Archivio del Tag ‘multinazionali’
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Classifica-horror: ecco le 10 multinazionali più pericolose
Il costume di Babbo Natale è rosso, ma non da sempre: il conducente di renne più famoso del pianeta smise la tradizionale casacca verde precisamente nel 1931, anno in cui lo “rivestì” del colore aziendale nientemeno che la CocaCola. Lo rivela “Ecosas.com”, in una vera e propria galleria degli orrori firmati dalle “dieci multinazionali più pericolose del mondo”, architrave economica della globalizzazione del pianeta realizzata a spese dei poveri della Terra e poi ovviamente anche degli ignari consumatori. Storie quotidiane, regolarmente ignorate dai media, in cui la realtà supera di gran lunga la più perversa fantasia. Come nel caso del colosso petrolifero Chevron, già Texaco, accusato di aver riversato 18 miliardi di galloni di acqua tossica nei boschi tropicali dell’Ecuador, distruggendo i mezzi di sussistenza degli agricoltori locali e facendo ammalare le popolazioni indigene.
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Uccidere la democrazia: piano perfetto, nato 40 anni fa
C’è una domanda centrale, assillante, che tutti ci facciamo: perché le cose non cambiano? Perché, nonostante decenni di manifestazioni, gruppi organizzati e proteste, le cose in realtà tendono a non cambiare mai? E’ una domanda che ci sta alla gola. Vorremmo tutti saper rispondere, vorremmo tutti vedere che c’è una risposta immediata o almeno decente, a questa movimentazione di società civile (che peraltro è in aumento) contro il cosiddetto potere, contro le malefatte del potere. E la risposta è semplicissima: le cose non cambiano perché noi non sappiamo chi è il potere. E quindi stiamo combattendo contro un obiettivo sbagliato. Se non sai chi è veramente chi governa la tua vita, combatti contro quelli che, in realtà, non governano la tua vita. Il potere, il vero potere, è stato di un’astuzia incredibile. E’ riuscito, negli ultimi 35 anni, a rimanere completamente nascosto; a proporre alle opinioni pubbliche un volto del potere che è falso, cioè a proporre le cosiddette marionette del potere.
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Latouche: rinunciamo al potere e alla schiavitù salariale
La decrescita è un progetto sociale, non un progetto politico, Lenin aveva un progetto politico. Tutti quelli che hanno un progetto politico vogliono realizzarlo, per questo la tradizione rivoluzionaria, soprattutto in America latina, resta legata alla presa del potere. Pensiamo a quando il subcomandante Marcos e le comunità zapatiste hanno preso San Cristóbal de las Casas, in Chiapas, il 1° gennaio 1994: la prima cosa che hanno detto è stato: «Non vogliamo prendere il potere perché sappiamo che se prendiamo il potere saremo presi dal potere». Per questo penso che avere un progetto politico sia diverso dall’avere un progetto sociale. Un progetto di una società alternativa deve essere pensato concretamente in funzione del luogo, della cultura dove il movimento agisce, ma il problema è che ha a che fare anche con il potere. Naturalmente è una buona cosa, se alcuni nostri amici diventano deputati, ministri, consiglieri ma sappiamo bene che qualsiasi politico è sempre sottomesso alla pressione dei grandi poteri, non esiste un governo buono.
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Ken Loach: solo rigore e fame, ringraziate il centrosinistra
«In Gran Bretagna si prepara a vincere, ma non credo che il centrosinistra esista: se si è a favore del mercato e della deregulation si è di destra, se si crede nell’economia pianificata e nella proprietà comune si è di sinistra, chi rimane al centro della strada di solito viene investito. Non so in Italia, ma da noi il centrosinistra si dice d’accordo a mantenere le misure di austerità e a proseguire le privatizzazioni, solo più lentamente. Ma se dovete essere comunque strangolati, il tempo non fa la differenza». J’accuse firmato Ken Loach, che giriamo al nostro Bersani: ok aver vinto le primarie, ma se il centrosinistra non esiste, o è comunque destinato a far la fine di un gatto in autostrada, che ha vinto a fare?
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Pallante: scordiamoci questi partiti, non lavorano per noi
Per favore, lasciamo perdere i partiti: con loro è tempo perso. Sanno solo ripetere la fiaba della crescita, che si sta frantumando giorno per giorno sotto i nostri occhi. Di loro non c’è da fidarsi: sono alleati, da sempre, con la grande industria, la finanza e le multinazionali, comprese quelle degli armamenti, necessari per dominare il pianeta allo scopo di garantirsi il monopolio delle risorse planetarie. Il mondo si è rotto, e non saranno certo loro a ripararlo: serve una nuova alleanza sociale, che metta insieme movimenti liberi, cittadini attivi, sindacati indipendenti, piccole imprese, artigiani e agricoltori. Un patto, per invertire la rotta verso l’unica soluzione possibile: la “decrescita selettiva” della produzione di merci, creando occupazione “utile” fondata sui territori, tagliando gli sprechi. «Solo per l’energia, l’Occidente butta via il 70% di quello che produce». Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita, lancia un appello: uniamo le forze, da subito, per riscrivere l’agenda dell’Italia.
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Il mondo ha fame: benvenuti nell’era degli agro-dollari
Se ci chiediamo quale valuta sia servita per l’acquisto delle materie prime o per rafforzare i sistemi nel corso del secolo passato della storia umana, non possiamo che pensare ai petrodollari: non è sbagliato dire che niente ha plasmato il mondo moderno quanto i 2.300 miliardi di dollari l’anno per l’esportazione di energia. Vera e propria “valuta di riserva”: tutti dollari Usa, anche se ora emergono alternative come quella della Turchia, che ha cominciato a pagare in oro il petrolio dell’Iran, mettendo in forse lo status quo dei petrodollari. Ma se le nuove tecnologie per le rinnovabili e il gas soppianteranno il petrolio, segneranno anche la fine dei petrodollari? Prima o poi potrebbe cominciare l’era degli agro-dollari, se – come si comincia ad osservare – lo squilibrio più evidente che definirà il profilo del commercio globale nei prossimi anni non sarà più quello energetico, ma quello alimentare.
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L’Olanda: chi vuole, lasci l’euro. Cadrà il Muro di Bruxelles?
Il governo olandese vuole consentire l’abbandono dell’euro ai paesi in crisi con le regole dell’unione monetaria ed economica. Una svolta annunciata da un’intervista del premier dei Paesi Bassi, Mark Rutte, a “Süddeutsche Zeitung” e “Financial Times”, la prima effettuata dal leader dei liberali dopo la formazione del nuovo governo. L’esecutivo olandese, scrive il blog di Gad Lerner, si è contraddistinto finora per essere uno dei più fedeli alleati di Angela Merkel nella difesa dell’austerity come politica economica per risolvere la crisi dei debiti sovrani. E nonostante il recente cambio di maggioranza – al posto del centrodestra ora i Paesi Bassi sono governati da un’alleanza tra liberali e sinistra riformista – questa posizione non cambierà, almeno secondo Rutte. I paesi dell’eurozona che sono in difficoltà con i programmi di austerità però potrebbero lasciare la moneta unica, se lo volessero.
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La polizia violenta e l’agente che commuove New York
Si chiama Lawrence, ha 25 anni e ha scoperto di essere diventato ufficialmente un eroe: da quando, in una gelida sera di novembre, si è chinato su un barbone che giaceva scalzo sul marciapiede di Times Square. «Serve qualcosa? Scarpe?». Risposta: no, grazie. Proprio alle spalle dell’homeless, un negozio di calzature. Lawrence entra, ordina un paio di calzettoni e dei comodi stivali. Sarebbero 100 dollari, ma la commessa intuisce le sue intenzioni e gli fa un bello sconto. Lawrence torna dal senzatetto, che ha i piedi nudi piagati dalle vesciche e, nel rivederlo, sembra incredulo: «Che Dio ti benedica, figliolo». A due passi, la scena è immortalata dallo scatto fotografico del cellulare di una turista, Jennifer Foster. E la foto fa il giro del mondo: 350.000 link su Facebook, 80.000 condivisioni e quasi 20.000 commenti di stima ed elogio. Perché Lawrence non è solo un bravo ragazzo: indossa anche l’uniforme del Dipartimento di polizia di New York.
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Vi siete chiesti per conto di chi lavora, Mario Monti?
Vi siete chiesti per conto di chi lavora, Mario Monti? Nel nome della “spending review” ora si accinge a tagliare altri 7400 posti letto: quello che rimane del sistema sanitario nazionale viene smantellato, giorno dopo giorno, grazie alla complicità dei tre partiti di maggioranza, ovvero Pd, Udc e Pdl. «Poi uno si chiede il perché del successo del Movimento 5 Stelle». Massimo Ragnedda, docente della Northumbria University, è esasperato: se proprio bisogna batter cassa, perché Monti non fa come la Germania, che si è accordata con la Svizzera per un prelievo forzoso dei capitali nascosti nelle banche elvetiche? «Basterebbe una tassa del 30% – sempre meno di quanto pagano gli italiani che onestamente pagano le tasse – per avere un gettito di 35/40 miliardi di euro». Perché non tassare quei capitali? «Sono soldi che ci spettano e che stanno fuggendo al fisco italiano». Macché, è più comodo tagliare altri 300 milioni, togliendoli all’assistenza dei malati.
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Tecno-casta: lo scandalo del nuovo potere totalitario
Casta: gruppo chiuso di privilegiati, che pretendono di esercitare poteri sulla base di una presunzione di potere superiore, senza regole o con regole proprie. «C’è la casta degli intoccabili, dei potenti aggrappati alla poltrona, la casta dell’immoralità pubblica e privata e della corruzione, del potere fine a se stesso che viola quotidianamente le regole più elementari della democrazia e dello stato di diritto». Casta, oppure élite auto-referenziale. Oppure oligarchia. Parentopoli e tangentopoli. «Ma esiste anche un’altra casta, definibile come “tecno-casta”: è quella del governo Monti, dei professori, dei tecnici», della troika formata da Fmi, Bce e Unione Europea. E’ «la casta degli esperti, di coloro che si credono esperti o che vengono definiti come esperti, con i cittadini costretti a delegare loro il “potere” non più in nome della democrazia liberale e rappresentativa ma dello “stato di necessità” neoliberista: la crisi, l’Europa, Angela Merkel e le sue ossessioni».
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Hanno paura di Grillo, non del rigore che ci sta uccidendo
Primarie e grandi manovre a destra e sinistra, sotto il panico crescente targato Grillo: dopo l’exploit siciliano ora tremano anche le due princiali Regioni italiane, Lombardia e Lazio, travolte dagli scandali, mentre l’establishment – politico e mediatico – annaspa tra improbabili sondaggi a caccia di macerie di elettorato, inesistenti leadership e logori marketing dei tempi che furono. Tante sigle, ma il programma è uno solo: convincere gli italiani a subire l’impossibile, a continuare a sopportare l’insopportabile, il “massacro sociale” inaugurato dal “golpe finanziario” che alla fine del 2011 – col ricatto terroristico dello spread – ha sfrattato quel che restava dell’imbarazzante governo in carica. Il diktat della Bce, lo sbando del Pdl, la compiacenza del Pd e la regia di Napolitano. Ed ecco i tecno-banchieri agli ordini di Bruxelles, decisi ad attuare la “soluzione finale” dell’economia e della società italiana: colpire il risparmio, tosare i cittadini, mettere in ginocchio le aziende e mandare a spasso i dipendenti.
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Nuovi vaccini: migliaia di bambini africani fanno da cavie
Mezzo miliardo di dollari, la Nato africana, la fondazione di Bill Gates e il business farmaceutico targato Glaxo per il nuovo vaccino contro la malaria: a fare da cavie per i test, decine di migliaia di bambini e neonati fra i villaggi più poveri dell’Africa. L’Africom, il comando militare statunitense creato per controllare il continente nero, partecipa al colossale programma per arrivare alla produzione del primo vaccino antimalarico: i partecipanti ricevono cure gratuite per la durata di tre anni scolastici e, «una volta provata la sua sicurezza ed efficacia, il vaccino potrà essere immesso sul mercato». Il vaccino “Rts,S/As02” è stato creato nel 1987 nei laboratori del Belgio ed è stato testato la prima volta nel 1992 su alcuni “volontari” negli Usa grazie alla collaborazione dell’istituto di ricerca medica dell’esercito statunitense, ma la prima campagna di sperimentazione di massa è tuttora in corso in Kenya.