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I candidati del Movimento Roosevelt: un ponte per il futuro
United Colors of Democray: non importa in che lista sei candidato, l’essenziale è che ti impegni per il ritorno alla sovranità popolare: «Democrazia compiutamente dispiegata e funzionante, nelle istituzioni pubbliche», per affrontare «le sfide macropolitiche e macroeconomiche in corso». Visione comune: stop alla “privatizzazione” della politica, ormai vassalla di poteri economici internazionali. La notizia? Lo statuto del Movimento Roosevelt è stato sottoscritto da tre candidati diversissimi tra loro: Simone Orlandini (Lega), Paolo Margari (5 Stelle) e Chiara Mariotti (“Liberi e Uguali”). Li ha convinti il seguitissimo dibattito organizzato a Londra da Marco Moiso, coordinatore generale del movimento meta-partitico fondato da Gioele Magaldi. «Abbiamo messo attorno a un tavolo le storie e le idee dei candidati di tutti i partiti, che saranno votati dagli italiani all’estero». La sorpresa: alcuni condividono la piattaforma politica del Movimento Roosevelt e si sono già iscritti, altri si stanno avvicinando. Charisce Magaldi: «Non ci schieriamo con nessun partito e raccomandiamo di votare scheda bianca, oppure di annullare la scheda o, ancora, di non recarsi alle urne. Ma per alcuni candidati – meritevoli – facciamo un’eccezione: li sosterremo, sperando di poterli vedere in Parlamento: sicuramente quei tre, della circoscrizione estero, ma anche altri, candidati in Italia».Ai microfoni di “Colors Radio”, Magaldi fa altri nomi: per esempio quello di Pino Cabras, candidato in Sardegna coi 5 Stelle, o quello del giurista Felice Besostri, in lista a Savona con “Liberi e Uguali” e, peraltro, già iscritto al Movimento Roosevelt. Attenzione, premette Magaldi: «La nostra non è un’indicazione cogente: non siamo una caserma, ogni iscritto è libero di fare quello che crede». A livello nazionale, l’invito è esplicito: scheda bianca o astensione, «per protesta verso una campagna elettorale sleale», fatta di promesse “impossibili”. Una provocazione, il non-voto, per denunciare «l’inconsistenza dell’offerta politica attuale». Ovvero: nessuna delle forze in campo prefigura, in modo credibile, una via d’uscita dalla crisi, che è imposta dall’austerity europea. Di qui il boicottaggio del voto, sottolinea Magaldi, con però alcune eccezioni: «Questi candidati sottoscrivono il nostro progetto politico-culturale. Orlandini sta nella Lega, spesso xenofoba? Benissimo, darà forza agli impulsi democratici e libertari, in quel partito. Non ho nessuna stima per “Liberi e Uguali”, ma considero una “metastasi benigna” Chiara Mariotti». Altri candidati – da destra, centro e sinistra – sono in avvicinamento al Movimento Roosevelt: «Potremo essere una casa comune, dopo le elezioni, per ritrovare un orizzonte di senso in una politica italiana che è allo sbando».I candidati “roosveltiani”, dice Marco Moiso, «condividono i nostri valori di democrazia, libertà e giustizia sociale: che credono che sia la politica, e non gruppi di interesse privato, a doversi occupare del benessere della societá, su mandato dei cittadini». Tutto è dal dibattito di Londra, che ha suscitato molta curiosità: «E’ stata una soddisfazione ricevere cosi tanti messaggi di interessamento», racconta Moiso. «Molti elettori sono ormai aperti ad abbracciare l’approccio meta-partitico, volto a riunire persone di spiccata identità progressista e pronte ad abbracciare valori, principi e obiettivi a noi cari, nonostante evidenti differenze strategiche. Molte persone ci hanno addirittura ringraziato per le indicazioni di voto». Non c’è da stupirsi, aggiunge, se altri candidati «si sono arrabbiati dell’endorsement del Movimento Roosevelt: infatti ha un peso, visto che – seguendo un principio di massima equidistanza – siamo pronti a supportare tutti i candidati che si riconoscono in principi radicalmente progressisti e nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. E i candidati cui abbiamo dato appoggio sono degni della massima stima: abbracciano idee, valori e principi progressisti. Per questo hanno deciso di aderire a un meta-partito che se ne fa portavoce, ben sapendo che nel Movimento Roosevelt ci sono iscritti provenienti da tutti i partiti e movimenti».Certo, a volte c’è diffidenza tra candidati concorrenti che provengono da percorsi politici diversi. «Eppure, in nome delle idee che li animano, hanno deciso di aderire al Movimento Roosevelt», che secondo Moiso svolge un doppio ruolo: intanto formula precise indicazioni di voto, e domani «consentirà ai futuri parlamentari “rooseveltiani” di trovare un luogo di confronto e dialogo, al di là degli schieramenti e della narrativa politica mediatica». E’ una sorta di diplomazia strategica, avverte Moiso: «Grandi gruppi di interesse privato hanno intenzione di tenere divise le forze progressiste attorno a simboli e definizioni irrilevanti». Europeisti e anti-europeisti? Parole vuote, ormai, che servono solo al “divide et impera”. Una scommessa: unire forze distanti tra loro, attorno a un comune obiettivo nazionale. «Continueremo a combattere per la democrazia», promette Moiso, «affinché la politica sia sovraordinata all’economia e se ne serva per creare una società democratica, libera e socialmente giusta». Le elezioni del 4 marzo? Completamente inutili, sostiene Magaldi: meglio quindi boicottare il voto. Salvo che, appunto, per i candidati “rooseveltiani”: disponibili a costruire un dialogo sincero sulla grande crisi italiana, al di là delle rispettive casacche.United Colors of Democray: non importa in che lista sei candidato, l’essenziale è che ti impegni per il ritorno alla sovranità popolare: «Democrazia compiutamente dispiegata e funzionante, nelle istituzioni pubbliche», per affrontare «le sfide macropolitiche e macroeconomiche in corso». Visione comune: stop alla “privatizzazione” della politica, ormai vassalla di poteri economici internazionali. La notizia? Lo statuto del Movimento Roosevelt è stato sottoscritto da tre candidati diversissimi tra loro: Simone Orlandini (Lega), Paolo Margari (5 Stelle) e Chiara Mariotti (“Liberi e Uguali”). Li ha convinti il seguitissimo dibattito organizzato a Londra da Marco Moiso, coordinatore generale del movimento meta-partitico fondato da Gioele Magaldi. «Abbiamo messo attorno a un tavolo le storie e le idee dei candidati di tutti i partiti, che saranno votati dagli italiani all’estero». La sorpresa: alcuni condividono la piattaforma politica del Movimento Roosevelt e si sono già iscritti, altri si stanno avvicinando. Charisce Magaldi: «Non ci schieriamo con nessun partito e raccomandiamo di votare scheda bianca, oppure di annullare la scheda o, ancora, di non recarsi alle urne. Ma per alcuni candidati – meritevoli – facciamo un’eccezione: li sosterremo, sperando di poterli vedere in Parlamento: sicuramente quei tre, della circoscrizione estero, ma anche altri, candidati in Italia».