Archivio del Tag ‘Misteri’
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Stato-mafia: perseguitati i giudici che sfidano il potere
È bene dirlo con la massima chiarezza: le notizie sull’azione disciplinare avviata dal Pg della Cassazione contro i vertici della Procura di Palermo «ci parlano ormai di una vera e propria strategia persecutoria scatenata da alcuni organi dello Stato contro altri organi dello Stato preposti alla ricerca della verità nella lotta ai poteri criminali». Una strategia che finisce per «scardinare e delegittimare gli uffici giudiziari siciliani», in prima linea contro la mafia. Antonio Padellaro, direttore del “Fatto Quotidiano”, scende in campo per denunciare la “persecuzione” che si abbatte su Antonio Ingroia e Roberto Scarpinato: il primo, “giubilato” in America Latina e il secondo a rischio di trasferimento d’ufficio. La “colpa”: aver evocato il sospetto che l’oscura trattativa Stato-mafia sia costata la vita a Paolo Borsellino, in una pagina nera che a quanto pare qualcuno non vuole riaprire.
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La Germania strangola chi l’ha salvata: noi, il Sud Europa
La Germania ammetta l’evidenza: se oggi la sua industria è risorta, lo deve proprio al “boom” del Sud Europa, che dalla fine degli anni ’90 ha fatto volare l’export di Berlino. Oggi, Italia e Spagna sono in difficoltà: e la Merkel cosa pensa di ottenere, dalla stolida linea del rigore a oltranza? Paul Krugman, Premio Nobel per l’economia, non è affatto sicuro che l’euro si possa salvare. Averlo introdotto come moneta unica? «Un grosso errore». Ma, ora come ora, «il crollo dell’euro non provocherebbe solo un disastro economico: sarebbe un colpo micidiale per il più ampio progetto europeo, che ha portato pace e democrazia in un continente dal tragico passato». “Mistero della natura” come il volo del calabrone – che non potrebbe volare eppure vola, per citare Draghi – l’euro oggi non “vola” più. Inoltre, l’Europa sta sbagliando tutto: imporre l’austerity serve solo a peggiorare le cose.
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Non in mio nome: ora basta, straccio la tessera del Pd
La politica non è un mero esercizio di ragionamenti asettici e razionali. Prende più giù della testa e anche del cuore. Ma quando arriva alla pancia son dolori e crampi ingovernabili. È quello che mi succede proprio in questi giorni, in queste ore. Io sono sempre stato nel Partito (come si chiamava di volta in volta) o lì attorno come le falene con le lampadine. Ma quello che mi succede ora è ancora inedito per me. Non avendo più il cemento ideologico di un mondo migliore promesso dalla rivoluzione pacifica, all’italiana, democratica, ecc., un partito vale per quello che fa e gli uomini che lo rappresentano valgono per quello che fanno vedere di sé. Ma le azioni e gli scopi ora mi sfuggono. Gli ultimi avvenimenti riguardanti le indagini sugli accordi Stato-mafia di 20 anni fa e, in particolare, il suo aspetto laterale come quello del coinvolgimento di Napolitano mi hanno sorpreso e anche indignato parecchio.
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Romanzo di una valle che resiste in fondo al vento
Un giovane giornalista riluttante e già disilluso sul proprio mestiere viene inviato nella valle di Susa in rivolta contro il Tav. Dietro alle barricate della più anomala protesta popolare d’Italia scoprirà un oscuro retroterra di misteri irrisolti che ancora inquinano un orizzonte di tensioni. E’ il tema di “Una valle in fondo al vento”, romanzo che Giorgio Cattaneo – esponente del network creativo torinese “Libre” – dedica alla lunga controversia, tuttora in corso, sull’alta velocità ferroviaria Torino-Lione. Sullo sfondo dell’opaco business delle grandi opere, fra strani depistaggi e attentati fantasma, emerge la voce corale di una comunità esasperata dagli abusi subiti e pienamente consapevole del respiro storico della propria terra, eterno crocevia europeo fin dall’antichità. Tra le ombre inquietanti di vicende frettolosamente archiviate, il protagonista scopre che, proprio come in guerra, la prima vittima della cronaca è sempre la verità.
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Borsellino, l’ultima vittima della Notte della Repubblica
In tutti questi anni c’è un dubbio che non ha mai smesso di tormentarmi e che si riaccende ogni volta che penso alla disperata rassegnazione di Paolo Borsellino. Perché lui si convinse che nessuno poteva fermare la mano dei suoi carnefici? Perché si sentì tradito al punto di avere una crisi di pianto? Perché lo Stato questa volta non poteva, o peggio non voleva proteggerlo? Perché disse a sua moglie: mi ucciderà la mafia ma saranno altri a volermi uccidere? Chi erano questi che lo volevano morto? Troppi interrogativi, che a mio parere non trovano ancora risposte plausibili. Troppe anomalie, troppi fatti inquietanti, che non trovano spiegazione neppure con la cosiddetta trattativa. E il nodo della riflessione che dobbiamo fare non può che essere lo Stato.
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Arafat assassinato col polonio, il super-veleno degli 007
Avvelenato col polonio-210: Yasser Arafat, storico padre della causa palestinese, sarebbe morto in seguito ad avvelenamento progressivo causato dal raro metalloide altamente radioattivo, talvolta utilizzato dai servizi segreti per eliminare nemici senza lasciare tracce visibili. La presenza del polonio è stata invece riscontrata oggi, quasi otto anni dopo la sua strana morte, sugli effetti personali di Arafat: lo spazzolino da denti, gli indumenti e l’inseparabile kefiah. A dare la notizia, il portavoce dell’Istituto Svizzero di Radiofisica di Losanna. Rivelazione subito ripresa da “Al Jazeera”, in un dossier che riapre il giallo sull’improvvisa scomparsa del leader palestinese, l’11 novembre 2004 in un ospedale parigino, in seguito ad una malattia repentina e misteriosa.
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Bufera-Napolitano: anche lui teme la verità su Borsellino?
«Credo che in via D’Amelio ci fosse qualcuno già pronto a prelevare la sua agenda: uccidere Paolo senza farla sparire non sarebbe servito a niente». Motivo: il 25 giugno, a meno di un mese dalla sua tragica fine, nell’ultima uscita pubblica Borsellino aveva detto di «aspettare di essere chiamato per raccontare quello che aveva scoperto su Capaci», dice il fratello Salvatore, che si schiera con Sonia Alfano: sì, Giorgio Napolitano «merita l’impeachment», per aver cercato di ostacolare le indagini sulla trattativa Stato-mafia avviata nel ’92 dopo l’omicidio di Falcone. Ne parlò Massimo Ciancimino: «Mio padre fu contattato dal capitano De Donno del Ros». Claudio Martelli, allora ministro della giustizia, conferma: furono cercati contatti con Vito Ciancimino e ne fu informato Nicola Mancino, allora ministro dell’interno. Mancino però nega. E non ricorda di aver mai incontrato Borsellino, che invece riferì dell’incontro. E Napolitano?
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Finanzieremo le banche, all’infinito: ecco spiegata la Tav
Svelato il “mistero” della Torino-Lione: il vero motivo per cui si vuole realizzare a tutti i costi la maxi-infrastruttura più inutile d’Europa sarebbe l’incremento illimitato del debito pubblico. I “mandanti” dell’operazione? Le banche, innanzitutto: di fronte a cui passerebbero in secondo piano la potente “casta” politica Pro-Tav, gli interessi di Confindustria e persino le infiltrazioni della mafia, considerata in pole position nell’aggiudicazione “a cascata” degli appalti faraonici. Secondo analisti e critici, chi eredita l’affare del secolo è prima di tutto la finanza, a cui lo Stato dovrebbe ricorrere sia per la costruzione dell’opera, sia poi per il mantenimento. Per la sola sicurezza, senza che sia ancora stato impiantato il cantiere, a Chiomonte la “militarizzazione” del sito è già costata 27 milioni di euro: grossomodo, il 10% di quanto sborserebbe l’Unione Europea, per una linea Tav che costerà almeno 20 miliardi. Spesa nominale: perché poi, avverte la Corte dei Conti, il costo potrebbe aumentare anche di otto volte, in vent’anni di cantieri, arrivando alla teorica cifra-mostro di 100 miliardi di euro.
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Smascherare Torino: chi comanda, all’insaputa dei torinesi
«I guai, per il sindaco di Torino, cominceranno quando i torinesi si accorgeranno di quello che sta per succedere: pensano che la Torino-Lione sia un problema della valle di Susa, mentre l’impatto della grande opera – tra rumore, polveri, disagi, rischi per la salute, crollo del valore degli immobili – assumerà proporzioni enormi quando i cantieri dovessero lambire la città, le sue periferie e la sua cintura». Marina Clerico, docente del Politecnico torinese nonché assessore della Comunità Montana valsusina, spiega che la grande opera non è ancora stata percepita come pericolo grave dalla popolazione di Torino, grazie ai media così spesso reticenti. Con qualche eccezione, naturalmente: «Secondo un ingegnere della Regione Piemonte – dice Luca Rastello, che ha firmato un recente reportage su “Repubblica” – il tracciato Tav alle porte di Torino taglierebbe irrimediabilmente la falda idropotabile che alimenta i rubinetti della metropoli: una pazzia catastrofica, di cui a Torino per ora nessuno parla».
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Il futuro delle stragi: la mafia si compra l’Italia, legalmente
Sono passati vent’anni dalle stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Vent’anni dopo credo che l’urgenza sia capire se quelle bombe scoppiano ancora, cosa hanno prodotto, cosa ci hanno insegnato e cos’è la mafia adesso. In questi venti anni ci hanno fornito i colpevoli perfetti. Come si fa a non odiare i visi di Provenzano, di Riina, di Bagarella? Come si fa a non tirare un sospiro di sollievo a vederli dietro le sbarre e ad autoconvincersi che sono stati loro, e solo loro, a seminare morte e terrore. Come se questi signori fossero stati soltanto dei tumori in un corpo sano, come dei malvagi alieni scesi sulla terra, mostri inumani e geneticamente diversi da noi. Perfetti capri espiatori per farci vivere meglio, anestetizzati. Mettere in piazza quelle facce ed accollare a loro, e solo a loro, la violenza è servito. E’ servito a schermare una verità di fondo: evitare di farci vedere quanto incapaci e criminali sono state le nostre classi dirigenti.
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Tav, corridoio fantasma: e Torino resterebbe senz’acqua
La Torino-Lione? Pura follia inutile. Quel che resta di un vecchio disegno europeo completamente tramontato: perché mancano soldi, perché non serve a nessuno, e perché – in concreto, tecnicamente – non è neppure realizzabile. Il chiasso della propaganda ha finora nascosto un tabù colossale, un problema grande come Torino: l’acqua potabile e i rubinetti dei torinesi. Alle porte della metropoli, spiega un ingegnere della Regione Piemonte, il progetto prevede un tunnel profondo 40 metri, che «si infila né più né meno che nella falda idropotabile della città». Attenzione: non in quella irrigua, ma «proprio nell’acqua che va nelle case dei torinesi». L’ingegnere non ha dubbi: operazione «impensabile e illegale». Un milione di abitanti all’asciutto, senza più acqua bevibile: «Progetto impossibile, a meno che non si pensi a un golpe», dice lo scrittore Luca Rastello, autore del dirompente reportage “Corridoio 5, binario morto”, pubblicato il 20 maggio da “Repubblica”.
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Ci risiamo: bombe, per congelare la protesta democratica
Prima lo strano agguato contro il manager genovese dell’Ansaldo, seguito da un’altrettanto strana rivendicazione “anarchica”, nonostante lo stile brigatista della “gambizzazione” di Roberto Adinolfi. E ora la furia cieca dell’esplosivo stragista, davanti all’istituto scolastico di Brindisi intitolato a Francesca Morvillo Falcone: una studentessa dilaniata dalle bombe e un’altra in condizioni gravissime. «Il dolore atroce che si rovescia sulla vita civile del nostro Paese, nel giorno dell’attentato che ha profanato la gioventù di Brindisi, è ancora una volta l’ingrediente sanguinario che puntualmente si inserisce dall’ombra nei momenti cruciali della storia nazionale», dice Giulietto Chiesa: «Le bombe che scoppiano fra la gente hanno sempre favorito lo stesso obiettivo: convalidare un restringimento della libertà in nome della sicurezza e disinnescare le possibilità di cambiamento democratico mentre si approntano nuovi equilibri».