Archivio del Tag ‘morte’
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Marcinelle, 1956: così morivano gli schiavi italiani in Belgio
L’8 agosto del 1956, alle 8.10 del mattino, nella miniera di carbone di Marcinelle, in Belgio, una gabbia parte dal “punto d’invio 975” del pozzo d’estrazione con un vagoncino male agganciato. Ha inizio così la tragedia che vedrà la morte di 262 minatori su 274 presenti, 136 dei quali italiani, 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 5 francesi, 3 ungheresi, un inglese, un olandese, un russo e un ucraino. Soltanto 13 superstiti vengono tirati fuori il primo giorno. L’interminabile attesa dei familiari continua in ogni modo fino al 22 agosto, quando i soccorritori pronunciano le fatidiche parole “Tutti cadaveri”. La tragedia di Marcinelle, di cui ricorre il 57mo anniversario, rievoca anni bui della storia. Dopo la Liberazione, la necessità di una ricostruzione industriale porta il governo belga a lanciare la “battaglia del carbone”. Le autorità non vorrebbero manodopera straniera, ma ben presto si comprende che l’obiettivo non potrà mai essere raggiunto contando unicamente sulla manodopera belga.
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Esseri umani, non nemici: rifiutare la disciplina della paura
Io ho paura. Tre parole lapidarie, una confessione. Da quanti sottoscrivibile? Da milioni di persone, probabilmente, terremotate dalla precarietà e dallo spettro della povertà in arrivo, vero e proprio tradimento di decenni di promesse divenute dogma. Milioni di italiani, di spagnoli, di greci, portoghesi, irlandesi. Ma anche francesi, tedeschi, americani, russi, cinesi. Per non parlare degli africani, martiri endemici della paura, e dei loro “colleghi” asiatici, arabi e sudamericani, presi abitualmente a cannonate dalla storia, per secoli. Miliardi di persone. Ora, nel mondo crocifisso dalla globalizzazione, siamo tutti più vicini, o meno lontani: l’Internazionale della Paura. C’è una crescente violenza – subdola, psicologica, intimidatoria – che divora vite umane erodendo giorno per giorno la loro tranquillità, il loro diritto a quella proiezione mentale fisiologica che siamo abituati a chiamare futuro, a volte destinata a tradursi in qualcosa di pratico: mi sono innamorato e dunque mi sposo, compro casa, metto al mondo figli, mi attrezzo per aspirare alla mia ragionevole quota di felicità.
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Lo Stato più canaglia di tutti, da Hiroshima in poi
Occorre smetterla di definire le atomiche su Hiroshima e Nagasaki “operazioni belliche”. Eccidi di massa di così vasta portata non meritano questo appellativo, che ha il sapore di “accordi di Ginevra” e di regole che gli Stati si sono dati nei secoli, almeno sulla carta, e che hanno cercato quanto meno di non coinvolgere direttamente i civili nei conflitti bellici. Per altro il Giappone era ormai stremato e fare leva sullo spirito di sacrificio dei soldati del Sol Levante è puramente strumentale. Volendo anche solo per un istante guardare la cosa da un punto di vista bellico, agli Usa sarebbe bastato far deflagrare un ordigno atomico al largo delle coste nipponiche, a distanza di sicurezza dalla popolazione. I giapponesi avrebbero capito e capitolato, nonostante la fanatica caparbietà dei gruppi dirigenti e della casta militare. Del resto era solo questione di settimane, la guerra stava già volgendo al termine.
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El Sebaje: la brutalità dei militari o la fine dell’Egitto
«Immagino ora vogliate sapere come andrà a finire in Egitto: e allora, se non avete il cuore tenero, ve lo dico». L’unica alternativa alla guerra civile, sostiene un osservatore speciale come Sherif El Sebaje, giornalista e attivista per i diritti umani, è una repressione durissima, sperando che la strage sia “contenuta”, nonostante tutto, nella sua durata e nel “tributo di sangue”. Unica soluzione, dice, per aggirare quello che considera un cinico calcolo dei Fratelli Musulmani: suscitare l’indignazione del mondo e distruggere un Egitto che non potrebbero più governare. «Premetto che la soluzione che qui di seguito verrà illustrata non è quella che mi piace o quella che suggerisco, ma è quella che verrà molto probabilmente adottata in base ai dati e ai segnali che percepisco». Ed è anche quella che ha storicamente funzionato con la Fratellanza egiziana: «Stiamo parlando della cura Nasser. E non a caso, visto che il generale El Sissi viene spesso paragonato dagli egiziani che lo sostengono al leader degli anni ‘50 e che persino la figlia di Nasser l’ha pubblicamente invitato a candidarsi come presidente».
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No Tav, nemico pubblico: lupi, pecorelle e sciacalli
I valsusini sono abituati a rovinarsi pranzi e cene ascoltando i vari Tg, sicuramente un po’ masochisti; nel tempo hanno verificato una “professionalità” nel costruire servizi menzogneri, vere montature e tutta la gamma delle notizie farlocche. Il “caso pecorella” è davvero emblematico (febbraio 2012, occupazione dell’autostrada): Marco sfotte un poliziotto soprannominandolo “pecorella”. Per giorni e giorni quel video, postato sul sito del “Corriere della Sera” (debitamente tagliato nel punto in cui Marco conclude il suo ragionamento e si spinge a dire: «Comunque vi vogliamo bene lo stesso»), diventa un mantra, l’ossessione dei Tg. Non c’è guerra al mondo, emergenza umanitaria, crisi politica, disastro in grado di superare quella notizia che diventa: La notizia del giorno. E ancora nei giorni successivi. L’intento è chiaro: strappare di dosso al movimento NoTav quella simpatia istintiva che da qualche tempo l’avvolge e fa proseliti di ribellione in tutta Italia.
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Selvaggi, ma pacifici: i nostri antenati odiavano la guerra
Primo tabù infranto: la guerra non è nella natura dell’uomo. Secondo: a scatenarla non è la penuria, ma l’ingiustizia nella distribuzione delle risorse in tempi di abbondanza. Sono due ricercatori della finlandese Åbo Akademi, Douglas Fry e Patrick Söderberg, a fare a pezzi l’assunto cardinale del primo degli antropologi inglesi, Thomas Hobbes, per il quale la vita era «nasty, brutish and short». Il “brutish” era riferito a quell’incessante muovere guerra di tutti contro tutti che contraddistingueva lo “stato di natura”. Ebbene, tutto questo – su cui si basa l’egemonia planetaria anglosassone – è semplicemente falso. Lo affermano i due studiosi, il cui lavoro è apparso nell’ultimo numero di “Science” e su “Internazionale”. Fry e Söderberg hanno esaminato i comportamenti di 21 diverse tribù di cacciatori-raccoglitori tutt’ora nomadi, dislocate in tutti i continenti. Risultato: le aggressioni sono quasi sempre individuali e quasi mai organizzate. La guerra? Una pratica molto tarda, che quindi non può avere a che fare con lo “stato di natura” dell’essere umano.
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Barnard: euro-tasse illegali, oggi chi le evade è un patriota
Da storica piaga sociale a gesto virtuoso? E’ addirittura: “patriottismo”, se serve a far circolare soldi, incentivando la ripresa. Ecco spiegata l’evasione fiscale modello 2013, secondo Paolo Barnard e la “teoria della moneta moderna”: se le autorità europee strangolano lo Stato, costretto a taglieggiare le aziende per recuperare da qualche parte il denaro che la Bce eroga col contagocce, e solo attraverso il costoso sistema bancario privato, persino un fenomeno come l’elusione fiscale – storicamente denunciato come vizio italiano particolarmente odioso, perché penalizza i contribuenti fedeli a vantaggio dei “furbi” – oggi può essere interpretato come un’uscita di sicurezza “obbligatoria” per evitare la morte economica. Evadere le tasse delle austerità dettate dall’Eurozona, sostiene Barnard, è «una necessità di sopravvivenza», di fronte all’attuale regime di iper-tassazione. Ed è anche un atto “patriottico”, dal momento che il gettito fiscale finisce per intero nella voragine del pareggio di bilancio, il sommo vincolo-capestro che di fatto azzera lo Stato e quindi la comunità nazionale.
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Api a rischio estinzione: in gioco il 90% del nostro cibo
Ora sappiamo esattamente cosa uccide le api: l’estinzione delle colonie di api in tutto il mondo non è un grande mistero come vorrebbero farci credere le aziende chimiche. Gli scienziati conoscono il problema: sanno che le api da miele stanno morendo per via dei pesticidi in agricoltura, della siccità, della distruzione del loro habitat naturale, del riscaldamento. I biologi, spiega Rex Weyler di “Greenpeace”, hanno trovato tracce di 150 diversi pesticidi chimici nel polline delle api, un cocktail mortale secondo Eric Mussen, apicoltore della University of California. Le aziende chimiche Bayer, Syngenta, Basf, Dow, DuPont e Monsanto hanno scrollato le spalle, come se il “mistero” fosse troppo complesso per essere decifrato. E comunque, «non hanno messo in atto alcun cambiamento in merito alle politiche sui pesticidi: dopotutto, la vendita di veleni a coltivatori in tutto il mondo è vantaggiosa». Come se non bastasse, l’habitat delle api selvatiche si riduce di anno in anno a causa dell’attività agroindustriale che distrugge praterie e foreste per lasciar spazio alle monocolture, contaminate dai veleni.
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Ert, l’onnipotente: ecco chi ha deciso la nostra fine
Perché loro lavorano come demoni. Gli italiani fanno pagliacciate con Grillo, la Casta. Perché loro sono intelligenti. Gli italiani no. Perché loro sanno tutto. Gli italiani digeriscono col cervello. Compact, ne arriva un altro, e questo è la morte del lavoro, dopo quella dello Stato. Corporate Europe Observatory trova documenti dell’incontro fra Merkel, Hollande e Barroso (presidente Commissione Ue) e la European Roundtable of Industrialists (Ert) del 18 marzo, dove i tre colossi politici ricevono, e concordano su, le istruzioni della più potente lobby di Big Business del mondo. Si tratta, come chi mi legge sa, di una mia vecchia conoscenza. Sono quelli che hanno scritto il Fiscal Compact nero su bianco e lo hanno sbattutto sulla scrivania della Bce e della Commissione. Ora di Compact ne hanno sfornato un altro. Il Consiglio Europeo del perfido Von Rompuy lo dovrà approvare a giugno.
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Teatro Italia: Berlusconi con Keynes, il Pd con Mengele
Di Berlusconi si può pensare, legittimamente, tutto il male possibile ma non si può negare che si tratti di un uomo che possiede intuito, lungimiranza e coraggio. «Letta sfori i parametri europei», ha detto l’altro ieri un Cavaliere in forma smagliante, «tanto quelli (cioè il politburo di Bruxelles, ndm) non ci cacciano». Il capo del Pdl ha racchiuso in pochissime parole un programma politico molto migliore, esauriente e concreto, rispetto a tutte le fumisterie messe nero su bianco da combriccole di non meglio precisati “saggi” sempre alla ricerca di sospirati seggi. Senza cioè mettere in discussione alcune scellerate regole europee, pensate proprio per realizzare lo scempio che viviamo, l’agognata “crescita” rimarrà nei secoli uno sterile e vuoto esercizio retorico buono per rabbonire i citrulli. Se gli italiani avessero buona memoria, ricorderebbero certamente con orrore le pacchiane campagne mediatiche che accompagnavano i meschini provvedimenti adottati dal governo degli “ottimati” guidati dallo svampito reazionario Monti.
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Ray Manzarek, l’architetto della leggenda chiamata Doors
“Per tutta la vita non facciamo altro che sudare e risparmiare, in vista di una tomba poco profonda. Dev’esserci qualcos’altro, diciamo, per difendere questo posto”. Sono versi tratti da “The Soft Parade”, te la ricordi Ray? Con un post comparso sulla pagina Facebook dei Doors, è stato dato l’annuncio della scomparsa avvenuta all’età di 74 anni di Ray Manzarek, tastierista e fondatore della mitica band. Manzarek è morto in Germania presso la RoMed Clinic di Rosenheim dopo aver combattuto, con il sostegno della famiglia, una lunga battaglia contro il cancro. “Ingegnere del suono” dei Doors, come amava definirsi, Raymond Daniel Manzarek nasce a Chicago il 12 febbraio 1939, e a sette anni ha la sua prima infatuazione per il pianoforte, strumento con il quale incomincia a esplorare le nere strade del blues, del rock’n’roll e del boogie woogie.
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Ida Magli: bugiardi e traditori, ci lasciano in pasto all’Ue
È diventato difficile in Italia, dagli ultimi giorni del 2011 ad oggi, rendersi conto del passare del tempo, cercare di padroneggiarlo rievocando gli avvenimenti e tentare di fare il punto della situazione. In realtà si è trattato di un tempo-non-tempo, affondato per i cittadini in una specie di limbo, immobile ed oscuro, di cui non si sa nulla perché non è stato mai sperimentato in precedenza e dal quale quindi si aspetta che siano gli esperti, i politici a traghettarci, nella nostra veste di “ombre”, verso la luce. Ma i politici sanno bene che questa strada non esiste perché l’unica possibile comporterebbe rimettere in questione l’Unione Europea, cosa che nessuno vuole fare e neanche osa porre di fronte a sé. Ripetono, perciò, che si vede la luce in fondo al tunnel ma è il tunnel che non è per nulla un tunnel, ossia un corridoio da percorrere per raggiungere una meta: è invece la situazione, è la realtà.