Archivio del Tag ‘paura’
-
Brancaccio: l’Ue distrugge il lavoro e fabbrica migranti
I partiti xenofobi guadagnano consensi e ormai influenzano le agende di governo proponendo il blocco dei movimenti migratori? «Bisognerebbe spiegare ai cittadini che la crescita dell’immigrazione è un problema del tutto secondario rispetto alla questione principale, che riguarda la libera circolazione internazionale dei capitali», spiega l’economista Emiliano Brancaccio. «L’indiscriminata libertà di movimento dei capitali è un fattore scatenante delle onde speculative, degli squilibri e delle crisi del nostro tempo». Se oggi i capitali «possono muoversi da un paese all’altro alla continua ricerca di bassi salari, bassa pressione fiscale sui profitti e blandi vincoli ambientali e contrattuali», il risultato è che «ogni istanza di progresso sociale e civile viene presto o tardi soffocata». Per questo, Brancaccio pensa a un sistema di controllo dei movimenti di capitale, fuori e dentro l’Europa, «specialmente da e verso quei paesi che adottino misure di dumping sociale e fiscale». Ma il vero problema, dice l’economista, è che l’Unione Europea è ormai un cadavere. Pura utopia sperare di poterla riformare dall’interno, come sperava la sinistra di Tsipras e soci.In Italia, ovviamente, buio pesto: «Dalle nostre parti il dibattito politico è dominato dal nulla», dichiara Brancaccio a Giacomo Russo Spena in un’intervista su “Micromega”. «Eppure, quando ai prossimi appuntamenti elettorali si tratterà di giudicare i programmi dei partiti, poche cose saranno importanti quanto la posizione che le varie forze assumeranno sul tema della circolazione indiscriminata dei capitali». L’esodo di massa dei lavoratori, dal Sud verso il Nord dell’Europa? E’ «l’unico meccanismo che può mitigare gli effetti della forbice occupazionale in atto». Ma siamo alla macelleria pura: «Quella migratoria è una valvola di sfogo delicata, complessa, dolorosa, che richiederebbe un minimo di organizzazione preventiva della direzione e della velocità dei flussi». Dinamiche che l’Ue non ha neppure provato a governare, preferendo affidarsi «a rozzi meccanismi di mercato», contribuendo così a «cospargere altra benzina sul fuoco del risentimento sociale e della xenofobia». Ci siamo dentro anche noi: «Oggi la propaganda delle forze reazionarie, in Gran Bretagna come in Germania, cattura consensi anche lamentando che “ci sono troppi italiani in giro”. Con buona pace per gli ideali di fratellanza tra i popoli europei».Queste tendenze, aggiunge Brancaccio, potrebbero sfociare in una sorta di “xenofobia liberista”, a partire dai possibili esiti della trattativa sulla Brexit. L’influente Istituto Bruegel di Bruxelles promuove un nuovo accordo tra Ue e Regno Unito che si basi da un lato sulla riaffermazione della indiscriminata circolazione internazionale dei capitali tra le due aree, e dall’altro sulla concessione ai britannici di bloccare a piacimento i flussi di immigrati dal continente. «Se questo è il meglio che gli illuminati think-tank europei sono in grado di proporre, la sintesi che ho definito “xenofobia liberista” non è più semplicemente un’ipotesi sul futuro, ma deve già esser considerata un’orrida realtà di fatto», dice Brancaccio. Gli storici revisionisti sostengono che l’avvento dei fascismi in Europa fu una reazione alla rivoluzione bolscevica? «Quel che sta avvenendo in questi anni sembra suggerire che l’ascesa di forme più o meno surrettizie di fascismo può anche verificarsi come effetto diretto del meccanismo capitalistico e delle sue crisi, pur nella totale assenza di una minaccia di tipo comunista o anche solo vagamente tradeunionista».E il peggio è che nessuna schiarita è in vista: «Mettiamocelo bene in testa: in Europa non c’è nessuna svolta, nessun vento federalista di cambiamento». La sostanza delle politiche economiche non è cambiata: «L’Eurozona resta sull’orlo della deflazione, con effetti tremendi per le economie più fragili e per i lavoratori di tutto il continente». Morale: «Il sentiero che stiamo percorrendo è palesemente insostenibile». E il problema non riguarda solo la quantità totale di liquidità erogata, ma anche l’impossibilità di indirizzarla verso i soggetti più in difficoltà: attraverso l’acquisto di titoli di Stato, il grosso delle erogazioni Bce finisce alla Germania, anziché alle economie che più ne avrebbero bisogno. E non ci sono segnali politici che possano lasciar sperare in un cambio di rotta. «Con le attuali regole, la solvibilità è del tutto compromessa in Grecia, e in prospettiva non è garantita nemmeno in Italia e negli altri paesi del Sud Europa». Se Draghi si decidesse ad affrontare davvero il problema, aggiunge Brancaccio, dovrebbe riconoscere che l’Eurozona sta implodendo: «Nessuna unione monetaria alla lunga può sopravvivere se il paese più forte si ostina ad attuare una politica di competizione al ribasso sui salari».Oggi in Germania le retribuzioni hanno cominciato finalmente a crescere, ma in questo modo «è stato eliminato solo un terzo del vantaggio competitivo che la Germania aveva accumulato nello scorso decennio, anche grazie a una ferrea politica di controllo dei salari». In una situazione di deflazione – più merci che denaro circolante – si distrugge capacità produttiva, eliminando posti di lavoro nel Sud Europa. In Italia, dall’approvazione del Jobs Act l’occupazione è aumentata meno della metà rispetto alla crescita media europea, già molto modesta. E’ provato: «La precarizzazione dei contratti non crea occupazione, serve solo a indebolire i lavoratori e a ridurre ulteriormente i salari». Così, oggi, gli italiani che lasciano i confini nazionali sono più degli immigrati che arrivano. Altro che Asia e Africa: «Almeno metà delle attuali migrazioni è interna al continente». Era tutto previsto, peraltro, dalla castrofica architettura Ue: fin dall’inizio, «si sapeva che l’assetto dell’Unione avrebbe determinato andamenti sbilanciati dell’occupazione nei diversi paesi, e quindi avrebbe indotto imponenti migrazioni di lavoratori dalle aree più deboli a quelle più forti». Rispetto al 2007, aggiunge Brancaccio, in Germania ci sono oggi circa tre milioni di occupati in più, mentre in Spagna registriamo 2 milioni e trecentomila occupati in meno. In Italia i posti di lavoro sono un milione in meno rispetto a dieci anni fa. «E in tutto il Sud Europa sono stati distrutti circa 5 milioni di posti di lavoro».I partiti xenofobi guadagnano consensi e ormai influenzano le agende di governo proponendo il blocco dei movimenti migratori? «Bisognerebbe spiegare ai cittadini che la crescita dell’immigrazione è un problema del tutto secondario rispetto alla questione principale, che riguarda la libera circolazione internazionale dei capitali», spiega l’economista Emiliano Brancaccio. «L’indiscriminata libertà di movimento dei capitali è un fattore scatenante delle onde speculative, degli squilibri e delle crisi del nostro tempo». Se oggi i capitali «possono muoversi da un paese all’altro alla continua ricerca di bassi salari, bassa pressione fiscale sui profitti e blandi vincoli ambientali e contrattuali», il risultato è che «ogni istanza di progresso sociale e civile viene presto o tardi soffocata». Per questo, Brancaccio pensa a un sistema di controllo dei movimenti di capitale, fuori e dentro l’Europa, «specialmente da e verso quei paesi che adottino misure di dumping sociale e fiscale». Ma il vero problema, dice l’economista, è che l’Unione Europea è ormai un cadavere. Pura utopia sperare di poterla riformare dall’interno, come sperava la sinistra di Tsipras e soci.
-
Marchi: l’universo siamo noi, così la religione ci teme
In molte occasioni ho parlato dell’unità e dell’unione di ogni essere in un Tutto universale unico. Perché questo concetto è così difficile da accettare? Semplice. Perché da millenni l’umanità è stata educata dalle varie religioni del mondo, attraverso riti e cerimoniali vari, a credere all’esistenza di un Creatore e di un Creato. A parlare di un Dio Formale (in maniera antropomorfica) anziché di una Divinità Informale, come stato di Coscienza Cosmica. In questo modo la “teologia morale” ha potuto tenere in scacco l’individuo, parlandogli di giudizi universali, di condanne e di peccato originale, da cui poi egli si è sentito oppresso in maniera punitiva per le sue miserevoli “colpe”. Riscattarsene oggi, con un Dna così preformato, è quasi un’impresa disperata. Da sempre, il fatto che la materia sia intessuta in un modo così straordinariamente perfetto, fino a manifestare una intelligenza del più alto livello ed in modo così stupefacente, ha finito per implicare nella mente degli uomini la presenza nel mondo di un “Grande Progettista” geniale, di un “Grande Orologiaio” distaccato, di un “Grande Orchestratore” esterno, di un “Grande Architetto” costruttore, di un “Grande Regista”, direttore dell’universo.E ciò ha continuato ad avvenire, nonostante la ricerca abbia ormai dimostrato largamente che tutti i sistemi viventi (dato che neanche un atomo è materia inerte) hanno mostrato un grado di assemblarsi da soli veramente strabiliante, a seguito di una trasformazione “auto-organizzata” o “auto-arrangiata” che lascia sbalorditi. Il concetto è difficile da accettare perché sfida il programma subdolo di una cultura millenaria che lo ha spacciato per la nozione più eretica e blasfema che si possa immaginare. E poi perché in quella dualità si annida il business dell’intermediazione, il più scandaloso affare di tutti i secoli. Un affare che è la madre di tutte le atrocità compiute dall’umanità, perché toglie dignità a qualsiasi cosa creduta altro da noi stessi e al nostro stesso simile. Quando invece siamo un “Singolo Organismo” o Campo di Coscienza Universale, un “Intatto” interamente intelligente. Del resto, ci siamo mai chiesti: ma perché la verità si chiama verità? Non perché il suo contrario sia il falso, ma perché essa è unica. Vedere ciò è diverso che dire che essa è non-falsa.Ci sono stati o ci sono ancora individui e organizzazioni che in modo cosciente hanno operato affinché l’Uno apparisse come Due e tale apparente separazione fosse percepita come realtà? Di queste ce n’è una miriade, laiche e religiose. Ma ce n’è una di vertice su tutte, cui tutte fanno capo: il “New Global Order”. Tuttavia per l’approfondimento e l’analisi di questa enorme e micidiale struttura dominante, per la cui trattazione completa ci vorrebbe uno spazio a parte, è bene rimandare qui alla lettura dei libri “La Scienza dell’Uno” e “Mirjel, il Meraviglioso Uno”, entrambi testi del Gruppo Editoriale Macroedizioni, che ne fanno ampio riferimento.(Vittorio Marchi, estratti dall’intervista “Fisica quantistica e spiritualità”, pubblicata sul blog di Giovanni Pelosini il 10 luglio 2011. Il professor Marchi è un eminente ricercatore italiano nel campo della fisica quantistica, autore di importanti saggi anche a carattere divulgativo come “La scoperta dell’invisibile”, “La vertigine di scoprirsi Dio” e “La grande equazione – io, l’universo, Dio”).In molte occasioni ho parlato dell’unità e dell’unione di ogni essere in un Tutto universale unico. Perché questo concetto è così difficile da accettare? Semplice. Perché da millenni l’umanità è stata educata dalle varie religioni del mondo, attraverso riti e cerimoniali vari, a credere all’esistenza di un Creatore e di un Creato. A parlare di un Dio Formale (in maniera antropomorfica) anziché di una Divinità Informale, come stato di Coscienza Cosmica. In questo modo la “teologia morale” ha potuto tenere in scacco l’individuo, parlandogli di giudizi universali, di condanne e di peccato originale, da cui poi egli si è sentito oppresso in maniera punitiva per le sue miserevoli “colpe”. Riscattarsene oggi, con un Dna così preformato, è quasi un’impresa disperata. Da sempre, il fatto che la materia sia intessuta in un modo così straordinariamente perfetto, fino a manifestare una intelligenza del più alto livello ed in modo così stupefacente, ha finito per implicare nella mente degli uomini la presenza nel mondo di un “Grande Progettista” geniale, di un “Grande Orologiaio” distaccato, di un “Grande Orchestratore” esterno, di un “Grande Architetto” costruttore, di un “Grande Regista”, direttore dell’universo.
-
Dal ‘45, Usa e Occidente hanno ucciso 55 milioni di persone
Gli Stati Uniti sono l’impero più sanguinario, il maggior “terrorista” del mondo: dal dopoguerra hanno ucciso 55 milioni di persone. Lo afferma Gianluca Ferrara, saggista e blogger del “Fatto Quotidiano”. Su “ByoBlu”, il video-blog di Claudio Messora, offre una spietata cronologia della strage. A cominciare dal 6 agosto 1945: Hiroshima, 200.000 civili sterminati. «Oggi gli Usa possiedono 7.000 ordigni atomici, 2.000 già dispiegati: ognuno di questi ha un potenziale esplosivo fino a tremila volte superiore a quello di Hiroshima». Come l’Impero Romano e quello napoleonico, gli Usa sono trainati da un’economia di guerra: «Per sopravvivere, hanno bisogno di trovare costantemente un nuovo nemico da combattere». Solo nel 2015 hanno investiti 1.800 miliardi di dollari in armamenti, al servizio di una politica estera «stabilita da un élite» che ci narcotizza, utilizzando i media mainstream. Di fatto, gli Usa «sono l’impero terrorista più brutale della storia: dal 1945 ad oggi, la politica estera dell’Occidente ha determinato l’uccisione di 55 milioni di esseri umani. E nel 1990 l’obiettivo degli Stati Uniti è diventato la conquista del Medio Oriente».La prima Guerra del Golfo ebbe inizio grazie ad un inganno: Saddam venne portato a credere che l’occupazione del Kuwait, che era stato un protettorato inglese ma che era rivendicato dall’Iraq fin dal 1961 come appartenente al suo territorio, sarebbe avvenuta senza l’interessamento degli Usa. «Fu una trappola tesa da April Gaspie, ambasciatrice Usa a Baghdad dell’epoca, che fece intendere che gli Usa non avrebbero interferito». Poi, l’11 settembre 2001, «l’abbattimento delle Torri Gemelle fornì il pretesto per terminare il lavoro». Dei 19 presunti attentatori nessuno era iracheno e nessuno era afghano: ben 15 di loro erano sauditi. Ma ad essere colpita non fu l’Arabia Saudita, bensì l’Afghanistan. «La sfortuna degli afghani – dice Ferrara – fu che in quel territorio doveva transitare un oleodotto, che i Talebani non volevano». Una condotta lunga 1.680 chilometri per portare il gas turkmeno di Dauletabad fino in Pakistan attraverso l’Afghanistan occidentale, cioè le province di Herat e Kandahar.Il progetto venne avviato nel 1996 dalla compagnia petrolifera statunitense Unocal, per la quale lavoravano sia Hamid Karzai che Zalmay Khalizad, in cooperazione con il regime talebano. Nel 1996, la Unocal apre una sede a Kandahar. E l’anno dopo, esponenti del governo talebano vengono ricevuti negli Usa. Ma il piano viene poi accantonato per le difficoltà politiche imputabili ai Talebani. «La seconda sfortuna era che gli anni ’70 avevano visto il boom della produzione di oppio e di eroina in Afghanistan. Era il cosiddetto triangolo d’oro», formato da Laos, Birmania e Cambogia. Triangolo «controllato dalla Cia, che in questo modo finanziava le operazioni anticomuniste nel sud-est dell’Asia». I Talebani negli anni ’90 «continuarono il business della droga con la Cia, ma nel 2000 il Mullah Omar lo mise al bando, allo scopo di guadagnarsi un consenso internazionale». L’anno dopo, la produzione di oppio crollò a valori prossimi allo zero. «Grazie alla conquista dell’Afghanistan, la produzione di eroina afghana (che gli Usa si rifiutarono di combattere, sostenendo che non era compito loro) tornò presto a soddisfare il 93% del fabbisogno mondiale».Gli Stati Uniti non combattono mai una guerra inseguendo un solo obiettivo, continua Ferrara: secondo l’Unicef, i 10 anni di embargo all’Iraq hanno causato la morte di un milione e mezzo di persone, tra cui cinquecentomila bambini. Il segretario di Stato Usa Madeleine Albright, quando le fu chiesto di commentare la morte di questi 500 mila bambini, rispose che la scelta era stata difficile, ma che ne era valsa la pena. «La balla sesquipedale delle armi di distruzione di massa, che sarebbero state in mano a Saddam, fu la scusa per impadronirsi definitivamente dell’Iraq, nel quadro della strategia economico-commerciale “Pivot to Asia”, che mirava a cinturare la Cina per impedirle un’espansione a ovest». Ma le uniche armi di distruzione di massa in mano a Saddam «erano quelle che proprio gli Stati Uniti gli avevano venduto, perché fossero usate per lo sterminio dei curdi».Un genocidio, quello del Kurdistan iracheno, al quale abbiamo contribuito anche noi italiani, con la vendita a Saddam di ben 9 milioni di mine antiuomo: «Del resto ancora adesso Matteo Renzi ritiene doveroso fare affari con chi finanzia l’Isis». Ma anche supponendo che l’Iraq avesse posseduto quelle armi, aggiunge Ferrara, i 7.000 ordigni nucleari di cui gli Stati Uniti d’America sono dotati non sono forse “armi di distruzione di massa”? Bisognerebbe chiederlo all’allora vice di Bush, Dick Cheney, che «per pura coincidenza era anche a capo della grande azienda petrolifera Halliburton, che si avvantaggiò successivamente dell’occupazione dei pozzi petroliferi iracheni». Ma, chiusa la partita con l’Iraq, il processo di colonizzazione prevedeva l’invasione della Siria. «Senza dimostrare molta fantasia, gli Stati Uniti cercarono di convincere il mondo che Assad usava armi chimiche contro i suoi cittadini». Solo la ferma opposizione di Putin riuscì a bloccare Obama, che nel 2013 era a un passo dall’attacco.Serviva allora un’altra strategia: così si inventarono la guerra per procura. «Bisognava finanziare i gruppi che si opponevano ad Assad: Al Nusra e l’Isis. Così, arrivarono piogge di dollari statunitensi sugli jihadisti, come rivelarono in tanti, tra cui ex dipendenti della Cia, ex ufficiali». Michael Flynn: «Sostenere Isis fu una nostra decisione deliberata». Tra le ammissioni persino quelle di un senatore, Rand Paul, e di una deputata, Tulsi Gabbard. Per non parlare del vicepresidente Joe Biden, che nell’ottobre del 2014 rivelò che sugli jihadisti impegnati in Siria erano arrivate piogge di dollari statunitensi. «La vera ragione per cui Assad è stato attaccato – afferma Ferrara – è che nel 2009 si era rifiutato di far transitare sul proprio territorio un gasdotto, proposto dal Qatar e dall’Arabia Saudita, che doveva passare per la Turchia e avere come destinazione l’Europa, per togliere alla Russia di Putin il monopolio». Non solo: «Assad si era accordato con l’Iraq per accogliere un gasdotto alternativo, ed era dalla parte dei palestinesi contro le aggressioni dello Stato di Israele».Poco prima, il “trattamento” era toccato alla Libia, che possiede le riserve di petrolio africane più importanti: 48.000 miliardi di barili, più 1.500 miliardi di metri cubi di gas. «Ma in realtà Gheddafi fu fatto fuori anche per un’altra ragione: proprio come Saddam, aveva deciso di non vendere più il petrolio in dollari, bensì attraverso un’altra moneta sovrana che stava creando: il dinaro libico». Dalla Libia alla Siria, fino all’attuale terrorismo internazionale: i recenti attentati in Francia, Belgio e Germania «hanno delle analogie con quello che accadde in Italia negli anni ’90, dopo la rottura del patto Stato-mafia, quando Roma e Milano furono duramente colpite dalle ritorsioni di Cosa Nostra». Dietro ai kamikaze ci sono «veri professionisti del terrore, che da sempre hanno usato mercenari, criminali, fondamentalisti e perfino squilibrati per seminare la paura e instaurare, sotto la copertura di una finta democrazia, una dittatura economico-militare». I jihadisti, poi, svolgono anche un altro ruolo importante: «Sono un eccellente concime per far germogliare il seme della paura in Occidente: più abbiamo paura, più cerchiamo protezione». Con buona pace del grande Tiziano Terzani, secondo cui «il problema del terrorismo non si risolve uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali».Gli Stati Uniti sono l’impero più sanguinario, il maggior “terrorista” del mondo: dal dopoguerra hanno ucciso 55 milioni di persone. Lo afferma Gianluca Ferrara, saggista e blogger del “Fatto Quotidiano”. Su “ByoBlu”, il video-blog di Claudio Messora, offre una spietata cronologia della strage. A cominciare dal 6 agosto 1945: Hiroshima, 200.000 civili sterminati. «Oggi gli Usa possiedono 7.000 ordigni atomici, 2.000 già dispiegati: ognuno di questi ha un potenziale esplosivo fino a tremila volte superiore a quello di Hiroshima». Come l’Impero Romano e quello napoleonico, gli Usa sono trainati da un’economia di guerra: «Per sopravvivere, hanno bisogno di trovare costantemente un nuovo nemico da combattere». Solo nel 2015 hanno investiti 1.800 miliardi di dollari in armamenti, al servizio di una politica estera «stabilita da un élite» che ci narcotizza, utilizzando i media mainstream. Di fatto, gli Usa «sono l’impero terrorista più brutale della storia: dal 1945 ad oggi, la politica estera dell’Occidente ha determinato l’uccisione di 55 milioni di esseri umani. E nel 1990 l’obiettivo degli Stati Uniti è diventato la conquista del Medio Oriente».
-
Carotenuto: i Maghi Neri non ci domineranno per sempre
Fa più rumore un albero che cade, lo sappiamo: l’immensa foresta cresce in silenzio. Oggi però di alberi ne cadono a migliaia, tutti i giorni. E’ un fragore spaventoso, che provoca smarrimento. Il che non è casuale: più che il legname, infatti, al taglialegna interessa proprio la paura che il crollo provoca. Guerre, disperazione, crisi economiche accuratamente progettate. Ma l’indotto globalizzato della strage quotidiana, il “core business del male”, non è nemmeno il lucro: l’obiettivo numero uno è lo scoraggiamento di massa, planetario. La resa dell’umanità. I trilioni di dollari contano, eccome – sono la lussuosa paga dei grandi mercenari, gli strumenti della “piramide oscura”. Al cui vertice però siedono tenebrosi “sacerdoti”, i Maghi Neri, il cui vero “fatturato” non è misurabile in denaro, ma in dolore. La loro missione: sabotare le connessioni vitali, amorevoli, tra persone e popoli. Da questa prospettiva, decisamente inconsueta, Fausto Carotenuto fotografa, a modo suo, il senso della grande deriva mondiale che stiamo vivendo, di cui spesso stentiamo a cogliere il significato. Ma non lasciamoci spaventare, aggiunge: se il frastuono è in aumento, se gli “architetti del buio” stanno “esagerando”, è perché cominciando ad avere paura del nostro risveglio.Fausto Carotenuto non è un guru della new age. E conosce bene le dinamiche del quadro geopolitico: per anni, è stato analista strategico dei servizi segreti italiani. Da tempo, ha intrapreso nuove esperienze, confluite nel network “Coscienze in Rete”. E ha scritto libri come “Il mistero della situazione internazionale”, che provano a tradurre anche la politica in termini spirituali: una dimensione inconfessabile, impresentabile a livello mainstream (sarebbe spernacchiata come grottesca surperstizione). Ma in realtà – sostiene l’autore – è l’unica prospettiva capace di spiegare fino in fondo l’attitudine dei “dominus”, la loro incrollabile e misteriosa vocazione al peggio. Carotenuto ricorre alle categorie simboliche dell’invisibile, evocando i due principi-cardine a cui si ispirerebbe la “piramide nera”: da un lato “Lucifero”, il demone della realtà illusoria, presentata come rifugio dorato, dove la coscienza “si addormenta” e smette di evolversi; e dall’altro “Arimane”, «il padrone della scena materiale», la cui missione consisterebbe nel «convincerci che non abbiamo spirito, che siamo solo animali evoluti», e quindi «fa di tutto per meccanizzarci, per legarci a vite prive di amore, abbacinate dal denaro, dai piaceri fisici, dal potere sugli altri».Queste due potenze, scrive Carotenuto, sono il vertice di una piramide – reale, concreta – fatta di uomini in carne e ossa. Sono i sommi sacerdoti e loro discepoli, che coordinano le “fratellanze oscure” e le organizzazioni trasversali, utilizzando schiere di mercenari puntualmente reclutati e profumatamente pagati per fare il “lavoro sporco”, senza averne neppure la piena consapevolezza. Ogni anello di questa catena infernale, sostiene l’autore, interpreta innanzitutto il ruolo del carnefice, per poi scoprirsi vittima a sua volta: le vite degli esponenti del massimo potere, a prima vista comode, sono in realtà tormentate da continue lotte: tutti i grandi boss sono avvelenati dalla paura di essere scalzati e privati degli smisurati privilegi conquistati con ogni mezzo. In altre parole: nessuno è davvero felice, lassù. Al punto che, sempre più spesso, si registrano autentiche ribellioni: eredi designati, rampolli di grandi famiglie ed ex “macellai” di lungo corso (dell’economia, della finanza, delle multinazionali) all’improvviso “vedono” la disperazione del sistema e la respingono, non essendo più disposti a restare complici della “piramide oscura”.Anche per questo, secondo Carotenuto, sta aumentando l’intensità della violenza a cui siamo sottoposti, fra disastri economici, guerre e terrorismo: l’élite “nera” teme di perdere la sua presa. E il suo declino, pronostica l’autore, potrebbe essere più rapido di quanto non s’immagini. Ma non sarà una passeggiata: il potere “nero” è un osso durissimo. A comiciare da loro, quelli che Carotenuto chiama Maghi Neri, cioè personalità votate al male: «Hanno ricevuto enormi fortune, grandissimi poteri». Magia, vera e propria: «Lunghi e ripetuti rituali, contro-iniziazioni», che nel corso della storia hanno reso questi individui «particolarmente acuti, di un’intelligenza fredda e metallica, priva di cuore». Godono del potere immenso che esercitano sull’umanità – che disprezzano, insieme al bene e alla libertà. Coadiuvati dai loro discepoli, continua Carotenuto, i Maghi Neri istruiscono le “fratellanze oscure”, ovvero «ristrette organizzazioni», non note ai più, che «praticano ritualità oscure», di tipo occultistico, «con l’uso intensivo di medium». Oltre ai mezzi ordinari, materiali, «dalla manipolazione agli omicidi» le “fratellanze oscure” «praticano attivamente la magia nera», nella quale hanno evidentemente la massima fiducia. Nella formazione degli adepti «viene spenta ulteriormente la forza dell’amore e vengono accentuate particolari doti, dell’intelligenza e dell’obbedienza».Spesso si tratta di giovani, «lanciati in carriere fulminanti», per arrivare a volte a diventare «consiglieri più o meno occulti di qualche eminente personalità», fino ad essere «investiti in prima persona nei grandissimi incarichi». Secondo Carotenuto, «il lavoro rituale fatto su di loro lascia spesso tracce esteriori visibili negli occhi, che acquistano una apparenza strana, priva di calore o vitrea». Occhi «dotati di una luce inquietante, o spenti». Non è una pagina della saga di Harry Potter. Ricorda da vicino certi film, come “L’avvocato del diavolo”, con Al Pacino e Keanu Reeves. Ma quella di Carotenuto non è fiction: anche se parla apertamente di magia (nera), la modalità narrativa è quella della saggistica. Le “fratellanze oscure”? Esistono, eccome. E funzionano proprio così, sostiene l’autore. «Si tratta probabilmente di qualche decina di organizzazioni segrete, presenti e attive ovunque nelle strutture del potere laico e di quello religioso». Sono queste organizzazioni che «predispongono e dirigono gli uomini che portano avanti in modo piuttosto consapevole le più forti operazioni di condizionamento dell’umanità: le contro-ispirazioni, gli attacchi alla natura umana, le guerre, il terrorismo».Tutto il resto è a valle, assicura l’ex analista geopolitico dell’intelligence: dalla Trilaterale al Council on Foreign Relations, dal Bilderberg all’Aspen Istitute, dal Club di Roma ai Rotschild, fino alla Goldman Sachs e alla super-massoneria deviata. La recente letteratura complottista punta il dito contro i gesuiti e l’Opus Dei, i Fratelli Musulmani, il B’nai B’rith israeliano? «Queste organizzazioni, misteriose ma note, sono sono al quinto livello della scala del potere oscuro», cioè «abbastanza in basso», vale a dire: «Meri esecutori, ben compensati per i loro servigi, con soldi e potere. Ma non sono loro a elaborare le grandi strategie del male». Restano agli ordini dei «livelli superiori», cioè «alcune centinaia di famiglie e organizzazioni». Gli uomini delle “fratellanze oscure” «ricevono spesso incarichi dirigenziali importanti nei principali settori del potere economico, politico, militare, religioso, culturale, scientifico, mediatico e malavitoso». Esecutori speciali, che «rispondono fedelmente agli uomini delle cerchie ristrette», da cui ricevono istruzioni, che applicano alla lettera, senza mai discuterle, per non perdere le posizioni acquisite.Quello degli esecutori disseminati nelle “fratellanze oscure”, sempre secondo Carotenuto, è un vero e proprio esercito: «Sono molte migliaia, in tutte le organizzazioni mondiali di potere, in tutti i settori. Capi e dirigenti importanti delle organizzazioni multinazionali fondamentali», dall’Onu al Fmi, dalla Banca Mondiale al Wto fino all’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Inlcusi «la maggior parte dei capi religiosi e dei capi di Stato e di governo». Leader di partito e capi delle multinazionali, vertici bancari e finanziari, senza contare l’impero dei mass media, la maggior parte dei servizi segreti e delle forze armate. Farebbero parte del sistema anche i maggiori responsabili dei principali gruppi religiosi, nonché i boss dei cartelli criminali mafiosi. «Vicino a loro c’è sempre almeno un emissario della cerchia ristretta, della “fratellanza”, da cui dipende il loro gruppo». E’ un uomo «al quale non si può dire di no, mai: nemmeno il presidente degli Stati Uniti può dire di no a un certo assistente o collaboratore, mai». A volte, aggiunge Carotenuto, il politico non capisce neppure perché gli viene ordinato di fare certe cose, in apparenza senza senso; ma obbedisce sempre, puntualmente premiato con «ricche porzioni di potere materiale».Più a valle ancora, nella serie di gironi danteschi rappresentati da Carotenuto, ci sono i semplici “mercenari” reclutati per singole missioni. E quindi – ultimo anello della catena – ci siamo noi, il resto dell’umanità: «Se non ci fossimo noi, coi nostri attuali comportamenti, a fare da base a ognuna di quelle piramidi, non esisterebbero neppure». L’autore le chiama “forme-impero”, “piramidi del male”. Tutti noi, inconsapevolmente, ne facciamo parte. Come? Lasciando che la nostra coscienza continui a dormire: «Tutti gli spazi della nostra vita non occupati dalla nostra coscienza, dalle nostre azioni e dai nostri pensieri vigili, in direzione del bene, della crescita della coscienza nostra e degli altri intorno a noi, sono il campo di manovra delle forze oscure. Ogni mancanza di amore e di coscienza, da parte nostra, è un mattone delle piramidi del male, che approfittano immediatamente delle nostre omissioni, delle nostre assenze, dei nostri egoismi». Basta poco: fidarsi di quello che il potere racconta, lasciarsi gestire, delegare ai “poteri oscuri” l’orientamento della nostra vita, delle nostre scelte anche politiche, del nostro lavoro, del nostro tempo. «Il loro potere deriva dal sangue che ci succhiano, che sono le nostre energie economiche, fisiche, vitali e psichiche. Ma siamo sempre noi a porgere il collo, inconsciamente, a queste vere e proprie “piramidi di vampiri”».Carotenuto le chiama anche “forze dell’ostacolo”: in apparenza soltanto negative, “demoniache”, ma in realtà – per quanto abominevoli – anch’esse funzionali, in ultima analisi, alla “strategia del risveglio” con cui, silenziosamente, l’umanità sarebbe alle prese. Solo lo stato di crisi, infatti, mobilita le risorse interiori, altrimenti dormienti. Il male, in funzione del bene: una visione filosofica tipicamente orientale, in Occidente abbracciata per lo più dalle correnti minoritarie, esoteriche, come il templarismo (San Bernardo che non uccide il diavolo, ma lo doma tenendolo al guinzaglio, incatenato). Il libro di Carotenuto sorvola sui nomi, preferendo uno sguardo prospettico e teorico. Non denuncia direttamente singoli “colpevoli”, ma descrive il meccanismo che li produce – e lo fa ricorrendo a una visione “animica”, di tipo spiritualistico, insistendo nella convinzione che (al di là dell’apparenza) proprio la dimensione spirituale sia quella dotata di maggiore concretezza, come il super-potere della “piramide” ben sa, assicura l’autore.Quelli a cui manca questa consapevolezza, invece, siamo proprio noi: non abbiamo ancora compreso l’immenso potenziale, anche pratico, di una forza non convenzionale chiamata “amore”, capace di prodigiosi contagi benefici – quelli che la “piramide oscura” teme così tanto, al punto da traumatizzarci anche col terrore diffuso, per spezzare le “reti invisibili, amorevoli”, destinate infine a vincere. E’ infatti questo il messaggio dell’autore: la “foresta” sarà anche silenziosa, ma ultimamente sta crescendo a ritmi inimmaginabili. Milioni di individui, dice Carotenuto, attraverso la condivisione di conoscenze ed esperienze solidali stanno espandendo in profondità la loro coscienza, verso un’evoluzione impensabile dell’umanità, senza più odio. Si avvicina la fine delle “forme-impero”, come Roma (il contario di Amor) trasformatasi in un altro impero, con l’alibi di una religione storicamente manipolata, modellata per riprodurre all’infinito lo schema del dominio, quello dei Maghi Neri? Carotenuto ci crede: il male è scatenato, nel mondo, e questo provoca ondate di angoscia e di egoismo. Ma le “armate bianche” – così le chiama – sono entrate in azione, e spingeranno ognuno di noi a sottrarsi al potere delle “piramidi oscure”, cambiando il modo di pensare la propria vita e cominciando ad amare il prossimo. Questo farà crollare l’architettura dell’inferno che ci tiene prigionieri della paura.(Il libro: Fausto Carotenuto, “Il mistero della situazione internazionale. Come portare la spiritualità in politica”, Uno Editori, 247 pagine, euro 16,90).Fa più rumore un albero che cade, lo sappiamo: l’immensa foresta cresce in silenzio. Oggi però di alberi ne cadono a migliaia, tutti i giorni. E’ un fragore spaventoso, che provoca smarrimento. Il che non è casuale: più che il legname, infatti, al taglialegna interessa proprio la paura che il crollo provoca. Guerre, disperazione, crisi economiche accuratamente progettate. Ma l’indotto globalizzato della strage quotidiana, il “core business del male”, non è nemmeno il lucro: l’obiettivo numero uno è lo scoraggiamento di massa, planetario. La resa dell’umanità. I trilioni di dollari contano, eccome – sono la lussuosa paga dei grandi mercenari, gli strumenti della “piramide oscura”. Al cui vertice però siedono tenebrosi “sacerdoti”, i Maghi Neri, il cui vero “fatturato” non è misurabile in denaro, ma in dolore. La loro missione: sabotare le connessioni vitali, amorevoli, tra persone e popoli. Da questa prospettiva, decisamente inconsueta, Fausto Carotenuto fotografa, a modo suo, il senso della grande deriva mondiale che stiamo vivendo, di cui spesso stentiamo a cogliere il significato. Ma non lasciamoci spaventare, aggiunge: se il frastuono è in aumento, se gli “architetti del buio” stanno “esagerando”, è perché cominciando ad avere paura del nostro risveglio.
-
Paolo Barnard, l’appestato. E’ l’uomo più scomodo d’Italia
Ho iniziato a fare il giornalista ‘alla vecchia’ (piccoli pezzi x piccolo ma ottimo giornale, “La Gazzetta di Parma”) mentre vivevo a Londra sotto il ‘Nazismo’ Neoliberista di Margaret Thatcher. Anni ’80. Lavoravo con schiavi sociali in un tunnel a sgrassare auto, in nero. Ho vissuto come vivono gli schiavi delle ‘riforme’ del lavoro. Mi sono specializzato in politica estera vivendo anche negli Usa. Lì ho visto di peggio parlando di sadismo sociale Neoliberista, cose che in Italia arriveranno fra 20 anni. Di certo. Nel 1988 approdo alla stampa italiana importante, Mondadori, perché ho l’idea di essere il primo giornalista al mondo che intervista Roger Waters, Pink Floyd, unicamente sulle tematiche sociali di “The Wall”. Waters aveva appena rifiutato una richiesta di “Rolling Stone Magazine”. Accetta me perché nessuno si era mai interessato alle sue idee politiche. Nel 1991 inizio una collaborazione con “Samarcanda” di Michele Santoro, dove, con l’aiuto della compianta Jill Tweedy, faccio lo scoop del testimone americano che, all’insaputa del mondo intero, era rinchiuso all’Al-Rasheed hotel di Baghdad durante la I Guerra del Golfo, e che aveva smentito con foto tutta la versione della Cnn/Pentagono su bombardamenti di civili.Vengo minacciato di arresto dal deputato Giuliano Ferrara e salvato da Andreotti che, col Papa, si opponeva alla guerra. Mai incontrato Andreotti, la cosa mi fu rivelata dopo da Paolo Liguori. 1993, vengo minacciato di morte da un agente Cia a Roma, che mi dice: «Se ti offriamo 5 milioni di lire al mese per andare a fare il giornalista all’ufficio turistico del Trentino, tu accetta. Mi stai capendo?». Offerta mai giunta, perché fui allontanato dalla Rai immediatamente, quindi non ero più un pericolo. Nel 1993 scopro per primo le torture dei soldati italiani in Somalia nell’operazione “Restore Hope”, le pubblico su “La Stampa” di Torino. Silenzio generale (anni dopo, “Panorama” fece lo ‘scoop’). Nel frattempo lavoro per quasi tutte le testate nazionali di stampa, inclusi il “Corriere della Sera” e la “Voce” di Indro Montanelli, poi per Paolo Flores D’Arcais a “Micromega”, e per il “Golem” del “Sole 24 Ore” con l’ex Pm di Mani Pulite Gherardo Colombo. Sempre da esterno. Nel 1994, Roberto Quagliano, Milena Gabanelli ed io, con 4 altri, fondiamo “Report”, sotto la direzione di Giovanni Minoli (allora si chiamava “Effetto Video8”).Nello stesso anno sono in Africa a lavorare sulla guerra in Angola e soprattutto in Sudafrica, dove Mandela rischia di non poter essere eletto per via delle violenze. Vedo stragi, corpi dilaniati, rischio due volte di morire. La seconda volta ero sdraiato sul fondo di una cabina del telefono x mandare una corrispondenza, mentre dei proiettili Ak 47 mi volavano sopra la testa. Dall’altra parte del telefono un idiota mi dice: «Richiama, c’è Berlusconi in diretta». Lì decisi che l’Italia… stocazzo. All’elezione di Mandela sputtano Henry Kissinger di fronte a tutta la stampa mondiale. Nessun italiano presente. Pensai di non lasciare il paese vivo. Alla fine del 1995 intervisto in esclusiva il leader serbo-bosniaco Radovan Karadzic, che faccio infuriare quando gli dico che Milosevic ha tendenze suicide e sta portando tutto il paese alla morte. Al tempo non eravamo al corrente degli accordi segreti Usa-Israele per fomentare la guerra, rivelati poi. Nel 1998 faccio un’inchiesta (“Report”, Rai3) sull’assistenza ai morenti (Hospice) del tutto inesistente allora in Italia. Sono il primo in Italia a fare un’inchiesta (“Report”, Rai3) sul debito dei paesi poveri che li sta ammazzando per il sadismo del Fondo Monetario Internazionale, che insiste nei pagamenti da parte di gente disperata. Vedo la fame, cosa sono i poveri davvero, l’orrore dell’Africa fuori dai club vacanze.Sono il primo in Italia nel 1999 a fare un’inchiesta (“Report”, Rai3) sulla globalizzazione e sugli Istituti Sovranazionali padroni del mondo, che comandano i Parlamenti di chiunque (oggi tutti lo sanno…). Da lì inizio la mia indagine sul Vero Potere, intuisco cioè che la vita di tutti noi non è comandata dai singoli governi. Sono il primo in Italia a fare un’inchiesta (“Report”, Rai3) dove denuncio Usa, Iraele e Gran Bretagna come i maggiori terroristi del mondo. Tratto il caso Palestina senza peli sulla lingua per Israele. Ricevo il plauso di Noam Chomsky, Ilan Pappe, John Pilger, fra gli altri. Sono il primo in Italia a fare un’inchiesta (“Report”, Rai3) sullo sfruttamento degli ammalati da parte delle multinazionali del farmaco, che costa alla Rai la prima querela in civile mai ricevuta, e a me l’abbandono da parte di Milena Gabanelli, “l’eroina del giornalismo libero”. Mi abbandonarono perché non si creasse un precedente in Rai dove un giornalista viene difeso e gli viene pagata l’eventuale condanna pecuniaria. In tribunale, Rai e Gabanelli chiedono la mia condanna in esclusiva, come se l’inchiesta l’avessi messa in onda io da solo! Perdo il lavoro e il reddito e non ho fondi per difendermi.Sono il primo in Italia a fare un’inchiesta (Rai Educational di Minoli) su come una Commissione di Grandi Clinici ammalati gravi, che quindi hanno conosciuto la sofferenza e la paura, saprebbe rifare la sanità in senso più umano e più efficiente. Fondiamo la Commissione, arriviamo fino al ministro della sanità Livia Turco, ma il suo governo cade poche settimane dopo. Sono il primo in Italia a scrivere un libro di altissima documentazione internazionale (archivi segreti Usa e Gb et al.) sul terrorismo occidentale nel mondo povero, sull’orrore neo-nazista d’Israele in Palestina, e di come questo nostro terrorismo in un secolo di violenze immani ha poi portato a Bin Laden e ad altri gruppi armati di resistenza nel mondo. Il libro è edito da Rizzoli Bur, col titolo “Perché ci odiano”. Scrivo altri 5 libri, ma non voglio che li compriate, perché gli editori sono delle merde e non meritano soldi. Giovanni Minoli mi chiede di tornare in Rai. Gli dico no. Prima Rai e Gabanelli devono chiedermi scusa in pubblico (sì, certo). Scrivo due saggi, fra altri, intitolati “Per un mondo migliore” e “L’informazione è noi” dove parlo di concetti che forse verranno capiti fra 90 anni.Nel 2009 intuisco che tutta l’Eurozona è un immenso crimine sociale guidato da poteri forti, cioè il Vero Potere. Studio un’economia alternativa e di altissimo interesse pubblico, la Mosler Economics-Mmt (Me-Mmt), dal nome dell’economista americano Warren Mosler (un genio). La porto in Italia per primo, e nel 2010 pubblico la storia, la denuncia, e i rimedi (la Me-Mmt) del crimine chiamato Eurozona in “Il Più Grande Crimine” (online). Vengo deriso per anni da tutti, specialmente dagli economisti di ‘sinistra’. Oggi tutti ’sti pezzenti mi copiano parola per parola senza citarmi. Racconto per anni cosa sia il Vero Potere, come funziona, dico cose che appaiono alla gente e ai ‘colleghi’ come follie, ma sono io avanti 50 anni su questo perché ho vissuto fra Il Vero Potere, e infatti tutto ciò che dissi si sta avverando. Nel 2012, al palazzo dello sport di Rimini, io e altri attivisti organizziamo la più grande conferenza di economia della storia, con oltre 2.000 partecipanti paganti. Portiamo la Me-Mmt in Italia in grande stile. Nessun media, neppure quelli di quartiere ci coprono. Santoro manda una ragazzina a filmare, che poi dirà che le cassette furono… rubate.La Me-Mmt diventa un fenomeno nazionale organizzato per gruppi regionali. Facciamo migliaia di conferenze. Io vengo chiamato da “L’ultima parola”, Rai2, diverse volte, da TgCom24, da “La Zanzara”, da Radio3, e poi divengo editorialista economico di punta di “La Gabbia” a La7. Verrò cacciato per motivi, non pretestuosi ma ridicoli, da Gian Luigi Paragone di “La Gabbia” ben 3 volte. La verità la sa solo lui (e Berlusconi). Creo quindi ciò che lo stesso Warren Mosler chiama “il più grande fenomeno Me-Mmt” del mondo. Purtroppo pochi anni dopo Mosler mi accoltella alle spalle, col beneplacido del 99% dei miei collaboratori. Oplà. Divento un ‘appestato’, il primo giornalista-Ebola d’Italia. Una carriera, la mia, che va dal top nazionale al non essere più chiamato neppure da una radio di parrocchia. Sono il primo in Italia a inventarsi “La crisi economica spiegata alla nonna”, dove racconto il crimine epocale dell’Eurozona con termini comprensibili alle nonne. Oggi gentaglia economica di ogni sorta, e i miei stessi ex collaboratori, mi stanno copiando tutto senza citarmi. Sono il primo in Italia a inventarsi “La storia dell’economia (che ti dà da mangiare) spiegara al bar”. Idem come sopra, copioni inclusi. Sono il primo in Italia a inventarsi “L’economia criminale spiegata ai ragazzi attraverso i testi delle canzoni pop”. Questa non me l’hanno ancora copiata, ma fra un poco vedrete…Nella mia vita professionale ho mandato al diavolo ogni singola occasione di divenire famoso. Ho criticato aspramente (mandato a fanc…) per senso di giustizia ed etica: Minoli (disse: «Se vedo Barnard gli tiro un armadio», ma Minoli rimane un ‘grande’) – la Gabanelli (che rimane una m…) – Flores D’Arcais – Gherardo Colombo – Marco Travaglio – Beppe Grillo (che mi chiamò a Quarrata “un grande”) – Lorenzo Fazio che è il boss di Chiarelettere e del “Fatto Quotidiano” – Giuliano Amato (che mi chiamò a casa) – Vittorio Sgarbi che mi voleva in una sua trasmissione – il ministro Tremonti che mi chiamò per capire ‘la moneta’… – Cruciani e Parenzo in diverse puntate – Gianluigi Paragone – e ho rifiutato ogni singola offerta di candidatura politica, fra cui quella di Berlusconi per voce di Marcello Fiori (con testimoni). Ho ignorato un migliaio di paraculi più o meno noti che mi volevano come volto pubblico. Ho detto a Maroni in diretta Tv che è un deficiente, ho chiamato “criminali” Mario Monti, Prodi, Napolitano e molti altri, sempre in diretta Tv, mi feci cacciare dal ministero dell’industria dal ministro Piero Fassino, ho sputtanato Romano Prodi alla Commissione Europea, ho detto a Peter Gomez che è un falsario (con Travaglio) che ha ignorato la distruzione del paese per far soldi coi libri su Berlusconi. Infatti sono l’unico italiano che non ha un blog sul “Fatto Quotidiano”.Quando compresi che il 99% dei miei collaboratori nel Movimento Me-Mmt erano dei fagiani che non capiscono il Vero Potere per nulla, parecchio vigliacchini, o che erano perfidi carrieristi, li ho tutti buttati al cesso. E… ho ignorato un tal Roberto Mancini che si è alzato da un tavolo per stringermi la mano. Non sapevo che è una star del calcio… ( Ho fatto volontariato per decenni in aiuto a gente che voi neppure immaginate, ho messo le mani nel dolore, nella devastazione sociale, nella morte. E forse sarà l’unica cosa che mi ricorderò quando crepo. Oggi nel panorama giornalistico e intellettuale non mi considera più nessuno. Dicono, alcuni critici, che è a causa delle mie folli provocazioni sociali che ho reso pubbliche, ma ciò è falso: il problema non erano le mie provocazioni, ma che il 99,9% del pubblico è troppo scemo per capirle. Nella realtà, e siamo seri, se un reporter da 30 anni attacca Usa, Israele, e soprattutto il Vero Potere come ho fatto io, be’, è normale essere sepolto vivo. Curiosità: piaccio alle donne, ragazzine incluse, come se fossi Johnny Depp, ma so che è solo perché sono un ‘personaggio’, e non ci vado a letto (sono vecchio e brutto come un c…). So fare le pizze e il filetto al pepe verde come un Dio. Ho un carattere micidiale, quando mi parte la furia o la rabbia sociale non mi fermo (inclusi gli 8 poliziotti che chiamavo ‘assassini’ di Cucchi e Aldrovandi, e che mi hanno spaccato un braccio, denunciato, ecc.). Ma sono un genio che ha scritto e fatto cose 100 anni avanti a tutti. Amo indossare i gioielli come le donne, e di più. Adoro la donne. Vostro PB.(Paolo Barnard, “Obbligatorio leggere chi sono, prima di leggermi”, post in evidenzia nel blog di Barnard, i cui agiornamenti sono sospesi, per protesta, dall’inizio di agosto 2016, per sfiducia nel pubblico italiano).Ho iniziato a fare il giornalista ‘alla vecchia’ (piccoli pezzi x piccolo ma ottimo giornale, “La Gazzetta di Parma”) mentre vivevo a Londra sotto il ‘Nazismo’ Neoliberista di Margaret Thatcher. Anni ’80. Lavoravo con schiavi sociali in un tunnel a sgrassare auto, in nero. Ho vissuto come vivono gli schiavi delle ‘riforme’ del lavoro. Mi sono specializzato in politica estera vivendo anche negli Usa. Lì ho visto di peggio parlando di sadismo sociale Neoliberista, cose che in Italia arriveranno fra 20 anni. Di certo. Nel 1988 approdo alla stampa italiana importante, Mondadori, perché ho l’idea di essere il primo giornalista al mondo che intervista Roger Waters, Pink Floyd, unicamente sulle tematiche sociali di “The Wall”. Waters aveva appena rifiutato una richiesta di “Rolling Stone Magazine”. Accetta me perché nessuno si era mai interessato alle sue idee politiche. Nel 1991 inizio una collaborazione con “Samarcanda” di Michele Santoro, dove, con l’aiuto della compianta Jill Tweedy, faccio lo scoop del testimone americano che, all’insaputa del mondo intero, era rinchiuso all’Al-Rasheed hotel di Baghdad durante la I Guerra del Golfo, e che aveva smentito con foto tutta la versione della Cnn/Pentagono su bombardamenti di civili.
-
Bonificare il vertice dell’Occidente: finirà il terrore dell’Isis
La scelta degli obiettivi del neoterrorismo appare strategicamente ragionata dalla Sovragestione, con una evoluzione molto particolare che costituisce la riproposizione del vecchio modulo terroristico. In effetti Al-Qaeda aveva colpito nei fatti dell’11 settembre 2001 dichiarando una specie di stato di guerra al nemico dichiarato: gli Stati Uniti d’America. Colpire le Torri Gemelle o addirittura il Pentagono era colpire direttamente un nemico dichiarato, era l’atto iniziale di una guerra su un territorio, mai in precedenza direttamente nel mirino del Terrore. Isis cambia modo. Francia e Belgio, nonostante le gravi responsabilità della prima nelle vicende libiche, non sono nemici diretti del mondo arabo, anzi. E neanche l’Unione Europea. Quindi appare chiaro che la scelta è di affermare l’identità dell’Isis con atti di terrore che destabilizzino e intimidiscano non un nemico attuale, ma anche solo un nemico del tutto potenziale. La Sovragestione decide, in altri termini, di affermare l’esistenza del neonato Stato Islamico, con atti rivolti su soggetti ritenuti deboli, coma l’Europa, teatro di divisioni e di distinguo opportunistici tra Stati, e quelli ritenuti più deboli sotto il profilo della sicurezza interna, la Francia e il Belgio, sono stati colpiti perché più ospitali nei confronti del mondo islamico, nell’illusione per ora tramontata di sostenere e rafforzare un Islam “moderato”.Perché la possibilità di una leadership nel mondo islamico, di una quanto mai inerte e inattiva componente moderata è comunque il primo pericolo, sia pure del tutto potenziale, per Isis: per lo stesso motivo per il quale il primo nemico della struttura clericale sono stati gli eretici e non gli atei o i credenti di altre religioni, o i primi nemici del comunismo integralista sono stati i socialisti e i comunisti non “ortodossi”. Ma questo interessa alla Sovragestione solo per motivare profondamente l’integralismo islamico costruendo la figura del nemico. I veri interessi e i veri obiettivi sono altri. E la vera firma simbolica della Sovragestione la troviamo nella scelta, di enormi risvolti esoterici, degli obiettivi dell’azione neoterroristica di Bruxelles. Aeroporto e Metropolitana. Alchemicamente, “Quod superius est inferius”. Cattolicamente, “Così in cielo come in terra”. Perché iniziato vero è colui che cerca in sé l’orma della divinità, controiniziato colui che crede di essere Dio. E l’Isis è solo il braccio armato, ma anche il panno rosso del torero agitato davanti al povero toro. Non c’è nulla di religioso in tutto questo. Perché chi crede di essere Dio, non ha bisogno, in alcuna forma, di Dio.Sviluppi. Il neoterrorismo, per come si prospetta la situazione, ha per ora realizzato pienamente gli obiettivi strategici della Sovragestione e gli obiettivi tattici del suo braccio armato, l’Isis. Gli obiettivi strategici sono portare guerra e terrore Urbi et Orbi (aeroporti e metropolitane) non consentendo a nessuno di individuare il presupposto fondamentale di una guerra che si possa combattere con successo, e cioè il teatro dei fatti bellici, il cosiddetto “campo di battaglia”. Il resto del mondo (parlare solo di Occidente sarebbe riduttivo) non sa dove difendersi, oltre a non conoscere il vero avversario, che è la Sovragestione prima dell’Isis. La stessa creazione dello Stato Islamico appare come l’ennesima brillante intuizione strategica di disegnare un campo di battaglia che produca nuove stragi, ma che sia anche lontano dai veri interessi in gioco, non manifestando infine ciò che si deve veramente distruggere e alimentando altresì l’odio delle popolazioni avvelenate dall’integralismo islamico contro chi è costretto ad ammazzargli amici e familiari.Le intelligence delle varie nazioni coinvolte dovrebbero sapere che la Sovragestione ha da tempo preparato almeno tre progetti di Stati islamici diversamente collocati da quello attuale, in caso di crollo e disfatta del medesimo. Come l’Italia dovrebbe sapere, solo in termini di consapevolezza, non in termini di intimidazione o paura, che qualunque suo coinvolgimento operativo in iniziative sul territorio dell’Isis, comporterà che muti la sua natura da obiettivo potenziale a obiettivo effettivo. I terreni ipotizzabili di una azione neoterroristica, anche sotto il profilo simbolico proprio della Sovragestione, oggi sono due: Roma, ovviamente, e la Sicilia, Palermo per esempio. Certamente l’Isis sarebbe da disgregare, ma nella consapevolezza che gli altri Stati islamici sono pronti per sorgere, o la stessa Isis per risorgere altrove. Occorre che, contestualmente alle manovre di sicurezza attuali, entri a tutti gli effetti nel mirino delle analisi e della costruzione di strategie la Sovragestione; e ciò può avvenire solo tramite una bonifica delle proprie strutture di potere del mondo occidentale, cosa resa difficile dalle attuali zone oscure di contiguità. L’operazione culturale, sociale, politica, ma anche iniziatica è quella di contrapporre al riscatto escatologico e ipotetico degli integralismi religiosi e non, la concreta, quotidiana, ricostruzione del vero Tempio, che è l’Uomo. La vera scommessa dell’Occidente è la nascita di un Neoumanesimo.(Gianfranco Carpeoro, estratto da “Analaisi sistematica del neoterrorismo islamico”, dalla pagina Facebook di Carpeoro del 13 aprile 2016. Massone e studioso del linguaggio simbolico cifrato, proprio del mondo esosterico, l’avvocato Carpeoro è autore di romanzi come “Il volo del Pellicano”; di prossima uscita, per Uno Editori, il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”).La scelta degli obiettivi del neoterrorismo appare strategicamente ragionata dalla Sovragestione, con una evoluzione molto particolare che costituisce la riproposizione del vecchio modulo terroristico. In effetti Al-Qaeda aveva colpito nei fatti dell’11 settembre 2001 dichiarando una specie di stato di guerra al nemico dichiarato: gli Stati Uniti d’America. Colpire le Torri Gemelle o addirittura il Pentagono era colpire direttamente un nemico dichiarato, era l’atto iniziale di una guerra su un territorio, mai in precedenza direttamente nel mirino del Terrore. Isis cambia modo. Francia e Belgio, nonostante le gravi responsabilità della prima nelle vicende libiche, non sono nemici diretti del mondo arabo, anzi. E neanche l’Unione Europea. Quindi appare chiaro che la scelta è di affermare l’identità dell’Isis con atti di terrore che destabilizzino e intimidiscano non un nemico attuale, ma anche solo un nemico del tutto potenziale. La Sovragestione decide, in altri termini, di affermare l’esistenza del neonato Stato Islamico, con atti rivolti su soggetti ritenuti deboli, coma l’Europa, teatro di divisioni e di distinguo opportunistici tra Stati, e quelli ritenuti più deboli sotto il profilo della sicurezza interna, la Francia e il Belgio, sono stati colpiti perché più ospitali nei confronti del mondo islamico, nell’illusione per ora tramontata di sostenere e rafforzare un Islam “moderato”.
-
Brzezinski: contrordine, America. Pace con Putin e la Cina
«L’architetto principale del piano di Washington per governare il mondo ha abbandonato il progetto e ha richiesto la creazione di legami con la Russia e la Cina». Anche se l’articolo di Zbigniew Brzezinski su “The American Interest”, dal titolo “Towards a Global Realignment” (verso un riallineamento globale) è stato ampiamente ignorato dai media, «dimostra che membri potenti dell’establishment decisionale non credono più che Washington prevarrà nel suo tentativo di estendere l’egemonia degli Stati Uniti in tutto il Medio Oriente e in Asia», afferma Mike Whitney. Il super-massone reazionario Brzezinski, primo reclutatore di Osama Bin Laden in Afghanistan, «è stato il principale fautore di questa idea», l’espansione “imperiale”, già esposta nel 1997 nel libro “La Grande Scacchiera: il primato americano e i suoi imperativi geostrategici”. Ora «ha fatto dietro-front e ha richiesto una incredibile revisione strategica». Infatti scrive che «gli Stati Uniti devono prendere l’iniziativa per riallineare l’architettura del potere globale», dal momento che «finisce la loro epoca di dominio globale». Meglio sfruttare la residua potenza americana per affrontare in modo diverso, cioè pacifico, «l’emergente ridistribuzione del potere globale e il violento risveglio politico in Medio Oriente».Gli Stati Uniti, sottolinea Brzezinski, «sono ancora l’entità politicamente, economicamente e militarmente più potente del mondo». Ma, aggiunge, «dati i complessi cambiamenti geopolitici negli equilibri regionali, non sono più la potenza imperiale globale». In un post su “Counterpunch” tradotto da “Come Don Chisciotte”, Mike Whitney invita a confrontare questo giudizio con quello che lo stesso Brzezinski aveva dato ne “La Grande Scacchiera”, quando affermava che gli Stati Uniti erano «il massimo potere a livello mondiale, giudice-chiave delle relazioni di potere eurasiatiche». Il crollo dell’Unione Sovietica aveva determinato «la rapida ascesa di una potenza dell’emisfero occidentale, gli Stati Uniti, come l’unica e, in effetti, la prima potenza veramente globale». Nell’ultima parte del ventesimo secolo, nessuna altra potenza gli si è nemmeno avvicinata». Ma, scrive oggi Brzezinski, «quell’epoca sta ormai per finire». L’ex consigliere strategico per la sicurezza nazionale sotto Jimmy Carter, autorevolissimo esponente della dottrina della supremazia mondiale degli Usa, ora «indica l’ascesa della Russia e della Cina, la debolezza dell’Europa e il “violento risveglio politico tra i musulmani post-coloniali”, come le cause approssimative di questa improvvisa inversione».I suoi commenti sull’Islam, continua Whitney, sono particolarmente istruttivi: Brzezinski infatti «fornisce una spiegazione razionale per il terrorismo, invece dell’aria fritta governativa sull’“odiare le nostre libertà”». Del resto, lo stesso Brzezinski seppe vedere lo scoppio del terrore come lo «sgorgare di lamentele storiche» da un «senso di ingiustizia profondamente sentito», e quindi non come «la violenza cieca di psicopatici fanatici». Nel libro “Massoni”, Gioele Magaldi presenta Brzezinski anche sotto un’altra luce: come leader del cartello super-massonico neo-aristocratico e ultra-conservatore. Un fronte che, però, si starebbe incrinando, davanti al cinismo della strategia della tensione – dall’11 Settembre all’Isis – e, soprattutto, alla crescente resistenza di Russia, Cina e loro alleati. Una parte di quell’élite, fino a ieri granitica, si starebbe “sfilando”. E questo, avvertono alcuni osservatori provienienti dalla cultura massonica democratica, forse spiega il crescente ricorso agli attentati: l’oligarchia teme di perdere la presa sulla scena geopolitica e sull’opinione pubblica occidentale. Anche così si spiega il clamoroso successo degli outsider nella campagna elettorale americana: Bernie Sanders e soprattutto Donald Trump, così morbido con Putin. Una “prudenza” che sembra ora pienamente condivisa da un ex super-falco come Brzezinski.«E’ chiaro che quello che più lo preoccupa è il rafforzamento dei legami economici, politici e militari tra la Russia, la Cina, l’Iran, la Turchia e gli altri Stati dell’Asia centrale», osserva Whitney. Un problema già segnalato nel libro del ‘97: «D’ora in poi – scriveva Brzezinski – gli Stati Uniti potrebbero dover stabilire come far fronte a coalizioni regionali che cercano di spingere l’America fuori dall’Eurasia, minacciando in tal modo lo status degli Stati Uniti come potenza mondiale». Ergo, per l’imperialista Brzezinski il problema era «prevenire la collusione e mantenere la dipendenza sulla difesa tra i vassalli, tenere i tributari docili e protetti, e impedire che i barbari si uniscano». Il che si è puntualmente verificato, prima con la “guerra infinita” promossa dal clan Blush, e poi con la «politica estera sconsiderata dell’amministrazione Obama, in particolare il rovesciamento dei governi in Libia e in Ucraina», cosa che – annota Whitney – ha «notevolmente accelerato la velocità con cui si sono formate queste coalizioni anti-americane». In altre parole, «i nemici di Washington sono apparsi, in risposta al comportamento di Washington. Obama può biasimare solo se stesso».Putin ha risposto a tono alla crescente minaccia di instabilità regionale e al posizionamento delle forze Nato ai confini della Russia: ha rafforzanto le alleanze con i paesi perimetrali della Russia e in tutto il Medio Oriente. Allo stesso tempo, insieme ai colleghi Brics (Brasile, India, Cina e Sudafrica) il presidente russo ha istituito un sistema bancario alternativo (Brics Bank e Aiib) che finirà per sfidare il sistema dominato dal dollaro, che è la fonte del potere globale degli Stati Uniti. È per questo, continua Whitney, che Brzezinski ha fatto una rapida svolta a U, abbandonando il piano egemonico degli Stati Uniti: è preoccupato «per i pericoli di un sistema non basato sul dollaro che sta nascendo tra i paesi emergenti e i non allineati, che dovrebbe sostituire l’oligopolio della Banca Centrale occidentale. Se ciò accadrà, allora gli Stati Uniti perderanno la loro morsa sull’economia globale». Quel giorno finirebbe anche «il sistema di estorsione nel quale biglietti verdi buoni per incartare il pesce vengono scambiati per beni e servizi di valore».Purtroppo, aggiunge Whitney, è improbabile che l’approccio più cauto di Brzezinski sarà seguito dao Hillary Clinton, «che è una convinta sostenitrice dell’espansione imperiale attraverso la forza delle armi». Spiegava infatti nel 2010, sulla rivista “Foreign Policy”: «Mentre la guerra in Iraq si esaurisce e l’America comincia a ritirare le sue forze dall’Afghanistan, gli Stati Uniti si trovano ad un punto di svolta. Negli ultimi 10 anni, abbiamo stanziato risorse immense in questi due teatri. Nei prossimi 10 anni, dobbiamo essere intelligenti e sistematici su dove investiremo tempo ed energia, in modo da metterci nella posizione migliore per sostenere la nostra leadership, garantire i nostri interessi e far avanzare i nostri valori. Uno dei compiti più importanti della politica americana nel prossimo decennio sarà quello di tenere al sicuro gli investimenti – diplomatici, economici, strategici, e di altro tipo – sostanzialmente aumentati nella regione Asia-Pacifico». L’apertura dei mercati in Asia «fornisce agli Usa opportunità senza precedenti per gli investimenti, il commercio, e l’accesso alla tecnologia d’avanguardia: le aziende americane devono sfruttare la vasta e crescente base di consumatori dell’Asia».L’Asia è il nuovo Eldorado: «Genera già oltre la metà della produzione mondiale e quasi la metà del commercio mondiale», affermava Hillary. «Mentre ci sforziamo di soddisfare l’obiettivo del presidente Obama di raddoppiare le esportazioni entro il 2015, siamo alla ricerca di opportunità per fare ancora più affari in Asia». Lo sapeva anche Brzezinski, 14 anni fa, quando scriveva “La Grande Scacchiera”: «Per l’America, il premio geopolitico principale è l’Eurasia», che è «il più grande continente del globo», il maggiore asse geopolitico. «Una potenza che domini l’Eurasia controllerebbe due delle tre regioni più avanzate ed economicamente produttive del mondo».Attenzione: «Circa il 75% della popolazione mondiale vive nell’Eurasia, e la maggior parte della ricchezza fisica del mondo sta lì, sia nelle sue imprese che sotto il suolo. L’Eurasia conta per il 60% del Pil mondiale e circa tre quarti delle risorse energetiche conosciute al mondo». Gli obiettivi strategici sono quelli della Clinton oggi, ma con una enorme differenza: sono passati 14 anni, e forse Hillary non se n’è accorta.«Brzezinski ha fatto una correzione di rotta sulla base di circostanze mutevoli e della crescente resistenza al bullismo, al dominio e alle sanzioni statunitensi», scrive Whitney. «Non abbiamo ancora raggiunto il punto di svolta per il primato degli Stati Uniti, ma quel giorno si sta avvicinando velocemente e Brzezinski lo sa». Al contrario, la Clinton «è ancora completamente impegnata ad ampliare l’egemonia degli Stati Uniti in tutta l’Asia. Non capisce i rischi che ciò comporta per il paese o per il mondo. E’ intenzionata a continuare con gli interventi fino a quando il titano combattente Stati Uniti si immobilizzerà di colpo, cosa che, a giudicare dalla sua retorica iperbolica, accadrà probabilmente dopo un po’ di tempo durante il suo primo mandato». Brzezinski presenta «un piano razionale ma opportunista per fare marcia indietro, ridurre al minimo i conflitti futuri, evitare una conflagrazione nucleare e mantenere l’ordine globale, cioè il “sistema del dollaro”. Ma la sanguinaria Hillary seguirà il suo consiglio? Nemmeno per sogno».«L’architetto principale del piano di Washington per governare il mondo ha abbandonato il progetto e ha richiesto la creazione di legami con la Russia e la Cina». Anche se l’articolo di Zbigniew Brzezinski su “The American Interest”, dal titolo “Towards a Global Realignment” (verso un riallineamento globale) è stato ampiamente ignorato dai media, «dimostra che membri potenti dell’establishment decisionale non credono più che Washington prevarrà nel suo tentativo di estendere l’egemonia degli Stati Uniti in tutto il Medio Oriente e in Asia», afferma Mike Whitney. Il super-massone reazionario Brzezinski, primo reclutatore di Osama Bin Laden in Afghanistan, «è stato il principale fautore di questa idea», l’espansione “imperiale”, già esposta nel 1997 nel libro “La Grande Scacchiera: il primato americano e i suoi imperativi geostrategici”. Ora «ha fatto dietro-front e ha richiesto una incredibile revisione strategica». Infatti scrive che «gli Stati Uniti devono prendere l’iniziativa per riallineare l’architettura del potere globale», dal momento che «finisce la loro epoca di dominio globale». Meglio sfruttare la residua potenza americana per affrontare in modo diverso, cioè pacifico, «l’emergente ridistribuzione del potere globale e il violento risveglio politico in Medio Oriente».
-
Sovragestione: i padrini dell’Isis erano a Yalta nel 1945
Si credono Dio, anziché ricercare la propria spiritualità. Non sono più degli iniziati, ma dei contro-iniziati. Per il massone Gianfranco Carpeoro, è questa la profonda motivazione psicologica che spinge gli uomini del vertice-ombra dell’Occidente a organizzare il terrorismo più spietato, ieri affidato ad Al-Qaeda e oggi all’Isis. L’obiettivo strategico non cambia: mantenere il potere in pochissime mani, a qualsiasi costo, utilizzando l’intelligence per “fabbricare” leader islamisti adatti a reclutare kamikaze, figli di un mondo devastato dai dominus occidentali. Carpeoro la chiama “sovragestione”, ed è la chiave per capire di che morte stiamo morendo. I boss occulti della “sovragestione”? Si tratta di «un ristretto numero di persone, che fanno parte della finanza e della politica internazionale». A loro volta, «manovrano pezzi di governi, di amministrazioni, di servizi segreti, logge massoniche o paramassoniche, strutture religiose di varia estrazione, istituzioni bancarie, esponenti dell’economia o dell’imprenditoria». La struttura ricorda quella della ‘ndrangheta: «Una rete ad anelli, dove la regola aurea viene ampiamente rispettata: ogni anello conosce solo e soltanto l’anello che gli è immediatamente superiore e quello che gli è immediatamente inferiore e nulla più».Perché siamo finiti tra le spire della “sovragestione”, che ultimamente ha preso di mira l’Europa con gli attentati di Parigi, Bruxelles e Nizza, regolarmente targati Isis? Per Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), non si può capire molto se non si legge tra le righe: l’origine del potere occidentale moderno è interamente massonico (democrazia, laicisimo). Ma nel dopoguerra la massoneria internazionale ha partorito 36 super-strutture segrete, chiamate Ur-Lodges (logge madri), che hanno intrapreso una gestione monopolistica della politica, dell’economia, della finanza. Alcune di queste hanno espresso una tendenza neo-conservatrice, aristocratica, neo-feudale. Fino all’eccesso: la strategia della tensione, i golpe in mezzo mondo. Avverte Magaldi: anche questo va interpretato; se sei consapevole di averla “inventata” tu, la modernità, mettendo fine all’assolutismo monarchico con la Rivoluzione Francese e all’oscurantismo vaticano con il Risorgimento italiano, può accadere che ti consideri il padrone del mondo, il nuovo mondo che hai contribuito in modo determinante a creare, abbattendo l’Ancien Régime.Il che è aberrante, ma aiuta a “vedere” come ragionano i capi supremi dell’élite mondiale reazionaria che dagli anni ‘80 ha preso il sopravvento, dichiarando guerra alla democrazia e imponendo la sua globalizzazione a mano armata, gestita dalle multinazionali finanziarie. E a questo disegno appartiene anche l’ultimissima stagione: quella del terrore, che ci sta investendo. Non a caso, nel mirino è finita anche l’Europa, terremotata dall’austerity. Se da qualche anno il terrore “islamista” si rivolge contro l’Europa, scrive Gianfranco Carpeoro sulla sua pagina Facebook, «non è certamente perchè il “sovragestore” vuole distruggerla». Al contrario: l’élite occidentale che organizza il terrorismo-kamikaze «ha interesse che rimanga così», questa Unione Europea interamente in mano a loro, gli oligarchi della finanza. Ergo: «Il neoterrorismo deve impedire che l’Europa si liberi dal giogo monetario delle banche e dalla soggezione al potere finanziario». Sono sempre “loro”, gli uomini al comando dietro le quinte: ieri col Trattato di Maastricht che ha rovinato l’Italia, poi con i diktat della Troika che hanno ridotto la Grecia alla fame. Gli europei cominciano a ribellarsi? Ed ecco gli attentati “islamici”. Il regno della paura serve a questo: impedire che si evada dal “lager”. La violenza terroristica è in aumento? Altro segnale, aggiunge Carpeoro: qualcuno, davanti a tanto sangue, si sta sfilando dall’élite criminale. E allora, forse, il super-vertice comincia ad avere paura, a sua volta. Per questo preme sull’acceleratore delle stragi.Secondo Carpeoro, il male viene da lontano: è figlio del sistema economico attuale. Il capitalismo finanziario mondializzato è feroce, disumano: perché qualcuno stia meglio, bisogna che qualcun altro stia peggio. Mors tua, via mea. Da lì in poi, “vale” tutto. Anche la guerra. Fino al neoterrorismo della “sovragestione”. Guai, infatti, se dovessero trionfare gli ideali proclamati all’Onu, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale. Erano il cardine della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, fortemene voluta dalla “libera muratrice” Eleanor Roosevelt, secondo la quale «nessun sistema, nessun regime politico, nessuna dottrina sociale può essere giusta se ogni individuo, fino all’ultimo pigmeo africano, fino al più sfruttato lavoratore cinese o coreano, non può vivere con dignità o senza poter aspirare alla sua porzione di spazio spirituale e vitale, cioè di felicità». E allora ecco il “terrorismo interno” di oggi, la nuova strategia della tensione, che «salda il rapporto tra il popolo e il potere con il collante della paura, com’era già accaduto ai tempi di Al-Qaeda e delle Torri Gemelle». Perché poi la manovalanza è islamica? Opera nostra, anche quella: a partire da Yalta, dalla scelta di non dare uno Stato ai palestinesi.Una decisione fatale, dice Carpeoro, che determinò il ritiro dalla scena della componente più ispirata del mondo esoterico occidentale, la “fratellanza” dei Rosacroce, delusa dal patto di spartizione mondiale firmato da Roosvelt, Churchill e Stalin. Attorno alla “leggenda storicamente accaduta” dei Rosacroce, di cui è un grande studioso, Carpeoro ha scritto anche un romanzo, “Il volo del Pellicano”, edito da Melchisedek. Avvocato e giornalista (all’anagrafe, Gianfranco Pecoraro), Carpeoro è stato gran maestro della massoneria più “indipendente” (33esimo grado del Rito Scozzese), a capo di una comunione massonica auto-scioltasi per scongiurare pericolose infiltrazioni di potere. Ai Rosacroce si sarebbero ispirate correnti “deviate” fino al satanismo e vicinissime alla super-élite del massimo potere, quella della “sovragestione” degli “uomini che si credono Dio”. Di ben altra caratura, invece, i veri Rosacroce, il cui ultimo “Ormùs” fu il pittore Salvador Dalì, con accanto personaggi come Picasso, Erik Satie, Jean Cocteau, il regista moldavo Emil Loteanu. Era stata proprio la “paramassoneria” di potere, scrive Carpeoro, a sabotare – a Yalta – il grande progetto rosacrociano per il dopoguerra: pace in Medio Oriente. Vinsero gli altri, i protagonisti delle future Ur-Lodges: niente pace, meglio la guerra. Opportuno, quindi, coltivare i focolai dell’odio, partendo proprio dalla Palestina, in mezzo agli emirati del petrolio.«Il tutto – scrive Carpeoro – si concluse con la istituzione del solo Stato di Israele». Sicché, «non risulta niente affatto avventato definire tale esito come la premessa del sorgere di un progenitore del neoterrorismo islamico, e cioè quello palestinese, nella prima versione dell’Olp». Dal Medio Oriente all’Italia: «Altrettanto accadde in occasione dell’omicidio del povero Enrico Mattei, reo di voler sottrarre il mondo del petrolio arabo alla gestione economica, ma anche culturale, della lobby delle Sette Sorelle, in nome della sua formazione socialista, scarsamente sensibile al perpetuarsi del potere di certi sceicchi e califfi». Tessere di un mosaico, nemico della democrazia, da sud a nord: «Il progetto europeo di caratura liberalsocialista veniva definitivamente sabotato tramite l’omicidio del suo leader politico e spirituale Olof Palme, mettendo le basi di questa disgraziata Europa attuale, burocratica e disumana, unione solo di banche e burocratica distruttrice di economie produttive a favore di una finanza ormai astratta, estranea da ogni legittima aspirazione di popoli e individui». E dopo la Svezia, la “sovragestione” colpì di nuovo in terra d’Israele con l’omicidio del leader ebreo Rabin, «protagonista di una pax massonica, stavolta nel senso autentico, in Medio Oriente, che tanto aveva preoccupato i Signori della Guerra e del Terrore».Come dire: solo gli sprovveduti possono pensare che il tragico carnevale dell’Isis nasca dal nulla. Passo su passo, di attentato in attentato, l’Occidente ha fabbricato «una polveriera che si chiama Islam», ma attenzione: «Darle questo nome è un abuso nei confronti della dottrina religiosa in questione», che infatti è stata «modificata, redatta, interpretata nell’ignoranza e nell’arretratezza, sponsorizzata dai satrapi del petrolio e dai potenti protetti dall’Occidente per incrementare odio e integralismo da utilizzare per la autoconservazione di un potere assoluto e cieco». Luoghi comuni: «Quando si dice Islam, automaticamente si pensa al mondo arabo, ma la logica delle divisioni etniche in questo caso non aiuta: il popolo turco non è arabo, quello afghano tanto meno, e neanche la quasi metà del popolo indiano islamico e di quello africano». In realtà, aggiunge Carpeoro, la grande religione islamica è stata «riadattata a strumento permanente di supporto a regimi politici integralisti e assoluti, neganti ogni diritto e ogni libertà democratica, fautori di sistemi sociali dove c’è chi ha tutto funzionalmente allo sfruttamento di chi non ha nulla». Solo così, quella religione «è diventata il collante di popolazioni quasi abbrutite dall’ignoranza e dal bisogno, tramite una rete di imam e presunti padri spirituali la cui presenza e la cui legittimazione era stata la prima cosa assolutamente proibita dal Profeta».I veri leader islamici sono stati emarginati, e la parte sana delle popolazioni travolte dal terremoto è «dormiente e passiva di fronte a questo scempio». E siamo ai giorni nostri: «Ecco che dalla disperazione del popolo palestinese, dai flagelli vari, siccità, malattie, povertà del popolo africano, dalle drammatiche divisioni tra popoli asiatici nasce e si diffonde una vera e propria figura antropologica: il terrorista». Al terrorista, per decine di anni, «viene offerta la prospettiva simbolica che gli ha consentito di accettare il rischio di sacrificare la sua vita: il riscatto sociale». E i terroristi di oggi, annidati nelle nostre città che si vantano si realizzare una vera integrazione? «Quella che noi chiamiamo “integrazione” è stata solo la trasmissione di schemi consumistici e disumanizzanti», sostiene Carpeoro. Questo processo, è vero, «ha soppiantato il potenziale esplosivo del vecchio terrorismo», ma ne ha anche fatto impallidire le motivazioni sociali e politiche, che almeno ne consentivano la comprensione, mantenendo «un minimo di possibilità di recupero umano e sociale».Ora è tardi: «Aiutata dalla sapiente diffusione di nuove droghe raffinate e di ulteriori adattamenti snaturanti della religione islamica, la mutazione antropologica del terrorista si è ulteriormente evoluta: da esseri comunque umani a macchine del terrore». L’Isis, appunto: uomini «addestrati e resi dipendenti da varie droghe in campi adeguatamente finanziati e organizzati». Questo esercito di neoterroristi «è oggi pronto a spargersi nelle nostre città come metastasi di un carcinoma, e noi siamo impotenti». Ma attenzione: «E’ un esercito “sovragestito”, anche se dubito molto che chi ne fa parte ne sia consapevole». Sono temi che lo stesso Carpeoro approfondirà in un saggio che si annuncia esplosivo, “Dalla massoneria al terrorismo”, che uscirà in autunno per i tipi di Uno Editori. Si scrive Isis, ma si legge “sovragestione”. Il problema siamo noi, il nostro sistema: che va radicalmente bonificato nella sua struttura occulta di potere. «La vera scommessa dell’Occidente è la nascita di un Neoumanesimo».Si credono Dio, anziché ricercare la propria spiritualità. Non sono più degli iniziati, ma dei contro-iniziati. Per il massone Gianfranco Carpeoro, è questa la profonda motivazione psicologica che spinge gli uomini del vertice-ombra dell’Occidente a organizzare il terrorismo più spietato, ieri affidato ad Al-Qaeda e oggi all’Isis. L’obiettivo strategico non cambia: mantenere il potere in pochissime mani, a qualsiasi costo, utilizzando l’intelligence per “fabbricare” leader islamisti adatti a reclutare kamikaze, figli di un mondo devastato dai dominus occidentali. Carpeoro la chiama “sovragestione”, ed è la chiave per capire di che morte stiamo morendo. I boss occulti della “sovragestione”? Si tratta di «un ristretto numero di persone, che fanno parte della finanza e della politica internazionale». A loro volta, «manovrano pezzi di governi, di amministrazioni, di servizi segreti, logge massoniche o paramassoniche, strutture religiose di varia estrazione, istituzioni bancarie, esponenti dell’economia o dell’imprenditoria». La struttura ricorda quella della ‘ndrangheta: «Una rete ad anelli, dove la regola aurea viene ampiamente rispettata: ogni anello conosce solo e soltanto l’anello che gli è immediatamente superiore e quello che gli è immediatamente inferiore e nulla più».
-
Panico referendum, Stiglitz: italiani, se votate crolla l’euro
Joseph Stiglitz, già Premio Nobel per l’economia, dichiara che teme una catastrofe per l’Europa, in particolare per quanto riguarda l’Italia: se vincesse il No nel referendum, potrebbe seguirne il crollo dell’euro. Di conseguenza, invita Renzi a “rinunciare al referendum” disdicendo la consultazione popolare. Stiglitz non è un giurista, dice Aldo Giannuli, ma almeno potrebbe informarsi prima di aprir bocca. Il referendum? Non dipende dalla volontà di Renzi, ma dalla Costituzione: che prevede norme precise in caso di revisioni costituzionali. Referendum confermativo obbligatorio, se la riforma della Carta non è approvata dai 2/3 di ciascuna camera, oppure se ne facciano richiesta 500.000 elettori o il 20% dei parlamentari. «E non è scritto da nessuna parte che possa essere revocato, rinviato o anche solo sospeso», tantomeno dal presidente del Consiglio: «Si chiamerebbe colpo di Stato». Se desse retta a Stiglitz, Renzi «potrebbe essere arrestato per attentato alla Costituzione». Ad allarmare però non è l’ignoranza del Nobel americano, ma il pensiero retrostante: «Se c’è pericolo per gli assetti di potere esistenti, e in particolare quelli monetari, si sospendono le garanzie costituzionali e si toglie la parola all’elettorato».Così, infatti, avevano già detto «quei due gioielli del pensiero democratico che rispondono ai nomi di Giorgio Napolitano e Mario Monti». Il popolo «non può esprimersi su cose così complesse per le quali non ha le conoscenze necessarie», perché queste cose «le devono decidere le élite, quelli che sanno». E la sovranità popolare sancita dalla Costituzione? «Be’, è un bell’ornamento che fa la sua figura, ma non è che ci dobbiamo proprio credere!». Per Giannuli, «qui sta venendo a galla il carattere elitario, oligarchico e antidemocratico dell’ideologia liberista, e non c’è più neppure il pudore di far finta di dirsi democratici». Certo, l’uscita di Stiglitz rivela il timore della vittoria del No, che ormai «inizia a diventare panico nei salotti buoni di politica e finanza». Renzi sa di rischiare grosso: in caso di vittoria del No, «a “dimetterlo” ci penserebbe il suo partito (e non penso all’inutile Bersani e al decorativo Cuperlo, ma ai ben più fattivi Franceschini, De Luca, Fassino, Rossi) che cercherebbe di mettere insieme i cocci e non trasformare la sconfitta referendaria in una irrimediabile débacle elettorale», scrive Giannuli.La legislatura potrebbe anche continuare grazie a Mattarella, Franceschini e Berlusconi, che potrebbero dar vita ad un “governo di scopo”. E il peggioramento della situazione economica, insieme a una «opportunissima bocciatura dell’Italicum da parte della Consulta» darebbero uno strepitoso alibi per farlo. Il “verdetto” della Corte Costituzionale è atteso per il 4 ottobre, ma i giudici potrebbero anche prendere tempo sospendere la decisione: «Se conferma l’Italicum, lo scontro sul referendum si radicalizzerebbe diventando l’ultima spiaggia contro il progetto di regime in atto. Se lo bocciasse, anche solo parzialmente, ci sarebbe un effetto di riflesso sul referendum, delegittimando il progetto renziano». Secondo Giannuli, Renzi «tradisce quella stessa paura che leggiamo nelle parole di Stigliz: non sappiamo se per un qualche sondaggio riservato, se per la previsione di una pronuncia sfavorevole della Corte o se per notizie che fanno temere un disastro bancario in ottobre, ma quello che si capisce è che Renzi cerca (invano, direi) di disinnescare la bomba, ritenendo più probabile la vittoria del No». Intanto, «ringraziamo Stiglitz per averci fornito questa ulteriore riprova sulla natura di questo referendum: uno scontro fra democrazia e oligarchia, senza mediazioni possibili: chi vincerà, chiunque esso sia, non farà prigionieri».Joseph Stiglitz, già Premio Nobel per l’economia, dichiara che teme una catastrofe per l’Europa, in particolare per quanto riguarda l’Italia: se vincesse il No nel referendum, potrebbe seguirne il crollo dell’euro. Di conseguenza, invita Renzi a “rinunciare al referendum” disdicendo la consultazione popolare. Stiglitz non è un giurista, dice Aldo Giannuli, ma almeno potrebbe informarsi prima di aprir bocca. Il referendum? Non dipende dalla volontà di Renzi, ma dalla Costituzione: che prevede norme precise in caso di revisioni costituzionali. Referendum confermativo obbligatorio, se la riforma della Carta non è approvata dai 2/3 di ciascuna camera, oppure se ne facciano richiesta 500.000 elettori o il 20% dei parlamentari. «E non è scritto da nessuna parte che possa essere revocato, rinviato o anche solo sospeso», tantomeno dal presidente del Consiglio: «Si chiamerebbe colpo di Stato». Se desse retta a Stiglitz, Renzi «potrebbe essere arrestato per attentato alla Costituzione». Ad allarmare però non è l’ignoranza del Nobel americano, ma il pensiero retrostante: «Se c’è pericolo per gli assetti di potere esistenti, e in particolare quelli monetari, si sospendono le garanzie costituzionali e si toglie la parola all’elettorato».
-
Sesso e potere, la virilità di Cristo. E il Natale ha 5000 anni
Di Salvatori se ne contano tanti: e sono tutto maschi e virili, come Cristo. E’ la tesi “blasfema” di un eminente intellettuale come Francesco Saba Sardi, scomparso nel 2012, autore di decine di libri tra cui “Il Natale ha 5000 anni”, messo all’indice dal Vaticano. Chi è, dunque, e come “nasce” un dio? Perché la Chiesa nega la sessualità del messia? In un’intervista a Sonia Fossi per la rivista “Hera”, Saba Sardi spiega la sua visione della religione intesa solo come sistema di potere sui popoli. Triestino, spregiatore dei dogmi, Saba Sardi ha tradotto in sei lingue alcuni tra i più grandi scrittori dell’800 e del ‘900, pubblicando oltre 40 libri su temi che spaziano dalla narrativa alla saggistica, dalla poesia ai viaggi. E’ considerato una delle menti più prestigiose del XX secolo, riconosciuto dal Quirinale tra le maggiori autorità intellettuali italiane. “Il Natale ha 5000 anni” racconta la vicenda della nascita e della diffusione del Natale cristiano, illuminando le radici della religiosità in un momento storico di nascente integralismo. Con l’avvento del neolitico, 12.000 anni fa, la nostra civiltà diventa stanziale grazie alla scoperta dell’agricoltura. Per gestire la terra e il lavoro nasce la guerra. E per motivare la guerra viene “inventata” la religione.Nasce così l’attuale sistema di potere, che in un suo saggio del 2004 Saba Sardi chiama “dominio”. Temi anticipati da “Il Natale ha 5000 anni”, volume popolato di vicende e personaggi che, prendendoci per mano, ci fanno percorrere il cammino dell’uomo: «Dodicimila anni fa l’umanità dell’Eurasia ha inventato le divinità», riassume Sonia Fossi nell’intervista ripresa dal blog di Gianfranco Carpeoro. Ma è nella crisi generale di 5000 anni fa che Francesco Saba Sardi individua «il sorgere della necessità di speranza che porta l’uomo a desiderare la comparsa del Salvatore, del redentore capace di ricondurci alla fratellanza dei primordi». E così, «la speranza nei Figli del Cielo apparsi in maniera straordinaria, uscendo da grotte, rocce o nascendo da madri vergini, si diffonde per millenni lungo tutti i territori eurasiatici». Sicchè, il Cristianesimo «è solo uno dei Natali dei Figli del Cielo». Ma chi è questa volta il Figlio del Cielo? Sempre lo stesso di 5000 anni fa? E cosa rappresenta per noi oggi la religione, la fede, la credenza in entità sovrumane?“Il Natale ha 5000” anni viene pubblicato per la prima volta nel 1958 per essere poi ritirato dalle librerie. La pubblicazione del 2007 dell’editore Bevivino è in realtà la seconda edizione, precisa Sonia Fossi. Cosa accadde nel 1958? «Nel ’58 il mio libro fu accolto molto bene dal pubblico e molto male dalla “Civiltà Cattolica”». La rivista dei gesuiti, allora diretta da padre Enrico Rosa, «dedicò un intero numero, ben 25 pagine, alla confutazione della tesi esposta nel mio libro, confutazione a cura di padre Rosa». Che cosa ha fatto e cosa può ancora fare paura del suo libro? «Varie cose. Ad esempio, ha fatto paura il fatto che io affermassi che il Cristianesimo è un mitema: ma il mito non è bugia». Il mito è un’affermazione che sorge spontaneamente, spiega Saba Sardi. «Il Natale è un mito che sorge nell’impero eurasiatico quando nell’età neolitica l’umanità passa dal nomadismo alla stanzialità. La società stanziale inventò l’agricoltura, l’allevamento di bestiame, il maschilismo e il potere. La necessità di una società organizzata richiese l’istituzione di una gerarchia che veniva ordinata soprattutto dal cielo con l’idea della divinità».Su quali elementi – domanda la giornalista – basò la sua confutazione padre Rosa? «La mia tesi è inconfutabile», risponde lo studioso. «Padre Rosa basò la sua confutazione sul fatto che Gesù è una realtà storica e non una figura mitica. Ma anche se Gesù fosse una realtà storica questo non avrebbe nessuna importanza, perché fu Paolo di Tarso il fondatore del Cristianesimo e non Cristo». Il Cristianesimo nasce e si diffonde seguendo vari rami, varie tesi come ad esempio la gnostica, per poi arrivare alle edizioni Paoline, e gli scritti di Paolo di Tarso diventano la base su cui si fonda il cattolicesimo per come noi oggi lo conosciamo. Come interpretare questo percorso? «E’ chiaro che quando è giunto il momento di scegliere tra i vari rami del Cristianesimo si è pensato di scegliere il Dio monoteista che più conveniva a chi in quel momento gestiva il potere, in questo caso l’imperatore Costantino. Insomma, Paolo di Tarso è stato un autore che ha trovato nell’imperatore Costantino un formidabile editore». Quindi l’imperatore Costantino potendo scegliere tra diversi autori decide di editare Paolo di Tarso? «Sì, e da quel momento il Cristianesimo sostituisce la Trinità Capitolina formata da Giove, Marte ed Ercole. Bisogna sottolineare il fatto che le figure e le qualità degli Dei Capitolini non soddisfacevano più gli intellettuali romani dell’epoca. Costantino unificò l’impero donando al popolo romano un Figlio del Cielo, monoteista e nato da un Dio sensibile e più raffinato degli Dei a cui i romani erano abituati fino ad allora».La narrazione cristica ha però avuto un’immensa fortuna: perchè? «La grande forza del Cristo, così come per tutti gli Apparsi, per tutti i Figli del Cielo, consiste soprattutto nell’essere maschio», spiega Saba Sardi. «La gerarchia è maschile. Il potere maschile, il Tyrannos (in lingua turca e in latino: il pene duro), il Tiranno». Attenzione: «Nessun potere può affermarsi se non è incarnato; così, il potere si materializza in una parte del corpo». Al che, «sesso e potere diventano tutt’uno». Si badi: «Non c’è mai stata un’Apparsa. Mai una donna venuta a rivelare il Nuovo Mondo, a promettere l’Età dell’Oro». Da quando sono stati inventati gli Dei, le Dee, le Ninfe, le Valchirie – aggiunge Saba Sardi – sono sempre «al servizio del Signore degli Dei, il Grande Maschio». Il potere è maschio in una civiltà dominata dai maschi, osserva Sonia Fossi. Ma se l’umanità avesse camminato sulla scia dell’energia femminile, questo avrebbe fatto differenza nella nostra evoluzione? «Moltissima differenza. Il potere non è donna. La donna è madre. Nella nebulosità dei nostri ricordi ancestrali si è persa l’idea delle Dee che si auto-generavano senza il ricorso dell’inseminazione maschile come la Madre Terra, metafora del suolo che risorge continuamente da se stesso. Nell’età neolitica la donna venne “domesticata”, ridotta alla condizione di inferiorità e sudditanza».«Il Neolitico è stata una tragedia per l’umanità», insiste Saba Sardi. «L’invenzione della stanzialità, nel tempo ha cambiato tutto: il modo di mangiare, la concezione dello spazio. Abbiamo cessato di divertirci. Andare a caccia è divertente, il selvaggio si diverte. Zappare non è divertente come non è divertente fare l’impiegato. Abbiamo cessato di divertirci e abbiamo inventato la guerra. La parola ha cessato di essere spontanea: non è la parola che inventa il mondo, ma sono gli oggetti che iniziano a imporre le parole». Il suo libro percorre la storia dei Figli del Cielo, dei mitema. Quali elementi uniscono queste figure al Cristo? «Come abbiamo già detto la maschilità», risponde l’autore. «Il fatto che devono affrontare dei pericoli: ad esempio, il Dio egizio Amon Ra – il Sole – deve affrontare il pericolo della notte, come il Cristo deve affrontare il buio, il Diavolo. Il fatto è che sono Apparsi, il Natale è Apparso. Non è sempre necessaria una madre vergine, ma una nascita straordinaria: Mitra nasce da una roccia. Poi, l’Apparso trionfa nell’aldiquà o nell’aldilà; quello che conta è il trionfo attuale o futuro, dopo aver “rinominato” il mondo non più con la parola spontanea, ma come conseguenza dell’essersi impadronito del mondo». In altre parole, attraverso l’evocazione della divinità, «il potere consiste nel darci il pensiero, che è parola».Tutti i profeti raccontano del ritorno dell’Età dell’Oro, scrive la Fossi, anche se ognuno chiama questo tempo che ci attende con le proprie parole: cosa rappresenta questa visione? «Nostalgia e speranza», dice Saba Sardi. «Speranza che ritorni il tempo felice. Il tempo in cui non si consumava la propria vita lavorando, perché cacciare o raccogliere delle radici nei boschi non è un lavoro». Ed ecco il nostro tempo: «La civiltà per come l’abbiamo costruita ora è un disastro. Abbiamo distrutto la natura, abbiamo ucciso noi stessi». Tornare indietro? «E come? Tornando alla caccia? E’ più probabile che ci penserà la Terra stessa a ripulire l’uomo. L’Apocalisse è la fine del mondo per ricominciare. L’Età dell’Oro è apocalittica. Ci sarà un’epoca di felicità futura perché la nostalgia e la speranza sono tutt’uno. Tutti gli Apparsi, tutti i Figli del Cielo parlano di questo momento, tutti».Quindi, figure simili a Cristo esistono almeno da 5000 anni. «Nel Neolitico avviene la rivoluzione razionale, la ratio: il cognito prende il posto del mitema e sostituisce la poesis, l’invenzione, la poesia che è immediatezza e spontaneità, è ciò che sopravvive ancora nei bambini». Quindi le informazioni le abbiamo, ma a causa della nostra razionalità non riusciamo ad utilizzarle? «No, non riusciamo. Tutte le informazioni da cui siamo invasi nella nostra società sono composte da due parti: la prima è costituita da dogmi. Dogma è la fede e l’affermazione fideistica non ha nulla a che fare con la razionalità. La seconda parte dell’informazione è composta dalla giustificazione, la riprova. Il Vaticano, ad esempio, informa utilizzando la razionalità dell’informazione religiosa». Ratzinger ha detto di continuo che il Cristianesimo è razionale. «I preti non fanno altro che dare dimostrazione di Dio e delle sue manifestazioni hanno bisogno della riprova». Mentre la scienza «parte da ipotesi che debbono essere provate», la religione «al posto delle ipotesi mette delle certezze aprioristiche», cioè «dogmi che non possono essere smentiti perché smentire i dogmi significa essere degli eretici».La storia dell’uomo è comunque piena di eretici, di uomini che hanno tentato con tutte le loro forze di smentire questi dogmi. Gente come Giordano Bruno, disposta a pagare con la vita. Oggi, domanda Sonia Fossi, un Giordano Bruno che tipo di opposizione incontrerebbe? «Incontrerebbe un padre Rosa che gli darebbe pubblicamente del bugiardo», risponde Saba Sardi. Ma la Chiesa «è in contraddizione con se stessa: ad esempio, dichiara Cristo una realtà storica, quindi non nega l’incarnazione, ma dell’incarnazione nega la sessualità». Infatti, “Il Natale ha 5000 anni” mostra le immagini di antichi dipinti in cui la sessualità di Cristo non viene negata, ma mostrata. Quei dipinti «sono esistiti fino al Concilio di Trento», poi sono stati occultati. «Il Concilio di Trento è da considerarsi l’antirinascimento», sostiene lo studioso. La copertina del libro sotto accusa, ad esempio, mostra la “Sacra Famiglia” di Hans Baldung Grien, datata 1511. «L’immagine che ha suscitato, a più riprese, scandalo, mostra il Bambino Gesù sottoposto a manipolazioni genitali. A toccarlo è la nonna, sant’Anna, mentre il bambino tende una mano al mento della madre, Maria, e l’altra scopre l’orecchio dal quale è entrato il Verbo».Da cattolici e protestanti «si è cercato in vari modi di spiegare, o meglio esorcizzare, l’atto erroneamente considerato un gesto di libertà senza precedenti nell’arte cristiana, ma le erezioni di Gesù sono illustrate da una folla di dipinti rinascimentali», afferma Saba Sardi. «In più di un dipinto l’erezione è talmente palese da aver indotto più volte i censori a mascherarla con pennellate o drappeggi, quando non si è arrivati a distruggere i dipinti “incriminati”». Eppure, aggiunge lo studioso, «la virilità di Gesù è una componente fondamentalissima nella concezione cristiana». Sicchè, «negare questa evidenza, negare la sessualità del Cristo, equivale a negare l’Ensarcosi, l’incarnazione del Figlio del Cielo, e dunque a negare il dogma stesso del Dio-uomo; questo equivale dunque a pronunciare una bestemmia».Visto che l’esistenza stessa di questi dipinti testimonia il fatto che la Chiesa non ha da sempre negato la sessualità di Cristo – ragiona Sonia Fossi – come siamo arrivati alla negazione? Nel Cristianesimo, Saba Sardi distingue tre fasi: nella prima, la fase Agostiniana, «Dio è Padre, severo e unilaterale: concede la grazia ai suoi figli ma chi non è nelle sue grazie va all’inferno». La seconda è la fase del Rinascimento: «In questa fase Dio Padre viene sostituito dal figlio, che ha ha doti di spontaneità e umanità, ed è davvero di carne e sangue». Poi arriva il Concilio di Trento, che apre la terza fase del Cristianesimo, in cui si torna alla figura del Padre severo e indiscutibile. «Naturalmente un residuo del Dio che si incarna nel Figlio, della fase rinascimentale, ha continuato a sopravvivere resistendo fino a Giovanni XXIII, ma adesso si sta tornando a Pio IX, al Sillabo. Perché la concezione dell’uomo che può e deve scegliere è impossibile da conciliare per la Chiesa, quindi si torna al Sillabo: così si pensa, così si parla, così si scrive». La poesis è pericolosa, conclude Saba Sardi: «Il poeta è pericoloso perché non rispetta i dettami del potere, quindi, tutti devono essere ridotti al comune denominatore: il Sillabo e i suoi derivati. I giornali sono il Sillabo, la produttività è il Sillabo. Il poeta è la negazione del Sillabo».Di Salvatori se ne contano tanti: e sono tutti maschi e virili, come Cristo. E’ la tesi “blasfema” di un eminente intellettuale come Francesco Saba Sardi, scomparso nel 2012, autore di decine di libri tra cui “Il Natale ha 5000 anni”, messo all’indice dal Vaticano. Chi è, dunque, e come “nasce” un dio? Perché la Chiesa nega la sessualità del messia? In un’intervista a Sonia Fossi per la rivista “Hera”, Saba Sardi spiega la sua visione della religione intesa solo come sistema di potere sui popoli. Triestino, spregiatore dei dogmi, Saba Sardi ha tradotto in sei lingue alcuni tra i più grandi scrittori dell’800 e del ‘900, pubblicando oltre 40 libri su temi che spaziano dalla narrativa alla saggistica, dalla poesia ai viaggi. E’ considerato una delle menti più prestigiose del XX secolo, riconosciuto dal Quirinale tra le maggiori autorità intellettuali italiane. “Il Natale ha 5000 anni” racconta la vicenda della nascita e della diffusione del Natale cristiano, illuminando le radici della religiosità in un momento storico di nascente integralismo. Con l’avvento del neolitico, 12.000 anni fa, la nostra civiltà diventa stanziale grazie alla scoperta dell’agricoltura. Per gestire la terra e il lavoro nasce la guerra. E per motivare la guerra viene “inventata” la religione.
-
Ma quest’Europa è da cestinare: partiti, prendetene atto
Non basta l’evocazione di Ventotene per resuscitare il sogno europeo, messo nero su bianco dall’antifascista Altiero Spinelli, insieme a Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann, con prefazione di Eugenio Colorni. Doveva essere l’antidoto naturale contro gli opposti appetiti truccati da nazionalismi. Né basta una location tutt’altro che casuale – il ponte della portaerei Garibaldi, nave intitolata all’eroe cosmopolita dell’unificazione italiana – per dare credibilità alle promesse di Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi. «Il meeting ha voluto provare al mondo che il “sogno europeo” non è morto e che andrà avanti, nonostante il Brexit». Eppure, scrive Marco Moiso, quelli che oggi si dicono protettori del progetto europeo «rischiano di diventare i carnefici del sogno europeo a causa della loro palesata incapacità di capire il significato, profondo, che quel sogno ha e potrebbe avere per il popolo europeo». Ovvero, il sogno di Spinelli: «Un’unione federale delle nazioni europee, gli Stati Uniti d’Europa, volta a creare una società libera dalla paura, dal bisogno e dalle costrizioni, in cui ci sia uguaglianza nelle opportunità di realizzazione personale e collettiva, e in cui sia diffuso un senso di fratellanza che vada oltre la diversità di razze, nazionalità e religioni».Vale a dire: l’esatto opposto del “mostro tecnocratico” rappresentato oggi dall’Ue, che per Moiso – esponente del Movimento Roosevelt fondato da Gioele Magaldi – va assolutamente archiviato e superato, varando una vera federazione paritaria da realizzare a qualsiasi costo, «tramite un’evoluzione dell’attuale Unione Europea o tramite la sua dissoluzione». Nulla di simile è in vista, però, stando alle velleitarie conversazioni che hanno avuto luogo a Ventotene, dove sono emerse soltanto proposte «contingenti al contesto politico attuale e completamente incapaci di ridisegnare il progetto europeo, per ridargli senso e finalità». Se infatti «è auspicabile identificare un gruppo di nazioni disposte a proseguire verso una federazione degli Stati europei», partendo quindi dai partner di maggior peso come appunto Francia, Italia e Germania, «non è certo con i temi dell’esercito, della difesa e del rigore finanziario che si possono riaccendere gli animi per far ripartire il processo di unificazione europea».L’unione federale delle nazione europee è un progetto ambizioso, insiste Moiso, «ed è con ambizione che bisogna affrontarlo, senza cedere a particolarismi nazionali e comprendendo la necessità e l’opportunità, nel 21° secolo, di un’unione politica, economica e sociale del vecchio continente». I futuribili Stati Uniti d’Europa? «Dovranno essere capaci di restituire dignità (economica e sociale) e sovranità (politica) al popolo europeo, rimettendo l’uomo al centro del confronto politico e ridando al Parlamento continentale – eletto tramite suffragio universale – il ruolo di legislatore, di fulcro del processo integrativo e della governance complessiva dell’Europa: ruolo oggi usurpato malamente dalla Commissione Europea e sciaguratamente da una Banca Centrale Europea asservita ad interessi privati». Soltanto attraverso una completa ridefinizione del ruolo e delle finalità degli “Stati Uniti d’Europa”, conclude Moiso, «il 21° secolo potrà vedere un’ulteriore evoluzione della società in senso democratico ed egualitario, su scala globale».Organismo meta-partitico sorto per sollecitare il “risveglio” dei partiti sui temi più strategici, il Movimento Roosevelt proprone «l’apertura di un cantiere, trasversale alle identità partitiche e movimentiste, che avrà la finalità di riscrivere la Costituzione Europea per rilanciare un progetto sinceramente democratico e social-liberale». Imposta come un approdo istituzionale necessario e non negoziabile, l’attuale Ue – rivelatasi un formidabile strumento di controllo geopolitico per ingabbiare l’Europa, bloccando lo sviluppo delle relazioni con Mosca dopo la caduta del Muro – è stata in realtà progettata come una struttura autoritaria e antidemocratica: un comitato d’affari dove migliaia di lobbisti condizionano la Commissione, le cui direttive – scritte sotto dettatura – esaudiscono i voleri delle maggiori multinazionali. Il capolavoro dell’Ue consiste nell’aver demolito la sovranità democratica neutralizzando l’autonomia finanziaria degli Stati, obbligati – con l’euro – a ricorrere al mercato anche per rifornirsi di moneta, strumento indispendabile per la pianificazione strategica dell’economia. E’ la morte dell’interesse pubblico, come spiega Paolo Barnard: lo Stato è costretto a ricorrere e prestiti, esattamente come fosse una famiglia o un’azienda.E senza più la minima capacità di investire, utilizzando lo strumento-chiave del deficit positivo (il debito pubblico che ha permesso lo sviluppo del dopoguerra, del quale stiamo ancora beneficiando – infrastrutture, servizi) lo Stato è costretto a tagliare e privatizzare i settori vitali del welfare e a super-tassare il settore privato, aggravando la crisi, come più volte sottolineato da economisti indipendenti del calibro di Nino Galloni: se persino la moneta è “privatizzata”, cioè non più a disposizione del bilancio in modo teoricamente illimitato, si innesca una spirale depressiva che si traduce nel disastro economico che stiamo vivendo, di cui – in ultima analisi – è vittima anche lo Stato, che vede costantemente diminuire il gettito fiscale, nonostante l’aumento esasperante delle imposte. L’Europa sta rischiando grosso: l’allarme viene dalla catastrofe della disoccupazione, dal Brexit, dall’emergere della protesta attraverso il crescente consenso popolare di cui godono i nuovi movimenti nazionalisti, ostili alla gestione monopolitica del potere da parte di Bruxelles. Riscrivere le regole, da zero: mission impossibile? L’ostacolo enorme è rappresentato dalla super-piramide del potere finanziario, il vero padrone dell’Ue. Primo passo, per il Movimento Roosevelt: cominciare almeno a “costringere” i partiti a prendere atto che, così, non si può più andare avanti.Non basta l’evocazione di Ventotene per resuscitare il sogno europeo, messo nero su bianco dall’antifascista Altiero Spinelli, insieme a Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann, con prefazione di Eugenio Colorni. Doveva essere l’antidoto naturale contro gli opposti appetiti truccati da nazionalismi. Né basta una location tutt’altro che casuale – il ponte della portaerei Garibaldi, nave intitolata all’eroe cosmopolita dell’unificazione italiana – per dare credibilità alle promesse di Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi. «Il meeting ha voluto provare al mondo che il “sogno europeo” non è morto e che andrà avanti, nonostante il Brexit». Eppure, scrive Marco Moiso, quelli che oggi si dicono protettori del progetto europeo «rischiano di diventare i carnefici del sogno europeo a causa della loro palesata incapacità di capire il significato, profondo, che quel sogno ha e potrebbe avere per il popolo europeo». Ovvero, il sogno di Spinelli: «Un’unione federale delle nazioni europee, gli Stati Uniti d’Europa, volta a creare una società libera dalla paura, dal bisogno e dalle costrizioni, in cui ci sia uguaglianza nelle opportunità di realizzazione personale e collettiva, e in cui sia diffuso un senso di fratellanza che vada oltre la diversità di razze, nazionalità e religioni».
-
Francesi, a chi giova il terrore? Chi lo copre, chi lo finanzia?
Mentre diversi paesi in Europa occidentale sono vittime di attacchi terroristici rivendicati da “Daesh”, cioè l’Isis – scrive sul suo sito il movimento indipendentista francese Upr, Unione Popolare Repubblicana, molti politici trovano la scusa per aumentare a dismisura il loro potere, restringendo la libertà dei cittadini. In particolare, il terrorismo è l’alibi perfetto per «limitare ulteriormente la libertà pubbliche (estensione dello stato di emergenza di François Hollande), insegnare ai giovani a “essere pronti a vivere con il terrorismo” (Manuel Valls), creare “campi di detenzione preventiva”, ossia campi di concentramento secondo il vocabolario degli anni ‘30 (Laurent Wauquiez)», e magari «armare i soldati di lanciarazzi», come propone Henri Guaino. Non solo: si chiede anche di «stabilire lo stato d’assedio» (Frédéric Lefebvre) e «demolire lo Stato di diritto» (Jacques Bompard ed Eric Ciotti), accantonando la Costituzione della Quinta Repubblica (David Douillet) e considerando lo Stato di diritto come paccottiglia, mero ammasso di noiosi “argomenti giuridici” che devono essere superati, come dice Nicolas Sarkozy, ansioso di unirsi allo “scontro di civiltà” teorizzato dai “think-tank” americani.«Naturalmente – aggiunge l’Upr, in un post ripreso da “Voci dall’Estero” – tutti gli attacchi sono crimini assoluti e devono essere puniti dai tribunali con la massima fermezza, allo stesso modo in cui tutte le reti del traffico di armi e dei finanziamenti occulti devono essere distrutte». Nel contempo, però, la Francia dovrebbe «vietare immediatamente qualsiasi ingerenza straniera in alcuni suoi ambiti territoriali, come fanno apertamente gli Stati Uniti o il Qatar». E deve «ritirare tutti i suoi soldati dai teatri di guerra dove si è resa corresponsabile della morte di migliaia di civili, come in Libia e in Siria». Al di là di queste proposte di misure d’emergenza che l’Upr formula, il movimento sovranista francese chiede ai cittadini di «non indulgere in reazioni sconsiderate ed emotive, anche se gli attacchi sono sempre più odiosi, ma di mantenere la loro compostezza». E soprattutto di farsi due domande essenziali: «Chi trae vantaggio da questi crimini, in definitiva? E cosa ci insegna la storia dell’ondata di attentati verificatisi in Europa durante gli anni ’50?».L’Upr cita lo studio scientifico dello storico Daniele Ganser, intitolato “Gli eserciti segreti della Nato – le reti Stay Behind, Gladio e il terrorismo in Europa Occidentale”, pubblicato in francese nel 2007. Nel saggio, Ganser «dimostra che, tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e il 1990, esistevano nei paesi membri della Nato, oltre alle truppe regolari dell’Alleanza, eserciti segreti della Nato (noti anche come Stay-Behind o Gladio), che erano stati istituiti dalla Cia e dal Mi6 britannico». Eserciti-ombra, «controllati e coordinati da un ufficio di sicurezza segreta all’interno del quartier generale della Nato a Bruxelles». Eserciti-fantasma, guidati dalla Nato e dalla Cia, che «non hanno esitato a commettere attacchi terribilmente mortali per terrorizzare le popolazioni, nel contesto della “strategia della tensione”». I francesi citano la spaventosa strage italiana della stazione di Bologna del 1980, coi depistaggi messi in atto: falsi colpevoli immediatamente dati in pasto alla stampa e rivendicazioni troppo velocemente annunciate. «Nell’esempio italiano, era stata una parte dell’apparato statale, sostenuta dalla Nato e dalla Cia, a indirizzare la popolazione contro il “pericolo rosso”: i comunisti. Non si tratta di “complottismo”, ma di una verità storica».Oggi non parliamo più di “pericolo rosso”, ma di “minaccia islamica”. «E la gente approfitta delle emozioni legittime causate dagli attacchi per minare le libertà civili, mantenere di popolazioni in uno stato d’ansia e impedire qualsiasi dibattito su centinaia di migliaia di morti civili commesse dalla Nato e dalle forze armate americane, francesi e inglesi in Medio Oriente», dove la pretesa “lotta contro il terrorismo” ha causato più di 1,3 milioni di morti civili in 10 anni. «I francesi – continua l’Upr – devono riflettere sul fatto che i popoli dell’Iraq, della Libia, della Siria, non ci avevano fatto assolutamente niente fino a quando i paesi della Nato non hanno iniziano a bombardarli – con la scusa della rappresaglia per gli attentati dell’11 Settembre – ma molto più sostanzialmente per consentire alle grandi compagnie petrolifere e finanziarie occidentali di appropriarsi delle loro ricchezze». Conclusione: «La storia deve pertanto invitarci a una grande cautela nei confronti dei drammatici eventi in atto in Francia e in molti altri paesi europei. Prima di tirare conclusioni affrettate – insiste l’Unione Popolare Repubblicana – i francesi devono chiedersi chi ci sia dietro i terroristi. Chi li finanzia? Chi li arma? Chi li manipola? Chi li condiziona e li droga? Non sono forse solo “utili idioti” che servono interessi superiori che li scavalcano?».Mentre diversi paesi in Europa occidentale sono vittime di attacchi terroristici rivendicati da “Daesh”, cioè l’Isis – scrive sul suo sito il movimento indipendentista francese Upr, Unione Popolare Repubblicana, molti politici trovano la scusa per aumentare a dismisura il loro potere, restringendo la libertà dei cittadini. In particolare, il terrorismo è l’alibi perfetto per «limitare ulteriormente la libertà pubbliche (estensione dello stato di emergenza di François Hollande), insegnare ai giovani a “essere pronti a vivere con il terrorismo” (Manuel Valls), creare “campi di detenzione preventiva”, ossia campi di concentramento secondo il vocabolario degli anni ‘30 (Laurent Wauquiez)», e magari «armare i soldati di lanciarazzi», come propone Henri Guaino. Non solo: si chiede anche di «stabilire lo stato d’assedio» (Frédéric Lefebvre) e «demolire lo Stato di diritto» (Jacques Bompard ed Eric Ciotti), accantonando la Costituzione della Quinta Repubblica (David Douillet) e considerando lo Stato di diritto come paccottiglia, mero ammasso di noiosi “argomenti giuridici” che devono essere superati, come dice Nicolas Sarkozy, ansioso di unirsi allo “scontro di civiltà” teorizzato dai “think-tank” americani.