Archivio del Tag ‘movimento 5 stelle’
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Stregoni e partiti all’opera: rassegnarsi a questa agonia Ue
«Finito il tempo degli anestesisti, è ormai arrivato quello degli stregoni». L’esito degli “anestesisti”, scrive Leonardo Mazzei, fa registrare un contestuale avvicinamento delle posizioni di tutte le diverse forze politiche in campo, sulla “questione delle questioni”, cioè «la gabbia dell’euro e dell’Unione Europea».Ovvero: «Tutti a criticare l’Europa così com’è, ma tutti a vendere nel mercato elettorale l’unica soluzione totalmente impossibile, cioè quella della “ridiscussione”, “riforma”, “revisione” dei trattati che è del tutto irrealizzabile, altro non fosse che per la necessità di un voto unanime di 27 paesi con i loro diversi (e spesso contrapposti) interessi in campo». Da qui la conclusione: le elezioni 2018 passeranno e l’euro resterà, dato che nessuno gli torcerà un capello. Ora, «tutte le persone informate dei fatti sanno che, senza affrontare il nodo europeo, non può esserci spazio alcuno: non solo per combattere la disoccupazione e uscire davvero dalla crisi, ma neppure per misure parziali volte quantomeno ad alleviare le sofferenze sociali che la crisi ha portato con sé. Ne consegue che tutti i programmi elettorali, per lo più basati su promesse e obiettivi mirabolanti, sono quanto di più falso la storia elettorale italiana abbia mai registrato fino ad oggi». L’azione degli “anestesisti del sistema” è riuscita: «Il che, dopo 10 anni di crisi tutt’altro che risolta, dopo 5 anni della più indecente delle legislature, è sinceramente sconfortante».E ora? Dopo gli “anestesisti”, scrive Mazzei su “Antimperialista”, avranno successo anche gli “stregoni”? Sono quelli che «lavorano alle future alchimie parlamentari e governative affinché nulla cambi in questo disgraziato paese». Se così non fosse, «non ci proporrebbero ancora il volto di pesce lesso Gentiloni: un volto conservatore come pochi, tanto nella mimica quanto in quel cognome aristocratico che porta». La generale omologazione al credo eurista, però, ancora non basta a disegnare una maggioranza in grado di reggersi in piedi. «O meglio, questa omologazione, proprio perché rende possibili diverse soluzioni variamente gradite a lorsignori, sembra non determinare ancora una chiara gerarchia nelle loro preferenze». Eppure, continua Mazzei, questa gerarchia esiste: «I dominanti son sempre previdenti, e – almeno quando possono permetterselo – oltre al piano A cercano sempre di avere un piano B». Da qui una certa apparente confusione, che adesso inizia però a diradarsi. Il piano A è rimasto quello che avevano pensato in autunno, le cosiddette “larghe intese”, «formula alquanto vaga che voleva nascondere quel patto Renzi-Berlusconi che ha consentito la forzatura del Rosatellum». Questo piano ha oggi però una variante, quella che prevede a Palazzo Chigi un “terzo uomo”: non più il ritorno del Bomba, «ma un personaggio più grigio e addomesticabile: se non Gentiloni, magari Padoan».Ecco a cosa è servita la pressione su Renzi: a fargli accettare il passo indietro sulla presidenza del Consiglio, sostiene Mazzei. «Certo, se il Pd dovesse recuperare rispetto ai sondaggi il fiorentino rispolvererebbe all’istante le sue ambizioni. Ma non pare proprio che sia questa l’aria che tira». C’è però un piano B, quello del “governo del presidente” evocato da D’Alema. «A seconda dei risultati, il piano B potrà essere una scelta o una necessità». Una scelta, qualora i numeri del piano A risultassero troppo risicati. Una necessità, se quei numeri proprio non vi fossero. «La differenza tra questi due piani è ovvia: il primo esclude i Cinque Stelle, il secondo li ricomprende». Nel primo caso, al M5S verrebbe assegnato «il classico ruolo dell’opposizione di Sua Maestà», mentre nel secondo «quello di ruota di scorta governativa delle più collaudate forze sistemiche». La prima soluzione, assicura Mazzei, è quella per cui lavorano gli “stregoni” dell’informazione. La seconda è una possibile necessità «non più esclusa per principio dall’oligarchia, ma solo considerata un po’ meno vantaggiosa della prima».Se oggi Renzi sta tornando buono per il mainstream, argomenta l’analista, è perché un Pd in caduta libera finirebbe per determinare nei collegi uninominali una polarizzazione M5S-destra, assai più che Pd-destra. «Con il risultato, ben colto dai sondaggisti, di danneggiare non solo il partito di Renzi al centro-nord, ma pure la destra al sud e nelle isole». Ecco allora il duro lavoro degli “stregoni della comunicazione” per riportare su le quotazioni del Bomba. «In cambio Renzi, ha dovuto platealmente dismettere il suo refrain preferito, quello del vincitore delle primarie come unico candidato alla guida del governo da parte del Pd. Oggi per Palazzo Chigi gli va bene un Pd-purchessia, domani accetterà forse anche un non-Pd-purchessia pur di non tornare nell’anonimato della sua Rignano». Certo, quello degli “stregoni” è un lavoro duro, «specie con questi chiari di luna». Lavoro che «sarebbe quasi impossibile, se solo vi fosse un’alternativa politica credibile. Ma questa non c’è. C’è anzi la sua negazione fatta persona nel volto neodemocristiano di Luigi Di Maio». Italia senza speranze: mala tempora currunt, sintetizza Mazzei.«Finito il tempo degli anestesisti, è ormai arrivato quello degli stregoni». L’esito degli “anestesisti”, scrive Leonardo Mazzei, fa registrare un contestuale avvicinamento delle posizioni di tutte le diverse forze politiche in campo, sulla “questione delle questioni”, cioè «la gabbia dell’euro e dell’Unione Europea».Ovvero: «Tutti a criticare l’Europa così com’è, ma tutti a vendere nel mercato elettorale l’unica soluzione totalmente impossibile, cioè quella della “ridiscussione”, “riforma”, “revisione” dei trattati che è del tutto irrealizzabile, altro non fosse che per la necessità di un voto unanime di 27 paesi con i loro diversi (e spesso contrapposti) interessi in campo». Da qui la conclusione: le elezioni 2018 passeranno e l’euro resterà, dato che nessuno gli torcerà un capello. Ora, «tutte le persone informate dei fatti sanno che, senza affrontare il nodo europeo, non può esserci spazio alcuno: non solo per combattere la disoccupazione e uscire davvero dalla crisi, ma neppure per misure parziali volte quantomeno ad alleviare le sofferenze sociali che la crisi ha portato con sé. Ne consegue che tutti i programmi elettorali, per lo più basati su promesse e obiettivi mirabolanti, sono quanto di più falso la storia elettorale italiana abbia mai registrato fino ad oggi». L’azione degli “anestesisti del sistema” è riuscita: «Il che, dopo 10 anni di crisi tutt’altro che risolta, dopo 5 anni della più indecente delle legislature, è sinceramente sconfortante».
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“Repubblica” in declino? Però ha vinto: ha spento la sinistra
Volano stracci tra Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti, che forse vorrebbe liberarsi del giornale-partito nato nel 1976 «per traghettare la sinistra dall’ideologia sovietico-marxista a quella atlantico-liberale». Non è strano che saltino i nervi, scrive Federico Dezzani nella sua “breve storia, non ortodossa”, del secondo quotidiano italiano: “Repubblica” è scesa a poco più di 200.000 copie, contro le oltre 400.000 di appena sette anni fa, quando Ezio Mauro la schierò frontalmente nella battaglia contro Berlusconi. «Il crepuscolo della Seconda Repubblica avanza minaccioso e non è certo casuale che sia accompagnato dalla crisi del quotidiano che, senza dubbio, ha dominato questo periodo della storia italiana», scrive Dezzani nel suo blog. Nato «per affiancare “L’Unità”», quotidiano del Pci, «e sensibilizzare Botteghe Oscure sulle tematiche “liberali”», il giornale «cavalca nei primi anni ‘80 il caso P2, poi assiste l’assalto giudiziario che nel 1992-93 demolisce la Prima Repubblica», quindi «assume la funzione di mentore della sinistra post-comunista, traghettandola nella metamorfosi Pci-Pds-Ds-Pd», e infine «detta l’agenda al governo se la sinistra vince le elezioni», oppure «guida l’opposizione antiberlusconiana, se la sinistra le perde».
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E bravo Di Maio, l’aspirante massone che spara sui massoni
Bella faccia di bronzo, Luigi Di Maio: spara contro la massoneria dopo aver bussato, ripetutamente, alle porte più esclusive dei peggiori club supermassonici internazionali, quelli reazionari dell’ultra-destra finanziaria. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere) che svela la geografia segreta del super-potere massonico mondiale. La frase “incriminata”, di Di Maio l’ha pronunciata in televisione, davanti alle telecamere de “La7”: «Chi urla odio razziale, chi usa espressioni omofobe, chi è iscritto alla massoneria, chi nella propria vita ha portato azioni indecenti non si può candidare col Movimento 5 Stelle». Immediata la replica di Stefano Bisi, leader del Grande Oriente d’Italia: «Mi sono chiesto innanzitutto come un politico che aspira a diventare il futuro presidente del Consiglio, e quindi a rappresentare democraticamente tutti gli italiani senza barriere precostituite, possa usare in maniera irresponsabile e violenta certe affermazioni gratuite». Disse Voltaire: «Disapprovo ciò che dici, ma difenderò sino alla morte il tuo diritto di dirlo». L’esatto contrario della “dottrina Di Maio”, che ricorda le infauste leggi fasciste che nel 1925 portarono alla persecuzione dei massoni. Ma peggio: magari Di Maio fosse solo fuori strada. E’ anche clamorosamente ipocrita, dice Magaldi, perché il primo a voler entrare in massoneria è proprio lui.«L’ipocrisia e la doppiezza di Luigi Di Maio si fanno addirittura iperboliche, perché il giovanotto ha bussato al gotha delle aristocrazie massoniche neoaristocratiche, non di quelle progressiste», scrive Magaldi su “Grande Oriente Democratico”. Il leader grillino «per poco non è stato preso a pernacchie», in quei salotti di Londra e di Washington, «ma la vicenda ha un carattere tristemente esemplare, perché illustra efficacemente il modus operandi del personaggio in questione e di certa massonofobia militante la quale, privatamente, anela proprio a ciò che in pubblico demonizza e discrimina». E poi c’è un diffuso meccanismo, aggiunge Magaldi, che «induce determinati soggetti politici a scagliarsi contro i massoni che si presentino ufficialmente come tali, senza paludamenti», per poi invece «accogliere a braccia aperte chi conservi un profilo massonico accuratamente segretato». Attenzione: la sortita anti-massonica di Di Maio non è stata casale, ma premeditata: «In quelle parole del candidato premier pentastellato c’è molta ambiguità e ambivalenza». Ovvero: «C’è un messaggio polivalente, rivolto a diversi interlocutori nazionali e internazionali». Un intervento «odioso e ipocrita, apparentemente massonofobico», rivolto – in codice – a soggetti ai quali Di Maio di sta probabilmente ancora rivolgendo. Morale: «Il Movimento 5 Stelle merita un leader migliore».«Una volta che sarà stato celebrato l’ingannevole rito elettorale del 4 marzo, Luigi Di Maio non solo non avrà vinto le elezioni, ma avrà dimostrato di essere stato la peggiore scelta possibile, come “frontman”», scrive Magaldi sul blog del Movimento Roosevelt. Il giorno dopo le elezioni, quindi, «sarà bene che l’intero Movimento 5 Stelle – garante e padre fondatore Beppe Grillo in testa – ripensi alcune modalità comunicative e strutturali dell’avventura pentastellata», anche perché «chi si candida a governare una grande nazione democratica e repubblicana come l’Italia non può permettersi il lusso di discriminare pregiudizialmente la partecipazione politica al proprio movimento di categorie di persone – i massoni – tra le fila dei quali si annoverano peraltro i maggiori eroi del Risorgimento e i più autorevoli padri della Costituzione del 1948». Più in generale, l’asserita interdizione ai liberi muratori («evidentemente a quelli che non fanno mistero di essere tali») di partecipare alla vita politica del M5S e/o di essere candidati tra le sua fila, «non solo viola il testo costituzionale italiano e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ma favorisce semmai l’infiltrazione tra i pentastellati di massoni segreti e coperti, cui nessuno potrà contestare l’appartenenza latomistica ed escluderli da liste elettorali, proprio in quanto segreti e coperti».Perciò, conclude Magaldi, «lunga vita e in bocca al lupo ai tanti ottimi candidati sinceramente democratici e progressisti delle liste M5S (in primis a Pino Cabras, giornalista e intellettuale di grande pregio e spessore), ma qualcuno si prenda la briga di sottoporre Luigi Di Maio a un corso accelerato di etica costituzionale e di principi democratici, liberali e libertari, sottraendolo alle pessime figure e alla sicura débâcle cui lo condurrà la sua insipiente, pretestuosa e insincera massonofobia». Dalle parole di Di Maio, secondo Magaldi, emerge «un abisso di ipocrisia». Intanto, sparando contro “i massoni” come categoria, attenta ai diritti costituzionali degli aderenti alla massoneria. «E sarebbe lo stesso se costui avesse usato parole discriminatorie e liberticide contro altre categorie socio-antropologiche: cattolici, ebrei, musulmani, simpatizzanti di tale o talaltra dottrina filosofica, religiosa o sapienziale, inquadrati o meno in associazioni, come la massoneria, perfettamente legali, legittime e costituzionali, e anzi all’origine della nascita stessa delle Costituzioni democratiche moderne e contemporanee». Ma, appunto, il leader grillino non è neppure sincero: «Non si può trascurare il fatto che Luigi Di Maio (al pari di Matteo Renzi, che lo ha preceduto in termini quasi identici), da mesi, stia cercando di trovare a Londra e a Washington qualcuno che gli apra le porte di templi massonici prestigiosi».Bella faccia di bronzo, Luigi Di Maio: spara contro la massoneria dopo aver bussato, ripetutamente, alle porte più esclusive dei peggiori club supermassonici internazionali, quelli reazionari dell’ultra-destra finanziaria. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere) che svela la geografia segreta del super-potere massonico mondiale. La frase “incriminata”, Di Maio l’ha pronunciata in televisione, davanti alle telecamere de “La7”: «Chi urla odio razziale, chi usa espressioni omofobe, chi è iscritto alla massoneria, chi nella propria vita ha portato azioni indecenti non si può candidare col Movimento 5 Stelle». Immediata la replica di Stefano Bisi, leader del Grande Oriente d’Italia: «Mi sono chiesto innanzitutto come un politico che aspira a diventare il futuro presidente del Consiglio, e quindi a rappresentare democraticamente tutti gli italiani senza barriere precostituite, possa usare in maniera irresponsabile e violenta certe affermazioni gratuite». Disse Voltaire: «Disapprovo ciò che dici, ma difenderò sino alla morte il tuo diritto di dirlo». L’esatto contrario della “dottrina Di Maio”, che ricorda le infauste leggi fasciste che nel 1925 portarono alla persecuzione dei massoni. Ma peggio: magari Di Maio fosse solo fuori strada. E’ anche clamorosamente ipocrita, dice Magaldi, perché il primo a voler entrare nei grandi circuiti delle superlogge è proprio lui.
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Non conta chi vince: il sistema politico italiano è morto
Strane elezioni: la posta in palio non è il risultato. Ovvero: più che il governo che ne verrà fuori, a essere in gioco è il sistema politico italiano nel suo complesso. Lo sostiene Aldo Giannuli, politologo dell’ateneo milanese, attento osservatore della scena italiana. Niente sarà più come prima, a prescindere dal risultato del 4 marzo. Le elezioni? Non servono solo a determinare chi governerà, ma anche a rappresentare in Parlamento gli interessi e le posizioni culturali presenti nella società. «La cultura rozzamente “governista” di questo trentennio scorso ha ridotto tutto alla scelta di chi governerà», scrive Giannuli nel suo blog. «Questa volta, però, si tratta di un gioco un po’ diverso, nel quale la determinazione del governo diventa l’obiettivo secondario, mentre in primo piano c’è l’assetto costituzionale del paese». Non la Costituzione formale, che almeno per ora non sembra più in discussione, «dopo la tranvata presa dal Pd il 4 dicembre 2016», ma la Costituzione “materiale”, «cioè il concreto assetto dei rapporti di forza durevoli». Prima domanda: resisterà, questo modello tripartito, oppure uno dei tre contendenti si avvierà ad uscire di scena, ripristinando una qualche forma di bipartitismo? O ancora: affiorerà un sistema quadripolare o pentapolare che ripristinerà le dinamiche dei governi di coalizione, grazie anche al futuro superamento dell’attuale, deludente legge elettorale?All’interno di questo quadro generale, sostiene Giannuli, occorrerà vedere come si articoleranno i rapporti di forza fra le attuali formazioni. Ad esempio: «E’ possibile che il centrodestra possa vincere, conquistando la maggioranza assoluta dei seggi, ma non è affatto irrilevante sapere quale sarà lo stacco fra Lega e Forza Italia». E, se i rapporti di forza non cambiassero, quindi con una sostanziale parità tra forzisti e leghisti, «è probabile che il governo durerebbe poco». Quanto ai 5 Stelle: è ben diverso se il partito di Grillo e Di Maio raggiungesse il 35, il 30 o il 25% dei suffragi. Il 35%, dice Giannuli, significherebbe che l’obiettivo di conquistare la maggioranza assoluta dei seggi da solo resterebbe praticabile. Se invece il M5S si attestasse attorno al 30% significherebbe che «ha toccato il suo tetto e dovrebbe aprire la discussione sulle alleanze possibili, a meno di voler restare in eterno all’opposizione». Ma se scendesse tra il 20 e il 25% «è probabile che questo possa avere un contraccolpo psicologico molto pesante, che aprirebbe un regolamento di conti al suo interno e forse porrebbe le premesse per un suo ulteriore arretramento, seppellendo l’idea di un possibile governo a trazione 5 Stelle».Quanto al Pd, «se superasse il 25 % potrebbe anche pensare di restare in gara fra i partiti di serie A», mentre se scendesse verso il 20% «vedrebbe profilarsi la serie B: un ruolo di comprimario da cespuglio (d’accordo, un grosso cespuglio, ma pur sempre un cespuglio)». Attenzione: se il partito di Renzi precipitasse sotto il 20% darebbe il via a «una reazione a catena di scissioni e riunificazioni che significherebbe la fine del Pd in quanto tale». Dunque, insiste Giannuli, «non si tratta solo del governo di questa legislatura, forse brevissima, ma dell’inizio di un processo di ristrutturazione del sistema politico, nel quale quello che conta è la direzione di marcia che prendono gli avvenimenti». Ovviamente, «la partita non si deciderà solo in questa tornata elettorale, ma occorrerà vedere che succede nelle europee del prossimo anno», per capire se le linee di tendenza si confermano, si invertono o si mescolano con altre ancora. «E poi bisognerà vedere le amministrative del 2020, sempre che nel frattempo non ci siano altre elezioni politiche». Giannuli lo ripete dal 2016: «Si è aperta la crisi del sistema politico e si profila un periodo di turbolenze come fu il 1992-1996 quando votammo per tre elezioni politiche in 5 anni. Quel che colpisce è l’inadeguatezza di tutte le forze politiche alla situazione della quale non hanno affatto la percezione».Strane elezioni: la posta in palio non è il risultato. Ovvero: più che il governo che ne verrà fuori, a essere in gioco è il sistema politico italiano nel suo complesso. Lo sostiene Aldo Giannuli, politologo dell’ateneo milanese, attento osservatore della scena italiana. Niente sarà più come prima, a prescindere dal risultato del 4 marzo. Le elezioni? Non servono solo a determinare chi governerà, ma anche a rappresentare in Parlamento gli interessi e le posizioni culturali presenti nella società. «La cultura rozzamente “governista” di questo trentennio scorso ha ridotto tutto alla scelta di chi governerà», scrive Giannuli nel suo blog. «Questa volta, però, si tratta di un gioco un po’ diverso, nel quale la determinazione del governo diventa l’obiettivo secondario, mentre in primo piano c’è l’assetto costituzionale del paese». Non la Costituzione formale, che almeno per ora non sembra più in discussione, «dopo la tranvata presa dal Pd il 4 dicembre 2016», ma la Costituzione “materiale”, «cioè il concreto assetto dei rapporti di forza durevoli». Prima domanda: resisterà, questo modello tripartito, oppure uno dei tre contendenti si avvierà ad uscire di scena, ripristinando una qualche forma di bipartitismo? O ancora: affiorerà un sistema quadripolare o pentapolare che ripristinerà le dinamiche dei governi di coalizione, grazie anche al futuro superamento dell’attuale, deludente legge elettorale?
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C’era una volta Bagnai: farà l’acchiappa-dissenso, pro Silvio
La Lega, vivendo all’ombra e sotto il cappello di Berlusconi – uomo Nato, piduista, miliardario e ancora utile alla sovrastruttura atlantista – essendo un partito liberista con ricette economiche padronali, è servito, nella sua prima fase costituente, a destrutturare il concetto di Stato sociale, di sovranità nazionale e di statalismo. E il suo finto separatismo d’accatto, in passato, è stato uno strumento utile allo schema di potere. Poi, nella “fase due”, la Lega è stata partito di governo, senza produrre nulla di utile e cambiando idea su tutti i fronti, a seconda delle esigenze elettorali. Quello è stato anche il periodo dei grandi scandali, della bancarotta, dei diamanti in Tanzania (della serie “aiutiamoli a casa loro, ma senza i loro diamanti”). Infine, arriviamo ai giorni nostri, dove la Lega svolge – per conto terzi – la “fase tre”, ovvero quella di contenitore del dissenso populista, e soprattutto quella di metabolizzatore della rabbia popolare. Il tutto alle dipendenze del centrodestra, parte politica che in passato ha votato euro, Trattato di Lisbona, Jobs Act, Fornero e guerre insieme al Pd, dopo aver sponsorizzato Renzi come finto antagonista. I contenitori di dissenso sono importanti, nello schema del potere, quando il Re è troppo svestito, e va spostato un bersaglio troppo visibile ai sudditi.Prima fu il Movimento 5 Stelle, che oggi pare abbia iniziato ad esaurire la sua spinta propulsiva originale: dopo l’abbandono di Grillo il partito – come previsto anni fa – inizerà a spappolarsi in diversi fronti, avendo esaurito il compito per il quale i suoi mentori occulti l’avevano plasmato, all’ombra del comico, nonostante oggi abbia candidato così tante persone, dalla cosiddetta società civile. Ma oggi è il turno della Lega, che (con Salvini) ha avviato il corso nazionalista sovranista: lui, l’ultimo araldo e baluardo per infinocchiare ancora una volta l’elettorato, dirigendolo verso bersagli comodi, lontano dai veri obiettivi, puntando come sempre sulla guerra tra poveri e alzando il tiro, rispetto ai più moderati pentastellati. Sono entrambi contenitori politici che servono a comprimere e metabolizzare il dissenso, ai quali il servo delega le proprie istanze e speranze, nel solco della tipica tradizione mariana italiana. Arriviamo al capolavoro di Salvini e soci: quello di aver sedotto definitivamente l’economista Bagnai, persona che stimo molto per le sue battaglie e competenze tecniche, e che domani si candiderà (come indipendente) in un partito che lo ha strumentalmente e fortemente voluto. Bagnai porterà voti dissidenti e, andando nell’alleanza con Berlusconi, annullerà – volente o nolente – proprio quel paradigma rivoluzionario che lo contraddistingueva.La Lega l’ha voluto per due motivi fondamentali: uno, attirare voti sovranisti; due, annullare i sovranisti in un contenutore “forno alchemico”, trasformandoli da oro in merda. Mossa intelligente, quella di Salvini: come un esperto giocatore di poker ha fatto bene i suoi calcoli, e ha previsto in anticipo le mosse. Bravo Salvini. Forza Lega – anzi: Forza Italia. Bagnai usa le colpe della sinistra come scusante per la sua, di colpa. L’essere passato a destra è, di fatto, un tradimento politico: se era la lotta di classe, che gli stava a cuore, scoprirà che – come non la fa la sinistra – non la fa neppure la destra. In lui hanno prevalso aspetti legittimamente più egoici, dopo tanti rifiuti dalla sinistra, che ancora una volta presenta un conto salato ai suoi (forse, domani) ex elettori. Per la proprietà transitiva, Bagnai diventa di proprietà di Silvio – ergo, delle forze piduiste e atlantiste che l’hanno “piazzato”, e che anche se qualcuno pensava fosse sotto attacco (ma quando mai?!) ancora ne usufruiranno, per scopi diametralmente opposti a quelli per i quali Bagnai ha deciso di scendere in campo. La Lega, avendo candidato proprio i dissidenti sovranisti, li ha – per così dire – metabolizzati, annullandone l’impatto rivoluzionario e dirompente di contrapposizione al sistema. Aprite gli occhi.(“Lega e Salvini, finti antagonisti e nuovi contenitori del dissenso”, nota firmata da “Maestro di Dietrologia” nella puntata 259 di “Border Nights”, 30 gennaio 2018).La Lega, vivendo all’ombra e sotto il cappello di Berlusconi – uomo Nato, piduista, miliardario e ancora utile alla sovrastruttura atlantista – essendo un partito liberista con ricette economiche padronali, è servito, nella sua prima fase costituente, a destrutturare il concetto di Stato sociale, di sovranità nazionale e di statalismo. E il suo finto separatismo d’accatto, in passato, è stato uno strumento utile allo schema di potere. Poi, nella “fase due”, la Lega è stata partito di governo, senza produrre nulla di utile e cambiando idea su tutti i fronti, a seconda delle esigenze elettorali. Quello è stato anche il periodo dei grandi scandali, della bancarotta, dei diamanti in Tanzania (della serie “aiutiamoli a casa loro, ma senza i loro diamanti”). Infine, arriviamo ai giorni nostri, dove la Lega svolge – per conto terzi – la “fase tre”, ovvero quella di contenitore del dissenso populista, e soprattutto quella di metabolizzatore della rabbia popolare. Il tutto alle dipendenze del centrodestra, parte politica che in passato ha votato euro, Trattato di Lisbona, Jobs Act, Fornero e guerre insieme al Pd, dopo aver sponsorizzato Renzi come finto antagonista. I contenitori di dissenso sono importanti, nello schema del potere, quando il Re è troppo svestito, e va spostato un bersaglio troppo visibile ai sudditi.
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L’Italia è malata di cancro, per colpa della vera mafia: l’Ue
«Non mi ero scordato della profezia Montanelli sull’Italia che avrebbe dovuto immunizzarsi da Berlusconi», dice Paolo Barnard, che oggi propone di “immunizzarsi” dai 5 Stelle (votandoli) che il giornalista considera un’autentità calamità nazionale per inadeguatezza e impreparazione, inaudita suddistanza al padre-padrone Grillo e al vertice del “partito-azienda” incarnato dalla struttura dei Casaleggio. L’anziano Montanelli, irritato per la “discesa in campo” del Cavaliere nel ‘94? «L’impianto teorico dell’immunizzazione era giustissimo», ma il direttore del “Giornale” sbagliò bersaglio: «Il motivo per cui l’Italia non s’immunizzò da Berlusconi fu che Berlusconi è stato, delle due, una cura per l’Italia. Montanelli – che fu socialmente miope come una talpa incappucciata quando credette che l’Italia ‘bene’ l’avrebbe seguito fuori dal “Giornale” – fu trascinato dalla bestiale ondata Travaglio-Vajont la cui narrativa era che il Cavaliere rappresentava la porno-Nutella della mafia a Palazzo Chigi, cioè il peggio mai conosciuto dall’Italia di Calamandrei». Per Barnard, il tragico errore di quel postulato montanelliano «fu nella sua totale incomprensione di cosa sia una vera mafia e di cosa sarebbe stato il peggio mai conosciuto dall’Italia».«La vera mafia, cioè una cupola non eletta e mirante a spolpare vivo senza pietà il popolo italiano, non stava affatto a Palermo, ma a Bruxelles», scrive Barnard nel suo blog. «La mafia di Palermo, dai tempi di Garibaldi in poi, mai ebbe (e mai avrà) il potere di ridurre quello che era il settimo più ricco paese del pianeta a un maiale (Piigs) d’Europa». Un “maiale” «ridicolizzato dal mondo, bastonato e rapinato dalla Germania, e tutto ciò in meno di 11 anni». Insiste, Barnard: «Bruxelles con la sua vera mafia c’è riuscita, ha avuto questo potere». Quanto alla politica italiana, «chi era di casa a Palermo era Berlusconi», mentre «chi era di casa a Bruxelles erano Amato, Ciampi, Padoa Schioppa, Visco, D’Alema», fino ai “salvifici” tecnocrati come Vittorio Grilli e Pier Carlo Padoan. «E guardatevi intorno come ci hanno ridotti. Goldman Sachs nel suo Global Outlook 2017 boccia nell’imbarazzo una sola nazione europea: l’Italia delle riforme dei sopraccitati criminali collusi, oggi ultima in Ue sotto la Spagna e la Grecia come proiezioni di crescita». Il peggio mai conosciuto dall’Italia? «Fu di fatto, e per 16 anni filati, contrastato (almeno un minimo) solo da Silvio Berlusconi, «che per questo fu deposto nel golpe finanziario del novembre 2011 (Trichet-Monti-Napolitano)», che Barnard per primo denunciò «con grafici e prove» in televisione, a “Matrix” (“Canale 5”) e poi a “L’Ultima Parola” e “La Gabbia” (La7).Una «criminale opera di distrazione di massa, divenuta distruzione», secondo Barnard è stata condotta da «speculatori come Travaglio, Luttazzi, Biagi, Santoro, la Guzzanti, Gomez e il codazzo poi nato, anche con Mediobanca e De Benedetti», Quella violenta propaganda contro Berlusconi impedì (e oggi impedisce) a tre quarti del paese di pervenire all’orribile verità. Montanelli? «Ci chiese d’immunizzarci dal sudore, cosa inutile e impossibile, mentre un melanoma micidiale stava invadendo la pelle di tutta l’Italia col Trattato di Maastricht». Giunti a questo punto, cioè alla farsa conclamata delle elezioni 2018 (promesse-fotocopia e nessun accenno alle vere cause Ue della crisi), Barnard ribadisce che voterà proprio per i detestati grillini, che a suo dire «rappresentano una tripla voragine». Ovvero: «L’allucinante speculazione della CasaleggioForProfit su 60 milioni di noi», nonché «la più intimidatoria cultura dell’omertà-terrore in un partito, dal fascismo a oggi», e infine «la mortale impreparazione di chiunque lì dentro a governare un paese quasi morto fra Usa, Cina ed Emergenti». Il Movimento 5 Stelle? «Davvero è come la peste», scrive Barnard. Per cui, conclude, «dobbiamo “ammalarci di loro”, e sperare nella immunizzazione per sempre dal peggior partito italiano dai giorni di Calamandrei».«Non mi ero scordato della profezia Montanelli sull’Italia che avrebbe dovuto immunizzarsi da Berlusconi», dice Paolo Barnard, che oggi propone di “immunizzarsi” dai 5 Stelle (votandoli) che il giornalista considera un’autentità calamità nazionale per inadeguatezza e impreparazione, inaudita sudditanza al padre-padrone Grillo e al vertice del “partito-azienda” incarnato dalla struttura dei Casaleggio. L’anziano Montanelli, irritato per la “discesa in campo” del Cavaliere nel ‘94? «L’impianto teorico dell’immunizzazione era giustissimo», ma il direttore del “Giornale” sbagliò bersaglio: «Il motivo per cui l’Italia non s’immunizzò da Berlusconi fu che Berlusconi è stato, delle due, una cura per l’Italia. Montanelli – che fu socialmente miope come una talpa incappucciata quando credette che l’Italia ‘bene’ l’avrebbe seguito fuori dal “Giornale” – fu trascinato dalla bestiale ondata Travaglio-Vajont la cui narrativa era che il Cavaliere rappresentava la porno-Nutella della mafia a Palazzo Chigi, cioè il peggio mai conosciuto dall’Italia di Calamandrei». Per Barnard, il tragico errore di quel postulato montanelliano «fu nella sua totale incomprensione di cosa sia una vera mafia e di cosa sarebbe stato il peggio mai conosciuto dall’Italia».
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Magaldi: schede bianche e poltrone vuote in Parlamento
Poltrone vuote, “prenotate” dalle schede bianche di milioni di elettori: quelli che potrebbero abbandonare l’astensionismo e recarsi alle urne per la più clamorosa delle proteste, affidata a decine di seggi destinati a restare vacanti. Possibile? Non ancora: la legge non lo consente, anche se esistono giuristi che stanno esaminando quest’eventualità, cioè la possibilità di non assegnare a nessun partito i seggi corrispondenti, proporzionalmente, al numero delle schede lasciate in bianco. «Intanto, consiglio seriamente di valutare questa opzione: sarebbe un messaggio forte e chiaro, di aperta sfiducia, nei confronti di questi partiti sfrontati che stanno impunemente prendendo in giro gli italiani», sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt. «Non è giusto che i seggi vengano assegnati solo a chi sceglie un partito: sarebbe più democratico se il voto rappresentasse correttamente tutti gli elettori, compresi cioè quelli che votano scheda bianca». Dopo aver lanciato l’idea già il 22 gennaio, poi fatta propria anche da Paolo Barnard, nell’ultima puntata della trasmissione radiofonica “Massoneria On Air”, su “Colors Radio”, Magaldi rilancia: serve un gesto dimostrativo, per denunciare quelle che possiamo già annunciare come le elezioni più inutili e truffaldine della storia, «precedute da una campagna elettorale verminosa».I “vermi” in questione? Le menzogne di cui sono farcite le esternazioni dei maggiori raggruppamenti: «“Mai con Berlusconi”, ripetono i renziani, ingannando i loro elettori, ben sapendo che proprio col Cavaliere daranno vita a un “inevitabile” governo di larghe intese». L’uomo di Arcore? «Idem: in Europa ha fatto il giro dei potenti che contano, e solo per rassicurarli». All’orizzonte c’è infatti un comodo “inciucio” con l’innocuo Pd, anche per emarginare Salvini e i suoi residui accenti anti-Ue. Quanto ai 5 Stelle, interviene (in diretta web-streaming su YouTube) un altro “rooseveltiano”, Gianfranco Carpeoro: «I grillini hanno scelto il peggio, cioè Di Maio, e non invece un parlamentare preparato come Danilo Toninelli». Le “parlamentarie”? «Pura demagogia: per candidarsi basta stare simpatici a cento persone. Perché invece i grillini con fanno congressi e confronti democratici? Perché non selezionano una classe dirigente responsabile? Se i partiti scegliessero il meglio, anziché il peggio come avviene oggi, faremmo tutti un passo avanti». Le schede in bianco? «Ottima idea di Gioele Magaldi, per dare corpo e visibilità all’ipotesi di lavoro del dopo-elezioni, cioè il nuovo soggetto politico: il Pdp, Partito Democratico Progressista».Una cosa è certa, assicura Magaldi: «Dopo il 4 marzo, di fronte a un’ipotesi che veda sorgere l’ennesimo non-governo basato sull’intesa di soggetti che hanno fino di essere antagonisti, animeremo vistose proteste per chiedere al più presto il ritorno alle urne». Il “partito delle schede bianche”? «E’ giusto che, un giorno, possa essere legittimamente rappresentato, con una bella fila di poltrone vuote, in un Parlamento dove nessuno dei contendenti osa affrontare la situazione italiana, cioè una crisi artificiosa creata dalla sottrazione di sovranità operata dai poteri oligarchici privati, finanziari, che utilizzano per i lori scopi l’Unione Europea». E ad Emma Bonino, che invoca “più Europa”, Magaldi ricorda che il sogno degli Stati Uniti d’Europa è stato sabotato e ucciso dai gestori dell’Ue e poi anche ridicolizzato da Renzi, Hollande e la Merkel, nella loro beffarda scampagnata a Ventotene, dove Altiero Spinelli aveva scritto il suo manifesto federalista. «Inviteremo anche la Bonino al convegno di Milano su Olof Palme, in primavera: un’occasione per ricordare il leader socialista svedese assassinato nell’86 e ragionare su cosa dovrebbe essere, l’Europa democratica di cui non c’è traccia». I partiti in corsa per elezioni fanno finta che il problema non esista, raccontando agli elettori che il voto del 4 marzo servirà a qualcosa? «Ragione in più per non votarli, obbligandoli a contare le nostre schede bianche».Poltrone vuote, “prenotate” dalle schede bianche di milioni di elettori: quelli che potrebbero abbandonare l’astensionismo e recarsi alle urne per la più clamorosa delle proteste, affidata a decine di seggi destinati a restare vacanti. Possibile? Non ancora: la legge non lo consente, anche se esistono giuristi che stanno esaminando quest’eventualità, cioè la possibilità di non assegnare a nessun partito i seggi corrispondenti, proporzionalmente, al numero delle schede lasciate in bianco. «Intanto, consiglio seriamente di valutare questa opzione: sarebbe un messaggio forte e chiaro, di aperta sfiducia, nei confronti di questi partiti sfrontati che stanno impunemente prendendo in giro gli italiani», sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt. «Non è giusto che i seggi vengano assegnati solo a chi sceglie un partito: sarebbe più democratico se il voto rappresentasse correttamente tutti gli elettori, compresi cioè quelli che votano scheda bianca». Dopo aver lanciato l’idea già il 22 gennaio (poi fatta propria anche da Paolo Barnard), nell’ultima puntata della trasmissione radiofonica “Massoneria On Air”, su “Colors Radio”, Magaldi rilancia: serve un gesto dimostrativo, per denunciare quelle che possiamo già annunciare come le elezioni più inutili e truffaldine della storia, «precedute da una campagna elettorale verminosa».
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Renzi sicuro perdente, e l’astensionismo minaccia i 5 Stelle
Quanti astenuti in più ci saranno e che partiti “puniranno”? Quanti astenuti invece torneranno alle urne? E chi voteranno? C’è chi teme l’esito delle regionali siciliane, con oltre il 50% di astensionismo. I sondaggi oscillano, danno il non-voto attorno al 35% e giurano che a disertare le urne saranno soprattutto i giovani. Per Aldo Giannuli, è probabile (ma non certo) che i “disertori” colpiranno in particolare il Pd ed il M5S, perché ad astenersi «è un elettore deluso da un determinato partito», un cittadino «che non trova sulla scheda un simbolo che possa rappresentare la sua protesta». Difficile che questo sia l’indentikit dell’elettore del centrodestra, oggi «in pieno rilancio». L’area del non-voto «potrebbe alimentarsi di elettori che non gradiscono il candidato uninominale (magari un leghista che si trova un ex alfaniano o uno di Forza Italia, o viceversa) e questo trova nel carattere molto composito della coalizione un possibile varco, ma è presumibile che si tratti di flussi abbastanza circoscritti». Un po’ più consistenti, sostiene Giannuli, sono i rischi del Pd, «su cui pesa la delusione per i cinque anni di governo (e aggiungendo l’anno di Monti che va messo sul conto del Pd)». Magari a incrociare la braccia è un elettore «che ha votato “no” al referendum, che dà per persa la partita, e che però non se la sente di votare per il M5S o per il centrodestra».Questo elettore ex-Pd ha però «la carta di riserva di Leu», per cui questo flusso in uscita, «ragionevolmente più consistente di quello del centrodestra», potrebbe dividersi tra chi si astiene e chi invece vota “Liberi e Uguali”. Ma il più insidiato dall’astensione, secondo Giannuli, è certamente il Movimento 5 Stelle «per due ottime ragioni: in primo luogo perché si tratta di voti di protesta che non riesce a intercettare (e quindi questo compromette una eventuale crescita), in secondo luogo perché potrebbe riguardare elettori che hanno votato quel movimento nel 2013 ma poi ne sono stati delusi». Perfettamente spiegabile: basta sommare «l’elettore più anti-sistema che trova troppo moderata l’offerta di Di Maio, quello romano deluso dalla gestione della Raggi, quello che non apprezza il candidato uninominale che si trova, quello escluso dalle “parlamentarie” (o quello che sosteneva un escluso)». Ex grillini, «che non si sentono di votare altri partiti». Le elezioni europee del 2014, ricorda Giannuli, riservarono una cattiva sorpresa al M5S: i pronostici lo davano vincente, e invece arretrò di 4 punti. «Quel risultato conteneva un avvertimento: il M5S ha uno zoccolo duro che resiste e non si sposta», e che probabilmente comprende, almeno per ora, la parte maggiore del suo elettorato, «ma ha anche una fascia che oscilla verso l’astensione: e infatti nel 2014 l’astensione crebbe, e in misura maggiore, dove il M5S perdeva di più».Dunque, continua il politologo, i 5 Stelle devono guardare con molta attenzione a questo lato, che rappresenta la loro principale incertezza, «mentre non sembrano molti i rischi di elettori che passino ad altri partiti (forse qualche piccolo flusso verso “Leu” e un altro, altrettanto piccolo, verso la Lega)». E i flussi di rientro dall’astensione? Prima di tutto potrebbero dirigersi proprio verso i grillini, per la loro contiguità all’elettorato astensionista, e poi verso il centrodestra, «che negli ultimi anni ha visto forti flussi verso l’astensione e che oggi potrebbero rientrare per effetto del nuovo Berlusconi vincente». Viceversa, non sembra probabile che il Pd possa giovarsene molto: «Difficilmente i partiti di governo uscenti intercettano voto ex-astensionista, a meno di un clamoroso consenso alle sue politiche di governo», di cui però non c’è traccia nel caso dell’odierno Pd. Infine, la terza incognita: come giocherà il “voto utile”? «Il Pd, sino ad oggi, si è costantemente giovato del “voto utile” che, detto altrimenti, è il “voto contro”: forse io non sono quello che vorresti, ma se non vuoi far vincere quello che ti piace ancor meno, devi votare per me». Questa volta, però, la dinamica del “voto utile” gioca a sfavore del Pd: «L’elettore che proprio non vuole un altro governo Berlusconi (o come si chiamerà il suo prestanome) è indotto a votare 5 Stelle (come è successo in Sicilia, dove il candidato presidente del M5S ha preso ben l’8% in più della lista di partito) e, viceversa, quello che vede i 5 Stelle al governo come una irrimediabile iattura è indotto a votare per il centrodestra». Conclude Giannuli: «Più la campagna sarà un duello fra centrodestra e 5 Stelle, e più il Pd perderà voti».Quanti astenuti in più ci saranno e che partiti “puniranno”? Quanti astenuti invece torneranno alle urne? E chi voteranno? C’è chi teme l’esito delle regionali siciliane, con oltre il 50% di astensionismo. I sondaggi oscillano, danno il non-voto attorno al 35% e giurano che a disertare le urne saranno soprattutto i giovani. Per Aldo Giannuli, è probabile (ma non certo) che i “disertori” colpiranno in particolare il Pd ed il M5S, perché ad astenersi «è un elettore deluso da un determinato partito», un cittadino «che non trova sulla scheda un simbolo che possa rappresentare la sua protesta». Difficile che questo sia l’indentikit dell’elettore del centrodestra, oggi «in pieno rilancio». L’area del non-voto «potrebbe alimentarsi di elettori che non gradiscono il candidato uninominale (magari un leghista che si trova un ex alfaniano o uno di Forza Italia, o viceversa) e questo trova nel carattere molto composito della coalizione un possibile varco, ma è presumibile che si tratti di flussi abbastanza circoscritti». Un po’ più consistenti, sostiene Giannuli, sono i rischi del Pd, «su cui pesa la delusione per i cinque anni di governo (e aggiungendo l’anno di Monti che va messo sul conto del Pd)». Magari a incrociare la braccia è un elettore «che ha votato “no” al referendum, che dà per persa la partita, e che però non se la sente di votare per il M5S o per il centrodestra».
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Ma la bufera sulle logge non sfiora la massoneria che conta
«Aboliamo la massoneria», titola “L’Espresso”, di fronte all’offensiva della commissione antimafia guidata da Rosy Bindi, dopo la denuncia di una trentina di massoni calabresi “dissidenti”, usciti allo scoperto in seguito a un’indagine su riciclaggio e narcotraffico. «Un’inchiesta politica e giudiziaria senza precedenti dai tempi della P2 mette sotto scacco il mondo degli incappucciati», scrive il settimanale di De Benedetti. « E la commissione antimafia vuole i nomi degli affiliati: era ora, ma non basta». Il reportage di Gianfrancesco Turano, che documenta l’attività investigativa allora in corso, risale a una anno fa e fotografa alla perfezione il clamore suscitato dalla Bindi, a mezzo stampa: «C’è da sperare che venga rieletta: in politica farebbe comunque meno danni che all’università, dove tornerebbe a insegnare», commenta sarcastico il massone Gianfranco Carpeoro, saggista, già a capo dell’autodisciolta Gran Loggia Serenissima di Piazza del Gesù. Carpeoro (al secolo Gianfranco Pecoraro, avvocato di lungo corso) è uno spietato giudice dei grembiulini nazionali: «Quella italiana è la peggior situazione massonica al mondo: quando va bene, entrare in una loggia oggi significa perdere il proprio tempo». Ancora più caustico un altro massone progressista, Gioele Magaldi, che contesta l’ipocrisia del sistema politico-mediatico: «Se la prendono sempre con le logge provinciali, fingendo di non sapere che i massimi vertici dello Stato militano nelle Ur-Lodges sovranazionali che hanno imposto all’Italia la tragedia dell’austerity».«Ci vogliono mettere il triangolo rosso come ai tempi delle persecuzioni naziste», protesta il gran maestro del Goi, Stefano Bisi, a capo di 23.000 affiliati distribuiti in oltre 800 logge. Sull’“Espresso”, Turano sostiene che le nuove indagini «hanno stretto i liberi muratori in una morsa politico-giudiziaria senza precedenti dai tempi della P2 (marzo 1981) quando Licio Gelli, il “venerabile” per eccellenza, gestiva un potere occulto, alternativo allo Stato democratico, raccogliendo un’oligarchia di deputati, ministri, generali, imprenditori e criminali che si erano sottratti alle leggi della Repubblica». Il giornale cita lo storico Aldo Mola, secondo cui la P2 non era affatto una loggia coperta, ma una cellula speciale regolarmente affiliata al Goi, con tre caratteristiche. «Primo: l’iniziazione non avveniva in loggia. Secondo: non c’era diritto di visita, ossia altri fratelli non potevano visitare la loggia. Terzo: non c’era obbligo di riunioni. Infatti la P2 non si è mai riunita». La loggia di Gelli, afferma Mola, era una replica della loggia Propaganda, costituita nel 1877 «come vetrina e fiore all’occhiello del Goi, tanto che i fratelli erano dispensati dal pagare le quote». Peraltro, si trattava di “capitazioni” ridicole: «Il cantante Claudio Villa versava 2 mila lire all’anno e lo scrittore Roberto Gervaso 60 mila. Erano somme piccole anche negli anni Settanta».Finisce lì, l’analisi sulla P2 offerta dall’“Espresso”. Secondo Gioele Magadi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere) la P2 non era altro che il braccio operativo della superloggia sovranazionale “Three Eyes”, fondata da Kissinger e Rockefeller, “mente” storica della supermassoneria globalista neo-reazionaria, che avrebbe affiliato – tra gli altri – Giorgio Napolitano. Un circuito potentissimo, quello delle Ur-Lodges di ispirazione neo-aristocratica, che terrebbe insieme politici e tecnocrati, da Monti a Draghi passando per D’Alema e per il governatore Visco di Bankitalia, inclusi tutti i recenti ministri dell’economia (da Siniscalco a Grilli, da Saccomanni a Padoan), ridotti a cinghie di trasmissione dei diktat neoliberisti del super-potere globalista, quello delle crisi finanziarie e della disoccupazione di massa. Lo stesso Carpeoro, che nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo” (Revoluzione) svela i retroscena ben poco islamici degli attentati europei firmati Isis (chiamando in causa settori dell’intelligence Nato), sostiene che la P2 di Gelli serviva a “coprire” il vero ponte di comando del potere: «Si tratta della loggia P1, mai scoperta ufficialmente, responsabile della “sovragestione” che ha eterodiretto in Italia la strategia della tensione e poi la crisi degli ultimi anni».Fatevi qualche domanda, insiste Carpeoro: «Non è strano che nessun giornale, nemmeno per sbaglio, abbia mai evocato la P1?». La lettera P, come scrive lo stesso Mola, sta per “propaganda”: doveva essere una vetrina di iscritti prestigiosi, destinati a dare lustro al Grande Oriente. «E allora che senso ha, poi, fare la P2 e tenerla nascosta?». In proposito, Carpeoro ha le idee chiare: «Un tempo, ogni anno, la massoneria apriva le porte delle logge alla cittadinanza, ricordando i massoni illustri che avevano fatto qualcosa di meritevole per la loro città». Dal canto suo, Magaldi contesta il farisaismo della politica italiana: «Questo è uno Stato nato dalla massoneria risorgimentale», e non solo: era notoriamente massone Meuccio Ruini, capo della commissione per la Costituente, così come il giurista Pietro Calamandrei, uomo simbolo dell’antifascismo e della rinascita democratica del paese. Era massone – trentatreesimo grado del Rito Scozzese – lo stesso Giacomo Matteotti, martire antifascista, come ricorda Carpeoro nel saggio “Il compasso, il fascio e la mitra” (Uno Editori), che documenta lo strano “inciucio” tra massoneria e Vaticano all’origine del regime di Mussolini – col placet del sovrano Vittorio Emanuele III, che in cambio avrebbe intascato una maxi-tangente petrolifera dalla Sinclair Oil della famiglia Rockefeller.Grandi poteri, non beghe di cortile: il reportage dell’“Espresso” cita solo di striscio il drammatico caso Mps, che ha coinvolto il Goi nelle recenti inchieste. «Politica e giornali hanno attaccato il gran maestro Stefano Bisi – protesta Magaldi – guardandosi bene dal citare Anna Maria Tarantola e Mario Draghi, cioè i due tecnocrati allora ai vertici di Bankitalia che avrebbero dovuto vigilare sulle azioni del Montepaschi». Peggio: sul caso incombe la strana morte di David Rossi, alto funzionario della banca senese, precipitato da una finestra. Un suicidio da più parti ritenuto inverosimile, che secondo Carpeoro (intervistato da Fabio Frabetti di “Border Nights”) lascia pensare a una guerra inframassonica senza esclusione di colpi, tutta interna all’ala destra della supermassoneria internazionale oligarchica: «Da una parte il gruppo di Draghi, e dall’altra i suoi antagonisti, che probabilmente vogliono metterlo in difficoltà – con la tempesta su Mps – per poi arrivare a sostituirlo». Carpeoro e Magaldi, massoni entrambi (il primo uscito dal circuito delle logge, il secondo fondatore del Grande Oriente Democratico, che punta a creare una massoneria trasparente) sono tra i pochissimi a spiegare, in modo convincente, un mondo di cui sui giornali continua a non esservi traccia.Lo stesso libro “Massoni” (sottotitolo, “La scoperta delle Ur-Lodges”), dopo infinite ristampe che ne hanno fatto un bestseller italiano è stato recensito soltanto dal “Fatto Quotidiano”, nel silenzio assordante della grande stampa mainstream, quella che poi si scatena sulle inchieste che coinvolgono le periferie massoniche provinciali. «Come tutte le associazioni umane, anche la massoneria si degrada se smarrisce lo scopo iniziale e si riduce a essere una struttura, che poi diventa inevitabilmente appetibile per il potere», sintetizza Carpeoro: «L’architetto Christopher Wren, capo della massoneria inglese incaricato di ricostruire Londra dopo l’incendio che la distrusse nel 1666, riprogettò tutti i maggiori edifici tranne uno, il tempio massonico. Il 1717 è ufficialmente la data di nascita della massoneria moderna, ma in realtà segna l’inizio della sua morte». Magaldi non concorda appieno: «Dobbiamo a quella massoneria la Rivoluzione Francese, la Rivoluzione Americana e persino la Rivoluzione d’Ottobre che abbattè lo zarismo. Lo Stato laico, la democrazia elettiva: valori che oggi diamo per scontati, ma che nascono dalla libera muratoria del ‘700».Per questo, sostiene Magaldi, è assolutamente disonesto sparare sulla massoneria tout-court. E lo dice uno che l’ha messa in croce, per iscritto, la supermassoneria oligarchica “contro-iniziatica” che ha letteralmente inquinato l’Occidente, sabotandone il percorso democratico. Nel suo libro, Magaldi ascrive alle Ur-Lodges reazionarie il colpo di Stato del massone Pinochet in Cile (contro il massone Allende) e il doppio omicidio di Bob Kennedy e del massone Martin Luther King, nonché i tentativi di golpe nell’Italia del dopoguerra, orchestrati con la collaborazione della P2 di Gelli su mandato della “Three Eyes”. Capolavoro europeo dell’offensiva neo-oligarchica, l’omicidio del premier svedese Olof Palme, assassinato nel 1986 alla vigilia della sua probabile elezione all’Onu, come segretario generale. «Socialista democratico – sottolinea Carpeoro – Palme era un trentatreesimo grado del Rito Scozzese». Poco prima del delitto, Gelli inviò un telegramma negli Usa per avvertire che «la palma svedese» sarebbe stata abbattutta. «Il telegramma – scrive Carpeoro – era destinato a Philip Guarino, parlamentare allora vicino al politologo Michael Ledeen, massone e membro del B’nai B’rit sionista, negli anni ‘80 vicino a Craxi e poi a Di Pietro, quindi a Renzi ma al tempo stesso anche a Di Maio e Grillo».«Se Olof Palme fosse rimasto in campo, mai e poi mai avremmo visto nascere questo obbrobrio di Unione Europea», scommette Carpeoro, intenzionato – con Magaldi e il Movimento Roosevelt – a promuovere un convegno, a Milano, proprio sulla figura del leader svedese, «l’uomo che creò il miglior welfare europeo e scongiurò la disoccupazione impegnando direttamente lo Stato nelle imprese in crisi: la sua missione dichiarata era “tagliare le unghie al capitalismo”, contenerlo e limitarne l’egemonia». Non poteva non sapere, Olof Palme, che all’inzio degli anni ‘80 l’intera comunità delle potentissime Ur-Lodges, comprese quelle di ispirazione progressista, aveva firmato lo storico patto “United Freemasons for Globalization”, che diede il via alla mondializzazione definitiva dell’economia, archiviando decenni di diritti e conquiste democratiche. Era scomoda, la “palma svedese”: andava “abbattuta”. Per mano di fratelli massoni? «Nella ritualistica, l’iniziazione del maestro rievoca l’uccisione del mitico architetto Hiram Abif, assassinato proprio da due confratelli», sottolinea Carpeoro. «Lo stesso organizzatore del delitto Matteotti, il massone Filippo Naldi, fece in modo – con estrema perfidia – che fossero massoni i killer del leader socialista, massone anche lui».Analisi e retroscena, spiegazioni, ragionamenti in controluce che permettono di rileggere la storia da un’altra angolazione. Nulla che si possa rintracciare, tuttora, nella stampa mainstream. «Di certo Gelli, a poco più di un anno dalla sua morte, sembra avere seminato anche troppo bene», si limita a scrivere Turano sull’“Espresso”. «Come alla fine dell’Ottocento, è tornato di moda il motto del garibaldino e deputato Felice Cavallotti: “Non tutti i massoni sono delinquenti, ma tutti i delinquenti sono massoni”». Garibaldi, passato alla storia (spesso agiografica) come “l’eroe dei due mondi”, fu il primo gran maestro del Grande Oriente d’Italia. Un altro massone, Cavour, fu il “cervello” del Risorgimento: se non fosse morto prematuramente, sostiene Carpeoro, non avremmo vissuto in modo così drammatico l’Unità d’Italia, con il Sud martizizzato dal militarismo di La Marmora e Cialdini e l’esodo di milioni di migranti. Massoni “delinquenti”? «Erano massoni anche Gandhi, Papa Giovanni XXIII e Nelson Mandela», protesta Magaldi. Problema: la storia ufficiale non ne fa cenno. Risultato: per il potere, il miglior massone resta il massone occulto, segreto. E per la gran parte dell’opinione pubblica italiana, la massoneria resta un mondo opaco e borderline, tra le indagini antimafia e il fantasma di Gelli. Anche per questo, grazie al silenzio dei media, la massoneria mondiale – quella vera – continuerà a stabilire a tavolino cosa deciderà il prossimo G20, che politica farà la Bce, come agirà Macron in Francia e cosa dichiarerà il Fondo Monetario Internazionale sulle pensioni italiane, a prescindere dalle prossime elezioni.«Aboliamo la massoneria», titola “L’Espresso”, di fronte all’offensiva della commissione antimafia guidata da Rosy Bindi, dopo la denuncia di una trentina di massoni calabresi “dissidenti”, usciti allo scoperto in seguito a un’indagine su riciclaggio e narcotraffico. «Un’inchiesta politica e giudiziaria senza precedenti dai tempi della P2 mette sotto scacco il mondo degli incappucciati», scrive il settimanale di De Benedetti. « E la commissione antimafia vuole i nomi degli affiliati: era ora, ma non basta». Il reportage di Gianfrancesco Turano, che documenta l’attività investigativa allora in corso, risale a una anno fa e fotografa alla perfezione il clamore suscitato dalla Bindi, a mezzo stampa: «C’è da sperare che venga rieletta: in politica farebbe comunque meno danni che all’università, dove tornerebbe a insegnare», commenta sarcastico il massone Gianfranco Carpeoro, saggista, già a capo dell’autodisciolta Gran Loggia Serenissima di Piazza del Gesù. Carpeoro (al secolo Gianfranco Pecoraro, avvocato di lungo corso) è uno spietato giudice dei grembiulini nazionali: «Quella italiana è la peggior situazione massonica al mondo: quando va bene, entrare in una loggia oggi significa perdere il proprio tempo». Ancora più caustico un altro massone progressista, Gioele Magaldi, che contesta l’ipocrisia del sistema politico-mediatico: «Se la prendono sempre con le logge provinciali, fingendo di non sapere che i massimi vertici dello Stato militano nelle Ur-Lodges sovranazionali che hanno imposto all’Italia la tragedia dell’austerity».
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Di Maio: votare Pd o Berlusconi è uguale, finiranno insieme
Non sono d’accordo su niente, tranne che sulle poltrone: per questo si preparano a “sgovernare” insieme ancora una volta, come ai tempi di Mario Monti, dopo aver raccontato solo frottole ai loro elettori. Pd e Forza Italia «si propongono sotto mentite spoglie», solo per tentare di fare il pieno di seggi facendo credere di essere l’un contro l’altro armati. «In questa storia c’è una alleanza alla luce del sole, che però è finta, e una alleanza all’oscuro di tutti, che però è vera», scrive Luigi Di Maio sul “Blog delle Stelle”. «La finta alleanza è quella del centrodestra. Salvini e Berlusconi non hanno nulla in comune nel programma. Berlusconi dice di voler rispettare tutti i vincoli europei a partire da quello del 3%. Salvini invece dice di volerlo sforare e ha candidato il professore no-euro Bagnai. Berlusconi dice di non voler abolire la Fornero e possiamo credergli perché lui, assieme alla Meloni, l’ha votata. Salvini dice di volerla abolire». E l’elenco potrebbe andare avanti all’infinito, perché «non sono d’accordo su nulla». La loro, sostiene il candidato grillino, «non è un’alleanza programmatica, ma poltronistica», cioè tattica, per interpretare a loro vantaggio l’ennesima legge elettorale inguardabile, il Rosatellum, appositamente “fabbricata” per impedire che qualcuno vinca davvero, creando così le condizioni per “l’inciucio” che nessuno ammette.Con questa legge elettorale, scrive Di Maio, «l’unica possibilità che hanno questi partiti di raccattare qualche poltrona in più di quella che gli darebbe la vera percentuale che hanno (ben al di sotto del 20%) è puntare ai collegi uninominali dove si ottiene un parlamentare prendendo anche un solo voto in più rispetto agli altri, soprattutto in Lombardia, in Veneto e da qualche parte al Sud». Visto che, sondaggi alla mano, in molte zone d’Italia il Movimento 5 Stelle da solo è al di sopra delle coalizioni di centrodestra e centrosinistra, «se tutti i partiti si presentassero da soli, nessuno avrebbe possibilità di vincere neppure un collegio uninominale: li prenderebbe tutti il Movimento 5 Stelle». Per questo, «si mettono insieme con decine di partiti dallo zerovirgola, pur non avendo nulla in comune, per fregarsi la poltrona e poi, passata la festa (il voto), gabbato lo santo (l’elettore). Sia Berlusconi sia Salvini hanno tutto l’interesse a portare avanti questo metodo – aggiunge Di Maio – perché in questo momento si stanno spartendo i collegi uninominali che potrebbero vincere con questo metodo fraudolento: uno a te, uno a me. Poi, quando andranno in Parlamento, ognuno di loro si farà i fatti propri come hanno sempre fatto: nessun governo sarà possibile perché non sono d’accordo su nulla e ci rimetterà solo l’elettore».La vera alleanza, insiste Di Maio, è quella di Forza Italia con il Pd. Se ci fate caso, scrive il leader grillino, ogni giorno Berlusconi tesse le lodi di Gentiloni e ogni giorno Gentiloni fa altrettanto con lui. «Non chiamerei Berlusconi un populista», ha detto Gentiloni. Ma allora perché non si alleano fin da subito? Semplice: «Farlo ora non conviene a nessuno. Se il Pd si alleasse con Forza Italia arriverebbe in un attimo al 2%. Se Forza Italia si presentasse al voto con il Pd dovrebbe rinunciare a tutti i collegi uninominali che riuscirebbe a conquistare con la finta alleanza con la Lega. Sarebbe quindi un danno per entrambi: meno soldi e meno poltrone per tutti». Quello che propongono ufficialmente «è falso, è una vera e propria truffa». Gentiloni e Berlusconi? «Sperano di fare “bingo” in questo modo». L’obiettivo «quasi impossibile» del Pd renziano «sarà quello di non sprofondare sotto il 20%», mentre Forza Italia cercherà voti «fregando gli elettori», cioè vendendosi come alternativa a Renzi. E quale sarebbe il programma di Pd e Forza italia uniti? «Quello degli ultimi 20 anni», che li hanno visti governare «alternati o assieme», come nel governo Monti, «la più grande sciagura che ci potesse capitare». L’eventuale Gentiloni-bis sostenuto dal Cavaliere «sarà un nuovo governo Monti, per di più senza una maggioranza stabile». Morale: «Votare centrodestra o centrosinistra è esattamente la stessa cosa».Non sono d’accordo su niente, tranne che sulle poltrone: per questo si preparano a “sgovernare” insieme ancora una volta, come ai tempi di Mario Monti, dopo aver raccontato solo frottole ai loro elettori. Pd e Forza Italia «si propongono sotto mentite spoglie», solo per tentare di fare il pieno di seggi facendo credere di essere l’un contro l’altro armati. «In questa storia c’è una alleanza alla luce del sole, che però è finta, e una alleanza all’oscuro di tutti, che però è vera», scrive Luigi Di Maio sul “Blog delle Stelle”. «La finta alleanza è quella del centrodestra. Salvini e Berlusconi non hanno nulla in comune nel programma. Berlusconi dice di voler rispettare tutti i vincoli europei a partire da quello del 3%. Salvini invece dice di volerlo sforare e ha candidato il professore no-euro Bagnai. Berlusconi dice di non voler abolire la Fornero e possiamo credergli perché lui, assieme alla Meloni, l’ha votata. Salvini dice di volerla abolire». E l’elenco potrebbe andare avanti all’infinito, perché «non sono d’accordo su nulla». La loro, sostiene il candidato grillino, «non è un’alleanza programmatica, ma poltronistica», cioè tattica, per interpretare a loro vantaggio l’ennesima legge elettorale inguardabile, il Rosatellum, appositamente “fabbricata” per impedire che qualcuno vinca davvero, creando così le condizioni per “l’inciucio” che nessuno ammette.
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Il fiuto di nonno Berlusconi: una farsa che prepara l’inciucio
In una serie di esternazioni che hanno inaugurato la campagna elettorale del centrodestra, Silvio Berlusconi ha esibito il suo fiuto di animale politico. In primo luogo, da qualche settimana batte il tasto sul fatto che le prossime elezioni si configurano come uno scontro frontale fra centrodestra e M5S, ignorando il Pd, e più in generale la sinistra, liquidati come relitti del passato. È una visione che rispecchia l’insegnamento delle elezioni americane, che hanno visto il trionfo di Trump – un populista di destra – contro un Partito Democratico che si è suicidato sbarrando con ogni mezzo la strada all’unico candidato – il populista di sinistra Bernie Sanders – che avrebbe potuto battere Trump. Berlusconi snobba il Pd perché ha capito che la sinistra tradizionale, una volta convertitasi da alternativa a “ruota di scorta” delle politiche liberiste, ha perso appeal nei confronti delle classi popolari, mentre fatica a competere con la destra per la conquista delle classi medio-alte. Teme invece il M5S, non solo perché vola nei sondaggi, ma anche e soprattutto perché, ad onta dei passi indietro compiuti sui punti più radicali del programma originario, e della progressiva “normalizzazione” della sua immagine da forza antisistema a forza di governo, appare tuttora in grado di attrarre il voto di protesta di milioni di elettori incazzati nei confronti delle élite che ne ignorano bisogni e interessi.Nel corso dell’ospitata nella trasmissione di Barbara D’Urso, l’intramontabile Silvio ha spiegato – con la consueta franchezza – qual è la posta in gioco. Ha detto cioè che scende in campo contro i grillini, come aveva fatto contro i comunisti negli anni Novanta, perché oggi il pericolo è ancora maggiore. E dal suo punto di vista ha ragione: non perché i grillini siano sovversivi, ma perché la massa inferocita che ribolle negli strati più bassi della società (e che spera di trovare espressione votando M5S) è fatta di persone «che portano invidia e odio verso chi è ricco», di incompetenti che non capiscono la complessità dei problemi su cui sono chiamati a esprimersi (la democrazia sembra essere oggi più indigesta che mai, anche se è stata ridotta ai minimi termini da decenni di guerra di classe dall’alto) e che esprimono leader «ai quali si dovrebbe domandare cosa hanno fatto prima di fare politica e se sono laureati». Infine enuncia un programma che, nel migliore stile trumpista, mette insieme veri regali ai ricchi (la “flat tax”) e finti regali (che, vedi Trump, verranno immediatamente smentiti dopo l’eventuale vittoria) ai poveri (aumenti delle pensioni minime, reddito di dignità, ecc.). Insomma: qui, come ormai quasi ovunque in Occidente, si scontrano due populismi nati sulle rovine delle forze politiche tradizionali, di sinistra come di destra.Due populismi che negli Stati Uniti, come ha scritto Nancy Fraser seguendo la lezione di Gramsci in un lungo articolo su “American Affairs”, incarnano gli interessi di due blocchi sociali contrapposti che lottano per l’egemonia. Con la differenza che, nel caso italiano, non si confrontano un Donald Trump e un Bernie Sanders ma, da un lato una vecchia volpe (anche lui un tycoon reazionario al pari di Trump, ma che la lunga esperienza ha reso meno rozzo nell’uso di espressioni razziste e sessuofobe, mentre ne ha affinato la verve comunicativa), dall’altro lato un progetto abortito di populismo progressivo che (diversamente da “Podemos” e Mélenchon) non ha la minima chance di aggregare un blocco sociale capace di andare oltre qualche effimero successo elettorale. Ma l’astuzia berlusconiana si rivela anche nel suo enfatizzare il “pericolo” grillino per preparare il terreno – nel più che probabile caso che nessuno ottenga la maggioranza assoluta – a una “grosse koalition” in salsa italiana (sarà per caso che Renzi sostiene a sua volta che la vera sfida è fra Pd e M5S?). Una soluzione che gli consentirebbe di svincolarsi della imbarazzante alleanza con Salvini, il quale è la vera controfigura italiana di Trump, almeno per quanto riguarda la scorrettezza politica e le velleità antiglobaliste e antieuropeiste. Perché il populismo di Berlusconi è soprattutto una tecnica elettorale, ma il nostro non coltiva alcuna intenzione di sfidare i diktat dell’Europa a trazione tedesca.(Carlo Formenti, “Il fiuto politico dell’intramontabile Silvio”, da “Micromega” del 15 gennaio 2018).In una serie di esternazioni che hanno inaugurato la campagna elettorale del centrodestra, Silvio Berlusconi ha esibito il suo fiuto di animale politico. In primo luogo, da qualche settimana batte il tasto sul fatto che le prossime elezioni si configurano come uno scontro frontale fra centrodestra e M5S, ignorando il Pd, e più in generale la sinistra, liquidati come relitti del passato. È una visione che rispecchia l’insegnamento delle elezioni americane, che hanno visto il trionfo di Trump – un populista di destra – contro un Partito Democratico che si è suicidato sbarrando con ogni mezzo la strada all’unico candidato – il populista di sinistra Bernie Sanders – che avrebbe potuto battere Trump. Berlusconi snobba il Pd perché ha capito che la sinistra tradizionale, una volta convertitasi da alternativa a “ruota di scorta” delle politiche liberiste, ha perso appeal nei confronti delle classi popolari, mentre fatica a competere con la destra per la conquista delle classi medio-alte. Teme invece il M5S, non solo perché vola nei sondaggi, ma anche e soprattutto perché, ad onta dei passi indietro compiuti sui punti più radicali del programma originario, e della progressiva “normalizzazione” della sua immagine da forza antisistema a forza di governo, appare tuttora in grado di attrarre il voto di protesta di milioni di elettori incazzati nei confronti delle élite che ne ignorano bisogni e interessi.
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Crepe nel potere, ma i guai del 2018 ci apriranno gli occhi
Tempi duri: il vertice del potere mondiale si è spaccato. E la guerra per bande, che rischia di travolgerci, in realtà irrobustirà i muscoli dell’umanità che rifiuta i dogmi del dominio. Lo sostiene Fausto Carotenuto, già analista dei servizi segreti, interrogandosi su quali prove ci attendono nel 2018, in una riflessione sul newsmagazine “Coscienze in Rete”. «Certamente le forze anticoscienza continueranno a creare crisi, guerre, emergenze, aggressioni chimiche, fisiche, farmacologiche, alimentari, psichiche, culturali», premette. «Continueranno a sforzarsi di devastare la natura, l’arte, la scienza, la cultura, l’economia, la politica, il diritto, la Terra, le corporeità e le relazioni umane». E nel farlo, aggiunge, «continueranno a presentarci con grande enfasi mediatica dei cattivi da odiare, ma anche dei falsi profeti da amare e da seguire: lupi travestiti da agnelli nelle religioni, in politica, nella finanza, nella cultura, nell’arte». In altre parole: «Cercheranno da una parte di sedurci nelle direzioni sbagliate e dall’altra di incuterci terrore, ansia, paura, rabbia, odio, depressione, indifferenza». La buona notizia? Si sono aperte grosse crepe nella “piramide gesuitico-massonica” che reggerebbe il mondo, fabbricando disastri e illusioni. Più instabilità significa più sofferenze, ma anche più “risvegli” da parte di quella fetta crescente di umanità che, secondo Carotenuto, starebbe gradualmente uscendo dal letargo.Nel 2015, Carotenuto fece la seguente previsione per il 2016: «Alcune crisi mondiali come quella Islam-Occidente o quella Occidente-Russia – create per condizionarci – assumeranno forme e sviluppi ancora più inquietanti. L’aumento dell’emergenza migratoria e del terrorismo islamista in Europa, l’estendersi della crisi ad altri paesi. L’estensione di un ruolo inquietante e destabilizzante della Turchia di Erdogan». Queste stesse tendenze si sono puntualmente manifestate anche nel 2017. E certamente, dice oggi l’analista, la tendenza continuerà in questo modo nel 2018, «aggiungendo il ruolo volutamente inquietante della Corea del Nord, e l’aggravarsi prevedibile del contrasto interislamico sciiti-sunniti, e quello inter-sunnita tra fronte guidato dal Qatar e fronte guidato dall’Arabia Saudita». Sempre nel 2015-2016, Carotenuto scriveva: «La guida occulta mondiale rimarrà saldamente nelle mani della piramide gesuita-massonica, anche se il superiore gioco del “divide et impera” comincerà a creare fratture competitive anche in questo fronte». E’ quello che poi è avvenuto nel 2017 e che avrà ulteriori sviluppi nel 2018: «La Brexit, la presidenza Trump, le manifeste debolezze del quadro intereuropeo, i fallimenti e le spaccature del Pd, il risorgere dei fantasmi berlusconiani, le forti voci di dissenso a Papa Francesco nelle gerarchie cattoliche».Questi e numerosi altri segnali, sostiene Carotenuto, «mostrano con evidenza che il blocco granitico di potere gesuita-massonico ha ormai delle forti incrinature», che saranno «foriere di forti tempeste, di feroci scontri, ma anche di maggiori spazi per la libertà delle coscienze». La presidenza Trump appare come un elemento di forte rottura degli equilibri precedenti. E continuerà ad avere un ruolo destabilizzante, «come dimostrano le prese di posizione filo-sioniste su Gerusalemme, l’attiva campagna industrialista e antiecologista e l’aperto sostegno ai peggiori ambienti economici americani». Da una parte, Trump «sarà il più forte ostacolo ai disegni di dominazione del gruppo gesuita-massonico», ma dall’altra costituirà anche «un elemento amplificatore di forme pensiero degradanti, aggressive, violente, antiumane». Per Carotenuto, si tratta di una modalità «molto diversa da quella “gesuitica”, fredda e apparentemente “buona”, ma sempre per fini manipolatori», che tuttavia «già da qualche anno non stava dando i risultati sperati di “seduzione” ampia ed efficace dell’opinione pubblica». I gruppi di manipolazione mondialisti «hanno ormai chiaramente deciso di puntare su un periodo di emergenze e di spaccature, che prepari il terreno in modo forzoso ad una nuova spinta alla centralizzazione e alla perdita di libertà e sovranità locali».Visto che non ci convinciamo con le “buone”, loro stanno liberando nuovamente i “brutti e cattivi”, riaprendo il ring degli scontri e della devastazione. «Il crescente ruolo di Putin va interpretato nella stessa direzione», sostiene Carotenuto: non si tratta di un “salvatore”, ma di una delle pedine fondamentali del “divide et impera” che si affaccia come nuova stagione della manipolazione, che vedremo svilupparsi ancora nel 2018. «Anche in Italia il patto d’acciaio gesuita-massonico, che ha prodotto papato e renzismo, e che ha falcidiato le fila dei vecchi avversari politici ed economici, sia ai livelli locali che nazionali, comincia a mostrare pesanti crepe. Il gioco politico – con la evidente crisi dello sfrontato e ridicolo renzismo, e del decotto Pd – si è riaperto, come prevedevamo lo scorso anno». Sempre secondo Carotenuto, l’influenza della presidenza Trump si è già fatta sentire anche negli equilibri politici italiani, «con l’improvviso risorgere della destra berlusconiana e delle ritrovate armonie con Lega ed ex-fascisti». E attenzione: «Vedremo ancora meglio quale è il vero ruolo delle finte opposizioni di destra, di sinistra e “populiste”». E soprattutto, «vedremo meglio il ruolo vero della più recente creatura del potere internazionale: il Movimento 5 Stelle, ormai con Di Maio chiaramente indirizzato a cercare di agguantare le poltrone di comando di Palazzo Chigi».In particolare, continua Carotenuto, vedremo se i grillini «continueranno a svolgere il ruolo svolto fino ad ora, quello di stabilizzare e compattare i poteri cui in apparenza si oppongono», oppure se di decideranno a partecipare apertamente alla gestione del potere. «Ogni volta che parteciperanno al potere – se lo faranno – sveleranno il loro vero volto di strumenti del potere, di nuovi camuffamenti manipolatori delle solite vecchie congreghe». Aggiunge Carotenuto: «Le stupefacenti virate di Di Maio in senso filo-americano, filo-Nato, filo-euro, filo-Unione Europea e filo-finanza internazionale, la dicono lunga su chi veramente si cela dietro gli impulsi sani di tanti bravi ragazzi. Bravi idealisti illusi per anni dalle seduttive parole di Grillo, e che saranno i primi a soffrire per i brutali “tradimenti”, che vedremo crescere e farsi evidenti – a beneficio delle coscienze – nel 2018». Nel frattempo, il progetto di Unione Europea è ormai entrato in crisi: il vento del “divide et impera”, sulla spinta della Brexit, soffia forte sulle strutture europee, accompagnato dalle spaccature create dalla artificiosa e forzata emergenza immigratoria. «Le forze mondialiste cercheranno in ogni modo di sfruttare anche questa crisi per creare ulteriori emergenze e ricompattarci sotto ulteriori perdite di sovranità. Ma non è detto riescano: dipenderà molto dal grado di risveglio dell’opinione pubblica».I governi delle grandi potenze occidentali, prosegue Carotenuto, «continueranno a perseguire i disegni dei loro padroni oscuri, ammantandosi di perbenismo e dell’immagine ipocrita di finte democrazie, mentre il volto anti-umano della emergente potenza cinese sarà ancora più evidente e la grande civiltà indiana continuerà a sprofondare in un gretto e volgare materialismo». E l’Africa, apparentemente abbandonata e lasciata al proprio destino, «sarà sempre più da una parte terreno del conflitto di religioni e culture e dall’altro territorio di conquista delle armate economiche straniere». E alcuni Stati “particolari” (come la Corea del Nord, l’Iran, il Qatar, l’Arabia Saudita, l’Afghanistan e il Kazakistan) «continueranno a svolgere il loro ruolo di fomentatori, spalleggiatori o finanziatori dei disegni di destabilizzazione». Intanto, le grandi forze industriali «continueranno a inquinare e devastare l’ambiente, e i loro padroni oscuri useranno in modo crescente il disastro creato dai loro stessi strumenti per evidenziare l’emergenza climatica» in modo da «spingere il mondo a creare nuove forme di governance mondiale e le nazioni a cedere sovranità».Anche in questo caso, sottolinea l’analista, la presidenza Trump sembra ostacolare temporaneamente questi progetti – ma forse finirà per «favorirli a più lunga scadenza, inducendo un ulteriore, grave peggioramento dell’emergenza ambientale». In Italia, comunque, non ci facciamo mancare niente: parla da solo il decreto Lorenzin sulle vaccinazioni. «L’attacco portato alla salute dei corpi attraverso la perversa strategia mondiale di obbligo vaccinale – partita proprio dall’Italia – continuerà certamente con forza, attraverso il malefico strumento di vaccini appositamente alterati per indurre problemi alle coscienze in risveglio». Prepariamoci a una lotta dura e intensa, avverte Carotenuto: finora, «questa operazione ha prodotto come risultato un forte risveglio di coscienze, in numero crescente». Questo effetto, assicura, «continuerà anche nel 2018, soprattutto a causa dell’aumento delle reazioni “avverse” ai vaccini, alle quali l’opinione pubblica sarà sempre più attenta». E anche nel 2018 «ogni crisi verrà fomentata o usata per controllarci meglio, per spingerci verso formazioni centralizzate mondialiste o premondialiste, come l’Europa, per toglierci sovranità, democrazia e libertà esteriori».Faranno tutto questo, come nel 2017 e negli anni precedenti, «per bloccare il più grande fenomeno dei nostri tempi: il risveglio delle coscienze», sostiene Carotenuto. Risveglio che, per la prima volta nella storia umana, starebbe orientando «masse importanti, anche se non ancora maggioritarie», divenute «capaci di una epocale rivoluzione interiore: quella di mettere gli esseri della natura, gli animali e gli altri esseri umani quanto meno sullo stesso piano di se stessi». Una inedita rivoluzione interiore, che secondo Carotenuto ormai coinvolge «almeno un terzo dell’umanità» in una visione non aggressiva e predatoria dell’esistenza, opposta cioè a quella del potere dominante. Per questa ragione, sostiene l’analista, anche nel 2018 «grandi e oscuri poteri di manipolazione cercheranno di bloccare o rallentare questa rivoluzione delle coscienze, il cui effetto sarà un giorno la liberazione dell’umanità proprio da quei poteri». Ma proprio «per reazione alle nefandezze compiute contro di noi», anche nel 2018 «altri cuori e altre menti si apriranno alla voglia di bene». Una dinamica che, per Carotenuto, ha contraddistinto questi ultimi anni: «I tentativi di bloccare i risvegli si sono spesso risolti, per reazione, in ulteriori ondate di prese di coscienza».Tempi duri: il vertice del potere mondiale si è spaccato. E la guerra per bande, che rischia di travolgerci, in realtà irrobustirà i muscoli dell’umanità che rifiuta i dogmi del dominio. Lo sostiene Fausto Carotenuto, già analista dei servizi segreti, interrogandosi su quali prove ci attendono nel 2018, in una riflessione sul newsmagazine “Coscienze in Rete”. «Certamente le forze anticoscienza continueranno a creare crisi, guerre, emergenze, aggressioni chimiche, fisiche, farmacologiche, alimentari, psichiche, culturali», premette. «Continueranno a sforzarsi di devastare la natura, l’arte, la scienza, la cultura, l’economia, la politica, il diritto, la Terra, le corporeità e le relazioni umane». E nel farlo, aggiunge, «continueranno a presentarci con grande enfasi mediatica dei cattivi da odiare, ma anche dei falsi profeti da amare e da seguire: lupi travestiti da agnelli nelle religioni, in politica, nella finanza, nella cultura, nell’arte». In altre parole: «Cercheranno da una parte di sedurci nelle direzioni sbagliate e dall’altra di incuterci terrore, ansia, paura, rabbia, odio, depressione, indifferenza». La buona notizia? Si sono aperte grosse crepe nella “piramide gesuitico-massonica” che reggerebbe il mondo, fabbricando disastri e illusioni. Più instabilità significa più sofferenze, ma anche più “risvegli” da parte di quella fetta crescente di umanità che, secondo Carotenuto, starebbe gradualmente uscendo dal letargo.