Archivio del Tag ‘migranti’
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Il vescovo di Tunisi: non gettate a mare la nostra speranza
State attenti: se la crisi in Libia non si risolve alla svelta, l’Italia sarà letteralmente invasa. Per questo, oltre a tifare per una rapida uscita di scena di Muhammar Gheddafi – contro cui il 29 marzo Usa, Francia e Gran Bretagna hanno annunciato la possibilità di armare massicciamente i ribelli – è necessario che l’Italia rispetti i tunisini che si ammassano a Lampedusa: sono “profughi della fame”, spiazzati dal disordine esploso nel loro paese che ha comunque assistito alle frontiere 120.000 persone in fuga dalla Libia. A parlare è l’arcivescovo di Tunisi, portavoce dei 30.000 cattolici liberi di professare la loro fede in Tunisia: per favore, non rigettate a mare chi oggi chiede aiuto e ha bisogno di tempo per risollevarsi.
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Lampedusa, collasso organizzato da chi incasserà voti
Si può stare al governo, non riuscire a risolvere i problemi e in più cercare anche di lucrarci sopra dal punto di vista elettorale? La risposta è sì. Basta vedere quello che sta accadendo a Lampedusa e, a cascata, nel resto del paese. In primo piano la Lega Nord: è il partito che esprime il ministro dell’Interno e detta le linee guida in tema di immigrazione. «Si sta dimostrando incapace di trovare una soluzione concreta all’emergenza e parla al paese solo con la voce della più vieta propaganda», quella di Umberto Bossi: «Gli immigrati? Cacciamoli tutti e basta». Al tempo stesso, la Lega è la forza che conta di ricavare il maggior incremento di consensi dalla situazione attuale. Più crescono i problemi, più voti arriveranno al Carroccio – che pure avrebbe dovuto risolverli.
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Frattini: verso il cessate il fuoco e l’esilio del Colonnello
Primo, il cessate il fuoco. Poi un corridoio umanitario, con la partecipazione della Turchia. E infine, grazie anche alla mediazione dell’Unione Africana, l’esilio per Gheddafi: la comunità internazionale lo ha messo all’indice, non può più pensare di restare al potere, anche nel caso – improbabilissimo – che riuscisse a resistere agli insorti, che grazie ai raid aerei della coalizione autorizzata dall’Onu hanno riconquistato Ajdabiya e Brega e ora marciano verso Sirte, dopo aver impedito la caduta di Misurata. Sono queste le linee-guida della “exit strategy” che l’Italia spera di presentare insieme alla Germania per tentare di metter fine rapidamente alla guerra civile in Libia.
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Lampedusa, gli impresari della paura rimpiangono i dittatori
Turbati da una rivoluzione araba che sovverte la loro visione del mondo, alcuni ministri italiani si sono trasformati in profeti di sventura. E subito i giornali governativi hanno cominciato a suonare le campane a morto. Mentre Frattini sparava cifre a casaccio su «un’invasione di 300 mila profughi», La Russa e Maroni abusavano dei sacri testi per evocare un “Esodo biblico”, giungendo martedì scorso a fantasticare di “Tsunami umano”. Rileggere in sequenza i titoloni di prima pagina de “La Padania” aiuta a comprendere lo stato d’animo di costernazione con cui i nostri governanti vivono questi cambiamenti storici, percepiti nel resto d’Europa come rischiosi, certo, ma potenzialmente benefici.
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Libia, il razzismo ipocrita di chi diffida dei giovani ribelli
L’ultimo spettacolo di questi giorni è quello dei soci di Gheddafi – vecchi amici e alleati, clienti e fornitori – che si esercitano nel salire in cattedra per dare pagelle di democrazia agli insorti libici, generalmente chiamati “ribelli di Bengasi” e “separatisti della Cirenaica”, dimenticando che dal 17 febbraio si è sollevata tutta la Libia contro il dittatore, che oggi assedia ancora Misurata, terza città del paese vicinissima a Tripoli, dopo che le truppe del Colonnello hanno schiacciato nel sangue le rivolte esplose in tutto l’Ovest, da Zuara a Zawiya. E’ vero, ci sono anche i clan tribali, ma è una geografia ormai fluida: il fattore decisivo, sottolinea “Fortress Europe”, è il coraggio dei giovanissimi che sono scesi in piazza a mani nude contro il tiranno, prima ancora della diserzione delle prime unità territoriali delle forze armate, che ha trasformato la sollevazione popolare in guerra civile.
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L’Italia sempre più incerta verso il voto sulla Libia
Come in un formicaio impazzito, i partiti di ora in ora cambiano incessantemente posizione sulla guerra libica. Smarcamenti e riposizionamenti studiati allo scopo di approdare nel modo più indolore ad un appuntamento a suo modo solenne: la discussione in Parlamento (con tanto di voto) sulla partecipazione militare italiana alla missione di guerra, un dibattito che dovrebbe svolgersi entro le prossime 48 ore e che rappresenterà uno spartiacque, uno di quegli eventi destinati ad entrare se non nei libri di storia, quantomeno nella memoria degli italiani elettori.
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Tradito e abbandonato, il Mediterraneo invoca l’Europa
Pane e speranza: l’Europa ha dimenticato il Mediterraneo? Ora è il Mediterraneo a ricordarsi dell’Europa, invocando aiuto. L’ondata dei profughi tunisini a Lampedusa? E’ soltanto l’inizio. «La rivolta che viviamo in questi giorni è solo una scintilla, nuovi fermenti ci sono anche nei Paesi dell’Est, in Russia, sino alla Cina. Il mondo sta per cambiare, forse si prepara una nuova era con le incognite che i mutamenti radicali portano con sé». Lo scrittore bosniaco Predrag Matvejevic, insigne linguista e autore di bestseller come “Breviario mediterraneo” e “Pane nostro”, non ha dubbi: la ribellione del Maghreb certifica il fallimento della politica europea verso la propria frontiera meridionale. Urge “ripensare il mondo”, a cominciare dal Mediterreano.
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Libia, fermiamo il massacro: onore al coraggio di chi lotta
C’è una Italia che si riconosce nella lezione di coraggio e dignità che arriva dal mondo arabo. Il profumo dei gelsomini arriva anche nel nostro paese, anche nelle barche piene di giovani con la loro domanda di futuro. Il messaggio che porta con sé ci dice che non è obbligatorio subire il furto di futuro, il sequestro della democrazia, né la fame di pane, lavoro e libertà. Ci conferma che è possibile riprendere in mano il proprio destino, e scrivere insieme una nuova storia per il proprio paese e per il mondo intero. Dimostra che il vento del cambiamento si può alzare anche dove sembra più difficile.
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Massacro in Libia, Gheddafi fa sparare sulla protesta
Cresce di ora in ora la tensione in Libia: almeno quattro persone sono rimaste uccise negli scontri scoppiati tra forze dell’ordine e manifestanti nella città orientale di Al-Bayda, nelle prime ore della cruciale “giornata della collera” proclamata dalle opposizioni il 17 febbraio per contrastare il regime di Gheddafi. Le notizie fluiscono frammentarie, attraverso siti di opposizione e Ong libiche. Gli scontri di Al-Bayda fanno seguito alla protesta di Bengasi, ferocemente repressa nella notte tra il 15 e il 16 febbraio. Il Colonnello teme che anche la Libia possa sollevarsi contro il regime: per questo, secondo i servizi segreti italiani, ha agevolato l’esodo verso Lampedusa attraverso la Tunisia facilitando l’espatrio di oppositori.
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Gaza, martirio infinito: condannati a morire di cancro
Dopo il terrore e la strage, con le bombe al fosforo bianco lanciate in mezzo alle case fino a sterminare 1.300 persone, come ammesso dal Rapporto Goldstone delle Nazioni Unite, verrà l’ora della morte lenta: quella provocata dai tumori che minacciano la popolazione costretta a bere acqua inquinata dagli agenti tossici, eredità velenosa dell’Operazione Piombo Fuso scatenata dalle forze israeliane a cavallo tra 2008 e 2009. Una vera emergenza sanitaria incombe ora sul milione e 400.000 abitanti che vivono in condizioni quasi disperate nei 360 chilometri quadrati della Striscia di Gaza, stretta fra Israele, Egitto e Mediterraneo. La denuncia parte da Roma: a parlare sono le analisi inquietanti effettuate dal Cnr e dall’università La Sapienza.
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Il mondo discute di Mubarak, noi invece della “nipote”
«Mentre tutto il mondo si preoccupa del dopo-Mubarak, noi ci dilaniamo sulla “nipote”». Lucio Caracciolo, direttore di “Limes”, non ha dubbi: in Egitto, l’Italia – cruciale frontiera mediterranea – sta perdendo un’occasione storica: ricucire lo strappo con il Nord Africa post-coloniale e frenare l’esodo della disperazione mettendo in campo una nuova alleanza politica ed economica. «L’occasione è storica: spezzare nel più strategico paese arabo il circolo vizioso di miseria, frustrazione, regimi di polizia e terrorismo – spesso alimentato dai regimi stessi per ottenere soldi e status dall’Occidente – che destabilizza Nordafrica e Vicino Oriente fino al Golfo e oltre».
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Svizzera, campagna choc: via i “ratti” italiani
Una campagna pubblicitaria choc trasforma gli italiani (e i rumeni) in ratti che affondano i denti nel formaggio del Canton Ticino. Iniziata su Facebook, è finita su enormi cartelli pubblicitari lungo le strade. Mentre in Italia il premier invita Umberto Bossi a «comportarsi da ministro», evitando battute come quella sui romani “porci”, e il Quirinale interviene per sanzionare i simboli “padani” indebitamente comparsi nella scuola bresciana di Adro, la Svizzera di lingua italiana si affolla di minacciosi cartelloni xenofobi contro il lavoratori stranieri: Fabrizio, piastrellista di frontiera, è diventato un topo. Di chi è stata l’idea? Mistero.