Archivio del Tag ‘omicidio’
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Scuole del Texas, la polizia in classe per mantenere l’ordine
Il Texas ha istituito un corpo di polizia per le scuole, con ufficiali in divisa armati, che mantengono l’ordine in mense, campi da gioco e – in caso di necessità – anche durante le lezioni. Riporta la notizia il quotidiano britannico “Guardian”. Una ragazza dileggiata dai compagni che la insultavano perché “puzzava” si è cosparsa di profumo ed è stata arrestata con l’accusa di reato penale minore. Dovrà presentarsi in tribunale, come centinaia di studenti in Texas, per cattiva condotta, turpiloquio, disordini sullo scuolabus o risse in cortile.
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Fruttero e Lucentini: segreti e perfidia di una coppia geniale
«Adesso la coppia è davvero finita, perché con la morte di Carlo Fruttero scompare anche quel modo di scrivere, quella sottile perfidia dello sguardo, quel disincanto acuto del racconto che apparteneva a tutti e due», e che Franco Lucentini non era riuscito a portarsi via con la morte. Fruttero era rimasto solo, affondava le mani in tasca e “fiutava” Torino senza nemmeno vederla: «Un gioco mentale perfetto, senza il contagio della realtà quotidiana». Così il direttore di “Repubblica”, Ezio Mauro, prende commiato il 16 gennaio da Fruttero, che insieme a Lucentini aveva trasformato la città piemontese in creatura letteraria, da smontare pezzo per pezzo per poi rimontarla ogni volta nei romanzi: «Un vizio attaccato a un’abitudine, a un quartiere, al modo di camminare di una donna, a un gesto di periferia, a una curva sulla collina».
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Denaro, chi tocca muore: quando Kennedy silurò la Fed
Chi tocca, muore: il denaro devono continuare a stamparlo banche private, che poi lo prestano agli Stati ricavando lauti interessi, in base alla pratica inaugurata secoli fa dalla Banca d’Inghilterra. Secondo alcuni analisti, quello dei politici che hanno provato a strappare alle banche l’esclusiva sull’emissione di moneta è ormai un affollato cimitero. Per Marco Seba, membro dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata di Ginevra, sono addirittura sette i presidenti americani a cui la questione monetaria sarebbe costata la pelle: Lincoln, Garfield e McKinley uccisi con armi da fuoco, mentre Harrison, Taylor e lo stesso Roosevelt sarebbero stati avvelenati, come sostiene un investigatore di Chicago, Sherman Skolnick. Ma il caso più clamoroso è quello di John Fitzgerald Kennedy, fatto assassinare (dalla mafia?) dopo aver esautorato, di fatto, la Federal Reserve, con un provvedimento da allora rimasto lettera morta: dollari emessi direttamente dallo Stato.
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Pakistan, ucciso reporter: svelò i rapporti tra 007 e Al Qaeda
Ucciso dagli 007 del Pakistan per aver ipotizzato legami tra l’intelligence di Islamabad e Al-Qaeda? Si chiude tragicamente la vicenda del giornalista Syed Saleem Shahzad, corrispondente per media italiani, scomparso nella capitale pachistana il 29 maggio: il suo cadavere è stato ritrovato, con segni di tortura, nei pressi della sua auto a 150 chilometri dalla città. “Human Rights Watch” punta il dito contro l’Isi, il servizio segreto militare per Pakistan, addestrato dalla Cia: «Solo loro avrebbero potuto sequestrare un giornalista nella capitale e farlo sparire senza lasciare tracce: e Shahzad era minacciato proprio dall’Isi». Il sospetto: aveva indagato sulle “relazioni pericolose” tra gli 007 e i Talebani, in passato al centro di inquietanti interrogativi anche su attentati ufficialmente attribuiti ad Al Qaeda.
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Arrigoni era condannato: Israele temeva la sua voce
La salma di Vittorio Arrigoni arriverà in Italia attraverso l’Egitto, evitando il territorio di Israele: una risposta simbolica, postuma, a chi aveva fatto di tutto per far tacere la sua voce. Lo aveva minacciato, arrestato, torturato. Fino a farlo uccidere, per mano di killer “salafiti”? A rilanciare questa tesi è Patrizia Cecconi, presidente dell’associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese: sapevamo – dice commossa da piazza Montecitorio il 15 aprile – che Vittorio a Gaza aveva le ore contate. «Lo dicevano già Golda Meir e Ben Gurion: Israele teme i poeti più che le bombe». Drammatico preavviso, l’omicidio di un altro testimone chiave delle atrocità israeliane, il regista Juliano Mer-Khamis.
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Thyssen, condanna storica: fermerà le stragi sul lavoro?
La sentenza a carico dei dirigenti della ThyssenKrupp è molto dura. Su un punto fondamentale, quello di giudicare gli investimenti in tema di sicurezza consapevolmente non effettuati come prova di omicidio volontario da parte dell’amministratore delegato, la Corte ha accolto in pieno le richieste dell’accusa. Come si aspettavano familiari e compagni delle vittime. Condannando la massima autorità dell’impresa al massimo della pena proposta dai Pm, sedici anni, e cinque dirigenti a pene che vanno da dieci anni – un anno in più rispetto alla richiesta – a tredici e mezzo, la sentenza riafferma con estrema forza un principio cruciale: di lavoro non si può, non si deve morire.
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Rivolta, il riscatto degli ex schiavi: la profezia di Sankara
Tra i preziosi servigi che nel corso della sua lunghissima e controversa carriera Muhammar Gheddafi avrebbe reso all’Occidente, c’è chi aggiunge un omicidio particolarmente eccellente: quello del capitano Thomas Sankara, presidente rivoluzionario del Burkina Faso, assassinato a freddo il 15 ottobre 1987 nel suo ufficio nella capitale Ouagadougu dopo che tre mesi prima aveva coraggiosamente ribadito, alla Conferenza panafricana di Addis Abeba, la volontà di guidare la lotta nonviolenta dell’Africa per la cancellazione del debito. «Non dobbiamo restituire proprio niente», disse Sankara: «Abbiamo già dato tutto, anche il sangue». Mancava, appunto, il suo. «Se resterò solo in questa richiesta – aggiunse, con una battuta tragicamente profetica – l’anno prossimo non sarò più qui a questa conferenza».
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Livorno, si riapre il caso Lonzi: massacro in cella?
Un corpo nudo, riverso sulla branda, tra lenzuola imbrattate di sangue. Il volto livido e tumefatto, con il sangue che inonda la fronte e l’occhio sinistro, è quello di un giovane di 29 anni, Marcello Lonzi, arrestato per il tentato furto di un’auto e morto l’11 luglio 2003 nel carcere di Livorno. Il referto parla di morte naturale: infarto. Dopo anni, in seguito al drammatico caso di Stefano Cucchi, la madre di Marcello Lonzi si è fatta coraggio, tornando a chiedere giustizia per il figlio: la Procura di Livorno ha riaperto l’inchiesta.
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Stefano Cucchi morto senza difesa, “ucciso dallo Stato”
Picchiato, denutrito e senza nemmeno un avvocato. Le ultime ore di Stefano Cucchi assomigliano sempre più a un calvario che ieri, sua sorella Ilaria, ha dignitosamente sintetizzato così: «Non è giusto passare gli ultimi giorni da solo e in quelle condizioni, come è successo a mio fratello». L’ultima verità raggela il sangue quasi come le foto dei suoi martoriati 45 chili: Stefano si è lasciato morire di fame e sete, come testimonia il documento dell’ospedale Pertini, per protestare contro chi gli ha impedito perfino un contatto con un legale, negandogli il primordiale diritto alla difesa.
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Manconi: il carcere li lascia morire, come scarti sociali
In carcere ci si toglie la vita 15-17 volte più di quanto si faccia fuori dal carcere. Nel corso del 2009 i suicidi sono stati 61: se tale ritmo dovesse continuare, avremmo a fine anno il più alto numero di suicidi dal 1990. Ci si ammazza, in carcere, con tutte le modalità che fantasia e disperazione suggeriscono: fornello a gas, chiodi e pezzi di vetro, autosoffocamento, impiccagione. A quest’ultimo metodo ha fatto ricorso Diana Blefari. La domanda, quasi elementare, è: perché mai si trovava in carcere e non in una struttura psichiatrica protetta?
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Orrore in cella, diritti sospesi: appello al Quirinale
Intervenga il presidente della Repubblica, «perché un Paese civile non può permettersi l’ennesimo caso di ’sospensione’ della democrazia». Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, insieme al Pdci sollecita il Quirinale perché sia stabilita rapidamente la verità sul caso di Stefano Cucchi, il giovane romano morto dopo l’arresto per pochi grammi di droga. La famiglia, alla quale è stato impedito di vedere il ragazzo, ne ha scoperto all’obitorio il corpo martoriato dalle percosse subite. «Fino all’ultima goccia di sangue, fino all’ultima goccia di vita io e mia moglie ci batteremo perché si faccia chiarezza su mio figlio»
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Intercettazioni, Ingroia: chi ha paura della verità
Le intercettazioni sono decisive per la lotta alla mafia: senza di esse, le prove sarebbero spesso soltanto indiziarie, affidate alle sole rivelazioni dei pentiti. La mafia le teme, perché sa che proprio dalle intercettazioni sono nate le vittorie dell’antimafia, e non solo. Alcuni “misteri” italiani, tra cui l’assassinio del presidente dell’Eni, Enrico Mattei, potrebbero essere risolti grazie alla rilettura di registrazioni. Lo afferma da Palermo il procuratore aggiunto antimafia Antonio Ingroia, autore di un lungo intervento su “Il Fatto Quotidiano” che ricostruisce il ruolo strategico delle intercettazioni nella lotta al crimine in Italia.