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Hudson: tre poteri lucrano sulla guerra alla Russia (e a noi)
Armamenti, energia, finanza. Sono queste tre oligarchie a controllare gli Usa, determinando la loro politica: che oggi schiaccia l’Europa sotto il peso delle sanzioni imposte alla Russia, provocata per anni fino all’esplosione della resa di conti con il regime anti-russo di Kiev, imbottito di manovalanza sfacciatamente neonazista. Lo sostiene Michael Hudson, professore emerito di economia all’Università del Missouri-Kansas City, nonché alfiere internazionale della Modern Money Theory. Pochissime, nel mondo anglosassone, le voci indipendenti e non silenziate dalla “nebbia di guerra” diffusa in modo orwelliano per criminalizzare Putin. Tra queste l’economista canadese Michel Chossudovsky, fondatore di “Global Research” (preoccupato per gli sviluppi dello scontro Russia-Nato) e l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, che si augura che il Cremlino riesca a “bonificare” rapidamente l’Ucraina, strumentalizzata da Washington per servire i peggiori interessi sulla pelle degli ucraini, dei russi e degli stessi europei.Quali sono questi interessi americani che vogliono la guerra? E’ Hudson a entrare nei dettagli. «La domanda da porsi è: cosa sta cercando di cambiare o “risolvere” la Nuova Guerra Fredda di oggi?». Dal 1991, la forza di aggressione è stata ininterrottamente incarnata dagli Usa, che non hanno “smontato” la Nato (nonostante la fine del Patto di Varsavia) e hanno seminato terrore e morte in molte aree del mondo in nome della “sicurezza nazionale”, espressione «utilizzata per interessi speciali che non devono essere nominati». Di fatto, «la Nato è diventata l’organismo europeo di politica estera, fino al punto di dominare gli interessi economici interni». Aggiunge Hudson: «Il recente incitamento alla Russia, attraverso l’espansione della violenza etnica anti-russa da parte del regime neonazista ucraino», insediato con il “golpe Maidan” del 2014, ha centrato il bersaglio: «Forzare una resa dei conti». Il movente, però – ragiona il professore – è economico: tenere legati a sé i membri Nato e altri satelliti dell’area del dollaro, «poiché questi paesi hanno visto le loro maggiori opportunità di guadagno risiedere nell’aumento del commercio e degli investimenti con Cina e Russia».Per capire esattamente quali obiettivi e interessi degli Stati Uniti sono minacciati – prosegue Hudson – è necessario comprendere la politica statunitense e il suo “blob”, cioè la pianificazione centrale del governo, «che non può essere spiegata guardando alla politica apparentemente democratica», cioè l’alternanza tra repubblicani e democratici. Secondo Hudson, è più realistico considerare la politica economica ed estera degli Stati Uniti «in termini di complesso militare-industriale, di petrolio e gas (e minerario) e di complesso bancario e immobiliare». I deputati-chiave che siedono in Parlamento? «Non rappresentano i loro Stati e distretti, quanto piuttosto gli interessi economici e finanziari dei loro principali contributori elettorali». Ovvero: i tre grandi blocchi d’interesse che oggi avrebbero forzato l’Occidente verso la tragedia cui stiamo assistendo. Tre entità che, secondo Hudson, «hanno acquisito il controllo del Senato e del Congresso per inserire i propri responsabili politici nel Dipartimento di Stato e nel Dipartimento della Difesa».Chi sono, questi tre soggetti? «Il primo è il Military-Industrial Complex (Mic): i produttori di armi come Raytheon, Boeing e Lockheed-Martin». Per Hudson, «la loro base economica è la rendita monopolistica, ottenuta soprattutto dalla vendita di armi alla Nato, agli esportatori di petrolio del Vicino Oriente e ad altri paesi». Attenzione: «Le azioni di queste società sono aumentate immediatamente dopo la notizia dell’attacco russo, guidando un’impennata del mercato azionario», sapendo che il Pentagono «fornirà un ombrello di “sicurezza nazionale” garantito per i profitti del monopolio per le industrie belliche». Il cartello delle armi, ricorda Hudson, è tradizionalmente rappresentato – alle Camere – da politici di Washington e della California, oltre agli Stati del Sud. In questi giorni, si brinda: l’escalation militare in corso «promette un aumento vertiginoso delle vendite di armi alla Nato e ad altri alleati degli Usa». Esempio: «La Germania ha rapidamente accettato di aumentare la spesa per le armi a oltre il 2% del Pil».Il secondo grande blocco oligarchico, prosegue l’economista, è il settore dell’estrazione di petrolio e gas, cui si aggiunge l’estrazione mineraria (Ogam). «Come il settore bancario e immobiliare, che cerca di massimizzare la rendita economica per acquistare alloggi e altri beni, l’obiettivo del settore Ogam è massimizzare il prezzo della sua energia e delle materie prime». Non a caso, «il monopolio del mercato petrolifero dell’area del dollaro e l’isolamento dal petrolio e dal gas russi è stata una delle principali priorità degli Stati Uniti da oltre un anno, poiché l’oleodotto Nord Stream 2 minacciava di collegare più strettamente l’economia dell’Europa occidentale e quella russa». Chi sono i principali lobbysti dell’Ogam? Soprattutto i senatori del Texas, spiega Hudson. Sicché, «l’amministrazione Biden ha sostenuto l’espansione delle perforazioni offshore», ma anche «la rinascita del fracking statunitense». Fuori dai confini, «l’estensione della politica estera mira a impedire ai paesi stranieri di competere sui mercati mondiali, dove siano più convenienti dei fornitori statunitensi». Ergo: «L’isolamento della Russia (e dell’Iran) dai mercati occidentali ridurrà l’offerta di petrolio e gas, facendo aumentare di conseguenza i prezzi e i profitti aziendali».Il terzo grande gruppo oligarchico, continua Hudson, è il settore simbiotico “Finance, Insurance and Real Estate” (Fire). Di fatto, «è il moderno successore del capitalismo finanziario della vecchia aristocrazia fondiaria post-feudale europea, che vive di rendite fondiarie». Cifre enormi: «Circa l’80% dei prestiti bancari statunitensi e britannici sono al settore immobiliare», che agisce «gonfiando i prezzi dei terreni per creare plusvalenze, esenti dalle tasse». Questo blocco bancario e immobiliare incentrato su Wall Street, osserva Hudson, è ancora più ampiamente basato sul supporto politico dei parlamentari lobbysti. Chuck Schumer, senatore di Wall Street ora a capo del Senato, è stato «sostenuto a lungo da Joe Biden», a sua volta protettore storico «dell’industria delle carte di credito». A livello nazionale, «l’obiettivo di questo settore è massimizzare la rendita fondiaria e le plusvalenze derivanti dall’aumento della rendita fondiaria». A livello internazionale, invece, l’obiettivo del settore “Fire” è quello di «privatizzare le economie straniere (soprattutto per assicurarsi il privilegio della creazione di credito nelle mani degli Stati Uniti)».Si mira quindi a «trasformare le infrastrutture governative e i servizi di pubblica utilità in monopoli in cerca di rendita per fornire servizi di base (come assistenza sanitaria, istruzione, trasporti, comunicazioni e informatica) a prezzi massimi anziché a prezzi agevolati». E Wall Street, ovviamente, «è sempre stata strettamente fusa con l’industria petrolifera e del gas (vale a dire: i conglomerati bancari Citigroup e Chase Manhattan dominati dai Rockefeller)». Ecco quindi spiegato come il Fire finanziario-immobiliare, il Mic militare e l’Ogam energetico «sono i tre settori “rentier” che dominano l’odierno capitalismo finanziario postindustriale». Le loro fortune reciproche «sono aumentate vertiginosamente». E le mosse per escludere la Russia dal sistema finanziario occidentale, insieme agli effetti negativi dell’isolamento delle economie europee dall’energia russa, promettono di stimolare un afflusso di titoli finanziari dollarizzati. «Questo è il motivo per cui né l’industria né l’agricoltura svolgono oggi un ruolo dominante, nella politica estera degli Stati Uniti». La convergenza degli obiettivi politici dei tre grandi “rentier” «travolge gli interessi del lavoro e persino quelli del capitale industriale».Come ha spiegato lo stesso Biden, l’attuale escalation militare orchestrata dagli Stati Uniti (“Provocare l’Orso”) non riguarda proprio l’Ucraina. «Biden ha promesso dall’inizio che le truppe statunitensi non sarebbero state coinvolte, ma ha chiesto per oltre un anno che la Germania impedisse al gasdotto Nord Stream 2 di rifornire la sua industria e le sue abitazioni con gas a basso prezzo», in modo che Berlino «si rivolgesse ai fornitori statunitensi a prezzi molto più alti». E così, dopo un anno di pressioni a vari livelli sui politici tedeschi, la Germania non ha messo in funzione il super-gasdotto. Uno degli obiettivi principali dell’odierna Nuova Guerra Fredda – sottolinea Hudson – è quello di monopolizzare il mercato del gas: già sotto Trump, la Merkel era stata costretta a promettere di spendere 1 miliardo di dollari per costruire nuove strutture portuali per le navi-cisterna statunitensi. Poi, l’avvicendamento alla Casa Bianca e il ritiro della Cancelliera hanno congelato l’investimento portuale, lasciando la Germania senza alternative al gas russo. Ed ecco dunque la stretta di oggi: obiettivo, «l’impennata dei prezzi del petrolio e del gas, soprattutto a scapito della Germania».Oltre a creare profitti e guadagni sul mercato azionario per le compagnie petrolifere statunitensi – rileva Hudson – l’aumento dei prezzi dell’energia sottrarrà gran parte del vigore all’economia tedesca. Certo, il rincaro di benzina, riscaldamento e altri servizi danneggerà tutti, anche i cittadini statunitensi, riducendo il loro tenore di vita. «Ciò potrebbe spremere i proprietari di case e gli investitori emarginati, portando a un’ulteriore concentrazione della proprietà», accelerando le acquisizioni a danno di «proprietari immobiliari in difficoltà, in altri paesi che devono far fronte all’aumento dei costi del riscaldamento e dell’energia». Aumenteranno anche i prezzi dei generi alimentari, guidati dal grano: Russia e Ucraina rappresentano il 25% delle esportazioni mondiali, nei cereali. «Ciò comprimerà molti paesi del Vicino Oriente e del Sud del mondo con deficit alimentari, peggiorando la loro bilancia dei pagamenti e minacciando l’insolvenza del debito estero».E non è tutto: le esportazioni russe di materie prime potrebbero essere bloccate dalla Russia in risposta alle sanzioni e all’esclusione dallo Swift. Questo «minaccia di causare interruzioni nelle catene di approvvigionamento di materiali chiave, tra cui cobalto, palladio, nichel e alluminio». Se poi la Cina decidesse di considerarsi la prossima nazione minacciata e si unisse alla Russia in una protesta comune contro la guerra commerciale e finanziaria degli Stati Uniti, le economie occidentali subirebbero un grave shock. Il sogno a lungo termine dei fautori americani della Nuova Guerra Fredda, riassume Hudson, «è quello di rompere la Russia, o almeno di ripristinare la sua cleptocrazia manageriale di Eltsin», assistita dagli “Harvard Boys”, «con gli oligarchi che cercano di incassare le loro privatizzazioni nei mercati azionari occidentali». Il cartello Ogam «sogna ancora di acquistare il controllo di maggioranza di Yukos e Gazprom». Quanto a Wall Street, «vorrebbe ricreare un boom del mercato azionario russo». E gli investitori del Mic (armamenti) vorrebbero «anticipare felicemente la prospettiva di vendere più armi, per contribuire a realizzare tutto questo».Sul fronte opposto, invece, «l’obiettivo a lungo termine della Russia è di strappare l’Europa dal dominio della Nato e degli Stati Uniti e, nel frattempo, creare con la Cina un nuovo ordine mondiale multipolare centrato su un’Eurasia economicamente integrata». Dato che la Russia non invaderà mai l’Europa, riflette Hudson, gli europei finiranno per chiedersi perché mai pagare cifre esorbitanti per l’armamento Usa, e perché mai strapagare l’energia fornita da Washington, oltre a «pagare di più per il grano e le materie prime prodotte dalla Russia», perdendo anche la possibilità di fare profitti con l’export verso la Russia e, domani, forse, anche verso la Cina. Ma le complicazioni non finiscono qui: «La confisca da parte degli Stati Uniti delle riserve monetarie russe, a seguito del recente furto delle riserve dell’Afghanistan (e del sequestro dell’Inghilterra delle scorte auree venezuelane ivi detenute) minaccia l’adesione di ogni paese al Dollar Standard, e quindi il ruolo del dollaro come veicolo per il risparmio in valuta estera da parte delle banche centrali del mondo. Ciò accelererà il processo di de-dollarizzazione internazionale già avviato da Russia e Cina, facendo affidamento sulle reciproche partecipazioni delle valute dell’altra».A lungo termine, conclude l’economista, è probabile che la Russia si unisca alla Cina nel formare un’alternativa al Fmi e alla Banca mondiale, tuttora dominati dagli Stati Uniti. «L’annuncio della Russia di voler arrestare i nazisti ucraini e tenere un processo per crimini di guerra sembra implicare che un’alternativa alla corte dell’Aia sarà istituita dopo la vittoria militare della Russia in Ucraina. Solo un nuovo tribunale internazionale – aggiunge il professor Hudson – potrebbe processare i criminali di guerra che vanno dalla leadership neonazista ucraina fino ai funzionari statunitensi responsabili di crimini contro l’umanità come definiti dalle leggi di Norimberga». Hudson si aspetta che Mosca si ritiri a breve, dopo aver raggiunto gli obiettivi: proteggere i russofoni e allontanare da Kiev la minaccia diretta alla propria sicurezza. Infine, emerge l’autogol del “blob americano”: «La più enorme conseguenza involontaria della politica estera statunitense è stata quella di portare Russia e Cina insieme, insieme a Iran, Asia centrale e altri paesi, lungo la Belt and Road Initiative».Se la Russia sognava di «creare un nuovo ordine mondiale», finalmente in armonia con l’Occidente, «è stato l’avventurismo statunitense a portare il mondo in un ordine completamente nuovo». Un assetto «che sembra essere dominato dalla Cina, come vincitore predefinito, ora che l’economia europea è essenzialmente dilaniata e che l’America è rimasta con ciò che ha preso dalla Russia e dall’Afghanistan, ma senza la possibilità di ottenere un sostegno futuro». Sperando che, ovviamente, tra Putin e Biden esista un accordo, sotto banco, per non far degenerare oltre la situazione, evitando cioè lo scontro diretto. Tutti sanno che, in quel caso, non ci sarebbero vincitori. Discorsi che sembrano folli, nel 2022: eppure, Usa e Russia sono entrate in “allerta atomica”. E paesi come l’Italia si accingono a varare aiuti militari al regime di Kiev. Lo schema è tragicamente evidente: dipingere la Russia come aggressore, demonizzandola, così come graziosamente richiesto dai tre grandi cartelli che, secondo Hudson, avrebbero pianificato l’intero disastro: armamenti, energia e finanza.Armamenti, energia, finanza. Sono queste tre oligarchie a controllare gli Usa, determinando la loro politica: che oggi schiaccia l’Europa sotto il peso delle sanzioni imposte alla Russia, provocata per anni fino all’esplosione della resa di conti con il regime anti-russo di Kiev, imbottito di manovalanza sfacciatamente neonazista. Lo sostiene Michael Hudson, professore emerito di economia all’Università del Missouri-Kansas City, nonché alfiere internazionale della Modern Money Theory. Pochissime, nel mondo anglosassone, le voci indipendenti e non silenziate dalla “nebbia di guerra” diffusa in modo orwelliano per criminalizzare Putin. Tra queste l’economista canadese Michel Chossudovsky, fondatore di “Global Research” (preoccupato per gli sviluppi dello scontro Russia-Nato) e l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, che si augura che il Cremlino riesca a “bonificare” rapidamente l’Ucraina, strumentalizzata da Washington per servire i peggiori interessi sulla pelle degli ucraini, dei russi e degli stessi europei.
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L’Uomo di Marte: la civiltà che tuttora ci nascondono
«Visto che ci hanno mentito ininterrottamente sulle nostre vere orgini, come potete pensare che ci raccontino la verità su quanto sta accadendo oggi, nel mondo?». La provocazione è firmata da Gianluca Lamberti, infaticabile animatore giornalistico del canale YouTube “Facciamo Finta Che”, sempre a caccia di voci eterodosse e di suggestioni utili a decifrare il presente. Una degli interlocutori abituali è lo storico Nicola Bizzi, portavoce in Italia dell’antica tradizione misterica eleusina. Uno sguardo a 360 gradi, il suo: da saggi di scottante attualità, come “Operazione Corona”, a volumi – ad esempio il recente “I Minoici in America” – che frugano nel passato, sfornando rivelazioni che spiazzano il sapere accademico. Succede di scoprire, per esempio, che il rame destinato a Creta veniva estratto 3.000 anni fa dalle miniere del Michigan: ma l’America non doveva esser stata “scoperta” dall’ipotetico Colombo soltanto 4.500 anni dopo? Stesso discorso per l’omertà che protegge le esplorazioni spaziali. Misteri che, in realtà, sembrano essere soltanto segreti ben custoditi: come quello che annacqua le informazioni sul mondo dei marziani.Marte, ovvero: il desertico Pianeta Rosso, letteralmente inabitabile, o invece la patria di una civiltà identica alla nostra? «Se la scienza ufficiale, oggi, in molti casi è ormai ridotta a produrre semplice mitologia – dice Bizzi – forse la vale la pena di domandarsi seriamente se la mitologia (antica) non nasconda verità anche imbarazzanti, per il sapere ufficiale e per le stesse religioni». Per dire: «Come faceva, Omero, a conoscere precisamente l’esistenza dei satelliti di Marte? E perché ne parla anche Jonathan Swift, l’autore dei Viaggi di Gulliver?». E poi: c’è vita, su Marte? O almeno, c’era? Non sono fantasie. «Basta dare un’occhiata alle ormai tantissime foto scattate sul territorio marziano: è strapieno di evidenti vestigia architettoniche. Perché non se ne vuole ancora parlare?». Forse perché – come scrisse il sumerologo Zecharia Sitchin – il destino di Marte sarebbe legato a quello di Nibiru, il pianeta da cui, secondo i Sumeri, provenivano gli Annunaki, cioè le “divinità aliene” che avrebbero colonizzato la Terra 400.000 anni fa?Al tema marziano, Gianni Viola ha dedicato il saggio “La civiltà di Marte” (“Osservazione, esplorazioni, geografia, esseri intelligenti”, pubblicato già nel 2002 dalle Edizioni Mediterranee). Lo cita lo stesso Bizzi, editore di Aurora Boreale, nella trasmissione “Il Sentiero di Atlantide”, in video-chat con Lamberti. «Tanto per cominciare: a livello mediatico, dalla Nasa in giù, la narrazione su Marte sembra una colossale presa in giro: il pianeta viene tuttora descritto come da sempre “morto” e disabitato. Peccato che a smentire la versone ufficiale siano le immagini – migliaia, ormai – scattate a partire dalle prime missioni Viking, negli anni ‘70, e ora anche dai tanti “rover” terrestri fatti sbarcare su Marte». Emergono manufatti decisamente impressionanti: «Parliamo di oltre 150 piramidi di grandi dimensioni, insieme a fortezze e altre strutture chiaramente di origine artificiale, opera dell’ingegno dei loro costruttori».Su Marte si vedono «scalinate, statue, colonnati, strani condotti tubolari lunghi centinaia di chilometri». E poi anhe «rovine di presunte metropoli, nonché sfingi, giganteschi volti scolpiti (come quello, impressionante, della Piana di Cydonia) e persino resti ossei e teschi palesemente umani». Spiccano complessi statuari rupestri simili a quelli dell’antico Egitto, «accanto a basi recenti – dall’aspetto in questo caso molto terrestre – dotate di pannelli solari». Ultimamente, rileva Bizzi, la Nasa sta pubblicando foto sbalorditive: come per prepararci a una “disclosure”, finalmente? «Recenti immagini all’infrarosso hanno inoltre evidenziato l’esistenza di strutture sotterranee, che emanano calore. Mi domando: esistono realtà sotterranee ancora vitali, sotto la superficie marziana? Teniamo conto del fatto che grandi strutture ipogee, mai del tutto spiegate, costellano anche il sottosuolo terrestre: come se fossero state scavate per cercare riparo da un cataclisma piovuto dal cielo».Secondo Bizzi, infatti, Marte – forse popolato da esseri come noi, fino a pochi millenni fa – potrebbe esser stato travolto dalla stessa pioggia cometaria che devastò anche la Terra fra il 10800 e il 9600 avanti Cristo. Solo che, su Marte, la devastazione sarebbe stata ancora peggiore, con conseguenze definitive. «Tutto porta a pensare che Marte sia stato duramente colpito da quella pioggia di corpi celesti. Il pianeta sarebbe stato letteralmente crivellato, fino a veder distrutto il suo campo magnetico: questo avrebbe provocato la disgregazione della sua atmosfera e l’evaporazione delle acque superficiali, fiumi e mari. Il cataclisma avrebbe quindi causato la morte del pianeta, almeno nella sua superficie. Si può pensare che qualcuno (o qualcosa) si sia comunque salvato, rifugiandosi nel sottosuolo?». Bizzi si sofferma su un indizio: «Le strutture ipogee terrestri – simili a quelle rilevate su Marte – risalgono esattamente a 12.000 anni fa, cioè all’epoca di quegli spaventosi impatti: che sul suolo marziano, peraltro, sembrano aver originato anche grandi crateri e colossali canyon».E’ possibile che, a scatenare la catastrofe, sia stato il transito ravvicinato del pianeta Nibiru, la cui esistenza divide ancora gli scienziati? A questo proposito, aggiunge Bizzi, fa impressione rileggere la traduzione di una particolare tavoletta cuneiforme, che Zecharia Sitchin propone ne “Il libro perduto del dio Enki”, edito da Piemme nel 2004. Secondo Sitchin, in quella tavoletta sumera si legge che gli Anunnaki avrebbero scoperto, proprio su Marte, la tomba del loro capostipite, Alalu. Sarebbe stato il pioniere della colonizzazione terrestre: gli Anunna avrebbero estratto l’oro della Terra per trasferirlo su Nibiru, allo scopo di “ripristinare” l’atmosfera di quel pianeta, che si era deteriorata. Marte? Era una base intermedia per trasferire l’oro dalla Terra a Nibiru. E proprio su Marte sarebbe stato confinato, in esilio, lo stesso Alalu, punito in seguito a gravi controversie sorte con i suoi.Ritrovata la tomba con i resti ossei di quell’ipotetico, antico “Re di Nibiru”, la tavoletta sumera recita: «Sbarrarono di nuovo l’ingresso della caverna con le pietre, e su una grande montagna rocciosa scolpirono – con i raggi – l’immagine di Alalu. Lo ritrassero con un elmetto d’aquila, con il volto scoperto: che l’effigie di Alalu guardi per sempre verso Nibiru, dove regnò». La storia dell’oro dei Sumeri, peraltro, è accreditata anche da Michael Tellinger, scopritore dei resti di quella che sembra un’enorme metropoli, risalente a 200.000 anni fa, a due passi dalle grandi miniere d’oro del Sudafrica. Secondo i testi sumeri, gli Anunna avrebbero “fabbricato” un essere umano simile a loro. Potrebbero aver fatto la stessa cosa anche su Marte, se quel pianeta (non ancora rosso, ma verde e ricco di acque, come la Terra) era davvero una loro antica colonia?«La stessa civiltà umana attuale – dice Bizzi – è probabilmente frutto di molteplici ingerenze genetiche esterne: una di queste, secondo la tradizione eleusina, fu operata dagli dèi Titani provenienti da Tau Ceti, “progenitori” dell’uomo bianco occidentale. Questo spiegherebbe anche l’eterogeneità delle tante etnie umane e le nostre differenti caratteristiche fisiche, non sempre riconducibili a questioni climatiche o all’areale geografico». Conclude Bizzi: «La mia opinione è che la “morte” di Marte risalga a pochi millenni addietro, forse proprio a 12.000 anni fa». Che il pianeta fosse abitato, ormai, appare fin troppo evidente. «Molto probabilmente, quella di Marte era una civiltà gemella della nostra, se non addirittura la stessa. Se così fosse, si tratterebbe di una realtà più che scomoda, per i poteri terrestri, a cominciare da quelli religiosi. E questo spiegherebbe anche il lunghissimo “cover up” che tuttora nasconde la verità su Marte».«Visto che ci hanno mentito ininterrottamente sulle nostre vere orgini, come potete pensare che ci raccontino la verità su quanto sta accadendo oggi, nel mondo?». La provocazione è firmata da Gianluca Lamberti, infaticabile animatore giornalistico del canale YouTube “Facciamo Finta Che”, sempre a caccia di voci eterodosse e di suggestioni utili a decifrare il presente. Una degli interlocutori abituali è lo storico Nicola Bizzi, portavoce in Italia dell’antica tradizione misterica eleusina. Uno sguardo a 360 gradi, il suo: da saggi di scottante attualità, come “Operazione Corona”, a volumi – ad esempio il recente “I Minoici in America” – che frugano nel passato, sfornando rivelazioni che spiazzano il sapere accademico. Succede di scoprire, per esempio, che il rame destinato a Creta veniva estratto 3.000 anni fa dalle miniere del Michigan: ma l’America non doveva esser stata “scoperta” dall’ipotetico Colombo soltanto 4.500 anni dopo? Stesso discorso per l’omertà che protegge le esplorazioni spaziali. Misteri che, in realtà, sembrano essere soltanto segreti ben custoditi: come quello che annacqua le informazioni sul mondo marziano.
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Covid e clima, Galloni: chi inventa le emergenze, e perché
Il pianeta è sempre stato sottoposto a cambiamenti climatici anche molto radicali: in certi periodi erano abitabili solo le zone equatoriali, in altri erano abitabili anche i Poli (sono stati trovati resti di fauna tropicale in Antartide). Il grande errore del nostro tempo – errore di cui ci chiederanno conto le generazioni future – è l’idea di fermare i cambiamenti climatici, invece di affrontarli. A differenza del passato, infatti, oggi possediamo tecnologie straordinarie: se messe al servizio del bene dell’umanità, aiuterebbero a unire i popoli per affrontare questi cambiamenti climatici. L’emergenza che stiamo vivendo è il rapporto fra l’emergenza climatica e quella sanitaria. L’emergenza climatica è stata proclamata intorno al 2019 sull’onda alla meteora Greta Thunberg. Poi, siccome non era sufficienti, si è arrivati all’emergenza sanitaria. E adesso pare che si debba ritornare ad un’altra emergenza, di carattere climatico-ambientale.Perché l’emergenza? Perché non si riesce più a dare una risposta ai grandi cambiamenti dell’economia e della società, il cui primo (e fondamentale) è l’abbandono della moneta a debito. Cioè: noi oggi abbiamo la possibilità di introdurre monete di altra natura. E lo dobbiamo fare: perché, mentre nei comparti di produzione dei beni materiali la tecnologia è andata talmente avanti che sempre meno addetti saranno necessari ad approntare tutto ciò di cui abbiamo bisogno, nell’ambito invece dei beni immateriali (soprattutto i servizi di cura delle persone, dell’ambiente, del patrimonio esistente) il fatturato si può rivelare più basso del costo. Quindi, questi servizi non possono essere gestiti in termini capitalistici, cioè di profitto. Ecco il grande interrogativo; la soluzione c’è (l’immissione di moneta non a debito), ma ha un “piccolo” difetto: spiazzerebbe le grandi banche, le grandi entità finanziarie del pianeta, che hanno governato il mondo per secoli – o per millenni: prima con l’oro e poi con la moneta creata dal nulla.E’ chiaro che, non potendo dare soluzioni, l’emergenza “serve” per evitare nel merito delle questioni: questo è il nesso che lega l’emergenza climatica a quella sanitaria. E come siamo arrivati, a questo? Dagli anni Settanta in poi abbiamo sperimentato a diversi modelli di capitalismo. Il primo è quello del capitalismo espansivo, in realtà iniziato già nel 1944 dopo Bretton Woods. E’ durato fino al G7 di Tokyo del 1979 e, secondo me, da noi fino al divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia. In quel periodo, l’obiettivo delle imprese era la massimizzazione delle vendite: quindi c’era spazio per l’aumento dei profitti, dei salari, dell’occupazione. Quindi abbiamo avuto la trasformazione della classe operaia in classe media. Insomma, stavamo tutti meglio: la classe politica voleva arricchire la popolazione attraverso i disavanzi pubblici, finanziati a bassi tassi d’interesse.Se i titoli pubblici non li acquistava nessuno, li comprava la Banca d’Italia stampando moneta: al passivo metteva l’emissione monetaria e all’attivo i titoli. E’ così che siamo diventati la quinta potenza mondiale, la quarta potenza manifatturiera del pianeta. E abbiamo cominciato a dare fastidio un po’ a tutti, nel Mediterraneo: ai francesi, agli inglesi, agli israeliani, agli americani e ai russi. Così spiego anche la vicenda Moro: in termini di conflitto tra lui e Kissinger. Il problema esplose in un incontro fondamentale del 1976, in cui Kissinger disse a Moro: «Non potete continuare a far crescere l’economia italiana del 3-4% ogni anno, perché state diventando più importanti di quello che noi possiamo sopportare. Io ti ammazzo». Parole testuali di Kissinger. Tornato a casa, Moro lo disse alla moglie e a mio padre: erano le uniche due persone di cui lui si fidasse. La moglie gli consigliò di rititarsi dalla politica. E non si sa – quella mattina del 16 marzo 1978, quando fu sequestrato – che cosa avrebbe detto, in Parlamento.Ora, il capitalismo espansivo, keynesiano (l’economia mista), non poteva essere ufficialmente attaccato, perché funzionava. E tra l’altro, ci proteggeva nella competività, se così si può dire, coi regimi comunisti. E allora ecco che nasce tutta la teoria ambientalista del Club di Roma (Aurelio Peccei) che, fondamentalmente, sostiene una dottrina neo-malthusiana. Cosa aveva detto, Malthus? Aveva espresso una teoria che poi si era rivelata sbagliata. Aveva detto: siccome la popolazione cresce ad un ritmo superiore a quello in cui noi possiamo far crescere la produzione, incluse le derrate alimentari, a un certo punto la società collassa. In realtà non fu così, perché poi gli umani – proprio perché crescevano da un punto di vista demografico – cominciarono a produrre di più e meglio. Tant’è vero che oggi, di cibo, ne abbiamo fin troppo. Ovviamente ci sono i poveracci che non mangiano, perché è il sistema capitalistico che induce a produrre solamente quello che si può rivendere con un adeguato profitto.Se uno non ha i soldi per comprarla, la merce viene buttata. Noi infatti distruggiamo una gran parte di quello che produciamo. Ma la soluzione non è quella esposta da Papa Francesco (mangiamo di meno noi, per dare ai poveri). No: è il modello economico, che è sbagliato. Si deve tornare un po’ all’antico: noi oggi possiamo produrre come una volta, disinquinando e stando tutti meglio. Oltretutto, la qualità dei prodotti alimentari pesa: bastano poche quantità, per essere soddisfatti (e sani). Il cibo di McDonald’s invece non sazia mai e procura le famose malattie del benessere-malessere. Tornando a Malthus, i neo-malthusiani ieri dicevano: se la popolazione mondiale è di 6 miliardi di individui, di cui un miliardo e mezzo ha tutto (auto, elettrodomestici), crescerà tutta l’economia e ci saranno 5 miliardi di privilegiati; ma le risorse sono limitate, e quindi lo sviluppo non può essere illimitato.In realtà, è lo stesso errore di Malthus: pretendere che il rapporto fra sviluppo economico e inquinamento sia reso da un’equazione lineare. Cioè: se io produco 100 e consumo 70 (come risorse del pianeta), se produrrò 200 consumerò 140, in termini di risorse. Ma non funziona così, l’economia industriale. Al crescere delle quantità, man mano che l’umanità va avanti, la quantità di agenti inquinanti e di risorse utilizzate (per unità di prodotto) diminuisce. In pratica: se oggi producessimo con le tecnologie di cent’anni fa tutto quello che attualmente produciamo, saremmo tutti morti. In realtà le tecnologie si sono evolute: oltre un certo punto, c’è quindi una equazione differenziale, con derivate parziali, che ci dà la possibilità di capire che sì, dobbiamo “darci una regolata” per l’inquinamento da sviluppo, ma senza però regredire, perché in quel modo condanniamo i poveri a restare poveri, e noi a morire delle malattie del benessere (che non sono quelle batteriche o virali, storicamente sconfitte nei paesi ricchi, ma sono quelle degenerative – cancro, diabete, cardiopatie – che derivano dai cattivi stili di vita).Negli anni ‘80, dopo il divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia, si fecero aumentare in modo erratico i tassi d’interesse sul debito pubblico: quindi il debito crebbe a dismisura e superò il Pil. Da allora abbiamo questo problema, un alto debito pubblico. Fino a prima del divorzio, avvenuto nel 1981, il debito pubblico italiano non raggiungeva il 60% del Pil. E là saremmo rimasti, se non avessimo introdotto l’aumento dei tassi d’interesse per dare al “mercato” il potere di “regolarci”, quando si sapeva benissimo che il mercato è uno sregolatore. Quindi, il ministero del Tesoro abbandonò il potere di decidere i tassi d’interesse e lo lasciò al mercato, cioè alle banche. Il risultato è stato disastroso. Quel modello – anni ‘80 – è crollato miseramente, perché distruggeva la solidarietà, che è il principale collante dell’economia, e venne sostituito con un terzo modello, il capitalismo finanziario (già sperimentato fino alla crisi del 1929).Siamo quindi tornati al capitalismo finanziario: grandi boom delle Borse, ma già nel 2001 la crisi delle Borse stesse. Quindi siamo approdati a un quarto tipo di capitalismo, che io chiamo ultra-finanziario. Cioè: mentre nel capitalismo di Borsa bisogna massimizzare il rendimento dei titoli azionari (e questo lo si ottiene spesso riducendo in modo devastante l’investimento nell’economia reale, nell’occupazione e nei salari), nell’ultimissimo capitalismo ultra-finanziario, quello dei derivati e dei titoli tossici, all’economia non si pensa neppure più. Non è più un capitalismo di mercato: tutto è regolato da algoritmi matematici. E quindi nelle banche, nelle aziende e nei centri finanziari entrano i matematici e gli informatici. Questo capitalismo ultra-finanziario ha come obiettivo non la massimizzazione del valore dei titoli, ma la massimizzazione del numero delle operazioni, quindi è una follia.Siamo arrivati a 4 milioni di miliardi di dollari di debiti, cioè di derivati e “swap”. Cioè: 54 Pil mondiali. Noi ci stracciamo le vesti perché il debito pubblico dell’Italia si avvicina ad essere una volta e mezzo il Pil nazionale, ma non diciamo niente sul fatto che il debito del pianeta è 54 volte il Pil terrestre. Importantissima la svolta sopraggiunta nel 2008: le banche centrali hanno iniziato a immettere moneta illimitatamente, per far fronte alle esigenze di liquidità (emerse con la crisi della Lehman Brothers, rimasta a secco: l’unico modo per far fallire la finanza è proprio la mancanza di liquidità). Ma voi capite che, per gestire 4 milioni di miliardi di dollari (54 Pil mondiali), occorre almeno un 3-4% di liquidi: e non c’erano. Ed ecco la soluzione delle banche centrali: emettere moneta, soprattutto elettronica, in modo illimitato. Di qui la mia previsione, purtroppo rivelatasi esatta: il sistema crollerà quando verrà il crampo al dito del governatore della banca centrale.Qual è la caratteristica di questo capitalismo ultra-finanziario e collateralizzato? Non deve arrivare, tutta questa moneta, all’economia reale. L’economia finanziaria va benissimo, perché va bene anche quando va male: pompano moneta a corso legale, e quindi si pagano interessi e cedole, si allungano i tempi dei titoli tossici, eccetera. E quindi, paradossalmente, la finanza funziona sempre. A patto che, appunto, all’economia reale non arrivi niente. Di qui sostengo la nascita delle piattaforme finanziarie alternative, delle monete complementari, delle cryptovalute, del credito “fai da te” e di tante altre cose, che per certi versi rappresentano il futuro della nostra economia, perché sono le eredi delle antiche cambiali (alla base del “miracolo economico” italiano). E anche le cambiali sono saltate per aria, con l’aumento dei tassi d’interesse: non era più conveniente, accettare una cambiale, perché lo sconto che ti facevano in banca era salito al 20% (prima era solo del 3-4%). Da allora, abbiamo vissuto un delirio, un declino ininterrotto. E il conto l’hanno pagato soprattutto i giovani: questa è la prima generazione che ha meno opportunità, rispetto a quelle di cui avevano beneficiato i loro genitori.(Nino Galloni, dichiarazioni rilasciate in una conferenza di “FlipItaly” ripresa su YouTube il 1° dicembre 2021. Economista e saggista, Galloni è figlio di Giovanni Galloni, già ministro, vicepresidente del Csm e autorevole dirigente della Dc, vicinissimo ad Aldo Moro).Il pianeta è sempre stato sottoposto a cambiamenti climatici anche molto radicali: in certi periodi erano abitabili solo le zone equatoriali, in altri erano abitabili anche i Poli (sono stati trovati resti di fauna tropicale in Antartide). Il grande errore del nostro tempo – errore di cui ci chiederanno conto le generazioni future – è l’idea di fermare i cambiamenti climatici, invece di affrontarli. A differenza del passato, infatti, oggi possediamo tecnologie straordinarie: se messe al servizio del bene dell’umanità, aiuterebbero a unire i popoli per affrontare questi cambiamenti climatici. L’emergenza che stiamo vivendo è il rapporto fra l’emergenza climatica e quella sanitaria. L’emergenza climatica è stata proclamata intorno al 2019 sull’onda alla meteora Greta Thunberg. Poi, siccome non era sufficiente, si è arrivati all’emergenza sanitaria. E adesso pare che si debba ritornare all’altra emergenza, di carattere climatico-ambientale.
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La Fiaba del Filosofo Somaro, scritta apposta per noi
«Filosofo somaro? Qualcuno si potrebbe offendere. E io infatti chiedo scusa: a tutti i somari». Sound: romanesco (Trilussa style). Come dire: abbassiamo i toni, siamo tra amici. Ambientazione: un vecchio telefono obsoleto. Nostalgia d’altri tempi, sottolineata dalla tappezzeria musicale del violino Klezmer. In un angolo spunta una bacchetta, come quella di Mandrake. Sul tavolino, un cappello adagiato sopra tre volumi (date retta, gente: leggete, per il vostro bene). Accanto, un bicchiere: quello della pozione di Apuleio. E sulla parete, una specchiera. Cosa riflette, lo specchio? Lui, Claudio Testa, che passa in rassegna foglietti: come il Dylan di “Subterranean Homesick Blues”, considerato il primo videoclip della storia. Solo che i fogli dell’attore stavolta non mostrano parole, ma delicatissimi acquerelli. Protagonista delle pitture: l’asino filosofo. In altre parole, noi. O meglio, lui. L’asino parlante. Il somaro volante. L’anima cui tocca prima cadere, se vuole ascendere al cielo della piena consapevolezza di se stesso. A parte l’ovvio rimando dantesco, ci ricorda qualcosa? Eccome. Nel senso: vuoi vedere che ci toccava proprio cadere così in basso, per sperare un giorno di tornare a volare?«Visto così, non si direbbe certo che avessi un nobile passato, che fossi di bell’aspetto». La traduzione in italiano, non rende certo onore alla calorosa temperatura naturale della koinè popolaresca dell’Urbe, quella adottata dall’Asino Filosofo. Necessità elettive: l’affabile dialetto di Claudio Testa – nel video – aiuta a ricordare che parlava e scriveva in latino, il capostipite dei “volatori d’asini”. Lucio Apuleio Madaurense, autore del primo e unico romanzo giunto fino a noi, nella lingua dei Cesari. E’ senza tempo la lezione de “L’asino d’oro”: storia esemplare di chi, per diventare “aureo” (per accedere alchemicamente al proprio “oro” interiore, estraendolo dal “piombo”) deve per forza cambiare stato. Già, perché ci sono modi diversi, di essere uomini. Gli anglosassoni lo sanno dire in due parole: “mankind” e “humanity”. La prima designa semplicemente l’Homo Sapiens, l’altra la sua dote precipua: saper amare, trattando gli altri – appunto – con umanità. Anche nel caso di Apuleio, come sappiamo, il percorso è complicato. E nasce da un imprevisto accidentale: «Ai tempi in cui ero d’oro, curioso di capire dove sia l’Altrove, sbagliai l’unguento, sì: e fu un errore. Ma grazie a quello scoprii l’amore, l’essere umano, le sue bassezze (e il suo livore)».Facile: basta inserire il vernacolo, e al posto di Apuleio compare Claudio Testa, sul set del suo video. Siamo in piena Era Pandemica: il 2021 è il posto giusto, da cui scrutare tutto. «Sedetti alla destra di quell’ometto, che nacque nella paglia senza il tetto, e cambiò il mondo – non a tutto tondo, solo in quel distretto; ma gli bastò, per diventar l’eletto». E’ un attimo, con la magia: sbagli pozione, e ti ritrovi trasformato in somaro (sia pure veggente). «Sono griglio come un topo, e sulla schiena da sempre porto una croce». Da Beltemme al Golgota, il passo è breve: su quella croce «un uomo ci legò un bastone, mi mise un cappio al collo e si proclamò padrone». Raglia soavemente, il divino Somaro Filosofo. L’alfa e l’omega: «Io sono il niente e il tutto, sono l’inizio e la fine, come il Matto dei Tarocchi al dritto. E tiro quel carretto, zitto zitto, curvato su quell’ombra sovrastante: fino a quando non ci ho scoperto il trucco». Come? Cambiando posizione. Ricordate Robin Williams, nei panni del professor Keating? Salite sul banco, mettetevi in piedi. E tutto, all’improvviso, vi apparirà diverso.«La volta che mi voltai per un istante, vidi che chi c’era a cassetta non era quel grand’uomo, dalla statura così imponente, ma un pupazzetto (che il sole radente rendeva gigante)». Questo ha scoperto, Apuleio-Testa trasformato magicamente in ciuchino, come Pinocchio. «E quando mi sono impuntato (perché è accaduto) m’è apparsa questa carota davanti al muso: bella, arancione lunga. Pareva buona, e ci ho creduto! Sì, però una volta sola». Avvertimento: «A te, di carote legate a quel bastone che ti fa correre senza pigliare niente, ne hanno messe tante: la libertà, la gioia, l’avventura». Ma anche «l’emergenza, la dittatura, la paura; l’antidoto salvifico (e quasi mai la cura)». Sorride, l’attore. Sornione. «Io sono ignorante, sei tu l’erudito: e infatti accusi e punti sempre il dito su un povero somaro come me». Lockdown, distanziamento, il dilagare televisivo dei contagi. «Ma che, non l’hai capito, che quello che ci appare innanzi agli occhi è un’illusione, come la caverna di Platone? Qualcosa che ti arriva da dietro (come dentro a un film: la proiezione)».Con il suo periodare affabile, sul palco o davanti alla telecamera, Claudio Testa – grazie anche a Chiara Casarico, maestra di teatro (suo il laboratorio “Il naufragar m’è dolce”) – si offre di prenderci per mano, in questa palude stigia nella quale siamo sprofondati a partire dalla primavera 2020. “Vojò vive come er bombo”, su YouTube dall’inizio della tragica farsa italiana – era solo un lusinghiero preludio. Quella voce non si fermerà, continuerà a sciorinare l’arguzia poetica dei suoi apologhi. Missione invariata: superare la Mankind e approdare all’Humaniy. Anche, eventualmente, passando per la trasmutazione – inevitabile – che prevede il calvario transitorio della vita quadrupede. «Con le quattro zampe ben piantate al suolo, nessuno m’ha aiutato a capire chi ero. Ci arrivai da solo». Capito, il Somaro Filosofo? Alfa e omega, appunto: non aspettarti aiuti prodigiosi, dal cielo. Semmai, smetti di dormire. Scendi in cantina, a esplorare i tesori sepolti nella tua interiorità. «Ma per quelli ingenui e distratti come te, tranquillo: resto sempre l’asino che è in volo».(Claudio Testa, “La Fiaba der Filosofo Somaro”, su YouTube dal 2 novembre 2021. Monologo scritto, diretto e interpretato da Claudio Testa. Regia video e montaggio, Matteo Santoro. Le tavole in acquerello sono opera di Michel. La musica, “Samovar Party”, è di Shane Ivers).«Filosofo somaro? Qualcuno si potrebbe offendere. E io infatti chiedo scusa: a tutti i somari». Sound: romanesco (Trilussa style). Come dire: abbassiamo i toni, siamo tra amici. Ambientazione: un vecchio telefono obsoleto. Nostalgia d’altri tempi, sottolineata dalla tappezzeria musicale del violino Klezmer. In un angolo spunta una bacchetta, come quella di Mandrake. Sul tavolino, un cappello adagiato sopra tre volumi (date retta, gente: leggete, per il vostro bene). Accanto, un bicchiere: quello della pozione di Apuleio. E sulla parete, una specchiera. Cosa riflette, lo specchio? Lui, Claudio Testa, che passa in rassegna foglietti: come il Dylan di “Subterranean Homesick Blues”, considerato il primo videoclip della storia. Solo che i fogli dell’attore stavolta non mostrano parole, ma delicatissimi acquerelli. Protagonista delle pitture: l’asino filosofo. In altre parole, noi. O meglio: lui, l’asino parlante. Il somaro volante. L’anima cui tocca prima cadere, se vuole ascendere al cielo della piena consapevolezza di se stessa. A parte l’ovvio rimando dantesco, ci ricorda qualcosa? Eccome. Nel senso: vuoi vedere che ci toccava proprio cadere così in basso, per sperare un giorno di tornare a volare?
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1439: perché la Cina cedette a Firenze la via dell’America?
In cambio di che cosa, esattamente, i cinesi “cedettero” alla famiglia Medici l’accesso all’America, nel 1439? Se lo domanda Nicola Bizzi, nella trasmissione web-streaming “Il Sentiero di Atlantide”, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, di Gianluca Lamberti. Cioè: la Cina e l’America a Firenze, mezzo secolo prima dell’impresa ufficiale di Cristoforo Colombo? Sembra una storia surreale. Ma del resto, c’è qualcosa di più surreale del Green Pass e del regime di segregazione cui è sottoposta l’Italia, da quasi due anni, in virtù della più grande “pandemia di asintomatici” della storia dell’umanità? Sicché, il Celeste Impero avrebbe consegnato alla Firenze medicea le chiavi del continente americano? E ricevendo quale contropartita? «Evidentemente era qualcosa di enorme, che però non è mai trapelato». Un altro ricercatore italiano – Riccardo Magnani – si spinge addirittura a capovolgere il quadro: non sarebbe stata Firenze a mettere le mani sull’America, ma (al contrario) era il continente americano a candidarsi a guidare l’Europa. Come? Insediando a Firenze nientemeno che un esponente della famiglia reale incaica: Lorenzo il Magnifico.
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Linee di sangue: dominano da 2000 anni, sempre loro
Finì nelle mani dell’“odinico” Ataulfo, cognato di Alarico e sposato con una donna di origine giudaica, il tesoro che il romanizzato capo dei Visigoti aveva sottratto ai forzieri di Roma? E in quell’immane bottino (tonnellate di oro di argento, ufficialmente sparite nel nulla) c’era anche il tesoro del Tempio di Gerusalemme, che l’ebreo Giuseppe Flavio aveva ceduto a Vespasiano? E in cambio di cosa? Di un ruolo di leadership nell’impero che, più tardi, sarebbe diventato cristiano per volere di Costantino e di Teodosio, a loro volta imparentati con le “famiglie farisee” che avevano fondato a tavolino la nuova religione basata sul peccato originale, quindi sul senso di colpa, a scopo di sottomissione. Quello che pochi raccontano – rivela Nicola Bizzi – è la comune origine delle dinastie reali europee: normanni e scandinavi, inglesi e russi, casati come gli Asburgo e i Lorena, e prima ancora Merovingi e Carolingi. «Hanno retto il potere per secoli, vantando la loro discendenza (vera o presunta) con la famiglia di Cristo. E questi signori sono al timone ancora oggi».«Cosa lega tanti personaggi che tuttora reggono le redini del pianeta? Sono poche famiglie, sempre le stesse, da secoli. Sono unite da legami di sangue, ed esercitano il potere sostenendo di discendere direttamente da Gesù Cristo, o comunque dalla stirpe davidica. Ne emerge una realtà insospettabile, imbarazzante. Ne hanno trattato autori come Diego Marin e Riccardo Tristano Tuis, cogliendo alcuni aspetti essenziali. E ne ha parlato anche Paolo Rumor nel libro “L’altra Europa”, scritto con Giorgio Galli e Loris Bagnara. Secondo un dossier rimasto segreto per decenni, un’unica entità di potere – la Struttura – reggerebbe il mondo da qualcosa come 12.000 anni, attraverso imperi, Stati e religioni. La data non è casuale: corrisponde alle recenti acquisizioni della geofisica, secondo cui la Terra sarebbe stata sconvolta da una “pioggia cometaria” attorno al 10800 avanti Cristo; la seconda ondata, nel 9600, avrebbe provocato immani cataclismi e l’innalzamento degli oceani di 150 metri, fino a ridisegnare la geografia terrestre.L’importanza delle civiltà preesistenti viene regolarmente omessa, nella storiografia ufficiale, ormai messa in crisi da scoperte archeologiche come quella di Göbekli Tepe, in Turchia: un enorme complesso cerimoniale, prediliviano, interrato in prossimità della catastrofe, il Grande Diluvio. E’ lecito supporre che fu proprio l’immane calamità a spingere i pochissimi sopravvissuti a riunirsi: e i primi a farlo devono esser stati i Re-Sacerdoti, depositari della vera conoscenza, ereditata dal sistema precedente. Da loro sono convinto che derivi il ruolo delle fratellanze esoteriche, comprese quelle giunte fino ai giorni nostri, tutte riconducibili alle antiche confraternite prediluviane. Un sapere da mettere in cassaforte, all’ombra del potere che poi sarebbe stato esercitato da certe grandi famiglie? Sempre le medesime, peraltro: e tutte convinte delle loro origini giudaiche (vere o presunte). Ma quelle famiglie sono sempre state segretamente contrastate, lungo i millenni, da altre famiglie, a loro volta provenienti da un’ascendenza altrettanto antica: per esempio quella eleusina, cioè titanico-atlantidea.Si tratta di famiglie rivali, rispetto a quelle al potere. Famiglie di cui nessuno parla mai. Sono convinte di discendere dalle 8 tribù sacerdotali di Eleusi, che la tradizione descrive come investite direttamente dalla dea Demetra, di origine titanica, comparsa a Eleusi (alle porte di Atene) nel 1216 avanti Cristo. Da lì sarebbero nate le origini di molte nobili famiglie dell’aristocrazia europea, che hanno conteso il potere (e continuano a farlo tutt’oggi) alle linee di sangue dominanti. Intendiamoci: non si capisce una cosa se non si conosce l’altra, visto che si tratta di due aspetti complementari. Certo, gli antagonisti vengono regolarmente oscurati: perché considerati molto scomodi. Ma, tralasciando per il momento Eleusi e quindi la filiera antagonista, rispetto alle famiglie al potere negli ultimi due millenni, è proprio di quelle che parla Diego Marin in libri come “Il segreto degli illuminati” e “Il sangue degli illuminati”. Sintetizzando molto, il ricercatore cita le famiglie Odiniche, Olvunghe, Pseudo-Despósine, Farisaiche, Machiriche e Chionite. In altre parole: tutti i regnanti europei saliti al trono dalla fine dell’Impero Romano a oggi, più le famiglie di potere collaterali che hanno nominato Papi e cardinali, tenendo le redini economico-politiche di tutte le nazioni europee.Le Famiglie Farisaiche, in particolare, sarebbero originarie dell’area siro-palestinese (Giudea, Galilea): un ceppo arrivò a Roma al tempo delle guerre giudaiche, sotto Nerone. Le Famiglie Odiniche – in parte, secondo una loro diramazione – sarebbero riconducibili al sacerdozio del dio nordico Odino; una linea parallela le collegherebbe anche al Vicino Oriente: sta lì, infatti, la chiave di comprensione della maggior parte del problema. Erano “odinici” i Visigoti, e anche gli anglosassoni (di cui non c’è bisogno di sottolineare l’importanza). In maniera un po’ mitologica, gli alberi genealogici “odinici” vengono fatti convergere su un certo Rohes, che alcuni testi identificano come un Re-Sacerdote di Odino che sarebbe vissuto in Danimarca nel IV secolo dopo Cristo. All’epoca l’Impero Romano era in crisi terminale, tra le feroci persecuzioni che i cristiani infliggevano ai seguaci degli altri culti. Rohes era il padre di Cattarico, a sua volta padre del condottiero Marcomero.Attenzione al ramo femminile: la compagna di Marcomero sarebbe stata Frothmund, figlia di Fridholin. E soprattutto: Frothmund sarebbe stata discendente di quel pesonaggio passato alla storia come Giacomo il Giusto, fratello di Gesù Cristo. Vero o no? Questo è relativo: perché, proprio fregiandosi di questa genealogia (vera o presunta), queste famiglie – poi convertitesi formalmente al cristianesimo – hanno esercitato il loro dominio. Della storicità di Cristo parlano alcune pagine di Giuseppe Flavio, ma probabilmente sono interpolazioni, semplici aggiunte operate da monaci cristiani nel V-VI secolo per tentare di dimostrare la consistenza storica di una figura che, se è esistita, era probabilmente molto diversa da come è poi stata presentata dalla religione costruita a tavolino da personaggi come San Paolo, Giuseppe Flavio e il filosofo Seneca. Quello che conta è che quelle famiglie dominanti hanno costruito il loro potere sulla presunta discendenza dalla famiglia del Cristo o dalla Stirpe di Davide.C’è poi un altro ramo: Diego Marin le chiama Famiglie Olvunghe (a cui avrebbe appartenuto, per esempio, Guglielmo il Conquistatore). Sarebbero una diramazione delle Famiglie Odiniche, fiorita quando si proclamò Re dei Visigoti il celebre Ataulfo (letteralmente “Nobile Lupo”: proveniva da un clan totemico). Ataulfo originario delle steppe degli Unni. Era cognato di quel criminale di Alarico, autore del sacco di Roma e dalla distruzione di Eleusi. Proprio in Alarico sta la chiave del potere di certe famiglie, assimilate agli Olvunghi di Ataulfo. Di nuovo, attenzione al ramo femminile: la moglie di Ataulfo, Maria degli Elkasaiti, vantava una discendenza diretta dalla casa reale di David (Giudea). Secondo l’umanista Giusto Giuseppe Scaligero (visstito nel 5-600), gli Elkasaiti non sarebbero altro che i discendenti diretti di Cristo e della Maddalena.Su questo mito della discendenza di Cristo e della Maddalena (non vedo come altrimenti classificarlo) si è fondata buona parte della storia medievale europea. Da lì nacquero importantissimi ordini religiosi. In parte vi affondava anche l’ideologia dei Catari. Su quel mito nacquero gli stessi Templari. E nasce il cristianesimo “giovannita”, a lungo contrapposto al cristianesimo “paolino” (romano, vaticano). Sempre su questo mito sono state combattute le peggiori guerre, sia visibili – fra eserciti – sia sotterranee, clandestine, fra ordini iniziatici, che non hanno certo fatto meno vittime delle prime. Ora, gli Elkasaiti vengono chiamati anche Despósini: a farlo è lo stesso storico Sesto Giulio Africano. Per intenderci: sono i personaggi della storia narrataci da Dan Brown nei suoi romanzi.Cristo e la Maddalena? Lo sbarco in Provenza è solo leggendario, senza nessuna prova a supporto. Ma il mito interseca anche la figura della dea Iside: le tante Madonne nere presenti in Francia sono riconducibili a un antico culto isiaco, anche se ufficialmente vengono ricondotte alla Maddalena. Maria di Magdala, peraltro, doveva essere una sacerdotessa di alto rango, appartenente a una nobile famiglia, forse di sangue addirittura regale. In ogni caso, per secoli, in Europa il potere politico, militare ed economico è stato fondato proprio sulla presunta discendenza dalla linea di sangue del Cristo, che sarebbe sbarcata in Europa attraverso il sud della Francia. Nella realtà, invece, il cristianesimo divenne addirittura obbligatorio nel 380, con l’Editto di Tessalonica firmato da Teodosio: la più grande aberrazione giudirica che la storia ricordi, visto che l’85% della popolazione non era cristiana e, da un giorno all’altro, di vide privare di ogni diritto civile, se non si fosse forzatamentre convertita.Teodosio – ancora oggi incredibilmente celebrato come “il Grande” – fece uccidere decine di migliaia di persone. Il suo editto fu emanato proprio a Salonicco (Tessalonica), città che non lo amava affatto. L’imperatore offrì alla popolazione giochi circensi, poi fece circondare l’area dai soldati e fece e sterminare tutti gli spettatori. L’altro spietato devastatore dell’epoca, Alarico, era in combutta coi vescovi e al soldo di Teodosio. Compì il famoso sacco di Roma: dai forzieri dell’impero fece sparire tonnellate d’oro e centinaia di tonnellate d’argento (incluso probabilmente il tesoro del Tempio di Gerusalemme, quello che era stato sottratto da Vespasiano). Secondo la leggenda Alarico poi puntò verso il Nordafrica, ma in Calabria (nei pressi di Cosenza) fu colpito da febbri, forse malariche, e morì. Ufficialmente, quell’immenso tesoro non è mai più stato trovato. Ebbene: proprio questa storia poi si interseca con quella dei Templari. O meglio: con la storia di alcuni monaci calabresi (di un monastero nei pressi della presunta sepoltura di Alarico) che sarebbero stati all’origine della vera fondazione dei Templari.Le tracce di quelle strane presenze (i Visigoti e le donne di origine palestinese) non si esaurisce certo in Calabria, e neppure con la moglie di Ataulfo, di nascita giudaica. Nel VI secolo, con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, l’ascendenza davidica viene utilizzata – sempre per legittimare il potere dalla principessa danese Burghilde e dal sovrano burgundo Sigismondo, trisnipote di Ataulfo. Da quel matrimonio scaturisce una geneaologia sbalorditiva, nell’arco di appena 5 secoli, che include tutte le famiglie reali dei maggiori paesi europei: Danimarca, Norvegia, Svezia, Russia, Inghilterra, Normandia e Italia meridionale. Tutte famiglie di origine normanna, che si glorificano della diretta discendenza da questa stirpe, la quale – a sua volta – si fregiava di una sua ipotetica discendenza dalla presunta linea di sangue del Cristo.I Normanni regnarono su Sicilia, Campania e Calabria. In Scandinavia le dinastie reali sono ancora lì: sempre gli stessi. In Russia il potere della famiglia imperiale è stato interrotto dalla Rivoluzione d’Ottobre, ma in realtà prosegue sotto altre forme, con i suoi eredi. Poi c’è quella che, per secoli, è stata la stirpe regnante sul trono inglese. E oltre alle Famiglie Olvunghe (o Despósine), emerge un sottogruppo altrettanto importante: le famiglie che vengono definite pseudo-Despósine: cioè i Merovingi, a lungo regnanti in Francia (poi sostituiti dai Carolingi, loro maggiordomi di palazzo), nonché potentati di rango continentale come quelli degli Asburgo e dei Lorena, e i loro rami colletareli, alcuni dei quali divenuti potentissimi nel Rinascimento.Tutte famiglie, quelle, ricondotte alla figura di Meroveo, terzo re dei Franchi (popolo di ceppo germanico), poi inglobati e federati all’ecumene di Roma. I Merovingi avevano sempre vantato la loro discendenza diretta da Cristo, quindi dalla casa reale di Davide: si consideravano della stessa stirpe di sangue. Il capostipite Meroveo aveva sangue romano, perché suo padre era il senatore noto come Quintus Tarus. Ma pare che Quintus Tarus fosse un giudeo: vantava una vera e propria discendenza da Giuda di Gamala, che secondo le Scritture era il prozio del Cristo, nonché fratello di Giacobbe (il padre di Giuseppe il carpentiere, quello che la tradizione indica come il padre putativo di Gesù). Nel 6-7 dopo Cristo, proprio Giuda di Gamala aveva organizzato a più riprese imponenti rivolte anti-romane. Lo stesso Giuseppe non era “falegname”: se è esistito era probabilmente un costruttore, detentore di segrete conoscenze costruttorie, muratorie: e su questa presunta discendenza alcune fratellanze iniziatiche hanno fondato il loro potere.La stessa famiglia di Giuseppe, quindi, a sua volta viene fatta discendere dalla casa reale di Giudea. E tutte le famiglie, anche quelle poi chiamate Olvunghe-Despósine (più le pseudo-Despósine, più quella di Guisa) si sono sempre richiamate, nella loro mitologia familiare, alla Stirpe di David, linea di sangue che riconduce al mitico Re David. E’ vero, tutto questo? Non è vero? Poco importa: quel che conta è che ci credono. E in nome di questa convinzione hanno sempre dominato il mondo allora conosciuto, cioè l’Europa, e continuano tuttora a farlo. Poi ci sono altri ceppi, ad esse intersecati: per esempio le Famiglie Farisaiche. Il loro arrivo in Europa risale a Giuseppe Flavio, nato Josef Ben Matityahu. Era un sacerdote ebraico di altissimo rango, nomché comandante militare nelle guerre giudaiche scatenate da Nerone per tentare di sedare le continue sommosse in Palestina. Nerone si illudeva di risolvere la cosa in pochi anni, coi soldati: invece venne ucciso nell’ambito di congiure relative a quelle guerre, poi vinte da un generale, Tito Flavio Vespasiano, futuro imperatore (appartenente alla Gens Flavia).Alla fine, Vespasiano riuscì a conquistare Gerusalemme, distruggendo il Tempio e portandone il tesoro a Roma. In una delle ultime roccaforti ebraiche resisteva Josef Ben Matityahu (non ancora ribattezzato Giuseppe Flavio), che chiese di conferire a porte chiuse con il generale Tito-Vespasiano. Giuseppe Flavio si arrese a Roma e venne inspiegabilmente adottato dalla Gens Flavia: venne adottato da Vespasiano come un figlio. In cambio di cosa? Di un enorme quantitativo di oro, probabolmente una parte del tesoro di Gerusalemme (messa in salvo da alcuni sacerdoti prima dell’irruzione dei romani). A Vespasiano, l’oro interessava per comprarsi l’elezione a imperatore: si trattava di ottenere non solo i favori delle legioni, ma anche quello del Senato, che avrebbe legittimato il suo avvento al soglio imperiale. Così, insieme a Giuseppe Flavio arrivarono a Roma altre famiglie sacerdotali, sempre provenienti dalla Giudea.Questi leader ebraici facevano parte dell’accordo: non solo si garantirono la salvezza (dal carcere, dalla crocifissione), ma si guadagnarono anche la fiducia della casa imperiale, l’adozione da parte del casato dei Flavii e la concessione di grandi ricchezze (ville, enormi poderi). Ebbero anche una discendenza: assunsero nomi romani, da cui poi discesero personaggi come Costantino e Teodosio. Si erano fatti adottare con una precisa missione politica: mettere le mani sull’Impero Romano. E lo hanno fatto. Come? Creando a tavolino la nuova religione. Lo fecero con la complicità di una rete molto estesa, che poi si riconduce alla Struttura citata da Paolo Rumor. Diego Marin riporta per esteso la lista completa dei documenti di Rumor. E dimostra che il personaggio che i testi storici identificano come il padre di Paolo di Tarso è indicato come appartenente alla Struttura.Cittadino romano di religione ebraica, proveniente da Tarsus in Cilicia (Anatolia), poi convertitosi ufficialmente al cristianesimo, Paolo creò quello che poi divenne il cristianesimo politico. Era molto diverso dal cristianesimo delle origini, giovannita, che si riconduce al Catari, ai Templari, a quelle linee di sangue. Ebbene, le Famiglie Farisaiche svilupparono proprio il cristianesimo “paolino”. Si badi: Paolo agiva in sintonia con Giuseppe Flavio. Quando Paolo (vero nome, Saulo) venne arrestato dai romani, chiese di essere processato a Roma: gli spettava di diritto, essendo cittadino imperiale. Così, chiese udienza all’imperatore. Giuseppe Flavio (che era già stato adottato, ma in quel momento si trovava in Palestina) tornò immediatamente a Roma per perorare la causa dell’amico Paolo di Tarso. E ruscì a farlo liberare, prosciolto da ogni accusa.Paolo era anche in combutta con il filosofo Seneca: tra i due esiste un carteggio, che incredibilmente gli storici considerano apocrifo. Dimostra come Seneca e Paolo fossero in piena sintonia, da anni, per pianificare una religione finalizzata al dominio delle masse, quindi fondata sul peccato originale (dunque sull’asservimento, sul senso di colpa). Di fatto, la nuova religione ha decretato la fine dell’Impero Romano d’Occidente e il controllo, per un altro millennio, del Medio Oriente. E’ il vettore che ha portato all’affermazione diretta delle linee di sangue che discendono dai Flavii. Gli stessi Carolingi, regnanti dopo la morte di Dagoberto II, ultimo dei Merovingi, vengono ricondotti alle Famiglie Farisaiche, discendenti di quel ramo della Gens Flavia originato da Giuseppe Flavio. Infine, si segnalano le Famiglie Machiriche e Chionite, da cui discendono direttamente i Rockefeller e i Rothschild. In sostanza: tutto il potere al comando in Europa, dall’Impero Romano fino ad oggi, è basato su un esiguo ceppo di famiglie che hanno sempre vantato una discendenza diretta dalla ipotetica linea di sangue del Cristo o comunque dalla stirpe reale di Davide.(Nicola Bizzi, estratti dalla trasmissione “Il Sentiero di Atlantide”, dal 5 settembre 2021 disponibile sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, di Gianluca Lamberti).Finì nelle mani dell’“odinico” Ataulfo, cognato di Alarico e sposato con una donna di origine giudaica, il tesoro che il romanizzato capo dei Visigoti aveva sottratto ai forzieri di Roma? E in quell’immane bottino (tonnellate di oro di argento, ufficialmente sparite nel nulla) c’era anche il tesoro del Tempio di Gerusalemme, che l’ebreo Giuseppe Flavio aveva ceduto a Vespasiano? E in cambio di cosa? Di un ruolo di leadership nell’impero che, più tardi, sarebbe diventato cristiano per volere di Costantino e di Teodosio, a loro volta imparentati con le “famiglie farisee” che avevano fondato a tavolino la nuova religione basata sul peccato originale, quindi sul senso di colpa, a scopo di sottomissione. Quello che pochi raccontano – rivela Nicola Bizzi – è la comune origine delle dinastie reali europee: normanni e scandinavi, inglesi e russi, casati come gli Asburgo e i Lorena, e prima ancora Merovingi e Carolingi. «Hanno retto il potere per secoli, vantando la loro discendenza (vera o presunta) con la famiglia di Cristo. E questi signori sono al timone ancora oggi».
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Bizzi: aiuti Usa, ma solo se l’Italia torna alla democrazia?
Riuscirà Matteo Salvini a inceppare il programma sempre più spaventosamente repressivo del governo Draghi, magari costringendo Mattarella a mettere in piedi un Draghi-bis, dal respiro cortissimo in attesa delle elezioni anticipate e necessariamente limitato alla sola materia economica, quindi senza più l’autorità per imporre restrizioni legate alla campagna vaccinale? Se lo domanda Nicola Bizzi nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi” (di seguito, gli estratti testuali) interrogandosi sull’improvviso irrigidimento dell’ex capo della Bce: sembrava dovesse accingersi ad allentare la stretta, e invece ha evocato addirittura l’introduzione dell’obbligo vaccinale. Alludendo a fonti di intelligence, Bizzi (che vede nell’azione di Draghi l’ombra del Vaticano) riferisce di uno scontro che sarebbe avvenuto tra Palazzo Chigi e potenti entità finanziarie Usa, legate al Quantum Financial System, di cui si sa ancora pochissimo: il nuovo sistema di credito, vincolato al valore dell’oro, taglierebbe le unghie alla finanza speculativa. Ebbene: l’Italia avrebbe (per ora) rifiutato cospicui aiuti, visto che gli americani – secondo Bizzi – avrebbero preteso, in cambio, il ritorno alla democrazia e allo Stato di diritto, smantellando cioè l’intera narrativa Covid e i relativi decreti autoritari.
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Giovagnoli: voi, Signori del Dolore, e il fratello De Donno
E’ ora di cominciare a parlare chiaro: esistono tre soggetti in campo, oggi. Ci sono quelli brutti e cattivi, veramente diversi da noi. Conducono il gioco da millenni: hanno cambiato uniformi e casacche, ma sono sempre loro, e non fanno parte della nostra vita. Saranno i primi a uscire di scena, gli artefici del grande progetto criminale: sono esseri che non sentono. Il loro cuore pompa sangue, ma muove pochissime emozioni, e solo di un certo tipo; emette una frequenza fredda; ha delle punte di cuore, a livello di chakra, che sono veramente agli albori di quella che è l’umanità, e non hanno la facoltà di connettersi con gli altri. Sono esseri che non possono muoversi in quarta dimensione: non provano sentimento, non possono sposare il piano del cuore (che ti sposta, ti scaraventa letteralmente nel passato e nel futuro, ti concede tutta la dotazione dell’arte magica; ti permette di unire le cose, di far vibrare cuori, di far crescere entusiasmi, di far atterrare cose che tu stai creando in un piano parallelo, andando a canalizzare flussi energetici per poi materializzarli, manifestarli).Quella è l’arte del mago: colui che opera in una dimensione parallela, ed è qui solo per far arrivare quello che ha appena finito di creare. Loro invece non hanno questa facoltà, quindi non possono sentire il tuo dolore; sentono soltanto la frequenza che emetti, quando stai male, e di quella si nutrono. Niente di più: non hanno capacità empatica, la tua sofferenza non li sposta di un millimetro; avvertono soltanto la frequenza fredda che emetti, che è la cosa più importante che vogliono, perché è la forma di nutrimento energetico più alta della quale si alimentano. Poi esiste l’umanità, che oggi è divisa letteralmente in due parti, a livello vibrazionale. C’è un’umanità che sta là, e vive lo sconvolgimento odierno come un fenomeno del tutto normale. E’ un’umanità che confida nella normalità, che la auspica, che difende la normalità. E’ quell’umanità che conserva il Mercurio Inferiore, cioè quella forza che mantiene le cose ferme. E’ un’umanità che non ha capacità di salire di livello. Bene: quell’umanità rappresenta il nostro passato. Non sono né brutti né cattivi: solo, rappresentano semplicemente il nostro passato. Noi siamo stati come loro.Quell’umanità confida nel più forte, vuole che il più forte detti le regole, vuole che manifesti forza. Vuole che il più forte mantenga questo livello vibrazionale. Questa umanità, che è il secondo soggetto del grande gioco che viviamo adesso, è l’esercito più grosso (inconsapevole) al servizio del primo soggetto. Questa umanità va compresa: e non è difficile, per te, comprenderla. E’ composta da tanti “te” di tante generazioni fa: eri così, eravamo così. Molti di noi lo sono stati fino a ieri mattina, o fino all’anno scorso. Questi individui vanno ascoltati, osservati, sentiti: loro sono così. Poi c’è il terzo soggetto, che siamo noi. Noi siamo gli esseri solari: siamo il luogo dove la scheggia di sole (l’avanguardia) trova posto, per materializzarsi. E per “scheggia di sole” intendo: necessità di amarci, di prenderci cura di noi e degli altri, di rompere qualunque confine; di vivere nella concordia, nella condivisione della conoscenza e dell’entusiasmo. Noi siamo quelli che hanno la possibilità di far atterrare un livello vibrazionale nuovo, che si contrappone totalmente a quello che su questa Terra è stato creato (e il primo soggetto sta facendo di tutto, per mantenerlo lì).Uno dei più grossi doni che possiamo concederci è la facoltà di scegliere: ed è proprio quello che non ci stanno dando. Tralasciando per ora il primo soggetto (governi, finanza, stampa), intendo aprire la più profonda forma di compassione nei confronti del secondo soggetto: non mi scontrerò più con nessuno. Non muoverò più un grammo di energia, per contrastare chi mi contesta e magari mi augura di morire di fare (in questo, il nostro “passato” è veramente fantastico!). Contrastarli sarebbe un gesto inutile e controproducente: farebbe del male a noi e a loro. Quella parte di umanità non merita il dolore provocato da noi. Ha già una sofferenza, quella che ha scelto di vivere: non dobbiamo, anche noi, dargli modo di soffrire. Quindi, di fronte a loro, io mi pongo come di fronte al mio passato. Li guardo e mi dico: io sono stato quelli là, tanti anni fa. Questa è una grande forma di alchimia, sapete. Ed è un alchimista, che vi parla: appartengo alla stirpe di Giordano Bruno, e quelli come me conoscono le circolazioni energetiche.Abbiamo codici: non cadere nell’inganno della rabbia, un’energia che tu stai sprecando; anzi, te la stai scagliando contro. Chi non ha provato rabbia, davanti a una notizia come la scomparsa del nostro fratello Giuseppe De Donno? Chi non ha pensato, in quel momento, di “mangiarne crudo” qualcuno? Ma a parlare era la parte vecchia, quella del passato, la parte inutile. Quell’energia lì, dallo stomaco – da quell’impulso di volontà marziale – dev’essere trasferita al di sopra, cambiata, trasmutata. Quel piombo deve diventare oro, deve arrivare nel cuore. Devo provare compassione, per questa cosa: devono comprendere che cosa significa. Perché quello che sta succedendo non è il preludio alla grande tragedia: ci stanno apparecchiando il tavolo per la festa. E questa festa ha un costo, e dev’essere un costo di tutti. Trasformiamo la rabbia in compassione, non sprechiamo più un grammo di energia.Farci provare rabbia è una strategia del primo soggetto. Non vedete quanti giornalisti stupidi e mediocri ci fanno infuriare, perché offendono la nostra intelligenza? Offendono la nostra sensibilità, la nostra etica, la nostra bellezza, e sporcano anche l’aria che respiriamo. Lo fanno apposta: perché sanno che adesso noi abbiamo una forza, stiamo assorbendo e manifestando. E se loro ci tolgono energia con la rabbia, noi manifestiamo di meno. Non farti fregare, gioca contro: approfitta della stupidità del male. E’ un assist: il male fa sempre un assist, alla persona di conoscenza. Mi mandi tutta questa rabbia? Vuol dire che mi stai mandando energia. E io quest’energia la trasformo, e la faccio diventare qualcosa di potente. Perché la compassione, la padronanza di ciò che si sta sentendo, è una delle arti più grosse che abbiamo. Quindi, verso di loro non muoverò più rabbia: lascerò che mi insultino, che vivano il loro lamento. Lasciarli lamentare significa rispettare la loro scelta. E soprattutto, per noi, significa fortificarci.Per tanti anni, dall’adolescenza, abbiamo sentito che questo spazio era stretto, per noi. Non serviva tutta la nostra intelligenza, il nostro cuore, la nostra capacità creativa. Non serivano, per vivere una vita come questa. Anche tu te ne sei accorto, da subito, ma allora non erano ancora maturi i tempi: e allora abbiamo bruciato tutte le nostre età, un po’ alla volta. Siamo stati i diversi, facendo finta di essere come loro, tradendo la nostra spontaneità e mettendo a tacere il grande bambino che abbiamo dentro. E invece adesso è tempo di farlo uscire, il bambino: è un tempo meraviglioso, questo. Abbiamo la possibilità di esistere, di dichiararci: facciamo un outing d’amore, finalmente. Noi siamo così: per noi è più importante sapere che stiamo bene in due, anziché pensare di stare bene anche se tu crepi. Siamo il nuovo, il sole inteso come energia siderale che si materializza da altre dimensioni. E’ la forza più grossa che abbiamo.E in questa generazione, il sole sta spazzando via tutta la cloaca di falsi idoli, dalle religioni alle grandi guide. Li riconoscete anche adesso, facilmente: hanno sempre e solo parlato. Adesso invece è il tempo delle opere, e loro non parlano più. Io mi curo di me. E innamorandomi di me, mi innamoro di tutti voi. Per decenni mi sono innamorato solo di una donna, in un dialogo a due. Ora invece siamo entrati in una fase in cui ci stiamo innamorando reciprocamente. E non è più un amore che si muove da un partner all’altro: ci stiamo innamorando del nostro essere speciali, dell’essere qui. Ci guardiamo negli occhi e sappiamo che stiamo custodendo un segreto. Stiamo per partorire una cosa che non è mai stata partorita, su questa Terra. Abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri. Quindi in questo periodo dobbiamo stare uniti e solidali, dobbiamo aiutarci. E uniti anche nel creare strumenti perché queste cose possano circolare: l’amore è un torrente in piena, che aspetta solo di diventare fiume.Quanto al primo soggetto, cioè i brutti e cattivi, adesso porto pazienza per un po’. Perché non li convinci spiegandogli che stai soffrendo: quello non si piegano di fronte a niente. Come si sono comportati, con Giuseppe De Donno, che aveva guarito 58 pazienti su 58? Non si sono fatti scrupoli: lo hanno hanno umiliato. Con quella sua cura, avrebbe spazzato via anche la possibilità di ricorrere ai vaccini sperimentali. Non si fanno scrupoli: quindi bisogna fronteggiarli parlando la loro lingua. Non so se mi senti, tu che appartieni al primo gruppo. Io ti vedo, e ti sento freddo. Chi ti parla ha un cuore pieno di lava. Pieno di fuoco, pieno d’amore. Ascolta: sta arrivando qualcosa, su questa Terra. E fra poco, molto poco, quando noi tutti avremo sigillato la più grande alleanza che l’umanità abbia mai sigillato, noi verremo da te, a parlare la tua lingua. Tu hai sistemi finanziari, hai costruito un mondo che si muove sul denaro, sul possesso, sul dolore, sull’avidità, sulla sterilità. E tutto questo si regge su questo filo virtuale, che tu hai creato, che chiami potere sul debole e forza sul povero. Bene, veniamo da te a parlare la tua stessa lingua.Tra poco, quando avremo caricato tutta la forza che ci serve, inizieremo delle campagne mirate proprio su di te. E verremo a colpire proprio te, parlando la tua stessa lingua. Hai un’azienda alla quale tieni tanto? Bene, ci sono 15-20 milioni di persone che te la boicottano dall’oggi al domani. Hai qualcuno dei tuoi ragazzotti che viene in Tv a insultare fratelli come il nostro dottor Giuseppe De Donno? Bene: noi abbiamo un pool di avvocati che, appena muovi la bocca, ti riempiono di querele. Ve lo ricordate quello là, che ha detto che dovevamo restare chiusi in casa “come sorci”, agli arresti domiciliari? Ecco: non abbiamo ancora fatto niente, ma gli è già arrivato un esposto da una realtà come il Codacons, che ha chiesto che venga espulso dall’Ordine dei Medici. Tra breve i nostri legali interverranno ogni qualvolta qualcuno mancherà anche solo di rispetto a quelli come noi. Ci serve solo un po’ di tempo. Usiamolo bene: ogni volta che stringiamo un abbraccio, carichiamo questo grande “cannone d’amore” che stiamo puntando verso il vecchio. Impatterete contro il nostro muro d’amore. E lì, forse, imparerete qualcosa di nuovo.(Michele Giovagnoli, dal messaggio “Un’unmanità nuova”, sulla pagina Facebook di Giovagnoli, 28 luglio 2021. Alchimista e saggista, Giovanoli anima la community “Essere Solare”, che in breve tempo ha aggregato 1.500 persone in tutta Italia).E’ ora di cominciare a parlare chiaro: esistono tre soggetti in campo, oggi. Ci sono quelli brutti e cattivi, veramente diversi da noi. Conducono il gioco da millenni: hanno cambiato uniformi e casacche, ma sono sempre loro, e non fanno parte della nostra vita. Saranno i primi a uscire di scena, gli artefici del grande progetto criminale: sono esseri che non sentono. Il loro cuore pompa sangue, ma muove pochissime emozioni, e solo di un certo tipo; emette una frequenza fredda; ha delle punte di cuore, a livello di chakra, che sono veramente agli albori di quella che è l’umanità, e non hanno la facoltà di connettersi con gli altri. Sono esseri che non possono muoversi in quarta dimensione: non provano sentimento, non possono sposare il piano del cuore (che ti sposta, ti scaraventa letteralmente nel passato e nel futuro, ti concede tutta la dotazione dell’arte magica; ti permette di unire le cose, di far vibrare cuori, di far crescere entusiasmi, di far atterrare cose che tu stai creando in un piano parallelo, andando a canalizzare flussi energetici per poi materializzarli, manifestarli).
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Sugli Ufo, mezze verità. Cosa sta arrivando, dallo spazio?
Perché sono così irrisorie, le attesissime rivelazioni sugli Ufo da parte degli Usa, che pure ora ammettono l’esistenza del fenomeno dopo decenni di silenzi e bugie? Se lo domanda lo storico Nicola Bizzi, appassionato studioso di archeologia e mitologia. Bizzi avanza un’ipotesi: stanno forse per ammettere l’alleanza terrestre con una “razza” aliena? Temono infatti che nel 2024 tutto diverrebbe di dominio pubblico, nel caso dallo spazio giungessero ben altri alieni? Per la precisione, potrebbero essere in arrivo i nostri antichi, veri “creatori”: nel caso, potrebbero liberare l’umanità dal giogo schiavistico imposto dagli attuali dominatori extraterrestri, quelli che da millenni pilotano i poteri terreni e condizionano le menti attraverso le religioni? Tesi che Bizzi rilancia, in un appassionante excursus tra storia e giornalismo d’inchiesta, ufologia e antropologia, conquiste scientifiche e tecnologiche, miti dell’antichità, fantascienza e conoscenze di oggi. La paura del ritorno degli alieni “buoni” ha forse motivato anche l’attuale crisi planetaria, scatenata in termini di Great Reset per il controllo della popolazione? E’ in corso addirittura una guerra inter-planetaria, che sta per approdare sulla Terra? E dunque: siamo sul punto si scoprire, definitivamente, che la stessa umanità ha davvero origini aliene, finora risolutamente negate?E’ stato calcolato che, se la nostra civiltà dovesse collassare, tutti i manufatti umani – inclusi gli edifici in cemento armato – verrebbero letteralmente disgregati dalla vegetazione. Fra 1-2 milioni anni non resterebbe più niente, dell’attuale ciclo di civiltà terrestre, se non uno strato di carbonio e metalli pesanti. Uno strato dello spessore di appena alcuni centimetri, diffuso in modo uniforme in tutto il mondo. Sarebbe il residuo dell’interazione dell’attuale umanità con il nostro pianeta. Ma uno strato simile esiste già, in tutto il mondo: viene chiamato Limite Kt e risale alla fine dell’Era Mesozoica, cioè al periodo che vide la scomparsa dei grandi dinosauri, circa 65 milioni di anni fa. Potrebbe significare che 65 milioni di anni esisteva una civiltà, non sappiamo se umana o di altra natura, di cui resta solo quel misero strato di carbonio e metalli pesanti. Questo è inquietante, ma la dice lunga su come non sappiamo niente, del vero passato del nostro mondo, dove la comparsa dell’uomo non è ancora stata spiegata: la nostra possibile origine aliena viene dibattuta dagli scienziati solo a porte chiuse, perché metterebbe in crisi qualsiasi teoria finora sviluppata sulla nostra genesi.Io ho trovato ridicoli i recenti annunci, da parte degli Usa, di ipotetiche rivelazioni sugli Ufo. Hanno semplicemente confermato quello che aveva appena ammesso la marina statunitense, ovvero che lo spazio aereo viene costantemente violato da velivoli di varia natura, che le autorità (ufficialmente) sostengono di non essere in grado di verificare e classificare. E’ la scoperta dell’acqua calda, ma senza sincerità: sanno benissimo che molti velivoli attraversano i cieli, con il pieno consenso degli apparati militari e della politica americana. Consenso, poi, è una parola grossa: perché gli intrusi, in realtà, fanno quello che vogliono. Negli anni ‘50 e ‘60, l’Unione Sovietica apriva il fuoco, contro gli “oggetti volanti non identificati”; ha smesso di farlo quando certi velivoli, rispondendo al fuoco, hanno raso al suolo le basi militari sovietiche. E così, alla fine, con gli alieni sono scesi a patti anche loro. Notevole l’ipocrisia: sanno benissimo che questi velivoli scorrazzano impunemente dove vogliono. Ora si sono decisi a confermarci ufficialmente che esistono, però tacciono completamente sui retroscena della questione.Con alcune civiltà aliene, gli Stati Uniti hanno stipulato veri e propri trattati già ai tempi di Eisenhower. E’ tutto documentato: ne ha parlato a lungo, nei suoi libri, il colonnello Philip Corso, che negli ultimi anni della sua vita ha deciso di vuotare il sacco. Il colonnello Corso aveva altissimi incarichi, strettamente segreti: si occupava proprio dell’interazione con queste civiltà non terrestri. Un’interazione che, in passato, aveva riguardato altre nazioni: la Germania di Hitler era stata a sua volta in contatto con alcune civiltà aliene, che – non sappiamo in cambio di che cosa – le avevano trasferito tecnologie avanzate (che nella Seconda Guerra Mondiale sono poi state impiegate solo in minima parte, dato che quelle applicazioni erano ancora in fase di sperimentazione). Poi è toccato agli Stati Uniti: hanno concesso basi terrestri e libertà di sorvolo, ricevendo in cambio alcune “gocce” di tecnologia. Secondo alcune interpretazioni, che ritengo verosimili, il recente balzo tecnologico globale (dal transistor al microchip, fino quindi all’informatica e alla telefonia) sarebbe in buona parte il prodotto di “retroingegneria aliena”, incluso l’impiego del grafene, materiale magnetico ora rilevato nei “vaccini genici” anti-Covid.Le missioni lunari della Nasa (poi proseguite in silenzio) all’epoca delle missioni Apollo erano state finanziate da una grande compagnia di telecomunicazioni, la At&T, dopo che sulla Luna, oltre alle basi spaziali aliene attualmente in funzione, erano state individuate basi molto antiche: strutture in rovina, coperte da enormi cupole trasparenti, costruite con un materiale che alla At&T interessava molto. Ed è grazie a questo materiale, prelevato nel contesto delle missioni Apollo, che è stata realizzata su scala globale la fibra ottica. Teniamo conto del fatto che le forze armate di potenze come Usa, Russia e Cina sono trent’anni avanti, rispetto alla società civile: le super-tecnologie di cui dispongono le rilasciano a noi civili solo quando ormai, per loro, sono diventate obsolete. Una dinamica che la fantascienza ha anticipato, mostrando tecnologie strabilianti che poi, decenni dopo, sono diventate di uso comune. Ma il problema di fondo è un altro: non possono ammettere che con civiltà aliene sono stati stipulati trattati, taciuti all’opinione pubblica. Perché allora, proprio adesso, si ufficializzano determinate ammissioni, come quella sulla reale esistenza degli Ufo?Secondo alcune interpretazioni, questo è dovuto a un fatto: negli ultimi anni, a violare lo spazio aereo (degli Usa e di altre nazioni) sarebbero state anche componenti nuove. Quando gli Usa sostengono di non essere in grado di verificare l’identità degli intrusi, probabilmente non mentono: sapendo benissimo quali sono i loro alleati, sanno anche che – da qualche tempo – nuove civiltà (che non conoscono, e con cui non hanno nessun accordo) vanno e vengono, a spasso nei nostri cieli. Sarebbe stata questa nuova presenza, di fatto, a mettere in allarme le civiltà aliene già presenti qui, alcune da molto tempo, altre da epoche più recenti: temono l’arrivo di altre forze, che potrebbero essere loro ostili? L’allarme coinvolgerebbe le stesse forze armate americane, se è vero che – a loro volta – non sanno a chi appartengano alcuni dei velivoli che sorvolano il loro spazio. Sonde orbitali come la Soho, che monitorano il Sole, da circa tre anni stanno rilevando l’arrivo di enormi astronavi, che sfrutterebbero una sorta di “portale dimensionale”.Si tratta di astronavi gigantesche, che appaiono dal nulla in prossimità del Sole e si dirigono poi verso il sistema solare esterno, passando quindi vicino alla Terra, a Venere e a Marte, in direzione di Giove e Saturno. Non so dire di cosa si tratti, ovviamente. Ma so che c’è grande fermento, anche in ambienti d’intelligence. C’è chi teme che possa essere prossimo (addirittura si parla del 2024) il ritorno in forze, nel sistema solare, di determinate civiltà aliene che sarebbero state costrette a lasciare la Terra alcuni millenni fa. La loro partenza sarebbe stato l’esito di una guerra, combattuta attorno a 21.000 anni fa, cioè verso il 19.000 avanti Cristo. Quella guerra – estesa anche su altri sistemi stellari – avrebbe visto sconfitte determinate civiltà aliene che erano presenti sul nostro pianeta. Secondo certe fonti, questa civiltà avrebbe avuto caratteristiche umanoidi e avrebbe contribuito alla manipolazione genetica dei nostri “antenati” primati, quindi alla creazione di una parte di umanità. Questa civiltà starebbe dunque tornando, e andrebbe a scompaginare lo status quo attuale, su cui c’è stato sempre il massimo segreto.Pare ad esempio che la Nasa sia soltanto uno specchietto per le allodole, per distrarre l’opinione pubblica. Un hacker molto coraggioso, lo scozzese Gary McKinnock, violando i siti della Nasa, del Pentagono e di alcune agenzie dell’intelligence militare Usa, vent’anni fa riuscì a scoprire l’esistenza di quella che viene definita “flotta spaziale segreta”, di fatto ammessa, a suo tempo (di proposito o meno, non si sa) dallo stesso Ronald Reagan, che in televisione disse che le astronavi Usa era in grado di trasportare fino a 300 persone, quando lo Space Shuttle si limitava a 4-5 astronauti. Già prima della creazione dell’attuale Space Force finalmente ufficializzata da Trump, a gestire i programmi spaziali segreti (con fondi neri, pressoché illimitati) è sempre stata la marina militare Usa: e le navi spaziali scoperte da McKinnock erano classificate Usss, con la tripla S (Unites States Space Ship). Questa “flotta spaziale segreta” avrebbe realizzato basi permanenti sulla Luna e, dalla fine degli anni ‘70, altre basi anche su Marte, su alcuni asteroidi orbitanti nel sistema solare e addirittura su alcuni satelliti di Giove.Tempo fa sono circolate immagini che mostrerebbero una delle basi presenti su Marte: edifici che sembrano chiaramente terrestri, in quanto circondati da enormi distese di pannelli solari (tecnologia energetica che si può considerare “antiquata”, dunque nostra). Già negli anni ‘80 sarebbe stata varata l’operazione Uomo della Luna: tutte operazioni molto oltre il top secret (”cosmic secret”, oserei dire). Chiaramente, certe flotte utilizzano una tecnologia molto avanzata, di stretto appannaggio militare. Forze armate votate al silenzio? Non sorprende: il segreto protegge regolarmente molti aspetti delle “missioni di pace” terrestri, oltre alle missioni “coperte”. Tanti soldati morti vengono archiviati come vittime di incidenti, per non ammettere l’esistenza di operazioni clandestine, fuori dalle regole d’ingaggio. Figuriamoci se possono ammettere operazioni nello spazio, su altri pianeti del sistema solare.Tornando a noi: sono attendibili, le voci che parlano di un ritorno non preventivato di forze che sarebbero state costrette a lasciare la Terra 20 millenni fa? Se questo ritorno fosse reale, magari previsto proprio per il 2024, potrebbe essere una delle tante ragioni dell’improvvisa accelerazione imposta a certi piani di “nuovo ordine mondiale”, in termini di controllo sociale. La verità è che, sulla Terra, c’è un potere (anche politico, oltre che economico) che esula davvero da quello che noi, normalmente, conosciamo come “la politica”. E’ vero che l’agenda politica è sempre stata dettata da organizzazioni sovranazionali che controllano i governi e l’economia del pianeta; ma a quanto pare esiste ben altro, al di sopra. Molti se lo domandano: cosa c’è, ai vertici della piramide del potere? Ebbene: ci sono anche delle realtà non umane.Alcune informazioni, comunque, non circolano solo in ambito ufologico: sono diffuse anche a livello di intelligence, presso agenzie governative statunitensi, britanniche, israeliane e anche di alcuni paesi asiatici. Se è vero che questa presenza esiste, e che parecchie nazioni avrebbero accordi con diverse, distinte “razze” aliene stabilmente stanziate sul nostro pianeta, queste presenze sarebbero qui per mero interesse. La Francia, ad esempio, avrebbe accordi politici con alcune di queste “razze” (una, sopra le altre), mentre gli israeliani a loro volta avrebbero accordi con una “razza”, molto particolare: un’intesa che avrebbe motivi storici, perché l’alleanza sarebbe già stata stretta in passato. Gli Stati Uniti, poi, avrebbero accordi con almeno tre di queste “razze” aliene. Secondo gli ufologi, poi, anche la Turchia avrebbe proprie truppe nello spazio, però nell’ambito della flotta spaziale americana (i turchi non avrebbero una propria flotta).Qui però dobbiamo sfatare una visione secondo me fuorviante e molto perniciosa: anche in ambito ufologico ed “esopolitico” si tende a umanizzare certe civiltà aliene, perché noi siamo sempre portati a ragionare in un’ottica umana, antropocentrica, e a rapportare secondo il nostro punto di vista tutto quello che immaginiamo. Noi riteniamo – secondo me, sbagliando in pieno – che una civiltà capace di viaggiare nello spazio, infinitamente più avanzata di noi sul piano tecnologico, debba per forza essere evoluta anche da un punto di vista etico. Questa è una grande idiozia, che nasce da un ragionamento prettamente umano. In modo idilliaco, new age, tendiamo a considerare benevole certe civiltà aliene, solo perché molto avanzate. Ma chi ci autorizza a pensare che queste civiltà siano davvero benevole? Se avessero veramente a cuore le nostre sorti, intanto interagirebbero direttamente con l’intera umanità, e lo farebbero da tempo. E invece no: da millenni, si limitano a controllare i nostri governi, a manipolare la coscienza dei terrestri: pare che certe civiltà abbiano creato a tavolino anche determinate religioni monoteistiche, per far sì che l’umanità non si ponesse domande e restasse sempre soggiogata. E questo avverrebbe da epoche incredibilmente remote.Ho parlato spesso delle tracce della presenza aliena nel passato, attraverso reperti archeologici, raffigurazioni, testi antichi. Sappiamo che autori come Zecharia Sitchin hanno interpretato alla lettera certe tavolette sumere, da cui traspare una vera e propria civiltà aliena all’origine della civiltà sumerica. Del resto, i Sumeri ci parlano proprio della “creazione” dell’uomo. E dobbiamo essere consapevoli del fatto che buona parte di ciò che è contenuto nella Bibbia è di derivazione mesopotamica, dunque sumerica. I Sumeri parlano della “creazione”, a opera degli Annunaki, di una parte dell’umanità: una certa umanità, nella quale si identificavano. E chi erano, i “creatori” Annunaki? I Sumeri li definiscono dèi: una schiera di dèi, provenienti da un pianeta da loro chiamato Nibiru, che in sumero-accadico significa “colui che attraversa”. Per i Sumeri, in possesso di elevatissime cognizioni astronomiche, Nibiru ha un’orbita ellittica lunghissima, che lo porterebbe a intersecare il sistema solare interno (il nostro) ogni 3.600 anni.Negli ultimi decenni sono stati scoperti numerosi pianeti trans-plutoniani, con orbita effettivamente ellittica, ospitati nella vastissima Fascia di Kuiper: e Nibiru (non ancora identificato, ufficialmente), sarebbe uno di questi; ritengo però inverosimile che la ipotetica patria degli Anunnaki possa davvero ospitare la vita, restando lontanissima dal Sole per periodi di tremila anni, a meno che ad essere abitato non sia il suo sottosuolo. Resta il fatto che – stando sempre alle tavolette sumere – gli Anunna avrebbero creato la “loro” umanità per mere esigenze lavorative. Erano interessati all’oro, metallo che era necessario per renderli longevi, e quindi erano attratti dai giacimenti auriferi terrestri. Per l’estrazione mineraria, secondo la tradizione mitologica sumera, si servirono inizialmente degli Igigi: una sorta di dèi minori, cugini sfortunati degli Anunnaki. Poi gli Igigi si sarebbero ribellati, rifiutando lo sfruttamento cui erano sottoposti, e allora gli Anunna avrebbero “creato” una certa umanità, attorno a 200.000 anni fa, per rimpiazzare gli Igigi (non certo per altruismo: servivano minatori e operai per lavori pesanti).Curiosamente, l’Homo Sapiens appare proprio attorno ai 200.000 anni fa. E nessun paleontologo (darwiniano o di altra scuola) è in grado di spiegare l’improvviso, incredibile balzo evolutivo rappresentato dal Sapiens. La natura terrestre è molto lenta: la nascita di nuove specie, per gli scienziati, richiederebbe centinaia di migliaia di anni (se non milioni di anni). Balzi evolutivi come quello del Sapiens non sono concepibili, a livello scientifico, se non in termini di almeno mezzo milione di anni, e solo per apportare minime variazioni. Invece il Sapiens è comparso di colpo, 200.000 anni fa, con una massa cerebrale quasi doppia rispetto a quella dell’Homo Erectus. Tra le due specie, gli anelli di congiunzione non sono mai stati trovati. Al contrario: reperti fossili mostrano che, 200.000 anni fa, l’Homo Erectus era sul punto di estinguersi, dopo aver abitato la Terra per milioni di anni. Non è credibile, che sia proprio una specie in declino ad evolvere, di colpo, raddoppiando le dimensioni del proprio cranio.Nell’illuminante libro “Resi umani”, scritto da Mauro Biglino con il biologo molecolare Pietro Buffa, si sostiene che tutte le evidenze portino a pensare al ruolo di “attori terzi”, nella creazione di una consistente parte dell’umanità. Altro elemento inspiegabile è la nascita del Cro-Magnon, che appare in maniera repentina e misteriosa, soprattutto in Europa, attorno a 35-40.000 anni fa. Di fatto è un ramo del Sapiens incredibilmente evoluto, con una elevatissima intelligenza, che nasce già formato, con una propria civiltà che di fatto pare sorgere dal nulla. Non mancano le corrispondenze storico-mitologiche: all’epoca dell’origine del Sapiens, che secondo la mitologia sumerica fu originato dagli Anunna per lavorare nelle miniere, appartengono i resti di un’enorme città, in Sudafrica, vicino alle grandi miniere d’oro del paese africano. Una seconda umanità, poi – secondo la tradizione mitologica eleusina – sarebbe stata originata dai figli del titano Giapeto: Atlante, Menezio, Prometeo ed Epimeteo.I testi eleusini (tradizionali, non storici) descrivono i Titani come i “creatori” dell’umanità di tipo mediterraneo, cioè occidentale, poi definita – secondo me impropriamente – caucasica. Secondo quei testi, questa nuova “creazione” sarebbe avvenuta attorno ai 35-40.000 anni fa: datazione che collima perfettamente con la nascita del Cro-Magnon, che alcuni testi identificano come “l’uomo di Atlantide”, civiltà sorta in Atlantide e da lì poi diramatasi nelle Americhe e in Europa, partendo dal Mediterraneo, inclusi quindi il Nordafrica e il Vicino Oriente. Quindi avremmo avuto due distinte “creazioni”: e chi ci dice che non siano state molte di più? In realtà, noi non conosciamo niente, del nostro passato. Secondo alcune interpretazioni, tutti i rami dell’attuale umanità oggi presenti sulla Terra sarebbero il frutto di varie interazioni (genetiche) operate da “attori terzi”, alieni, in epoche storiche anche diverse.Il sequenziamento del genoma umano è stato compiuto solo negli anni ‘90. Il Dna è composto da due “eliche”, una delle quali è definita Dna-spazzatura: semplicemente, non ci dicono che cos’è. Secondo alcuni scienziati, conterrebbe la nostra effettiva memoria genetica. Io non ho competenze, al riguardo: certo, l’interpretazione è molto suggestiva. Il solo fatto che lo definiscano “spazzatura” perché non ne vogliono spiegare la funzione, be’, la dice lunga. Quindi, non meravigliamoci se certi temi sono sempre stati secretati: se già è difficile, per il potere costituito, ammettere l’esistenza di civiltà aliene dotate di tecnologie tali da permetter loro di scorrazzare nel nostro sistema solare, frequentando anche la Terra, potete immaginare quanto sia difficile riconoscere che l’attuale umanità sia frutto di diverse e molteplici ibridazioni genetiche con civiltà aliene. Questo sconvolgerebbe tutti i paradigmi della scienza, della storia, dell’archeologia. Non mi meraviglia, quindi, che certe questioni vengano affrontate esclusivamente tra addetti ai lavori, in congressi nei quali gli scienziati sono vincolati al silenzio.In realtà, noi non sappiamo niente: non sappiamo da quanto tempo esista, l’umanità. Sappiamo solo quello che la paleontologia ammette. Ma Esiodo, ne “Le opere e i giorni”, ci dice che la nostra è la Quinta Umanità: ne sarebbero quindi esistite altre quattro. Umanità diverse dalla nostra, che in epoche precedenti avrebbero vissuto sul nostro pianeta con le loro civiltà e il loro ciclo evolutivo. Che siano esistite umanità diverse dalla nostra lo testimonia anche la scoperta di numerosissimi scheletri di giganti: affiorati in Sardegna, negli Usa, in Nordafrica, nel Medio Oriente. Giganti alti anche tre metri e mezzo: lasciano presumere l’esistenza di un ramo collaterale dell’umanità, oggi apparentemente scomparso. Era un ramo collaterale anche il Neanderthal: è stato ormai dimostrato che non c’è nessuna correlazione tra il Neanderthal, il Sapiens e il Cro-Magnon. Non c’è nessuna discendenza diretta. Fino agli anni ‘50 si ipotizzava che il Sapiens derivasse dal Neanderthal, e invece no: erano simili e vissuti contemporaneamente, ma in modo distinto. Probabilmente il Neanderthal non si è neppure estinto: è stato assimilato dal Sapiens e dal Cro-Magnon.Volendo prendere Esiodo alla lettera, in un’epoca remotissima potrebbero essere esistiti altri cicli evolutivi, e le prove ci sono. All’interno di miniere di carbone, in strati geologici risalenti al Carbonifero (300 milioni di anni fa) sono stati scoperti manufatti di origine intelligente, tra cui una campana d’argento con misteriose decorazioni; e poi oggetti lavorati, utensili, un crogiolo per la fusione dei metalli, e addirittura una catena d’oro. Chi li ha realizzati? Non lo sappiamo. Di certo è stata una civiltà intelligente, attorno a 300 milioni di anni fa, quindi più antica di quella che sarebbe testimoniata dallo strato di carbonio e metalli pesanti che i geologi chiamano Limite Kt, risalente a 65 milioni di anni fa. Dunque: non sappiamo praticamente niente, del nostro vero passato. E questo ci autorizza a porci infinite domande. Tra queste, anche quella che rimbalza in questo periodo: avremo una vera e propria “disclosure”, sul ruolo alieno nelle nostre origini e sul potere che forze aliene esercitano al di sopra dei governi terrestri? Secondo me sì: e la stanno facendo gradualmente, a tappe controllate, perché ritengono che non sia più rimandabile.Già da anni, soprattutto attraverso il cinema di Hollywood, stanno preparando l’opinione pubblica all’incontro con la realtà aliena. Bisogna vedere in quale direzione andrà, questa “disclosure”, perché non possono dire tutto: non potranno mai ammettere che l’umanità discende da svariate, differenti ibridazioni. Non potranno mai ammettere di averci preso in giro per millenni, di averci sottomessi con la piena complicità di civiltà aliene che hanno sempre fatto quello che hanno voluto, qui. Secondo me c’è un motivo, per il quale oggi si stanno decifendo a fare certe rivelazioni: probabilmente, dallo spazio, sta arrivando qualcosa di nuovo, di imprevisto. Qualcosa che potrebbe anche rappresentare una vera liberazione, per il genere umano: perché, se è vero che stanno tornando i nostri “creatori” (o almeno, i “creatori” di una buona parte dell’umanità), questo andrà a scompaginare tutto. E tra uno, due o tre anni, potrebbero addirittura ammettere di avere contatti con una civiltà aliena. Potrebbero anche fingere che questa civiltà sia appena arrivata, mentre magari è qui da millenni.Così, potrebbero presentare questi alieni come dei benevoli benefattori del genere umano: potrebbero cioè dire che ci concedono tecnologia, risorse scientifiche e mediche, per poi dirci – dopo qualche mese – che in realtà sono venuti qui per metterci in guardia, perché un’altra civiltà, sempre proveniente dallo spazio profondo (una civiltà ostile, però) vorrebbe invadere la Terra, e quindi loro sarebbero qui per proteggerci. E chissà, potrebbero usare noi terrestri come carne da cannone, nello scontro con i nostri veri “creatori”, che magari sono in arrivo proprio per liberarci. Questo è uno scenario particolare, al quale mi piace pensare: lo ritengo plausibile. Alcuni dei “creatori” in arrivo potrebbero essere già qui, in una sorta di missione di intelligence, per capire che aria tira, sulla Terra. Non solo avrebbero sul terreno delle loro avanguardie, ma addirittura (già dalla fine degli anni ‘90, secondo certe fonti) sarebbe in atto una nuova guerra, nello spazio. Questa guerra sarebbe arrivata nel nostro sistema solare da diversi anni: dapprima nel sistema solare esterno, mentre oggi sarebbe arrivata a Marte. Quindi la guerra potrebbe avvicinarsi presto anche alla Terra: me lo riferiscono alcune fonti, che si dichiarano ben informate.(Nicola Bizzi, dichiarazioni rilasciate nella trasmissione “Sdm Confini Esopolitiche”, luglio 2021, sul canale YouTube “Radioascolto live”. Editore di Aurora Boreale, appartenente alla tradizione misterica eleusina, Bizzi è tra le voci italiane che oggi si sforzano di interpretare la crisi che stiamo vivendo, mettendola in relazione con le conoscenze e le potenti suggestioni del passato più remoto).Perché sono così irrisorie, le attesissime rivelazioni sugli Ufo da parte degli Usa, che pure ora ammettono l’esistenza del fenomeno dopo decenni di silenzi e bugie? Se lo domanda lo storico Nicola Bizzi, appassionato studioso di archeologia e mitologia. Bizzi avanza un’ipotesi: stanno forse per ammettere l’alleanza terrestre con una “razza” aliena? Temono che tutto diverrebbe di dominio pubblico, nel caso dallo spazio entro il 2024 giungessero ben altri alieni? Per la precisione, potrebbero essere in arrivo i nostri antichi, veri “creatori”: nel caso, potrebbero liberare l’umanità dal giogo schiavistico imposto dagli attuali dominatori extraterrestri, quelli che da millenni pilotano i poteri terreni e condizionano le menti attraverso le religioni? Tesi che Bizzi rilancia, in un appassionante excursus tra storia e giornalismo d’inchiesta, ufologia e antropologia, conquiste scientifiche e tecnologiche, miti dell’antichità, fantascienza e conoscenze di oggi. La paura del ritorno degli alieni “buoni” ha forse motivato anche l’attuale crisi planetaria, scatenata in termini di Great Reset per il controllo della popolazione? Sarebbe in corso addirittura una guerra inter-planetaria, in procinto di approdare sulla Terra? E dunque: siamo sul punto di scoprire, definitivamente, che la stessa umanità ha davvero origini aliene, finora risolutamente negate?
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Giganti in Sardegna: scheletri di 4 metri spariti nel nulla
«Venivano qui a giocare con lo scheletro, che era mummificato: ossa, nervi e pelle. Afferravamo il braccio, tiravamo un nervo e gli facevamo muovere le dita della mano. Era un gioco, ma durò poco: 5-6 mesi, poi lo presero». A parlare è Luigi Muscas, figlio di pastori, oggi scultore e scrittore. E’ autore di libri come “Il popolo dei giganti figli delle stelle”, edito nel 2008 da La Riflessione. Un evento: l’inizio della riscoperta dei giganti, nel cuore della Sardegna. Una specie di grande segreto, sistematicamente occultato. Qualcosa che ricorda la denuncia del professor Gaetano Ranieri, dell’università di Cagliari, scopritore – mezzo secolo fa – di 38 “giganti di pietra” a Mont’e Prama, nel Sinis, appartenenti a una civiltà sconosciuta. Secondo Ranieri, il georadar rivela la presenza sotterranea di una città estesa su 16 ettari. Ma l’archeologia esita: non vuole scavare. Per paura di trovare altri giganti, ma in carne e ossa, come quello in cui si imbatté nel 1972 nelle campagne di Pauli Arbarei l’allora giovane Luigi Muscas, che all’epoca aveva appena dieci anni?«Nella grotta del gigante ero finito per ripararami da un acquazzone», racconta Muscas, in un reportage trasmesso nel 2009 da “Cinque Stelle Tv”, storica emittente locale di Olbia. «Quel giorno scappai in paese col gregge e raccontai tutto a mio nonno. E il nonno mi disse: ora ti spiego dove sono sepolti tutti gli altri». Il giovane Muscas allora si fece coraggio e tornò in quella grotta, con i suoi amici, a “giocare” con il gigante. «Non era l’unico: altri scheletri emersero dalle campagne, dove cominciavano a essere impiegati potenti aratri, trainati da trattori cingolati, macchine capaci di scavare il terreno in profondità». Ricorda il video-reportage della televisione di Olbia: Pauli Arbarei (Sud Sardegna, 50 chilometri a nord di Cagliari) è al centro della Marmilla, area in cui sopravvive la tradizione della cosiddetta Città Perduta. «Una leggenda – racconta un anziano del paese – dice che qui c’era una cittadina di diecimila abitanti, almeno 10-12.000 anni fa, con un lago, nel quale era solito pescare un gigante solitario». La storia del gigante pescatore la racconta anche Raffaele Cau, pastore di Pauli Arbarei: «Un nostro terreno di famiglia è chiamato la Terra della Pietra del Gigante, perché ha l’impronta delle natiche dell’essere gigantesco che pescava nel lago».Non solo solo suggestioni: «Grandi ossa sono state portate alla luce dagli aratri dei nuovi trattori cingolati», conferma Cau, la cui testimonianza è tra quelle raccolte da Luigi Muscas nel suo libro. L’autore – spiega “Cinque Stelle Tv” – si appassionò al mistero dei giganti sardi scoprendo che Platone, quando parla di quegli esseri colossali, li descrive come di casa in luoghi molto simili alla Sardegna. L’uscita in libreria de “Il popolo dei giganti figli delle stelle” scatenò una vera e propria operazione-memoria: «Tanti testimoni raggiunsero Muscas per raccontargli di analoghi ritrovamenti vicino ai loro paesi, ma poi tutto sparì nel nulla senza lasciare traccia», dice la Tv di Olbia, che ha comunque raccolto alcune testimonianze dirette. «Nella primavera del 1962, ad aprile o maggio – racconta un uomo di Pauli Arbarei – il trattore smosse il terreno e portò allo scoperto un teschio gigante e poi l’intero scheletro, lungo quasi 3 metri». Un caso isolato? Nemmeno per idea: ne saltarono fuori a decine, nel cantiere archeologico (nuragico) di Sant’Anastasia, nel centro storico di Sardara, a due passi da Pauli Arbarei.In quel cantiere, fra pozzi sacri e tombe, l’operaio Giuseppe Serra lavorò dal 1973 al 1996. «Fra il 1982 e il 1983 – racconta – trovammo più di 40 scheletri, alcuni con anelli al dito». La loro lunghezza? Imbarazzante: 4 metri e 20, 4 metri e 80, anche 5 metri e 10. «Il più piccolo era alto 2 metri e 40 centimetri», dice Serra, alla troupe televisiva. «Erano proporzionati. In alcuni, la testa era grande come la ruota di un’auto». Un collega conferma: «A metà degli anni ‘80, alcuni scheletri erano stati deposti in scatole di cartone dietro l’altare della chiesa, che era sconsacrata: c’erano femori lunghi un metro. Fuori, trovammo scheletri sepolti anche l’uno sopra l’altro». E dove sono finiti? «Non si sa». Conferma Giuseppe Serra: «Le ossa erano state raccolte in sacchi e deposte all’interno della chiesa. Poi sono venuti a rititrarle e non si sa dove siano andate a finire». Dice Luigi Muscas: «Non si da chi li prendesse, quegli scheletri. Ma lì poteva entrare solo chi comandava».Nel 2008, ricorda “Cinque Stelle Tv”, il sindaco di Sardara scrisse alla Soprintendenza Archeologica di Cagliari per chiedere un confronto tra i suoi compaesani, testimoni dei ritrovamenti, e gli archeologi che avevano lavorato nel cantiere di Sant’Anastasia. Il primo cittadino rivoleva indietro i “suoi” reperti, ma l’appello non ricevette nessuna risposta (se non la richiesta, ufficiosa, di lasciar perdere). «Ma Muscas è testardo, e non si è mai fermato: non ha mai cessato di cercare testimoni». Giganti? Certo: ne parla anche la Bibbia, li chiama Nephilim. Uno di loro era Golia, avversario di Davide. Altri giganti, “colleghi” di Golia, abitavano le città filistee (palestinesi) come Gaza. La letteratura ebraica considera i giganti come figli dell’unione impropria tra “figli dei dèi” e “figlie degli uomini”. Secondo Zecharia Sitchin, invece, nelle tavolette sumere è scritto che il “popolo dei giganti”, progenitori dell’umanità come gli Anunnaki, proveniva dal pianeta Nibiru. Le testimonianze letterarie sugli esseri giganteschi sono innumerevoli, ma l’archeologia sembra non volersene occupare: come spiegare quelle inquientanti presenze ossee?L’ultima ipotetica scoperta – scrive “L’Unione Sarda” – è molto recente: un femore fuori misura sarebbe stato ritrovato a Mont’e Prama (la terra delle statue giganti) il 15 ottobre 2015. “Spunta uno scheletro gigante ed è subito silenzio”, titola il sito “Sardegna Sotterranea”, facendo notare però che, dopo le iniziali ammissioni di Nello Cappai, sindaco di Guamaggiore, sul caso sarebbe stata fatta calare la solita coltre di riserbo. Per dare un’occhiata a qualche reperto osseo fotografato o filmato vale la pena di visionare il reportage di “Cinque Stelle Tv”, che riporta anche una impressionante selezione delle testimonianze raccolte da Luigi Muscas nel suo famoso libro sul “popolo dei giganti figli delle stelle”. Racconta un uomo di Pauli Arbarei: «Un giorno, mia figlia piccola rincasò spaventata per aver visto degli scheletri giganti», in un cantiere nuragico. «Il capo degli archeologi aveva rimproverato i bambini, intimando loro di non guardarli, perché erano “i diavoli”. Andammo al nuraghe e vidi anch’io gli scheletri». Aggiunge l’uomo: «Ne avevo visti già nel 1958 in Costa Smeralda, ai cantieri dei primi impianti turistici».«Rientrando dalla campagna – ricorda Giorgina Medda, sempre di Pauli Arbarei – mio padre Raimondo (classe 1874) diceva: anche oggi ho trovato un osso di un gigante». Aggiunge la donna: «In un nostro terreno c’era una tomba: da una fessura di notava il luccichio di metalli». Giganti misteriosi anche nell’esperienza di Angelo Ibba, agricoltore di Sardara: «Mi è capitato di vedere un gigante nel 1938. L’aratro si incastrò in una lastra di pietra, che aveva dei fori disposti in modo tale da rappresentare un disegno. Nella buca c’era un teschio enorme. Ricoprimmo tutto: quelle ossa sono ancora là». A volte, le ossa gigantesche vengono allo scoperto nei cantieri edili. Virgilio Saiu, muratore di Pauli Arbarei (classe 1915), racconta: «Nel 1950, nel fare le fondamenta per la casa di Francesco Lai, dietro la chiesa di Sant’Agostino, io e altri trovammo una tomba enorme, grande tre volte me. Rimosso il coperchio di pietra, apparve uno scheletro gigantesco. Aveva sicuramente un vestito: un mantello nero di stoffa, che al contatto con l’aria si deteriorò. Nella tomba, c’erano anche tre monete d’oro. In paese la voce si sparse, arrivò il prete e ritirò lui le monete: disse che le avrebbe consegnate a chi di dovere».Si tratta di un ricordo preciso: «Quelle monete erano d’oro massiccio, lucenti, di dimensioni paragonabili a quelle delle vecchie 100 lire». E le ossa? «Erano grandi: la testa enorme, le narici grandi quanto il mio pugno. La dentatura ancora perfetta, i denti lunghi quanto le dita delle mie mani. Tutte le articolazioni erano ancora intatte. E le dita delle mani erano grosse e lunghe 20 centimetri». Si rammarica, Virgilio Saiu: «Purtroppo, non comprendendone l’importanza, lasciammo le ossa sepolte nella fondazione della casa. E sono ancora lì». Il muratore assicura poi di aver visto altri scheletri, «in località Nuragi De Passeri, nel terreno di Natale Pusceddu, durante i lavori per piantare una vigna». Precisa: «Insieme a me c’erano Candido Toco, Luigi Noaruffu, Sperandiu Scanu e suo fratello, e Angelo Mandis». Le vanghe portarono alla luce 20 lastre di pietra. «Nelle tombe c’erano scheletri enormi, lunghi più di 3 metri, qualcuno anche 4. Il proprietario ci chiese di non dire niente a nessuno, perché altrimenti avrebbero fermato i lavori. E così anche quegli scheletri furono rotti e lasciati nella vigna».Il gigante poteva spuntare anche nel giardino di casa. Lo spiega Eugenio Concu, di Ussaramanna. «Quando avevo 10 anni, nel 1971, facemmo gli scavi per il pozzo nero. E a 50 centimetri di profondità iniziammo a intravedere quattro grosse teste, cinque volte più grandi delle nostre. Scavando, scoprimmo quattro grandi scheletri: erano seppelliti a forma di croce. Erano molto lunghi, avevano mani grandissime e la testa allungata. I denti erano tutti intatti e bianchissimi, lunghi 5-6 centimetri. Ne sono sicuro, perché li lavammo e li misurammo». Aggiunge Eugenio: «Avvisammo il parroco di Ussaramanna: ci disse che gli scheletri erano cartaginesi, e ci chiese di gettarli nella discarica». Detto fatto: «Con l’aiuto dei miei fratelli li facemmo a pezzi e li caricammo nella carriola. E dopo 4-5 viaggi ce ne sbarazzammo. Sfortunatamente, ignoravamo cosa fossero: altrimenti avremmo potuto tenerne almeno uno».Tra le tante storie raccolte da Luigi Muscas, forse la più sconcertante è quella di Salvatore Pilloni, di Gonnoscodina. «Alle elementari – racconta – i maestri scoperchiavano le tombe. Ci portavano con pale e picconi nel Campo degli Aztechi per andare a scavare le tombe. Alcune erano normali, altre gigantesche (oltre i 4 metri: i maestri le misuravano con il metro). Uno scheletro era lungo 3 metri e 86 centimetri, i piedi erano lunghi 60 centimetri, e il femore ben 1 metro e 43 centimetri. La testa era grande quanto quella di un cavallo, solo che le fattezze erano umane». Dice Salvatore: «Avevo solo 9 anni, ma ricordo bene che le ossa erano rivestite da una pellicina, come se fossero mummificate. Infatti avevano tutti i tendini ancora intatti. E quando venivano sollevati, gli scheletri si muovevano come marionette». Che ne fu, di quei resti? «Alla fine li presero i nostri maestri», di cui Pilloni fa anche i nomi. Ufficialmente, i giganti non sono mai esistiti. E i debunker liquidano la faccenda nel solito modo: bufale. Davvero? E perché mai tante persone ormai anziane dovrebbero raccontare frottole così ben documentate? Sugli Ufo, il “cover-up” è finito. A quando, dunque, la verità sui giganti? Tanto per cominciare: dove sono finiti, i maxi-scheletri di Sardara e Pauli Arbarei?«Venivamo qui a giocare con lo scheletro, che era mummificato: ossa, nervi e pelle. Afferravamo il braccio, tiravamo un nervo e gli facevamo muovere le dita della mano. Era un gioco, ma durò poco: 5-6 mesi, poi lo presero». A parlare è Luigi Muscas, figlio di pastori, oggi scultore e scrittore. E’ autore di libri come “Il popolo dei giganti figli delle stelle“, edito nel 2008 da La Riflessione. Un evento: l’inizio della riscoperta dei giganti, nel cuore della Sardegna. Una specie di grande segreto, sistematicamente occultato. Qualcosa che ricorda la denuncia del professor Gaetano Ranieri, dell’università di Cagliari, scopritore – mezzo secolo fa – di 38 “giganti di pietra” a Mont’e Prama, nel Sinis, appartenenti a una civiltà sconosciuta. Secondo Ranieri, il georadar rivela la presenza sotterranea di una città estesa su 16 ettari. Ma l’archeologia esita: non vuole scavare. Per paura di trovare altri giganti, ma in carne e ossa, come quello in cui si imbatté nel 1972 nelle campagne di Pauli Arbarei l’allora giovane Luigi Muscas, che all’epoca aveva appena dieci anni?
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Biglino: Ufo ieri e oggi, il Truman Show dura da secoli
Riguardo al dossier Ufo (o Uap, come si dice oggi) sappiamo che il prossimo 25 giugno non tutto sarà reso pubblico: ci sarà comunque un capitolo che rimarrà “classificato”, quindi ci saranno delle cose che non ci diranno. Intanto, quello che sta avvenendo è già di una importanza fondamentale. Siamo davvero di fronte a uno spartiacque: fino a ieri ci si poteva domandare se “credere” o meno, all’esistenza di oggetti volanti non identificati, e la risposta “sì, ci credo” veniva accolta con un certo sarcasmo, perché gli avvistamenti degli Ufo venivano tutti apparentemente spiegati, anche con una certa faciloneria. Adesso non è più così: oggi, le fonti ufficiali ci dicono che questi oggetti volanti restano “non spiegati”: non si sa come facciano a muoversi nel cielo in quel modo, e non risultano appartenere a flotte terrestri. Ufficialmente, le cose che al momento si sanno sono queste: esistono, ma non sappiamo cosa sono, non sappiamo come funzionano e non sappiamo da dove arrivano.Ora che è assodato che questi oggetti esistano, le domande sono necessariamente altre. Che cosa sono? Chi li fabbrica? Chi li fa funzionare così, cioè in un modo che sembra violare le leggi della fisica? Tutte le facili spiegazioni di ieri vanno cestinate, se è vero degli Ufo non è chiaro niente. Restiamo dunque con la mente aperta, nell’attesa (e nella speranza) di saperne di più. Questo fenomeno però riguarda anche il passato: e se prima certi racconti contenuti nei testi antichi potevano essere derubricati con estrema facilità a racconti leggendari, miti, favole e invenzioni, adesso – a maggior ragione – abbiamo il diritto di domandarci se fossero veridici, quei racconti, visto che ormai “sappiamo” che quegli oggetti esistono. Finora, quei racconti dell’antichità venivano spiegati con un termine elegante: “paradossografia”. Cioè un canone letterario, destinato a indicare i fenomeni prodigiosi, fuori dall’ordinario. Il termine è stato usato in modo improprio: definire “paradossografico” un racconto significava classificarlo “falso”, facendolo diventare una favola.La definizione filologica di “paradossografia” si riferisce invece a “racconti che destano stupore, che suscitano meraviglia”: non a racconti “falsi”. Le favole di Esopo, con tutti quegli animali che parlano, non sono “racconti paradossografici”: sono favole, tant’è che nessuno si meraviglia nel leggere che la volpe e il corvo parlano (sappiamo che sono favole, un canone letteraro diverso). “Paradossografico”, semmai, è raccontare che esiste un pinguino rosa: ed è un racconto “paradossografico” autentico, perché poi si è scoperta una intera colonia, nella Georgia del Sud, con una livrea che ricorda il colore della pelle umana. Ecco un racconto “paradossografico”: quel pinguino desta meraviglia, ma esiste davvero. E se sfogliamo i classici, ci troviamo di fronte a situazioni simili. Nel libro “La guerra giudaica”, lo storico ebreo-romano Giuseppe Flavio offre il seguente racconto “paradossografico”, parlando degli anni in cui i Romani stavano arrivando a Gerusalemme: «Apparve una visione miracolosa, cui si stenterebbe a prestar fede», e infatti «potrebbe apparire una favola, se non avesse da una parte il sostegno dei testimoni oculari, e dall’altra la conferma delle sventure che seguirono».Quello che segue è un racconto che desta una tale meraviglia, che quasi non ci si può credere: però ha dei testimoni. Questa è la “paradossografia”. «Prima che il sole tramontasse – scrive Giuseppe Flavio – si videro in cielo, su tutta la regione, carri da guerra e schiere di armati che sbucavano dalle nuvole e circondavano le città». Lo stesso evento è riferito dallo storico romano Tacito, nelle sue “Historiae”: «Si videro nel cielo scontrarsi eserciti, rosseggiare spade, e il tempio risplendere di subitanei bagliori. Le porte del santuario si spalancarono d’un tratto, e una voce sovrumana esclamò che gli dèi fuggivano». Lo stesso Giuseppe Favio ci informa che i sacerdoti, entranti nella parte interna del tempio per celebrarvi i consueti riti, «riferirono di aver prima sentito una scossa e un colpo, e poi un insieme di voci che dicevano: da questo luogo, noi ce ne andiamo». Pare quindi di assistere alla partenza delle cosiddette divinità, che lasciano quel territorio quando arrivano i Romani, accompagnati (ipotizziamo) dalle loro divinità: una sorta di passaggio di consegne.Restando tra i testi antichi, nella sua “Naturalis Historia”, Plino il Vecchio ci racconta che, al tempo delle Guerre Cimbriche, accadde questo: «Clangore d’armi e squilli di tromba furono uditi nel cielo». Nel terzo consolato di Mario, «quelli di Amelia a Todi scorsero armi nel cielo scontrarsi fra loro, venendo da oriente e occidente, e furono sconfitte quelle che venivano da occidente». Aggiunge Plinio: «Che persino il cielo si infiammi non ha nulla di stupefacente, e in effetti lo si è visto spesso». Sono tutti racconti “paradossografici”. Ce n’è un’intera raccolta in un volume, “Il libro dei prodigi” (cioè il “Liber prodigiorum” di Giulio Ossequente), che offre un’esposizione ampia di eventi prodigiosi che vanno dal 190 all’11 avanti Cristo. Secondo la curatrice, docente universitaria, non ci sono dubbi sul fatto che, alla base, ci sia la monumentale opera di opera di Tito Livio: il confronto con l’originale liviano «permette di giungere alla conclusione che i fatti prodigiosi siano tratti direttamente dalla fonte», cioè il maggiore storico romano, autore di “Ab Urbe condita”.Riprendendo quindi ciò che aveva scritto Tito Livio, Giulio Ossequente riporta diversi fatti prodigiosi. Nel 166 avanti Cristo, per esempio, «a Cassino il sole fu visto per alcune ore della notte», e possiamo immaginare che cosa potesse essere. «Nel 163, a Formia, furono visti durante il giorno due soli, e il cielo si infiammò». Nel 154 avanti Cristo, «furono viste armi volteggiare in cielo», come nel caso dell’evento citato da Plinio il Vecchio. Ancora: nel 147 avanti Cristo, «di notte il cielo fu visto infiammarsi». Potrebbero anche essere fenomeni naturali, ci mancherebbe. Però dobbiamo anche prendere atto, per esempio, che nel 134 avanti Cristo «di notte, ad Amiterno, fu visto il sole, e la sua luce durò a lungo». Sempre in ordine cronologico: «Nel 122 avanti Cristo, in Gallia, furono visti tre soli e tre lune». Anche Plinio, nelle sue “Storie”, parla di tre lune: esattamente lo stesso fenomeno. Nell’antichità, gli avvistamenti sono veramente tantissimi, proprio come quelli odierni (che oggi siamo ufficialmente “autorizzati” a considerare veri: non possiamo più tentare di spiegarli con troppa faciloneria).Nel 106 avanti Cristo, a Roma, «fu udito un fragore in cielo e furono visti cadere dall’alto astri», e sempre in pieno giorno «fu visto un bagliore che attraversava il cielo», scrive Ossequente, citando Tito Livio. Ancora: «A Todi e Armeria furono viste armi combattere in cielo da oriente e da occidente, ed essere sconfitte da occidente». E’ lo stesso episodio citato da Plino il Vecchio, nella sua “Storia naturale”. Ancora: «Nel territorio di Bolsena, una fiamma si sollevò da terra e fu vista toccare il cielo» (chissà cos’era partito, quel giorno, da Bolsena: forse non lo sapremo mai, ma certo si trattò di un prodigio). «A Tarquinia, nel 100 avanti Cristo, al tramonto, un oggetto rotondo simile a uno scudo fu visto attraversare il cielo da occidente a oriente, e si udì anche un frastuono di armi sotterranee». Sfogliando sempre le pagine di Ossequente: nel territorio dei Vestini, cioè nel Sannio, «in una tenuta di campagna piovvero pietre, e in cielo apparve un bagliore e tutto il cielo sembrò infiammarsi».Di nuovo a Bolsena: nel 93 avanti Cristo, «all’alba una fiamma fu vista risplendere in cielo: dopo essersi raccolta in un punto, la fiamma mostrò una bocca del colore del ferro, il cielo sembrò aprirsi e colonne di fuoco apparvero attraverso questa fenditura». Nel 92 avanti Cristo, a Fiesole, «in cielo fu visto un fascio di luce». Nel 91, ancora in Toscana, all’alba, «una sfera di fuoco apparve con grande fragore». Nella regione di Spoleto, «una sfera di fuoco del colore dell’oro cadde a terra e, divenuta più grande, fu vista essere trasportata da terra verso oriente, e coprì la grandezza del sole». Nella Bibbia, Zaccaria vede arrivare un Efà volante (una sfera) in cui, una volta a terra, si apre uno sportello mostrando al suo interno una donna. Poi arrivano in volo altri due esseri femminili, e questo oggetto viene preso e aviotrasportato verso oriente fino alla Terra di Shinar, cioè la Terra di Sumer, dove – dice la Bibbia – gli stanno costruendo una piattaforma. Un evento molto simile a quello ambientato in Umbria.«A Rodi, in un accampamento – scrive ancora Ossequente – un corpo di grandi dimensioni cadde dal cielo. Una figura dall’aspetto di Iside fu vista colpire con il fulmine una macchina da assedio. Fu sentita una grande risata, senza vedere di chi fosse». Nel 63 avanti Cristo, a Pompei, «una fiaccola ardente si estese in lunghezza verso il cielo a partire da occidente» (e in nota, si riportano conferme di fenomeni celesti date addirittura da Cicerone). Questo, per darvi un’idea della vastità di testimonianze su questi avvistamenti, anche nel mondo classico, di cui si tende a non parlare (salvo invocare la “paradossografia”, trentando con questo di far intendere che quei racconti fossero necessariamente inventati). Ora non è più così: adesso possiamo “fare finta” che quei fenomeni fossero reali. Nel 44 avanti Cristo, a Roma, «brillarono tre soli, e intorno al sole più basso una corona come di spighe sfavillò, assumendo la forma di un disco, e in seguito – ritornato il sole a un’unica orbita – per molti mesi vi fu una pallida luce». E così via.Come vedete, anche nel mondo degli storici romani – Tito Livio, Plinio, Tacito – i racconti dei prodigi sono numerosissimi. Torniamo quindi ai ragionamenti che oggi, finalmente, siamo “autorizzati” a fare: ci dicono che questi fenomeni esistono, ma ci dicono anche che non ne sanno nulla. Siamo di fronte a due possibilità. La prima: è vero, che non ne sanno nulla. Se è così, vuol dire che c’è qualcuno che ne sa più di loro: più degli americani, più dei cinesi, più dei russi. Qualcuno che – non sappiamo dove, né come – fabbrica quelle “cose” lì, le fa volare, e fa compiere a quelle “cose” delle manovre che il resto dell’umanità dice di non saper fare. Poi c’è una seconda possibilità: e cioè che questa affermazione (”non sappiamo cosa siano”) sia falsa. Cioè: la possibilità che loro sappiano. Il 25 giugno, un capitolo del dossier Ufo-Uap resterà comunque chiuso, inaccessibile al pubblico. Quindi siamo autorizzati a pensare che la loro affermazione (”non ne sappiamo nulla”) non sia sincera, cioè che loro ne sappiano molto di più.E allora viene da pensare che viviamo all’interno di una specie di Truman Show: ci raccontano solo ciò che vogliono. E ci raccontano da sempre solo ciò che vogliono, anche sulla storia dell’umanità: lo fanno per tenerci rinchiusi dentro precisi recinti, all’interno dei quali vengono distribuite delle verità. Ovvero: i “pastori” (non a caso le religioni usano questo termine) dicono a noi, “pecorelle”, quale erba dobbiamo brucare, tenendo la testa bassa e accontentandoci di quell’erba lì, perché altra non ce ne danno. Se ci accorgiamo di questo, ci rendiamo conto di essere dentro un Truman Show. E come nel film, alla fine – dopo questa tempesta di informazioni che ci viene data – anche noi potremmo arrivare a toccare la parete di questo grande teatro, nel quale siamo tenuti. Potremmo cominciare a salire i gradini della consapevolezza, che conducono verso quella porta di fronte alla quale anche noi – nel momento in cui scopriamo che, ancora una volta, non ci stanno dicendo il vero, e ci tengono nascosta la storia e l’attualità delle vicende che riguardano l’umanità – a quel punto, chissà, magari anche noi apriremo gli occhi: faremo anche noi il nostro bell’inchino, apriremo quella porta e usciremo finalmente da questo teatro, nel quale ci fanno vivere da secoli.(Mauro Biglino, estratti dal video “Dal Pentagono a Tito Livio e oltre”, pubblicato il 12 giugno 2021 sul canale YouTube “Il vero Mauro Biglino”).Riguardo al dossier Ufo (o Uap, come si dice oggi) sappiamo che il prossimo 25 giugno non tutto sarà reso pubblico: ci sarà comunque un capitolo che rimarrà “classificato”, quindi ci saranno delle cose che non ci diranno. Intanto, quello che sta avvenendo è già di una importanza fondamentale. Siamo davvero di fronte a uno spartiacque: fino a ieri ci si poteva domandare se “credere” o meno, all’esistenza di oggetti volanti non identificati, e la risposta “sì, ci credo” veniva accolta con un certo sarcasmo, perché gli avvistamenti degli Ufo venivano tutti apparentemente spiegati, anche con una certa faciloneria. Adesso non è più così: oggi, le fonti ufficiali ci dicono che questi oggetti volanti restano “non spiegati”: non si sa come facciano a muoversi nel cielo in quel modo, e non risultano appartenere a flotte terrestri. Ufficialmente, le cose che al momento si sanno sono queste: esistono, ma non sappiamo cosa sono, non sappiamo come funzionano e non sappiamo da dove arrivano.
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Vinča, in Europa gli uomini-serpente: sapevano scrivere
Lei è amorevole, come madre, nel tenere in braccio la sua creatura. Ma ha tre problemi: ha almeno 7.000 anni, indossa una tuta da astronauta (o da motociclista) e mostra una testa da lucertola, o da salamandra. E’ una delle tante statuette della misteriosa cultura Vinča, che prende il nome da un villaggio alle porte di Belgrado: una presenza archeologicamente documentata in una vasta area, dai Balcani ai Carpazi, e anche oltre. Divinità animalesche, alieni-rettile o semplici maschere zoomorfe? Gli stessi Dogon del Mali dicono di discendere da una “razza anfibia” venuta dalle stelle, ricorda Marco Enrico de Graya, nel video “Gli uomini-serpente e la cultura Vinča”, con Gianluca Lamberti sul canale YouTube “Facciamo finta che”. Notizia recente: il Dna estratto da 6 scheletri rinvenuti nell’area Vinča – dice l’esperto – non corrisponde ad alcun altro ceppo genico umano conosciuto.Progenitori rettiloidi, come quelli della narrazione complottistica di David Icke? Se a qualcuno viene in mente la vicenda del Nahash, cioè il “serpente” biblico della Genesi che si accoppia con Eva dando origine a Caino, De Graya racconta una storia che rinvia allo stesso Zecharia Sitchin, e quindi alla predilezione degli Anunnaki sumeri per l’oro. In base alla mitologia, la bellissima regina delle terre balcaniche (Echidna, figlia di Zeus) era metà donna e metà serpente, e sovrintendeva alla ricerca dell’oro: proprio nei Carpazi sono state rinvenute le più antiche miniere aurifere d’Europa, sfruttate molto prima che l’uomo imparasse a individuare, estrarre e fondere i metalli, almeno secondo la preistoria finora illuminata dagli studiosi. Ebbene, dall’unione tra Echidna e Ercole sarebbero nati i futuri popoli (europei occidentali, slavi e indo-iraniani): tutti figli di un semidio e di una regina-serpente?In realtà, stando alla narrazione attribuita a Thot – spiega Marco Enrico De Graya – Echidna e Eracle rappresentano la stessa cosa: l’ibrido umano-divino. «Il serpente è solo un simbolo, adottato per indicare le “divinità” del passato, che si presumeva (erroneamente) che fossero immortali». Perché proprio il serpente? «Perché ogni anno cambia pelle, dando la sensazione di restare eternamente giovane». L’origine “divina” spiega anche il fatto che al “serpente” sia sempre stata attribuita una speciale sapienza, compresa quella della medicina. «Se fosse stata davvero un serpente, Echidna, come avrebbe potuto accoppiarsi con Ercole?». Vale anche per Eva e il Nahash, ovviamente. Ma da dove viene, la cultura Vinča degli uomini-serpente? Nebbia fitta: anche sulla loro scrittura. Già, perché quel popolo era in possesso di una “protoscrittura” molto più antica di quella, cuneiforme, delle tavolette sumere.Dopo un primo ritrovamento in Ungheria risalente al 1875, il sistema simbolico Vinča è stato messo in relazione alle Tavolette di Tărtăria, ritrovate solo nel 1961 a Săliștea, in Romania. Secondo la datazione al carbonio, risalirebbero al IV millennio avanti Cristo, ovvero 1300 anni prima della scrittura cuneiforme. Non è tutto: dopo quelle prime scoperte, negli ultimi anni sono stati trovati circa un migliaio di reperti della stessa natura, disseminati nei Balcani (Grecia, Bulgaria, Romania) ma anche in Ungheria, in Moldavia e persino in Ucraina. Dunque è confermato: sapevano scrivere, i misteriosi Vinča, vissuti – assai prima dell’epoca dei sumeri – proprio alle porte dell’Europa occidentale, non lontano dall’Urartu caucasico dove sarebbe approdata l’Arca di Noè. Per intenderci: è la stessa area a nord della Mesopotamia, in cui gli studiosi situano l’Eden, la regione biblica all’origine della nascita di Adamo ed Eva.Lei è amorevole, come madre, nel tenere in braccio la sua creatura. Ma ha tre problemi: ha almeno 7.000 anni, indossa una tuta da astronauta (o da motociclista) e mostra una testa da lucertola, o da salamandra. E’ una delle tante statuette della misteriosa cultura Vinča, che prende il nome da un villaggio alle porte di Belgrado: una presenza archeologicamente documentata in una vasta area, dai Balcani ai Carpazi, e anche oltre. Divinità animalesche, alieni-rettile o semplici maschere zoomorfe? Gli stessi Dogon del Mali dicono di discendere da una “razza anfibia” venuta dalle stelle, ricorda Marco Enrico de Graya, nel video “Gli uomini-serpente e la cultura Vinča“, con Gianluca Lamberti sul canale YouTube “Facciamo finta che”. Notizia recente: il Dna estratto da 6 scheletri rinvenuti nell’area Vinča – dice l’esperto – non corrisponde ad alcun altro ceppo genico umano conosciuto.