Archivio del Tag ‘neoliberismo’
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Denaro per noi: stop all’euro-estorsione di Maastricht
Smantellato lo Stato e privatizzato il denaro fin dalla sua emissione, i risparmiatori diventano polli da spennare, in balia degli speculatori. La crisi di Cipro? «Non indica solo la fine della ricreazione: è la prova definitiva che il sistema bancario internazionale è una vera e propria truffa globale, gestita (male) da un gruppo di manigoldi», accusa Giulietto Chiesa. «E’ la prova che il debito che ci strozza non è che un’opinione di quei manigoldi e dei loro servi, installati nei centri del potere e nelle istituzioni finanziarie e politiche internazionali». L’“Herald Tribune” rivela che la decisone di dimezzare il debito greco fu presa all’insaputa di tutti già nell’ottobre del 2011, alle tre di notte, da cinque persone: Merkel, Sarkozy, Lagarde, Juncker e Barroso. Decisero di chiedere ai privati, cioè alle banche creditrici, di farsi carico della perdita. «Ma se si chiede a un creditore di ridurre del 50% le sue pretese, vuol dire che si sa che è un creditore illegale: quel debito era stato estorto, anche alla Grecia. E questo vale per tutti: Italia, Spagna, Irlanda, Portogallo».
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Foa: la verità del web spiazza i media e gli spin doctor
Era il 2003 – esattamente dieci anni fa – e un grande libro, completamente ignorato dai media, raggiunse in pochi giorni la vetta delle classifiche, senza neppure una recensione sui giornali. “La guerra infinita”, di Giulietto Chiesa, “spiegava” per la prima volta quello che sarebbe successo da lì in poi, a partire dall’occupazione dell’Iraq col falso pretesto delle inesistenti armi nucleari di Saddam. La menzogna elevata a sistema, su scala mondiale, come vera e propria arma di distruzione di massa. Motivazioni elementari: il declino di un impero, messo alle corde dalla penuria energetica e dal boom demografico del pianeta, ma con ancora un vantaggio formidabile: la supremazia tecnologico-militare. Uso della forza reso accettabile soltanto dall’arma vera: la manipolazione sistematica della verità. In un post visitatissimo su “Byoblu”, Marcello Foa denuncia il ruolo-chiave degli spin doctor nel condizionare il sistema dei media, e cita il caso-Grillo: finalmente, un fenomeno di massa che esplode, nonostante la congiura del silenzio organizzata da giornali e televisioni.
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Via gli zombie dell’euro, l’Ue è fondata sull’imbroglio
Addio euro: si avvicina la fine di quella che è stata una pericolosa “avventura forzata” per i popoli europei e, al tempo stesso, un gioco d’azzardo per il mondo della finanza. Il premio in palio era la stabilità economica, come valore-guida di un’Europa immaginata libera, giusta e portatrice di civiltà e benessere? Fallimento totale: stiamo cercando di sopravvivere tra le macerie di un’Europa «instabile, schiavizzata, ingiusta e impoverita», osserva Alberto Conti su “Megachip”. Da noi, la crisi del sistema dominante, made in Usa, è stata aggravata dalla perdita rovinosa della sovranità monetaria – unica vera leva per attutire i colpi – e dal grande imbroglio delle politiche salariali tedesche, che «ha rappresentato la complicanza mortale di un sistema già malato». Puntando all’egemonia, non potendo svalutare la moneta, la Germania ha “svalutato” i salari, «provocando così differenziali d’inflazione che hanno rapidamente messo fuori gioco gli avversari più deboli nella gara della competitività produttiva e commerciale».
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Cremaschi: fallito l’euro, stracciamo i trattati del rigore
Prima di discutere se e quanto durerà l’euro, su cui si abbattono le alterne vicende delle Borse e dello spread, sarebbe necessario misurarsi con il fallimento sociale e politico della moneta unica. Diamo pure credito alle buone intenzioni, quelle di cui è lastricata la via che conduce all’inferno. Sicuramente i governi italiani ed europei, soprattutto di centrosinistra, che hanno partecipato alla costruzione dell’euro pensavano così di contribuire alla unificazione democratica del continente. La moneta unica unificherà paesi che si sono combattuti per secoli e alla fine porterà agli Stati Uniti d’Europa. L’Italia avrà solo da guadagnare ad avere la stessa moneta dei paesi più ricchi ed efficienti del continente, ne riceveranno giovamento i conti pubblici, il sistema produttivo e finanziario, la stessa efficienza della pubblica amministrazione.
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Massacro a orologeria, per noi euro-prigionieri della Troika
Tutto il mondo politico italiano rappresentato nel nuovo Parlamento, compreso il “Movimento 5 Stelle”, vive in una nuvola lontana anni luce dalle drammatiche scadenze della crisi economica e dai vincoli europei. Pare che tutte le principali forze abbiano dimenticato le politiche di austerità che ci hanno portato ai confini della catastrofe sociale in cui già è sprofondata la Grecia e in cui stanno scivolando Portogallo e Spagna, in un terribile contagio destinato ad estendersi. Così si ignora che il prossimo governo, ammesso che se ne faccia uno, ha già i compiti e le decisioni assegnate dagli impegni assunti dal governo Monti e approvati quasi alla unanimità dal precedente Parlamento. Questi impegni sono stati furbescamente ignorati in una campagna elettorale concentrata sul ruolo dei partiti. La crisi economica è diventata così quasi una derivata della crisi di questi ultimi. Troppo facile, purtroppo.
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Cremaschi: questi sindacati non servono più a nessuno
Scomparsi, proprio mentre c’è più bisogno di loro: «Bisognerebbe forse rivolgersi a “Chi l’ha visto?” per avere notizie dei gruppi dirigenti di Cgil, Cisl e Uil», i grandi sindacati ormai spariti anche dallo spettacolo mediatico, dopo aver puntato sulle elezioni: «La Cisl è stata promotrice della lista Monti, mentre la Cgil ha investito tutto sulla vittoria di Bersani». Sindacati da rottamare? Dopo la boutade di Grillo, spara senza pietà sulle grandi confederazioni lo stesso Giorgio Cremaschi, già leader della Fiom, da tempo critico contro gli ex colleghi: si sono buttati in politica in un tentativo disperato di affrontare la crisi del sindacalismo, «che ora sta precipitando dopo anni e anni di scivolamento verso il basso». Tentativo fallito, peraltro, «perché un gran numero degli iscritti alle loro organizzazioni non li ha seguiti e ha votato “5 stelle”», non “fidandosi” più di quelle che ormai appaiono soltanto nomenklature, timide nella denuncia di una crisi devastante, che sta provocando l’estinzione del lavoro e una inaudita catastrofe sociale.
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Padoa Schioppa: servono riforme che vi facciano soffrire
«I giovani italiani sono bamboccioni», «le tasse sono bellissime». Queste amenità, pronunciate durante il secondo governo Prodi, di cui Tommaso Padoa Schioppa era ministro dell’economia, sono probabilmente l’unico lascito alla memoria collettiva di uno degli ideatori della moneta unica. Oltre a questo, poco rimane; qualche convegno alla memoria tra economisti iniziati, e l’impressione che il personaggio fosse una brava persona colpita da un’avversa sorte (è morto all’improvviso alla fine del 2010). Eppure, scrive Claudio Martini su “Mainstream”, Padoa Schioppa era ben altro. Era l’uomo che, nel 2003, sul “Corriere della Sera” scriveva: «Non restavano che le riforme strutturali, eterno ritornello di quelle che Luigi Einaudi chiamava le sue prediche inutili: lasciar funzionare le leggi del mercato, limitando l’intervento pubblico a quanto strettamente richiesto dal loro funzionamento e dalla pubblica compassione».
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Far fuori Berlusconi solo per annullare Grillo: ecco come
Prove di “golpe”: eliminare Berlusconi per poi “sgonfiare” Grillo, con un governo tecnico ancora agli ordini di Bruxelles, sostenuto anche da una ventina di senatori del Pdl, pronti a tradire il Cavaliere se fosse costretto all’esilio dalla nuova offensiva giudiziaria in corso. E’ la tesi che Marcello Foa sostiene dalle pagine del “Giornale”, mentre Berlusconi – ricoverato in ospedale – deve sottoporsi a una visita fiscale che lo conferma malato, ma non gli vale il “legittimo impedimento”. Un ragionamento che «ricade negli interessi del centrodestra e propone un’idea sbagliata del funzionamento della magistratura», osserva “Megachip”, che invita però a prendere in considerazione Foa, «un giornalista capace di uscire dagli schemi, rintracciare notizie vere e proporre intuizioni interessanti». Il grave stallo post-elettorale potrebbe indebolire il Pdl favorendo una cooptazione di una parte dei suoi parlamentari? Scenario plausibile, tenuto conto delle caratteristiche dei principali dirigenti del Pd, «non nuovi anch’essi a confezionare nuove maggioranze con parlamentari in migrazione».
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Più rigore, più crescita: le deliranti profezie di Harvard
Nell’autunno del 2010, quando la crisi dei debiti sovrani era già scoppiata ed erano iniziati i primi programmi di rigore per rientrare dai deficit, Alberto Alesina si lanciò in una previsione piuttosto azzardata col senno del poi. Secondo l’economista, professore ad Harvard e diventato noto in Italia come editorialista de “Il Sole 24 Ore” e del “Corriere della Sera”, l’austerità imposta dalla Germania conservatrice di Angela Merkel e dalla Bce di Trichet stava dispiegando i suoi frutti positivi sulla crescita dell’Eurozona. Grazia ai tagli alla spesa pubblica la crisi si sarebbe risolta in fretta, mentre in realtà è scoppiata la più grave contrazione economica dalla Grande Depressione. «Sembra che la velocità della ripresa europea sia sostenuta, più rapida di quella degli Stati Uniti», scriveva Alesina, «e la Bce ha recentemente aumentato le previsioni di crescita dell’Eurozona».
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Fermato l’euro-golpe, Italia al bivio: democrazia o guerra
L’Unione Europea nacque come progetto di pace e di solidarietà sociale raccogliendo l’eredità della cultura socialista e internazionalista che si oppose al fascismo. Negli anni ’90 le grandi centrali del capitalismo finanziario hanno deciso di distruggere il modello europeo, e dalla firma del Trattato di Maastricht in poi hanno scatenato un’aggressione neoliberista. Negli ultimi tre anni l’anti-Europa della Bce e della Deutsche Bank ha preso l’occasione della crisi finanziaria americana del 2008 per trasformare la diversità culturale interna al continente europeo (le culture protestanti gotiche e comunitarie, le culture cattoliche barocche e individualiste, le culture ortodosse spiritualiste e iconoclaste) in un fattore di disgregazione politica dell’unione europea, e soprattutto per piegare la resistenza del lavoro alla definitiva sottomissione al globalismo capitalista.
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Popolo, pane e diritti: la scomoda lezione di Hugo Chávez
Hugo Chávez non è stato un dirigente come tanti nella storia della sinistra. È stato uno di quei dirigenti politici che segnano un’intera epoca storica per il suo paese, il Venezuela, e per la patria grande latinoamericana. Soprattutto, però, ha incarnato l’ora del riscatto per la sinistra dopo decenni di sconfitte, l’ora delle ragioni della causa popolare dopo la lunga notte neoliberale. L’America nella quale il giovane Hugo iniziò la sua opera era solo apparentemente pacificata dalla cosiddetta “fine della storia”. Questa, in America latina, non era stata il trionfo della libertà come nell’Europa dove cadeva il Muro di Berlino. Era stata invece imposta nelle camere di tortura, con i desaparecidos del Piano Condor e con la carestia indotta dal Fondo Monetario Internazionale.
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Chávez, l’uomo che liberò il Sud America dal giogo Usa
Semplicemente el comandante per i suoi tanti supporter o el loco, il matto, per i suoi detrattori. Al di là degli umori di sicuro Hugo Chávez è stato il personaggio politico più importante per l’America latina degli ultimi 15 anni. Più importante, tanto per fare i nomi di due “pesi massimi” della regione, di Fidel Castro e di Lula. Senza il petrolio di Chávez – 96mila barili al giorno in cambio di 20mila medici – la revolución cubana oggi sarebbe infatti un ricordo perché non avrebbe potuto resistere tutto questo tempo all’embargo statunitense. Senza il traino a sinistra di Chávez, poi, Lula non avrebbe potuto apparire così moderato né impostare in Brasile una politica estera tanto indipendente da Washington. Da vecchia volpe della politica sopravvissuta a 9 presidenti Usa, non è un caso che Fidel lo ricevette all’Avana con tutti gli onori già nel 1994, quando Chávez era appena un ex detenuto, amnistiato per un colpo di stato fallito due anni prima.