Archivio del Tag ‘parigi’
-
Gli affari d’oro dei sondaggisti, star della politica televisiva
Strano osservatore: un po’ arbitro, un po’ allenatore. E’ la figura chiave, da anni, di qualsiasi tornata elettorale: il sondaggista. Così spesso anche opinion maker, guru mediatico, star televisiva. Membro a pieno titolo del gran circo, che qualcuno ha l’abitudine di chiamare “casta”. Magari perché, grazie al sistema dei partiti, fattura fortune e investe milioni, in titoli e in case di lusso. Come Renato Mannheimer, gioviale “principe dei numeri”, che ha «la bellezza di 6 immobili per complessivi 4 milioni di euro al centro di Milano». Ai quali, «per non rinunciare a qualche peccato di gola, aggiunge una piccola partecipazione in un ristorante sui Navigli». Lo racconta Stefano Sansonetti, reduce da un’incursione giornalistica post-elettorale nel piccolo impero dei re delle percentuali, i maghi dei pronostici a cui si appella chiunque tenti di affrontare gli elettori.
-
Hollande al Pd: dal voto italiano una lezione per l’Europa
«La crisi economica e la sofferenza che ne deriva sono ormai di tale gravità che è l’Unione Europea a non poter più restare sorda rispetto al messaggio chiaro che emerge dal voto degli italiani». Lo sostiene il presidente francese François Hollande, che dopo il terremoto-Grillo ha preso il telefono per consultarsi direttamente con Pierluigi Bersani, come racconta il sito ufficiale del Pd. «Il presidente francese ha condiviso con Bersani l’analisi sulla rilevanza europea di questo voto italiano». Uno scossone da far tremare i palazzi di Parigi e quelli di Bruxelles? A quanto pare, per provocarlo ci voleva il “clown” Grillo, secondo l’irridente definizione del tedesco Peer Steinbrück, candidato socialdemocratico alla successione di Angela Merkel. Dalla Germania l’ennesima uscita infelice dopo quella – gravissima – di un altro autentico veggente, il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, che alla vigilia si augurava che gli italiani “votassero bene”, scegliendo Bersani e non Berlusconi.
-
Votare No-Tav: per costringere la politica a dire la verità
Disastrosa, ideologica e sballata: come i leggendari piani quinquennali del Cremlino. L’assurdità della Torino-Lione sembra uscita dal genio inquieto di Buzzati: cambia il mondo, passano i decenni, ma nel deserto siderale che ha attorno – niente merci e niente passeggeri, né ora né mai – la Grande Opera resiste al Grande Nulla, presidiando una frontiera di fantasie, narrazioni, menzogne e puntuali intimidazioni. L’ultima: l’intenzione del governo di chiedere un risarcimento abnorme, quasi un milione e mezzo di euro, a quegli abitanti della valle di Susa che, nell’estate 2011, cercarono di fermare l’avanzata delle ruspe, non avendo di fronte a sé altro interlocutore che i reparti antisommossa. Agenti inviati a Chiomonte a proteggere gli operai che avrebbero recintato un prato, per consentire poi ai politici di dichiarare che sarebbe finalmente partita la Grande Opera voluta e finanziata dall’Europa. Falso.
-
Grecia, disastro umanitario: via l’euro, o interviene l’Onu
«La Grecia deve uscire subito dall’euro, svalutando la sua moneta del 20-30%, pena la definitiva distruzione dell’economia, arrivata a un tale punto di degrado da poter essere considerata come “tragedia umanitaria” e quindi cominciare anche a ventilare l’ipotesi di chiedere l’intervento dell’Onu». L’allarme – totalmente ignorato dai media italiani, interamente occupati dal “grande nulla” della campagna elettorale – è firmato dal più importante economista tedesco, Hans Werner Sinn, consigliere personale di Angela Merkel, sorretto da altri 50 economisti, tra cui Moorald Choudry, vice-presidente della Royal Bank of Scotland, la quarta banca al mondo. Rapporto urgente, presentato al Consiglio d’Europa, alla presidenza della Bce e all’ufficio centrale della commissione bilancio e tesoro dell’Unione Europea: la Grecia sta crollando e la gente ormai assalta i supermercati.
-
Si combatte in Mali, ma il vero obiettivo francese è Algeri
L’appetito vien mangiando, dice il proverbio. Così, una volta «ricolonizzate» la Costa d’Avorio e la Libia, e «dopo aver tentato di accaparrarsi anche la Siria», la Francia «mira di nuovo al Mali per attaccare di spalle l’Algeria». Lo sostiene l’inviato speciale francese Thierry Meyssan, da anni in prima linea sui fronti caldi del Mediterraneo: è l’Algeria, dice Meyssan, il vero obiettivo dell’attivismo militare francese nel Mali, che resta peraltro un paese-chiave per il futuro energetico europeo: si diramano infatti nel sottosuolo maliano gli immensi giacimenti algerini di petrolio e gas, lungo frontiere di sabbia oltre le quali il Niger custodisce l’enorme riserva di uranio che alimenta le centrali nucleari della Francia. Naturalmente, per far intervenire l’esercito, la Francia ha avuto bisogno di utilizzare, sul campo, le solite pedine: i jihadisti di Al-Qaeda, reclutati dall’intelligence parigina.
-
Macché sinistra, anche Hollande e Miliband vanno a destra
Addio sinistra: cade il velo rassicurante che sin qui ha protetto, anche in Italia, l’elettorato di centrosinistra, nonostante tutto fedele al Pd, inteso come “meno peggio”, magari sotto forma di “voto utile”. Ma utile a chi? Ai poteri forti: grande industria, finanza internazionale. Quelli che all’inizio degli anni ’70 incaricarono l’avvocato Lewis Powell di spazzare via la sinistra dalla faccia della terra, per azzerare i diritti del lavoro. E’ stato come cancellare di colpo 200 anni di storia progressista, dice Paolo Barnard: volevano demolire la democrazia e ci sono riusciti, cominciando dalla disabilitazione dei sindacati e dei partiti di sinistra. La Trilaterale, il Wto, il Bilderberg. Fino alla Fornero e all’agenda Monti. Ed eccoci al capolinea: «Le socialdemocrazie europee, abbandonato ogni residuo pudore, imboccano la strada del liberal-liberismo senza voltarsi indietro», sostiene Carlo Formenti, saggista e docente universitario.
-
Petrolio, gas e uranio: la Guerra Infinita ora trasloca in Mali
Tripoli e Gaza, Damasco e Kabul, Baghdad e Mogadiscio. Missili, droni e petroliere che salpano con scorta militare, per paura dei pirati. Ricchi contro poveri, secondo un copione sempre più confuso: la secessione filo-occidentale del Sud-Sudan petrolifero appena infrastrutturato dalla Cina e il rapido congelamento della “primavera araba”. Eliminato Gheddafi, ora tocca al Mali, il “nuovo Afghanistan”, raccontato come ultimo terreno di lotta scelto dal radicalismo islamico per battersi contro l’Occidente. Non è solo quello, avverte Ennio Remondino: al contrario dell’Afghanistan, il Mali custodisce immense riserve di petrolio e gas algerino, accanto a nuovi giacimenti scoperti in Niger e in Mauritania. Inoltre, il Mali confina con le maggiori riserve mondiali di uranio, ed è al centro delle rotte europee dei clandestini e della droga. Dall’aprile 2012, “Al Qaeda nel Maghreb islamico” (Aqim) controlla questo territorio: e da lì può influire sulla trasformazione radicale delle rivolte nei paesi arabi.
-
Italia, terzo mondo: siamo costretti a cedere gli ospedali
Liberia, Guinea Bissau, Bangladesh: quello che un tempo si chiamava Terzo Mondo ora abita stabilmente in Italia, il paese dell’Eurozona terremotato dall’austerity e costretto a cedere alla finanza anche il cuore del suo sistema di sicurezza sociale, cioè la sanità pubblica e in particolare gli ospedali. Succede in Piemonte, dove la Regione decide di “cartolarizzare” le strutture sanitarie per sottrarsi alla scure di un maxi-debito da 1,6 miliardi che lo Stato non più sovrano non è in grado di sostenere, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana. L’epicentro del disastro è proprio Torino, dove traballa anche il bilancio del Comune lasciando intravedere il fantasma del commissariamento: reduce dalle fastose celebrazioni del 2011 per l’Unità d’Italia, il capoluogo piemontese è la prima grande città italiana ad anticipare il drammatico futuro tecnicamente organizzato dall’agenda di Mario Monti, il liquidatore inviato da Bruxelles a “terminare” la sovranità nazionale minata dal Trattato di Maastricht e ora sepolta da Fiscal Compact e pareggio di bilancio.
-
Il buono, il brutto e il cattivo: già visto, ma il buono dov’è?
Il buono, il brutto e il cattivo: massima semplificazione, spaghetti-western. Solo che, nello spettacolo politico, manca sempre uno dei tre: il buono. Abbondano invece i brutti e cattivi, perfetti per rubare la scena – tra lanci di monetine e girotondi – proprio mentre nel backstage, lontano dai riflettori, si consuma qualcosa di decisivo e irrimediabile, orchestrato con sapienza da altri attori, sicuramente meno brutti ma molto più cattivi. Corsi e ricorsi: prima Craxi, poi Berlusconi. Stessa sacrosanta indignazione popolare. E, nel retroscena, il piano: vent’anni fa gli accordi storici per l’avvento dell’euro-capestro a condizioni di sfavore, e dopo due decenni l’attuazione definitiva dello smantellamento dello Stato democratico moderno, il sanguinoso “massacro sociale” – senza precedenti, dal dopoguerra – con la subdola scusa dello spread, pilotato dagli stessi grandi registi del film.
-
Il ministro di ferro: contro i No-Tav, repressione europea
La rete è una miniera. Occorre tempo e pazienza, ma se si ha la fortuna di avere disponibili l’uno e l’altra si possono capire cose che a prima vista sfuggono. Per esempio che il vertice tra la Francia e l’Italia del 3 dicembre è stato ben altro che la firma dei dossier copia&incolla redatti dall’atelier vintage BessonVirano di quel che rimane (il buco) del sogno di mezzo secolo (scorso) Lyon-Torino. Appena un po’ più in là dei riflettori tutti accesi sui desiderata delle lobby bypartisan di banche e imprese, un giovane rampante in dieta punti e una non più giovanissima signora di taglia un po’ forte hanno siglato un impegno comune per la «lotta alla criminalità e al terrorismo, sicurezza stradale, normativa in materia di asilo e gestione dei flussi migratori». E – ancora pescando dal comunicato ufficiale – si apprende che «al termine del confronto è stata ribadita la comune volontà di rafforzare la collaborazione bilaterale in materia di sicurezza interna, a conferma dei già ottimi risultati raggiunti tra i due Paesi».
-
Tav senza soldi: la verità, dietro al bluff di Monti e Hollande
Secondo il professor Marco Ponti del Politecnico di Milano, autorevole “trasportista” italiano, il celebrato vertice di Lione tra Hollande e Monti – già costato l’inaudita aggressione dei manifestanti No-Tav ad opera della polizia francese – a conti fatti si riduce quasi a una barzelletta: se da un lato Italia e Francia giurano solennemente (come tante altre volte) che la grande opera “si farà”, ovviamente “auspicando” finanziamenti europei di cui non c’è ancora traccia, l’avvio dei cantieri – già slittato prima al 2013 e poi al 2014 – verrebbe ora ulteriormente ritardato, a causa di forti resistenze francesi, da parte dei Verdi alleati di Hollande e della Corte dei Conti di Parigi, che reputa l’opera troppo costosa e non necessaria. Nel dubbio, a rimetterci sono come sempre i valsusini: a cui si racconta che la nuova “autostrada ferroviaria” toglierebbe i Tir dall’asfalto, in una valle che è stata già devastata, di recente, proprio da un’autostrada, quella del Fréjus, che doveva servire a “togliere i Tir dalle strade statali”. Poi si lamentano se i valsusini, nel loro piccolo, s’incazzano.
-
Noi, riserva aurea mondiale: e dov’è finito l’oro dell’Italia?
Dov’è finito l’oro dell’Italia? Pochi lo sanno, ma il nostro paese detiene la quarta riserva aurea del mondo, dopo Usa, Germania e Fmi. Qualcosa come 2.450 tonnellate di lingotti, pari a 110 miliardi di euro. Bankitalia potrebbe usarli per ridurre il debito e contrastare attacchi speculativi, ma non lo fa. E poi: siamo sicuri di sapere esattamente dove si trovi quella montagna d’oro? E’ il bene-rifugio per antonomasia, quello che «tesaurizza le aspettative di crisi». In suo nome, scrive Mauro Bottarelli su “Il Sussidiario”, sono accadute molte cose strane e in apparenza inspiegabili. Come nella guerra in Libia, trasformatasi in un incredibile Vietnam. Poi, lo stallo militare fu sbloccato in soli tre giorni. Armi dall’Occidente? Servizi segreti? Forze speciali francesi e britanniche a fianco dei ribelli? Ma no: oro. Per la precisione, i lingotti che il Venezuela aveva parcheggiato a Londra: Hugo Chávez chiese il rimpatrio di quell’oro, ma la Banca d’Inghilterra l’aveva “movimentato”, non ce l’aveva più nei suoi caveau. Quale occasione migliore, allora, per arraffare le 150 tonnellate di riserve auree di Gheddafi?