Archivio del Tag ‘Milano’
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Vendola e Grillo, il nuovo che avanza in ordine sparso
Fateci caso: col suo exploit clamoroso, Beppe Grillo sfiora il 10% proprio a Bologna, dove il Pd mantiene la posizione per il rotto della cuffia. E proprio Bologna è la città di Fini e Casini, ovvero l’aspirante Terzo Polo, non certo premiato dagli elettori il 16 maggio. E quindi: è Grillo l’unica vera novità sul mercato elettorale italiano, grazie allo sfascio berlusconiano del centrodestra arrivato a terrorizzare i moderati, alla lunga crisi irrisolta del centrosinistra e al velleitarismo debole dei centristi. Nuovo che avanza? Macché. Secondo gli analisti più critici, non si va oltre l’esito agonistico del derby che Berlusconi ha voluto e disastrosamente perso, imboccando il viale del tramonto. Ma nel campo opposto regna il caos, senza ancora un’alterativa – né elettorale, né tantomeno politica – per uscire dalla grande crisi.
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Rosa e Olindo, “moderati” milanesi modello Nuovi Mostri
Moderati: come quelli che, tanti anni fa, “lasciarono fare” alle camicie nere di Benito Mussolini, che massacravano di botte sindacalisti e contadini? Nella storia italiana, il moderatismo è una tradizione ma non sempre una virtù. I carabinieri di Sarzana che non esitarono a sparare sui terroristi mussoliniani non ebbero un gran seguito: la maggioranza silenziosa restò a casa, nel semi-paradiso, appunto, dei moderati. Quelli che poi magari votano per i più violenti estremismi: dai manganelli del Duce fino all’olio di ricino, verbale e mediatico, dei nuovi oltranzisti alla corte del premier. «Moderati come la Moratti e i suoi amici a Milano non si vedevano dai tempi della banda Koch che, a giudicare da alcune liste che sostengono la signora, non se n’è mai andata del tutto», scrive Alessandro Robecchi sul “Manifesto”, alludendo in modo tragicamente ironico ai feroci aguzzini della Rsi.
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Riscossa civica: pronti a vincere anche i referendum
Di una cosa possiamo essere sicuri: d’ora in poi nella politica italiana niente sarà più come prima. Il voto di ieri, che proprio Silvio Berlusconi aveva presentato come un referendum su se stesso e sul suo governo, ha dato un responso chiaro. Ha detto che il Paese non ne può più del Cavaliere. Ha dimostrato che il suo disprezzo per le regole, per gli avversari, per l’etica e per l’educazione, ha ormai irrimediabilmente stancato. Per questo non è azzardato prevedere che, se tra quindici i giorni anche i ballottaggi – a partire da quello di Milano – si concluderanno nello stesso modo, la permanenza del presidente del Consiglio pro-tempore a Palazzo Chigi rischia di durare meno di quanto lui speri.
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Sorgi: vedrete, sarà il centrodestra a liquidare Berlusconi
La strada di un governo Tremonti, vagheggiato a più riprese nel corso della legislatura ma mai concretizzatosi seriamente, si è all’improvviso riaperta dopo i risultati a sorpresa delle amministrative, con Berlusconi sconfitto a Milano, la Lega in fibrillazione e i Responsabili in preda al si salvi chi può. Obiettivo di tutti, centrosinistra ma anche centrodestra: mettere fine alla leadership di Berlusconi, irrimediabilmente compromessa dal disastro elettorale milanese e dai fallimenti nel resto d’Italia, giù fino a Napoli. Torna quindi a spuntare l’ipotesi di un governo di fine legislatura, visto che i clamorosi rovesci del 16 maggio mettono una seria ipoteca sull’eventualità che il Cavaliere possa ancora correre, in futuro, per la premiership.
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L’ira dei leghisti sul web: basta Silvio, avanti Tremonti
«Lega, è ora di dire basta a certe alleanze, una volta dicevamo che qualcuno era mafioso. Se quel qualcuno deve pagare per i suoi problemi dobbiamo farci tirare nella cacca anche noi??? Cambiare subito!». Se la Lega resta in silenzio, si sfogano i suoi militanti su Facebook. Sulla bacheca della pagina dei fan di Radio Padania Libera, compaiono infatti commenti al vetriolo sul risultato elettorale. Bersagli, il Pdl e Berlusconi. E soprattutto la scelta di candidare Letizia Moratti a Milano. «Io da leghista l’avrei votata non con il naso tappato, ma con la tuta che si usa per le epidemie di ebola nei villaggi dell’Africa», scrive Marco, con chiaro riferimento all’ex sindaco.
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In ascesa l’astro di Vendola, lo stratega delle primarie
«Sono pronto a scommettere che Pisapia e De Magistris saranno i sindaci di Milano e Napoli». Se pochi si aspettavano che vincesse le primarie, nessuno pensava che potesse battere il sindaco di Berlusconi nella città di Berlusconi. Il successo di Pisapia è anche il capolavoro di chi ha voluto e sostenuto la sua candidatura: Nichi Vendola. Felice per un risultato che, da Milano a Cagliari, vede affermarsi la sua idea di politica: primarie per coinvolgere il popolo nella scelta del candidato e poi battaglia elettorale contro l’avversario. «Battaglia che si combatte meglio, e forse si può anche vincere – scrive Riccardo Barenghi su “La Stampa” – proprio perché prima è stato chiesto ai propri elettori di scegliersi direttamente chi vogliono votare».
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Svolta della società civile: è caduto il Muro di Milano
«Il mio modello è Antonio Greppi, il sindaco della ricostruzione che ho conosciuto personalmente: dopo la Liberazione ricostruì mezza Milano cominciando dalla Scala, con una sensibilità culturale di cui la città, insieme a molte altre cose, ha oggi un gran bisogno». Così parla Giuliano Pisapia, trasformatosi da outsider assoluto a quasi-sindaco di Milano grazie alla sciagurata campagna elettorale di Letizia Moratti e, probabilmente, anche alla stanchezza terminale che i milanesi dimostrano nei confronti del Cavaliere. La “capitale economica” ora anche laboratorio politico? «Occorre ricostruire l’anima di questa città, farla tornare a guardare al futuro», dice Pisapia ad Alberto Statera di “Repubblica”.
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Sorpresa, Milano mette alla porta il Cavaliere estremista
Temendo la fragilità della Moratti, Berlusconi aveva concentrato sulla “capitale del Nord” tutta la sua forza d’urto, trasformando la campagna elettorale in un rodeo violento. Ma stavolta, contro il Muro di Milano s’é schiantato: in confronto al rabbioso Cavaliere estremista, il mite Giuliano Pisapia, ex comunista, è apparso un campione di riformismo moderato, nel solco della tradizione meneghina dei sindaci più apprezzati, da Aniasi ad Albertini. E solo per un soffio l’avvocato Pisapia ha mancato l’apoteosi della vittoria secca, al primo turno: ipotesi impensabile anche solo alla vigilia, quando il semplice ballottaggio poteva già sembrare un trionfo. «La favola è finita», scrive Massimo Giannini su “Repubblica”: «Il berlusconismo come narrazione epica e proiezione carismatica cade sotto i colpi della nuda verità».
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Se Milano licenzia finalmente gli impresari della paura
Circa un anno fa i riflettori mediatici si accesero sui fatti di via Padova, a Milano. Vi ricordate? Un ragazzo di 20 anni, egiziano e clandestino, morto accoltellato per strada. Non mi soffermo sulla tragedia infinita di un ragazzo morto – non un egiziano: un ragazzo morto, un ragazzo di Milano – perché sulle tragedie non si specula. Si sta zitti, si rispettano i morti e, soprattutto, si deve avere la consapevolezza che drammatici fatti di cronaca possono avvenire ovunque. Mi soffermo invece sulle reazioni della politica meneghina: «Fuori i clandestini», gridò l’indomito leghista Salvini. «Basta con il buonismo della sinistra», affermò il Vicesindaco della Paura De Corato, dimenticandosi che a Milano sono circa 20 anni che la sinistra non tocca boccino.
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Voto utile? No, grazie: ci salverà solo il Referendum
«Il referendum del 12-13 giugno: quella è la nostra vera, ultima occasione». Adriano Celentano, intervenuto ad “Annozero”, la pensa esattamente come Giulietto Chiesa, convinto che la prova referendaria sia «la prima vera occasione di democrazia, dopo oltre vent’anni di sequestro delle istituzioni da parte della Casta». Nucleare, acqua pubblica, legittimo impedimento: «I cittadini potranno finalmente esercitare in modo diretto la loro sovranità». Celentano si prepara al peggio: se il quesito sul nucleare venisse escluso, «andiamo a votare lo stesso, depositando milioni di schede davanti agli uffici elettorali». Ma se il “Molleggiato” nel derby milanese tifa per Pisapia, che battendo la Moratti potrebbe provocare l’inizio della fine del berlusconismo, Giulietto Chiesa frena: anche i migliori candidati sono destinati all’impotenza, in questo sistema ormai al capolinea.
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Vendola, attenti a Milano: Berlusconi ha paura di perdere
Mentre Bossi si allinea con Napolitano che frena l’attacco del premier alle “toghe rosse”, Nichi Vendola scommette sulla caduta della “capitale berlusconiana”, snodo cruciale dell’alleanza tra Cavaliere e Carroccio. Se Letizia Moratti non riuscisse a vincere al primo turno, si aprirebbero giochi rischiosi per il centro-destra, come ammette anche Massimo Cacciari, pur critico col centro-sinistra che, a suo parere, non ha avuto il coraggio di sparigliare le carte, rinunciando al «vecchio Ulivo» per mobilitare la società civile contro «i fallimenti della giunta Moratti». Sui quali ora si abbatte il ciclone-Vendola, salito a Milano a dar manforte a Giuliano Pisapia. Per il governatore pugliese, ormai «Berlusconi ha paura di perdere».
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Cemento Italia: ogni 4 mesi nasce una nuova Milano
Il cemento si sta mangiando l’Italia, al ritmo di 10.000 ettari di territorio all’anno: ogni 4 mesi è come se nascesse una nuova Milano. Periferie sempre più estese, arterie stradali, maxi-parcheggi e capannoni. Grappoli disordinati di sobborghi residenziali e centri commerciali sorti in mezzo alle campagne. È l’ambiente nel quale vivono 6 italiani su 10. Lombardia, Veneto e Campania guidano la classifica: cresce l’asfalto, la terra soffre, va in crisi il sistema idrogeologico. Mancano regole a tutela del suolo, aumentano i danni ambientali e i costi sociali. È il nuovo allarme lanciato dal rapporto Ambiente Italia 2011, promosso da Legambiente: insieme agli spazi verdi, spariscono ettari preziosi per l’agricoltura, che vanta un export da 26 miliardi di euro.