Archivio del Tag ‘movimento 5 stelle’
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Qualcosa di sinistra: solo Civati rispetta gli elettori Pd
Il Pd un partito di destra? Certamente sì, se lo si giudica dalla linea politica: al confronto, il Pri di Ugo La Malfa (Prima Repubblica) «sarebbe stato un partito di estrema sinistra». E persino il Pli di Giovanni Malagodi, ultra-liberale, avrebbe tranquillamente “scavalcato a sinistra” l’attuale partito di Renzi e D’Alema. Ma attenzione: la base del Pd resta interamente di sinistra. E il fatto che continui a tollerare un gruppo dirigente «di destra» – o meglio ancora, di semplici «cretini» – non deve impedire all’elettorato di sinistra di riconoscere il problema: lo stesso vecchio Pci, accanto ai suoi meriti storici, ha coltivato grandi difetti, tra cui proprio l’abitudine a fidarsi dei dirigenti, anche se «allevati come polli in batteria» specie dopo l’estinzione dei padri nobili. Un difetto tipico della sinistra italiana, rimediabile forse soltanto con una forte rottura nel gruppo dirigente: cioè con un leader come Civati, l’unico in fondo a rispettare davvero l’ispirazione di sinistra dell’elettorato Pd.
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Contro la Troika solo Grillo è credibile: non è loro complice
E alla fine ci sono andato, anche perché la manifestazione distava ben 900 metri dal portone di casa mia. Non saprei dire se a radunarsi sono state più o meno di 100.000 persone, però è una certezza assoluta che, tranne Grillo, nessun leader politico oggi sarebbe capace di portare in piazza così tanti cittadini, e piazza della Vittoria è maledettamente grande, pare che neppure Papa Ratzinger fosse riuscito a stiparci tanti uomini e donne. Mi sono fermato a parlare con quante più persone possibile soprattutto per capire se fossero già elettori dell’M5S. Ovviamente perlopiù lo sono, ma ho trovato una consistente minoranza (diciamo 4 persone su 10) che mi hanno detto di non avere votato per nessuno alle ultime elezioni politiche oppure di avere votato per qualche partito del centrodestra. Solo uno ha fatto l’outing di essere un elettore di centrosinistra, e per un città rossa come Genova la cosa mi ha dato da pensare. Forse si è trattato solo di vergogna (interessante come cambiano le cose, una volta ci si vergognava di essere elettori di Berlusconi).
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Le Pen e Orban fascisti? Ma Grillo non sa di cosa parla
Passi la condanna dell’atroce “Alba Dorata” che sfrutta la disperazione della Grecia affamata dalla Troika, richiamandosi direttamente all’iconografia nazista. Ma mettere sullo stesso banco egli imputati – categoria: epigoni del fascismo – l’ungherese Viktor Orban e la francese Marine Le Pen è più che assurdo: è ridicolo. Orban? «Quello che il blog di Grillo definisce un estremista è in realtà un moderato che combatte contro quelle lobby europee che anche Grillo dice di combattere», protestano gli analisti del blog “Scenari economici”. Tema: il “ritorno del fascismo in Europa”, evocato dal leader del M5S in vista dell’apertura della campagna elettorale per le europee 2014, in programma con terzo V-Day il 1° dicembre a Genova, destinato a segnare la svolta anti-euro del network coordinato da Casaleggio. Pietra dello scandalo, per “Scenari economici”, un recente post nel quale Grillo tenta di smarcarsi dai “colleghi” europei anti-Ue dopo la dura reprimenda impartita ai suoi parlamentari, troppo “teneri” con i profughi di Lampedusa, su cui per Grillo deve continuare a gravare il reato di clandestinità confezionato dalla Bossi-Fini.Il Grillo del novembre 2013 non spara più solo contro la piccola casta italiana dei “maggiordomi”, ma prende di mira quella vera: «Le oligarchie finanziarie si baloccano con governi compiacenti o direttamente imposti da loro». Si è “accorto”, Grillo, che «la Bce ha ormai il potere di influenzare la composizione dei governi nazionali». Brutta gente: «Questi alchimisti dello spread evocano una nuova guerra santa contro i “populismi”, rei di mettere in discussione un’architettura economica costruita sopra le teste dei cittadini». Povertà e la disoccupazione dilagano ovunque, in Europa: «La Grecia è stata lasciata morire dai “fratelli” europei, sacrificata sull’altare delle banche tedesche e francesi che volevano indietro la loro “libbra di carne”». L’Ue pretende «la spoliazione dei beni dello Stato e la distruzione del tessuto sociale, dei servizi di prima necessità, come la sanità». L’Europa? «Sta diventando un lazzaretto. Chi si ammala è lasciato alla sua sorte». Che razza di Europa è questa? «Assomiglia a quelle riunioni di mafiosi in cui chi sgarra viene assassinato».“Solidarietà”, insiste Grillo, doveva essere la prima parola, il primo mattone dell’edificio europeo. E invece, «i garanti dello status quo ormai insopportabile (in Italia la coppia al comando è Napolitano-Letta) continuano imperturbabili nelle loro convinzioni ignorando il mondo che gli sta crollando intorno. Indifferenti a un mostro che si sta svegliando e che sarà difficile, quasi impossibile, rinchiudere nelle gabbie del suo passato se diventerà più forte». Per questi «finti democratici», ma anche per le nostre democrazie, è in arrivo una minaccia che proviene direttamente dal cimitero della storia: «Il fascismo sta avanzando grazie a questi sciagurati in tutta Europa». Un sondaggio trasforma “Alba Dorata” nel primo partito in Grecia con il 26%, proprio come in Francia il Front National di Marine Le Pen, quotato al 24%. In Norvegia avanzano i conservatori, ma si afferma anche il Partito del Progresso, «nel quale militò Anders Breivik, responsabile dell’uccisione di 77 persone». E in Ungheria «il governo di estrema destra ha stilato una lista nera di personalità che avrebbero fornito ai media stranieri informazioni contro l’immagine del paese». Il premier Orban «ha cambiato la Costituzione minando l’indipendenza della banca centrale, l’autonomia della magistratura e dell’autorità garante della privacy e ha come obiettivo la Grande Ungheria nazionalista».Orban e Marine Le Pen nello stesso zoo del killer Breivik? «Quali sono le cause della nascita dei nuovi fascismi?», taglia corto Grillo. «Chi sono i veri responsabili? Chi ha tradito la democrazia?». Ora, che la politica «assurda» imposta dall’Ue ai paesi del Sud stia spingendo movimenti antisistema è senza dubbio vero, ma siamo sicuri che sia un male? Non è un sollievo, al contrario, se qualcuno comincia ad affrontare la “dittatura” di Bruxelles? «Grillo non si rende conto che quello che lui ha detto su questi movimenti, all’estero (ma anche in Italia), potrebbero dirlo tranquillamente su di lui», scrive “Scenari economici”. Se infatti un giudizio netto su “Alba Dorata” è più che comprensibile, «ben diverso è il discorso già con Marine Le Pen, una donna relativamente giovane che ha rinnovato un movimento profondamente nostalgico e che rifiuta la dicotomia destra-sinistra: quale fascismo potrebbe portare Marine Le Pen?». E poi: «Grillo ha mai letto il programma del Front National? Si può veramente aver paura di Marine Le Pen?». Certo non la temono i milioni di francesi che a maggio la voteranno, per spedirla a Strasburgo a difendere la Francia, cioè a fare il “mestiere” al quale, da Parigi, François Hollande continua a sottrarsi.Capitolo Orban. «Di solito, chi scrive sul premier ungherese è un ignorante disinformato», magari vittima della “distorsione mediatica” che, secondo “Scenari economici”, colpisce regolarmente Budapest. «Per esempio, nessuno ha mai detto che l’Ungheria sta vivendo una buona ripresa economica, sta riassorbendo la disoccupazione mentre la sua valuta, il fiorino ungherese, regge il mercato senza troppi problemi: i tempi del Fmi sono un ricordo». Orban un autocrate dittatoriale? Gli ungheresi sono con lui, democraticamente: l’hanno rieletto nel 2010 in modo schiacciante, con oltre il 50% del consensi, perché prometteva di liberare l’Ungheria dai ricatti della cupola di Bruxelles. Quanto alla banca centrale, Orban l’ha semplicemente ri-nazionalizzata, togliendola al controllo dell’élite finanziaria privatizzatrice. «Fino a quando Grillo continuerà a inserire tra indubbie verità alcune menzogne sarà sempre meno credibile», conclude “Scenari economici”. «Parlare male dell’Ungheria di Orban significa mentire», ovvero «continuare sulla strada di quell’estremismo di sinistra, in linea con i parlamentari del Movimento eletti in Parlamento, che sta distruggendo il Movimento e facendo perdere ogni voto moderato che Grillo aveva raccolto nel febbraio 2013».Passi la condanna dell’atroce “Alba Dorata” che sfrutta la disperazione della Grecia affamata dalla Troika, richiamandosi direttamente all’iconografia nazista. Ma mettere sullo stesso banco egli imputati – categoria: epigoni del fascismo – l’ungherese Viktor Orban e la francese Marine Le Pen è più che assurdo: è ridicolo. Orban? «Quello che il blog di Grillo definisce un estremista è in realtà un moderato che combatte contro quelle lobby europee che anche Grillo dice di combattere», protestano gli analisti del blog “Scenari economici”. Tema: il “ritorno del fascismo in Europa”, evocato dal leader del M5S in vista dell’apertura della campagna elettorale per le europee 2014, in programma con terzo V-Day il 1° dicembre a Genova, destinato a segnare la svolta anti-euro del network coordinato da Casaleggio. Pietra dello scandalo, per “Scenari economici”, un recente post nel quale Grillo tenta di smarcarsi dai “colleghi” europei anti-Ue dopo la dura reprimenda impartita ai suoi parlamentari, troppo “teneri” con i profughi di Lampedusa, su cui per Grillo deve continuare a gravare il reato di clandestinità confezionato dalla Bossi-Fini.
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Casta, cosca e cupola: le tre C che ci stanno divorando
Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo si sono guadagnati un posto nella storia recente di questo sfortunato paese usando una definizione di una categoria sociale privilegiata e separata – la casta – per intitolare il più famoso dei loro instant-book: quello che metteva in fila nomi, cognomi e indirizzi dello sperpero del denaro pubblico e degli abusi di potere. Ma, dopo sei anni, ci si domanda: il loro indagare è servito a qualcosa? Oggi si scopre che «parlare di casta ha rappresentato quantomeno un limite», nonostante l’irrompere sulla scena di un movimento anti-casta come il 5 Stelle. «Quel che caratterizza infatti la causa prima della decadenza conclamata del nostro paese – osserva Claudio Giorno – non è ascrivibile solo alla inettitudine e alla corruzione, cresciute in modo esponenziale negli ultimi vent’anni, ma al legame indissolubile con altri due fenomeni di cui si parla, e molto, ma come fossero collegati solo occasionalmente tra di loro». La cosca e la cupola. Insieme alla casta, formano «le tre C che io credo siano indissolubilmente legate tra di loro». Sono «metastasi del cancro di cui l’Italia sembra affetta in forma terminale».
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Barnard a Grillo: non sei all’altezza dei tuoi parlamentari
Ieri io e Warren Mosler, il capo economista della ME-MMT, cioè l’economia salva vite e salva nazione di cui l’Italia ha disperato bisogno per non schiantarsi definitivamente, per non condannare i nostri giovani a 60 anni di nuova povertà, siamo stati ascoltati dalla Commissione Finanze della Camera a Roma. L’incontro è stato positivo anche se fortemente penalizzato dalle difficoltà di traduzione che hanno in qualche modo stemperato i contenuti dirompenti della ME-MMT che Warren portava in aula. Inaspettato l’interesse del Pd… il cui maggior rappresentante in Commissione ha voluto contatti stretti con Mosler per capire meglio. Il Pd! E’ proprio vero che esistono fenomeni che la scienza non saprà mai spiegare. Ma ok. A margine del suddetto evento, io e Warren Mosler siamo incappati in un gruppo di deputati del M5S, i quali hanno improvvisato una sorta di happening con noi al termine dei lavori parlamentari di quel giorno.Una quindicina di legislatori, giovani, in parte esperti di bilancio e finanza, si sono intrattenuti con i cervelli incollati a Mosler e a me fino alle nove di sera e oltre. Tralascio i contenuti tecnici della discussione perché non sono, qui, il punto. Io li ho guardati, ne ho fatto le risonanze magnetiche, quindi ben più che radiografati, e poi ho ripassato il tutto dal mio filtro di inflessibile cinismo e realismo. Parliamo, dopotutto, dei figli di Casaleggio e di Beppe Grillo, cioè di deputati di un partito azienda zeppo di seguaci acritici fino al fanatismo e che perde pezzi da tutte le parti, a tratti persino grottesco. Ma questi uomini di ieri erano un’altra cosa. Erano competenti, agguerriti, e vorrei, Dio mi sia testimone di quanto lo vorrei, dire che erano e sono una speranza per il Paese. Tutti gli assembramenti umani sono fatti di percentuali più o meno valide, questo è normale, ma se il M5S fosse fatto anche solo al 40% da legislatori come quelli che ho conosciuto ieri, avremmo un partito capace di cambiare la storia dell’Italia e dell’Europa. E qui parlo a te, Beppe Grillo.Non so quanti tuoi figli politici siano al livello di quelli con cui ho dialogato poco fa. Non lo sai neppure tu. Ma essi sono il tuo capitale. Gli altri sono numeri, che per carità servono, perché la manovalanza serve sempre in tutto, non potremmo fare senza, non costruiremmo neppure una casa senza la manovalanza, ma alla fine la Storia ci insegna che è sempre un gruppo ristretto che la cambia. E tu l’hai. Bene. Ma loro non hanno te. Beppe, tu non sei all’altezza dei tuoi deputati che io e Warren Mosler abbiamo incontrato ieri. Io ti ricordo da molti anni addietro, quando ci incrociavamo da Milena Gabanelli, o con Vermigli e Gherardo Colombo. Allora tu eri come i tuoi migliori di cui sopra. Poi cosa ti è successo? Il tuo è stato un declino impressionante, e tutto d’un colpo. Cosa sia passato fra te e Gian Roberto Casaleggio è un mistero, che forse sarà conosciuto un giorno, ma qui non importa. Di fatto Casaleggio ti ha rimpicciolito, scoordinato, deprezzato, e proprio sequestrato. Tu oggi non ci sei più, e i tuoi migliori in Parlamento sono soli.Io, la Me-Mmt, Warren e altri ci offriamo di aiutarli, se lo meritano, si meritano, questi tuoi migliori, di ergersi a Roma con l’autorevolezza di chi ha gli strumenti per cambiare l’Italia per la prima volta dopo la sua morte civica di quasi 40 anni fa. Ma tu non ci sei, non hai idee alla loro altezza, e anzi, ora tu e Casaleggio gli state mettendo imbarazzanti sciocchezze politiche e deliranti progetti internettiani fra le gambe, fra le ruote. Ma che fai, Grillo? Ma dove sei con la testa? I tuoi migliori sono soli, mi stai ascoltando? Sono soli. E ora mi rivolgo a voi che leggete queste parole, voi lettori. Come sarebbe se fra qualche ora Grillo rispondesse a questo post sul suo blog? Se magari stanotte mentre si corica pensasse a come tornare Beppe Grillo e a come tornare a essere un pari fra i suoi migliori? A come ritornare al loro fianco con la statura politica che loro si meritano. A come congedarsi da Gian Roberto Casleggio con un “grazie per tutto, ma non credo che tu e le tue idee aziendali siate ciò che i miei ragazzi necessitano per diventare statisti.” Statisti. Perché i giovani deputati di ieri ne avrebbero la stoffa. Ma sono soli.(Paolo Barnard, “Il grande capitale abbandonato da Beppe Grillo”, dal blog di Barnard del 14 novembre 2013).Ieri io e Warren Mosler, il capo economista della Me-Mmt, cioè l’economia salva vite e salva nazione di cui l’Italia ha disperato bisogno per non schiantarsi definitivamente, per non condannare i nostri giovani a 60 anni di nuova povertà, siamo stati ascoltati dalla Commissione Finanze della Camera a Roma. L’incontro è stato positivo anche se fortemente penalizzato dalle difficoltà di traduzione che hanno in qualche modo stemperato i contenuti dirompenti della Me-Mmt che Warren portava in aula. Inaspettato l’interesse del Pd… il cui maggior rappresentante in Commissione ha voluto contatti stretti con Mosler per capire meglio. Il Pd! E’ proprio vero che esistono fenomeni che la scienza non saprà mai spiegare. Ma ok. A margine del suddetto evento, io e Warren Mosler siamo incappati in un gruppo di deputati del M5S, i quali hanno improvvisato una sorta di happening con noi al termine dei lavori parlamentari di quel giorno.
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Krugman: complotto contro Hollande, che sfida la Troika
Un piano per stroncare Hollande, che avrebbe osato tener testa alla Troika. Il killer incaricato: l’agenzia di rating “Standard & Poor’s”, pronta a declassare la Francia nonostante abbia i bilanci in ordine. Certo, il presidente socialista non si è spinto fino al punto da denunciare Bruxelles, contestando il Fiscal Compact e il meccanismo oligarchico del tritacarne europeo (tagli per tutti, tranne che per i super-ricchi). Ma a irritare gli eurocrati è bastato che Parigi scegliesse di “interpretare” il rigore in modo meno feroce, puntando a proteggere i francesi. Lo rivela un peso massimo dell’economia mondiale, Paul Krugman, sceso in campo dalle pagine del “New York Times” in favore del capo dell’Eliseo: proprio mentre i sondaggi bocciano Hollande e lanciano Marine Le Pen, che minaccia l’uscita dall’euro e addirittura dall’Ue, il Premio Nobel vicino ad Obama sostiene che il livello di intolleranza della Troika è tale da mettere al bando, ricorrendo addirittura a un complotto, l’unico governante europeo che abbia osato anche solo negoziare l’adozione dell’austerity.Per Krugman, il declassamento della solvibilità francese è una «manovra politica destabilizzante»: Wall Street punisce Hollande per aver “osato” salvaguardare il welfare francese. «E’ la prima volta che un economista di punta americano, nonché consulente della Casa Bianca, professore e maestro di colei che andrà a guidare la Federal Reserve Usa, sbugiarda i rating americani denunciandone l’uso politico», scrive Sergio Di Cori Modigliani nel suo blog. Per il “maestro” di Janet Yellen, erede di Benanke alla Fed, «la Repubblica di Francia e monsieur Hollande sono vittime di un complotto del mondo della finanza e delle oligarchie politiche europee perché la Francia è l’unica nazione d’Europa che sta diminuendo il proprio disavanzo pubblico, sta migliorando i propri conti, è perfettamente in linea con i parametri europei, ma ha un difetto grave che nessuno gli perdona: ha salvato, sta salvando e intende salvare lo Stato Sociale della sua nazione».Black out totale, in Italia, sulle enormi ripercussioni dello scontro: da noi, scrive Di Cori Modigliani, si è sorvolato sull’incontro tra Hollande e la Troika nel corso del quale il presidente francese ha chiesto (e ottenuto) il permesso di sforare il tetto del 3% della spesa pubblica «fino alla cifra che riterremo opportuna per gli interessi della Francia», rimandando il pareggio di bilancio al 2015. «L’ha fatto Hollande, lo potevano fare Mario Monti ed Enrico Letta: sarebbe stato sufficiente convocare la Troika, un mese fa – invece che farsi convocare – pretendere di rimandare la scadenza europea al 2015 avvalendosi del precedente francese e sostenere “o ci date una deroga e ci consentite quindi di investire 100 miliardi di euro per pagare i debiti alle piccole e medie imprese immediatamente oppure noi usciamo dall’euro domattina”». Per il blogger, «la Troika si sarebbe arresa». Ma, ovviamente, sarebbero stati necessari «attributi solidi, non quelli di plastica di cui è fornita la nostra classe dirigente», in realtà perfettamente organica (Bilderberg, Goldman Sachs) al “cerchio magico” del super-potere mondiale.In un incontro pubblico all’università di New York, lo stesso Krugman ha rivelato con dovizia di particolari i retroscena del «tragico incontro» che, circa due mesi fa, François Hollande ha avuto con Herman Van Rompuy e Olli Rehn, due sbiaditi politici europei (Belgio, Finlandia) trasformati in “serial killer politici” dal potere non-democratico di Bruxelles. La Francia aveva appena presentato i propri conti alla famigerata Commissione Europea: erano tutti a posto e in linea con le richieste. Ma sia Van Rompuy che Olli Rehn, rispettivamente presidente del Consiglio d’Europa e super-commissario all’economia Ue, contestarono le misure “per come erano state fatte”. Perché Hollande, dice Modigliani, «aveva alzato le tasse ai super-ricchi e quelle sulle rendite finanziarie, aveva dimezzato i costi della politica, aveva aggredito (decurtandoli) gli stipendi dei grossi manager pubblici». E il risparmio così ottenuto, «invece di investirlo per rifinanziare le proprie banche lo aveva dirottato nell’istruzione pubblica, nella ricerca scientifica, nella salvaguardia e cura del patrimonio artistico nazionale, avviando un piano di recupero del territorio e di sostegno per la disoccupazione intellettuale, quest’ultima (per la Francia) una priorità assoluta di cui occuparsi». Attenzione alla perversa sottigliezza della Troika: «Non vennero contestati i conti, che erano a posto, ma venne contestato il principio sulle modalità usate per ottenere il beneplacito della Commissione Europea».Per la Troika «non era accettabile l’idea che lo stato sociale venisse salvaguardato, addirittura implementato». Quindi, non c’entra lo stato di salute del bilancio: quello che davvero importa è che i conti siano a posto «solo e soltanto se contemporaneamente aumenta la disoccupazione e le risorse non vengono investite nei campi dell’istruzione pubblica, della sanità pubblica, della ricerca scientifica». In Italia il Movimento 5 Stelle spiega come e dove trovare in soldi per i 600 euro mensili del “reddito di cittadinanza”? Una proposta sicuramente indigesta, per figuri come Rehn e Van Rompuy: ecco perché Letta & colleghi non la prendono nemmeno in considerazione. «La vera guerra in corso – conclude Modigliani – è tra gli oligarchi del privilegio e la cittadinanza che lavora: il mondo ormai si divide tra chi fa la guerra contro i poveri e chi fa la guerra contro la povertà». Hollande sa che i francesi non accetterebbero di veder cancellato il proprio welfare? E allora la Troika lo fa “bastonare” dalle agenzie di rating. Ora lo difende Krugman, ben sapendo che in panchina si sta già scaldando madame Le Pen: in viste delle europee, il Front National annuncia che, di questo passo, per rimettere piede in Francia, personaggi come Rehn e Van Rompuy dovranno esibire i loro documenti alla polizia di frontiera.Un piano per stroncare Hollande, che avrebbe osato tener testa alla Troika. Il killer incaricato: l’agenzia di rating “Standard & Poor’s”, pronta a declassare la Francia nonostante abbia i bilanci in ordine. Certo, il presidente socialista non si è spinto fino al punto da denunciare Bruxelles, contestando il Fiscal Compact e il meccanismo oligarchico del tritacarne europeo (tagli per tutti, tranne che per i super-ricchi). Ma a irritare gli eurocrati è bastato che Parigi scegliesse di “interpretare” il rigore in modo meno feroce, puntando a proteggere i francesi. Lo rivela un peso massimo dell’economia mondiale, Paul Krugman, sceso in campo dalle pagine del “New York Times” in favore del capo dell’Eliseo: proprio mentre i sondaggi bocciano Hollande e lanciano Marine Le Pen, che minaccia l’uscita dall’euro e addirittura dall’Ue, il Premio Nobel vicino ad Obama sostiene che il livello di intolleranza della Troika è tale da mettere al bando, ricorrendo addirittura a un complotto, l’unico governante europeo che abbia osato anche solo negoziare l’adozione dell’austerity.
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Pritchard: se resta nell’euro, nel 2014 l’Italia collassa
Enrico Letta aspetta che sia la Merkel a salvare l’Italia? Be’, buonanotte. Secondo Ambrose Evans-Pritchard, l’Italia sta scherzando col fuoco: avanti di questo passo, sotto la sferza dell’euro-rigore, il nostro paese rischia il collasso già nel 2014. Il problema? L’euro, ovviamente. E il regime di Bruxelles, che taglia lo Stato imponendo sacrifici con un unico orizzonte: la catastrofe. «Quello che serve in Europa oggi è uno shock economico sul modello dell’Abenomics», dice il columnist economico del “Telegraph”, indicando come modello il Giappone di Shinzo Abe. Sovranità monetaria e deficit positivo, per risollevare l’economia. «Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, insieme alla Francia devono smettere di fare finta di non avere un interesse in comune da tutelare». Attenzione: «Questi paesi hanno i voti necessari per forzare un cambiamento». In Francia, sarà risolutiva Marine Le Pen: magari non conquisterà l’Eliseo, ma costringerà i grandi partiti a cambiare agenda, imponendo loro di fare finalmente i conti con Bruxelles, Berlino e la Bce.Per l’Italia, il disastro è imminente: «Senza un cambio di strategia forte», si prevede lo tsunami già nel 2014. «Il paese ha un avanzo primario del 2,5% del Pil, e ciononostante il suo debito continua ad aumentare: il dramma dell’Italia non è morale, ma dipende dalla crisi deflattiva cui è costretta per la sua partecipazione alla zona euro», dice Pritchard nell’intervista concessa ad Alessandro Bianchi e ripresa da “Come Don Chisciotte”. «La politica è fatta di scelte e di coraggio. Fino ad oggi non si è agito per impedire che si dissolvesse il consenso politico dell’euro in Germania. Ma oggi c’è una minaccia più grande. E se Berlino non dovesse accettare le nuove politiche, può anche uscire dal sistema». Fuori dall’euro, dunque. «Il ritorno di Spagna, Italia e Francia ad una valuta debole è proprio quello di cui i paesi latini hanno bisogno. Del resto, la minaccia tedesca è un bluff e i paesi dell’Europa meridionale devono smascherarlo. L’ora del confronto è arrivata». E Letta? Non pervenuto. Pritchard l’ha incontrato a Londra. «Alla mia domanda sul perché non si facesse promotore di un cartello con gli altri paesi dell’Europa in difficoltà per forzare questo cambiamento, il premier italiano mi ha risposto che secondo lui sarà Angela Merkel a mutare atteggiamento nel prossimo mandato e venire incontro alle esigenze del sud».Per l’analista inglese, «si tratta di un approccio assolutamente deludente», perché «come anche Hollande in Francia, Letta è un fervente credente del progetto di integrazione europea e non riesce ad accettare che l’attuale situazione sia un completo disastro». Chi agita la paura dell’uscita dall’euro dice che la svalutazione produrrebbe iper-inflazione, e questo metterebbe ko la nostra industria di fronte alla concorrenza della Cina. E’ vero esattamente il contrario, dice Pritchard: Pechino ha gioco facile col super-euro proprio perché mantiene lo yuan sottovalutato. La moneta europea è il nostro vero handicap: «L’euro è un’autentica maledizione per le esportazioni, che dipendono dai prezzi e dal tasso di cambio». Da quando vige la moneta della Bce, l’Europa ha perso rilevanti quote di mercato e l’export italiano è crollato. E a chi sostiene che un’uscita disordinata dall’euro produrrebbe iper-inflazione e impennate nei prezzi, Pritchard risponde che già ora i prezzi sono fuori controllo. Eppure, continuiamo a farci del male: in Italia il rapporto debito-Pil in soli due anni è schizzato dal 120 al 133%. E’ la trappola che sta portando il paese al collasso: «Il problema da combattere oggi è la deflazione, e non l’inflazione».Dalla stessa trappola, ricorda il giornalista del “Telegraph”, la Gran Bretagna uscì due volte – negli anni ’30 del Gold Standard e poi durante la crisi dello Sme nel ’91-92 – con lo stesso strumento: rafforzamento della sovranità monetaria e svalutazione per stimolare la ripresa. Il fantasma-inflazione? Smentito dai fatti: lo stimolo monetario ha prodotto nuova economia, senza alcun “impazzimento” dei prezzi. Per cui, «se dovesse lasciare l’euro, l’Italia dovrebbe optare per un grande stimolo monetario da parte della Banca d’Italia, una svalutazione ed una politica fiscale sotto controllo: questa combinazione garantirebbe al paese una transizione tranquilla e nessuna crisi fuori controllo». Ritorsioni da Berlino? «Niente di più falso», replica Pritchard: «Nel caso di un deprezzamento fuori controllo della lira, ad esempio, il più grande sconfitto sarebbe Berlino: le banche e le assicurazioni tedesche che hanno enormi investimenti in Italia sarebbero a rischio fallimento». Inoltre, «le industrie tedesche non potrebbero più competere con quelle italiane sui mercati globali». Quindi, la Bundesbank correrebbe ad acquisire sui mercati valutari internazionali le lire, i franchi, pesos o dracme per impedirne un crollo.«Si tratta di un punto molto importante da comprendere: nel caso in cui uno dei paesi meridionali dovesse decidere di lasciare il sistema in modo isolato, è nell’interesse dei paesi economici del nord Europa, in primis la Germania, impedire che la sua valuta sia fuori controllo e garantire una transizione lineare. Tutte le storie di terrore su eventuali disastri che leggiamo non hanno alcuna base economica». Lo sanno bene gli economisti di Parigi che ispirano la svolta sovranista di Marine Le Pen, che a partire dalle europee 2014 potrebbe dare la scossa necessaria all’inversione di rotta. «Il programma di Le Pen è chiaro: uscita immediata dall’euro – con il Tesoro francese che proporrà un accordo con i creditori tedeschi: se questi non l’accetteranno, la Francia tornerà lo stesso al franco e le perdite principali saranno per la Germania». Poi c’è la proposta di un referendum sull’Ue sul modello inglese proposto da Cameron. Prima reazione a Bruxelles: gli inglesi sarebbero “stupidi suicidi”. «Argomentazioni ridicole», afferma Pritchard: tutti sanno che, senza Londra (più l’Olanda e la Scandinavia), l’Ue sarebbe finita, e salterebbe anche l’equilibrio tra Francia e Germania. «La decisione inglese è un enorme avviso a Bruxelles: l’integrazione è andata troppo oltre il volere popolare e le popolazioni vogliono indietro alcuni poteri».La Costituzione europea, continua Pritchard, è stata rigettata dai referendum in Francia e in Olanda. Trattati imposti contro la volontà popolare? «Questa fase in cui si procede senza consultare i cittadini è finita. Questo tipo di arroganza è finito». Problema fondamentale: la confisca della politica economica nazionale. A imporre le tasse e i tagli alla spesa non può essere un organismo non eletto democraticamente. «Non è un caso che la guerra civile inglese sia iniziata nel 1640 quando il re ha cercato di togliere questi poteri al Parlamento o che la rivoluzione americana sia scoppiata quando questo potere è stato tolto da Londra a stati come Virginia o il Massachusetts». Quello che sta facendo Bruxelles è «pericoloso e antidemocratico». L’alibi è la salvezza dell’euro? «E’ ridicolo. La federazione deve essere subordinata ai grandi ideali che plasmano una società e non alla salvezza di una moneta. I paesi devono tornare alla realtà sociale al più presto e non devono pensare a strumenti di ingegneria finanziaria per far funzionare qualcosa che non può funzionare».Con buona pace degli eurocrati alla Enrico Letta, l’orizzonte decisivo è quello delle europee 2014, col previsto boom degli euroscettici. «Oggi il pericolo maggiore per i paesi dell’Europa meridionale si chiama crisi deflattiva», cioè: mancanza di liquidità, tagli alla spesa, asfissia dell’economia. La recessione «potrebbe presto trasformarsi in una depressione economica, in grado di rendere fuori controllo la traiettoria debito-Pil: è un potenziale disastro». In questo contesto, per il giornalista inglese, la politica si deve porre l’obiettivo del ritorno di una serie di poteri sovrani delegati a Bruxelles. Le elezioni del maggio prossimo? «Saranno un evento potenzialmente epocale: i partiti scettici dell’attuale architettura istituzionale potrebbero essere i primi in diversi paesi – l’Ukip in Gran Bretagna, il Fronte Nazionale in Francia, il Movimento 5 Stelle in Italia, Syriza in Grecia». Parleranno i popoli: gli elettori potranno «esprimere la loro irritazione e frustrazione contro le scelte da Bruxelles». Così, «un blocco politico importante potrà distruggere questo “mito artificiale” che si è costruito: l’Ue non sarà più la stessa e sarà costretta ad essere meno ambiziosa e comprendere che molte delle sue prerogative devono tornare agli Stati nazionali». In altre parole: «I governi di Italia, Spagna e Francia devono riprendere il pieno controllo delle vite dei loro cittadini e non pensare all’allargamento all’Ucraina o alla Turchia. Si tratta dell’ultima battaglia».Enrico Letta aspetta che sia la Merkel a salvare l’Italia? Be’, buonanotte. Secondo Ambrose Evans-Pritchard, l’Italia sta scherzando col fuoco: avanti di questo passo, sotto la sferza dell’euro-rigore, il nostro paese rischia il collasso già nel 2014. Il problema? L’euro, ovviamente, e il regime di Bruxelles, che taglia lo Stato imponendo sacrifici con un unico orizzonte: la catastrofe. «Quello che serve in Europa oggi è uno shock economico sul modello dell’Abenomics», dice il columnist economico del “Telegraph”, indicando come modello il Giappone di Shinzo Abe. Sovranità monetaria e deficit positivo, per risollevare l’economia. «Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, insieme alla Francia devono smettere di fare finta di non avere un interesse in comune da tutelare». Attenzione: «Questi paesi hanno i voti necessari per forzare un cambiamento». In Francia, sarà risolutiva Marine Le Pen: magari non conquisterà l’Eliseo, ma costringerà i grandi partiti a cambiare agenda, imponendo loro di fare finalmente i conti con Bruxelles, Berlino e la Bce.
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Achtung Grillo, i nemici dell’Europa e quelli dell’Italia
Nell’Europa che ha in testa l’establishment, sintetizza Claudio Messora, «l’Italia diventa la Calabria e Helsinki la Lombardia». Ma per Eugenio Scalfari il problema non è questo, bensì Beppe Grillo: se vince, sostiene il fondatore di “Repubblica”, l’Italia «va a rotoli». Perché, ora dove sta andando? «In Grecia, a nuoto», per dirla con Giulietto Chiesa. Ma il mainstream tiene duro: in televisione, il solo Gianluigi Paragone dà fiato all’alternativa, ospitando economisti democratici e “guastatori” come Paolo Barnard, mentre la stessa Milena Gabanelli, su “Report”, continua a imputare alla sola “casta” italiana le colpe della crisi, senza “vedere” il disegno che da Bruxelles sta piegando il paese. La stessa grande paura accomuna tutti gli operatori che presidiano la comunicazione: guai se alle prossime elezioni europee – maggio 2014 – dovesse svegliarsi l’Europa, quella vera, incarnata dai popoli che si stanno ribellando alla crisi imposta dall’élite finanziaria globalizzatrice.A dare l’allarme è lo stesso Enrico Letta, uomo Bilderberg: «Se i populisti in Europa superassero una percentuale del 25% questo sarebbe molto preoccupante», dichiara il premier a “La Stampa”. «Il rischio che il Cinque Stelle risulti il primo partito alle europee è molto forte: non possiamo limitarci ad essere timidi con Grillo». Timore condiviso da un euro-oligarca come il tedesco Martin Schulz, secondo cui «la possibilità che nel prossimo Europarlamento ci sia tra un quarto e un quinto di deputati euroscettici o populisti è ormai più che probabile». Mai nessuno che si pronunci sulle cause del terremoto elettorale in arrivo. Eppure, aggiunge lo stesso Messora, basta ascoltare quello che Mario Monti (Bilderberg, Trilaterale, Goldman Sachs) ha appena detto alla Cnn: «Stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale. Quindi, ci deve essere una operazione di domanda attraverso l’Europa, un’espansione della domanda». Mai stato così chiaro, Monti. «Come si distrugge la domanda interna? Alzi le tasse e svaluti i salari», dice Messora, «così la gente non ha più soldi e compra di meno».Ma non basta: lo Stato potrebbe sempre alzare la spesa a deficit, cioè investire sui cittadini, mediante politiche sociali (reddito di cittadinanza) o creando lavoro. «E allora cosa facciamo? Semplice: inventiamo il pareggio di bilancio e lo mettiamo addirittura nella Costituzione, così da rendere impossibile qualunque ripensamento. Era l’equazione che ci avrebbe matematicamente reso più poveri: se costringi la somma delle entrate e delle uscite di uno Stato ad annullarsi a vicenda, allora se punti sulle esportazioni devi per forza massacrare i portafogli». E’ quello che ha fatto Monti. Più “domanda attraverso l’Europa” significa «diventare un centro di produzione a basso costo per i ricchi paesi del nord (Germania in testa), una specie di Cina europea, così da non essere costretti a comprare dai trafficanti di diritti di Pechino, per togliere il mercato all’oriente spregiudicato». A quel punto, la strada è obbligata: tagliare i costi di produzione. «E siccome le materie prime le paghiamo sempre uguale, bisogna pagare di meno gli stipendi e diminuire i diritti (vi dice niente la battaglia per la modifica dell’articolo 18?)».E come li costringi, i lavoratori, ad accettare uno standard di vita meno dignitoso? Ci si arriva per gradi: «Li getti nella crisi più nera, svendi tutto il patrimonio di economia nazionale e permetti ai nuovi padroni di delocalizzare all’estero. Gli togli le case con Equitalia. Costringi le fabbriche a chiudere: meno offerta di lavoro uguale più domanda, cioè milioni di persone senza reddito disposte a qualunque cosa pur di avere un tozzo di pane». Il paradiso dei tedeschi, affamati di aziende da comprare in saldo e di lavoro a basso costo per il loro export. «Venire a fare shopping in Italia è come andare all’outlet nel periodo dei saldi». Per Messora, non è irrilevante il risvolto geopolitico: un’Europa germanizzata può «limitare lo strapotere commerciale dei Brics, e magari togliere potere a quella Cina che detiene la maggior parte del debito americano».Funziona così: «Prendi un paese massacrato dal debito pubblico, ricattabile, ma anche industrializzato, dunque con le possibilità e le competenze produttive per soddisfare la tua domanda, e lo trasformi in una miniera a basso costo. Un piano iniziato negli anni ’80, ai tempi di Kohl e Mitterrand». Per Messora, non è altro che «un disegno criminoso, deciso sulla testa dei popoli, senza consultarli». Una strategia complessiva che fonda tutte le sue possibilità sull’onnipotenza di una élite che domina incontrastata, attraverso il controllo della meta-finanza europea la costruzione di un’unica, enorme, sovra-nazione «dove il controllo democratico è inesistente (e dove i think-tank sostituiscono i parlamenti)». A questo progetto oligarchico, «i socialismi europei hanno venduto l’anima». Certo, resta ancora «un’opinione pubblica da condizionare, da convincere che non esistono altre strade». E allora, bisogna «monitorare le comunicazioni nei paesi euroscettici, per identificare i temi più rilevanti e per assoldare una squadra di piccoli Goebbels in grado di reagire prontamente e fare una propaganda mirata», accusando di “populismo” chi contrasta l’oligarchia dominante.E’ il tema della crociata alle porte: «Bisogna combattere i “populismi”, cioè chiunque insista nel coltivare la convinzione che le élite non abbiano un mandato divino a governare sul cielo e sulla terra (né le loro soluzioni siano le migliori a prescindere), ma la sovranità appartenga al popolo». E’ quello che fa l’anziano Scalfari, tra una cena e l’altra con Napolitano e Draghi: l’importante è demonizzare Grillo, evitando accuratamente di spiegare le ragioni del suo successo, cioè il fallimento catastrofico della resa italiana agli euro-diktat. Nella sua replica, Grillo sfotte Scalfari: mi ha paragonato, dice, agli invasori marziani evocati da Orson Welles nel 1938. «Alla bufala di Welles credettero sei milioni di persone, a Scalfari non crede neppure più De Benedetti», scrive Grillo. «E’ il tempo della panchina lunga, caro Eugenio, magari al Pincio. Tu, l’Ingegnere e Napolitano a ricordare i vecchi tempi. Quando gli elettori, il cosiddetto popolo così tanto disprezzato non contava nulla. Bei tempi quelli, ma non torneranno più». Da Palazzo Chigi, Enrico Letta strepita: «Fermiamo i nemici dell’Europa». A partire dalle prossime europee, milioni di cittadini cercheranno invece di fermare, innanzitutto, i nemici dell’Italia.Nell’Europa che ha in testa l’establishment, sintetizza Claudio Messora, «l’Italia diventa la Calabria e Helsinki la Lombardia». Ma per Eugenio Scalfari il problema non è questo, bensì Beppe Grillo: se vince, sostiene il fondatore di “Repubblica”, l’Italia «va a rotoli». Perché, ora dove sta andando? «In Grecia, a nuoto», per dirla con Giulietto Chiesa. Ma il mainstream tiene duro: in televisione, il solo Gianluigi Paragone dà fiato all’alternativa, ospitando economisti democratici e “guastatori” come Paolo Barnard, mentre la stessa Milena Gabanelli, su “Report”, continua a imputare alla sola “casta” italiana le colpe della crisi, senza “vedere” il disegno che da Bruxelles sta piegando il paese. La stessa grande paura accomuna tutti gli operatori che presidiano la comunicazione: guai se alle prossime elezioni europee – maggio 2014 – dovesse svegliarsi l’Europa, quella vera, incarnata dai popoli che si stanno ribellando alla crisi imposta dall’élite finanziaria globalizzatrice.
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Costituzione fai da te, Giulietto Chiesa: senatori golpisti
Ma Laura Puppato non avrebbe dovuto opporsi al “golpe bianco” per cambiare la Costituzione, come annunciato da lei stessa in piazza il 12 ottobre? E’ stata “convinta” in extremis da Anna Finocchiaro a votare a favore, spiega lei stessa nella sua pagina Facebook. «La Costituzione è in mano a queste rocce saldissime», commenta Giulietto Chiesa, che annuncia: «Noi faremo resistenza», contro la manomissione della Carta. Per soli 4 voti, il Senato ha approvato il dispositivo che modifica l’articolo 138 e apre la strada a rapide modifiche dell’impianto costituzionale, come suggerito dal “garante” Napolitano. Risultato: per cambiare le regole della democrazia in Italia non sarà più necessario disporre del consenso dei due terzi del Parlamento: si potrà procedere più alla svelta, magari come auspicato da uno dei potenti della Terra, il “ceo” di Jp Morgan Chase, Jamie Dimon, ansioso di veder sparire dall’Europa le “vecchie” Costituzioni come quella italiana, così attente ai diritti del lavoro.Questo Senato sbrigativo non ci rappresenta, protesta su “Megachip” Giulietto Chiesa, presidente del laboratorio politico “Alternativa”. «E’ una Camera che ha una maggioranza di provocatori, di lanzichenecchi che operano contro l’ordine e la pace sociale». Dettaglio decisivo: questa «maggioranza indegna» non è certo appannaggio dei soli “berluscones”, di Casini e di Monti, visto che «ne è parte integrante il Partito Democratico», che dopo lo “smacchiatore” Bersani propone il neoliberista Renzi, col contraltare mediatico di un uomo d’apparato come Cuperlo, che richiama la sinistra ai suoi doveri storici ma senza ovviamente disturbare il manovratore europeo, che col limite del deficit al 3% rende vuoto qualsiasi proclama sociale e democratico. Molte delle attuali direttive europee e degli accordi-capestro (Maastricht, Lisbona, Fiscal Compact) da cui dipende la nostra crisi, accusa un giurista come l’ex ministro Giuseppe Guarino, sono tecnicamente illegali, Costituzione alla mano. E, anziché rimediare impugnando la Carta, la si preferisce cambiare, neutralizzandola, in modo che non possa più ostacolare il super-potere europeo.La maggioranza con cui è passato al Senato il testo della deroga all’articolo 138 della Costituzione, storico baluardo contro tentazioni manipolatorie della Carta su cui si è finora basata la Repubblica nata dalla Resistenza, ha superato i due terzi con appena 218 a favore rispetto ai 214 del quorum richiesto (58 i contrari e 12 gli astenuti). Hanno votato a favore la stragrande maggioranza dei senatori Pd, Pdl e “Scelta Civica”. Contrari M5S e Sel, cui si aggiungono 5 senatori Pd: Felice Casson astenuto, mentre non hanno partecipato al voto Walter Tocci, Silvana Amati e Renato Turano. Con loro anche l’ex direttore di “RaiNews24”, Corradino Mineo, che pure – accettando di candidarsi – sperava in una “legislatura costituente” di ben altro livello. Decisivo, osserva il “Fatto Quotidiano”, il supporto numerico offerto della Lega Nord per sostenere il provvedimento, fortemente voluto dal governo delle larghe intese su sollecitazione del Quirinale. Se il quorum dei due terzi venisse superato anche alla Camera, sarà possibile evitare il referendum confermativo per le leggi di riforma costituzionale.Molte, al Senato, anche le defezioni nel Pdl, tra cui quella di Francesco Nitto Palma, senatore campano e presidente della commissione giustizia. Nel Pdl, scrive il “Fatto”, il colpo di mano sulla Costituzione ripropone lo scontro tra “falchi” e “colombe”: la fronda interna al partito berlusconiano nel voto sul ddl costituzionale ha coinvolto 11 senatori, che si sono astenuti al momento del voto (al Senato, l’astensione vale come un voto contrario). Oltre a Palma, gli altri sono Maria Elisabetta Alberti Casellati, Vincenzo D’Anna, Domenico De Siano, Ciro Falanga, Pietro Iurlaro, Pietro Langella, Eva Longo, Antonio Milo, Domenico Scilipoti e l’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini. «Di questi solo Nitto Palma, Minzolini e Falanga hanno annunciato in aula la loro astensione, in disaccordo col fatto che il ddl non affronta il tema della riforma della giustizia. Altri 12 senatori del Pdl, compreso Silvio Berlusconi, non erano invece presenti in aula». Alla Camera, ovviamente, la strada sarà spianata. E gli appelli di Zagrebelsky e Rodotà per non manomettere pericolosamente la Costituzione? Tutto inutile. «Faremo quanto è possibile per cancellare questa vergogna», annuncia Giulietto Chiesa. «Un Parlamento di nominati non rappresenta il paese e, tanto meno, può arrogarsi il diritto di cambiarne la carta costituzionale con un colpo di mano. Questo è un golpe bianco, che esegue il piano eversivo della P2. Noi faremo resistenza».Ma Laura Puppato non avrebbe dovuto opporsi al “golpe bianco” per cambiare la Costituzione, come annunciato da lei stessa in piazza il 12 ottobre? E’ stata “convinta” in extremis da Anna Finocchiaro a votare a favore, spiega ora nella sua pagina Facebook. «La Costituzione è in mano a queste rocce saldissime», commenta Giulietto Chiesa, che annuncia: «Noi faremo resistenza», contro la manomissione della Carta. Per soli 4 voti, il Senato ha approvato il dispositivo che modifica l’articolo 138 e apre la strada a rapide modifiche dell’impianto costituzionale, come suggerito dal “garante” Napolitano. Risultato: per cambiare le regole della democrazia in Italia non sarà più necessario disporre del consenso dei due terzi del Parlamento: si potrà procedere più alla svelta, magari come auspicato da uno dei potenti della Terra, il “ceo” di Jp Morgan Chase, Jamie Dimon, ansioso di veder sparire dall’Europa le “vecchie” Costituzioni come quella italiana, così attente ai diritti del lavoro.
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Le Pen: no-euro e sfide a viso aperto, Grillo prenda nota
Marine Le Pen come Beppe Grillo? Con una differenza colossale, anzi due. Sull’euro ha una posizione che più chiara non si può: l’uscita dalla moneta unica – pena l’abbandono dell’Unione Europea da parte della Francia – è il suo maggiore cavallo di battaglia, l’ascia di guerra impugnata per imporre all’élite finanziaria una soluzione democratica in alternativa all’agonia infinita della crisi. E a differenza del Beppe nazionale, la battagliera figliola di Jean-Marie Le Pen non si trincera dietro l’incerta esegesi oracolare del blog, sempre fatalmente “interpretabile”, ma si getta nella mischia, senza nessuna paura dell’interdizione operata dalle televisioni in mano all’establishment. Vero, intorno alla Le Pen c’è il nulla: nessun dirigente di rilievo – come del resto intorno a Grillo, che però è “vegliato” dall’ombra di Casaleggio. Identica l’intransigenza contro gli immigrati: ma per affermare la linea dura nel Front National, Marine Le Pen non ha bisogno di diktat. Per questo, a Bruxelles, fa più paura di Grillo.Il “problema”, per i tecno-gestori della cupola politico-finanziaria che ci governa con potere praticamente assoluto, sono i numeri: quelli dei sondaggi che assegnano alla Le Pen il 24% delle intenzioni di voto dei francesi. Più o meno la stessa quota riservata in Italia ai grillini, valutati sopra il 20% e già sottostimati nella precedente tornata elettorale. Milioni di elettori, tra Francia e Italia, che formano una diga potenziale contro lo strapotere della Troika: anche se molto più vago di Marine Le Pen, lo stesso Grillo non può certo essere considerato un docile esecutore della politica di rigore, quella del massacro sociale neoliberista che sta piegando l’Europa grazie alla Bce di Draghi e ai super-commissari di Bruxelles, non eletti da nessuno ma sempre agli ordini di Angela Merkel, e prima ancora delle lobby planetarie che usano la Commissione Europea per far scrivere una dopo l’altra, sotto dettatura, le leggi-capestro buone solo per le multinazionali e i grandi cannibali della finanza mondiale, i Padroni dell’Universo.Proprio grazie alla straordinaria grinta di Marine Le Pen, ora il fronte anti-austerity ha davvero cambiato marcia, rileva il blog “Cobraf” in una nota ripresa da “Come Don Chisciotte”: la grande stampa internazionale bolla ancora il Front National come “fascista” per la chiusura brutale sull’immigrazione, ma la Le Pen si smarca dal passato paterno, rifiuta di considerarsi “destra”. In economia si definisce addirittura “socialista”, e attacca: «L’austerità porta a più deficit e più debito, e la follia fiscale rallenta lo sviluppo. Il commercio anche in Francia è ridotto come nel Sud Europa. Austerità e follia fiscale: ma per cosa? E’ per loro bella faccia che, anche nel 2014, dovremmo continuare a remunerare profumatamente i rapaci mercati finanziari, di cui siamo stati messi alle dipendenze?».Date un’occhiata al sito di Marine Le Pen, consiglia “Cobraf”: anziché di post, è pieno di video-interviste rilasciate alle maggiori testate, dalle tv nazionali ai santuari gauchisti come “Libération”. E attenzione: la leader del Fn si muove ovunque, in tutto il paese, facendosi riprendere anche in mezzo alle porcilaie, pronta a pronunciarsi su chissà quale crisi regionale alimentare. «Una donna di 46 anni, senza trucco, vestita con solo un maglione». Poi non ci si stupisca se fa il pieno di voti tra contadini e operai. Nessuna paura delle telecamere, la leader del Front National non si nasconde mai: «Al contrario, appena la inviti a un dibattito azzanna gli interlocutori con foga su qualunque argomento. E ovviamente tutti i suoi discorsi sono improvvisati: niente teleprompter che la segue come Obama».Marine Le Pen come Beppe Grillo? Con una differenza colossale, anzi tre. Sull’euro ha una posizione che più chiara non si può: l’uscita dalla moneta unica – pena l’abbandono dell’Unione Europea da parte della Francia – è il suo maggiore cavallo di battaglia, l’ascia di guerra impugnata per imporre all’élite finanziaria una soluzione democratica in alternativa all’agonia infinita della crisi. E a differenza del Beppe nazionale, la battagliera figliola di Jean-Marie Le Pen non resta in panchina: si candida. Né si trincera dietro l’incerta esegesi oracolare del blog, sempre fatalmente “interpretabile”, ma si getta nella mischia, senza nessuna paura dell’interdizione operata dalle televisioni in mano all’establishment. Vero, intorno alla Le Pen c’è il nulla: nessun dirigente di rilievo – come del resto intorno a Grillo, che però è “vegliato” dall’ombra di Casaleggio. Identica l’intransigenza contro gli immigrati: ma per affermare la linea dura nel Front National, Marine Le Pen non ha bisogno di diktat. Per questo, a Bruxelles, fa più paura di Grillo.
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Barnard: sveglia grillini, il vostro leader è un figurante
«Ho chiamato Beppe e gli ho detto che Mosler voleva incontrarlo, mi ha detto che già lo conosceva e conosceva le sue teorie, mi ha chiesto di dire a Mosler di non chiamarlo, ma di mandargli una mail e che comunque non se ne sarebbe occupato lui direttamente ma avrebbe passato tutto a Casaleggio. Più di così non so che dirvi, con Casaleggio non ho contatti». Così la senatrice 5 Stelle Elena Fattori agli attivisti Mmt, Modern Money Theory, che – attraverso Paolo Barnard – avevano offerto al M5S l’assistenza di Warren Mosler per una ricetta economica anti-crisi fondata sulla sovranità monetaria. «Il Re è nudo», commenta Barnard, e il movimento di Grillo «è un partito-azienda comandato da un non-eletto, Mr. Casaleggio, che neppure ha rapporti con i suoi senatori. C’è bisogno di commentare?». Almeno, aggiunge Barnard, Berlusconi è stato votato dagli italiani. Casaleggio invece no, e ora dispone di una potenziale lobby, in Parlamento, che potrebbe promuovere leggi ad personam, anche se i grillini sono restii ad ammetterlo: «Hanno un Tirannosauro in salotto e non lo vedono. Questa è una tragedia italiana».Durissimo, Barnard, sulla visione economica di Grillo, che “non capisce” il debito pubblico, considerandolo un problema. I miliardi di euro di debito statale, insiste l’ex giornalista di “Report”, sono in realtà «credito in mano agli italiani che l’hanno comprato». E questi italiani «sono famiglie ma anche istituti finanziari che detengono il risparmio, pensioni integrative, polizze vita o assicurative di quelle famiglie». In altre parole, al 99% il debito è in realtà «l’attivo di milioni di cittadini italiani», cioè il denaro che lo Stato spende per loro in termini di servizi necessari. Se vuole ridurre il debito, Grillo «vuole ridurre drammaticamente l’attivo e i risparmi di milioni di italiani. Vuole cioè tassarli per centinaia di miliardi di euro. Roba da far impallidire Monti e il Fondo Monetario Internazionale». Perché tagliare il debito, secondo Barnard, significa proporre «il più imponente aumento di tasse per gli italiani dal 1948 a oggi».L’ex comico genovese, continua Barnard, «affonderà l’Italia nell’inflazione e senza creare un singolo posto di lavoro». Il M5S vorrebbe il “reddito di cittadinanza”? «E’ come dire ai bambini “gelato per tutti, votatemi”». Populismo catastrofico, secondo Barnard, perché nell’Italia di oggi – coi bilanci «bloccati e paralizzati nella gabbia della Troika europea» a – i grillini non troverebbero «neppure 10.000 euro da distribuire». Tagliando i soli sprechi della casta, «non raccoglierebbero neppure l’1% del fabbisogno per il reddito di cittadinanza». E attenzione: “regalare” soldi ai cittadini senza collegarli all’aumento della produzione «causerebbe un’immane massa monetaria in surplus che vaga per l’Italia devastandola di inflazione», dal momento che all’improvviso aumento di liquidità non corrisponderebbe altrettanta produzione di beni e servizi.Per il 90%, il “reddito di cittadinanza” («cioè una montagna di miliardi di euro») per Barnard sarebbe speso «a fronte di una base invariata di prodotti, portando i prezzi alle stelle». Risultato: «Inflazione africana, e senza creare un singolo posto di lavoro in più, anzi, causando una catena di licenziamenti, come in tutti i fenomeni inflattivi». Una follia. Se invece, come prescrive il programma Mmt, la medesima spesa pubblica venisse impiegata per un programma di piena occupazione, l’aumento dei consumi sarebbe supportato dall’incremento del Pil e da investimenti strategici per stabilizzare la società italiana terremotata dalla crisi. Molto meglio che «seppellire scienza e cervello», gridare “gelato per tutti!” e finire «dritti in Kosovo», seguendo alla cieca il leader dei grillini.«Ho chiamato Beppe e gli ho detto che Mosler voleva incontrarlo, mi ha detto che già lo conosceva e conosceva le sue teorie, mi ha chiesto di dire a Mosler di non chiamarlo, ma di mandargli una mail e che comunque non se ne sarebbe occupato lui direttamente ma avrebbe passato tutto a Casaleggio. Più di così non so che dirvi, con Casaleggio non ho contatti». Così la senatrice 5 Stelle Elena Fattori agli attivisti Mmt, Modern Money Theory, che – attraverso Paolo Barnard – avevano offerto al M5S l’assistenza di Warren Mosler per una ricetta economica anti-crisi fondata sulla sovranità monetaria. «Il Re è nudo», commenta Barnard, e il movimento di Grillo «è un partito-azienda comandato da un non-eletto, Mr. Casaleggio, che neppure ha rapporti con i suoi senatori. C’è bisogno di commentare?». Almeno, aggiunge Barnard, Berlusconi è stato votato dagli italiani. Casaleggio invece no, e ora dispone di una potenziale lobby, in Parlamento, che potrebbe promuovere leggi ad personam, anche se i grillini sono restii ad ammetterlo: «Hanno un Tirannosauro in salotto e non lo vedono. Questa è una tragedia italiana».
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Scanzi a Grillo: anziché attaccarmi, fatti intervistare
Un minuto di silenzio per chi, per anni, mi ha dato del “servo di Grillo” (che non sento da maggio 2011) e ora deve prendere atto di come lui e Casaleggio mi abbiano simpaticamente sfanculato nel loro blog, con un post tanto prevedibile (ci avevo scommesso la casa) quanto meraviglioso. E un minuto di silenzio anche per chi, per anni, ha sostenuto che il “Fatto” fosse house organ di Grillo, ora pure quello amenamente crivellato dai due. Non che nutrissi la perversione triste di prendere lezioni da Zucconi o Battista, professionisti della non-critica e fedeli della non-linea, ma Grillo e Casaleggio ci hanno fatto un bel regalo. Da oggi non ho più neanche i difetti inventati e il mio ego potrà finalmente esplodere. Vamos. La speranza è che, un giorno, anche i santoni vicini al Pd facciano le pulci al Pd come noi abbiamo sempre fatto al M5S (e a tutti gli altri): ne guadagnerebbero il paese, il giornalismo italiano e magari pure la sinistra italiana.Capisco comunque la rabbia di Grillo e Casaleggio: sanno che il sottoscritto, Travaglio e il “Fatto” hanno ragione. E sanno anche che la maggioranza di elettori e parlamentari la pensa probabilmente come noi. Il loro rosicamento, per quanto infantile e masochistico, è dunque giustificato. Ne ho quindi rispetto. Mi permetto solo di rammentar loro un vecchio adagio: quando si sbaglia, si sbaglia. Quando si perde, si perde. Capita anche ai migliori. Non tutte le battaglie – e gli sfoghi – possono essere giusti. Quel post sul reato di clandestinità era e resta una cazzata titanica. E quello di stamani sul “Fatto” è persino peggiore. Meglio ammetterlo. Altrimenti viene il dubbio che per loro il giornalismo ideale non sia quello libero, ma quello che gli dà ragione.(Il Cernobbico Casaleggio mi accusa di dire il falso sulla sua candidatura in Forza Italia. Uh oh. Vedo che anche lui, in mancanza di appigli migliori, gioca alla pagliuzza e alla trave. Come un D’Alema qualsiasi. Vero: tecnicamente non si candidò in Forza Italia. Chiedo scusa per la gravissima semplificazione: mi autopunirò guardando in loop un video qualsiasi su “Gaia”. Casaleggio si candidò però in una lista civica, nel 2004, a Settimo Vittone nel Canavese. Quella lista, “Per Settimo”, era capeggiata da Vito Groccia, “politico calabrese vicino a Forza Italia”. Ops. Casaleggio partecipò alla stesura del programma, si impegnò in prima persona e ottenne un risultato rutilante: sei voti e niente elezione. Sarò felice di parlarne con lui. Chissà, magari in una intervista. Quella stessa intervista che, da mesi, Casaleggio rifiuta al “Fatto”. Oppure accetta, ma dettando condizioni capestro che ovviamente mai accetteremo. L’invito è ovviamente esteso anche a Grillo, nella speranza che prima o poi scenda stabilmente dall’eremo di Sant’Ilario, aiuti da vicino i suoi parlamentari soli contro tutti e – già che c’è – cominci a fare quelle conferenze stampa promesse da tempo. Fiducioso e divertito, nonché assai grato, attendo).(Andrea Scanzi, giornalista del “Fatto Quotidiano”, il 13 ottobre 2013 replica così – dalla sua pagina Facebook – alle accuse mossegli da Grillo e Casaleggio; il post è ripreso da “Megachip”).Un minuto di silenzio per chi, per anni, mi ha dato del “servo di Grillo” (che non sento da maggio 2011) e ora deve prendere atto di come lui e Casaleggio mi abbiano simpaticamente sfanculato nel loro blog, con un post tanto prevedibile (ci avevo scommesso la casa) quanto meraviglioso. E un minuto di silenzio anche per chi, per anni, ha sostenuto che il “Fatto” fosse house organ di Grillo, ora pure quello amenamente crivellato dai due. Non che nutrissi la perversione triste di prendere lezioni da Zucconi o Battista, professionisti della non-critica e fedeli della non-linea, ma Grillo e Casaleggio ci hanno fatto un bel regalo. Da oggi non ho più neanche i difetti inventati e il mio ego potrà finalmente esplodere. Vamos. La speranza è che, un giorno, anche i santoni vicini al Pd facciano le pulci al Pd come noi abbiamo sempre fatto al M5S (e a tutti gli altri): ne guadagnerebbero il paese, il giornalismo italiano e magari pure la sinistra italiana.