Archivio del Tag ‘multinazionali’
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L’Argentina sovrana sfratta i vampiri del suo petrolio
L’Argentina della rinascita nazionale, basata sulla ritrovata sovranità monetaria, si scrolla di dosso i vampiri liberisti che – a suon di tangenti – le avevano “rubato” il suo petrolio. La presidente Cristina Kirchner ha annunciato l’inizio di un processo che porterà ad una rinazionalizzazione della compagnia petrolifera Ypf, svenduta da Menem nel 1992 alla spagnola Repsol che divenne così una delle principali compagnie petrolifere del mondo, nonostante la Spagna non possieda una goccia di petrolio. Da Madrid, venti di guerra contro il governo argentino, giusto per occultare l’incapacità del governo Rajoy di fronte alla crisi. E intanto viene alla luce la verità sulla privatizzazione di Ypf e sull’azione delle multinazionali iberiche in America Latina: mazzette ai politici corrotti, ricatti contro i lavoratori e zero rispetto per l’ambiente.
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Barnard dai carabinieri: ho denunciato Monti e Napolitano
Attentato contro l’integrità e l’indipendenza dello Stato, associazione sovversiva e cospirazione politica. E poi: usurpazione di potere, attentato contro la Costituzione e contro i diritti politici del cittadino. Nomi e cognomi dei denunciati: nientemeno che il premier Mario Monti e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Oggi, alle ore 18,50 – scrive Paolo Barnard l’8 aprile – presso la caserma dei Carabinieri di via Paolo Poggi 70 a San Lazzaro di Savena, ho denunciato il Golpe Finanziario e i suoi golpisti italiani». Primo ministro e Capo dello Stato, accusati personalmente di infedeltà alle istituzioni: un atto fortemente simbolico, attraverso il quale il giornalista e saggista formalizza la sua denuncia contro il “sequestro” della sovranità nazionale per via monetaria, esplicitato lo scorso febbraio al summit di Rimini insieme ai professori americani della Modern Money Theory.
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Fanno i furbi? E noi lasciamoli in mutande: Sbankiamoli
Fanno i furbi? E allora, non resta che “colpirli negli affetti”: sbancandoli. Come? Semplice: basta chiudere il rubinetto del conto corrente e ritirare i propri risparmi, vincolandoli a progetti sociali eco-sostenibili. L’associazione “Etinomia” della valle di Susa aderisce alla campagna nazionale “Sbankiamoli”, per una finanza popolare, trasparente e democratica. Conto alla rovescia simbolico: 11 aprile 2012, data fatidica in cui, dopo quasi un anno di militarizzazione d’emergenza, il governo provvederà alla notifica ufficiale dell’occupazione dei terreni privati di Chiomonte, l’area trincerata in attesa che un giorno parta davvero l’ipotetico cantiere Tav per il tunnel preliminare geognostico. La grande finanza al potere vuole imporre la Torino-Lione senza spiegazioni? Pan per focaccia: ora scatta la class action, sotto forma di rappresaglia bancaria.
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Diaz, undici anni dopo: chi ha paura di quel film-verità?
La furia dei tonfa, i manganelli dall’impugnatura a T: un rumore raggelante di braccia e gambe spezzate. Sangue e materia cerebrale che allagano il parquet della palestra scolastica, schizzano sugli intonaci, gocciolano dai termosifoni. «Un sabba infernale di grida e lamenti che hanno il suono osceno di bestie portate al macello», scrive Carlo Bonini su “Repubblica” il 24 marzo dopo aver visto in anteprima – insieme a due poliziotti e ad una delle vittime – il film sulla “macelleria messicana” alla scuola Diaz di Genova il 21 luglio 2001, girato da Daniele Vicari e prodotto da Domenico Procacci. Un film arduo: pochissime riprese a Genova per evitare disagi, e i mezzi della polizia usati per le riprese – furgoni e blindati – sequestrati per accertamenti al ritorno da Bucarest, dov’era stato allestito il set. Invitati all’anteprima, i politici – senza spiegazioni – non si sono fatti vedere né a Palermo né a Torino, dove in compenso hanno inviato i vigili urbani a verificare orari e capienza della sala.
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Strana violenza: se il potere ha paura, scatena i black bloc
Un mondo diverso è possibile? In teoria, sì. Ma appena la svolta si avvicina, ecco che arrivano loro: sfasciano tutto, devastano città, terrorizzano manifestanti e adesso scatenano anche la guerriglia con la polizia, dando al governo di turno il pretesto perfetto per seppellire sotto la repressione qualsiasi domanda di cambiamento. Loro sono i neri, gli incappucciati: da più di dieci anni, puntualissimi guastatori di qualsiasi “primavera” civile. Sono i migliori alleati del potere che dichiarano di voler combattere, dice senza esitazioni Franco Fracassi, che dopo il saggio “G8 Gate” sulla catastrofe genovese del 2001 ha dedicato ai black bloc un accurato studio monografico. Il libro prova a far luce sull’origine del più ambiguo fenomeno degli ultimi anni, regolarmente in campo ad inquinare qualsiasi pacifica contestazione sociale: molti di loro sono ragazzi ingenui, alcuni di estrema destra, manovrati però da un’abile regia.
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Augé: hanno ucciso il futuro, ma noi ce lo riprenderemo
«La crisi provocata dalla finanza ci ha rubato il futuro. Lo ha letteralmente seppellito sotto le paure del presente. Tocca a noi riprendercelo». Come? Dividendo in parti uguali il frutto della conoscenza, la famosa mela che Eva rubò dall’albero proibito. Marc Augé, uno dei più celebri antropologi del mondo, ammette: l’impresa si è fatta quasi disperata, perché l’avvenire è diventato un incubo per la maggior parte delle persone. Soprattutto per due motivi: l’accelerazione impressa alle nostre esistenze dalle nuove tecnologie e la crisi della finanza. «Una miscela esplosiva, che ha cambiato l’esperienza individuale e collettiva del tempo: facendo dilagare l’incertezza e rendendo epidemico il timore di ciò che ci aspetta. I giovani temono di non trovare un lavoro, di non poter progettare il loro avvenire e si sentono bloccati in un eterno presente fatto di precarietà. I loro padri invece hanno paura di perdere la pensione, l’assistenza sociale, di finire in miseria».
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La diserzione della politica: cittadini sempre più indifesi
L’incredibile Bersani demolito in mondovisione da Marco Travaglio in soli 13 minuti, senza essere riuscito a dire una parola a giustificazione della Tav Torino-Lione. E poi Alfano che blatera contro il “pericolo rosso” e le nozze gay, mentre il suo capo Berlusconi festeggia l’assoluzione di Dell’Utri in Cassazione. Così, il dialogo con la popolazione italiana – dalla valle di Susa militarizzata alle retrovie dell’ultimo corteo romano della Fiom – è affidato ai reparti antisommossa, mandati “al fronte” da un governo di anonimi tecnocrati che nessuno ha eletto. Ormai, avverte Lorenzo Guadagnucci, stanno usando la polizia contro di noi, secondo lo schema inaugurato al famigerato G8 di Genova: per Andrea Camilleri, quelle erano «prove tecniche di colpo di Stato».
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Licenziare per crescere? Barnard: siete bugiardi e criminali
Licenziare per crescere? Follia, ossimoro. Ma attenti: il nuovo dogma riciclato dal club di Mario Monti in realtà è roba vecchia. La coniò cent’anni fa l’economista inglese Arthur Cecil Pigou, alfiere della scuola “neoclassica” europea, nemica dell’economia democratica fondata sulla condivisione progressiva della ricchezza prodotta. Quello di Pigou non era un errore, ma un calcolo: impoverire milioni di lavoratori significa innanzitutto concentrare fortune inaudite nelle mani di pochissimi “rentiers”, veri eredi dei nobili che in Francia nel 1789 esasperarono il paese fino a far scoppiare la Rivoluzione. Come può un lavoratore amputato nel reddito essere poi colui che consuma abbastanza da sorreggere l’economia a cui l’azienda stessa si rivolge? E, come disse Keynes: in un’economia che soffre per il calo dei consumi, a loro volta come fanno le aziende ad assumere lavoratori?
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L’altra faccia di Obama, l’uomo che ha beffato il mondo
Boston, 27 luglio 2004: in quella calda sera d’estate tutta l’America si accorse del giovane e carismatico Barack Obama, un tizio semi-sconosciuto, dal nome difficile e dalle origini esotiche. Alla convention democratica che incoronò John Kerry come sfidante di Bush, Obama non era ancora neppure senatore, eppure gli fu affidato il “kenyote speech”, l’attesissimo discorso introduttivo. Già allora c’era chi aveva scommesso su di lui: la cupola finanziaria americana, il super-potere che domina ogni grande decisione planetaria. Per capire chi fosse davvero il neopresidente Obama, bastava la lista dei suoi finanziatori miliardari e quella del suo staff alla Casa Bianca. Barack Obama non era uno di loro: ma è stato scelto e promosso da loro. Ecco perché la sua politica oggi non è molto diversa da quella di Bush.
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Denaro, chi tocca muore: quando Kennedy silurò la Fed
Chi tocca, muore: il denaro devono continuare a stamparlo banche private, che poi lo prestano agli Stati ricavando lauti interessi, in base alla pratica inaugurata secoli fa dalla Banca d’Inghilterra. Secondo alcuni analisti, quello dei politici che hanno provato a strappare alle banche l’esclusiva sull’emissione di moneta è ormai un affollato cimitero. Per Marco Seba, membro dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata di Ginevra, sono addirittura sette i presidenti americani a cui la questione monetaria sarebbe costata la pelle: Lincoln, Garfield e McKinley uccisi con armi da fuoco, mentre Harrison, Taylor e lo stesso Roosevelt sarebbero stati avvelenati, come sostiene un investigatore di Chicago, Sherman Skolnick. Ma il caso più clamoroso è quello di John Fitzgerald Kennedy, fatto assassinare (dalla mafia?) dopo aver esautorato, di fatto, la Federal Reserve, con un provvedimento da allora rimasto lettera morta: dollari emessi direttamente dallo Stato.
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Rigore? No, sovranità: così l’Argentina ha fatto il miracolo
Esattamente dieci anni fa, tra il 19 e il 20 dicembre 2001, l’Argentina esplodeva. Fernando de la Rúa, ultimo presidente di una notte neoliberale durata 46 anni, appoggiato da una maggioranza nominalmente di centro-sinistra, sparava sulla folla (i morti furono una quarantina) ma era costretto a fuggire dalla mobilitazione di un paese intero. Le banche e il Fondo Monetario Internazionale gli avevano imposto di violare il patto con le classi medie sul quale si basa il sistema capitalista: i bancomat non restituivano più i risparmi e all’impiegato Juan Pérez, alla commerciante María Gómez, all’avvocato Mario Rodríguez era impedito di usare i propri risparmi per pagare la bolletta della luce, la spesa al supermercato, il pieno di benzina.
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Sì alla Torino-Lione: dietro l’accordo, l’uomo del Bilderberg
Il gruppo Bilderberg, cupola finanziaria mondiale che ha piazzato a Bruxelles l’euro-presidente Van Rompuy e a Palazzo Chigi il professor Monti, sembra aver “commissariato” anche la valle di Susa per la realizzazione della linea Tav Torino-Lione: l’olandese Jan Brinkhorst, coordinatore per la politica europea dei trasporti ferroviari e membro del più esclusivo club mondiale dell’oligarchia finanziaria, farà parte del nuovo organismo italo-francese che il 20 dicembre i governi di Roma e Parigi hanno stabilito di costituire per realizzare entro dieci anni, a partire dal 2012, la tratta ferroviaria più controversa del pianeta. Vano l’appello di 150 docenti universitari italiani al presidente Napolitano: la Torino-Lione si farà, anche se finora i promotori non ne hanno mai dimostrato l’utilità. E i lavori di Chiomonte saranno affidati alla Cmc di Ravenna, coop “rossa” considerata storicamente vicina al leader del Pd, Pierluigi Bersani.