Archivio del Tag ‘oligarchia’
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Euro e Russia: grillini beffati, Di Maio cambia il programma
Due cattivoni assoluti – la guerra e l’euro – sono letteralmente spariti dalla fiaba “flessibile” dei 5 Stelle: prima delle elezioni funzionavano per ottenere voti, ma ora sono stati “sbianchettati” in funzione governativa. Della serie: perché nulla cambi, delle cose che contano davvero. Nessuno tocchi l’egemonia corrente: a contrastare i bombardamenti Usa, le sanzioni alla Russia e il dominio oligarchico di Bruxelles resta solo Salvini, visto che Di Maio, con l’ovvio placet del padrone Casaleggio, ha sostituito il programma votato dagli iscritti con un altro, assai più morbido e sfuggente sui temi che dovrebbero impegnare il “governo del cambiamento” richiesto da almeno il 55% degli italiani votanti (senza contare il 27% rimasto a casa, forse temendo di assistere esattamente a questo tipo di spettacolo post-elettorale). Il classico imbroglio? Alla faccia del “primo e unico programma politico basato sulla partecipazione e sulla democrazia diretta online grazie al sistema operativo Rousseau”. «La versione del programma elettorale attualmente disponibile sul sito del movimento è completamente diversa da quella che c’era a febbraio», scrive Luciano Capone sul “Foglio”. «Una manipolazione della volontà degli iscritti, una presa in giro degli elettori, una violazione delle regole del partito (democrazia diretta e trasparenza), la negazione della retorica sul cittadino vero “sovrano” e il politico semplice “portavoce”».Per recuperare il vecchio programma, scrive il “Foglio”, basta andare su “Internet Archive” – la più grande biblioteca della rete – e utilizzare la funzione “Wayback Machine”, che consente di risalire alle pagine web modificate o cancellate. Fino al 2 febbraio sul sito del M5S c’era un programma, ma il 7 marzo – tre giorni dopo le elezioni – ce n’era già un altro, «totalmente diverso e spesso diametralmente opposto». E’ il caso del “programma Esteri”, di stringente attualità vista la crisi in Siria. «Gli iscritti avevano votato per un’impostazione radicale, terzomondista, filo-russa e anti-atlantica. Il nuovo “programma Esteri” è stato bonificato: tolte le contestazioni alla Nato e agli Stati Uniti, addolcite le critiche all’euro e all’Ue, smussati gli elogi alla Russia». Il capitolo su “Sovranità e indipendenza” si apriva così: “Il caos che regna in Libia dimostra che l’unilateralismo dell’intervento umanitario è fallito”. E ancora: “Ripudiamo ogni forma di colonialismo, neocolonialismo e ingerenza straniera”. Tutto sparito, rileva il “Foglio”. «Nella nuova versione si parla di “affrontare insieme in Europa” le sfide del domani “come Stati sovrani liberi e indipendenti” nel mondo multipolare. Un’altra musica, più soft».Il capitolo sul “Ripudio della guerra” partiva secco: “Iraq, Somalia, ex Jugoslavia, Afghanistan, Libia, Ucraina, Siria. L’elenco dei paesi distrutti dall’unilateralismo occidentale potrebbe essere molto più lungo”. E proseguiva catastrofico: “Le guerre di conquista dell’ultimo periodo hanno portato il mondo a un passo dall’Apocalisse e hanno prodotto centinaia di migliaia di morti, feriti, mutilati e sfollati. Territori devastati, smembrati, economie fallite, destabilizzazioni estese a intere regioni e milioni di persone”. Tutto cancellato, osserva Capone sul “Foglio”: «Ora il tono è più posato e burocratico, si parla di “ricerca del multilateralismo, della cooperazione e del dialogo tra le popolazioni” e si ribadisce che “le operazioni per il mantenimento della pace debbano svolgersi in stretta ottemperanza ai principi della Carta dell’Onu”». Ma il passaggio dall’“Apocalisse” alla “stretta ottemperanza” è niente, rispetto alla metamorfosi della posizione sulla Nato: “Il ‘sistema di sicurezza occidentale’ non solo non ci ha reso più sicuri, ma è il primo responsabile del caos odierno. Dall’invasione della Libia fino alla distruzione pianificata della Siria – c’era scritto – il sistema di sicurezza occidentale ha registrato una serie di fallimenti che hanno portato alle popolazioni dei paesi membri, miliardi di euro di perdite, immigrazione fuori controllo e destabilizzazione di aree fondamentali per la sicurezza e l’economia dell’Europa”.L’alleanza atlantica veniva descritta come la causa principale dell’instabilità globale, arrivando a vagheggiare una rottura del patto: ci sarebbe ormai “una discordanza tra l’interesse della sicurezza nazionale italiana con le strategie messe in atto dalla Nato”. Per questo il M5S proponeva un “disimpegno da tutte le missioni militari della Nato in aperto contrasto con la Costituzione”. Tutti gli attacchi alla Nato sono stati eliminati, prende nota il “Foglio”. «Nella nuova versione, cambiata poco prima o poco dopo le elezioni, il passaggio più duro parla dell’“esigenza di aprire un tavolo di confronto in seno alla Nato”». Anche la parte sul Medio Oriente era una dura accusa all’Occidente: “I nostri governi hanno distrutto intere popolazioni, come quella siriana, seguendo l’interventismo occidentale della Nato, cui l’Italia ha colpevolmente prestato il fianco rompendo le relazioni diplomatiche con Damasco”. Ora è stato tolto ogni riferimento al regime di Assad e compaiono le responsabilità dei paesi arabi, che hanno “un sistema di governo a dir poco inadeguato agli standard universali”. Il capitolo sulla Russia? E’ stato emendato da alcune critiche sulle sanzioni. “L’Ue, adeguandosi agli Usa – c’era scritto – ha gradualmente imposto misure restrittive nei confronti della Russia”. Le “azioni di Mosca” in Crimea e Ucraina? Erano “volte al mantenimento della sua sfera di influenza nello spazio ex sovietico a fronte del progressivo allargamento della Nato”. Tutto sparito.Analogamente, aggiunge il “Foglio”, sono state riviste le critiche all’euro: dal passaggio-chiave iniziale (“La situazione italiana nella zona euro è insostenibile, siamo succubi della moneta unica”), il neo-programma di Di Maio approda a lidi più rassicuranti per l’establishment: “Questo non significa abbandonare perentoriamente la moneta unica”. Non che i 5 Stelle siano mai stati chiari, in materia: hanno persino cercato di approdare al gruppo iper-eurista dell’Alde a Strasburgo, senz’altro proporre – in Italia – che la vaghezza di un ipotetico referendum consultivo sulla moneta unica. Hanno sparato volentieri sull’euro, a parole, ma senza mai impegnarsi in una posizione politica ufficiale (come ad esempio quella espressa da Borghi e Bagnai, in quota Lega). Ora la retromarcia di Di Maio conferma agli elettori no-euro che sì, hanno proprio sbagliato a votare 5 Stelle. «Questi esempi – scrive il “Foglio” – riguardano solo le dieci paginette del “programma esteri”, ma vanno moltiplicati per le altre diciannove aree tematiche, più le quattro aggiunte senza alcuna votazione». Nel “programma Banche” sono state inserite proposte mai votate, dal “programma Lavoro” è stato rimosso il capitolo sui “Sindacati senza privilegi”.Ci sono programmi stravolti come quello sullo “Sviluppo economico”, sceso da 92 a 9 pagine, e altri rielaborati da capo a piedi come quello sull’agricoltura. Chi ha scritto il nuovo programma e deciso di sostituirlo a quello votato dagli iscritti? «Probabilmente Di Maio e la sua cerchia ristretta», scrive Capone. «Ma di certo il ruolo di Davide Casaleggio, che materialmente attraverso Rousseau ha cambiato i documenti, mostra come chi si è posto al di sopra di tutti non sia il “garante” della democrazia diretta ma il suo “manipolatore”». Questa manovra, che per il “Foglio” riguarda il principio più sacro (la democrazia diretta) nonché lo strumento più importante (il programma) della vita politica del partito, «svela la grande finzione del M5S e la potenza totalitaria del suo meccanismo». Aggiunge Capone: «La storia è piena di partiti che hanno tradito il programma elettorale, non è la prima volta e non sarà l’ultima. Ma qui si fa un passo ulteriore: il programma viene stravolto in segreto per far credere a militanti ed elettori che è quello che loro hanno sempre voluto e consacrato con il voto. Più che la volontà generale di Rousseau, è un sistema che ricorda la fattoria degli animali di Orwell».Due cattivoni assoluti – la guerra e l’euro – sono letteralmente spariti dalla fiaba “flessibile” dei 5 Stelle: prima delle elezioni funzionavano per ottenere voti, ma ora sono stati “sbianchettati” in funzione governativa. Della serie: perché nulla cambi, delle cose che contano davvero. Nessuno tocchi l’egemonia corrente: a contrastare i bombardamenti Usa, le sanzioni alla Russia e il dominio oligarchico di Bruxelles resta solo Salvini, visto che Di Maio, con l’ovvio placet del padrone Casaleggio, ha sostituito il programma votato dagli iscritti con un altro, assai più morbido e sfuggente sui temi che dovrebbero impegnare il “governo del cambiamento” richiesto da almeno il 55% degli italiani votanti (senza contare il 27% rimasto a casa, forse temendo di assistere esattamente a questo tipo di spettacolo post-elettorale). Il classico imbroglio? Alla faccia del “primo e unico programma politico basato sulla partecipazione e sulla democrazia diretta online grazie al sistema operativo Rousseau”. «La versione del programma elettorale attualmente disponibile sul sito del movimento è completamente diversa da quella che c’era a febbraio», scrive Luciano Capone sul “Foglio”. «Una manipolazione della volontà degli iscritti, una presa in giro degli elettori, una violazione delle regole del partito (democrazia diretta e trasparenza), la negazione della retorica sul cittadino vero “sovrano” e il politico semplice “portavoce”».
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Giorgio Galli: magia, esoterismo e potere. La storia segreta
Il mago in politica? Conta, sì. Ma non ha l’ultima parola. Certo, esiste: anche se i giornali non ne parlano mai. E spesso, proprio con il mondo esoterico sono in contatto i servizi segreti. Lo rivela il professor Giorgio Galli, autorevole politologo, per lunghi anni docente all’università di Milano. Un monumento della cultura italiana contemporanea. Classe 1928, ha all’attivo quasi cento titoli: dal volume d’esordio sulla storia del Pci, risalente al ‘53, fino all’ultimo lavoro, “Il golpe invisibile” (Kaos, 2015), che spiega “come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo Stato di diritto”. Intervistato da Fabio Frabetti e Paolo Franceschetti a “Border Nights” sul ruolo dell’occultismo nella politica, il professore chiarisce: la deriva “magica” dell’esoterismo ha certamente condizionato importanti leader del passato, Hitler in primis. Ma poi il fenomeno si è attenuato. Perché parlarne, allora? Perché non ne parla mai nessuno, a livello di ufficialità, se non per liquidare l’argomento in modo sprezzante, come se il fenomeno non esistesse. Altrettanto sbagliato, secondo Galli, l’atteggiamento iper-complottista di chi considera onnipotenti le società iniziatiche, massoneria compresa: hanno il loro peso, senz’altro, ma non possono decidere tutto.La missione dello studioso: svelare retroscena occulti e, al tempo stesso, demifisticare – con l’occhio razionale dello storico – le tante mitologie connesse al presunto potere di grandi “maghi”, al fianco dei potenti della Terra. Nel mirino innnanzitutto il leader del nazismo. Un fenomeno al quale – tra Himmler e la società Thule – il professor Galli ha dedicato ben tre saggi. Il primo, “Hitler e il nazismo magico” (Rizzoli) risale al 2005. A seguire, “La svastica e le streghe”, una “intervista sul Terzo Reich, la magia e le culture rimosse dell’Occidente”, pubblicata da Hobby & Work nel 2009, quattro anni prima di “Hitler e la cultura occulta”, libro uscito nel 2013, pubblicato ancora da Bur-Rizzoli. Impossibile non notare il potere ipnotico che la retorica del dittatore esercitava su masse immense, durante le celebri adunate oceaniche del nazismo. Disponeva di tecniche occultistiche? «Intanto era nato a Braunau sull’Inn, paese che ha dato i natali a un numero di medium superiore alla norma: c’è chi ritiene che, in determinate zone della Terra, vi siano cariche magnetiche che conferiscano doti particolari, come quelle che caratterizzano i medium e i veggenti». Inoltre, aggiunge Galli, è noto che Hitler prese lezioni da Erik Jan Hanussen, famoso ipnotista austriaco che, «nei teatri, ipnotizzava gli spettatori, facendo creder loro che fossero reali fenomeni che erano solo immaginari».Lo stesso Hanussen, mago e illusionista, fu poi ucciso dai nazisti il 30 giugno del 1934 nella strage passata alla storia come la “notte dei lunghi coltelli”. Una buona occasione «per far sparire le tracce della formazione ipnotistica che Hitler aveva ricevuto». Ma una cosa è ammettere che Hitler credesse nell’occulto e si avvalesse di maghi come Hanussen, un’altra è pensare che il nazismo sia “esploso” in virtù della magia: «Mai, il nazismo, si sarebbe potuto affermare senza la sconfitta della Germania nel primo conflitto mondiale, senza la crisi del dopoguerra e senza la grande crisi del ‘29, tutti fenomeni che hanno determinato il destino del paese sino all’avvento del Terzo Reich». Quindi attenzione: «Io non sostengo che l’esoterismo sia la chiave interpretativa della storia», precisa Galli. «Dico che ne è una delle componenti (e non delle più importanti), che però è stata completamente trascurata». E’ chiaro che a partorire il nazismo è stata la crisi politica, sociale ed economica patita dalla Germania a partire dal 1914. «Le cause che gli storici hanno studiato permettono di capire la vicenda tedesca anche senza bisogno di studiare l’esoterismo. Però, appunto, c’è anche l’esoterismo: e ha avuto un ruolo importante nella formazione culturale di una parte dell’élite nazionalsocialista».La storia politica ed economica spiega tante cose, ribadisce Galli, ma «talvolta, in determinate circostanze, non spiega tutto». Secondo il gollista Maurice Schumann, gruppi esoterici presenti anche in Vaticano hanno influenzato la nascita della stessa Unione Europea: «E’ una componente sin qui trascurata, meno importante di altre, ma che va tenuta presente». Giorgio Galli ha scritto anche un’introduzione al recente saggio “Mussolini e gli Illuminati”, nel quale Enrico Montermini mette in luce il rapporto (rimasto in ombra) tra il fascismo e l’esoterismo, dal ruolo di Giuseppe Cambareri – il mago di tanti ufficiali dell’esercito mussoliniano – all’intervento della massoneria anglosassone agli esordi delle camicie nere, fino al drammatico epilogo di piazzale Loreto, «macabro sacrificio rituale per celebrare simbolicamente la caduta dell’ultimo Cesare». Magia e dittature, ma non solo: «Lo stesso Churchill, che era massone – racconta Galli – si consultò moltissimo con l’ambiente esoterico, prima di decidere l’atteggiamento da assumere con Hitler». Furono alcuni esoteristi a confermargli che occorreva opporsi strenuamente al Terzo Reich: impossibile conviverci, perché avrebbe trasformato l’Europa nel peggiore degli incubi.Esoterismo? «E’ una cultura che ha solide radici nella storia dell’Occidente», spiega Giorgio Galli al pubblico di “Border Nights”. «Bisogna risalire agli astrologi caldei, ai profeti ebraici, fino a personaggi molto recenti come René Guénon e Julius Evola». Si intitola “Occidente misterioso” un saggio del 1987, edito da Rizzoli, in cui Galli indaga tra “baccanti, gnostici, streghe”, ovvero “i vinti della storia e la loro eredità”. «E’ una corrente di pensiero che ha solide radici e si ripresenta anche in periodi di grande avanzamento scientifico». Per dire: erano esoteristi Cartesio e Newton. «Si tratta di una cultura che ha profonde radici nello sforzo umano verso la conoscenza: radici così solide che, dal ‘500 in poi, ha potuto resistere al grande avvento della rivolzione scientifica». Quella dell’esoterismo «è un tipo di conoscenza che prevede approcci diversi da quelli scientifico-razionali». Metodo analogico, pensiero simbolico. Com’è che i politici entrano in contatto col mondo esoterico? «Esistono gruppi e associazioni che mantengono viva questa tendenza». Secondo la cultura esoterica, aggiunge il professore, «sulla Terra sono esistite civiltà molto remote, in genere scomparse per catastrofi naturali: l’esempio più noto sono i riferimenti che Platone fa ad Atlantide».Giorgio Galli segnala un libro come “L’altra Europa”, nel quale l’autore – Paolo Rumor (figlio di Mariano, pluri-minustro Dc) – documenta «la convinzione che siano esistite civiltà terrestri delle quali sono rimaste tracce, e in cui affonderebbe le sue radici la politica che poi ha portato all’Unione Europea». Intorno all’anno Mille, dice Galli, in alcuni ambienti «era maturata quella convinzione», riguardo all’ancestrale discenza da civiltà estinte. E quindi «ci sarebbe un rapporto tra antichi assetti sociali e il progetto dell’Ue, che in realtà è nato molto prima di quanto si ritenga». Se qualcuno ha in mente solo Jean Monnet, la Cee e l’Unione Europea si sbaglia: «Documenti di Mariano Rumor – afferma il professore – dimostrano che questo progetto sarebbe maturato molto più in là nel tempo, in ambienti legati alla cultura esoterica e alla convinzione dell’esistenza di antiche civiltà scomparse, che avrebbero lasciato tracce nella nostra cultura». Sicché, periodicamente, «emergono piccoli cenacoli, che credono di essere gli eredi di un antico sapere». Gli approcci sono diversi, aggiunge Galli: «Alcune società esoteriche sono orientate verso la conoscenza: per loro, l’esoterismo è uno strumento del sapere. In altri gruppi, invece, si ritiene che possa anche essere uno strumento per il potere».Non ha molti segreti, per Giorgio Galli, la contaminazione esoterica della politica: ne parlava già nel 1995 in “Cromwell e Afrodite” (Kaos), o in libri come “La politica e i maghi, da Richelieu a Clinton”, pubblicato da Rizzoli nello stesso anno. Galli ha firmato studi sulla massoneria, su Fatima, sulla new age, sulle Torri Gemelle. Titoli accattivanti: “La venerabile trama”, del 2007 (Lindau), racconta “la vera storia di Licio Gelli e della P2”. In “Stelle rosse” (Alacran, 2007), mette a nudo “astrologia neo-illuminista a uso della sinistra”. Titoli espliciti: “Politica ed esoterismo alle soglie del 2000”, scritto con Rudy Stauder e pubblicato da Rizzoli nel 1992, e “Esoterismo e politica” (Rubbettino, 2010). E’ del 2004 il saggio “La magia e il potere”, ovvero “l’esoterismo nella politica occidentale”, edito da Lindau. Ma cos’è la magia? Solo superstizione? «E’ un approccio culturale che si è manifestato in una fase della storia umana», spiega il professore a “Border Nights”, rispondendo alle domande di “Maestro di Dietrologia”. «Non credo che esista una magia con un reale potere», aggiunge. «Credo però che sia una convinzione diffusa». L’esoterismo, dice, è anche questo: «La convinzione che, facendo determinate operazioni, o con certe liturgie, si possano ottenere determinati risultati. La cultura esoterica è legata a questa convinzione, che però non è la mia».I maghi, aggiunge Giorgio Galli, sono i rappresentanti di questo tipo di cultura: talvolta entrano in contatto col potere e talvolta no. «La rivoluzione scientifica ha reso meno sistematici quei rapporti: quelli che vengono chiamati Magi, astrologi e veggenti facevano parte normalmente del personale vicino al potere – a Roma e in Grecia, poi nelle corti medievali. Fino al ‘500-600 questi rapporti erano organici e continui, in seguito sono diventati più rari o soltanto occasionali». E i famosi maghi consultati da capi di Stato? «In alcuni casi – risponde Galli – ci sono società segrete che trasmettono questo tipo di cultura. Alcune – tedesche, francesi, inglesi – sono elencate in “Hitler e il nazismo magico”. Probabilmente ne esistono ancora, anche se adesso la loro influenza mi pare molto minore di quanto non fosse all’inizio del secolo scorso». Magia e potere, ma soprattutto stelle, oroscopi, tarocchi. «Quello che so – aggiunge Galli – è che molti politici, anche di rilievo, consultano abituamente astrologi e cartomanti: sono un aspetto popolare e diffuso di culture che hanno origini esoteriche, ma è anche un campo che si presta moltissimo alle truffe e alle manipolazioni».Da Roma, ha contattato il professore un gruppo di tradizione esoterica che si definisce “Evoliani a 5 Stelle”, dal nome di Evola. «Sono degli esoteristi di cultura evoliana, che si esprimono positivamente attorno al Movimento 5 Stelle», precisa Galli. Non che l’esoterismo sia del tutto estraneo, ad alcuni aspetti del mondo grillino: «Lo stesso cortometraggio di Gianroberto Casaleggio, “Gaia”, esprime una cultura che qualche rapporto con quella esoterica potrebbe averlo: è collegata con la cultura delle grandi catastrofi, che poi alla fine danno un risultato positivo». Ma quello dei 5 Stelle è un populismo destinato a trasformarsi nella vera avanguardia tecnocratica del neoliberismo globalista? Giorgio Galli lo esclude in modo categorico. «I 5 Stelle secondo me sono ancora in una fase magmatica, in cui convivono componenti dell’anticapitalismo di sinistra e componenti dell’anticapitalismo di destra. Penso che siano in una fase di trasformazione – conclude il politologo – ma non credo affatto che possano diventare i nuovi strumenti del grande capitale: rimarranno sempre un movimento indirizzato a cambiamenti che, nella loro cultura, ritengono positivi. Che poi riescano nel loro intento è un altro problema, ma non credo che si mettano al servizio del potere capitalistico».Il mago in politica? Conta, sì. Ma non ha l’ultima parola. Certo, esiste: anche se i giornali non ne parlano mai. E spesso, proprio con il mondo esoterico sono in contatto i servizi segreti. Lo rivela il professor Giorgio Galli, autorevole politologo, per lunghi anni docente all’università di Milano. Un monumento della cultura italiana contemporanea. Classe 1928, ha all’attivo quasi cento titoli: dal volume d’esordio sulla storia del Pci, risalente al ‘53, fino all’ultimo lavoro, “Il golpe invisibile” (Kaos, 2015), che spiega “come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo Stato di diritto”. Intervistato da Fabio Frabetti e Paolo Franceschetti a “Border Nights” sul ruolo dell’occultismo nella politica, il professore chiarisce: la deriva “magica” dell’esoterismo ha certamente condizionato importanti leader del passato, Hitler in primis. Ma poi il fenomeno si è attenuato. Perché parlarne, allora? Perché non ne parla mai nessuno, a livello di ufficialità, se non per liquidare l’argomento in modo sprezzante, come se il fenomeno non esistesse. Altrettanto sbagliato, secondo Galli, l’atteggiamento iper-complottista di chi considera onnipotenti le società iniziatiche, massoneria compresa: hanno il loro peso, senz’altro, ma non possono decidere tutto.
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Magaldi: Siria, smascherare il potere dei massoni terroristi
«Hanno fatto la loro “bombardatina” teatrale, naturalmente previo avviso ai russi (onde evitare che se la prendessero troppo). Per poi scivolare addirittura nel ridicolo, con la Casa Bianca che smentisce Macron: “Mai promesso ai francesi di restare in Siria”, dice Trump, confemando che i militari statunitensi lasceranno la regione». Per la prima volta, pur demifisticando la retorica dell’ennesimo “strike” occidentale motivato dall’uso presunto di armi chimiche, Gioele Magaldi ammette di essere preoccupato dalla possibile escalation della crisi. Attorno al dramma umanitario della Siria, infatti, si scontrano potentissime oligarchie in lotta fra loro. Acuto analista geopolitico, Magaldi è autore del bestseller “Massoni” sui retroscena occulti del vero potere. Spesso profeticamente cauto su “fuochi d’artificio” come quelli della Corea del Nord («è solo spettacolo, pilotato dalla Cina»), stavolta il presidente del Movimento Roosevelt, ai microfoni di “Colors Radio”, ammette: la situazione potrebbe diventare più grave di quanto non lasci credere la “recita” dei missili, sparati per ora su un bersaglio insignificante e peraltro in gran parte intercettati dalla contraerea siriana, risalente all’era sovietica. Come se ne esce? In un solo modo: «Smascherando le oligarchie massoniche reazionarie che si stanno facendo la guerra, l’un l’altra, sulla pelle dei siriani».Impossibile “leggere” correttamente il raid del 15 marzo su Damasco senza avere sott’occhio le puntate precedenti. Una su tutte: «L’annuncio congiunto dei leader della Russia, dell’Iran e della Turchia, che si sono riuniti per dire: la guerra in Siria l’abbiamo vinta noi». Di qui i missili “dimostrativi” targati Trump, May e Macron: «E’ come se avessero tenuto a precisare: ricordatevi che in Siria ci siamo anche noi». Un attacco dell’Occidente? Magaldi non ci sta: «La nozione di Occidente non è riducibile a un singolo gesto di tre leader, ciascuno dei quali peraltro alle prese con terribili problemi di politica interna». La Germania, per dire, si è tenuta in disparte. «E il persino il diafano Gentiloni, evitando di concedere le basi italiane a supporto l’attacco, è riuscito a rinnovare la migliore tradizione morotea, orientata verso una politica di mediazione nel Mediterraneo: quello è il ruolo che dovrebbe competere all’Italia, non a caso il paese più danneggiato dalla guerra contro la Libia di Gheddafi». E la Siria di Assad? Anche se i media evitano di ricordarlo, «si tratta di uno dei pochi paesi laici della regione, con aspetti di pluralismo, dove le donne godono degli stessi diritti degli uomini: un paese avanzato, governato da un regime autoritario ma ispirato dal nazionalismo arabo socialisteggiante del partito Baath».Come trasformare la Siria in un cumulo di macerie? «E’ bastato cavalcare alcune legittime istanze iniziali, sorte nel tentativo di democratizzare il paese, per poi deviarle immediatamente verso lo jihadismo più feroce». Com’è che, poi, i paladini della democrazia si mettono a finanziare, armare e proteggere i tagliagole dell’Isis da scatenare contro Assad, facendo strage della popolazione siriana? E’ noto che le formazioni “radicali” insorte contro il governo di Damasco sono state sciaguratamente messe in piedi dall’amministrazione guidata da Barack Obama, che secondo Magaldi è un esponente della superloggia “Maat”. Il grande difensore di Assad, Vladimir Putin, sempre a detta di Magaldi milita invece nella “Golden Eurasia”, altra influente formazione supermassonica, mentre il ras turco Edogan è affiliato alla “Hathor Pentalpha”, di gran lunga la più pericolosa delle Ur-Lodges oligarchiche, alla quale sarebbe stato iniziato lo stesso “califfo” Abu Bakr Al-Baghdadi, leader del sedicente Isis. «Il vero problema? Nessuno degli attori sul campo – né in quota all’Occidente, né all’Oriente – fa quello che dovrebbe fare, ovvero: gettare le basi per una pace giusta, fondata sui diritti democratici. Obiettivo al quale, attualmente, non è interessato proprio nessuno. Né si può contare sulle Nazioni Unite, ridotte all’ombra di se stesse».Più volano missili, intanto, e più cresce il pericolo di un incidente irrimediabile, senza una politica alternativa al massacro permanente che ha traformato la Siria e l’intero Medio Oriente in un cimitero dal quale scappare. A meno che, prima o poi, non si riesca a smascherare la vera natura dei contraenti: dietro alle varie bandiere, dice Magaldi, si nascondono quasi sempre «interessi inconfessabili, verminosi». Affari e logiche di clan, contese regolate in ambito supermassonico – ove possibile con accordi segreti o, appunto, con il ricorso alla più spietata guerra per bande, senza risparmio di colpi. Lo scenario è ormai così confuso e caotico da lasciare virtualmente spazio anche all’ipotesi peggiore: l’errore imperdonabile, cioè il confronto diretto e pericolosissimo, militare, tra russi e americani. Buio fitto, peraltro, dai media: anche stavolta hanno largamente accreditato la storiella delle “armi di distruzione di massa”, ignorando il report ufficiale – datato 13 marzo – nel quale l’agenzia Onu per la probizione delle armi chimiche ha escluso che il centro Barzah, quello colpito dai missili, potesse produrre gas letali (armamenti di cui, peraltro, proprio gli Usa sono il massimo detentore mondiale). Finzioni pericolose, sanguinose e regolarmente impunite, almeno fino a quando non verrà smascherata la massoneria “terrorista” che sta trasformando il Medio Oriente nella polveriera del mondo.«Hanno fatto la loro “bombardatina” teatrale, naturalmente previo avviso ai russi (onde evitare che se la prendessero troppo). Per poi scivolare addirittura nel ridicolo, con la Casa Bianca che smentisce Macron: “Mai promesso ai francesi di restare in Siria”, dice Trump, confermando che i militari statunitensi lasceranno la regione». Per la prima volta, pur demifisticando la retorica dell’ennesimo “strike” occidentale motivato dall’uso presunto di armi chimiche, Gioele Magaldi ammette di essere preoccupato dalla possibile escalation della crisi. Attorno al dramma umanitario della Siria, infatti, si scontrano potentissime oligarchie in lotta fra loro. Acuto analista geopolitico, Magaldi è autore del bestseller “Massoni” sui retroscena occulti del vero potere. Spesso profeticamente cauto su “fuochi d’artificio” come quelli della Corea del Nord («è solo spettacolo, pilotato dalla Cina»), stavolta il presidente del Movimento Roosevelt, ai microfoni di “Colors Radio”, ammette: la situazione potrebbe diventare più grave di quanto non lasci credere la “recita” dei missili, sparati per ora su un bersaglio insignificante e peraltro in gran parte intercettati dalla contraerea siriana, risalente all’era sovietica. Come se ne esce? In un solo modo: «Smascherando le oligarchie massoniche reazionarie che si stanno facendo la guerra, l’un l’altra, sulla pelle dei siriani».
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Reddito di cittadinanza: è il piano (infernale) degli oligarchi
Mark Zuckerberg non ha bisogno di presentazioni: mister Facebook vale 64 miliardi di dollari. Altro paperone-prodigio: il sudafricano Elon Musk, patron di Tesla e Space-X. Cos’hanno in comune, a parte i giacimenti aurei? La fede nel reddito di cittadinanza. La pensano così anche l’americano Richard Branson della Virgin e il canadese Stewart Butterfield, l’inventore della banca-immagini Flickr e di Slack, applicazioni per messaggerie. Uomini d’oro e potenti oligarchi, improvvisamente anche umanitari: si stanno battendo a favore del reddito di base garantito, osserva Chris Hedges, a lungo corrispondente estero del “New York Times”. «Sembra che siano dei progressisti e che esprimano queste loro proposte con parole che parlano di morale, prendendosi cura degli indigenti e dei meno fortunati». Ma dietro questa facciata, scrive Hedges, c’è una cruda consapevolezza: soprattutto la Silicon Valley «vede un mondo – quello che questi oligarchi hanno contribuito a creare – tanto iniquo che i consumatori di domani, che dovranno sopportare la precarietà del lavoro, salari sotto i minimi, l’automazione e la schiavitù di un debito che blocca tutto, non saranno in condizione di spendere abbastanza per comprare i prodotti e i servizi offerti dalle grandi corporations».
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Raid Usa sulla Siria. Ma quel potere ci teme: deve mentirci
Quanto è pericoloso l’Impero della Menzogna? Quante vittime produce, ogni ora, il sistema orwelliano basato sulle fake news criminali rilanciate a reti unificate, senza le quali non potrebbe essere scagliato nemmeno un missile? La farsa dell’orrore, copione strettamente seguito anche per l’ultimo raid “mirato e limitato” sulla Siria (ben attenti, gli attaccanti, a non sfiorare installazioni russe), dimostra almeno un risvolto positivo: chi preme quei fatali pulsanti ha ancora paura dell’opinione pubblica, se si premura di mentirle con tanto impegno. Lo afferma la giornalista Enrica Perucchietti, con alle spalle saggi sul terrorismo “false flag” e sulla propaganda di regime basata su notizie sistematicamente false: noi spettatori siamo rimasti probabilente gli unici a non sapere quanto contiamo, visto che chi muove portaerei e impiega armi di distruzione di massa si preoccupa innanzitutto di raccontarci il contrario della verità, nel timore che qualcuno di noi si svegli dal letargo televisivo. E’ grazie al nostro sonno se i killer possono oggi presentarsi come giustizieri: gli Stati Uniti, che hanno scagliato decine di missili su obiettivi siriani alla periferia di Damasco, sono gli stessi che hanno trasformato la Siria in un inferno, armando i tagliagole jihadisti che hanno terrorizzato la popolazione, di fatto spingendola a stringersi attorno al regime di Assad, visto certamente come il male minore.Maschere tragiche come la fallimentare Theresa May e il suo comico di corte Boris Johnson, nei guai per il dopo-Brexit, minuettano (tra una menzogna e l’altra) con personaggi come l’inquietante Emmanuel Macron, l’uomo dei Rothschild travestito da giovane rinnovatore, incaricato di demolire il welfare di un paese reduce dal bagno di sangue dell’auto-terrorismo, magicamente cessato dopo la rottamazione di François Hollande. Tutto si tiene? Impossibile dimenticare lo stridente contrasto tra l’elegante sorriso di Barack Obama, a lungo in giro per il mondo con l’aria di essere una divinità scomodata per il bene altrui, e la fogna infestata di ratti nella quale fu fotografato il suo inviato speciale per il Medio Oriente, il senatore John McCain, in amichevole colloquio con i peggiori mozzatori di teste della regione, tra cui il tristemente celebre Abu Bakr Al-Baghdadi. Loro, tutti insieme – Obama, McCain e i colleghi dell’Isis, con la graziosa collaborazione di altri paladini dell’umanità (il turco Erdogan, l’israeliano Netanyahu e i monarchi islamisti dell’Arabia Saudita) – hanno ridotto la laica Siria ad un’apocalisse di macerie. Un girone dantesco di profughi e lutti, su cui oggi, per buon peso, si abbattono anche i missili umanitari americani, inglesi e francesi, con il pretesto dell’ultima strage ipotetica, denunciata (come tutte le altre) senza uno straccio di prova.E proprio lì sta il punto: per scatenare la violenza, c’è stato comunque bisogno del massimo sforzo per propagare notizie false, attraverso il circuito del mainstream televisivo. Se solo i giornalisti avessero continuato a fare il loro mestiere, accusa un fuoriclasse come lo statunitense Seymour Hersh, Premio Pulitzer per le sue scomode corrispondenze di guerra, noi oggi sconteremmo un numero di vittime enormemente ridotto: meno dolore e meno cimiteri, con più giornalisti onesti in circolazione. Sembra un colossale esercizio di ipnosi: il copione è sempre uguale, ma il pubblico non sembra ne accorgersene. Subisce gli eventi, preparati da una narrazione infedele e spesso paradossale fino al ridicolo, invariabilemnte accolta con rassegnato fatalismo. Non contiamo più nulla, si ripete da più parti: il grande potere fa quello che vuole, senza nemmeno considerarci. Non è vero, rileva Enrica Perucchietti: ha bisogno, ogni volta, di parlarci. Ha la necessità di raccontarci storie, di propalarci menzogne. Non lo farebbe, se non avesse paura dell’ipotetico dissenso. Non cambia mai nulla? Neppure questo è vero: di fronte all’eventualità dei raid occidentali sulla Siria e contro la Russia, dall’Italia si sono levate voci significative, come quelle di Salvini e di Bagnai. Non sarebbe accaduto, ieri, quando infuriavano altri analoghi orrori come quello libico. Contano, i politici italiani? Moltissimo, per il pubblico nazionale: insinuano il germe del dubbio, aprono praterie al pensiero autonomo, incrinano il dogma teologico dietro il quale si nascondono i finti giustizieri.L’ultimo casus belli sembra l’ennesimo capolavoro di propaganda. Non si sa neppure se sia avvenuta davvero, la presuna strage siriana di Douma. Provocata da gas nervino o da cloro? Scatenata da chi? A pochi chilometri di distanza, Israele si fa meno problemi: spara e basta, anche alla schiena, colpendo gli inermi manifestanti di Gaza. Carri armati contro bersagli mobili senza difesa, ragazzini in jeans e maglietta. Quindici morti in una sola giornata, 700 feriti anche nel replay, la settimana seguente. La minaccia di Hamas è reale? Quand’anche, esiste una parola come “sproporzione”, che passeggia nella storia tra diverse latitudini. Nel medioevo, la cavalleria occitanica schierata per proteggere i catari, perseguitati dai crociati nel sud della Francia, chiamò “desmisura” la ferocia gratuita dei vincitori. Oggi, in caso di guerra unilaterale, i media rispolverano un lessico novecentesco – l’America, la Francia, l’Inghilterra – come se davvero fossero coivolte intere nazioni, nei crimini “umanitari” di quegli eserciti. Lentamente, si va demistificando la retorica: fiori di saggi svelano che non esiste più una sola politica sovrana, un solo leader che prenda decisioni non dettate dall’oligarchia bancaria e mercantile che ha privatizzato Stati e governi. E ancora e sempre, ogni crimine viene prima annunciato in televisione con il consueto corredo di notizie false, da un potere smisuratamente egemone ma non onnipotente, che ha ancora paura che qualcuno di noi si alzi in pedi e dica: non sono d’accordo, non siete autorizzati ad agire a nome mio.Quanto è pericoloso l’Impero della Menzogna? Quante vittime produce, ogni ora, il sistema orwelliano basato sulle fake news criminali rilanciate a reti unificate, senza le quali non potrebbe essere scagliato nemmeno un missile? La farsa dell’orrore, copione strettamente seguito anche per l’ultimo raid “mirato e limitato” sulla Siria (ben attenti, gli attaccanti, a non sfiorare installazioni russe), dimostra almeno un risvolto positivo: chi preme quei fatali pulsanti ha ancora paura dell’opinione pubblica, se si premura di mentirle con tanto impegno. Lo afferma la giornalista Enrica Perucchietti, con alle spalle saggi sul terrorismo “false flag” e sulla propaganda di regime basata su notizie sistematicamente false: noi spettatori siamo rimasti probabilmente gli unici a non sapere quanto contiamo, visto che chi muove portaerei e impiega armi di distruzione di massa si preoccupa innanzitutto di raccontarci il contrario della verità, nel timore che qualcuno di noi si svegli dal letargo televisivo. E’ grazie al nostro sonno se i killer possono oggi presentarsi come giustizieri: gli Stati Uniti, che hanno scagliato decine di missili su obiettivi siriani alla periferia di Damasco, sono gli stessi che hanno trasformato la Siria in un inferno, armando i tagliagole jihadisti che hanno terrorizzato la popolazione, di fatto spingendola a stringersi attorno al regime di Assad, visto certamente come il male minore.
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Bestie di Satana, depistaggi: ridono i satanisti che contano
Quella delle Bestie di Satana è una delle vicende giudiziarie più importanti al mondo, in materia di satanismo. La “Bbc” definì questa storia una delle più scioccanti della storia d’Italia del dopoguerra. E’ importante per tanti motivi. Innanzitutto per il numero di omicidi attribuiti all’organizzazione: 4, per i quali ci sono state varie condanne, anche all’ergastolo, e altri 18 omicidi e/o sparizioni che, a torto o ragione, vengono attribuiti dai media, giornali e Tv, e dalla letteratura specifica, alla setta. Rilevante è anche il numero delle persone coinvolte: 9 persone, 9 condanne. Ergastolo per Paolo Leoni; due ergastoli per Nicola Sapone; 27 anni per Eros Monterosso e 29 per Marco Zampollo, 16 per Pietro Guerrieri, 20 ad Andrea Volpe, 16 a Mario Maccione e 23 ad Elisabetta Ballarin. La vicenda assume una rilevanza mondiale perché è uno dei pochissimi casi in cui viene condannata una setta satanica al completo. L’altro caso, anch’esso di rilevanza mondiale, fu il cosiddetto caso Manson, risalente al 1969. In altre parole, l’importanza di questo processo, già notevole di per sé, aumenta a maggior ragione se si tiene presente che chiunque si occupi di satanismo deve comunque avere a che fare con le “Bestie di Satana”, che entrano a buon diritto nella storia ufficiale del satanismo e dei serial killer, contribuendo a dare una fisionomia e un contorno a tutto questo settore specialistico.In tutti i libri specialistici su sette e serial killer c’è sempre uno spazio considerevole dato a questa organizzazione e ai suoi componenti. Le Bestie di Satana sono studiate da criminologi, esperti di satanismo, docenti, semplici appassionati, ma compaiono anche in testi che parlano di religione; ad esempio il “Dizionario delle religioni in Italia”, a cura di Massimo Introvigne e Pierluigi Zoccatelli, un’enciclopedia monumentale e dettagliatissima, dedica uno spazio abbastanza ampio alle Bestie di Satana; accanto quindi ai movimenti buddisti, induisti, e ovviamente cattolici, protestanti e ortodossi, e accanto ai gruppi di cosiddetta magia cerimoniale, o esoterici, come Templari, Golden Dawn, Oto, ecc., compaiono le Bestie di Satana. Peraltro, a seguito della rilevanza di questi fatti, si è aperto in tutto il mondo un dibattito sul rapporto tra satanismo e musica metal; psicologi, educatori, comitati di genitori, la Chiesa stessa tramite personaggi famosi come Padre Amorth, si sono mobilitati in dibattiti, manifestazioni, approfondimenti sul tema.Numerosi sono anche i libri dedicati alla setta: “I ragazzi di Satana”, di Offeddu e Sansa, pubblicato nel 2005; “Le Bestie di Satana”, a cura di Gabriele Moroni (il libro è uscito nel 2004, quando ancora il processo di primo grado non si era concluso, e in esso già si davano per colpevoli Monterosso, Zampollo e Leoni); “L’inferno tra le mani”, di Stefano Zurlo e Mario Maccione (il libro, uscito nel 2011, è la storia delle Bestie di Satana vista dalla personale ottica di uno dei “pentiti” della setta); “Le sette di Satana”, di Mario Spezi (altro libro curioso, uscito nel 2004; la particolarità del libro è data dal fatto che anch’esso esce prima della sentenza di primo grado; nel titolo la T della parola Satana è più grande delle altre, di color oro, e circondata da un’aura rossa, ciò che ricorda un po’ il simbolo dell’“Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro”). Tantissimi anche i programmi Tv, da “Chi l’ha visto” a “La linea d’ombra”, fino al recente “Mistero” su Italia Uno.Quando iniziai a occuparmi delle Bestie di Satana, ero già abituato a processi farsa in cui il colpevole additato dai media non c’entra assolutamente niente con le accuse che gli vengono addebitate e il responsabile è addirittura il magistrato inquirente, d’accordo con giornalisti e avvocati coinvolti a vario titolo nell’incastrare i malcapitati di turno (fenomeno, questo, che parte da Jack lo Squartatore e arriva fino al recente caso nostrano del Mostro di Firenze; ma ulteriori casi di innocenti assolutamente inconsapevoli sono il caso Cogne e quello di Erba) e pensavo che non mi sarei stupito di niente. Eppure anch’io sono partito con un preconcetto, purtroppo frutto del condizionamento mediatico: cioè sono partito dalla convinzione che almeno i ragazzi che avevano confessato, ovverosia Volpe, Maccione e Guerrieri, fossero responsabili. Il dubbio, se c’era, per me riguardava solo gli altri, a cui non era stata attribuita alcuna partecipazione materiale ai delitti, ma esclusivamente un concorso morale: Monterosso, Zampollo e Leoni. A parte invece deve essere considerata la figura di Sapone, che viene additato da Volpe e Maccione come l’esecutore e il mandante di tutti i delitti (tanto che lui si beccherà addirittura due ergastoli); ma mentre Leoni, Monterosso e Zampollo si dichiarano innocenti, Sapone semplicemente dichiara di “non ricordare nulla”.Misi quindi le mani alle carte processuali con questa idea di base e iniziai a scartabellare gli atti, a parlare con alcuni testimoni, e inoltre a dialogare con Paolo Leoni, oltre che con Marco Zampollo via lettera. Via via che procedevo con lo studio degli atti e dell’intera vicenda, mi rendevo conto che i fatti erano completamente diversi da come appaiono sui media. Di più. Tutta la vicenda è una completa montatura, ove i media hanno provveduto a romanzare e falsare una realtà processuale già falsa di per sé. Il che ha come risultato una conclusione molto semplice, ma al tempo stesso terrificante: nessuno dei ragazzi è coinvolto davvero in questa vicenda, perlomeno non nei termini in cui vengono presentati sui media. Alcuni sono completamente innocenti. Altri forse non lo sono del tutto, ma comunque non hanno commesso i fatti dei quali si autoaccusano. Non esisteva alcune setta satanica denominata Bestie di Satana, che è un’invenzione giornalistica. Non c’era alcun gruppo organizzato. Tutta la vicenda insomma è un immenso teatrino, che ha visto dei ragazzi completamente innocenti in carcere, mentre i veri colpevoli sono liberi; e, come accade nei migliori casi di cronaca nera di rilevanza mondiale, i veri colpevoli andrebbero ricercati altrove, tra persone altolocate, politici, magistrati, avvocati, e non tra una banda di ragazzi con un titolo di studio di terza media e senza né arte né parte. Esattamente, né più né meno, come accadeva nei delitti di Jack lo Squartatore, del Mostro di Firenze, e del femminicidio di Ciudad Juarez.Vediamo di raccontare quindi quello che molti di questa vicenda non sanno, precisando che la versione ufficiale, quella raccontata da tutti i media, la diamo per conosciuta. Chi non la conoscesse può consultare la voce di Wikipedia o uno qualsiasi dei siti in cui viene riassunta la storia delle Bestie di Satana, sempre uguale in ogni sito specialistico, senza mai alcuna voce discordante. Qui, in sintesi, ci limitiamo a dire che nel 2004 Andrea Volpe, Mario Maccione e Pietro Guerrieri, confessarono 4 omicidi: quelli di Fabio Tollis e Chiara Marino nel 1998; quello di Andrea Bontade sempre del 1998; e quello di Mariangela Pezzotta nel 2004. Questi tre ragazzi con le loro confessioni accusarono anche altri: Nicola Sapone, Paolo Leoni, Eros Monterosso e Marco Zampollo. Il primo fu accusato di aver partecipato a tutti e quattro i delitti come esecutore e mandante. Gli altri furono accusati di aver partecipato moralmente, di aver approvato l’operato della setta e di avere in qualche modo concordato i primi due omicidi. La verità? Quello che i media non hanno detto, e che mai diranno, è ciò che segue.La caratteristica più eclatante di tutto il processo è data dalla constatazione che l’intera versione di Maccione e Volpe è falsa. Anche nella parte in cui i due “pentiti” si autoaccusano dei delitti di Chiara Marino e Fabio Tollis, infatti, il racconto è platealmente inattendibile. Si evince dalla narrazione che la notte del delitto del 1998, Fabio Tollis e Chiara Marino vennero uccisi a colpi di coltello e di badile, in modo barbaro; non risulta però dai loro racconti che dopo l’omicidio i ragazzi si siano cambiati di abito e lavati dal sangue; secondo i loro racconti, invece, dopo aver seppellito i cadaveri, sarebbero rientrati in auto e tornati a casa, e i loro familiari non si sarebbero accorti di nulla. Di più. Mario Maccione, interrogato durante il processo, dirà che si era solamente macchiato i pantaloni; ma siccome indossava due paia di pantaloni, si limitò a levarsi il pantalone sporco (senza ricordare se lo avesse buttato o portato con sé). La versione viene confermata sempre da Maccione nel suo ultimo libro, “L’inferno tra le mani”, ove il ragazzo specifica che l’indomani si era svegliato al mattino con gli abiti puliti e il giubbotto di pelle intatto. Una cosa impossibile da realizzare, in un bosco, di notte. Uccidere barbaramente due persone in quel modo, infatti, significa imbrattarsi di sangue dalla testa ai piedi; significa che gli abiti sono non semplicemente sporchi, ma completamente inzuppati di sangue tanto da poterli strizzare come se fossero stati lavati. Quindi è impossibile rientrare in auto senza sporcare i sedili il volante, le portiere, in modo tale da non essere notati poi da chiunque.Di conseguenza, dopo un delitto simile, è necessario avere un luogo dove potersi lavare e cambiare degli abiti, che devono poi essere fatti sparire in una discarica o un altro posto simile, perché è difficilissimo mandare via il sangue dagli abiti. Già questo particolare basterebbe per invalidare tutta la ricostruzione di Volpe e Maccione, e per capire che è tutto assolutamente falso. Ma non è finita qui. Che la versione dei due “pentiti” sia falsa è dimostrato anche dall’incredibile numero di particolari discordanti nelle loro versioni dei fatti; entrambi infatti non sono d’accordo quasi su nulla, e forniscono versioni differenti su chi sedeva davanti e chi dietro, su chi avrebbe sferrato il primo colpo, sul momento in cui avrebbero indossato i guanti di lattice che furono poi trovati nella fossa di Chiara Marino e Fabio Tollis, sulle modalità con cui convinsero Fabio e Chiara a salire in auto, ecc. Addirittura non sono d’accordo neanche sul movente dei primi due omicidi. Inverosimile poi è che i ragazzi abbiano potuto trovare la strada per arrivare alla tomba precedentemente scavata, nel bosco e di notte, e che Fabio e Chiara non si siano insospettiti a vedere i loro “amici” portare con loro coltelli, guanti, pale.Infine, pochi sanno che nell’ansia accusatoria, e a processo finito, Andrea Volpe accuserà Nicola Sapone e Paolo Leoni di un altro omicidio, quello di Andrea Ballarin avvenuto nel 2004, autoaccusandosi dello stesso reato; si scoprirà che Sapone il giorno del delitto era in vacanza a Cuba e Volpe verrà processato per calunnia, perché confesserà di essersi inventato tutto. Risultato: sparisce la cassetta con la registrazione dell’interrogatorio di Volpe. E Volpe viene assolto. E nessuno, né giornalisti né magistrati, si interrogano sul motivo per cui Volpe avrebbe mentito su un fatto così grave; a nessuno viene il dubbio che se una persona mente in questo modo, forse potrebbe aver mentito anche sul resto. A nessuno viene in mente di ascoltare e interrogare gli altri condannati, per sentire la loro versione, che potrebbe essere importante per la ricostruzione dell’intera vicenda. No. Al contrario, Volpe continua a comparire in Tv, ad essere interrogato, e magari prima o poi scriverà un libro; le Tv mandano addirittura in onda un “confronto” tra il padre di una delle vittime, Michele Tollis, e lo stesso Volpe, che si incontrano per un colloquio davanti alle telecamere. Mentre continua a regnare il silenzio sulle versioni fornite da Leoni, Zampollo e Monterosso.Nessuno, soprattutto, si interroga per capire se dietro a tutto questo ci siano dei mandanti, ci sia una regia, non essendo possibile che una persona arrivi addirittura ad inventarsi un omicidio mai commesso per mera voglia di protagonismo, o per gioco. Sempre lo stesso Volpe in un’intercettazione dirà: «Se la gente mi infogna io tiro dentro un sacco di gente, mi invento nomi a palla… a quel punto credono a me». Nonostante ciò, Volpe verrà ritenuto “attendibile”. E ancora, dai vari mass media, continua ad essere ritenuto fonte attendibile sol perché si è autoaccusato. Attendibile viene ritenuto anche Maccione, nonostante nel suo libro “L’inferno tra le mani” dica a più riprese di non ricordare mai nulla perché era sempre strafatto di droga (cosa che invece negli atti processuali è stata smentita da Volpe, il quale dice che erano lucidissimi). Tutto il libro è, in pratica, un racconto con un unico leit motiv: io non volevo, e se ho partecipato è perché sono stato costretto, e in ogni occasione ero drogato, quindi non ricordo bene. Sempre Maccione dice che le Bestie di Satana hanno ucciso circa 18 persone tra Milano e Varese. Tra queste 18 persone ci sarebbero Doriano Molla (trovato ucciso con un filo elettrico al collo; la procura archivierà come suicidio quello che è un evidente omicidio), Christian Frigerio (scomparso e mai ritrovato), Andrea Ballarin (trovato impiccato), Stefano Longone e altri: 18 persone di cui non ricorda il nome, il luogo, le modalità della morte.Una delle cose più impotranti da sottolineare in tutta questa vicenda è che non è mai esistita nessuna setta satanica. Infatti il tribunale ha escluso l’associazione a delinquere e nessuno dei ragazzi è stato condannato in base all’articolo 416 del codice penale. Nel “Dizionario dei serial killer” a cura di Ruben De Luca, invece, viene presentata addirittura la struttura della setta e i metodi di reclutamento. La fonte dell’autore? Il “Corriere della Sera”. Anche il nome Bestie di Satana è un’invenzione. Racconta Maccione che il nome fu dato al gruppo un giorno che si trovarono a fare un rito in una casa abbandonata; un nome dato per caso, inventato lì per lì. Ma un gruppo organizzato, in particolare una setta satanica, che ha l’onore di comparire addirittura in un dizionario delle religioni, deve avere dei libri di testo, dei riti di iniziazione, delle regole precise, dei gradi. Altrimenti non è una setta, non è una religione, ma è solo, al massimo, un gruppo di sbandati senza un’ideologia. Nulla di nulla è emerso dagli atti del processo. Anzi, a domanda precisa, i “rei confessi” Volpe e Maccione hanno risposto che non ricordavano alcun rituale, alcuna formula e non avevano alcun libro di testo; anzi, non sapevano neanche la differenza tra plenilunio, novilunio, e luna piena.Messo alle strette, Maccione dirà che avevano un libro di testo, il “Necronomicon”; peccato però che questo libro sia un romanzo di Lovecraft, e non un testo satanico. Inoltre le decisioni di questa fantomatica setta venivano prese addirittura in luoghi aperti al pubblico, in mezzo alla folla; la decisione di uccidere Chiara Marino e Fabio Tollis, ad esempio, sarebbe stata presa alla Fiera di Sinigallia, un mercatino delle pulci, in stile Porta Portese, affollato più o meno come una metropolitana all’ora di punta. Non è mai esistito alcun capo. I giornali hanno riportato in genere come capo della setta Paolo Leoni. Ma nessuno dei ragazzi che hanno “confessato” ha mai additato Paolo Leoni come il vero capo. O meglio, di volta in volta è stato additato (ma dai giornali) Nicola Sapone, talvolta Maccione, mentre di recente, nel suo libro “L’inferno tra le mani”, lo stesso Maccione dice che “la mente del gruppo era Zampollo”, e sempre nello stesso libro Paolo Leoni viene indicato come una sorta di idiota che sbavava di invidia perché non partecipava mai agli omicidi in prima persona. In altre parole, Mario Maccione nel suo ultimo libro smentisce il ruolo di capo di Leoni.In alcuni articoli di giornale come capo della setta viene indicato Andrea Volpe. La verità è che negli atti processuali si legge che le decisioni venivano prese collegialmente e non c’era una vero capo. Una strana setta, quindi, senza un capo, se non per i giornali. Paolo Leoni riesce a dimostrare che il giorno in cui – a detta di Volpe e Maccione – venne presa la decisione di uccidere Fabio e Chiara, era in realtà al lavoro; ma i giudici riterranno irrilevante la circostanza. Ci sarebbe molto altro da dire, ma per gli approfondimenti rimandiamo alla lettura degli atti processuali. Brevemente: testimoni che cambiano versione continuamente; testimoni che si contraddicono a vicenda; testimoni a favore che non vengono considerati; prove a discarico non ammesse e non considerate; la mancanza di un movente per il delitto di Fabio e Chiara (di volta in volta verrà detto che il movente erano i soldi, o il fatto che Chiara fosse “la Madonna” e dovesse essere uccisa perché una setta satanica doveva sopprimere una figura così pura, o il fatto che Chiara forse volesse parlare; addirittura Maccione sostiene nel suo ultimo libro la bizzarra tesi secondo cui Chiara e Fabio volessero essere uccisi di loro spontanea volontà). E poi, immancabile in tutti i delitti di rilevanza mediatica, la mancanza dell’arma del delitto.Alla luce di tutto ciò non stupisce più di tanto che i libri usciti sulle Bestie di Satana siano tutti datati 2004 e 2005 – tranne l’ultimo scritto da Mario Maccione e Stefano Zurlo – cioè in un periodo antecedente al processo, quando le indagini erano ancora in corso. Il motivo è abbastanza semplice: qualunque giornalista dovesse oggi avvicinarsi a questo tema e leggere gli atti processuali, si troverebbe davanti una realtà completamente diversa rispetto a quella prospettata da giornali e Tv e inevitabilmente scoperchierebbe un calderone di proporzioni immani. Non a caso uno dei pochi giornalisti che hanno provato a proporre una tesi alternativa fu Alberto Ballarin, padre di Elisabetta, che scrisse un libro dal titolo “Satanisti della mutua”, ma morì prima che il libro potesse uscire in stampa. In conclusione, la vicenda delle Bestie di Satana è una delle tante farse giudiziarie che servono ad intrattenere gli spettatori della Tv, affinché non si informino mai sulla realtà attorno, e a depistare chi studia, o anche i semplici appassionati, da quello che è il vero satanismo. Il vero satanismo è un fenomeno organizzato e diffuso su scala mondiale; che coinvolge alti politici, imprenditori, avvocati, magistrati, giornalisti, professionisti di ogni risma; che vede ogni anno solo in Italia la morte di centinaia di bambini e la scomparsa nel nulla di tante persone.Alcune di queste organizzazioni sono addirittura ufficiali. Hanno dei loro siti, i loro libri di testo, i loro seguaci in ogni parte del mondo: la Chiesa di Satana di Anton La Vey; il Tempio di Seth di Michael Aquino. Queste organizzazioni sono serie, pericolose e organizzate, avendo appoggi nei presidenti americani o di Stati europei, potendo contare sull’appoggio di forze di polizia, carabinieri, magistratura; alcune indagini, come quelle relative al caso Dutroux, sono arrivate a lambire i reali del Belgio, famiglie nobili, cardinali, politici. I libri di queste organizzazioni sono talvolta in libera vendita nelle librerie esoteriche. Purtroppo, a fronte della disinformazione sul vero satanismo, l’informazione ufficiale continua a presentarci il satanismo come un fenomeno dovuto ad alcuni metallari con la terza media e senza un lavoro fisso, per continuare a nascondere quello che avviene ogni giorno sotto i nostri occhi. Per nascondere, ad esempio, un caso come quello del magistrato Paolo Ferraro, il Pm della procura di Roma che, incappato in una vera setta satanica, che aveva radici in ambito militare, è stato destituito nel giro di poche ore per infermità mentale dal suo lavoro di magistrato. Di Paolo Ferraro però i mass media non parlano. Di Paolo Leoni, Eros Monterosso e Marco Zampollo sì.(Paolo Franceschetti, estratto da “Le Bestie di Satana: la verità”, pubblicato su “Petali di Loto” sulla base di un post precedente, del 10 gennaio 2012. Franchetti studiò il caso dopo esser stato chiamato in causa, come legale, da alcuni dei ragazzi condannati: «Avvocato, ci aiuta a capire perché siamo in carcere? Non abbiamo ammazzato nessuno». Indagatore dei misteri italiani, Franceschetti ha anche ricostruito un quadro simbologico della vicenda: i cognomi di alcuni dei giovani arrestati – Leoni, Zampollo e Volpe, così come il nome di Tollis, Michele – richiamerebbero i personaggi dell’Apocalisse di Giovanni; Franceschetti rileva che l’anno di massima esposizione mediatica del caso, il 2004, fu quello segnato dalla firma del Trattato di Lisbona, la famigerata “Costituzione europea” redatta dall’oligarchia finanziaria e concepita come strumento di vessazione di massa, per mezzo dell’austerity).Quella delle Bestie di Satana è una delle vicende giudiziarie più importanti al mondo, in materia di satanismo. La “Bbc” definì questa storia una delle più scioccanti della storia d’Italia del dopoguerra. E’ importante per tanti motivi. Innanzitutto per il numero di omicidi attribuiti all’organizzazione: 4, per i quali ci sono state varie condanne, anche all’ergastolo, e altri 18 omicidi e/o sparizioni che, a torto o ragione, vengono attribuiti dai media, giornali e Tv, e dalla letteratura specifica, alla setta. Rilevante è anche il numero delle persone coinvolte: 9 persone, 9 condanne. Ergastolo per Paolo Leoni; due ergastoli per Nicola Sapone; 27 anni per Eros Monterosso e 29 per Marco Zampollo, 16 per Pietro Guerrieri, 20 ad Andrea Volpe, 16 a Mario Maccione e 23 ad Elisabetta Ballarin. La vicenda assume una rilevanza mondiale perché è uno dei pochissimi casi in cui viene condannata una setta satanica al completo. L’altro caso, anch’esso di rilevanza mondiale, fu il cosiddetto caso Manson, risalente al 1969. In altre parole, l’importanza di questo processo, già notevole di per sé, aumenta a maggior ragione se si tiene presente che chiunque si occupi di satanismo deve comunque avere a che fare con le “Bestie di Satana”, che entrano a buon diritto nella storia ufficiale del satanismo e dei serial killer, contribuendo a dare una fisionomia e un contorno a tutto questo settore specialistico.
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Grimaldi: droga, terrore e migranti, ecco il piano del potere
Tre sono le grandi operazioni con cui la cupola finanzcapitalista persegue nel terzo millennio il dominio totalitario politico, militare, economico e culturale sull’umanità. Lo Stato unico della sorveglianza e del controllo senza spiragli o crepe. Hanno tutte origine nel cosiddetto riflusso degli anni ’80 del Novecento, risposta all’onda insurrezionale del decennio precedente e prodromo dell’offensiva scatenata vent’anni dopo, a partire dalla “normalizzazione-passivizzazione” delle coscienze e dei saperi con gli strumenti hi-tech degli apprendisti stregoni di Silicon Valley. La diffusione della droga per la guerra alla droga; la diffusione del terrorismo per la guerra al terrorismo; la migrazione di massa finalizzata a un unico superstato che persegue la distruzione di ogni statualità attraverso la creazione di masse, estratte dal proprio contesto storico, omologate dall’abbandono, dalla disperazione, dalla perdita di anima e nome collettivi e da un destino di subalternità irrimediabile. Strategia di distruzione dei diritti umani (intesi come libertà, riservatezza, lavoro, autonomia, rapporti sociali), se va bene sostituiti da diritti detti civili (per lo più intesi come superamento di quelli biologici) e dal diritto di muovere guerra e distruzione a chi si pretende di accusare di violazione dei diritti umani.
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Magaldi: serve ben altro che il taglio (irrisorio) dei vitalizi
Non penseranno di cavarsela con la burletta dei famosi vitalizi, vero? Ben altre prove – assai più decisive, per il popolo italiano, di quei quattro spiccioli destinati agli ex parlamentari – attenderebbero Di Maio e Salvini, nel caso dessero un taglio ai minuetti e provassero a dar vita a qualcosa che assomigli ad un governo. A oltre un mese dal voto, sarebbe ora di darsi da fare: lo dice persino un compassato gentleman come Paolo Mieli, uno dei signori del mainstream italico, la tribuna vip che accolse Mario Monti come un salvatore della patria, Enrico Letta come il naturale successore e il suo “killer” Matteo Renzi come un formidabile rinnovatore, anche lui benedetto dagli stessi dèi. Ora è di scena l’ex impresentabile Di Maio: che aspetta a muoversi, onde annunciare poi a Mattarella di avere in tasca i numeri vincenti? Dopo il voto, lo stesso Mieli era tra quanti la prendevano con calma: tempo al tempo, nella speranza forse che il Pd si decidesse a dare udienza ai 5 Stelle. Ma ora l’intervallo sta scadendo. O meglio, dice Mieli, onnipresente nei talk-show: quei due hanno “spaccato” con argomenti forti, anzi fortissimi. Reddito garantito, tasse tagliate alla radice. Vogliamo cominciare a ragiornare, seriamente, per capire da che parte cominciare?Siamo nel mezzo di una torbida palude, dice un osservatore indipendente come Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché fustigatore pubblico della massoneria più onnipotente, il regno misterioso delle superlogge-ombra come quelle in cui milita George Soros, che firmerà un contributo speciale nel sequel di “Massoni”, saggio di prossima uscita. Già nel primo volume, Magaldi sostiene che l’Italia sia un campo di battaglia decisivo, riguardo al futuro dell’Europa, anche per il mondo esclusivo delle Ur-Lodges: da una parte la fazione dominante, reazionaria, che ha impugnato la clava del rigore finanziario demolendo benessere e diritti, e dall’altra i progressisti, riemersi dall’ombra con Bernie Sanders alle primarie americane e con Jeremy Corbyn alla guida dei laburisti inglesi. La Francia? Dopo la grande delusione di François Hollande, sponsorizzato dalla “Fraternité Verte”, all’Eliseo è tornata una pedina dell’oligarchia destrorsa, il finto outsider Emmanuel Macron, sorretto dalla supermassoneria neo-aristocratica – che infatti annuncia tagli devastanti al welfare e storiche mutilazioni del pubblico impiego. “En Marche”, ma dalla parte opposta: quella raccomandata dall’élite cha trasformato l’Unione Europea in un bagno penale per “popoli superflui”, per usare un’espressione di Marco Della Luna.Siamo nella palude, dice Magaldi a “Color Radio”, ma non è detto che dal fango fertile non nasca qualche fiore. Purché, appunto, non si monti una gazzarra fuorviante sulla quisquilia dei vituperati vitalizi, pari a zero nel bilancio delle cose che contano davvero. Per esempio: reddito di cittadinanza e scure sulle tasse. Post-keynesiano come Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, Magaldi tiene ai suoi distinguo: non è saggio pensare a un’assistenzialismo permanente, né a una Flat Tax come quella promessa da Salvini in campagna elettorale, con l’aliquota al 15%. Ma il reddito pentastellato è qualcosa di diverso: se ben amministrato, può essere un ammortizzatore molto utile, almeno in via temporanea. Beninteso: è il lavoro, il faro della riscossa del paese. E la leva strategica sono gli investimenti pubblici, destinati alle imprese private. Non si contano le infrastrutture ormai cadenti cui mettere mano, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Idem, le tasse: passi la boutade elettorale del 15%, ma non è pensabile che si continui a taglieggiare le aziende, messe in croce da uno Stato che sa essere efficiente solo quando veste i panni di esattore. Sono argomenti forti, quelli sul tappeto. L’importante è cominciare a spacchettarli: soccorso finanziario a chi è nei guai, e riduzione netta della tassazione. Si farà sul serio? Sappiano, i vincitori del 4 marzo, che l’Europa li sta guardando – insieme agli italiani che li hanno votati.Non pensino di cavarsela con la burletta dei famosi vitalizi. Ben altre prove – assai più decisive, per il popolo italiano, di quei quattro spiccioli destinati agli ex parlamentari – attenderebbero Di Maio e Salvini, nel caso dessero un taglio ai minuetti e provassero a dar vita a qualcosa che assomigli ad un governo. A oltre un mese dal voto, sarebbe ora di darsi da fare: lo dice persino un compassato gentleman come Paolo Mieli, uno dei signori del mainstream italico, la tribuna vip che accolse Mario Monti come un salvatore della patria, Enrico Letta come il naturale successore e il suo “killer” Matteo Renzi come un formidabile rinnovatore, anche lui benedetto dagli stessi dèi. Ora è di scena l’ex impresentabile Di Maio: che aspetta a muoversi, onde annunciare poi a Mattarella di avere in tasca i numeri vincenti? Dopo il voto, lo stesso Mieli era tra quanti la prendevano con calma: tempo al tempo, nella speranza forse che il Pd si decidesse a dare udienza ai 5 Stelle. Ma ora l’intervallo sta scadendo. O meglio, dice Mieli, onnipresente nei talk-show: quei due hanno “spaccato” con argomenti forti, anzi fortissimi. Reddito garantito, tasse tagliate alla radice. Vogliamo cominciare a ragiornare, seriamente, per capire da che parte cominciare?
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Massoni: pressing sul Pd, via Renzi e alleanza con Di Maio
Fortissime pressioni massoniche sul Pd per archiviare Renzi e puntare all’abbraccio con Di Maio, a sua volta in attesa di essere accolto dalla supermassoneria internazionale alla quale ha bussato. Lo scenario verso il quale premono i poteri forti, l’alleanza tra Pd e 5 Stelle, sarebbe perfetto per Salvini, che – dall’opposizione – continuerebbe indisturbato a spolpare Forza Italia, accreditandosi come leader unico del centrodestra. Il problema? Si chiama Matteo Renzi: non è facile farlo fuori. Parola di Gianfranco Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Dal giorno dopo le elezioni – ricorda Carpeoro, saggista e attento osservatore della situazione italiana – ho detto che non si sarebbe andato da nessuna parte, se non facendo delle acrobazie istituzionali non solo inutili, ma dannose per il paese». Un mese dopo, ribadisce il concetto: l’unica cosa seria da fare, dice, sarebbe varare un governo destinato a durare solo 90 giorni. Un esecutivo di scopo, sostenuto da tutti i partiti, con un unico obiettivo: cambiare la legge elettorale, reintroducendo il premio di maggioranza. «Chi vince, anche di poco, deve poter governare. E’ un problema pratico, non ideologico. Bisogna uscire da questa ipocrisia assoluta, imposta dalla Corte Costituzionale, per la quale il premio di maggioranza nel 90% dei casi è illegittimo. Basta: chi vince, governi».Di Maio oggi parla di Pil e mercati, equilibrio di bilancio e rispetto dei parametri europei? «Cos’altro aspettarsi, da Di Maio?». Per Carpeoro, il leader dei 5 Stelle «sta cercando di farsi accogliere nella Ur-Lodge dove si è proposto». Quale? «Se posso fare una previsione, dovrebbe essere la “Three Eyes”», ovvero la superloggia storica della destra reazionaria, incarnata per decenni da figure di vertice del massimo potere mondiale come Kissinger, Rockefeller e Brzezinki, incluso – secondo Gioele Magaldi – lo stesso Giorgio Napolitano. Secondo l’autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), della “Three Eyes” fanno parte anche Mario Draghi nonché Christine Lagarde del Fmi, in compagnia di esponenti dell’élite italiana come Gianfelice Rocca (Techint e Assolombarda), il top manager Giuseppe Recchi, Marta Dassù di Finmeccanica, il banchiere Enrico Tommaso Cucchiani, l’economista Carlo Secchi e Federica Guidi, già ministro dello sviluppo economico del governo Renzi. Questo il salotto buono al quale, secondo Carpeoro, avrebbe chiesto asilo il candidato premier dei 5 Stelle. «Dieci giorni prima delle elezioni – ricorda – Di Maio è andato a parlare col mondo finanziario di Londra, che è quello che organizza i grandi complotti e le grandi speculazioni».Un progetto partito da lontano, il ruolo di Di Maio come “cavallo di Troia” del grande potere? Anche no: la sua leadership è emersa strada facendo. Il grande momento del Movimento 5 Stelle «ha portato Di Maio a essere un personaggio esteticamente opportuno per fare quest’operazione». E come avrebbe fatto, l’ex steward dello stadio di Napoli, ad avvicinare il mondo supermassonico delle Ur-Lodges? Ha sempre avuto alle spalle Casaleggio, sottolinea Carpeoro. «In fin dei conti, Casaleggio è uno che ha progettato il Nuovo Ordine Mondiale: guardatevi i suoi documenti, i filmati». Beninteso: «Mica è una parolaccia, il Nuovo Ordine Mondiale: dipende da come lo fai, può essere anche una cosa non necessariamente drammatica». La storia dell’uomo, aggiunge Carpeoro, è fatta di epoche di ordine e epoche di disordine: è strano, eppure «si somigliano sempre sinistramente, l’ordine e il disordine». Carpeoro ne parla nel libro “Summa Symbolica”, di cui sta per uscire il secondo volume: «Non essendo possibile un ordine assoluto, tutto finisce per essere un ordine». Gianroberto Casaleggio? «Era un mistico, quindi ha disegnato il progetto di una società perfetta, a suo avviso. E aveva un socio – Enrico Sassoon – che faceva parte di una Ur-Lodge». Carpeoro diffida, dei progettisti di mondi perfetti: «Nessuno fa più danni di chi pensa di fare il bene degli altri: Hitler era uno così, no?».Ora i giornali dicono che l’alleanza tra Pd e 5 Stelle sarebbe una falsa pista, mentre il vero obiettivo di Di Maio sarebbe l’intesa con Salvini? Favole: «Di Maio sa che non potrà mai fare un’alleanza con Salvini, a meno di non considerare Salvini un idiota», taglia corto Carpeoro. La ragione è ovvia: «Salvini è motivato a essere il leader del centrodestra. Automaticamente, se scaricasse gli altri per fare da stampella a Di Maio, non potrebbe mai più essere il leader del centrodestra (lo dimostrano tutti i casi precedenti: Fini, Casini, Follini)». Il capo della Lega, aggiunge Carpeoro, sa perfettamente che in un governo coi 5 Stelle andrebbe a fare il passacarte. Molto meglio, per lui, essere il leader dell’opposizione. Quindi, Salvini propone a Di Maio di accettare anche Forza Italia, mettendosi alla pari con il centrodestra. Ipotesi abbastanza impercorribile: «Se Di Maio accettasse, l’idiota sarebbe lui». Non resta che l’altra sponda, il Pd, che in questo momento sta subendo «fortissime pressioni – paramassoniche, massoniche, internazionali – per cambiare la sua posizione e archivare Renzi». Ma eliminare l’ex premier è difficile: «Renzi si è cautelato, ha il predominio numerico sul partito: se si fanno le primarie, le rivince lui». E soprattutto: senza più Renzi, il Pd teme di poter scomparire. «Ne va della sua sopravvivenza politica». Vie d’uscita? Una sola, per Carpeoro: un governo che duri solo tre mesi. Obiettivo: voto anticipato, con una nuova legge elettorale che garantisca il governo di un vincitore sicuro.Fortissime pressioni massoniche sul Pd per archiviare Renzi e puntare all’abbraccio con Di Maio, a sua volta in attesa di essere accolto dalla supermassoneria internazionale alla quale ha bussato. Lo scenario verso il quale premono i poteri forti, l’alleanza tra Pd e 5 Stelle, sarebbe perfetto per Salvini, che – dall’opposizione – continuerebbe indisturbato a spolpare Forza Italia, accreditandosi come leader unico del centrodestra. Il problema? Si chiama Matteo Renzi: non è facile farlo fuori. Parola di Gianfranco Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Dal giorno dopo le elezioni – ricorda Carpeoro, saggista e attento osservatore della situazione italiana – ho detto che non si sarebbe andati da nessuna parte, se non facendo delle acrobazie istituzionali non solo inutili, ma dannose per il paese». Un mese dopo, ribadisce il concetto: l’unica cosa seria da fare, dice, sarebbe varare un governo destinato a durare solo 90 giorni. Un esecutivo di scopo, sostenuto da tutti i partiti, con un unico obiettivo: cambiare la legge elettorale, reintroducendo il premio di maggioranza. «Chi vince, anche di poco, deve poter governare. E’ un problema pratico, non ideologico. Bisogna uscire da questa ipocrisia assoluta, imposta dalla Corte Costituzionale, per la quale il premio di maggioranza nel 90% dei casi è illegittimo. Basta: chi vince, governi».
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Giannuli: i 5 Stelle guastati dal potere che volevano battere
C’eravamo tanto amati. O meglio: rispettati e stimati, in vista di un futuro che però non è sbocciato. Ora siamo all’addio: «Scusate, scendo a questa fermata». Il pullman è a 5 Stelle, il conducente è Di Maio. L’ex passeggero deluso risponde al nome di Aldo Giannuli: scende dal carro sul quale in tanti, oggi, fanno a gara a salire. Storico e politologo, un passato militante da post-comunista, Giannuli è uno dei pochi intellettuali di sinistra indipendenti, non ostili ai grillini. Anzi, fin da subito si era schierato – con simpatia dichiarata – tra gli “osservatori amici” del grande test rappresentato dal Movimento 5 Stelle. Fine dell’illusione, anche se – chiarisce l’interessato nel suo blog – il M5S «ha tre meriti storici che nessuno può negare: aver abbattuto il falso bipolarismo Fi-Pd, aver posto in termini politici e non solo giornalistici il tema della casta e aver impedito che la protesta che stava montando sfociasse in movimenti di estrema destra come Alba Dorata o il Front National». Per queste ragioni, sottolinea il professore, non è affatto pentito di aver «costeggiato e appoggiato il M5S – pur senza mai entrare a farne parte – dal 2013 ad oggi». Niente sconti, comunque, nemmeno in precedenza: «Non ho mai evitato di criticare singoli aspetti o scelte del movimento che, però, complessivamente ho sempre difeso». Come i lettori del suo blog hanno potuto constatare, però, negli ultimi due anni, i motivi di dissenso sono andati crescendo.Le critiche di Giannuli si sono fatte più frequenti e forse più aspre, per cui non è stato un caso che nelle recenti elezioni politiche, alla Camera non ha votato 5 Stelle ma “Potere al Popolo”. «Non sono io che mi sono man mano allontanato dal M5S: io sono rimasto fermo, è il M5S che ha preso altre strade». Per esempio, la guida “carismatica” dell’uomo solo al comando. «Il M5S al quale mi ero avvicinato era quello dell’“uno vale uno” che, pur non senza contraddizioni anche evidenti, rifiutava l’idea di un capo politico che decidesse tutto». In quelle “contraddizioni anche evidenti”, Giannuli evita di nominare Grillo, il designatore di Di Maio; non che ai tempi di Beppe, cioè quando sulla scena stava l’ex comico, contasse davvero l’“uno vale uno”: bastava un sospiro del Capo per esiliare chiunque avesse osato ragionare con la propria testa, da Pizzarotti in giù. Comunque la si veda, secondo Giannuli, le cose sono ulteriormente peggiorate: «Oggi, nel movimento vige un regolamento che nessuno ha mai approvato e che dà pieni poteri al capo politico, sino al punto di dargli la possibilità di nominare i capigruppo parlamentari non più eletti (cosa che non ha precedenti nella storia del Parlamento repubblicano)».Aggiunge Giannuli: «Il M5S al quale mi ero avvicinato parlava di democrazia diretta, anche con un’enfasi eccessiva che si traduceva in un discutibile rifiuto della democrazia rappresentativa; oggi di democrazia diretta non si parla più ed è restato solo un antiparlamentarismo ancora più inquietante di ieri». Nostalgia dichiarata: «Il M5S cui mi ero accostato miscelava temi di destra (come l’ostilità verso gli immigrati) con temi di sinistra (come la difesa dell’articolo 18) ma aveva una decisa avversione ai poteri finanziari (ricordiamoci le partecipazioni di Grillo alle assemblee degli azionisti Telecom)». Oggi invece Di Maio «dice che i governi devono tener conto dell’orientamento dei mercati finanziari». Sta cadendo un velo che in realtà esisteva già prima: Giannuli non se n’era accorto? «Il M5S con il quale iniziai a collaborare – aggiunge – si schierò decisamente per la legge elettorale proporzionale e contro la riforma renziana della Costituzione in difesa della Costituzione repubblicana del 1948». L’edizione più recente del movimento, invece, «ha fatto non poche concessioni nel dibattito sulla legge elettorale (in particolare quando si parlò di metodo tedesco) e, con ogni evidenza, si appresta a sostenere il ritorno ad una qualche forma di maggioritario».Quanto alla Costituzione, la pretesa di avere la presidenza del Consiglio sulla base della maggioranza relativa ottenuta nel voto per l’elezione della Camera «è solo la premessa logica di una riforma di indirizzo presidenziale», sostiene Giannuli. «Ma allora, perché ci si è opposti alla riforma di Renzi?». Il professore ha combattuto il ras del Pd in quel referendum perché era «contrario alla sua riforma», non per fini reconditi. «Mi viene il dubbio – dice – che qualche altro ha combattuto quella riforma solo perché voleva togliere di mezzo Renzi». Di fatto, ribadisce Giannuli, cinque anni fa il Movimento 5 Stelle «entrò nelle stanze del potere per ribaltarle», mentre quello oggi capitanato da Di Maio «non si sottrae all’abbraccio mortale del potere consolidato». Non hanno cambiato il potere, scandisce il professore: al contrario, è il potere che ha cambiato loro. «Non sono mai le persone a fare progetti di potere: è il potere che fa progetti sulle persone», sostiene il saggista Gianfranco Carpeoro, altro estimatore della base grillina – ma severo censore del vertice: «Di Maio – dice – era la peggior scelta possibile, per i 5 Stelle: un uomo inconsistente e condizionato dalla finanza anglosassone, sovragestito da un personaggio ambiguo come il politologo statunitense Michael Ledeen, supermassone del B’nai B’rith, legato ad ambienti sionisti del massimo potere mondiale, specialisti in manipolazione geopolitica».Visto dal punto di vista di Giannuli (che, a differenza di Carpeoro, con i 5 Stelle ha interagito direttamente) il paesaggio è ingombro di macerie: «Il M5S con cui ho collaborato – racconta il professore – fece un’epica battaglia parlamentare contro la “riforma” della Banca d’Italia che ne faceva dono alle principali banche nazionali. La legge prevedeva tre anni di tempo per mettere sul mercato le azioni possedute in eccesso dai pochi oligopolisti, il limite è scaduto nel 2017 senza che sia avvenuto niente: e il M5S non dice niente, preferendo posare occhi vogliosi sulla Cassa Depositi e Prestiti, in perfetto stile “spoil system”. Certo, sin qui è stata gestita malissimo, ma quale è il rimedio? Piazzare qualche amico? Non so». Altrettanto preoccupante il rapporto con Bruxelles, capitale dell’austerity: «Oggi non solo non si parla proprio più di uscita dall’euro – scrive Giannuli – ma si fa dell’oltranzismo filo Ue, e si prospetta l’adesione al gruppo più eurista del Parlamento Europeo, “En Marche”». Il movimento grillino delle origini si diceva “né di destra né di sinistra”, certo, «ma in realtà ospitava nel suo seno sia destra che sinistra», rileva il politologo. E oggi? «Quella ambiguità è sciolta», ma nel modo peggiore: «Pur continuando a dirsi né di destra né di sinistra, il Movimento sta imboccando una strada decisamente di destra».Fatemi scendere, dice Giannuli. E spiega: «Io ero e sono sempre rimasto di sinistra», dunque la convergenza verso lo “xenofobo” Salvini sarebbe quanto mai indigesta. «Potevo convivere con l’ambiguità iniziale, ma non con una cosa esplicitamente di destra». Dopo aver lungamente tollerato la non-chiarezza dei grillini, ora Giannuli vota contro la spiacevole franchezza di Di Maio e soci. Per cui, aggiunge, non stupitevi: «Sapete che sono anticonformista». Ovvero: «In un paese in cui (quasi) tutti salgono sul carro del vincitore, io scelgo di scendere». Precisa: «Sarò grato ai conduttori televisivi che non mi presenteranno più come “vicino al Movimento 5 stelle” ma come persona “che è stata a lungo vicina al M5S». Intendiamoci, niente di personale: «Nessuna acrimonia e nessuna ostilità preconcetta». Distacco nel giudizio, serena equanimità: «Quando il M5S farà scelte condivisibili lo difenderò, quando ne farà di segno opposto lo criticherò». Ma sempre nel merito, assicura Giannuli. Perché, «nonostante tutto», cioè malgrado Di Maio, il Movimento 5 Stelle «è ancora oggi una importante risorsa per il paese». E quindi «sarebbe altamente auspicabile che correggesse questa discutibile rotta». Benvenuto tra noi, potrebbero dire a Giannuli alcuni milioni di italiani, tra il 27% degli aventi diritto, che il 4 marzo hanno valutato inevitabile l’astensionismo elettorale, dopo aver visto Di Maio inchinarsi ai santuari della finanza-canaglia.C’eravamo tanto amati. O meglio: rispettati e stimati, in vista di un futuro che però non è sbocciato. Ora siamo all’addio: «Scusate, scendo a questa fermata». Il pullman è a 5 Stelle, il conducente è Di Maio. L’ex passeggero deluso risponde al nome di Aldo Giannuli: scende dal carro sul quale in tanti, oggi, fanno a gara a salire. Storico e politologo, un passato militante da post-comunista, Giannuli è uno dei pochi intellettuali di sinistra indipendenti, non ostili ai grillini. Anzi, fin da subito si era schierato – con simpatia dichiarata – tra gli “osservatori amici” del grande test rappresentato dal Movimento 5 Stelle. Fine dell’illusione, anche se – chiarisce l’interessato nel suo blog – il M5S «ha tre meriti storici che nessuno può negare: aver abbattuto il falso bipolarismo Fi-Pd, aver posto in termini politici e non solo giornalistici il tema della casta e aver impedito che la protesta che stava montando sfociasse in movimenti di estrema destra come Alba Dorata o il Front National». Per queste ragioni, sottolinea il professore, non è affatto pentito di aver «costeggiato e appoggiato il M5S – pur senza mai entrare a farne parte – dal 2013 ad oggi». Niente sconti, comunque, nemmeno in precedenza: «Non ho mai evitato di criticare singoli aspetti o scelte del movimento che, però, complessivamente ho sempre difeso». Come i lettori del suo blog hanno potuto constatare, però, negli ultimi due anni, i motivi di dissenso sono andati crescendo.
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Pallante: come salvarci dalla catastrofe globale della crescita
Così tenero, che si taglia con un grissino. Peccato che non si sia mai visto, in natura, un pesce che abbia la consistenza del budino. Eppure ha funzionato, la celebre pubblicità del tonno, perché viviamo in un mondo virtuale, inventato di sana pianta, plasmato da un pensiero “magico”: non valgono più le regole dell’universo, ma quelle fabbricate dalla neolingua della manipolazione. Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, autore di saggi come “Summa Symbolica”. La tesi: il 90% delle nostre azioni è sapientemente pilotato, a nostra insaputa. In altri termini, lo dimostra anche Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita: il linguaggio comune trasforma i difetti in virtù, presenta i problemi come soluzioni. E’ un inganno, un trucco al quale abbocchiamo regolarmente, quando pensiamo che sia desiderabile (magari perché “si taglia con un grissino”) il cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Un ossimoro: se lo sviluppo non è fisiologico – cioè a termine, come quello di un bambino o di una pianta – è qualcosa che fa male, che sega il ramo sul quale stiamo appollaiati. La parola “sviluppo” è diventata surreale, come il celebre tonno. E’ ormai sinonimo di crescita illimitata, innaturale, cancerogena. Abbellirla con l’ipocrita aggettivo “sostenibile” significa solo prolungare il decorso del male: morte lenta.L’unica terapia? Fermare la crescita tumorale delle merci. Serve qualcosa di enorme, paragonabile alla Rivoluzione Industriale, ma di segno opposto. Valori da capovolgere: il “tanto-avere” è il grande nemico del “ben-essere”. Nel suo ultimo saggio, che definisce “un manifesto politico e culturale”, Pallante denuncia il capitalismo industriale degli ultimi 250 anni. Una forza tellurica eversiva, segnalata da Marx come pericolo: se prima il denaro era solo un mezzo per scambiare merci, è diventato l’unico fine dell’intero ciclo economico. E’ Keynes, nel 1931, il primo a parlare di “disoccupazione tecnologica”: scopriamo sempre nuovi sistemi per «risparmiare forza lavoro», senza riuscire a ricollocarla. Succede perché siamo avidi, dice Pallante: riducendo l’orario di lavoro, l’innovazione di processo non comprometterebbe l’occupazione. Al contrario: sarebbero le macchine a lavorare per noi. Il guaio? Il nostro obiettivo non è vivere bene, in armonia con gli altri e con il pianeta. Vogliamo solo avere tanti soldi, costi quel che costi. Alle conseguenze, semplicemente, non pensiamo: la guerra sociale, la predazione globale delle risorse, il collasso della biosfera. Il paziente è grave: consuma più di quanto la Terra possa dargli. Ogni anno la “deadline” si accorcia: prima del Duemila la linea rossa veniva superata a ottobre, poi a settembre. Ora siamo “in riserva”, ogni anno, già dal mese di luglio.Non ci vuole un indovino per intuire che di questo passo andremo a sbattere. L’emissione di anidride carbonica non smaltibile dalla fotosintesi vegetale è quasi raddoppiata, sugli oceani galleggiano “continenti” di plastica, il pesce s’è dimezzato, il clima terrestre sta per raggiungere i 2 gradi sopra la soglia di sicurezza. E non abbiamo ancora visto niente: si calcola che interi paesi, come il Bangladesh, saranno sommersi. Noi che facciamo? Niente. Anzi, peggio: acceleriamo la corsa verso lo schianto. La globalizzazione violenta del mercato, dice Pallante, riproduce su scala mondiale quanto avvenne con la Rivoluzione Industriale: masse ingenti di contadini e artigiani sradicate dai loro territori e trasformate in folle di profughi economici. Obiettivo: accrescere la platea dei consumatori di merci superflue. Esaurite le capacità dell’Occidente, si punta al resto del mondo. Interi continenti da depredare di materie prime a basso costo, attraverso guerre coloniali permanenti. Decine di paesi devastati, dai quali non resta che scappare. Il sistema li accoglie a braccia aperte, i migranti che ha messo in fuga: diventeranno nuovi consumatori e contribuenti, in termini di tasse e versamenti pensionistici, senza contare il loro sfruttamento schiavistico e il business criminale che specula sull’accoglienza, mortificando la solidarietà di migliaia di volontari.Proprio la mano tesa, offerta ai rifugiati, rivela che la vittoria del mostro (da noi stessi alimentato ogni giorno) non è ancora definitiva. Sopravvivono religioni, cresce a vista d’occhio la fame di spiritualità. In modo spesso confuso, si va in cerca di valori. «Nelle società che hanno finalizzato l’economia alla crescita della produzione di merci e appiattito gli esseri umani sulla dimensione materialistica – scrive Pallante – la valorizzazione della dimensione spirituale è un atto di disobbedienza civile». Consente di recuperare la solidarierà «non solo tra gli esseri umani, ma tra tutti i viventi», e arricchisce la pulsione all’uguaglianza di un profilo anche esistenziale. Cosa manca? Una politica, capace di aggregare milioni di individui per invertire il corso degli eventi, scongiurando la catastrofe. Destra e sinistra? Un lungo equivoco. E’ lo stesso Hayek, nume tutelare dei criminali architetti dell’austerity europea, a chiarire che il liberalismo non è stato conservatore, ma rivoluzionario. La sinistra ha arrancato dietro al capitale, cercando solo di distribuirne i profitti in modo più largo. Ma, secondo Pallante, persino l’ossigeno del deficit teorizzato da Keynes è controproducente: siamo al punto in cui – come predetto dal Club di Roma, cioè dal Mit di Boston – ogni espansione dei consumi ci accorcerebbe ulteriormente la vita.Come se ne esce? In un solo modo: tagliando il Pil. Decrescita infelice? No: selettiva. Nel mirino, gli sprechi. Non la barzelletta delle auto blu, ma cifre spaventose, che valgono intere finanziarie: la sola riconversione ecologica degli edifici farebbe crollare di 2/3 la spesa energetica nazionale, creando un oceano di posti di lavoro (utili) e abbattendo in modo vertiginoso l’impatto ambientale. Nel gelido Nord Europa c’è chi vive in “case passive” tecnologicamente avanzate, senza riscaldamento convenzionale, a emissioni zero. Noi invece siamo ancora impelagati nelle guerre geopolitiche per i gasdotti, come se vivessimo all’inizio del ‘900. Le ultime elezioni italiane hanno rottamato la vecchia politica e in particolare la sinistra? Ovvio: proprio la sinistra ha abbandonato i territori che storicamente si era candidata a tutelare. In ordine sparso, si va organizzando localmente un arcipelago di comunità fondate sulle filiere corte, ancora senza rappresentanza istituzionale. Riuscirà a nascere un partito che punti alla sostenibilità dell’economia, anziché all’impossibile “sviluppo sostenibile”? Matematica: benché “sostenibile”, cioè con minor impatto immediato sull’ecosistema, qualsisasi “sviluppo” (crescita illimitata) diventa comunque insostenibile alla distanza, perché farà crescere consumi superflui e veleni.«E’ l’equivoco delle rinnovabili: sono meno impattanti oggi, ma quell’energia “verde” aggraverà il bilancio ecologico domani, se ci sarà ancora “sviluppo”». L’alternativa? Vivere benissimo e diventare tutti ricchissimi: non per forza di denaro, ma di beni (prodotti con “valore d’uso”, anziché merci “usa e getta”). Nel suo libro – densamente argomentato e documentato, numeri alla mano – Pallante ammette che il suo pensiero è necessariamente eretico, di fronte al non-pensiero del “mercato”. «La decrescita selettiva degli sprechi – insiste – è l’unica via d’uscita a una crisi che da troppo tempo genera problemi al sistema economico e sofferenze umane gravissime». Mentre la disoccupazione ci devasta, nessuno mette in cantiere le attività utili, quelle adatte ad affrontare la crisi sociale e l’emergenza ambientale. «Una società che non fa lavorare chi vorrebbe farlo e non commissiona i lavori più necessari, che ripagherebbero i loro costi con i risparmi che consentono di ottenere, è profondamente malata. E la sua malattia è causata dalla diffusione dell’idea assurda che lo scopo dell’economia sia la crescita del Pil. Prima ce ne liberiamo e meglio sarà».Inutile spiegarlo agli oligopolisti del denaro, i ras della finanza che stanno schiantando il pianeta alla velocità della luce. Dovranno essere i molti, non i pochi, a disertare dall’esercito del Pil, additando questo “sviluppo” come il vero nemico di un’umanità ancora intenzionata ad abitare la Terra. E’ in arrivo un cataclisma definitivo o sarà ancora possibile metter mano al nostro destino, fermando la corsa verso il baratro? Dipende da noi, secondo Pallante, che intanto propone di uscire dal grande imbroglio della fiction mainstream. Svegliarsi: rottamare il culto di vocaboli-totem come progresso, modernità e innovazione. Continuare a scambiarli per sinonimi di miglioramento, sostiene, significa restare prigionieri di un inganno saguinoso, ormai esiziale per le sorti della società e del pianeta. Tornare all’antico? Al contrario: «Occorre utilizzare l’enorme patrimonio scientifico e tecnologico delle società industriali», non più per incrementare la produttività e la produzione di merci, ma «per sviluppare le tecnologie che aumentano l’efficienza con cui le risorse della Terra vengono trasformate in beni». Raffinate tecnologie, che riducono gli sprechi, tagliano le emissioni e recuperano i rifiuti.Oggi, insiste Pallante, difendere la democrazia significa affrontare i problemi creati dalla gobalizzazione: «Occorre porre al centro della politica economica l’autosufficienza alimentare ed energetica». Filiere corte, dall’energia al cibo. Parola d’ordine: «Rilocalizzare tutte le attivitù produttive che rispondono ai bisogni fondamentali della vita e possono essere svolte più vantaggiosamente a livello nazionale che a livello globale». Settori d’impiego teoricamente infiniti: basterebbe «ristrutturare ecologicamente il patrimonio edilizio, rinaturalizzare il paesaggio, ripulire i fiumi, rifare le reti idriche che perdono mediamente il 65% dell’acqua». Solo così, conclude Pallante, si può rianimare l’economia creando lavoro “utile”, che risana l’ecosistema. Serve un nuovo umanesimo, un patto tra comunità consapevoli: «Occorre ridare slancio alla convinzione che il lavoro di ognuno può contribuire in maniera determinante al benessere di tutti», restituendo un futuro ai giovani e alle generazioni a venire. Utopia? Sì, necessaria e urgente. Non c’è più tempo per i sogni, serve una politica operativa basata su un paradigma opposto a quello della crescita, cieca e suicida. Anche perché l’alternativa è già scritta: siamo noi, il famoso tonno da tagliare con un grissino.(Il libro: Maurizio Pallante, “Sostenibilità equità solidarietà”, sottotitolo “Un manifesto politico e culturale”, Lindau, 185 pagine, 16 euro).Così tenero, che si taglia con un grissino. Peccato che non si sia mai visto, in natura, un pesce che abbia la consistenza del budino. Eppure ha funzionato, la celebre pubblicità del tonno, perché viviamo in un mondo virtuale, inventato di sana pianta, plasmato da un pensiero “magico”: non valgono più le regole dell’universo, ma quelle fabbricate dalla neolingua della manipolazione. Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, autore di saggi come “Summa Symbolica”. La tesi: il 90% delle nostre azioni è sapientemente pilotato, a nostra insaputa. In altri termini, lo dimostra anche Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita: il linguaggio comune trasforma i difetti in virtù, presenta i problemi come soluzioni. E’ un inganno, un trucco al quale abbocchiamo regolarmente, quando pensiamo che sia desiderabile (magari perché “si taglia con un grissino”) il cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Un ossimoro: se lo sviluppo non è fisiologico – cioè a termine, come quello di un bambino o di una pianta – è qualcosa che fa male, che sega il ramo sul quale stiamo appollaiati. La parola “sviluppo” è diventata surreale, come il celebre tonno. E’ ormai sinonimo di crescita illimitata, innaturale, cancerogena. Abbellirla con l’ipocrita aggettivo “sostenibile” significa solo prolungare il decorso del male: morte lenta.
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Della Luna: noi e il cantiere (zootecnico) del pensiero unico
Gigantesco, industrioso, immane. E’ uno dei più cospicui fenomeni del nostro tempo. Marco Della Luna lo chiama: il cantiere del pensiero unico globalizzato. Ci sono committenti, architetti, sacerdoti e guardiani. Rendono prevedibili e pilotabili i comportamenti sociali nel mondo super-accelerato e conflittuale in cui viviamo. Manovrando l’industria culturale (entertainment compreso), il capitalismo finanziario «ha creato un’ortodossia, un pensiero obbligato, mainstream, scientifically correct». Uno strumento che, di qualsiasi cosa parli, «delegittima, isola o criminalizza – cioè praticamente scomunica, espelle dalla società conformata – non solo il pensiero divergente dall’ortodossia, ma la stessa libera indagine scientifica, economica e storiografica». Missione titanica: plasmare la società, cioè noi. Usa la storia e l’economia, l’integrazione europea e l’euro, l’immigrazione e l’Islam, le diversità etniche e l’identità sessuale, e da ultimo «le asserite efficacia e innocuità dei vaccini obbligatori». Su queste cose, sottolinea Della Luna, sono state costruiti “protected beliefs”, credenze protette dal dogma. E guai a chi sgarra: per i trasgressori c’è l’isolamento, la punzione economica, persino il carcere.Il dissenso rispetto all’ortodossia, e la stessa libera indagine scientifica e storica di quelle credenze, scrive Della Luna nel suo blog, sono atteggiamenti inammissibili, «sanzionati con la delegittimazione morale, il boicottaggio della carriera, la discriminazione amministrativa, l’esclusione dei media, dall’insegnamento, dall’editoria, quando non anche da conseguenze penali». I dati di fatto smentiscono l’ortodossia? Non importa: «Vengono taciuti all’opinione pubblica, soprattutto nei campi chiave per l’orientamento del pensiero e della sensibilità collettivi, della concezione generale della realtà, del consenso politico, della legislazione e della giurisdizione». Anche la ricerca scientifica è «condizionata, limitata e incanalata attraverso il controllo finanziario della stampa specialistica, delle università, della ricerca, dell’editoria». Per Della Luna, avvocato e saggista, si è così ottenuta una sostanziale limitazione della libertà di ricerca, di insegnamento, di informazione pubblica – limitazione che, di fatto, «previene grande parte del possibile dissenso». Attenzione: «L’imposizione di un’ortodossia è incompatibile con la scienza, perché la scienza procede proprio per continua revisione, verificazione, falsificazione, ed è incompatibile con l’indiscutibilità». Dunque, l’ortodossia «serve a proteggere dal controllo scientifico le credenze che sostengono posizioni di privilegio e sfruttamento».E’ un sistema basato sul dominio, con i suoi guardiani: «Le posizioni politiche che mettono in luce e contestano il trend di progressivo trasferimento dei redditi e della ricchezza dai lavoratori alla finanza improduttiva – scrive Della Luna – sono tutte etichettate, dalla grande comunicazione, come populiste-estremiste, se non peggio», mentre sono definiti “di sinistra” partiti come il Pd in Italia, che «difendono la concentrazione dei redditi e del potere politico nelle mani dei grandi banchieri, quando non sono addirittura diretti da figli di banchieri molto discutibili o addirittura incriminati». Secondo Della Luna, «l’uomo non è una grande risorsa per i suoi ideali di giustizia, verità, libertà: pur di non guardare in faccia la realtà e non doversi addossare responsabilità, la maggior parte della gente adotta credenze assurde e rinuncia alla libertà, arrivando a pagare, a stordirsi, a compiere cose degradanti». C’è chi vorrebbe suscitare un movimento rivoluzionario e moralizzatore? Vorrebbe puntare sulla diffusione della conoscenza, illuminando decisivi aspetti della realtà? Tutte illusioni, sostiene il pessimista Della Luna.Siamo tornati all’antico potere sacerdotale, avverte il saggista: «I cleri di molte civiltà si arricchivano e acquisivano potere politico facendo credere al popolo che, per far sì che gli dèi mandassero la pioggia e proteggessero dalle pestilenze e dalle carestie, bisognasse fare grandi donazioni in sacrificio ai templi e obbedire ai grandi sacerdoti». Oggi, afferma Della Luna, svolge una funzione analoga «la credenza istituzionalizzata (cioè la religione) della scarsità della moneta e della indispensabilità per gli Stati di indebitarsi per finanziarsi». Nel saggio “Pensare altrimenti”, il filosofo Diego Fusaro scrive che il capitalismo finanziario, per realizzare il proprio sistema di profitto, ha necessità di farsi pensiero totalitario, unico, quindi di eliminare ogni identità umana differenziale e ogni valore diverso da quelli di scambio, così come ogni vincolo morale, comunitario, etnico, culturale e spirituale, insieme a ogni concezione alternativa dell’uomo e dell’ordinamento esistente, perché ostacolerebbero la “onnimercificazione” e la immediatezza del business.Il nuovo business, aggiunge Fusaro, vuole che ogni qualità sia riducibile a quantità, e che tutto e tutti siano costantemente disponibili on line per le operazioni di mercato (e di sorveglianza), in un processo di omogeneizzazione e riduzione del qualitativo al quantitativo che ammette solo i flussi di scambio, non i soggetti che se li scambiano. Questo produce un effetto ultimamente entropizzante e mortifero, cioè nullificante: «Illumina l’accostamento che Fusaro fa di questo processo all’avanzare del Nulla che divora il fantastico mondo del famoso film “La storia infinita”», annota Della Luna. Per compiere questa eliminazione, soprattutto nei cosiddetti “gloriosi 30” (i decenni della grande crescita e redistribuzione economica «apparentemente democratica»), il sistema ha sviluppato in modo pianificato «la demolizione della consapevolezza di classe attraverso il consumismo: col quale le classi subalterne hanno assimilato i valori di quelle dominanti e si sono moralmente neutralizzate nonché politicamente castrate».Al contempo, ha prodotto la relativizzazione e l’inversione dei valori e delle istituzioni tradizionali, «assieme a un complesso processo di censura e “tabuizzazione del dissenso”, del pensiero diverso (circa le cose che contano, soprattutto degli scopi dell’esistenza) e delle stesse parole che servono per esprimere la critica al capitalismo finanziario». Imperialismo, colonialismo, plutocrazia, conflitto servi-padroni: «Sono vocaboli fondamentali per rappresentarsi le operazioni e le realtà del nostro mondo», in cui le guerre di conquista per il petrolio e le altre risorse, e per l’imposizione del dollaro come moneta obbligata degli scambi di materie prime, «vengono legittimate come esportazione della democrazia, lotta al terrorismo e tutela dei diritti dell’uomo». Parole necessarie, continua Della Luna, e quindi «tolte dalla comunicazione per l’opinione pubblica, e sostituite con altre parole opportunamente scelte». E’ la “neolingua” orwelliana: invertire il significato delle parole, restringere il lessico per ridurre i concetti e produrre così il consenso al sistema. Lo si ottiene, oggi, con il lancio mirato di milioni di email e tweet, nonché «campagne di criminalizzazione, di allarmismo, di ottimismo» dirette a manipolare la mente e il comportamento collettivo, in ambito politico e finanziario.«Con quest’arma ci si può liberare di intellettuali dissenzienti e delle loro idee o rivelazioni, come pure di concorrenti commerciali e politici, creando l’apparenza che la società stessa, democraticamente, li condanni o ne diffidi, mentre si tratta dell’attacco di un singolo soggetto, moltiplicato per milioni mediante strumenti tecnologici». Così per tutto. La ricerca scientifica? Vincolata ai finanziamenti del capitalismo privato e del settore militare. Conseguenze: «note e terribili, nei campi sanitario e alimentare». E l’ideologia gender, introdotta sin dal ‘96 anche attraverso l’Ue? «Persino dati di fatto biologici, come la dualità dei sessi, vengono negati e “tabuizzati” in quanto dati di natura, immodificabili, e convertiti in convenzioni-costruzioni volontarie, ossia in prodotti, così da creare il mercato dei trattamenti per sviluppare un gender», ovvero: «Trattamenti ormonali per sospendere la sessuazione nei fanciulli rinviandola a quando potranno scegliere se diventare maschi o femmine», e anche «condizionamenti psicologici per indurre identificazioni e prassi di “gender” divergenti dall’appartenenza sessuale biologica».La “destra del capitale” (come la chiama Fusaro), si serve di una censoria “sinistra del costume” (ottusa o mercenaria) che è stata allocata negli spazi e gli organi “culturali” (sovrastruttura) per oscurare, delegittimare, criminalizzare e attaccare, talvolta persino con la violenza fisica, i critici strutturali del modello capitalista, vantandosi “antifascista” «ma di fatto esercitando, in modo tipicamente fascista, la proscrizione e repressione dei critici del sistema, senza confronto nel merito ma semplicemente mediante accuse di immoralità, estremismo, populismo o irrazionalismo, nonché di fake news». Non sempre funziona: le elezioni del 4 marzo 2018 – aggiunge Della Luna – hanno dimostrato che larga parte dell’elettorato ha rigettato la propaganda istituzionale pro-immigrazione e pro-eurocrazia. Nei suoi saggi, l’autore demistifica soprattutto i dogmi fondanti del sistema capitalistico, della sua legittimazione giuridica e del consenso che lo sostiene: scarsità-costosità della moneta, efficienza-esistenza del libero mercato, “virtuosità” della spesa pubblica e della riduzione dei debiti nazionali (mediamente cresciuti, non calati, proprio per effetto del rigore fiscale Ue). «Ma siccome queste sono una credenza protetta, non possono essere messe a confronto col loro fallimento di fatto».In grande maggioranza, sostiene Fusaro citando Etienne de la Boétie, la popolazione tende ad adattarsi cognitivamente, moralmente ed emotivamente allo stato di fatto della realtà, ai rapporti di potere effettivi, «perché pensare l’ingiustizia del potere che si subisce rende il subirla più afflittivo e tormentoso, senza apportare vantaggi». In altre parole: meglio non guardarla in faccia, una realtà così orrenda. L’industria culturale del capitalismo finanziario aiuta, eccome, a non aprire gli occhi: agisce «analogamente ma assai più efficacemente di ogni altro totalitarismo precedente, teocratico, comunista o fascista che fosse». Ha costruito e imposto una sua ortodossia, ha fabbricato un consenso, una legittimazione democratico-giuridica. E ha ottenuto che il “logos” dissenziente, cioè la consapevolezza dell’ingiustizia (dell’illogicità e dell’infelicità provocata dal sistema in atto, e della progettabilità di sistemi diversi) possa circolare solo tra pochi intellettuali indipendenti, marginali al potere, senza poter alimentare un movimento politico consistente ed efficace. Quand’anche, aggiunge Della Luna, non si andrebbe oltre qualche piccolo attrito, «perché la capacità repressiva del sistema, col suo apparato mediatico-militare-istituzionale, è immensa».Del resto, «la quota di potere reale messa in gioco nelle votazioni popolari è minima». Chi vota, può decidere pochissime cose. Della Luna l’ha spiegato in saggi come “Oligarchia per popoli superflui” e “Oltre l’agonia”: il pensiero unico è pervasivo, fortissimo. «E’ di gran lunga più capace che ogni altro sistema di legare a sé le persone, le aziende, i governi», proprio perché «più di ogni altro sistema produce e distribuisce mezzi monetari», che sono «il motivatore universale», e lo fa «con operazioni contabili che indebitano verso di esso, con interesse composto, le persone, le aziende, i governi (denaro-debito)». E quindi, nel finanziare il corpo sociale – cioè nel dargli volta per volta il denaro di cui questo necessita per funzionare – al contempo lo indebita verso di sé, creandogli la necessità di prendere ulteriore denaro a prestito (il cosiddetto “debito infinito”, i cui leader sono i produttori della moneta, cioè i vertici del sistema finanziario). «E’ un fattore matematico ineliminabile. E questa dipendenza è divenuta non solo economica, nel tempo, ma anche politica». Il vertice finanziario emana le direttive e detta le leggi: è il fondamento del potere politico. L’attività strategica dei “produttori di denaro”, insiste Della Luna, rappresenta «il core business del settore bancario», che opprime le nazioni indebitate.«Siamo evidentemente in presenza di un piano politico di lungo termine, ovviamente non dichiarato e non proposto al pubblico dibattito né menzionato o menzionabile nei programmi elettorali dei partiti politici». Per Della Luna, è in corso da decenni «un piano di indebitamento progressivo a fine di potere politico e di esautorazione delle istituzioni pubbliche». Si basa sul fatto che gli utenti del credito (cittadini, aziende, amministratori, politici) si accontentano di risolvere il problema finanziario immediato ottenendo un nuovo finanziamento, senza considerare «l’effetto cumulativo macroeconomico del finanziarsi ripetutamente a credito nel lungo e lunghissimo periodo». Ed è proprio questo l’obiettivo dell’operazione. Il piano «viene nascosto, dai suoi stessi esecutori, dietro i precetti della lotta al debito pubblico, dell’avanzo primario e della “virtuosità” di bilancio – precetti la cui applicazione ha infatti aumentato l’indebitamento pubblico verso la comunità bancaria internazionale, come volevano i loro fautori». Indebitamento che, su scala mondiale, supera i 260.000 miliardi di dollari. In Europa, un muro insormontabile grazie alla moneta unica (Della Luna ne parla in “Cimiteuro”, “Euroschiavi”, “La moneta copernicana”).E’ il “social control”, sintetizza Della Luna, il vero obiettivo di fondo dell’oligarchia finanziaria globale. Il profitto monetario? «E’ solo uno strumento», benché formidabile e con volumi mostruosi. Invece, «gestire un mondo in preda a squilibri e conflitti crescenti è molto più impegnativo». Secondo l’analista, questo richiede il passaggio già in corso: «Dalla società finanziarizzata alla società amministrata zootecnicamente». E’ drastico, Della Luna: «All’atto pratico – scrive – lo spazio di libertà degli uomini è sempre stato proporzionale alla loro capacità fisica e mentale di conquistarselo e difenderlo, ossia di resistere alla tendenza a controllarli e sfruttarli da parte del potere costituito». La libertà individuale? Non è altro che «un rapporto tra la forza di controllo dall’alto e quella di resistenza ad essa dal basso». Oggi, conclude, la tecnologia sta moltiplicando la prima rispetto alla seconda. In ogni campo: dalla comunicazione all’elettronica, della biochimica alla manipolazione genetica per via farmacologica. Contiamo sempre meno, saremo sempre più in gabbia. Zootecnia, appunto: «Gli spazi di libertà vanno ad azzerarsi».Gigantesco, industrioso, immane. E’ uno dei più cospicui fenomeni del nostro tempo. Marco Della Luna lo chiama: il cantiere del pensiero unico globalizzato. Ci sono committenti, architetti, sacerdoti e guardiani. Rendono prevedibili e pilotabili i comportamenti sociali nel mondo super-accelerato e conflittuale in cui viviamo. Manovrando l’industria culturale (entertainment compreso), il capitalismo finanziario «ha creato un’ortodossia, un pensiero obbligato, mainstream, scientifically correct». Uno strumento che, di qualsiasi cosa parli, «delegittima, isola o criminalizza – cioè praticamente scomunica, espelle dalla società conformata – non solo il pensiero divergente dall’ortodossia, ma la stessa libera indagine scientifica, economica e storiografica». Missione titanica: plasmare la società, cioè noi. Usa la storia e l’economia, l’integrazione europea e l’euro, l’immigrazione e l’Islam, le diversità etniche e l’identità sessuale, e da ultimo «le asserite efficacia e innocuità dei vaccini obbligatori». Su queste cose, sottolinea Della Luna, sono state costruiti “protected beliefs”, credenze protette dal dogma. E guai a chi sgarra: per i trasgressori c’è l’isolamento, la punzione economica, persino il carcere.