Archivio del Tag ‘multinazionali’
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Lannes: scie chimiche, ecco le prove. Patto siglato nel 2001
Veleni dal cielo, contro tutti noi, da quasi 15 anni. Le scie chimiche? Verità sempre oscurata, perché aberrante: impossibile ammettere di irrorare i cieli con metalli pericolosi, per manipolare il clima a scopo militare. Inoltre, la colossale operazione-aerosol in corso da lungo tempo viola apertamente svariate disposizioni, che anche l’Italia aveva sottoscritto: una prescrizione europea e persino una convenzione dell’Onu, risalente al lontano 1977, ratificata nel 1980 grazie al presidente Sandro Pertini. Lo afferma un giornalista scomodo come Gianni Lannes, più volte minacciato di morte per le sue scottanti inchieste sulle eco-mafie. Molte delle sue denunce sono contenute nel suo blog, “Su la testa”. Sulle scie chimiche, Lannes sta per ripubblicare, aggiornato, il libro “Scie chimiche, la guerra aerea che avvelena la nostra vita e il pianeta”, già pubblicato da Arianna editrice. Retroscena rivelati e rilanciati anche a “Border Nights”, trasmissione web-radio: l’Italia, afferma Lannes, ha concesso i propri cieli durante l’infelice G8 di Genova del 2001, quando Berlusconi firmò un trattato segreto, con Bush, che trasformava l’Italia in un’area-test per l’irrorazione dell’atmosfera. Dal 2003, l’operazione è scattata. E nessuno ne parla: è top secret. Si chiama “Clear Skies Initiative”.Lannes attinge direttamente a fonti della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato: a differenza dei portali web delle autorità italiane, le pagine istituzionali americane ammettono apertamente che il 19 luglio 2011, a Genova, Bush e Berlusconi impegnarono i loro paesi in un programma di ricerca sul cambiamento climatico e sullo sviluppo di “tecnologie a bassa emissione”. Operazione poi approvata il 22 gennaio 2002 dal ministero italiano dell’ambiente e dal Dipartimento di Stato Usa. Dunque, scrive Lannes nel blog “Su la testa”, cambiamenti climatici indotti e “collaborazione” (si fa per dire) tra Stati Uniti e Italia, con quest’ultima a fare da cavia. «Dalla documentazione delle autorità nordamericane emerge che in questa vasta operazione gestita in prima battuta dal Pentagono, dalla Nasa e dalla Nato, sono coinvolte addirittura le industrie e le multinazionali più inquinanti al mondo: Exxon Mobil, Bp Amoco, Shell, Eni, Solvay, Fiat, Enel. Tutti insieme appassionatamente, compreso il settore scientifico: università italo-americane, Enea, Cnr, Ingv, Arpa e così via. Insomma, controllori e controllati. L’Enac addirittura ha partecipato ad un test “chemtrails” in Italia insieme a Ibm, ministero della difesa, stato maggiore dell’aeronautica e ovviamente Nato».I militari, continua Lannes, «hanno trasformato il Belpaese e l’Europa in una gigantesca camera a gas, grazie alle complicità istituzionali e all’omertà dilagante degli scientisti». In realtà, aggiunge il giornalista, quella delle «operazioni clandestine di aerosol» è una storia che risale addirittura agli anni ‘60, anche se poi ha avuto un incremento decisivo, in Europa, a partire dal 2002. «I primordi dell’operazione di copertura erano insiti nella mente perversa di Edward Teller, inventore della bomba all’idrogeno, che sulla scorta del Memorandum Groves del 1943, consigliò di usare armi nucleari in regioni abitate per fini economici di spopolamento». Teller è stato direttore emerito del Lawrence Livermore National Laboratory, dove furono elaborati i piani per le armi nucleari, biologiche e ad energia diretta. Nell’agosto 1997, Teller inviò un progetto in Italia, in un simposio svoltosi ad Erice sotto l’egida di Antonino Zichichi. «Vale a dire: il suo proposito di usare l’aviazione civile per diffondere nella stratosfera milioni di tonnellate di metalli elettroconduttivi, ufficialmente per ridurre il riscaldamento globale». Teller, poi, «ritenne che anche l’aviazione militare potesse essere usata per nebulizzare a bassa quota queste particelle tossiche nell’aria».Secondo Lannes, il piano-Teller ricompare nel 2001, a seguito del “Piano dettaglio accordo Italia Usa sul clima”. «Si tratta di accordi internazionali, indirizzati a costituire un alibi per le inevitabili violente mutazioni climatiche che la diuturna diffusione di metalli e polimeri in atmosfera ha determinato. Tra questi, un innaturale “effetto atmosfera” indotto proprio dalle cosiddette “scie chimiche” e dalle emissioni elettromagnetiche. La stessa Nasa, pur definendole in modo menzognero “contrails” ovvero “scie di condensazione”, imputa a queste coperture artificiali un riscaldamento anomalo della bassa atmosfera». Non una parola, naturalmente, sui grandi media: «La popolazione viene mantenuta all’oscuro di tutto, mentre si mandano in onda disinformatori sgangherati, pennivendoli prezzolati e negazionisti quotati in tivvù». Eppure, il testo del trattato (allegato 4) parla apertamente di “sviluppo di nuovi sistemi per la realizzazione di esperimenti di manipolazione dell’ecosistema che permettano di esporre la vegetazione a condizioni ambientali simili a quelle attese in scenari di cambiamento globale”.Nel 2001, Italia e Stati Uniti hanno sottoscritto un impegno inquivocabile: testare la “risposta” dell’ambiente a sollecitazioni atmosferiche sperimentali, verificare la “vulnerabilità degli ecosistemi”, il meteo, la disponibilità idrica e le precipitazioni, la reattività della flora, la fertilità dei suoli. Tra le attività programmate, anche “la progettazione di tecnologie per la manipolazione delle condizioni ambientali con particolare riferimento al controllo della temperatura e della concentrazione atmosferica di CO2”. Se non c’è non niente di pericoloso per la salute collettiva, si domanda Lannes, perché nascondere e occultare, fino a negare (in modo ormai ridicolo) la presenza quotidiana, nei nostri cieli, di fittissime striature anomale, spacciate per bizzarre nubi o scie di condensazione? «Forse perché la vasta e complessa operazione va ad intaccare i cicli biologici e compromette la qualità della vita».A livello politico, continua Lannes, in Italia l’operazione è stata gestita dal ministro Altero Matteoli, dal dirigente ministeriale Corrado Clini (poi ministro con Monti), mentre a livello tecnico (Cnr) in prima linea c’era soprattutto Franco Prodi, fratello di Romano Prodi, che su “Terra Nuova” nel 2008 dichiava: «Non mi consta che esistano esperimenti militari con dispersione di aerosol, tanto meno a danno della popolazione». Eppure, aggiunge Lannes, già nel 2003 il ministro della difesa Antonio Martino «ha autorizzato le forze aeree Usaf a sorvolare lo spazio italiano per provvedere alle irrorazioni chimiche, come da accordo Usa-Italia». Tutto torna, conclude Lannes: «Non a caso, il primo atto parlamentare (interrogazione a risposta scritta 4-05922) sull’aerosolterapia bellica in Italia risale al 2 aprile 2003. Ed è stato indirizzato da un deputato dell’allora Pds, ovvero da Italo Sandi, al ministro della Salute. Dopo 11 anni, quell’atto interrogativo non ha ancora avuto una risposta da ben 6 governi tricolore (Berlusconi, Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi)». L’attuale premier, inoltre, è arrivato ad annunciare a “Ballarò” «il trattamento sanitario obbligatorio agli iscritti del Pd che si azzardano a parlare di scie chimiche».Ma le leggi della fisica non sono mere opinioni, aggiunge Lannes: le scie di condensa (peraltro di brevissima durata) si formano notoriamente al di sopra degli 8.000 metri di altitudine, con meno 40 gradi centigradi e umidità inferiore al 70%. Quelle che ingombrano i cieli per intere giornate, evidentemente, non possono esserlo. Lo sospettava anche Katia Belillo, autrice di un’interrogazione presentata nel 2007 al ministro della salute, rimasta senza risposta. Sul caso era intervento anche il Parlamento Europeo già il 14 gennaio 1999, con una delibera contro le sperimentazioni Haarp. Secondo il report 2013 dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, «i popoli europei respirano attualmente misture di veleni tossici, aerosol di dimensioni microniche e submicroniche». Le sostanze tossiche utilizzate per le operazioni di aerosol, continua Lannes, «sono composte da metalli, polimeri, silicati, virus e batteri». Sotto accusa l’alluminio, un fattore determinante nell’Alzheimer: è una sostanza neurotossica che danneggia il sistema nervoso centrale e i processi omeostatici cellulari. «L’intossicazione di metalli, soprattutto il bario, produce un abbassamento delle difese immunitarie. Alluminio e bario modificano il ciclo vegetale ed uccidono la flora batterica dei terreni».«La diffusione in atmosfera di metalli pesanti come bario, alluminio, manganese – scrive ancora Lannes in post pubblicato da “Su la testa” – costituisce il colpo finale all’ambiente e alla salute umana, giacché questi elementi chimici sono neurotossici e perciò inducono patologie neurodegenerative come il Parkinson, l’Alzheimer, la Sla, nonché leucemie, tumori, malattie respiratorie gravi come la bronchiolite costrittiva». L’unico punto ancora da determinare sarebbe il livello di inquinamento e il grado di compromissione della salute collettiva. Che influenza hanno avuto, le operazioni di scie chimiche dal 2003 ad oggi, sulla salute pubblica e sulle singole persone, in particolare a danno dei bambini? Quali malattie infettive dell’apparato respiratorio sono state già provocate dalle scie chimiche? Quali allergie sono state scatenate dall’intossicazione acuta e cronica da metalli pesanti? Impossibile parlarne? Eppure, fa notare Lannes, nel 1977 la Corte Costituzionale ha sancito che «il segreto può trovare legittimazione solo ove si tratti di agire per la salvaguardia di supremi, imprescindibili interessi dello Stato (quali l’indipendenza nazionale, l’unità e indivisibilità dello Stato, la democraticità dell’ordinamento), e quindi «mai il segreto potrebbe essere allegato per impedire l’accertamento di fatti eversivi dell’ordine costituzionale». Per il giornalista, siamo di fronte a un «avvelenamento di massa» perpetrato da oltre 10 anni, in violazione dell’articolo 32 della Costituzione e anche della Convenzione europea di Aarhus del 1998, ratificata dall’Italia nel fatidico 2001, l’anno del patto segreto sull’irrorazione dei cieli.Veleni dal cielo, contro tutti noi, da quasi 15 anni. Le scie chimiche? Verità sempre oscurata, perché aberrante: impossibile ammettere di irrorare i cieli con metalli pericolosi, per manipolare il clima a scopo militare. Inoltre, la colossale operazione-aerosol in corso da lungo tempo viola apertamente svariate disposizioni, che anche l’Italia aveva sottoscritto: una prescrizione europea e persino una convenzione dell’Onu, risalente al lontano 1977, ratificata nel 1980 grazie al presidente Sandro Pertini. Lo afferma un giornalista scomodo come Gianni Lannes, più volte minacciato di morte per le sue scottanti inchieste sulle eco-mafie. Molte delle sue denunce sono contenute nel suo blog, “Su la testa”. Sulle scie chimiche, Lannes sta per ripubblicare, aggiornato, il libro “Scie chimiche, la guerra aerea che avvelena la nostra vita e il pianeta”, già pubblicato da Arianna editrice. Retroscena rivelati e rilanciati anche a “Border Nights”, trasmissione web-radio: l’Italia, afferma Lannes, ha concesso i propri cieli durante l’infelice G8 di Genova del 2001, quando Berlusconi firmò un trattato segreto, con Bush, che trasformava l’Italia in un’area-test per l’irrorazione dell’atmosfera. Dal 2003, l’operazione è scattata. E nessuno ne parla: è top secret. Si chiama “Clear Skies Initiative”.
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Gli americani frodati dall’élite che mette in pericolo il mondo
Negli ultimi anni del XXesimo secolo, la frode diventò un elemento stabile della politica estera Usa sotto una nuova forma. Sotto falsi pretesti Washington smantellò la Jugoslavia, poi la Serbia, tutto allo scopo di portare avanti una agenda mai dichiarata. Nel XXIesimo secolo la stessa frode si è replicata molteplici volte: Afghanistan, Iraq, Somalia e Libia sono state distrutte; l’Iran e la Siria avrebbero fatto certamente la stessa fine se il presidente russo non avesse preso misure preventive affinchè ciò che ciò accadesse. Washington è inoltre dietro alla distruzione dello Yemen in corso, senza dimenticare che ha consentito ed attivamente finanziato la dustruzione della Palestina per mano israeliana. In aggiunta si è consentito frequenti operazioni militari in Pakistan senza che alcuna guerra fosse stata dichiarata, uccidendo donne, bambini e anziani sotto la sigla di “lotta al terrorismo”. I crimini di Washington possono rivaleggiare con quelli di qualsiasi nazione in qualsiasi momento storico.Personalmente ho sempre lavorato a documentare questi crimini nei miei articoli e nei mei libri (pubblicati da Clarity Press). Chiunque creda ancora nella purezza delle intenzioni della politica estera di Washington è semplicemente un caso perso. Russia e Cina adesso hanno forgiato una allenza che è semplicemente troppo forte per Washington. Russia e Cina insieme non consentiranno a Washington nessun ulteriore ingerenza nella loro sicurezza e nei loro interessi nazionali. I paesi che essi ritengono strategicamente importanti saranno protetti dall’alleanza. Mentre il mondo pian piano si sveglia e comprende il male che l’Occidente oggi rappresenta, sempre più paesi cercheranno la protezione di Russia e Cina. L’America, inoltre, sta fallendo sotto il fronte economico. Nei miei articoli ed il mio libro “Il fallimento del capitalismo lassez-faire”, che è stato pubblicato in inglese, cinese, coreano, ceco e tedesco, ho dimostrato come Washington abbia sempre promosso e incoraggiato un processo nel corso del quale i profitti a breve termine di manager e grandi investitori, e Wall Street in senso ampio, svisceravano l’economia reale Usa, delocalizzando la vera produzione, le conoscenze manifatturiere, le tecnologie e annesse posizioni di lavoro qualificato, verso Cina, India ed altri paesi, lasciando l’America con una economia ormai talmente spolpata che la media dei redditi delle famiglie è in costante caduta da anni.Ad oggi il 50% degli americani di 25 anni vivono con genitori o nonni in quanto non riescono a trovare impieghi sufficienti a permettersi una esistenza indipendente. La dura realtà è puntualmente coperta dai media prostituiti Usa, fonte di storielle fantasiose su una fantomatica ripresa economica americana. I fatti reali dell’esistenza sono talmente dissimili da ciò che i media vorrebbero far apparire che non posso che restare perplesso. Avendo insegnato economia, essendo stato editore del “Wall Street Journal” e assistente del segretario per la politica economica del ministero del Tesoro Usa, non posso che essere perplesso dalla corruzione sistematica che governa il settore finanziario, il Tesoro, le agenzie preposte alla regolamentazione finanziaria e la Federal Reserve. Ai miei tempi sarebbero fioccati avvisi di garanzia e sentenze di tribunale contro banchieri e burocrati di alto rango.Nell’America di oggi non esistono mercati finanziari liberi. Tutti i mercati sono manipolati dalla Federal Reserve e dal Tesoro in concerto. Le agenzie di regolamentazione, controllate dalle stesse persone ed entità sulle quali dovrebbero teoricamente vigilare, chiudono un occhio su qualunque cosa, e anche nei rari casi in cui non lo fanno è tutto ugualmente inutile poichè non hanno alcun potere di far rispettare la legge dal momento che gli interessi privati sono sempre, immensamente, più forti delle leggi. Anche le agenzie statistiche del governo sono state corrotte. Manipolazioni sono state messe in atto allo scopo di sottostimare il tasso di inflazione. La bugia non soltanto risparmia a Washington l’onere di reindicizzare i sussidi adeguandoli al costo della vita reale, liberando altri soldi per le infinite guerre, ma specialmente, sottostimando l’inflazione il governo fa apparire dal nulla incrementi del Pil spacciati come reali, contando l’inflazione come crescita reale, allo stesso modo, d’altronde, in cui il governo fa figurare un 5% di disoccupazione escludendo dal computo tutti gli scoraggiati che hanno cercato troppo a lungo e per i quali continuare a cercare rappresenta ormai solo una perdita di tempo.Come mai la quota di disoccupati ufficiale è del 5% ma nessuno riesce a trovare un lavoro? Come fa ad essere del 5% quando la metà delle persone di 25 anni sono costrette a vivere in casa dei parenti perchè non riescono a permettersi una vita indipendente? Come riferisce John Williams di “Shadowfacts”, se il tasso di disoccupazione includesse i cosiddetti “scoraggiati” che non cercano più attivamente impiego (perchè non ci sono lavori da trovare) il tasso di disoccupazione sarebbe al 23%. La Federal Reserve, strumento privato nelle mani di un gruppetto di grosse banche, è riuscita a creare l’illusione di una ripresa economica almeno da giugno 2009 ad oggi, semplicemente stampando migliaia di miliardi di dollari dei quali non un centesimo è confluito ad alimentare l’economia, ma tutti a gonfiare i prezzi delle azioni delle multinazionali. Le gonfiature artificiali dei prezzi di azioni e obbligazioni sono le “prove” di una economia rigogliosa che la stampa finanziaria prostituita continua senza sosta a sciorinare.Quelle pochissime persone di cultura e buon senso rimaste in America, e dico per esperienza diretta che parliamo davvero di pochissime persone, capiscono benissimo che non è mai esistita una ripresa dall’ultima recessione e che, al contrario, una ulteriore recessione è alle porte. John Williams ha evidenziato come la produzione industriale Usa, debitamente parametrata all’inflazione, non ha mai recuperato i livelli del 2008 ed è ben lontana dal picco del 2000, ed è in costante calo. Il consumatore americano è esausto, schiacchiato da debiti contratti e impossibilità a guadagnare di più. L’intera politica economica americana è concentrata sulla tutela costante di qualche banca a New York, non nel salvataggio dell’economia americana. Economisti blasonati e compari di Wall Street liquiderebbero il problema del declino della produzione industriale con il fatto che “l’America ormai è una economia dei servizi”. Gli economisti pretendono che tali servizi siano servizi altamente tecnologici della New Economy, ma la realtà è che camerieri, baristi, commessi part-time e servizi sanitario-inferimieristici hanno rimpiazzato gli impeghi manufatturieri ed ingegneristici e pagano una frazione rispetto a quest’ultimi, cosa che provoca un collasso della domanda aggregata in tutti gli Usa.Se gli economisti neoliberali (cosa che non accade quasi mai pubblicamente) vengono messi spalle al muro e costretti ad ammettere i problemi, si arrampicano sugli specchi cercando il colpevole nella Cina. Non è chiaro se a questo stadio esistano possibilità di rivitalizzare l’economia americana. Rivitalizzarla richiederebbe una ri-regolamentazione del settore finanziario e fare di tutto per riportare a casa i posti di lavoro e la produzione che sono state svendute a paesi d’oltremare. Richiederebbe, come Michael Hudson sa dimostrare nel suo ultimo libro “Killing the Host”, una rivoluzione nelle politiche fiscali che impedirebbe al settore finanziario di appropiarsi in maniera parassitaria dei surplus generati dall’attività economica reale, poi capitalizzandoli in obbligazione debitorie che garantiscono la perpetua percezione di interessi per il settore finanziario. Il governo Usa, controllato com’è da interessi economici tra i più sporchi e immorali, non permetterebbe mai politiche che anche soltanto si azzardino a sfiorare i bonus faraonici dei managers e i profitti di Wall Street.Il capitalismo Usa di oggi basa i suoi profitti sulla vendita dell’economia americana e con essa tutta la gente che ne dipende per il proprio sostentamento. Nell’ America della “libertà e democrazia” il governo e i poteri economici servono interessi che non hanno assolutamente nessun punto di contatto con gli interessi del popolo americano. La svendita in corso è protetta e mascherata da un panopticon propagandistico fornito dagli economisti neoliberali, prostituti finanziari ed editoriali che si guadagnano da vivere solo e soltanto mentendo dalla mattina alla sera. Quando l’America fallirà, a ruota la seguiranno i vassalli di Washington in Europa, Canada, Australia e Giappone. A meno che nella peggiore delle ipotesi Washington non distrugga il mondo con un conflitto nucleare, a quel punto i rapporti mondiali di forza saranno interamente ridefiniti, e l’Occidente corrotto e dissoluto non sarà nient’altro che la parte più insignificante di questo nuovo mondo.(Paul Craig Roberts, “Ventunesimo secolo, un’epoca di frodi”, dal blog di Craig Roberts del 18 gennaio 2016, tradotto da “Come Don Chisciotte”).Negli ultimi anni del XXesimo secolo, la frode diventò un elemento stabile della politica estera Usa sotto una nuova forma. Sotto falsi pretesti Washington smantellò la Jugoslavia, poi la Serbia, tutto allo scopo di portare avanti una agenda mai dichiarata. Nel XXIesimo secolo la stessa frode si è replicata molteplici volte: Afghanistan, Iraq, Somalia e Libia sono state distrutte; l’Iran e la Siria avrebbero fatto certamente la stessa fine se il presidente russo non avesse preso misure preventive affinché ciò che ciò accadesse. Washington è inoltre dietro alla distruzione dello Yemen in corso, senza dimenticare che ha consentito ed attivamente finanziato la distruzione della Palestina per mano israeliana. In aggiunta si è consentito frequenti operazioni militari in Pakistan senza che alcuna guerra fosse stata dichiarata, uccidendo donne, bambini e anziani sotto la sigla di “lotta al terrorismo”. I crimini di Washington possono rivaleggiare con quelli di qualsiasi nazione in qualsiasi momento storico.
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Medici: oncologia-spazzatura, la ricerca sul cancro è falsa
Ti sei mai chiesto perché, nonostante i miliardi di dollari spesi per la ricerca sul cancro nel corso di molti decenni e la promessa di una cura costante, che è da sempre “dietro l’angolo”, il cancro continua ad aumentare e a fare vittime? «Tutti dovrebbero sapere che la ricerca sul cancro è in gran parte una frode, e che le principali organizzazioni di ricerca sul cancro sono abbandonate nei loro doveri alle persone che le sostengono». Lo afferma Linus Carl Pauling, ricercatore e vincitore del Premio Nobel per la Chimica nel 1954 e per la Pace nel 1962. E’ considerato un genio del XX secolo che ha posto le basi per la chimica quantistica, la biologia molecolare e la medicina ortomolecolare. La ricerca sul cancro? E’ stata un fallimento. Afferma la dottoressa Marcia Angell, medico e direttore della rivista “New England Medical Journal” (Nemj), considerata una delle più prestigiose riviste mediche peer-reviewed di tutto il mondo: «Semplicemente non è più possibile credere a gran parte della ricerca clinica che viene pubblicata, o fare affidamento sul giudizio dei medici di fiducia o delle linee-guida mediche autorevoli. Non ho alcun piacere nel giungere a questa conclusione, che ho maturato lentamente e con riluttanza durante i miei due decenni come direttore della rivista medica».Il dottor John Bailer, che ha trascorso 20 anni nello staff del National Cancer Institute ed è anche un ex redattore della sua rivista, ha dichiarato pubblicamente in una riunione dell’American Association for the Advancement of Science: «La mia valutazione complessiva è che il programma nazionale sul cancro deve essere giudicato un fallimento qualificato. La nostra ricerca sul cancro degli ultimi 20 anni è stata un totale fallimento. Oggi sempre più persone dai 30 anni in su muoiono di cancro, molto più che in passato. Ci sembra che i nostri pazienti vivano di più con la malattia ma la verità è che la diagnostichiamo prima. Molte persone con malattie lievi o benigne vengono incluse nelle statistiche e riportate come ‘guarite’ dal cancro grazie alla medicina. Quando i funzionari del governo indicano i dati di sopravvivenza e dicono che stanno vincendo la guerra contro il cancro, in verità stanno utilizzando i tassi di sopravvivenza in modo improprio».Un altro punto da sottolineare è che la maggior parte del denaro donato alla ricerca sul cancro è speso per la sperimentazione sugli animali, che da molti è stata considerata del tutto inutile. Ad esempio, nel 1981 il dottor Irwin Bross, l’ex direttore del Sloan-Kettering Cancer Research Institute (il più grande istituto di ricerca sul cancro di tutto il mondo), ha dichiarato: «L’inutilità della maggior parte degli studi su modelli animali non è molto conosciuta. Ad esempio, la scoperta di agenti chemioterapici per il trattamento del cancro umano è stata ampiamente considerata un trionfo grazie alla sperimentazione sugli animali. Ci sono pochissime evidenze che potrebbero sostenere tali affermazioni». Un’altra citazione che si riferisce a come la medicina sia diventata industria farmaceutica è stata fatta dal dottor Dean Burk, biochimico americano del National Cancer Institute: «Quando hai il potere non devi dire la verità. Questa è una regola che è stata tramandata in questo mondo da generazioni. E ci sono moltissime persone che non dicono la verità quando sono al potere in posizioni amministrative».Burk ha anche affermato che «il fluoro provoca più decessi per il cancro rispetto a qualsiasi altro prodotto chimico: è una delle conclusioni scientifiche ed evidenze biologiche a cui sono arrivato nei miei 50 anni nel campo della ricerca sul cancro». Nell’edizione del 15 aprile 2015 della rivista medica “Lancet”, il caporedattore Richard Horton ha dichiarato: «Il caso contro la scienza è molto semplice: gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, può essere dichiarata semplicemente falsa. La scienza ha preso una direzione verso le tenebre». Nel 2005, il dottor John P.A. Ioannidis, professore presso la Stanford University, ha pubblicato un articolo sulla “Public Library of Science” (Plos) intitolato “Perché i risultati pubblicati sulla ricerca sono falsi”, dove ha dichiarato: «C’è sempre più preoccupazione che i risultati pubblicati dalle più recenti ricerche siano falsi». Nel 2009, il centro anticancro dell’Università del Michigan ha pubblicato un’analisi dove ha rivelato che gli studi sul cancro sono falsi a causa di conflitti di interesse. Hanno dichiarato che i risultati prodotti erano la conseguenza di ciò che avrebbe funzionato meglio per le aziende farmaceutiche.Ci sono molte informazioni disponibili provenienti da persone direttamente coinvolte nella ricerca sul cancro. Non solo l’informazione della tv è manipolata, ma la nostra società è diventata un grande conflitto di interessi e le grandi multinazionali vogliono sempre più profitto a scapito della nostra salute e dell’ambiente. La verità è che, secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, «l’80-90 per cento dei casi di cancro sono determinati dall’ambiente e quindi teoricamente evitabili». Le cause ambientali del cancro includono la qualità dell’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, pesticidi, erbicidi, ormoni ed antibiotici presenti nel cibo del supermercato, le radiazioni elettromagnetiche a cui siamo quotidianamente esposti e anche l’inquinamento luminoso che danneggia le nostre ghiandole.Inoltre fin da piccoli siamo sottoposti a vaccini e medicinali che danneggiano il nostro sistema immunitario e che si accumulano a vita producendo molti disturbi. Vanno infine inclusi anche i traumi emotivi come dimostra la psicosomatica e la nuova medicina germanica. Ma purtroppo, come ha espresso il dottor Hans Ruesch: «Nonostante il riconoscimento generale che l’85% di tutti i tumori è causato da fattori ambientali, meno del 10% del bilancio del National Cancer Institute è affidato alla ricerca sulle cause ambientali. E nonostante il riconoscimento che la maggior parte delle cause ambientali sono legate alla nutrizione, meno dell’1% del bilancio National Cancer Institute è dedicato agli studi sulla nutrizione». Questo è principalmente il motivo per cui così tante persone si stanno interessando e dirigendo verso trattamenti alternativi e naturali che non vengono approvati dalle case farmaceutiche che controllano la medicina moderna. Come ha detto Pauling riguardo al perché non viene comunicato alle persone quanto la vitamina C possa essere utile per prevenire il cancro: «La mancanza d’interesse delle multinazionali risiede nel fatto che la vitamina C è una sostanza naturale che è disponibile a bassi costi e che non può essere brevettata».(“Medici rivelano: le ricerche sono false, il cancro è una frode”, da “DioniDream” del 30 dicembre 2015).Ti sei mai chiesto perché, nonostante i miliardi di dollari spesi per la ricerca sul cancro nel corso di molti decenni e la promessa di una cura costante, che è da sempre “dietro l’angolo”, il cancro continua ad aumentare e a fare vittime? «Tutti dovrebbero sapere che la ricerca sul cancro è in gran parte una frode, e che le principali organizzazioni di ricerca sul cancro sono abbandonate nei loro doveri alle persone che le sostengono». Lo afferma Linus Carl Pauling, ricercatore e vincitore del Premio Nobel per la Chimica nel 1954 e per la Pace nel 1962. E’ considerato un genio del XX secolo che ha posto le basi per la chimica quantistica, la biologia molecolare e la medicina ortomolecolare. La ricerca sul cancro? E’ stata un fallimento. Afferma la dottoressa Marcia Angell, medico e direttore della rivista “New England Medical Journal” (Nemj), considerata una delle più prestigiose riviste mediche peer-reviewed di tutto il mondo: «Semplicemente non è più possibile credere a gran parte della ricerca clinica che viene pubblicata, o fare affidamento sul giudizio dei medici di fiducia o delle linee-guida mediche autorevoli. Non ho alcun piacere nel giungere a questa conclusione, che ho maturato lentamente e con riluttanza durante i miei due decenni come direttore della rivista medica».
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Di Caprio: gas, petrolio e carbone lasciamoli sotto terra
Dopo aver dedicato il Golden Globe alle popolazioni indigene, Leonardo Di Caprio è tornato a fare parlare di sé. A Davos, in Svizzera, durante il Forum Mondiale dell’economia l’attore americano, da tempo impegnato sul fronte della tutela dell’ambiente, ha lanciato un’invettiva contro le multinazionali delle fossili, invitandole a lasciare sottoterra petrolio, carbone e gas. Di Caprio non finirà mai di stupirci. Donazioni milionarie, campagne per la difesa degli animali in via d’estinzione non bastano all’attore, che non perde occasione per puntare il dito contro chi, in barba alle questioni ambientali, pensa solo ad arricchirsi. «Non possiamo permettere che l’avidità delle industrie del carbone, del petrolio e del gas possa determinare il futuro dell’umanità», ha detto sul palco di Davos, dove ha denunciato senza giri di parole le società che privilegiano i profitti sull’ambiente.Ma non solo. Ha puntato il dito non soltanto contro le multinazionali ma anche contro i governi che hanno chiuso un occhio per non pestare i piedi ai colossi dell’energia a livello mondiale: «Gli enti che hanno un interesse finanziario nel preservare questo sistema distruttivo hanno negato e anche coperto l’evidenza del nostro clima che cambia». Secondo l’attore, il nostro pianeta non può essere salvato se non lasciamo i combustibili fossili alla terra a cui appartengono. «Vent’anni fa, abbiamo descritto il problema come una dipendenza. Oggi possediamo i mezzi per porre fine a tutto questo», ha detto.L’attore, durante il suo discorso, ha annunciato che la sua fondazione donerà 15 milioni di dollari destinati a finanziamenti per sostenere progetti di sostenibilità in tutto il mondo. I cinque progetti si impegnano a controllare la pesca commerciale, proteggere la foresta pluviale indonesiana, sostenere le popolazioni indigene in Ecuador, proteggere le barriere alle Seychelles e promuovere le energie rinnovabili negli Stati Uniti.(Francesca Mancuso, “Leonardo Di Caprio attacca le multinazionali delle fossili: lasciate petrolio, carbone e gas sottoterra”, da “GreenMe” del 22 gennaio 2016).Dopo aver dedicato il Golden Globe alle popolazioni indigene, Leonardo Di Caprio è tornato a fare parlare di sé. A Davos, in Svizzera, durante il Forum Mondiale dell’economia l’attore americano, da tempo impegnato sul fronte della tutela dell’ambiente, ha lanciato un’invettiva contro le multinazionali delle fossili, invitandole a lasciare sottoterra petrolio, carbone e gas. Di Caprio non finirà mai di stupirci. Donazioni milionarie, campagne per la difesa degli animali in via d’estinzione non bastano all’attore, che non perde occasione per puntare il dito contro chi, in barba alle questioni ambientali, pensa solo ad arricchirsi. «Non possiamo permettere che l’avidità delle industrie del carbone, del petrolio e del gas possa determinare il futuro dell’umanità», ha detto sul palco di Davos, dove ha denunciato senza giri di parole le società che privilegiano i profitti sull’ambiente.
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Tasse: maxi-sconto a Apple (tanto, il resto lo paghiamo noi)
La propaganda di regime presenta come un grande successo del governo il fatto che la Apple si sia accordata con il fisco italiano per pagare una parte delle tasse finora eluse. Vediamo i conti. Con il trucco della sede fiscale all’estero, pare in Irlanda, la casa della mela morsa non ha pagato allo stato italiano 880 milioni di euro. Ora l’accordo raggiunto prevede il saldo di 318 milioni di euro. Cioè la Apple risparmia definitivamente 562 milioni di euro di tasse dovute che non pagherà mai… Sono una montagna di soldi con cui si potrebbero sostenere un bel po’ di servizi pubblici che invece dovranno subire altri tagli. Quello della Apple non è un caso isolato, la Fca di Marchionne ha trasferito sede fiscale in Gran Bretagna, anche se promette di pagare le tasse in Italia per la produzione locale. Tutte le imprese multinazionali produttive e finanziarie fanno così e sia chiaro che l’evasione fiscale in Europa non avviene trasferendo le sedi alle Isole Cayman, ma giocando tra i paesi della stessa Unione.L’Ikea, con un semplice meccanismo di sedi legali e scatole cinesi tra le sue società tutte dentro la Ue è riuscita a pagare su alcuni miliardi di profitti lo 0,08 % di tasse. Il presidente della commissione Ue Juncker è stato capo del governo in quel Lussemburgo sotto inchiesta per la colossale evasione multinazionale che ha fatto del Granducato la sua patria. Insomma il grande capitale non paga le tasse, e quando proprio gli tocca, lo fa sempre a condizioni di favore. Come del resto succede a tutti i ricchi evasori che portano i soldi a Montecarlo o in Svizzera e che, se scoperti o se si pentono e decidono di tornare alla legalità, se la cavano come la Apple versando un terzo del dovuto. Pensiamo ora invece a Giuseppe Pintossi, operaio metalmeccanico a cui per varie ragioni Equitalia abbia inviato una cartella con la richiesta di 880 euro di tasse arretrate e non pagate. Pintossi vorrebbe anche lui fare come la Apple e quindi vorrebbe chiedere all’agenzia di chiuderla con 318 euro. Anche perché quei 562 euro di tasse risparmiate, alla sua famiglia servirebbero proprio per vivere.Invece sappiamo benissimo come andrà a finire. L’operaio metalmeccanico se fortunato se la caverà pagando 1000 euro di tasse e multe. Se poi dovesse ostinarsi a tirarla in lungo, finirebbe per pagare molto, molto di più delle tasse che gli vengono contestate. Il nostro fisco oggi opera secondo un regime di classe brutale, che ha lo stesso metro di misura dello sceriffo di Nottingham. L’Unione Europea, contrariamente a quanto afferma la propaganda di regime, ha accentuato, razionalizzato e generalizzato quella regola: rubare ai poveri per donare ai ricchi. E così le tasse diventano sempre di più il costosissimo lusso imposto a chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese.(Giorgio Cremaschi, “Le tasse sono il lusso dei poveri”, da “Micromega” dell’8 gennaio 2016).La propaganda di regime presenta come un grande successo del governo il fatto che la Apple si sia accordata con il fisco italiano per pagare una parte delle tasse finora eluse. Vediamo i conti. Con il trucco della sede fiscale all’estero, pare in Irlanda, la casa della mela morsa non ha pagato allo stato italiano 880 milioni di euro. Ora l’accordo raggiunto prevede il saldo di 318 milioni di euro. Cioè la Apple risparmia definitivamente 562 milioni di euro di tasse dovute che non pagherà mai… Sono una montagna di soldi con cui si potrebbero sostenere un bel po’ di servizi pubblici che invece dovranno subire altri tagli. Quello della Apple non è un caso isolato, la Fca di Marchionne ha trasferito sede fiscale in Gran Bretagna, anche se promette di pagare le tasse in Italia per la produzione locale. Tutte le imprese multinazionali produttive e finanziarie fanno così e sia chiaro che l’evasione fiscale in Europa non avviene trasferendo le sedi alle Isole Cayman, ma giocando tra i paesi della stessa Unione.
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Vota il nazista che è in te: gli americani la sanno lunga
Scorciatoie, da Hitler a Donald Trump. Copione identico, per mietere consensi: il nemico è là fuori, e il nostro eroe vigilerà sulla nazione. «Per tutti coloro che temono e odiano con intensità e consapevolezza i musulmani (e la maggior parte delle persone non bianche) Trump può sembrare una persona sensibile: si batte contro l’Uomo Nero e permette agli americani di dormire sogni tranquilli», scrive il blog “InfoShop”. «Decenni di inarrestabile ed efficace propaganda militare hanno seminato i frutti maturi che Trump sta raccogliendo. Nel 2016 scopriremo quante mele marce riuscirà a scovare». Secondo la fonte statunitense, «ogni volta che l’Isis (o qualche gruppo affine) ammazza un americano o qualcuno di uno Stato alleato, la fama di Trump aumenta, con i suoi seguaci che affermano cose del tipo: “Anche se la gente non vuole ascoltarlo perché spesso ciò che dice è provocatorio, lui dice la verità e tiene d’occhio quei musulmani”». Il candidato repubblicano sarà anche imbarazzante, ma certo non è il primo. E una lunga storia, non segreta ma neppure messa in mostra, lega alcuni campioni americani al nazismo: dai boss di Wall Street al trasvolatore Lindbergh, fino al magnate Ford e ai pesi massimi di alcuni tra le maggiori multinazionali.In una singolare panoramica storica proprosta da “Mickey Z” e tradotta da “Come Don Chisciotte”, il blog “InfoShop” racconta di Fritz Kuhn, un veterano che nella Prima Guerra Mondiale combattè nell’esercito tedesco e il 20 febbraio 1939 arringò al Madison Square Garden 22.000 membri ferventi dell’associazione tedesco-americana «di fianco a un ritratto di George Washington alto 30 piedi, adornato di svastiche nere», e con 1.300 agenti di guardia all’esterno dell’edificio newyorkese. «Kuhn si assicurò un gran numero di fedeli seguaci “spiegando” come sia Lenin che J.P. Morgan fossero ebrei e che il vero nome di Franklin Delano Roosevelt fosse in realtà “Rosenfeld” (altre voci divulgate da Kuhn riguardavano la first lady: si vociferava, per esempio, che Eleanor passò al presidente la gonorrea “contratta da un negro” e che visitò Mosca per imparare “innominabili pratiche sessuali”)». Il proselitismo di Kuhn non passò inosservato al Terzo Reich, che lo aveva invitato alle Olimpiadi del 1936, dove potè incontrare il Führer. Ma non fu il solo filonazista: durante la Grande Depressione, padre Charles Coughlin pregava tutti i giorni per le paure degli americani, e ne parlava a 40 milioni di ascoltatori sintonizzati su 47 stazioni radio. Chiamava “comunista” il leader del partito laburista David Dubinsky, ricorda lo storico Robert Herzstein. «Quando un giornalista del “Boston Globe” chiese a Coughlin di provare questa accusa, venne preso a cinghiate in faccia».Anche se i suoi attacchi xenofobi gli fecero perdere parte dei suoi sostenitori, Coughlin rimase popolare e continuò ad inveire indisturbato contro “gli assassini e gli oppositori di Cristo”, continua “InfoShop”. Nel 1938 ristampò sul suo giornale “Social Justice” il noto trattato antisemita “I protocolli dei savi anziani di Sion”. Per i suoi sforzi, la stampa nazista lo nominò Coughlin “il commentatore radiofonico più potente d’America”. Nel frattempo, l’eroe dell’aria Charles Lindbergh avvicinò moltissimo gli Usa alla Germania nazista: «Quando godeva ancora del prestigio internazionale grazie al suo “Spirit of St. Louis”, Lucky Lindy venne invitato a visitare la Germania nel 1936 “a nome del generale Goering e del ministro dell’aviazione tedesca”. Dopo aver ampiamente pubblicizzato la potenza aerea tedesca, l’aquila solitaria Lindbergh fu onorata da Goering e invitata a partecipare alla cerimonia di apertura dei Giochi olimpici di Berlino, dove definì Hitler “un uomo di indubbia grandezza” che “aveva fatto molto per i tedeschi” e che rese la Germania “la nazione più interessante del mondo”». Lo storico Kenneth Davis ricorda che Lindbergh divenne un leader del movimento isolazionista “America First”, finanziato da Ford, il cui intento era quello di tenere gli Stati Uniti fuori dal conflitto mondiale. «In uno dei suoi discorsi Lindbergh disse agli ebrei americani di “chiudere il becco” e accusò “la stampa in mano agli ebrei” di spingere gli Stati Uniti verso la guerra».Nei suoi diari, Goebbels ne elogiava le gesta. «L’opinione pubblica negli Usa inizia a vacillare», scriveva il “profeta” di Hitler il 19 aprile 1941. «Gli isolazionisti sono molto attivi. Il colonnello Lindbergh rimane fedele ai suoi ideali con tenacia e coraggio. Un uomo d’onore!». E il 30 aprile 1941: «Lindbergh ha scritto a Roosevelt una lettera molto animata. E’ indubbiamente il più tenace oppositore del presidente». E ancora, l’8 giugno dello stesso anno: «Questi ebrei americani vogliono la guerra. E quando arriverà il tempo, con la guerra ci si strozzeranno. Ho letto una brillante lettera di Lindbergh a tutti gli americani. Spiega agli interventisti come se la caveranno. Stilisticamente magnificente. Quell’uomo ha qualcosa». Dopo che l’America entrò nella Seconda Guerra Mondiale, annota “InfoShop”, Lindbergh cominciò a venire deriso perché si era schierato con i nemici dell’America e l’opinione pubblica gli si rivoltò contro. «L’insegna pubblicitaria luminosa di Lindbergh in cima a un grattacielo di Chicago venne presto rinominata “l’insegna Palmolive”, e la montagna rocciosa del Colorado soprannominata “Picco Lindbergh” venne immediatamente ribattezzata “Picco dell’Aquila Solitaria”. Tuttavia il danno recato alla sua immagine fu contenuto grazie alle sue innumerevoli missioni come pilota nella guerra nel Pacifico. Alla fine la sua reputazione rimase intatta».«Parte della mia bellezza sta nel fatto che sono molto ricco», dice oggi Trump. In realtà, scrove il blog, «i “ricconi” mandavano avanti i loro loschi affari fascisti molto prima che Donald ricevesse il suo primo “piccolo prestito”». Nei decenni precedenti la Seconda Guerra Mondiale, «fare affari con la Germania di Hitler o l’Italia di Mussolini (o, per delega, con la Spagna di Franco) non creava scalpore ai dirigenti dell’industria, così come al giorno d’oggi non stupisce la vendita di hardware militare all’Arabia Saudita». Il giornalista investigativo Christopher Simpson afferma che «dagli anni Venti, svariati leader di Wall Street e dell’establishment della politica estera Usa mantennero stretti legami con la loro controparte tedesca, attraverso matrimoni combinati o condividendo gli investimenti», che in Germania aumentarono rapidamente dopo l’ascesa al potere di Hitler, incrementando addirittura del 48,5 % tra il 1929 e il 1940. «Alcune delle corporations statunitensi che investirono in Germania durante gli anni Venti furono la Ford, la General Motors, la General Electric, la Standard Oil, la Texaco, la Itt e la Ibm, e tutte miravano al crollo della manodopera e del partito della classe operaia. Numerose di queste aziende continuarono le loro operazioni in Germania durante la guerra, usando a volte la forza lavoro degli schiavi dei campi di concentramento, con pieno appoggio del governo americano».«Ai piloti veniva dato l’ordine di non colpire in Germania le fabbriche di proprietà americana», scrive Michael Parenti. «Così, Colonia venne quasi completamente rasa al suolo dai bombardamenti alleati ma lo stabilimento della Ford, che forniva equipaggiamento militare all’armata nazista, rimase indenne, così i civili tedeschi cominciarono ad usare lo stabilimento come riparo antiaereo». Sullivan e Cromwell, due tra le più potenti imprese legali di Wall Street dagli anni Trenta, «sostennero il fascismo globale». Allen e John Foster Dulles, i due fratelli che erano a capo dell’azienda, «boicottarono nel 1932 il matrimonio della sorella perché lo sposo era ebreo». I fratelli Dulles «fungevano da contatto con la Ig Farben, la ditta che forniva il gas letale usato nelle camere a gas naziste». Prima della guerra, «il fratello maggiore John Foster mandava telegrammi ai suoi clienti tedeschi che cominciavano con il saluto “Heil Hitler” e, nel 1935, negò con superficialità l’idea di una minaccia nazista in un articolo scritto per l’“Atlantic Monthly”». E nel 1939 dichiarò all’Economic Club di New York: «Dobbiamo accogliere e coltivare il desiderio della Nuova Germania di trovare nuove possibilità per le sue iniziative».Il fratello minore, Allen, che nel frattempo aveva incontrato il dittatore tedesco, promosse il concetto post-bellico che le multinazionali erano uno strumento della politica estera americana e, che per questo, dovevano essere immuni dalle legislazioni dei singoli Stati. «Questo concetto venne poi applicato a istituzioni quali la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l’Organizzazione Mondiale del Commercio». Nel 1946 i fratelli Dulles ebbero un ruolo di spicco nella fondazione dell’intelligence americana e nel conseguente reclutamento dei criminali di guerra nazisti. Secondo “InfoShop”, però, «il sostenitore del Terzo Reich più simile a Trump fu Henry Ford, il magnate autocratico che disprezzava i sindacati, schiavizzava i suoi lavoratori e licenziava i dipendenti beccati a guidare macchine di altre case automobilistiche». Un antisemita dichiarato, convinto che gli ebrei corrompessero i “gentili” con «sifilide, Hollywood, gioco d’azzardo e jazz». Nel 1918, Ford comprò e diresse la testata “The Dearborn Independent”, «che diventò presto un forum antisemita». Nel loro libro “Chi finanziò Hitler”, James e Suzanne Pool citano il “New York Times”, che nel 1922 sostenne che «a Berlino vi erano voci ampiamente diffuse circa il finanziamento da parte di Henry Ford al movimento nazionalista antisemita di Adolf Hitler a Monaco».Nel suo romanzo su Ford “Il re macinino”, Upton Sinclair afferma che i nazisti ricevettero 40.000 dollari dal magnate per ristampare volantini antisemiti tradotti in tedesco, mentre altri 300.000 dollari vennero inviati a Hitler attraverso un nipote del Kaiser. «Adolf Hitler gli fu sempre grato, tanto da tenere una foto di grandi dimensioni del pioniere dell’automobile sulla sua scrivania». Il Kaiser sosteneva: «Consideriamo Heinrich (sic) Ford il leader del crescente movimento fascista in America». Hitler sperava un giorno di «importare truppe d’assalto negli Stati Uniti per aiutarlo a diventare presidente». Nel 1938, il giorno del suo settantacinquesimo compleanno, a Henry Ford venne conferita la Gran Croce dell’ordine supremo dell’ Aquila Tedesca dal Führer in persona. Fu il primo americano (il secondo fu James Mooney della Gm) e la quarta persona al mondo (tra queste, Mussolini) a ricevere il più grande riconoscimento concesso a cittadini non tedeschi. Conclude “Mickey Z”: «Spero non ci sia bisogno di dimostrare ulteriormente che il fascismo, la xenofobia e la demagogia sono americani quanto una torta di mele geneticamente modificata». Non fa accezione Trump, che «demonizza chi è già stato demonizzato» (i messicani, gli attivisti neri), e vede aumentare i consensi grazie a quel tipo di retorica.Scorciatoie, da Hitler a Donald Trump. Copione identico, per mietere consensi: il nemico è là fuori, e il nostro eroe vigilerà sulla nazione. «Per tutti coloro che temono e odiano con intensità e consapevolezza i musulmani (e la maggior parte delle persone non bianche) Trump può sembrare una persona sensibile: si batte contro l’Uomo Nero e permette agli americani di dormire sogni tranquilli», scrive il blog “InfoShop”. «Decenni di inarrestabile ed efficace propaganda militare hanno seminato i frutti maturi che Trump sta raccogliendo. Nel 2016 scopriremo quante mele marce riuscirà a scovare». Secondo la fonte statunitense, «ogni volta che l’Isis (o qualche gruppo affine) ammazza un americano o qualcuno di uno Stato alleato, la fama di Trump aumenta, con i suoi seguaci che affermano cose del tipo: “Anche se la gente non vuole ascoltarlo perché spesso ciò che dice è provocatorio, lui dice la verità e tiene d’occhio quei musulmani”». Il candidato repubblicano sarà anche imbarazzante, ma certo non è il primo. E una lunga storia, non segreta ma neppure messa in mostra, lega alcuni campioni americani al nazismo: dai boss di Wall Street al trasvolatore Lindbergh, fino al magnate Ford e ai pesi massimi di alcuni tra le maggiori multinazionali.
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Renzi teme il referendum contro le sue riforme piduiste
Mentre – in piena catastrofe Eurozona – il presidente della Repubblica indica “l’evasione fiscale” come il vero problema del disastro economico che sta retrocedendo l’Italia lontano dal G20 (folle super-tassazione imposta dalla moneta unica, e quindi crollo del Pil, fallimenti, chiusure, licenziamenti), il premier Matteo Renzi completa la narrazione ufficiale, istituzionale, con «l’esaltazione ridicola di quel +0,8% di Pil con cui si chiuderà il 2015 (dopo quattro anni di segni meno, e in presenza di circostanze eccezionalmente favorevoli come il quantitative easing della Bce e il tracollo del prezzo del petrolio)», scrive Dante Barontini, sottolineando che al centro del «soliloquio renziano» di fine anno resta, soprattutto, «il tema “spartiacque” della sua avventura politica», che non sono ovviamente le amministrative di primavera, «ma il referendum confermativo sulla oscena “riforma costituzionale” che sostanzialmente abolisce la Costituzione “nata dalla Resistenza”», quella a cui lo stesso Mattarella non manca di rendere continuamente omaggio.«Inutile star qui a ricordare che alcuni di quelli che Renzi considera “successi” sono in realtà macelleria sociale, a partire dal Jobs Act e dall’abolizione dell’articolo 18, che hanno consegnato la vita e la dignità di ogni singolo lavoratore dipendente al capriccio delle singole imprese o addirittura dei singoli “capetti” e caporali», scrive Barontini su “Contropiano”. «Inutile anche insistere sulla nauseante vicenda delle quattro banche “salvate” sacrificando i correntisti più ingenui, truffati allo sportello con l’offerta di obbligazioni-carta-straccia». Renzi, in realtà, era stato scelto per la bisogna: «Lo abbiamo messo lì noi», rivendicò allegramente Sergio Marchionne quasi agli inizi. Messo lì, Renzi, «per distruggere definitivamente il patto costituzionale del dopoguerra, già duramente sfibrato dal ventennio berlusconiano e dalla lenta scomparsa di una qualsiasi rappresentanza politica “di sinistra” (la cui azione, insomma, fosse coerente con le parole)».E quindi, conclude Barontini, ha perfettamente senso che il premier non-eletto leghi al referendum d’autunno il suo destino politico, «anche se non giureremmo sulle sue effettive dimissioni in caso di sconfitta». Ma attenzione: «Non c’è solo la nefasta grandezza del legare il proprio nome a una svolta reazionaria di portata storica, che manda in soffitta il “patto tra i produttori” (con tutti i compromessi del dopoguerra) e disegna una Terza Repubblica piduista e repubblichina (in combinazione con l’Italicum), in cui soltanto i ceti dominanti possono disporre di rappresentanza e accedere ai palazzi del potere (o quel che ne è rimasto, dopo i molti trasferimenti di sovranità all’Unione Europea)». Secondo l’analista, c’è anche la certezza di una catastrofe del Pd alle elezioni amministrative di primavera. Soprattutto in quelle città dove, per motivi diversi, il partito del premier è quasi scomparso dalla scena politica: Roma e Napoli. «Due città opposte, con la prima che ha visto il Pd gestire l’amministrazione all’interno del sistema chiamato Mafia Capitale, e la seconda che lo aveva espulso già quattro anni fa, scegliendo De Magistris anziché uno dei tanti maneggioni del circo barnum “democratico”».«Il rottamatore quindi lascia che siano i suoi uomini a gestire e perdere la partita di primavera, svalutandone il significato politico generale già cinque mesi prima delle elezioni. E cerchia in rosso la data del referendum per stabilire se la reazione – con lui al balcone – avrà davvero vinto o no». Per Barontini sarà una partita complicata, «perché la retorica del “nuovo” (le riforme, i giovani ministri sempre sorridenti, le facce ignote – più che nuove – che ammoniscono il popolo ogni giorno dallo schermo) ha in genere facile gioco contro tutto quel che – per le ragioni più diverse, dalle nobili alle ignobili – viene comunque racchiuso sotto l’etichetta del “vecchio”». Se non si vuol essere solo spettatori passivi «bisognerebbe saper rovesciare questi termini», perché «non c’è nulla di più “vecchio” di una società in cui chi non possiede un’impresa non ha nemmeno diritto di parola. Non c’è nulla di più “preistorico” di un rapporto di lavoro in cui il “prestatore d’opera” deve essere sempre flessibile e muto, “liquido” e sostituibile in ogni istante. È il mondo disegnato dal capitale multinazionale e dall’Unione Europea, cui Renzi presta temporaneamente la faccia e le battutine».Mentre – in piena catastrofe Eurozona – il presidente della Repubblica indica “l’evasione fiscale” come il vero problema del disastro economico che sta retrocedendo l’Italia lontano dal G20 (folle super-tassazione imposta dalla moneta unica, e quindi crollo del Pil, fallimenti, chiusure, licenziamenti), il premier Matteo Renzi completa la narrazione ufficiale, istituzionale, con «l’esaltazione ridicola di quel +0,8% di Pil con cui si chiuderà il 2015 (dopo quattro anni di segni meno, e in presenza di circostanze eccezionalmente favorevoli come il quantitative easing della Bce e il tracollo del prezzo del petrolio)», scrive Dante Barontini, sottolineando che al centro del «soliloquio renziano» di fine anno resta, soprattutto, «il tema “spartiacque” della sua avventura politica», che non sono ovviamente le amministrative di primavera, «ma il referendum confermativo sulla oscena “riforma costituzionale” che sostanzialmente abolisce la Costituzione “nata dalla Resistenza”», quella a cui lo stesso Mattarella non manca di rendere continuamente omaggio.
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Lo straordinario coraggio del popolo siriano parla a tutti noi
Giorno e notte, per anni, una forza travolgente s’è abbattuta su questa nazione tranquilla, una delle culle della civiltà umana. Centinaia di migliaia sono morti, e milioni sono stati costretti a fuggire all’estero o sono stati sfollati. In molte città e villaggi non una casa è rimasta intatta. Ma la Siria è, contro ogni previsione, ancora in piedi. Negli ultimi 3 anni ho lavorato in quasi tutti gli angoli della Siria, denunciando la nascita dell’Isil nei campi gestiti dalla Nato costruiti in Turchia e Giordania. Ho lavorato nella alture occupate del Golan, e in Iraq. Ho lavorato anche in Libano, un paese ora costretto ad ospitare più di 2 milioni (per lo più siriani) di rifugiati. L’unico motivo per cui l’Occidente ha iniziato la sua orribile campagna di destabilizzazione, era perché “non poteva tollerare” la disobbedienza della Siria e la natura socialista del suo Stato. In breve, il modo in cui la dirigenza siriana metteva il benessere del suo popolo al di sopra degli interessi delle multinazionali.Più di due anni fa, la mia ex-videoredattrice indonesiana pretese una risposta in tono alterato: «Così tante persone muoiono in Siria! Ne vale davvero la pena? Non sarebbe più semplice e migliore per i siriani mollare e lasciare che gli Stati Uniti abbiano ciò che esigono?». Cronicamente pietrificata, questa giovane donna era sempre alla ricerca di soluzioni facili per mantenersi al sicuro, e con significativi vantaggi personali. Come tanti altri oggi, di questi tempi, per sopravvivere e andare aventi, hanno sviluppato un sistema contorto che poggia su tradimenti, autodifese e inganni. Come rispondere a una domanda del genere? Era legittima, dopo tutto. Eduardo Galeano mi disse: «La gente sa quando è il momento di combattere. Non abbiamo il diritto di dirglielo… e quando lo decide, è nostro obbligo sostenerla, anche guidandola se ci avvicina». In questo caso, il popolo siriano ha deciso. Alcun governo o forza politica potrebbe imporre a un’intera nazione tale enorme eroismo e sacrificio.I russi l’hanno fatto durante la Seconda Guerra Mondiale, e i siriani lo fanno ora. Due anni fa risposi così: «Ho assistito al crollo totale del Medio Oriente. Non c’era più niente in piedi. I paesi che hanno optato per la propria strada sono stati letteralmente rasi al suolo. I paesi che hanno ceduto ai dettami occidentali hanno perso anima, cultura ed essenza, trasformandosi alcuni nei luoghi più miseri della terra. E i siriani lo sapevano: se si arrendevano, sarebbero divenuti un altro Iraq, Yemen o Libia, perfino Afghanistan». E così la Siria si oppose. Decise di combattere, per sé e per la sua parte nel mondo. Ancora una volta, elesse il suo governo e si appoggiò al suo esercito. Qualunque cosa gli occidentali dicessero, qualsiasi tradimento le Ong scrivessero, la semplice logica lo dimostrava. Questa nazione modesta non ha media così potenti da condividere i propri coraggio e agonia col mondo. Sono sempre gli altri che ne commentano la lotta, spesso in modo del tutto dannoso. Ma è innegabile che, mentre le forze sovietiche fermarono l’avanzata dei nazisti a Stalingrado, i siriani sono riusciti a fermare le forze fasciste alleate degli occidentali nella sua parte del mondo.Naturalmente la Russia ne è direttamente coinvolta. Naturalmente la Cina osserva, anche se spesso nell’ombra. E l’Iran ha dato aiuto. Ed Hezbollah del Libano ha fatto ciò che descrivo spesso, una lotta epica assieme a Damasco contro i mostri estremisti inventati e armati da Occidente, Turchia e Arabia Saudita. Ma il merito principale deve andare al popolo siriano. Sì, ora non c’è più nulla del Medio Oriente. Ora sono più le lacrime che le gocce di pioggia a scendere su questa terra antica. Ma la Siria è in piedi. Bruciata, ferita, ma in piedi. E come è stato ampiamente riportato, dopo che le forze armate russe sono giunte in soccorso della nazione siriana, oltre 1 milione di siriani è potuto reintrare a casa… spesso trovando solo cenere e devastazione, ma a casa. Come le persone tornarono a Stalingrado, oltre 70 anni fa.Quindi quale sarebbe la mia risposta a tale domanda ora: “sarebbe più facile il contrario”, arrendersi all’Impero? Credo qualcosa del genere: «La vita ha un senso, è degna di essere vissuta solo se possono essere soddisfatte certe condizioni di base. Non si tradisce un grande amore, sia esso per un’altra persona o per un paese, l’umanità o gli ideali. Se non lo si fa, sarebbe meglio non nascere affatto. Allora dico: la sopravvivenza del genere umano è l’obiettivo più sacro. Non qualche effimero vantaggio o ‘sicurezza’ personale, ma la sopravvivenza di tutti noi, persone, nonché della sicurezza di tutti noi, esseri umani». Quando la vita stessa è minacciata, la gente tende a opporsi e a combattere, istintivamente. In quei momenti, alcuni dei capitoli più monumentali della storia umana sono stati scritti. Purtroppo, in quei momenti, milioni morirono. Ma la devastazione non è a causata da coloro che difendono la nostra razza umana. E’ causata dai mostri imperialisti e dai loro succubi.La maggior parte di noi sogna un mondo senza guerre, senza violenza. Vogliamo che la vera bontà prevalga sulla Terra. Molti di noi lavorano senza sosta per tale società. Ma fino a quando non sarà costruita, fino a quando ogni egoismo estremo, avidità e brutalità sarà sconfitto, dobbiamo lottare per qualcosa di molto più “modesto”, per la sopravvivenza dei popoli e dell’umanesimo. Il prezzo è spesso orribile. Ma l’alternativa è un grande vuoto. Semplicemente il nulla, alla fine, e nient’altro! A Stalingrado, milioni morirono per farci vivere. Nulla rimase della città, tranne che acciaio fuso, mattoni sparsi e un oceano di cadaveri. Il nazismo fu fermato. L’espansionismo occidentale iniziava la ritirata, all’epoca verso Berlino. Ora la Siria, con calma ma stoicamente ed eroicamente, si oppone ai piani sauditi, qatarioti, israeliani, turchi e occidentali per distruggere il Medio Oriente. E il popolo siriano ha vinto. Per quanto tempo, non lo so. Ma ha dimostrato che un paese arabo può ancora sconfiggere potenti orde assassine.(Andre Vltchek, “La Siria è la Stalingrado del Medio Oriente”, dalla rivista oline “New Eastern Outlook” del 2 gennaio 2016, ripreso dal newsmagazine “Aurora”. Andre Vltchek è un filosofo e scrittore russo, anche regista e giornalista investigativo, ideatore di “World Vltchek”, applicazione per Twitter).Giorno e notte, per anni, una forza travolgente s’è abbattuta su questa nazione tranquilla, una delle culle della civiltà umana. Centinaia di migliaia sono morti, e milioni sono stati costretti a fuggire all’estero o sono stati sfollati. In molte città e villaggi non una casa è rimasta intatta. Ma la Siria è, contro ogni previsione, ancora in piedi. Negli ultimi 3 anni ho lavorato in quasi tutti gli angoli della Siria, denunciando la nascita dell’Isil nei campi gestiti dalla Nato costruiti in Turchia e Giordania. Ho lavorato nella alture occupate del Golan, e in Iraq. Ho lavorato anche in Libano, un paese ora costretto ad ospitare più di 2 milioni (per lo più siriani) di rifugiati. L’unico motivo per cui l’Occidente ha iniziato la sua orribile campagna di destabilizzazione, era perché “non poteva tollerare” la disobbedienza della Siria e la natura socialista del suo Stato. In breve, il modo in cui la dirigenza siriana metteva il benessere del suo popolo al di sopra degli interessi delle multinazionali.
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Usa: tutti più poveri, non stupitevi se vorranno l’uomo forte
Scende la durata della vita, cresce a dismisura la vendita di armi insieme alla frustrazione, alla rabbia, al senso di precarietà e insicurezza. «La fotografia impietosa e allarmante fornita da Robert Reich dei sentimenti che pervadono la sempre più impoverita classe media americana contraddice la rosea immagine divulgata dai nostri media di un’America “in ripresa” dove l’economia cresce e i posti di lavoro aumentano», scrive Maria Grazia Bruzzone. «Quella che era stata la grande forza degli Stati Uniti – una classe media solida, lavoratrice, fiduciosa, dove l’ascensore sociale funzionava, esempio per il mondo – non esiste più e non è una novità. Ma oggi si sta avviando per una china preoccupante alla ricerca dell’uomo forte che possa salvarla. Sta già accadendo». Non solo. «I sentimenti che pervadono la “classe ansiosa”, come la chiama Reich, ci sembrano assomigliare molto a quelli di noi europei. Sempre più attratti, infatti, da partiti anti-sistema, così come negli Usa volano i sondaggi per quell’outsider estremista che è Donald Trump, dal quale i media tutti prendono sdegnosamente distanza, non senza imbarazzo, ma senza vederne la spia di un fenomeno sociale».Con Trump, i media americani si sono comportanti esattamente come quelli europei nei confronti di Marine Le Pen in Francia, «fino a plaudire all’anomala “alleanza” di sinistra e destra “moderata” che ne ha bloccato la vittoria, ma non l’ascesa come primo partito». Sono i motivi per cui, sul suo blog su “La Stampa”, la Bruzzone propone la traduzione di un recente post di Robert Reich, «non un estremista e neppure un disfattista, ma un ex sottosegretario al lavoro durante la presidenza Bill Clinton». Oggi saggista e blogger, con libri pubblicati anche in Italia. «Un allarme, il suo, che fa riflettere. A partire dal titolo: “La classe media americana è in uno stato di rivolta”». Scrive Reich: «La grande classe media americana è diventata una classe ansiosa – ed è in rivolta». Innanzitutto «si sta vieppiù restringendo, come risulta da un’indagine Pew». La middle class «non rappresenta più la maggioranza degli americani, sorpassata dalla somma delle famiglie di classe alta – i ricchi – e bassa – i poveri». Oggi, «le probabilità di cadere nella povertà sono alte in modo impressionante, specialmente per la maggioranza priva di istruzione superiore».Due terzi degli americani vivono di stipendio in stipendio, continua Reich. «La maggior parte può perdere il lavoro in ogni momento. Molti appartengono alla crescente forza lavoro “a richiesta”, impiegati quando e se ve ne sia bisogno, pagati quel che si può, quando si può. Se non riescono a farcela col pagamento dell’affitto o del mutuo, o non ce la fanno a pagare il negozio di alimentari o le bollette, perderanno la loro base e arretreranno ancora». Lo stress impone il pagamento di un pedaggio salatissimo, anche in termini di salute: «Per la prima volta nella storia, la durata della vita della classe media bianca sta scendendo». Secondo una recente ricerca dell’economista Premio Nobel Angus Deaton e della sua collega Anne Case, uomini e donne bianchi di mezza età negli Usa hanno cominciato a morire più presto: «Si avvelenano con droghe e alcol, o commettono suicidio. Le probabilità di essere uccisi da un jihadista in America sono di gran lunga inferiori alla probabilità di queste morti auto-infitte», e la recente tragedia di San Benardino «si limita ad innalzare un senso di arbitrarietà e fragilità soverchianti».La “classe ansiosa” si sente vulnerabile davanti a forze di cui non ha alcun controllo, e in più sa di non poter contare su un governo che la protegga. «Le reti della sicurezza sono piene di buchi. La maggior parte di coloro che hanno perso il lavoro non hanno neppure un’assicurazione per la disoccupazione» (la cassa integrazione negli Usa non è mai esistita). «Il governo non proteggerà il loro posto di lavoro dall’essere trasferito (“outsourced”) in Asia, o dal venir sostituito da un lavoratore illegale». Il governo «non è neppure in grado di proteggerli da persone malvage con armi o bombe. Ed è il motivo per cui la classe ansiosa si sta armando, comprando armi in quantità record». In novembre, l’Fbi ha censito 2 milioni e 243.000 nuove armi: il 2015 si avvia così a superare il record del 2013, con 21 milioni di armi. «Il governo è considerato non tanto incompetente quanto incapace di dar loro un accidente», continua Reich. «Lavora per i big e i ricchi – il “capitalismo degli amici” che foraggia i candidati e ottiene in cambio speciali favori». Moltissimi gli “arrabbiati”, convinti che il governo «è gestito dai banchieri di Wall Street che sono stati salvati dopo aver provocato il caos nell’economia, dai titani delle corporations che hanno ottenuto lavoro a basso costo, dai miliardari che hanno avuto scappatoie fiscali di ogni genere».Due autorevoli scienziati della politica, Martin Gilens e Benjamin Page, hanno esaminato 1.799 decisioni prese dal Congresso in vent’anni, scoprendo e chi le ha influenzate. La loro conclusione: «Le preferenze dell’americano medio sembrano state scarsissime, vicine allo zero, statisticamente non rilevanti nell’impatto sulla politica pubblica». Per Reich, «è solo una questione di tempo prima che la classe ansiosa si rivolti. Sosterranno un uomo forte che li protegga da tutto il caos. Uno che salvi il loro posto di lavoro dall’essere trasferito all’estero, si scontri con Wall Street, bastoni la Cina, faccia piazza pulita dei lavoratori illegali, impedisca ai terroristi di entrare in America. Un uomo forte che possa rendere l’America di nuovo grande – che in realtà significa rendere di nuovo sicuri i cittadini che lavorano. Era – è – un sogno del tubo, naturalmente, un inganno da illusionista. Nessuna persona singola può fare questo. Il mondo è di gran lunga troppo complesso. Non puoi costruire un muro lungo il confine col Messico [dal quale entrano negli Usa migliaia di immigranti, lavoratori illegali]. Non puoi tener fuori tutti i musulmani come ha appena proposto Trump, con grande scandalo mediatico. Non puoi impedire alla corporations di spostare sedi all’estero. Non lo si può nemmeno tentare. Eppure, loro pensano che ci possa essere uno abbastanza intelligente e in gamba da poter cambiare tutto».Donald Trump, per esempio: «E’ ricco. Dice le cose come stanno. Rende ogni tema un test della sua forza personale. Dice che i suoi avversari sono deboli mentre lui è forte. E’ crudo e rude? Forse è quel che ci vuole per proteggere la gente media in questo mondo crudelmente precario». Per anni, Reich ha percepito «il brontolio della classe ansiosa». Scrive: «Ho ascoltato la sua rabbia crescente – nelle sedi sindacali, nei bar, nelle miniere di carbone e nei saloni di bellezza, nelle strade e lungo le acque stagnanti dell’America. Per anni ho sentito le sue lamentele, le sue teorie cospirazioniste, la sua indignazione». Spiega: «Per lo più sono brava gente, non bigotti o razzisti. Lavorano sodo e hanno un grande senso dell’equità. Ma il loro mondo pian piano è stato messo da parte. E loro sono impauriti e stanchi». Ora che succede? «Arriva qualcuno che è anche più bullo di quelli che per anni li hanno angariati economicamente, politicamente e anche violentemente. L’attrazione è comprensibile, anche se mal riposta. Se non sarà Donald Trump, sarà qualcun altro che si presenta come uomo forte. Se non sarà questo ciclo elettorale, sarà il prossimo. La rivolta della classe media ansiosa è appena cominciata».Scende la durata della vita, cresce a dismisura la vendita di armi insieme alla frustrazione, alla rabbia, al senso di precarietà e insicurezza. «La fotografia impietosa e allarmante fornita da Robert Reich dei sentimenti che pervadono la sempre più impoverita classe media americana contraddice la rosea immagine divulgata dai nostri media di un’America “in ripresa” dove l’economia cresce e i posti di lavoro aumentano», scrive Maria Grazia Bruzzone. «Quella che era stata la grande forza degli Stati Uniti – una classe media solida, lavoratrice, fiduciosa, dove l’ascensore sociale funzionava, esempio per il mondo – non esiste più e non è una novità. Ma oggi si sta avviando per una china preoccupante alla ricerca dell’uomo forte che possa salvarla. Sta già accadendo». Non solo. «I sentimenti che pervadono la “classe ansiosa”, come la chiama Reich, ci sembrano assomigliare molto a quelli di noi europei. Sempre più attratti, infatti, da partiti anti-sistema, così come negli Usa volano i sondaggi per quell’outsider estremista che è Donald Trump, dal quale i media tutti prendono sdegnosamente distanza, non senza imbarazzo, ma senza vederne la spia di un fenomeno sociale».
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L’imam filo-Pd e la fiction del terrore, da Osama all’Isis
“La verità è così preziosa che bisogna proteggerla sempre con una cortina di bugie”. (Winston Churchill). Il livello di propaganda che emana dai media in questa grande campagna d’autunno all’insegna della strategia della tensione globale ha ormai superato ogni limite di tolleranza, per non dire di decenza. Credo che oramai questa cosa del “più la bugia è grossa e più la gente la crederà” stia loro sfuggendo di mano. La saggezza popolare, quella che, nella scritta sul muro qui sopra, sfida il nemico fantasmatico a palesarsi nel reale per un virile e decisivo fare a cazzotti, è sempre pronta a vedere la nudità dell’imperatore e ogni volta che appare un nuovo nemico già ex-amico, una nuova compagine terroristica dal nome improbabile, un nuovo babau – anche se non è ancora stato trovato un caratterista all’altezza dell’Osama Bin Laden fatto morire nell’epico finale della serie “Al Qaeda” – è sempre meno disposta a crederci. La grossezza della bugia deve diventare quindi enormità, essa si gonfia fino a che un giorno, inevitabilmente, non potrà che esplodere in faccia a coloro che l’hanno creata ed hanno continuato a gonfiarla a dismisura credendo di poterlo fare all’infinito.Si comincia a credere sempre meno alla narrazione di ogni ennesimo attentato anche se non si appartiene alla categoria dei complottisti, perché nel mondo dell’informazione mainstream 2.8, stanno esagerando, secondo me, con quella che ormai non è nemmeno più affabulazione ma pura mitopoiesi. E’ una cascata di menzogne con l’aggravante della presunzione dell’idiozia totale dell’ascoltatore. Le palle, di tutti i colori, rotolano in salotto dal televisore trasformandocelo in un’area bimbi dell’Ikea. La creazione del nemico è fatta di caratteristi ed improbabili macchiette che lo risulterebbero anche in un film di 007, dei quali ormai si lanciano al pubblico solo i pochi brandelli rimasti dopo che si sono fatti immancabilmente esplodere, tra cui sempre gli incredibili passaporti intonsi. A volte sono solo nomi senza volto, Carneadi assurti agli onori della cronaca per ancor meno del quarto d’ora sindacale. Immagini fuggenti che però rimangono bene impresse nella mente, come solo i fantasmi riescono a fare.Vogliamo parlare dei famigerati filmati dell’Isis mandati regolarmente alla Signora Katz (alla quale scommetto nessuna intelligence va a chiedere come faccia ad avere sempre il canale aperto con l’Isis)? Lì vale il trucco del “non possiamo ovviamente mostrarvene le immagini”. E’ noto che basta offrire un lieve input al nostro inconscio per farlo scatenate in immaginazioni degne del peggior incubo. All’inizio il messaggio è “Jihadi John è un terrorista islamico che ha tagliato la testa ad un prigioniero occidentale”. Poi vi fanno vedere uno vestito ed incappucciato di nero (il Babau) con un coltello in mano e il prigioniero inginocchiato. Vi descrivono cosa accade in seguito ma non vi fanno vedere ovviamente le immagini, tanto voi ve le figurate lo stesso il più crude possibile e meglio di qualsiasi Eli Roth alla regia. Una volta stabilito il collegamento islamico=tagliagole attraverso lo shock emotivo della decapitazione fantasticata, senza contare l’evocazione di un archetipo come il sacrificio umano, basterà solo nominare “Isis” o anche solo “coltello”, e tutti risponderanno correttamente con la vampata di terrore che paralizza e sconvolge e l’odio verso il boia fantasma di turno.Siamo cani infedeli, è vero, ma cani di Pavlov. Questo è nient’altro che condizionamento operante.Un arnese vecchio come il cucco ma che, a quanto pare, ancora funziona. Non so se ve ne siete accorti ma, con questi ultimi attentati interpretati dai caratteristi islamici, gli sceneggiatori globalisti dello spin-off di “Al Qaeda”, ovvero “Isis”, stanno cercando di palestinizzare l’Europa. E visto che il masterplan in Europa è il governo unico, la sbobba unica europea che governi il meticciato ingovernabile del prossimo regno delle corporation post Ttip, dopo Parigi la prossima location del tour della paura non può che essere Bruxelles. E’ ovvio che, se il terrorismo minaccia Bruxelles, ci vuole più Europa. Con la speranza forse che “sarà l’Isis a far nascere l’Europa” (“il discorso di Hollande tocca un punto cruciale: che è stata colpita l’Europa, non la Francia. E che quando si parla di confini non si parla di quelli nazionali. Forse la tragedia di Parigi può essere la svolta per il Vecchio Continente”).Un’altra cosa che non credo riusciranno a reggere in eterno, oltre le spudorate menzogne, è l’imposizione della dissonanza cognitiva tra Islam terrorista cattivo / Islam di pace e moderato. Già si fatica a capire perché, mentre si sta facendo di tutto per farci percepire gli islamici come terroristi sanguinari e tagliagole, e quindi farceli odiare, allo stesso tempo ci stiano riempiendo di islamici a strafottere, con l’obbligo di accoglierli, amarli e di non indulgere nell’islamofobia (una delle cinquanta sfumature del piagnonismo minoritario politicamente corretto). Ma come si fa? Pretenderebbero che li odiassimo (come Netanyahu, ad esempio) e allo stesso tempo li amassimo cristianamente come Papa Francesco. La percezione quantistica dell’Islam. “Ti odio e poi ti amo e poi ti amo e poi ti odio e poi ti amo”, cantava Mina, ma era una canzone. Qui siamo in guerra e in guerra non è concepibile non sapere chi è il nemico o ondeggiare nell’indeterminazione, a meno che ciò non serva a qualcuno e noi siamo solo pupazzi ammaestrati o i cani di Pavlov di cui sopra.E’ ovvio che non tutti i musulmani sono jihadisti e wahabiti e che non tutti gli imam sono come quello a Brest che insegna ai bambini che la musica è haram e che chi l’ama sarà tramutato in porco, altrimenti non esisterebbe la pregevolissima musica mediorientale.D’altra parte nelle manifestazioni di condanna degli islamici al terrorismo (dallo slogan chiaramente spin #notinmyname), nonostante il tentativo di farle passare per oceaniche dalla solita informazione che esegue solo gli ordini, si è trattato di appena 400-500 gatti tra il solito piddinume da parata ed esclusi l’omaccia della Cgil, il Landini ingolfato, il centrodestra in tracce (Casini e Cicchitto) e le istituzioni in contumacia. A Milano hanno rischiato di essere stati di più al raduno degli ex-paninari in S.Babila. Insomma il “da che parte stanno” che in guerra è di prammatica e durante la Seconda Guerra Mondiale mandò i giapponesi d’America in campi di concentramento, è ancora per noi un mistero. Perciò, quando senti l’Allahu akbar gridato dai saraceni appena sbarcati, è l’antico sangue templare che ti ribolle nelle vene o solo il timore che, una volta in Europa, l’islamico pacifico e moderato getti la maschera e vada a dar di rota alla vecchia scimitarra?Vi è un’innegabile ambiguità islamica che permette a qualcuno di manipolarla a scopo di creazione del caos. Ciò che mi sembra interessante chiedersi, a questo punto, è perché diavolo le istituzioni islamiche, più che scendere inutilmente e vergognosamente in quattro gatti in piazza in favore di telecamera, non denuncino l’evidente strumentalizzazione globalista dei suoi estremisti jihadisti a progetto per scopi che paiono servire più che altro i loro nemici storici ed il loro alleato in bisinissi l’Arabia Saudita, per non parlare dei doppiogiochisti turchi, da sempre con un piede nell’Islam e l’altro in Europa. Perché insomma queste istituzioni moderate, di pace e fratellanza, che dovrebbero rappresentare i buoni ed onesti tra i musulmani, non dicano: “Ci siamo accorti anche noi che è un grande inganno e vogliamo denunciarlo perché ci danneggia come danneggia voi”. Invece, zitti.Cari saraceni, non è che ci state credendo veramente a questa reconquista, per caso? Non crederete anche voi, spero, alla telenovela della Katz con il trailer della Tour Eiffel che crolla nel prossimo episodio? Pensate che facendo i piddini e campagna elettorale per loro, ciò possa servire alla causa del profeta? Ci costringete quindi proprio ad odiarvi, noi che volevamo solo amarvi? Perché sappiate che islamico + piddino raddoppia i punti e si completa prima la raccolta.(Barbara Tampieri aka Lameduck, “Il tempo dell’inganno universale”, da “L’Orizzonte degli Eventi” del 22 novembre 2015).“La verità è così preziosa che bisogna proteggerla sempre con una cortina di bugie”. (Winston Churchill). Il livello di propaganda che emana dai media in questa grande campagna d’autunno all’insegna della strategia della tensione globale ha ormai superato ogni limite di tolleranza, per non dire di decenza. Credo che oramai questa cosa del “più la bugia è grossa e più la gente la crederà” stia loro sfuggendo di mano. La saggezza popolare, quella che, nella scritta sul muro qui sopra, sfida il nemico fantasmatico a palesarsi nel reale per un virile e decisivo fare a cazzotti, è sempre pronta a vedere la nudità dell’imperatore e ogni volta che appare un nuovo nemico già ex-amico, una nuova compagine terroristica dal nome improbabile, un nuovo babau – anche se non è ancora stato trovato un caratterista all’altezza dell’Osama Bin Laden fatto morire nell’epico finale della serie “Al Qaeda” – è sempre meno disposta a crederci. La grossezza della bugia deve diventare quindi enormità, essa si gonfia fino a che un giorno, inevitabilmente, non potrà che esplodere in faccia a coloro che l’hanno creata ed hanno continuato a gonfiarla a dismisura credendo di poterlo fare all’infinito.
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Craig Roberts: schiavi e padroni (di tutto, anche degli Stati)
Una nuova schiavizzazione delle popolazioni occidentali è in atto su diversi livelli. Uno di cui sto parlando da almeno dieci anni è la delocalizzazione del lavoro. Gli Stati Uniti, ad esempio, partecipano sempre meno alla produzione dei beni e dei servizi che finiscono sul loro mercato. Ad un altro livello stiamo esperendo la finanziarizzazione dell’economia occidentale, della quale Michael Hudson è uno dei maggiori esperti (“Killing the host”). La finanziarizzazione è il processo di rimozione di ogni tipo di presenza pubblica nell’economia e la conversione del surplus economico nel pagamento di interessi al settore finanziario. Questi due fattori privano la gente di prospettive economiche. Una terzo li priva dei diritti politici. Il Tpp e il Ttip eliminano la sovranità politica e spostano il controllo sulle grandi aziende. Questi cosiddetti “partenariati commerciali” non hanno nulla a che fare con il business. Questi accordi negoziati in segreto accordano immunità alle grandi aziende nei confronti delle leggi nazionali dei paesi in cui operano.Questo obiettivo viene raggiunto inquadrando ogni intromissione nei profitti aziendali da parte di leggi esistenti o potenziali come una limitazione agli affari, per la quale le aziende possono intentare causa ai governi “sovrani”. Per esempio il divieto in Francia ed altre nazioni riguardo gli Ogm verrebbe annullato dal Ttip. La democrazia viene semplicemente sostituita dalle regole aziendali. Avrei voluto parlare di più di tutto questo. Comunque altri, come Chris Hedges, stanno facendo un buon lavoro per spiegare la stretta del potere che sta eliminando i governi rappresentativi. Le grandi aziende comprano il potere a basso prezzo. Hanno comprato la Camera dei Rappresentanti negli Usa per meno di 200 milioni di dollari. Questo è quanto è stato dato al Congresso per proseguire con “Fast Track”, che permette al braccio delle corporation, il Rappresentante del Commercio Usa, di negoziare segretamente senza spinta o supervisione da parte del Congresso stesso.In altre parole un agente delle grandi aziende si relaziona con altri suoi simili nelle nazioni che compromettono la “partnership” e questo gruppetto di gente profumatamente prezzolata scrive accordi che soppiantano la legge a favore degli interessi aziendali. Nessuna delle persone coinvolte rappresenta gli interessi delle nazioni o delle loro popolazioni. I governi delle nazioni aderenti alla partnership possono solo votare sì o no all’accordo… e verranno pagati profumatamente per votare nel modo giusto. Una volta che queste partnership sono attive, i governi stessi sono come privatizzati. Legislature, presidenti, primi ministri e giudici non hanno più alcuna ragione di esistere. I tribunali aziendali decidono le leggi e il funzionamento delle corti.È probabile che questa “partnership” avranno conseguenze indesiderate. Per esempio, Russia e Cina non fanno parte degli accordi, così come Iran, Brasile, India e Sud Africa, benchè, separatamente, il governo indiano sembra essere stato comprato dai grandi capitali agricoli statunitensi e sia sulla strada della distruzione del proprio sistema autosufficiente di produzione del cibo. Questa nazioni saranno depositarie della sovranità nazionale e del controllo pubblico, mentre libertà e democrazia saranno estinte in Occidente e presso i suoi vassalli asiatici. Rivoluzioni violente per tutto l’Occidente e la completa eliminazione dell’“un per cento” è un altro scenario possibile. Ad esempio, una volta che la popolazione francese avrà scoperto di aver perso il controllo sulla propria dieta a vantaggio della Monsanto e dell’agribusiness statunitense, i membri del governo francese che hanno condotto il paese verso una prigione alimentare di cibo tossico probabilmente verranno fatti a pezzi per le strade. Eventi di questo tipo sono possibili in Occidente solo se le popolazioni scopriranno di aver totalmente perso il controllo su ogni aspetto della loro vita e che l’unica scelta è tra la rivoluzione o la morte.(Paul Craig Roberts, “La ri-schiavizzazione delle genti occidentali”, da “Counterpunch” del 10 novembre 2015, tradotto da “Come Don Chisciotte”).Una nuova schiavizzazione delle popolazioni occidentali è in atto su diversi livelli. Uno di cui sto parlando da almeno dieci anni è la delocalizzazione del lavoro. Gli Stati Uniti, ad esempio, partecipano sempre meno alla produzione dei beni e dei servizi che finiscono sul loro mercato. Ad un altro livello stiamo esperendo la finanziarizzazione dell’economia occidentale, della quale Michael Hudson è uno dei maggiori esperti (“Killing the host”). La finanziarizzazione è il processo di rimozione di ogni tipo di presenza pubblica nell’economia e la conversione del surplus economico nel pagamento di interessi al settore finanziario. Questi due fattori privano la gente di prospettive economiche. Una terzo li priva dei diritti politici. Il Tpp e il Ttip eliminano la sovranità politica e spostano il controllo sulle grandi aziende. Questi cosiddetti “partenariati commerciali” non hanno nulla a che fare con il business. Questi accordi negoziati in segreto accordano immunità alle grandi aziende nei confronti delle leggi nazionali dei paesi in cui operano.
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Prima dell’acqua potabile, Messina avrà il plastico del Ponte
Berlusconi ci aveva provato con la Protezione Civile di Bertolaso, il suo ras delle Grandi Opere e dei Grandi Eventi per il business del ventunesimo secolo: un Italia da trasformare interamente in un lucroso enorme luna park per turisti. Varie ed eventuali implicazioni criminali di quel tentativo a parte, dal punto di vista politico-economico anche Matteo Renzi sembra pensare ad un progetto del genere, almeno fin da quando ha sostituito Lupi alle Infrastrutture (ex Lavori Pubblici) con il suo fedelissimo Delrio. Non sorprende quindi che abbia appena conferito alla Protezione Civile poteri straordinari, dopo aver affondato Marino consegnando il Giubileo al renziano Team Expo, del quale ogni giorno i media embedded tessono le lodi con toni agiografici. Anche il Vaticano sembra partecipare attivamente al programma. Millenario fiuto per gli affari. E l’odore dei soldi inasprisce la guerra fra bande. Oltretevere come nel Pd. Per il riutilizzo dell’area Expo sono già in arrivo almeno duecento milioni di euro.Non ci sarebbe stato bisogno in realtà di nessun Vatileaks per sapere che la Chiesa Cattolica è una delle multinazionali più avide e corrotte del pianeta. E la gestione delle attrazioni e dei flussi turistici è sempre stata una delle sue specialità. Renzi è un animatore turistico, e fare dell’Italia il suo villaggio probabilmente è proprio il compito che gli è stato assegnato. Perché il progetto in realtà non è soltanto berlusconiano. Questa è anche l’idea che le classi dirigenti d’Europa e del resto del mondo hanno dell’Italia: un resort di loro proprietà dove venire ad ammirare panorami, monumenti, e culi, al dolce canto dei tenorini di Sanremo.Quindi il premier che gli serve in Italia è un curatore, un commissario, come Monti, ma con un’immagine mediatica più accattivante. Un commissario cazzaro. E gli serve una Costituzione truccata come una Volkswagen apposta per mantenere il Commizzaro al suo posto il più possibile.Secondo gli ultimi sondaggi, in un eventuale ballottaggio il Movimento 5 Stelle batterebbe il Pd. L’Italicum sarà quindi modificato in modo che assegni la maggioranza assoluta dei seggi al perdente. Poi il Team Expo sostituirà Camera e Senato con due padiglioni. Alla maggioranza del resto degli italiani resteranno i ruoli di cameriere stagionale, sguattero precario, guida turistica abusiva. Pizzaiolo. Cubista. Sfondo da selfie. Agli intellettuali, quello di posteggiatori. Meno i turisti capiranno l’italiano, più apprezzeranno i loro stornelli. Messina avrà il plastico del ponte prima dell’acqua potabile. Mentre il Commizzaro s’impegnerà a dimostrare ai Casamonica d’essere un giostraio più abile di loro.(Alessandra Daniele, “Il Comizzaro”, da “Carmilla online” dell’8 novembre 2015).Berlusconi ci aveva provato con la Protezione Civile di Bertolaso, il suo ras delle Grandi Opere e dei Grandi Eventi per il business del ventunesimo secolo: un Italia da trasformare interamente in un lucroso enorme luna park per turisti. Varie ed eventuali implicazioni criminali di quel tentativo a parte, dal punto di vista politico-economico anche Matteo Renzi sembra pensare ad un progetto del genere, almeno fin da quando ha sostituito Lupi alle Infrastrutture (ex Lavori Pubblici) con il suo fedelissimo Delrio. Non sorprende quindi che abbia appena conferito alla Protezione Civile poteri straordinari, dopo aver affondato Marino consegnando il Giubileo al renziano Team Expo, del quale ogni giorno i media embedded tessono le lodi con toni agiografici. Anche il Vaticano sembra partecipare attivamente al programma. Millenario fiuto per gli affari. E l’odore dei soldi inasprisce la guerra fra bande. Oltretevere come nel Pd. Per il riutilizzo dell’area Expo sono già in arrivo almeno duecento milioni di euro.