “questione delle questioni”, cioè «la gabbia dell’euro e dell’Unione Europea».Ovvero: «Tutti a criticare l’Europa così com’è, ma tutti a vendere nel mercato elettorale l’unica soluzione totalmente impossibile, cioè quella della “ridiscussione”, “riforma”, “revisione” dei trattati che è del tutto irrealizzabile, altro non fosse che per la necessità di un voto unanime di 27 paesi con i loro diversi (e spesso contrapposti) interessi in campo». Da qui la conclusione: le elezioni 2018 passeranno e l’euro resterà, dato che nessuno gli torcerà un capello. Ora, «tutte le persone informate dei fatti sanno che, senza affrontare il nodo europeo, non può esserci spazio alcuno: non solo per combattere la disoccupazione e uscire davvero dalla crisi, ma neppure per misure parziali volte quantomeno ad alleviare le sofferenze sociali che la crisi ha portato con sé. Ne consegue che tutti i programmi elettorali, per lo più basati su promesse e obiettivi mirabolanti, sono quanto di più falso la storia elettorale italiana abbia mai registrato fino ad oggi». L’azione degli “anestesisti del sistema” è riuscita: «Il che, dopo 10 anni di crisi tutt’altro che risolta, dopo 5 anni della più indecente delle legislature, è sinceramente sconfortante».E ora? Dopo gli “anestesisti”, scrive Mazzei su “Antimperialista”, avranno successo anche gli “stregoni”? Sono quelli che «lavorano alle future alchimie parlamentari e governative affinché nulla cambi in questo disgraziato paese». Se così non fosse, «non ci proporrebbero ancora il volto di pesce lesso Gentiloni: un volto conservatore come pochi, tanto nella mimica quanto in quel cognome aristocratico che porta». La generale omologazione al credo eurista, però, ancora non basta a disegnare una maggioranza in grado di reggersi in piedi. «O meglio, questa omologazione, proprio perché rende possibili diverse soluzioni variamente gradite a lorsignori, sembra non determinare ancora una chiara gerarchia nelle loro preferenze». Eppure, continua Mazzei, questa gerarchia esiste: «I dominanti son sempre previdenti, e – almeno quando possono permetterselo – oltre al piano A cercano sempre di avere un piano B». Da qui una certa apparente confusione, che adesso inizia però a diradarsi. Il piano A è rimasto quello che avevano pensato in autunno, le cosiddette “larghe intese”, «formula alquanto vaga che voleva nascondere quel patto Renzi-Berlusconi che ha consentito la forzatura del Rosatellum». Questo piano ha oggi però una variante, quella che prevede a Palazzo Chigi un “terzo uomo”: non più il ritorno del Bomba, «ma un personaggio più grigio e addomesticabile: se non Gentiloni, magari Padoan».Ecco a cosa è servita la pressione su Renzi: a fargli accettare il passo indietro sulla presidenza del Consiglio, sostiene Mazzei. «Certo, se il Pd dovesse recuperare rispetto ai sondaggi il fiorentino rispolvererebbe all’istante le sue ambizioni. Ma non pare proprio che sia questa l’aria che tira». C’è però un piano B, quello del “governo del presidente” evocato da D’Alema. «A seconda dei risultati, il piano B potrà essere una scelta o una necessità». Una scelta, qualora i numeri del piano A risultassero troppo risicati. Una necessità, se quei numeri proprio non vi fossero. «La differenza tra questi due piani è ovvia: il primo esclude i Cinque Stelle, il secondo li ricomprende». Nel primo caso, al M5S verrebbe assegnato «il classico ruolo dell’opposizione di Sua Maestà», mentre nel secondo «quello di ruota di scorta governativa delle più collaudate forze sistemiche». La prima soluzione, assicura Mazzei, è quella per cui lavorano gli “stregoni” dell’informazione. La seconda è una possibile necessità «non più esclusa per principio dall’oligarchia, ma solo considerata un po’ meno vantaggiosa della prima».Se oggi Renzi sta tornando buono per il mainstream, argomenta l’analista, è perché un Pd in caduta libera finirebbe per determinare nei collegi uninominali una polarizzazione M5S-destra, assai più che Pd-destra. «Con il risultato, ben colto dai sondaggisti, di danneggiare non solo il partito di Renzi al centro-nord, ma pure la destra al sud e nelle isole». Ecco allora il duro lavoro degli “stregoni della comunicazione” per riportare su le quotazioni del Bomba. «In cambio Renzi, ha dovuto platealmente dismettere il suo refrain preferito, quello del vincitore delle primarie come unico candidato alla guida del governo da parte del Pd. Oggi per Palazzo Chigi gli va bene un Pd-purchessia, domani accetterà forse anche un non-Pd-purchessia pur di non tornare nell’anonimato della sua Rignano». Certo, quello degli “stregoni” è un lavoro duro, «specie con questi chiari di luna». Lavoro che «sarebbe quasi impossibile, se solo vi fosse un’alternativa politica credibile. Ma questa non c’è. C’è anzi la sua negazione fatta persona nel volto neodemocristiano di Luigi Di Maio». Italia senza speranze: mala tempora currunt, sintetizza Mazzei.«Finito il tempo degli anestesisti, è ormai arrivato quello degli stregoni». L’esito degli “anestesisti”, scrive Leonardo Mazzei, fa registrare un contestuale avvicinamento delle posizioni di tutte le diverse forze politiche in campo, sulla “questione delle questioni”, cioè «la gabbia dell’euro e dell’Unione Europea».Ovvero: «Tutti a criticare l’Europa così com’è, ma tutti a vendere nel mercato elettorale l’unica soluzione totalmente impossibile, cioè quella della “ridiscussione”, “riforma”, “revisione” dei trattati che è del tutto irrealizzabile, altro non fosse che per la necessità di un voto unanime di 27 paesi con i loro diversi (e spesso contrapposti) interessi in campo». Da qui la conclusione: le elezioni 2018 passeranno e l’euro resterà, dato che nessuno gli torcerà un capello. Ora, «tutte le persone informate dei fatti sanno che, senza affrontare il nodo europeo, non può esserci spazio alcuno: non solo per combattere la disoccupazione e uscire davvero dalla crisi, ma neppure per misure parziali volte quantomeno ad alleviare le sofferenze sociali che la crisi ha portato con sé. Ne consegue che tutti i programmi elettorali, per lo più basati su promesse e obiettivi mirabolanti, sono quanto di più falso la storia elettorale italiana abbia mai registrato fino ad oggi». L’azione degli “anestesisti del sistema” è riuscita: «Il che, dopo 10 anni di crisi tutt’altro che risolta, dopo 5 anni della più indecente delle legislature, è sinceramente sconfortante».
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“Repubblica” in declino? Però ha vinto: ha spento la sinistra
Volano stracci tra Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti, che forse vorrebbe liberarsi del giornale-partito nato nel 1976 «per traghettare la sinistra dall’ideologia sovietico-marxista a quella atlantico-liberale». Non è strano che saltino i nervi, scrive Federico Dezzani nella sua “breve storia, non ortodossa”, del secondo quotidiano italiano: “Repubblica” è scesa a poco più di 200.000 copie, contro le oltre 400.000 di appena sette anni fa, quando Ezio Mauro la schierò frontalmente nella battaglia contro Berlusconi. «Il crepuscolo della Seconda Repubblica avanza minaccioso e non è certo casuale che sia accompagnato dalla crisi del quotidiano che, senza dubbio, ha dominato questo periodo della storia italiana», scrive Dezzani nel suo blog. Nato «per affiancare “L’Unità”», quotidiano del Pci, «e sensibilizzare Botteghe Oscure sulle tematiche “liberali”», il giornale «cavalca nei primi anni ‘80 il caso P2, poi assiste l’assalto giudiziario che nel 1992-93 demolisce la Prima Repubblica», quindi «assume la funzione di mentore della sinistra post-comunista, traghettandola nella metamorfosi Pci-Pds-Ds-Pd», e infine «detta l’agenda al governo se la sinistra vince le elezioni», oppure «guida l’opposizione antiberlusconiana, se la sinistra le perde».