Archivio del Tag ‘mercati’
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E-commerce e Gas, così il biologico batte la recessione
Il consumo di prodotti biologici regge nonostante la crisi economico-finanziaria e a confermarlo sono anche gli ultimi dati del Rapporto Bio Bank. Dal 2008 al 2011 i gruppi di acquisto solidale (Gas) sono quasi raddoppiati, passando dai 479 del 2008 ai 742 del 2010. Nell’arco di tre anni i Gas sono aumentati del 55% soprattutto nelle regioni settentrionali. In testa ci sono Trentino Alto Adige, Marche e Valle d’Aosta, in base alla densità della popolazione, mentre Emilia Romagna e Lombardia in termini assoluti. Si tratta di un dato significativo che evidenzia come il biologico risponda al bisogno di sicurezza alimentare ma anche alla protezione dell’ambiente e della biodiversità, a modelli etici di lavoro oltre che alla tutela delle tradizioni locali.
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A tavola con la mafia: le mani sul cibo made in Italy
Carni macellate, acqua, latte e latticini. E poi frutti di mare, caffè, interi mercati ortofrutticoli. Le mafie a tavola sono il nuovo fronte della criminalità organizzata, dichiara Legambiente: «Un’aggressione senza precedenti al made in Italy gastronomico», è la denuncia lanciata da “FestAmbiente”, manifestazione nazionale di metà agosto a Rispescia, Grosseto. Sommando i dati messi a disposizione dai carabinieri (comando tutela salute e politiche agricole), dalla Forestale e dalle capitanerie di porto, il secondo “Rapporto Ecomafia” di Legambiente spiega che nel 2011 «i reati accertati nel settore agroalimentare sono stati 13.867, più che triplicati rispetto al 2010, mentre i sequestri sono stati pari a 1,2 miliardi di euro, con un danno erariale di oltre 113 milioni». I clan con le “mani in pasta” sono 27, segnala “GreenReport”. E secondo il “Cigno Verde”, «a tavola è seduto il gotha delle mafie: dai Gambino ai Casalesi, dai Mallardo alla mafia di Matteo Messina Denaro, dai Morabito ai Rinzivillo.
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Il bottino segreto dei super-ricchi, protetto dalle banche
Sono 21.000 miliardi di dollari: è la cifra che gli uomini più ricchi del mondo nascondono nei paradisi fiscali sparsi per il pianeta. C’è chi parla addirittura di 32.000 miliardi, ma l’ammontare complessivo è quasi impossibile da calcolare. Si stima che il solo rientro dei super-capitali evasi basterebbe ad azzerare l’attuale crisi europea del debito. Mentre i governi tagliano la spesa e licenziano lavoratori sotto la scure dell’austerity, gli ultra-ricchi (meno di dieci milioni di persone) hanno nascosto al fisco un “bottino” pari alla somma del prodotto interno lordo degli Stati Uniti e di quello del Giappone. Lo rivela il nuovo rapporto del “Tax Justice Network”, secondo cui «le entrate perse a causa dei paradisi fiscali sono talmente ampie da costituire una differenza significativa secondo tutti i nostri indici convenzionali di diseguaglianza», visto che «la maggior parte della ricchezza finanziaria mancante appartiene a una piccola élite».
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Barnard: con Oscar Giannino, suicidio-Italia in 10 mosse
Oscar Giannino “scende in campo” come economista al servizio della politica, proponendo un decalogo per uscire dalla crisi? «Se quest’accozzaglia di ricette liberiste è economia, allora i messaggi dei Baci Perugina hanno fatto la storia della filosofia italiana», replica Paolo Barnard, che smonta pezzo per pezzo i dieci assunti del Giannino-pensiero, che poi sono gli stessi della famigerata Troika formata da Bce, Fmi e Unione Europea, che a colpi di diktat grazie al ricatto dello spread ha intanto insediato Mario Monti a Palazzo Chigi per “portarsi avanti col lavoro” e iniziare a “smontare l’Italia”, colpevole di essere un’economia da G8 e con un welfare avanzato, a tutela dei cittadini. Primo capitolo, lo spauracchio del debito pubblico: Giannino vorrebbe ridurlo sotto la soglia del 100% del Pil con «alienazioni del patrimonio pubblico», sia immobili che imprese di Stato, senza spiegare come mai il debito – storico motore del benessere diffuso – è diventato la tragedia nazionale che sta piegando l’Italia.
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Affari d’oro sulla nostra pelle: la dittatura dei super-ricchi
Il modello è morto, lunga vita al modello. I programmi d’austerità stanno prolungando la crisi che dovevano risolvere, tuttavia i governi si rifiutano di abbandonarli. La Gran Bretagna offre un esempio efficace. I tagli, prometteva la coalizione, sarebbero stati dolorosi ma avrebbero funzionato. Sono dolorosi, altroché, e ci hanno spinto in una doppia recessione. Il risultato era stato ampiamente previsto. Se si taglia la spesa governativa e il reddito dei poveri durante una crisi economica, è probabile che la si renda peggiore. Ma la settimana scorsa David Cameron ha insistito a dire che «andremo avanti e completeremo il lavoro», mentre il cancelliere ha sostenuto che il governo ha «un piano credibile e ci stiamo attenendo ad esso».
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La Germania strangola chi l’ha salvata: noi, il Sud Europa
La Germania ammetta l’evidenza: se oggi la sua industria è risorta, lo deve proprio al “boom” del Sud Europa, che dalla fine degli anni ’90 ha fatto volare l’export di Berlino. Oggi, Italia e Spagna sono in difficoltà: e la Merkel cosa pensa di ottenere, dalla stolida linea del rigore a oltranza? Paul Krugman, Premio Nobel per l’economia, non è affatto sicuro che l’euro si possa salvare. Averlo introdotto come moneta unica? «Un grosso errore». Ma, ora come ora, «il crollo dell’euro non provocherebbe solo un disastro economico: sarebbe un colpo micidiale per il più ampio progetto europeo, che ha portato pace e democrazia in un continente dal tragico passato». “Mistero della natura” come il volo del calabrone – che non potrebbe volare eppure vola, per citare Draghi – l’euro oggi non “vola” più. Inoltre, l’Europa sta sbagliando tutto: imporre l’austerity serve solo a peggiorare le cose.
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Aiuti-capestro? Ma i mercati chiedono lavoro, non tagli
Attenti, «la perfidia dei tecnocrati europei sembra non avere fondo». Nei corridoi di Bruxelles trapela infatti la seconda parte del piano Draghi-Merkel. «Vi pareva che si accontentassero di intrappolarci nell’Eurozona per altri 5 o 10 anni senza, fin da subito, spremere sangue concreto?». Paolo Barnard, il primo a denunciare il “golpe” finanziario contro la sovranità economica italiana, suona l’allarme: «Prima di attivare il programma “Smp Bond Purchases” della Bce, quello che può calmare i mercati abbassando i tassi sui nostri titoli di Stato e quindi allontanando la fine dell’agonia, la Germania pretenderà da noi Maiali/Piigs il ricorso al Fondo Salva-Stati (Esfs o Mes) per una prima tranche di prestiti a noi concessi». Nuovo debito, quindi. Ma attenzione: si tratta «di quel tipo di debito mortale che non solo va restituito dissanguando cittadini e aziende, ma comporta la resa nazionale alla schiavitù della micidiale Troika (Ue, Bce, Fmi) che è oggi freneticamente all’opera nella camere di tortura in Grecia».
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Draghi sotto accusa: lasci la Bce o la “Setta dei Trenta”
Mario Draghi si dimetta dalla Bce o lasci il “Gruppo dei Trenta”, la super-lobby mondiale che tende a “infiltrare” Stati e governi per condizionare le leggi nazionali ed europee, a cominciare dall’international banking, a favore degli interessi esclusivi della grande finanza. A lanciare l’allarme stavolta è il comitato di sorveglianza dell’Unione Europea, che avrebbe avviato un’indagine – per conflitto di interessi – sul presidente della banca centrale di Francoforte. Draghi, salito alla guida della Bce col sostegno decisivo della Germania, è attualmente impegnato per tentare di “salvare l’euro”. Obiettivo: trasformare di fatto la banca centrale europea in “prestatore di ultima istanza”, in grado cioè di assorbire – acquistando titoli tramite il Mes, il nuovo “meccanismo europeo di stabilità” – il debito sovrano dei paesi come Spagna e Italia, messi in pericolo dalla speculazione internazionale e ormai in balia dei “mercati”, in quanto pericolosamente indeboliti dalla catastrofica perdita della sovranità monetaria e costretti a farsi prestare a caro prezzo la moneta comune.
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Macché debito, è la finanza-ombra che ha rapinato lo Stato
Il 20 luglio la Camera ha approvato il “Patto fiscale”, trattato Ue che impone di ridurre il debito pubblico al 60% del Pil in vent’anni. Comporterà per l’Italia una riduzione del debito di una cinquantina di miliardi l’anno, dal 2013 al 2032. Una cifra mostruosa che lascia aperte due sole possibilità: o il patto non viene rispettato, o condanna il Paese a una generazione di povertà. Approvando senza un minimo di discussione il testo, la maggioranza parlamentare ha però fatto anche di peggio. Ha impresso il sigillo della massima istituzione della democrazia a una interpretazione del tutto errata della crisi iniziata nel 2007, quella della vulgata che vede le sue cause nell’eccesso di spesa dello Stato, soprattutto della spesa sociale. In realtà le cause della crisi sono da ricercarsi nel sistema finanziario, cosa di cui nessuno dubitava sino agli inizi del 2010.
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Dosi: euro folle, Italia e Spagna respingano il maxi-debito
Spread sopra i 500 punti e curva dei tassi d’interesse che ricomincia ad appiattirsi: i rendimenti dei titoli di Stato a breve durata si avvicinano a quelli a scadenza più lunga, sintomo di alta incertezza sulle prospettive del paese anche nel breve termine. Dopo otto mesi di “cura Monti”, 80 miliardi di manovre solo nel 2011, siamo tornati quasi al punto di partenza: i “mercati” dubitano seriamente della tenuta dell’Italia e della sua capacità di ripagare i prestiti. Secondo l’economista Giovanni Dosi, docente della Scuola Superiore universitaria Sant’Anna di Pisa e collaboratore del premio Nobel Joseph Stiglitz alla Columbia University, il problema è proprio la “terapia” del rigore: dire che l’austerity è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per uscire dalla crisi, «a mio parere è assolutamente sbagliato». Come liberarsi dal ricatto del debito? In un solo modo. Italia e Spagna dovrebbero imporsi sulla Germania, “costringendo” la Bce a comportarsi da prestatore di ultima istanza.
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Barnard: se Draghi salva l’euro, firma la nostra condanna
Colpo di scena: la Bce potrebbe improvvisamente finanziare il Mes, il dispositivo salva-Stati creato a Bruxelles, per sostenere all’infinito i debiti sovrani ed evitare il collasso dell’euro, cioè la gallina delle uova d’oro per la grande finanza tedesca e francese. La notizia ha cominciato a circolare dal 26 luglio: a Londra, Mario Draghi ha annunciato che la banca centrale europea aprirà i rubinetti. E il governatore della banca centrale austriaca, Ewald Nowotny, già da giorni aveva dichiarato che si sta discutendo se dare una vera e propria licenza bancaria al Mes, il Fondo salva-Stati destinato a vincolare per sempre la finanza pubblica dell’Eurozona al regime non-democratico instaurato dall’oligarchia tecnocratica di Bruxelles, padrona assoluta dell’economia europea che agonizza in piena crisi, mentre volano i profitti stellari della maxi-speculazione delle banche d’affari.
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Loretta Napoleoni: l’euro crollerà entro la fine dell’anno
Molto probabilmente entro la fine dell’anno vedremo un’implosione dell’euro, o almeno di alcune parti dell’euro. Sicuramente accadrà in Grecia, specie se il Fmi farà quello che è stato detto. Anche perché i greci, non avendo possibilità di stampare moneta, se gli vengono negati gli aiuti economici o dal Fmi o dalla Bce, dovranno necessariamente trovare un mezzo per scambiare i prodotti e quindi dovranno stampare una loro moneta e chiaramente stamperanno la Dracma perché l’euro non lo possono stampare. Certo, si può cambiare, si può fare un euro a due velocità, si possono fare tante cose, però così come è concepita l’idea che in Spagna, in Grecia, Italia, Germania, Finlandia ci sia la stessa moneta non è possibile perché le economie sono diverse.