Archivio del Tag ‘New York Times’
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Schiavo della finanza, lo Stato non può più spendere per noi
Può sembrare un’eresia, ma non lo è: dalla crisi si può uscire in un solo modo, e cioè aumentando la spesa pubblica. Si aggraverebbe il debito? Inizialmente, sì. Ma investire in settori strategici per produrre lavoro risolleverebbe l’economia, la domanda, le entrate fiscali. Servirebbe una piena sovranità statale e monetaria, che gli Stati europei hanno perduto: costretti a farsi prestare denaro dalla finanza privata, vengono dissuasi dall’indebitarsi ulteriormente, pena la crescita esplosiva dei margini speculativi. Lo Stato, unico soggetto nato per spendere a deficit per il benessere reale dei cittadini, è stato imbrigliato: il grande capitale pretende che si comporti non come uno Stato, ma come una famiglia o un’azienda. Neutralizzata la capacità finanziaria dello Stato, i cittadini sono indifesi di fronte alla crisi.
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Krugman: falsi tecnocrati crudeli vi hanno tradito con l’Euro
C’è una parola che ultimamente sento di continuo: “tecnocrate”. A volte viene usata come un termine di disprezzo: i creatori dell’euro, ci si dice, erano tecnocrati che non sono riusciti a tenere in conto i fattori umani e culturali. A volte è invece un termine elogiativo: i novelli primi ministri di Grecia e Italia sono descritti come tecnocrati che si eleveranno al di sopra della politica per fare quel che deve essere fatto. Un attimo. Io lo so bene chi sono i tecnocrati; a volte ho ricoperto anch’io quel ruolo. E queste persone – le persone che hanno costretto l’Europa ad adottare una moneta comune, le persone che stanno costringendo sia l’Europa sia gli Stati Uniti all’austerità – non sono affatto tecnocrati. Sono, invece, dei romantici profondamente privi di senso pratico.
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Giulietto Chiesa: con Monti, tutti più poveri entro 2 anni
Il programma Napolitano-Monti porterà l’Italia in recessione. Da qui a due anni (se Monti regge per due anni), l’Italia sarà in recessione: lo dicono i dati europei di oggi, li ho letti sul “New York Times”. Finora abbiamo parlato della politichetta italiana, ma il partito numero uno, in Italia, è quello della gente che non va a votare: gente che sarà protagonista della crisi, sottoposta al programma di Monti che è la realizzazione della lettera di Draghi e Trichet che ci impone di ridurre il nostro reddito del 20%. Mario Monti è un uomo della Trilaterale, del Bilderberg, dei grandi centri di potere. E’ stato uomo della Goldman Sachs, che ha gestito per lungo tempo. Quest’uomo non viene qui per fare la riforma elettorale, ma per fare quello che hanno deciso Trichet e Draghi. Ci farà sudare lacrime e sangue.
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Barnard a Berlusconi: per il nostro bene, non si dimetta
«Presidente Berlusconi, per il bene dell’Italia non si dimetta». Firmato: Paolo Barnard. Autore di un drammatico appello al premier ormai uscente: l’Italia in queste ore è vittima di un «colpo di Stato finanziario di proporzioni storiche», per usare una definizione dell’economista americano Michael Hudson. «Le famiglie italiane e il Suo governo non devono pagare per colpe non loro», scrive Barnard a Berlusconi: «Lei deve dire alla nazione ciò che sta veramente accadendo, e chi ci ha condotti a questo dramma». E’ un piano franco-tedesco, dice Barnard, pensato fin dal lontano 1943 con un unico obiettivo: colpire l’Europa del Sud a beneficio di quella del Nord.
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Fai da te, baratto anti-crisi: cosa sappiamo fare di utile?
Il “New York Times” racconta di come in Grecia si stia pian piano diffondendo un’economia basata sul baratto, su moneta locale, su autoproduzione e banche del tempo. Qualcuno sussurra che anche l’Italia sia destinata alla famosa “fine dell’Argentina”, dove la sussistenza di molte famiglie si basò a lungo sugli scambi di beni e servizi. Così mi sono chiesta: cosa sappiamo fare di utile? Se dovesse accadere un disastro come quello greco, con milioni di persone senza lavoro o con stipendi ancor più miseri di quelli odierni, chi riuscirà davvero a sopravvivere? La risposta è: chi ha qualcosa da vendere. Non solo patate e uova, ma anche conoscenze che possano essere utli agli altri.
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Dalla Libia al Sudan un unico obiettivo: fermare la Cina
Prima la Tunisia, frontiera ovest. Poi l’Egitto, frontiera est. Restava un ultimo ostacolo: Gheddafi. Non solo per mettere le mani sul petrolio libico, ma anche e soprattutto per tagliare la strada alla Cina, che era riuscita a inserire nel proprio network energetico persino il poverissimo Ciad, ai confini meridionali della Libia, mentre appena più a ovest la secessione del Sud Sudan, preparata da Washington, ha sottratto al controllo africano, e quindi cinese, le maggiori risorse del sottosuolo sudanese. L’analisi, dedicata agli entusiasti che in questi mesi hanno fatto il tifo per le “Twitter revolutions”, è firmata da William Engdahl del “Global Research Institute” canadese diretto da Michel Chossudovsky. Aprite gli occhi, avverte Engdahl: il regista del Risiko africano è il Pentagono.
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La Borsa è zona di guerra: gli Stati vacillano, vicini alla resa
Trecento miliardi di capitalizzazione “bruciati” in un solo giorno sulle piazze europee: “La Borsa è zona di guerra”, titola la Cnn il 19 agosto, assistendo al crollo simultaneo dei centri finanziari di tutto il mondo. «Di fatto – scrive Francesco Piccioni sul “Manifesto” – gli Stati sono stati mobilitati per “salvare il sistema finanziario”; per farlo hanno distrutto i propri bilanci, gonfiando oltre misura il debito pubblico mentre tagliavano disperatamente la spesa sociale per “reperire risorse”». Dopo la prima ondata di tagli, il sistema finanziario ha ricominciato il gioco della speculazione, solo che adesso «gli Stati non sono più una risorsa di denaro fresco, ma una parte del problema: per questo le misure avanzate da Merkel e Sarkozy non avrebbero potuto “rassicurare i mercati” neanche se fossero state cento volte più intelligenti».
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Dylan, il visionario che ha provato a cambiare il mondo
E’ stato un musicista che ha scritto pagine leggendarie della storia della musica popolare contemporanea, è ancora una leggenda vivente che, anche se con lunghi silenzi, produce ancora dischi che vale la pena ascoltare. E come uomo? Ė stato un marito infedele, un padre affettuoso e un figlio devoto; è un uomo che ha bisogno di un Dio, ma di quale non sa; è un poeta ribelle, che però ama premi e onorificenze; è un cantante inquieto, per la strada da quasi tre lustri in un forsennato “NeverEnding Tour” sui palcoscenici del mondo.
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Incubo Fukushima: sempre peggio, ma ora il mondo tace
Fukushima potrebbe essere in una spirale senza fine. Non affidatevi al sonno dei media ufficiali che assicurano il contrario o che non ne parlano affatto. Radiazioni letali continuano a fuoriuscire senza freni. I livelli delle emissioni potrebbero gravemente aumentare. Non se ne vede la fine. La loro portata è di gran lunga peggiore di Chernobyl. Arginare il disastro potrebbe essere al di sopra delle possibilità della Tokyo Electric o del governo giapponese. Non vi è ragione per correre ulteriori rischi. Con tutti i mezzi necessari, è tempo che i migliori scienziati e ingegneri del mondo intervengano. Persino così facendo, i risultati sarebbero ignoti.
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Abu Dhabi, mercenari Usa per proteggere lo sceicco
Nello sterminato deserto di sabbia dentro il quale affondano le città-Stato degli Emirati del Golfo scintillanti di grattacieli di vetro e acciaio e di fantasiose costruzioni avveniristiche, da alcuni mesi è nata una piccola, polverosa, anonima, cittadella militare che non ha davvero nulla di avveniristico né di stravaganti architetture postmoderne: si chiama Zayed City, ed è soltanto una larga cinta muraria sovrastata da catene di filo spinato, con all’interno (per chi riesca a sorvolarla) un normalissimo reticolo di baracche militari, un piazzale per le esercitazioni di tiro, e alcune strutture di simulazione per l’addestramento fisico e militare dei soldati. Tutto qui, nulla che varrebbe attenzione e curiosità se non fosse che i “soldati” che vengono addestrati non sono soldati, e che le uniformi che loro indossano non hanno nulla a che vedere con le forze armate degli Emirati.
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Orwell, i “nuovi” video e la fabbrica degli Osama
I nuovi “video di Bin Laden” rilasciati dal Pentagono sono una favola. Nelle favole di un tempo a un certo punto irrompeva il bambino che con il suo candore scopriva il male e il bene, il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso. Era quel bambino a urlare che «il re è nudo», con una verità semplice e affilata, che risuonava davanti a un pubblico, spezzava l’incantesimo dei tanti che lodavano i vestiti inesistenti del sovrano. Il dramma dell’era di Photoshop è che l’urlo si perde nel rumore di fondo delle Tv e dei giornalisti alla Giovanna Botteri del Tg3, incapaci di un’ombra di dubbio, meri amplificatori degli uffici stampa del potere. Eppure il punto di rottura della menzogna non può essere rinviato, almeno finché siamo tenuti a credere il verosimile. Ora, non è verosimile che quello lì sia Osama Bin Laden.
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Terrore nucleare: fuga da Fukushima, centrale evacuata
Quello che tutti temevano, e che le autorità giapponesi hanno tentato fino all’ultimo di negare, sta avvenendo: la centrale di Fukushima è completamente fuori controllo e potrebbe dare origine alla più grave catastrofe nucleare della storia. L’ennesima scossa di terremoto il 12 aprile ha indotto Tokyo a innalzare a 7 il livello di rischio, lo stesso di Chernobyl, e a ordinare l’evacuazione precipitosa dell’impianto, dove i tecnici – dopo il disastro dell’11 marzo, terremoto e tsunami – non sono mai riusciti a fermare la fuga di materiale radioattivo che sta contaminando il Giappone. Se dovesse esplodere uno dei reattori, avverte l’esperto nipponico Hirose Takashi, collasserebbero anche gli altri: e a quel punto nessuno può dire fin dove arriverebbe l’ondata di morte.