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Magaldi: ma non ha vinto Macron, e il mondo sta rinascendo
Neppure la vittoria ai mondiali di calcio salverà il povero Macron? «Non scherziamo: nella finale di Mosca non ha vinto Macron, ma la Francia del 14 luglio: per questo ho festeggiato, cantando la Marsigliese». Gioele Magaldi, ovvero: l’ottimismo della volontà, persino in salsa calcistica. “The times they are a-changing”, cantava Bob Dylan. Era il 1964 e alla Casa Bianca sedeva Lyndon Johnson, fautore della Great Society di ispirazione kennediana, aperta alle minoranze e improntata all’estensione dei diritti. Poi è scesa la grande notte del neoliberismo, che ha deturpato il “nuovo mondo” che sarebbe potuto fiorire dopo il crollo dell’Urss, fino a proporre gli orrori di Bush e la nuova guerra fredda di Obama contro Putin. Ma ora le cose – di nuovo – stanno per cambiare, a quanto pare, su tutti i fronti: basta vedere il feeling che avvicina, a Helsinki, il presidente russo (fresco di Mondiali) e il collega americano Trump, reduce dalla storica pace con la Corea del Nord. Gran maestro del Grande Oriente Democratico nonché presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” che mette in piazza le malefatte dell’oligarchia supermassonica reazionaria, il progressista Magaldi esulta per il trionfo dei “bleus” allo stadio di Mosca, nonostante gli italiani tifassero Croazia. E spiega: «A Parigi come a Washington c’è un humus, un’ideologia che ha dato al mondo democrazia, diritti e libertà, incluso il diritto alla felicità. Sono valori che trasformeranno il pianeta, rendendolo migliore e più giusto».“The times they are a-changing”, sostiene Magaldi nella sua narrazione a puntate, ogni lunedì ai microfoni di “Colors Radio”. Trump e Putin? Appunto: come ampiamente previsto dal presidente del Movimento Roosevelt, l’istrionico Maverick della Casa Bianca sta facendo piazza pulita degli antichi pregiudizi su cui si è fondato il “partito della guerra”, più mercenario che patriottico. Lo Zar del Cremlino? «Non privo di una sua grandezza», riconobbe Magaldi, quando Putin rifiutò di espellere diplomatici americani dopo la cacciata dei funzionari dell’ambasciata russa disposta da Obama. Tutto sta davvero cambiando, giorno per giorno: e infatti ad essere “en marche”, oggi, non è la Francia imbrigliata da Macron, ma l’Italia di Conte: «Il nostro paese – dice Magaldi – potrà tornare a rivestire il suo storico ruolo di “ponte”, con la Russia ma anche con l’Africa e il Medio Oriente: è tempo infatti che vengano archiviate le storiche clausole segrete, connesse a Yalta e ad altri trattati del dopoguerra, che limitavano la nostra libertà d’azione – trattati comunque aggirati, a suo tempo, dalla politica mediterranea dei Mattei e dei Moro».Lo ricorda Giovanni Fasanella in “Colonia Italia”: le superpotenze ci “affidarono” al controllo britannico, a limitare la nostra sovranità. Ora basta, però: «E’ è venuto il tempo di dare all’Italia piena indipendenza e autonomia politica, consentendole di recitare un ruolo di “cerniera di pace” e prima promotrice di un Piano Marshall per l’Africa», dice Magaldi, che – insieme a Patrizia Scanu, neo-segretaria del Movimento Roosevelt – ne riparlerà in autunno a Milano, in un evento dedicato anche all’eredità politica del leader sovranista africano Thomas Sankara. Grande la confusione, intanto, sotto le stelle: restano le sanzioni contro Mosca innescate dalla crisi ucraina, mentre l’Europa «non si capisce cosa voglia e non esiste come soggetto geopolitico». Iperboli: «Trump accusato in casa di “intelligenza col nemico russo” poi rimprovera la Merkel di eccessiva familiarità e connivenza con alcuni interessi russi». E non mancano intrecci personali: «Il “fratello” Putin e la “sorella” Merkel – ricorda Magaldi – furono iniziati già molti anni fa nella stessa Ur-Lodge», la Golden Eurasia. Massoni, appunto: il problema, insiste Magaldi, non è il grembiulino che indossano, ma l’orientamento politico che promuovono.L’ipocrita massonofobia di Di Maio, estesa alla Lega nel “contratto” di governo? I vertici “gialloverdi”, dice Magaldi, temono che i loro elettori (non informati sulla storia patria) scambino la massoneria per un’associazione a delinquere. Magaldi punta il dito contro Elio Lannutti, esponente 5 Stelle, «in passato protagonista di battaglie meritorie». Ora vorrebbe una legge che vietasse ai massoni l’accesso alle cariche statali, sbarrando loro le porte di polizia e magistratura: «Siamo alla follia liberticida, queste cose le hanno fatte i regimi comunisti e fascisti», protesta Magaldi. E attenzione: il tema massoneria (compresa l’avversione ai “grembiulini”) va maneggiato con cura: «Nel 1800 negli Usa sorse un Anti-Masonic Party fondato però da massoni: spesso le campagne antimassoniche, nella storia, sono state progettate da massoni di altro segno, per colpire circuiti massonici opposti ai loro». Non è il caso dell’Italia, dove secondo Magaldi si sconta una semplice ignoranza della materia: si confonde la libera muratoria democratica degli eredi di Garibaldi, Mazzini e Cavour con la P2 di Gelli, braccio operativo della superloggia sovranazionale “Three Eyes”, di natura pericolosamente oligarchica e spesso eversiva. In massoneria, ricorda Magaldi, non possono entrare pregiudicati né possono restarvi soggetti che non rispettino la Costituzione e le leggi. «Aiuteremo gli amici “gialloverdi” a chiarirsi le idee, ma se il pregiudizio antimassonico perdurerà – avverte il gran maestro – faremo i nomi dei massoni progressisti, leghisti e penstastellati, che siedono nel governo Conte e nelle altre istituzioni».Comunque, a parte gli ultimi «untori del culturame antimassonico», nella narrazione magaldiana – massonico-progressista, avversa al lungo dominio della supermassoneria neo-aristocratica – all’indomani dei Mondiali di calcio (e del vertice di Helsinki) c’è posto solo per un cauto ma tenace ottimismo nella riscossa democratica di un mondo globalizzato in modo autoritario. Lo si può vedere, sostiene il presidente del Movimento Roosevelt, a partire dalla cruciale trincea italiana. Al netto delle pretattiche, dice Magaldi, vedrete che arriveranno cambiamenti sostanziali: «E’ vero, in molti sono allarmati perché il ministro Tria insiste troppo sul contenimento del debito pubblico, sul rigore dei conti e sulla rassicurazione dei mercati. Ma si tratta di non fare il gioco degli strumentalizzatori, che a suo tempo hanno infierito su Savona per cercare di impedire la nascita del governo “gialloverde”. Quando però arriveranno misure importanti – pronostica Magaldi – allora sarà chiaro quale paradigma economico si adotterà, rispetto all’Europa e alle voci di spesa. Il povero Tria? E’ stato chiamato per un ruolo in copione che è quello del rassicuratore, ma poi le decisioni non saranno nel senso della continuità. Tant’è che proprio alcune esternazioni di Savona fanno capire qual è la vera sceneggiatura», con un’Italia non più prona ai diktat di Bruxelles.Idem sul capitolo vaccini: non brilla per chiarezza, Giulia Grillo, che infatti non ha sconfessato la legge Lorenzin. «E’ però un passo avanti notevolissimo l’aver eliminato l’odiosa costrizione in stile Gestapo che privava i bambini non vaccinati del diritto all’istruzione». Insomma, si respira un’altra aria, pur in un terreno minato da troppi dogmi – che non la scienza non dovrebbero aver nulla a che fare. Può anche funzionare il concetto dell’immunità di gregge (più vaccinati, meno possibilità di contrarre malattie) ma occorrerebbe un’indagine scientifica molto seria su quanti e quali vaccini vadano somministrati, e se l’eccesso di vaccini non produca effetti controproducenti, come nel caso dei vaccini militari cui il Movimento Roosevelt ha dedicato un convegno a Torino con il vicepresidente della commissione difesa. Non possono mancare libertà e confronto critico, aggiunge Magaldi: «Bisogna denunciare ad alta voce, anzitutto sul piano metodologico, che in Italia – durante il clima plumbeo del governo Gentiloni – chiunque della comunuità scientifica osasse discutere l’idea che andassero propinati 12 vaccini veniva escluso, ghettizzato, calunniato e demonizzato (e parlo di medici anche di grande spessore). Chi osava contrapporsi a quel clima veniva emarginato, se non sanzionato. Sono cose da paese del quarto mondo».Libertà scientifica: chi sostiene la bontà dell’attuale sistema vaccinale, insiste Magaldi, abbia il coraggio e l’onestà di confrontarsi con chi è scettico. «E c’è un problema di mancata sperimentazione: di troppi vaccini non si conoscono gli effetti. Sono tanti gli interrogativi, e solo nell’orizzonte del dubbio (in cui dovrebbe essere connaturata la scienza) il problema si può risolvere». Invece, scontiamo «l’indottrinamento disdicevole da parte di divulgatori come Piero Angela, secondo cui la scienza non è democratica e ha sempre ragione». Per Magaldi, sono «vistosi casi di insipienza storica e ignoranza profonda sulla genesi del metodo scientifico, fondato proprio sul dubbio: la scienza moderna, da cui nasce la nostra tecnologia, è fondata sulla messa in discussione del principio di autorità – che appartiene invece al mondo pre-moderno». Una cosa è vera solo perché lo dicono i detentori di quel sapere? Concezione antica: «Nella comunità scientifica moderna ci devono essere posizioni dissonanti: nessuna ipotesi può essere vera a prescindere». Il nostro paese, aggiunge Magaldi, «è ostaggio anche di cattivi divulgatori di un’idea della scienza che è inconsistente e contraria ai principi della contemporaneità». Ma attenzione: neppure questo “muro” dogmatico resisterà per sempre. Verrà il giorno in cui avremo finalmente «un confronto pacato», che riconosca il ruolo storico di alcuni vaccini per la nostra salute ma, al tempo stesso, valuti – seriamente – l’opportunità e la sicurezza di altri vaccini, nient’affatto scontate.«L’affermazione della democrazia – ricorda Magaldi – è coeva dell’affermazione della scienza moderna: è essenziale la libertà nel valutare le opzioni terapeutiche». Vale per tutto: se si applica il “filtro” della democrazia anche al contesto scientifico, finiscono per crollare miti e verità di fede. Lo stesso principio funziona ovunque si guardi, persino nella polveriera del Medio Oriente: «Credo che verrà il tempo per una pacifica soluzione del conflitto israelo-palestinese», auspica Magaldi, osservando la scena con lucidità: «In fondo l’estremismo di Hamas e quello di Netanyahu si sostengono a vicenda, sono due facce della stessa medaglia: si reggono sull’ostilità reciproca e quindi hanno bisogno l’uno dell’altro. Non a caso ad essere assassinato fu Yitzhak Rabin, il massone progressista che voleva davvero la pace e quindi uno Stato palestinese». Se la ride, Magaldi, pendando agli amici che il 15 luglio davanti al televisore hanno trepidato per la Croazia per avversione nei confronti di Macron. Il capo dell’Eliseo? «Si è reso odioso: è un cicisbeo politico, continuatore delle politiche di Hollande e rappresentante di questo establishment puzzolente dell’attuale Disunione Europea. Con rara ipocrisia e faccia di bronzo ha detto parole inammissibili nei confronti del governo italiano e dell’Italia, nel corso di questa crisi sui migranti». Ma Macron non è la Francia, così come Bush non era l’America: «Guardiamo con amore a questi paesi – chiosa Magaldi – perché tantissimi francesi (come tantissimi statunitensi) insieme a noi cittadini del mondo – italiani, europei, cinesi, giapponesi – dovranno costruire un pianeta più equo, che abbia come faro la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: diritti non solo civili ma, finalmente, anche economici e sociali».Neppure la vittoria ai mondiali di calcio salverà il povero Macron? «Non scherziamo: nella finale di Mosca non ha vinto Macron, ma la Francia del 14 luglio: per questo ho festeggiato, cantando la Marsigliese». Gioele Magaldi, ovvero: l’ottimismo della volontà, persino in salsa calcistica. “The times they are a-changing”, cantava Bob Dylan. Era il 1964 e alla Casa Bianca sedeva Lyndon Johnson, fautore della Great Society di ispirazione kennediana, aperta alle minoranze e improntata all’estensione dei diritti. Poi è scesa la grande notte del neoliberismo, che ha deturpato il “nuovo mondo” che sarebbe potuto fiorire dopo il crollo dell’Urss, fino a proporre gli orrori di Bush e la nuova guerra fredda di Obama contro Putin. Ma ora le cose – di nuovo – stanno per cambiare, a quanto pare, su tutti i fronti: basta vedere il feeling che avvicina, a Helsinki, il presidente russo (fresco di Mondiali) e il collega americano Trump, reduce dalla storica pace con la Corea del Nord. Gran maestro del Grande Oriente Democratico nonché presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” che mette in piazza le malefatte dell’oligarchia supermassonica reazionaria, il progressista Magaldi esulta per il trionfo dei “bleus” allo stadio moscovita, nonostante gli italiani tifassero Croazia. E spiega: «A Parigi come a Washington c’è un humus, un’ideologia che ha dato al mondo democrazia, diritti e libertà, incluso il diritto alla felicità. Sono valori che trasformeranno il pianeta, rendendolo migliore e più giusto».
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Magaldi: guerra ai massoni che hanno ucciso la democrazia
«Oggi non è più possibile assassinare massoni progressisti di peso o loro “protetti” senza innescare una spirale micidiale di boomerang e contrappasso distruttivo e devastante per quei massoni controiniziati, reazionari e neoaristocratici che, un tempo, hanno utilizzato l’omicidio politico-massonico come chiave di volta della loro lotta per il potere». Lo afferma Gioele Magaldi, che nel besteller “Massoni”, edito da Chiarelettere con prefazione di Laura Maragnani, ha puntato l’indice contro le oscure trame del massimo potere, il cui back-office è dominato da 36 Ur-Lodges, superlogge sovranazionali in cui, negli ultimi decenni, hanno preso il sopravvento le correnti reazionarie che hanno forgiato la globalizzazione neoliberista basata sulla privatizzazione universale. Ma il vento è cambiato, avverte Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista: «Oggi, in molti casi, i massoni neoaristocratici controiniziati neanche riescono ad avvicinarsi alle loro potenziali “vittime” o a concepirne l’eliminazione, senza essere prima dissuasi dalla pericolosità estrema della faccenda e dal suo carattere “anti-economico” e controproducente». Aggiunge Magaldi: «Oggi, “angeli e demoni” formidabili vegliano sulla sicurezza e l’incolumità dei più ragguardevoli liberi muratori impegnati nella ricostruzione/rigenerazione delle reti sovranazionali progressiste».C’è stato un tempo, invece, in cui uomini decisivi come Mohandas Karamchand Gandhi, Enrico Mattei, John Fitzgerald e Robert Kennedy, Martin Luther King e Salvador Allende, insieme ad Aldo Moro, Olof Palme, Thomas Sankara, Yithzak Rabin ed altri «poterono essere assassinati senza ritegno, vergogna e giusta vendetta per i loro aguzzini», scrive Magaldi sul blog del Movimento Roosevelt, mettendo in fila i maggiori omicidi politici del ‘900 (più quello di Rabin) per accusare la regia “controiniziatica” di quelle uccisioni, orchestrate da elementi della supermassoneria reazionaria ai vertici del potere. «Ora è giunto il tempo della memoria celebrativa per questi eroi della massoneria progressista brutalmente eliminati e sottratti all’affetto di chi li amava, ammirava e seguiva», scrive Magaldi, rivelando in tal modo la cifra massonica dei leader citati. «Ora – aggiunge – è arrivato il tempo di una condanna storica e morale severissima per quegli assassini controiniziati che violarono tanto i propri giuramenti massonici quanto ogni legge ed etica umana». A partire dalla lettura di “Massoni”, cui seguirà il secondo volume – in uscita nella primavera 2019 – l’autore ha fornito «nomi e cognomi di certi personaggi e spiegazioni esaurienti e circostanziate dei loro misfatti», portando il caso all’attenzione della pubblica opinione.Nel libro, Magaldi ha descritto chiaramente «le gesta eroiche di quelle avanguardie massoniche progressiste che hanno rivoluzionato il mondo sin dal XVIII secolo e dato vita a società libere, aperte, democratiche, laiche, tolleranti, ecumeniche, parlamentarizzate, costituzionali e fondate sullo Stato di diritto, sull’uguaglianza delle opportunità, sulla giustizia e mobilità sociale». Avverte Magaldi: «Adesso e in futuro, comunque, nessuno potrà più perpetrare crimini come quelli segnalati sopra, per miriadi di ragioni». E’ in corso, spiega, una «guerra globale (e anti-convenzionale) infra-massonica». Una lotta che si annuncia «dura e titanica», ma in cui «tutti saranno costretti a “giocare” in modo relativamente “pulito” e con il giusto fair-play». Soprattutto, conclude Magaldi, «questa guerra contro l’incubo neoaristocratico e neoliberista la vincerà l’alleanza tra massoni progressisti e popolo», ovvero «cittadini comuni consapevoli, oltre che fieri, del proprio diritto-dovere alla sovranità». In altre parole: il tempo del ritorno della democrazia sostanziale è giunto, assicura Magaldi, impegnato – a partire dall’Italia – a contrastare la “teologia” neoliberista che ha impoverito i popoli, svuotando gradualmente la democrazia.«Oggi non è più possibile assassinare massoni progressisti di peso o loro “protetti” senza innescare una spirale micidiale di boomerang e contrappasso distruttivo e devastante per quei massoni controiniziati, reazionari e neoaristocratici che, un tempo, hanno utilizzato l’omicidio politico-massonico come chiave di volta della loro lotta per il potere». Lo afferma Gioele Magaldi, che nel besteller “Massoni”, edito da Chiarelettere con prefazione di Laura Maragnani, ha puntato l’indice contro le oscure trame del massimo potere, il cui back-office è dominato da 36 Ur-Lodges, superlogge sovranazionali in cui, negli ultimi decenni, hanno preso il sopravvento le correnti reazionarie che hanno forgiato la globalizzazione neoliberista basata sulla privatizzazione universale. Ma il vento è cambiato, avverte Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista: «Oggi, in molti casi, i massoni neoaristocratici controiniziati neanche riescono ad avvicinarsi alle loro potenziali “vittime” o a concepirne l’eliminazione, senza essere prima dissuasi dalla pericolosità estrema della faccenda e dal suo carattere “anti-economico” e controproducente». Aggiunge Magaldi: «Oggi, “angeli e demoni” formidabili vegliano sulla sicurezza e l’incolumità dei più ragguardevoli liberi muratori impegnati nella ricostruzione/rigenerazione delle reti sovranazionali progressiste».
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La lebbra europea: quella del vomitevole, xenofobo Macron
La brutta notizia è che c’è ancora una parte di Italia (e di Francia) disposta a farsi prendere per i fondelli da un sinistro teatrante come Emmanuel Macron, ultimo erede di una famiglia di serial killer politici travestiti da statisti, pronti a indossare la maschera dell’orco (Van Rompuy, Schaeuble) o quella del pagliaccio finto-buono (Juncker, Prodi). L’Ogm Macron è una via di mezzo, un ibrido perfetto tra eleganza formale e trivialità sostanziale. Chiama i poveri “sdentati”, definisce l’attuale politica italiana “vomitevole”. E arriva a classificare “lebbra d’Europa” i movimenti democratici anti-establishment, dopo che Salvini e Di Maio hanno ridotto a carta straccia l’ultimo piano anti-Italia approntato per i migranti insieme ad Angela Merkel, altro fossile vivente di un’Europa orrenda e mascalzona, che in vent’anni non ha prodotto altro che crisi e paura, terrorismo, diffidenza e risentimenti fra nazioni che avrebbero dovuto essere “sorelle”. L’Italia ancora dormiente – ormai minoranza, a quanto pare, arroccata attorno al patetico mainstream cartaceo e radiotelevisivo – non ha ancora capito chi è il fantoccio Macron, chi ne muove i fili, da quale curriculum proviene l’ombra nera che si aggira per l’Eliseo, attorno al presidente che insulta e minaccia – né più né meno come un monarca, indispettito dalle sconcertanti pretese del popolo. Chi si credono di essere, questi pezzenti italiani?Parole che ricordano quelle del mentore di Macron, il tristemente celebre Jacques Attali: ma cosa crede, la plebaglia europea, che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità? Un grande economista francese, Alain Parguez, invitato a Rimini da Paolo Barnard per il primo, storico summit sulla sovranità monetaria, lavorò all’Eliseo – insieme ad Attali – con il presidente socialista Mitterrand, ai tempi in cui la Francia era ancora la Francia, e non un mero ingranaggio dell’euro-imbroglio. Insigne accademico, Parguez racconta dello smottamento “reazionario” dello stesso Mitterrand, fortemente propiziato dal potente gruppo di pressione incarnato proprio da Attali, che Parguez definisce «un monarchico, travestito da socialista». Avvertimenti: dopo l’omicidio del leader socialdemocratico Olof Palme in Svezia, Mitterrand deve aver intuito quale trattamento sarebbe stato riservato ai “ribelli”, ai leader contrari al nuovo ordine neoliberista in fase di insediamento, in Europa. Dopo la parentesi di Jacques Chirac, che tenne la Francia fuori dalla Guerra del Golfo, il potere “nero” conquistò direttamente l’Eliso, non più restando dietro le quinte ma piazzando il suo uomo – Nicolas Sarkozy – sulla poltrona presidenziale. Risultati tangibili: orrore e violenza, il Medio Oriente in fiamme, la nascita dell’Isis, la macelleria della Libia.Da Sarkozy – ora finalmente nei guai con la giustizia francese – lo stesso linguaggio da saloon esibito da Macron: «Ne avete abbastanza di questa feccia», disse, agli abitanti “bianchi” delle banlieues parigine “infestate” di migranti. «Ora ci penseremo noi a toglierli di mezzo». Poi venne il tempo del socialista incolore François Hollande, fotocopia (molto sbiadita) del repubblicano Chirac. Hollande, ha svelato Gioele Magaldi nel suo saggio “Massoni”, militava nella superloggia progressista “Fraternitè Verte”, a cui aveva promesso la fine del rigore socio-economico. Ma il suo governo è stato letteralmente travolto dall’emergenza terrorismo, dalla strage di Charlie Hebdo a quella del Bataclan, fino al massacro di Nizza. Sotto ricatto, con servizi segreti “colabrodo” e ministri sempre più “di destra” (fino all’esordiente Macron), Hollande ha tradito ogni promessa elettorale, imponendo ai lavoratori francesi l’harakiri della Loi Travail, il Jobs Act transalpino, destinato a favorire le aziende penalizzando i dipendenti. Contro l’ectoplasmatico Hollande, ennesimo politico di sinistra passato armi e bagagli al neoliberismo dell’ultra-destra economica, in Francia si è levata la protesta sovranista di Marine Le Pen, votata però alla sconfitta per via delle tare xenofobe del suo Front National. A quel punto, l’élite “nera” ben rappresentata da personaggi come Attali ha fatto la sua mossa, lanciando l’erede di Sarkozy: Emmanuel Macron.Un enfant prodige venuto dal nulla, lo presentarono i giornali, per i quali “il nulla” può essere, eventualmente, anche la filiale bancaria francese della famiglia Rothschild. Corressero il tiro: Macron, scrissero, almeno sul piano politico è un self-made assoluto. Falso, anche questo: il suo maestro Attali è stato (ed è) uno degli uomini di potere più influenti d’Europa. Milita saldamente ai vertici della massoneria sovranazionale di stampo oligarchico, abilissima nell’infiltrare la sinistra europea traviandone i leader, dall’anziano Mitterrand all’allora giovane D’Alema. Banche e multinazionali, con un’unica cabina di regia per le grandi operazioni politiche: una su tutte, l’Unione Europea senza democrazia e la moneta europea senza sovranità. Da quella scuola – la più pericolosa, per l’Europa – proviene Emmanuel Macron: è l’ennesimo avatar del potere nero, insinuatosi nelle istituzioni per svuotarle ulteriormente di democrazia, sulla rotta della privatizzazione universale. Una teologia funesta e spacciata per verità di fede, insieme al dogma dell’austerity – tagliare la spesa pubblica per impoverire la classe media, moltiplicando i profitti stellari dell’élite anche grazie al dumping salariale garantito dai migranti, a loro volta costretti a fuggire dai paesi d’origine, saccheggiati sempre dalla medesima oligarchia.Sarebbe un errore madornale equiparare Macron alla Francia o, peggio ancora, ai francesi come popolo: il piccolo monarca per conto terzi, insediato all’Eliseo dalla peggior risma di parassiti in circolazione in Europa, ha ormai contro la maggioranza dei suoi connazionali. Lo contestano i sindacati, la sinistra di Mélenchon, il Fronte Nazionale della Le Pen. L’elettore medio – operaio, impiegato, agricoltore, imprenditore – ha capito che Emmanuel Macron non è l’uomo che sembrava essere: non sta dalla parte dei francesi, è manovrato da padroni potenti che non amano nessuno e detestano tutti – i francesi, gli italiani, i greci e ogni altra “plebaglia europea”, per citare l’ineffabile Attali. E’ questa, fin fondo, la buona notizia: i popoli stanno cominciando a capire con chi hanno davvero a che fare. E in questa spettacolare procedura di sofferta autocoscienza ha un ruolo di primissimo piano proprio il neonato governo italiano, antropologicamente diversissimo dai predecessori: per i padroni occulti di Macron dev’essere un film dell’orrore, l’inaudito spettacolo dei ministeri italiani occupati da grillini e leghisti. Ringhia, Macron, perché è il cane da guardia di un palazzo oscuro che adesso comincia ad avere paura del popolo. Insulta e minaccia, Macron, perché – come i suoi padroni – sa che i popoli di tutta Europa (cominciando da quello francese) guardano l’Italia che sfida Bruxelles, e prendono nota. Il tempo dei Macron potrebbe finire prima del previsto.La prima a capirlo è stata Angela Merkel, sveltissima a indossare i panni improbabilissimi dell’amicona dell’Italia, paese che il suo governo ha letteralmente azzoppato a colpi di rigore: la sola operazione Monti, decisa tra Berlino e Francoforte nei santuari supermassonici frequentati da ex italiani come Mario Draghi, è costata al nostro paese la perdita di 400 miliardi di Pil e del 25% del potenziale industriale del “made in Italy”. Rideva, Angela Merkel – insieme al suo compagno di merende Sarkozy – quando i media italiani colonizzati dallo straniero bombardavano a tappeto il lebbroso di turno, l’inguardabile Berlusconi. Oggi alla Merkel (e al suo nuovo sodale, Macron) è passata di colpo la voglia di ridere: finalmente, l’Italia li preoccupa. «L’Italia traccia le strade», disse il l’esoterista rosacrociano Rudolf Steiner, pensando al Rinascimento: una quasi-profezia ben nota ai massoni reazionari del massimo potere, quali Sarkozy, Merkel, Macron e compagnia complottante.La loro paura è che la strada tracciabile oggi dall’Italia gialloverde, vera e propria incognita politica, sia quella di un’Europa da rivoltare da cima a fondo, sfrattando dai loro troni gli usurpatori regnanti, i piccoli boss del nuovo, deprimente Sacro Romano Impero costruito con l’imbroglio, la frode finanziaria, la menzogna economistica, il crimine sociale dell’ordoliberismo mercantilista post-capitalistico e parassitario. Un regime occulto, a cui i governi fanno da paravento istituzionale. Un sistema autoritario e privatistico, sleale, scorretto e bugiardo, governato nell’ombra da élite che detestano il popolo, la democrazia e la plebaglia europea nel suo insieme, mezzo miliardo di straccioni e lebbrosi, a cui oggi l’Italia potrebbe tracciare una nuova strada, meno lorda di sangue greco e africano, di strazio italiano inferto dai tagli – senza anestesia – su lavoro e pensioni, sanità e scuola. Il consenso democratico di cui oggi godono Salvini e Di Maio, almeno il 60% degli elettori, l’ometto Macron se lo può solo sognare. Infatti gracchia, stizzito come un qualsiasi dittatore pericolante, i suoi insulti razzisti e xenofobi – un regalo illuminante, per chi ancora non aveva capito chi fosse, davvero, il micro-napoleonico Emmanuel Macron.La brutta notizia è che c’è ancora una parte di Italia, insieme a una parte di Francia, disposta a farsi prendere per i fondelli da un sinistro teatrante come Emmanuel Macron, ultimo erede di una famiglia di serial killer politici travestiti da statisti, pronti a indossare la maschera dell’orco (Van Rompuy, Schaeuble) o quella del pagliaccio finto-buono (Juncker, Prodi). L’Ogm Macron è una via di mezzo, un ibrido perfetto tra eleganza formale e trivialità sostanziale. Chiama i poveri “sdentati”, definisce l’attuale politica italiana “vomitevole”. E arriva a classificare “lebbra d’Europa” i movimenti democratici anti-establishment, dopo che Salvini e Di Maio hanno ridotto a carta straccia l’ultimo piano contro l’Italia approntato per i migranti insieme ad Angela Merkel, altro fossile vivente di un’Europa mascalzona, che in vent’anni non ha prodotto altro che crisi e paura, insicurezza sociale, terrorismo, diffidenza e risentimenti fra nazioni che avrebbero dovuto essere “sorelle”. L’Italia ancora dormiente – ormai minoranza, a quanto pare, arroccata attorno al patetico mainstream cartaceo e radiotelevisivo – non ha ancora capito chi è il fantoccio Macron, chi ne muove i fili, da quale curriculum proviene l’ombra nera che si aggira per l’Eliseo, attorno al presidente che insulta e minaccia – né più né meno come un monarca, indispettito dalle sconcertanti pretese del popolo. Chi si credono di essere, questi pezzenti italiani?
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Massoni al governo e corruzione a Roma, Di Maio dov’era?
Giù la maschera, caro Di Maio: quello presieduto da Giuseppe Conte è «un governo ad alta densità massonica», sia pure «di segno progressista». Ma il “contratto” di governo non si impegnava a tener fuori i “grembiulini” dai ministeri? «Se non si sbrigano a rimuovere quella norma ipocrita e incostituzionale – avverte Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico – perderemo la pazienza e saremo noi a fare i nomi dei tanti “fratelli” presenti nel governo Conte, peraltro davvero eccellente nella qualità delle competenze che esprime, ad ogni livello: altro che populismo e dilettantismo, questo è decisamente il miglior esecutivo a disposizione del paese, da tanti anni a questa parte». E’ un fiume in piena, Magaldi, nella diretta radiofonica “Massoneria On Air” del 18 giugno su “Colors Radio”. Nel mirino, «la grande ipocrisia dei 5 Stelle», reticenti sui massoni e in evidente imbarazzo sul caso giudiziario dello stadio romano di Tor di Valle, con l’arresto del costruttore Luca Parnasi e la bufera che colpisce anche Luca Lanzalone, super-consulente piazzato proprio da Di Maio alla corte di Virginia Raggi. L’ipotesi di accusa parla di un sistema tangentizio esteso e ramificato, che coinvolgerebbe tutti i partiti. «Sembra una pena del contrappasso – dice Magaldi – per chi si è rimpito la bocca per anni con slogan come “onestà”, arrivando a impedire la candidatura di persone nemmeno condannate, ma semplicemente indiziate».Nel bestseller “Massoni”, il presidente del Movimento Roosevelt ha rivelato l’identità supermassonica del vero potere, nell’Europa di oggi dominata da figure oligarchiche. Di fede liberalsocialista, Magaldi non rinnega il suo giudizio favorevole sui 5 Stelle: pur acerbi, hanno avuto il merito di rompere la recita italiana della finta alternanza tra centrodestra e centrosinistra, coalizioni di fatto sottomesse (entrambe) ai diktat dell’élite finanziaria neoliberista. Nettamente lusinghiere anche le parole che Magaldi spende per il governo Conte: è alle prese con una missione epocale, “cambiare verso” all’Europa partendo dalla cruciale trincea italiana. Ma ad una condizione: che i pentastellati la facciano finita, una volta per tutte, con la loro narrativa – inutilmente retorica – che scambia “l’onestà” per la buona politica. Salvo, appunto, inciampare nel caso imbarazzante di Lanzalone, finito nell’inchiesta sul nuovo stadio: «Non possiamo far finta di non vedere che quel signore, che oggi tutti individuano come un capro espiatorio, è stato catalpultato dall’Acea al Comune di Roma proprio da quel Di Maio che oggi propone di riformarla, l’autorità nazionale anti-corruzione». Catapultato, fra l’altro, negli uffici dell’innocente Raggi, «innocente nel senso antico con cui si parlava dei bambini: sembra infatti una bambina che gestisce una cosa più grande di lei, a cui i “grandi” del Movimento spediscono questo e quello».Attenzione: «E’ stata legittima la vittoria di Raggi, dopo il cattivo governo di centrodestra e centrosinistra, così come è giusto oggi dare una chance alla possibilità epocale di governare il paese, da parte della Lega e dei 5 Stelle». E il super-consulente grillino? «Uno risponde politicamente, non giuridicamente (e forse nemmeno moralmente) delle proprie scelte sbagliate. E la capacità di un politico – dice Magaldi, pensando a Di Maio – è anche nello scegliere persone giuste. Ma le persone scelte per Roma sono tra le più sbagliate». Magaldi vorrebbe un dibattito serio, tra i pentastellati alla guida della capitale: hanno bocciato le Olimpiadi perché sarebbero state “sentina di corruzione”, poi hanno voluto ridimensionare lo stadio della Roma perché bisognava stare attenti alle tangenti. «Poi invece si scopre che il più pulito ha la rogna, nell’amministrazione Raggi». Un consiglio? «Di Maio si liberi delle sue ipocrisie, perché rischiano di compromettere le belle possibilità di rendere un servizio a questo paese e alle amministrazioni locali governate dai 5 Stelle». Basta, davvero, con la retorica demagogica: «La corruzione e l’onestà sono categorie che appartengono al dominio giuridico della magistratura». Fanno anche parte di un ethos privato, «mentre in politica non basta essere onesti e gridare “onestà” per saper amministrare e saper scegliere i collaboratori».Il guaio del caso Roma? L’immobilismo, per la paura di finire in mezzo a una Tangentopoli. «Non si può mettere al primo posto la falsa preservazione dalla corruzione – insiste Magaldi – perché la corruzione si introduce comunque, nelle piccole come nelle grandi cose. Forse, se avessimo fatto le Olimpiadi a Roma – aggiunge – la corruzione sarebbe stata tale e quale, ma almeno avremmo avuto un’occasione di rigenerare tante strutture sportive obsolete». Niente sconti, al Campidoglio: «A me pare che tra buche, radici che spuntano ovunque e strutture fatiscenti, Roma stia morendo, nonostante le retoriche pentastellate. E’ una città tra le più belle al mondo, e avrebbe bisogno di un altro spirito, solare e gioviale». Di Maio? «Faccia un mea culpa, anche solo davanti a uno specchio, dicendo: forse la devo smettere di fare l’ipocrita sulla massoneria, di fare l’ipocrita sul tema della corruzione, e di scaricare sugli altri responsabilità che sono anche mie. E lo invito a lavorare sempre meglio, come ministro dello sviluppo economico, dicastero dove peraltro – aggiunge Magaldi – sono arrivati sottosegretari di tutto rispetto». Per esempio Michele Geraci, che ha insegnato economia in Cina: era uno dei famosi “cervelli in fuga”, ma è tornato. «Sa meglio di altri come sviluppare rapporti con quel mondo complesso che è la Cina. E ha senpre sostenuto la piena compatibilità tra reddito di cittadinanza e Flat Tax, quasi precostituendo l’incontro politico tra Lega e 5 Stelle».Geraci, ma non solo: «Qui si prendono sottosegretari come Armando Siri, come Luciano Barra Caracciolo. Si prenderanno fior di tecnici nei gabinetti e nelle direzioni generali ministeriali, tecnici anche di area “rooseveltiana”: checché ne dica la pletora degli sconfitti (dalla storia e dal popolo italiano) il governo Conte è dotato di ottime competenze». E attenzione: molti dei suoi esponenti sono massoni progressisti, o comunque «dialogano proficuamente con i circuiti massonici progressisti». E’ un fatto, assicura Magaldi: «Questo è un governo ad alta densità massonica progressista». Di più: se c’è un esecutivo vicino alla massoneria democratica, è proprio questo. «Guardando agli ultimi governi italiani, forse nessuno ha avuto una così alta densità massonica», insiste Magaldi: «Ed è un governo di prim’ordine, che ha delle competenze straordinarie. Quindi, Di Maio e gli altri ne siano all’altezza, mettendo da parte ipocrisie e superficialità nello scegliere i collaboratori, magari in base all’appartenenza alla “famiglia” politica intesa come clan». E’ chirurgico, Magaldi, nella critica ai 5 Stelle: «Temo molto questa ipocrisia, e spero che la loro maturazione politica elimini proprio questo aspetto, che forse è il più insidioso e anche il più autodistruttivo. E’ bene che il Movimento 5 Stelle impari a essere laico. C’è la magistratura, ci sono degli indagati – e non è detto che, se uno viene arrestato, sia colpevole».Il costruttore Parnasi, accostato a Salvini? «Non ho nessuna simpatia per lui», premette Magaldi: «Ho notizia di gente che ha dovuto citarlo a giudizio perché non ha pagato professionisti che avevano lavorato per lui. Rincorso in tribunale, ha dovuto poi contrattare risarcimenti». Ma, di nuovo, è meglio evitare di essere ipocriti: «Tutti qui paiono cadere dalla Luna, ma chiunque conosca la realtà romana sa che Parnasi non se la passava benissimo», dice Magaldi. «E’ un signore che ha fatto cose dubbie, perché non pagare i collaboratori è sgradevole. Però è anche vero che questo “poveraccio”, come tanti altri imprenditori, si trova di fronte a una macchina burocratica elefantiaca». Succede spesso, in Italia: «Magari ti impegni in un progetto per anni, e prima di essere pagato dal committente pubblico devi anticipare denari, ottenere fidi, passare per le forche caudine della burocrazia – e questo è valso anche per Parnasi». Bisognerà vedere, alla fine, se quella che magari è definita corruzione poi non sia «il tentativo di ottenere, in modo privilegiato, quello che un imprenditore dovrebbe ottenere più facilmente per via ordinaria».E comunque, laicamente, Magaldi preferisce sempre attendere che qualcuno venga giudicato «non in primo, ma in terzo grado». Queste, continua Magaldi, sono vere e proprie lezioni: per i 5 Stelle, con il loro mito della “purezza”, ma anche per la Lega, «che con Salvini è cambiata, d’accordo», ma nel suo Dna e nella sua storia conserva pur sempre «il famoso cappio, agitato in Parlamento», eloquente simbolo di «atteggiamenti forcaioli tuttora presenti in alcuni segmenti della base». Lo Stato di diritto tutela tutti: «Parnasi è innocente fino a prova contraria, al di là degli arresti: spesso la gente in Italia è stata arrestata indebitamente, e nessuno l’ha risarcita in modo adeguato». Parnasi e Lanzalone, dunque, «meritano il beneficio del dubbio, come i loro stessi referenti politici». Prudenza: «Bisogna attendere, perché spesso la macchina della giustizia si muove con una sincronia strana, e il fango che si getta addosso a delle persone per presunti reati e crimini poi si scopre essere inconsistente sul piano giuridico». Magaldi confida nell’esperienza di Conte, come giurista, per arrivare a una robusta sburocratizzazione complessiva del sistema-Italia: «Abbiamo bisogno che gli imprenditori non siano mai indotti a corrompere per poter fare normalmente il proprio lavoro».Al tempo stesso – aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt, rivolto ai 5 Stelle – abbiamo bisogno che i funzionari pubblici siano pagati adeguatamente: «Se cadessero nella rete della corruzione, a quel punto, sarebbero ancora più spregevoli. Ma è impossibile approvare il pauperismo al ribasso promosso dai pentastellati, in base al quale si vorrebbero abbassare gli emolumenti: perché mai costringere a uno stipendio da fame una persona onesta che affronti gli incerti della politica, magari dopo aver abbandonato la sua professione?». Meglio osservare con realismo la situazione italiana: «Proprio per la remunerazione irrisoria delle cariche, molte persone capaci non vanno a fare l’amministratore pubblico, con tutti i rischi che questo comporta, rispetto alle immense responsabilità dell’ufficio». Ne prenda atto un grillino come Alessandro Di Battista, oggi più moderato nei toni, dopo esser stato per anni tra i più accaniti sostenitori della moralità pubblica esibita come bandiera. Tagli degli stipendi e abolizione dei vitalizi? Errore ottico, dice Magaldi: chi ha tagliato lo Stato, mortificando la politica, l’ha fatto per costruire l’attuale sistema basato sulla privatizzazione universale.«La visione neoliberista, di cui noi tutti siamo vittime in questi decenni – spiega Magaldi – vuole che i dirigenti pubblici abbiano dei tetti sempre più al ribasso, nella remunerazione, anche se hanno responsabilità pesantissime e il rischio di essere indagati per un nonnulla, vista anche la complessità elefantiaca delle burocrazie e degli atti giuridici che devono compiere». Tutti addosso al politico che sbaglia, fingendo di non vedere cosa accade nel cosiddetto “mercato”, dove non ci sono più regole che tengano. «Ormai il settore privato è il regno della giungla», sottolinea Magadi: «Si è divaricata la forbice tra il salario dell’operaio o lo stipendio dell’impiegato e la paga del grande manager, che magari fa parte di una cricca di briganti che si spartiscono le poltrone delle grandi società transnazionali, come nel famigerato caso dei manager che hanno spolpato Telecom». L’antidoto? Evitare di cadere nella trappola retorica sapientemente costruita dalla manipolazione del massimo potere. Meglio dunque ribaltare «la teologia dogmatica neoliberista, in base alla quale nel privato tutto è possibile, mentre il pubblico dev’essere controllato, vessato, aggredito e delegittimato».Giù la maschera, caro Di Maio: quello presieduto da Giuseppe Conte è «un governo ad alta densità massonica», sia pure «di segno progressista». Ma il “contratto” di governo non si impegnava a tener fuori i “grembiulini” dai ministeri? «Se non si sbrigano a rimuovere quella norma ipocrita e incostituzionale – avverte Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico – perderemo la pazienza e saremo noi a fare i nomi dei tanti “fratelli” presenti nel governo Conte, peraltro davvero eccellente nella qualità delle competenze che esprime, ad ogni livello: altro che populismo e dilettantismo, questo è decisamente il miglior esecutivo a disposizione del paese, da tanti anni a questa parte». E’ un fiume in piena, Magaldi, nella diretta radiofonica “Massoneria On Air” del 18 giugno su “Colors Radio”. Nel mirino, «la grande ipocrisia dei 5 Stelle», reticenti sui massoni e in evidente imbarazzo sul caso giudiziario dello stadio romano di Tor di Valle, con l’arresto del costruttore Luca Parnasi e la bufera che colpisce anche Luca Lanzalone, super-consulente piazzato proprio da Di Maio alla corte di Virginia Raggi. L’ipotesi di accusa parla di un sistema tangentizio esteso e ramificato, che coinvolgerebbe tutti i partiti. «Sembra una pena del contrappasso – dice Magaldi – per chi si è riempito la bocca per anni con slogan come “onestà”, arrivando a impedire la candidatura di persone nemmeno condannate, ma semplicemente indiziate».
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Governo, l’ipocrita divieto che discrimina i massoni (onesti)
A pagina 8 dell’accordo di governo stipulato tra Lega e M5S c’è un punto che ha colpito la mia attenzione: il divieto di incarichi di governo per persone appartenenti alla massoneria. Un punto demagogico e populista, che dimostra, nel migliore dei casi, l’ignoranza di chi ha redatto l’accordo, nel peggiore una vera e propria malafede. Vediamo perché. In massoneria esiste la possibilità di essere iscritti a logge cosiddette coperte, in cui il nome dell’affiliato è tenuto segreto e quindi nessun documento, firma, o lista, potrà mai provare la sua appartenenza alla massoneria (dall’indagine Why Not, effettuata da De Magistris, ad esempio, venne fuori che Prodi e altri membri illustri del governo erano iscritti a una loggia di San Marino, considerato uno Stato estero). La massoneria non è un’associazione segreta, quindi l’esserne affiliati non viola alcuna legge dello Stato; tale esclusione è, quindi, anche costituzionalmente illegittima: l’esclusione dagli incarichi di governo avrebbe dovuto essere correttamente formulata prevedendo l’esclusione per iscritti a logge coperte, o deviate, o comunque con un intento palesemente criminale (ma in tal modo sarebbe sorta una contraddizione evidente, perché chi è iscritto ad organizzazioni criminali non lo va certo a dire in giro, e quando viene scoperto deve essere buttato fuori non tanto per la sua affiliazione, ma per i crimini commessi).Vi sono ordini e associazioni, di stampo massonico, ma non considerate tali; Opus Dei, Cavalieri di Malta, ordini cavallereschi… non si capisce perché il divieto non valga anche per queste associazioni; esistono inoltre organizzazioni esoteriche, di stampo non massonico, molto più pericolose della massoneria stessa, come abbiamo da sempre detto in questo sito. La massoneria ha fatto la storia d’Italia degli ultimi due secoli; Garibaldi, Mazzini, Cavour, tanto per fare degli esempi, erano massoni; la maggior parte dei padri costituenti del ’47 erano massoni. C’è una contraddizione evidente tra il formare il governo di una repubblica che è stata fondata dalla massoneria, vietando l’ingresso al governo ai membri di quell’istituzione che è stata determinante nella fondazione dell’attuale Stato democratico (chi scrive ritiene poi che la nostra Costituzione sia un imbroglio, ma questa è tutta un’altra storia… formalmente si dicono tutti ossequiosi alla Costituzione, e quindi entrano in contraddizione con se stessi ad essere ossequiosi a qualcosa che risulta scritta in gran parte da massoni).Come ha ben evidenziato nel corso di questi anni il massone Gioele Magaldi, insieme a Gianfranco Carpeoro, molti uomini politici di governo erano e sono massoni; Berlusconi, Craxi, Monti, Prodi, solo per fare qualche esempio. Ma, ipotizzo, anche molti nomi del passato di cui la loro appartenenza alla massoneria non è mai stata conclamata. Nel libro “Massoni, società a responsabilità illimitata” di Gioele Magaldi si fanno molti nomi; e altri nel libro “Fratelli d’Italia” di Ferruccio Pinotti, solo per fare qualche esempio. Salvini inoltre era alleato con Berlusconi. Lo sapeva o no di essere alleato con un massone? Presumo di sì, dato che, anche se i media mainstream non ne hanno parlato quasi mai (fatta eccezione per la questione della loggia P2; ma Magaldi nel suo sito ha dimostrato come ben altro fosse il rapporto di Berlusconi con la massoneria), molta eco ha avuto la questione su Internet, in particolare sul sito del Grande Oriente Democratico. Infine, il provvedimento discrimina proprio le persone migliori; nel senso che, quando un massone dichiara di essere tale, vuol dire che non ha nulla da nascondere. E rivendicandolo spesso con orgoglio, come Carpeoro e Magaldi, ad esempio, fa un’opera di trasparenza. Paradossalmente è chi invece lo nasconde che è pericoloso per la società, ma potrà entrare lo stesso nel governo.In altre parole, con questo provvedimento da duri e puri, si rischia di discriminare le persone migliori, e favorire come sempre i peggiori, coloro che tramano nell’ombra e fingono di essere persone diverse. Il problema non è la massoneria in sé, potendo esistere criminali non massoni, e massoni non criminali. Il problema è la legalità. E l’accordo di governo, così concepito, pone un problema molto grave: o i nostri governanti non capiscono nulla di massoneria (dimostrando in questo modo di non conoscere la storia, e neanche il funzionamento della società civile) o l’accordo è dettato da una malafede evidente, e serve solo a gettare fumo negli occhi dei cittadini. Immediatamente dopo la formazione del governo, infatti, viene fuori la notizia che il neo-ministro Paolo Savona sarebbe iscritto alla massoneria americana. Nulla di strano in questo. Nessuna replica da parte del governo. Ma soprattutto, un chiaro avvertimento a non tirare troppo la corda, altrimenti verranno fatti altri nomi e il governo avrà anche altri problemi. Risulta evidente, quindi, che questo punto dell’accordo di governo serve unicamente a ingraziarsi le simpatie del popolo, che di massoneria non sa nulla; e a darsi una facciata di duri e puri, che serve unicamente a rendersi ridicoli; più o meno come quando Bossi un giorno dichiarò: «Contro l’Italia massona e ladrona, noi siamo per l’Italia di Garibaldi e Mazzini»; peccato che Garibaldi, Mazzini e Cavour fossero, come abbiamo detto, massoni.(Paolo Franceschetti, “Lega, M5S e massoneria”, dal blog “Petali di Loto” del 15 giugno 2018. In calce al post, Franceschetti ricorda di non essere mai stato tenero con la massoneria, avendo anche dato alle stampe libri come “Sistema massonico e Ordine della Rosa Rossa”, che indagano sulla matrice rituale di origine massonica di alcuni tra i peggiori crimini della storia italiana, a partire da quelli del Mostro di Firenze. Sulla presenza di massoni nel governo gialloverde, infine, Gioele Magaldi ha svelato l’identità supermassonica del ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi, fino a ieri legato ai circuiti neo-conservatori di Mario Monti ed Enrico Letta, ora avvicinatosi agli ambienti delle Ur-Lodges di segno progressista che sostengono l’esecutivo Conte. Quanto a Craxi, Gianfranco Carpeoro ha precisato che il leader del Psi, mai iniziato alla massoneria, fu però associato ad una superloggia massonica sovranazionale. Sempre Carpeoro ritiene evidente la vicinanza dello stesso Gianroberto Casaleggio rispetto alla massoneria britannica, attraverso un personaggio come Enrico Sassoon).A pagina 8 dell’accordo di governo stipulato tra Lega e M5S c’è un punto che ha colpito la mia attenzione: il divieto di incarichi di governo per persone appartenenti alla massoneria. Un punto demagogico e populista, che dimostra, nel migliore dei casi, l’ignoranza di chi ha redatto l’accordo, nel peggiore una vera e propria malafede. Vediamo perché. In massoneria esiste la possibilità di essere iscritti a logge cosiddette coperte, in cui il nome dell’affiliato è tenuto segreto e quindi nessun documento, firma, o lista, potrà mai provare la sua appartenenza alla massoneria (dall’indagine Why Not, effettuata da De Magistris, ad esempio, venne fuori che Prodi e altri membri illustri del governo erano iscritti a una loggia di San Marino, considerato uno Stato estero). La massoneria non è un’associazione segreta, quindi l’esserne affiliati non viola alcuna legge dello Stato; tale esclusione è, quindi, anche costituzionalmente illegittima: l’esclusione dagli incarichi di governo avrebbe dovuto essere correttamente formulata prevedendo l’esclusione per iscritti a logge coperte, o deviate, o comunque con un intento palesemente criminale (ma in tal modo sarebbe sorta una contraddizione evidente, perché chi è iscritto ad organizzazioni criminali non lo va certo a dire in giro, e quando viene scoperto deve essere buttato fuori non tanto per la sua affiliazione, ma per i crimini commessi).
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Sorpresa: non sono più i nostri nemici a gestire lo spread
Colpo di scena: non sono più i soliti “signor no” europei, da Mario Draghi ad Angela Merkel, a pilotare lo spread, fino a ieri usato come clava contro l’Italia. «Visto? Lo spread cala, da quando si è insediato il governo Conte», sottolinea a “Colors Radio” Gioele Magaldi, il primo a svelare il retroscena massonico che ha opposto Sergio Mattarella a Paolo Savona. «E’ in atto un duro confronto in seno alla massoneria sovranazionale: da una parte l’ala conservatrice, che sostiene l’establishment europeo, e dall’altra i circuiti massonici progressisti, scesi in campo per difendere il governo “gialloverde”». Tema: interpretare l’Italia come banco di prova per la fine del rigore euro-tedesco, con i suoi terminali italiani. Ieri Monti e Napolitano, poi i pallidi Letta, Renzi e Gentiloni, fino all’attuale governatore di Bankitalia Ignazio Visco, vicinissimo a Draghi, e ovviamente allo stesso Mattarella, arrivato al punto di interdire a Savona l’accesso al ministero dell’economia, dopo aver spedito Conte in udienza da Visco. Poi però è accaduto qualcosa che Berlino, Bruxelles e Francoforte non potevano prevedere: il loro braccio di ferro sullo spread è crollato subito, mentre Trump calava sulla Germania la mazzata dei dazi sull’acciaio. Il “golpe bianco” è durato solo 48 ore: giusto il tempo di capire che, forse, qualcosa – in Europa – è cambiato una volta per tutte: la “cricca del rigore” non potrà più ricattare e intimidire intere nazioni, in spregio al voto popolare?Ci attendono settimane piene di incognite, ammette Magaldi, perché il vero scontro – sul piano internazionale – è appena cominciato. Certo, oggi fa impressione vedere la cancelliera di ferro che scende a più miti consigli e si affretta, fuori tempo massimo, a riconoscere che l’Italia è stata completamente abbandonata di fronte all’emergenza-migranti che ha gonfiato la Lega di Salvini. Già esponente della superloggia sovranazionale progressista Thomas Paine, attraverso il Grande Oriente Democratico lo stesso Magaldi, presidente del Movimento Rooasevelt, è in prima linea nell’ambiente culturale massonico-progressista che vede nell’Italia il possibile punto di svolta della lunghissima crisi europea. «Sarà proprio dal nostro paese che partirà una riscossa democratica su scala continentale», profetizzava già nel 2014, presentando il saggio “Massoni” (Chiarelettere) che svela l’identità supermassonica del vero potere europeo, negli ultimi trent’anni in mano a cripto-massoni oligarchici, reazionari e neo-aristicratici (gli inventori del rigore spacciato per normalità fisiologica, dopo aver svuotato la democrazia confiscando sovranità a colpi di diktat).E’ il ben noto scenario dell’orrore organizzato dall’Ue e da Berlino: bilanci strozzati dai vicoli di spesa, e quindi crisi, disoccupazione, tasse, risparmi in fumo, giovani in fuga. Uno scempio deciso dagli eurocrati, veri e propri nemici dell’unità europea: grazie a loro, infatti, è esploso l’euroscetticismo ormai maggioritario. Che fare? Ovvio: estendere la spesa, dopo aver contrattato con Bruxelles l’intero sistema Ue. Impossibile mettere in campo il programma “gialloverde” (Flat Tax, reddito di cittadinanza pensioni dignitose) senza prima “sbullonare” l’ordoliberismo teutonico, oggi messo sotto attacco direttamente dagli Usa, scesi in campo accanto all’Italia. Magaldi tifa per il governo Conte, ma con giudizio: «Guai se aumenta l’Iva, perché sarebbe una misura pericolosamente recessiva. E guai se arretra, sul terreno dei diritti civili». Naturalmente, i media mainstream “vedovi” del Pd sono saltati addosso al ministro leghista Lorenzo Fontana, protagonista di un’infelice uscita sulle unioni civili. «Apprezzo però la tempistività con cui è intervenuto Salvini, chiarendo che Fontana parlava a titolo personale: le sue idee non rientrano nel programma di governo».L’ottimismo di Magaldi non è incondizionato: «Ci sono ottime premesse, insieme alla garanzia che Paolo Savona – l’uomo che Mattarella non voleva – costituirà una sapiente cabina di regia per gestire con Bruxelles la rinegoziazione dei trattati europei. Però bisogna stare a vedere che cosa realmente questo governo riuscirà a fare». E a chi si interroga sull’affidabilità dei 5 Stelle, Magaldi risponde con lo sguardo del politologo: «In tandem con Salvini, i pentastellati hanno avuto il merito storico di rompere la finzione dello scontro apparente tra centrodestra e centrosinistra, che in vent’anni hanno solo finto di combattersi, sottoscrivendo in realtà tutte le politiche di rigore imposte, via Ue, da un’oligarchia privatistica: quella che oggi, finalmente, guarda con preoccupazione alla svolta democratica italiana». A quanto pare, il futuro potrebbe rimettersi a correre, archiviando il mancato riformatore Berlusconi e il suo sodale Renzi, ultimo yesman del potere eurocratico. Sta cambiando tutto? Per il 14 luglio – data non casuale – Magaldi annuncia l’avvio di grandi manovre per la creazione di un nuovo soggetto politico liberalsocialista, che si metta in marcia – da posizioni keynesiane – per supportare il “cambio di paradigma”, oggi affidato alla compagine giudata da Conte. Obiettivo: demolire, per sempre, la grande menzogna neoliberista del rigore “virtuoso”, inventata dall’élite per derubare i popoli.Colpo di scena: non sono più i soliti “signor no” europei, da Mario Draghi ad Angela Merkel, a pilotare lo spread, fino a ieri usato come clava contro l’Italia. «Visto? Lo spread cala, da quando si è insediato il governo Conte», sottolinea a “Colors Radio” Gioele Magaldi, il primo a svelare il retroscena massonico che ha opposto Sergio Mattarella a Paolo Savona. «E’ in atto un duro confronto in seno alla massoneria sovranazionale: da una parte l’ala conservatrice, che sostiene l’establishment europeo, e dall’altra i circuiti massonici progressisti, scesi in campo per difendere il governo “gialloverde”». Tema: interpretare l’Italia come banco di prova per la fine del rigore euro-tedesco, con i suoi terminali italiani. Ieri Monti e Napolitano, poi i pallidi Letta, Renzi e Gentiloni, fino all’attuale governatore di Bankitalia Ignazio Visco, vicinissimo a Draghi, e ovviamente allo stesso Mattarella, arrivato al punto di interdire a Savona l’accesso al ministero dell’economia, dopo aver spedito Conte in udienza da Visco. Poi però è accaduto qualcosa che Berlino, Bruxelles e Francoforte non potevano prevedere: il loro braccio di ferro sullo spread è crollato subito, mentre Trump calava sulla Germania la mazzata dei dazi sull’acciaio. Il “golpe bianco” è durato solo 48 ore: giusto il tempo di capire che, forse, qualcosa – in Europa – è cambiato una volta per tutte: la “cricca del rigore” non potrà più ricattare e intimidire intere nazioni, in spregio al voto popolare?
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Massoni, manovre, bugie e omissioni sull’Italia gialloverde
Un presidente della Repubblica che ammette a reti unificate che il paese è ostaggio dei mercati finanziari privati. L’oligarchia euro-tedesca che minaccia apertamente la fine dell’Italia. E l’uomo di Trump che si precipita a Roma per ostacolare i terminali di Berlino e, infine, premere in senso opposto sull’establishment conservatore. Obiettivo: far nascere un governo ibrido e sotto ipoteca, con promesse impossibili da mantenere senza prima scardinare il paradigma teologico europeista del rigore suicida, imposto a mano armata dalla massoneria reazionaria che ha in mano la governance della Germania, della Bce e dell’Unione Europea. L’analista geopolitico Federico Dezzani sottolinea il ruolo di primo piano svolto dall’asse angloamericano nella crisi italiana, evidenziando le mosse di Steve Bannon e dell’ambasciatore statunitense Lewis Eisenberg, che ha incontrato Salvini e Di Maio a fine marzo. Quindi i britannici: «Lo stesso Movimento 5 Stelle è un prodotto più inglese che americano, come dimostrano la lunga carriera di Gianroberto Casaleggio presso il colosso dell’informatica inglese Logica Plc e il doppio passaporto, italiano e britannico, del figlio Davide». Sempre secondo Dezzani, Londra ha giocato un ruolo decisivo nella nascita del governo giallo-verde «attraverso il “protestante” Jorge Mario Bergoglio che, a sua volta, ha schierato l’ancora influente Conferenze Episcopale Italiana».
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Magaldi con Savona: via Mattarella, sgominare i poteri marci
L’alto tradimento di Sergio Mattarella rispetto alla Costituzione, rispetto allo Stato, rievoca un altro tradimento – sostanziale, anche se non formale – compiuto da Giorgio Napolitano. Anche nel suo caso il Movimento 5 Stelle propose l’impeachment, che però poi non andò avanti. Ma Napolitano, nel fare senatore a vita il massone tecnocratico, neo-aristocratico e reazionario Mario Monti, non violò la Costituzione formalmente. Ci fu il solito bombardamento di spread, in termini anche più sontuosi e violenti, e Berlusconi fu accompagnato a calci nel sedere fuori dalla porta, mentre Monti fu salutato da squilli di tromba. Di fatto, nella sostanza, fu un golpe – che privò gli italiani di un governo rappresentativo della volontà popolare e presentò come salvatore della patria uno dei becchini dell’Italia. Giorgio Napolitano ha avuto delle responsabilità enormi, in questo, e anche nell’abituare il popolo italiano all’idea che non si governa con il mandato popolare, ma si governa perché i sedicenti “illuminati”, che occupano indebitamente i palazzi del potere italiano ed europeo, decidono cosa è bene per il popolo bue. Per Napolitano non c’erano gli estremi per un impeachment formale, ma qui il discorso è diverso: come notato anche da autorevoli osservatori non ostili a Mattarella o non troppo empatici rispetto al governo “gialloverde” in costruzione, Mattarella ha fatto un discorso politico: e ha messo il veto su una persona per un reato d’opinione.Un reato d’opinione anche molto moderato: Paolo Savona, che in passato ha fatto analisi articolate sull’Eurozona, in un comunicato ha poi spiegato di voler interpretare il “contratto” politico che sottendeva il governo Conte, e di voler appunto (come ha detto anche Salvini) “trattare”, cioè porsi in una condizione di dignità dell’Italia rispetto all’Europa, per concorrere a costruire un’Europa più equa e più forte. Rispetto a questo, Mattarella ha detto che non se la sentiva, e (in modo protervo) che non voleva consentire la nomina e l’insediamento di Savona. Per questo ha respinto un governo legittimato dal voto popolare, affidando l’Italia a un rappresentante del Fmi come Cottarelli, che è parte di quella cricca di tecnici che hanno già malgovernato l’Italia e che rappresentano quei “poteri marci” che vogliono asservire non solo il popolo italiano, ma anche il resto dei popoli europei. Non pensano ad un’Europa prospera e democratica, ma ad una visione disgregatrice, dove il mercato, lo spread e presunti principi di teologia dogmatica, laica e neoliberista, governano il tutto: la bussola è già tracciata e le elezioni sono inutili. Questo è quello di cui si è fatto interprete Mattarella: quindi – al di là di quello che sarà l’iter – l’impeachment va sicuramente avviato, perché politicamente significa che ogni giorno, da qui al voto, si potrà ricordare al popolo italiano quello che è accaduto.Politicamente credo sia utilissimo e anche doveroso iniziare una mobilitazione popolare e comunicativa a favore della messa in stato d’accusa del capo dello Stato, che si è dimostrato infedele ai principi della Costituzione su cui ha giurato, al pari di Napolitano, Monti e Draghi. Ovunque siano insediati, questi uomini rappresentano i terminali di “poteri marci”, neo-aristocratici e massonicamente “controiniziatici”. In realtà, questi stessi poteri erano messi di fronte a uno scacco: la candidatura stessa di Paolo Savona era vista con molto favore dai circuiti massonici progressisti, che in Italia mi onoro di rappresentare. Le sue istanze sull’economia, l’Italia e l’Europa si sovrapponevano perfettamente alle nostre. Mattarella è stato fatto oggetto di pressioni inaudite, da parte di poteri extra-istituzionali, che hanno compiuto una sorta di golpe. Il solo fatto di trovarsi davanti a questo bivio ha messo Mattarella e tutti questi “poteri marci” di fronte a uno scacco: era Scacco al Re. Lo Scacco al Re può essere risolto con qualche mossa avveduta. Peccato che la mossa è stata quella sbagliata: nella sua tragicità, è una mossa che si rivelerà esiziale, per chi ha sin qui distrutto il sogno europeista di tanti italiani, per chi ha affossato un’Europa politica e democratica e ora sta avvilendo anche la dignità dell’Italia nel rapporto con le istituzioni europee e con le altre cancellerie continentali.Mattarella ha smascherato se stesso come maggiordomo di questi poteri, comportandosi da perfetto paramassone, come Enrico Letta: perfetto paramassone asservito anche Mattarella, a cui nemmeno è stato accordato il privilegio di essere direttamente tra i “fratelli” neo-aristocratici; è stato solo utilizzato, come altri, in un rango subalterno e servile. E servilmente, tradendo la Costituzione del suo paese, Sergio Mattarella ha fatto la scelta più sbagliata, per la sua parte: respingendo Savona e mostrando il vero volto di se stesso e dei suoi complici, ha offerto al popolo italiano (e anche a tutti gli osservatori internazionali che ci guardano) l’immagine di un Re Nudo. Un Re collettivo e post-democratico, un Re che non vuole che venga nemmeno messa in discussione la narrativa, la dogmatica politica economica che deve imperare. Usando una metafora cristiana, paradossalmente Mattarella diventa un po’ come Giuda che, compiendo un misfatto, consente però che Cristo muoia e poi risorga. Più modestamente, Mattarella – compiendo questo misfatto – offre finalmente una interpretazione di tutto ciò che è accaduto dal 2011 ad oggi (e anche molto prima).Già nel 2014 spiegavo che la battaglia per la democrazia, in Europa e nel mondo, si sarebbe combattuta in Italia. Quello che oggi è accaduto dimostra che non ero un “poetico visionario”, che non lo erano tutti quelli impegnati con me a combattere in questa direzione. La partita si gioca in Italia: adesso il popolo italiano sarà chiamato a regolarsi di conseguenza. Ovviamente c’è chi prova a seminare zizzania tra Di Maio e Salvini: si tratta di sicofanti, mezzani e professionisti dell’intrigo, per lo più provenienti dall’area di Forza Italia, che infatti teme come la morte che l’asse tra Lega e 5 Stelle possa essere tradotto anche in termini elettorali. Personalmente sarei a favore di quest’opzione, anche per un fatto di trasparenza e per celebrare in modo netto la prospettiva di un nuovo governo, magari persieduto proprio da Paolo Savona: un accordo elettorale, come il “contratto” di governo, con Lega e 5 Stelle che presentano Paolo Savona come candidato premier, gradito a entrambe le parti. Questa è la proposta che il Movimento Roosevelt farà nei prossimi giorni. Non credo che l’ipotesi di accordo elettorale tra Lega e 5 Stelle sarebbe ingenua e farebbe perdere voti: non solo avrebbe un alto valore etico-politico ma sarebbe anche vincente. Con l’attuale legge elettorale, Lega e 5 Stelle saranno forti a livello proporzionale, e in ambito maggioritario sarebbero comunque in grado di sgominare qualunque altro avversario: farebbero il pieno di voti.Berlusconi? Come al solito si è dimostrato verminoso, davvero spregevole, in questa sua solidarietà pelosa a Mattarella e in questo suo riavvicinamento alla “culona inchiavabile”, come definì la Merkel, e a tutti i rappresentanti “marci” del Partito Popolare Europeo, che sono parte di questo establishment che soffoca il continente. La prospettiva di Salvini non è quella di Berlusconi, con tutta evidenza: ha molte più affinità con quella del Movimento 5 Stelle. In un modo o nell’altro, in Parlamento si avrà una nuova maggioranza tra Lega e 5 Stelle. E se ci sarà anche l’impeachment, Mattarella sarà indotto a più miti consigli dalla sollevazione popolare che da oggi inizierà. E finalmente avremo un governo che possa rappresentare le istanze chiarissime espresse dalla volontà del popolo. In più, urge più che mai la costruzione del nuovo partito che serve all’Italia. Il Movimento Roosevelt lavorerà sia per cementare un asse rinnovato e fortificato tra Lega e Movimento 5 Stelle, sia per costruire un soggetto politico che possa supportare ulteriormente una prospettiva di cambiamento, perfezionandola – siamo convinti di aver già insegnato molto, a Lega e 5 Stelle, che sono maturati anche grazie ai nostri buoni consigli, pubblici e privati. Soprattutto, possiamo interpretare (forse anche meglio di loro) la necessità di un cambio di paradigma.Complimenti intanto a Paolo Savona, anche per lo stile con il quale – sottraendosi alle polemiche – ha di fatto “non commentato” gli eventi. Savona dimostra di essere uomo delle istituzioni: degno di fare il ministro dell’economia o il presidente del Consiglio, e magari anche il presidente della Repubblica. Sergio Mattarella? Dimostra di essere quello che è: un servile cortigiano, subalterno di poteri “marci” sovranazionali di ispirazione massonica neo-aristocratica. Cottarelli? Certamente deve andare a casa, e anche di corsa: la sua nomina è un insulto al popolo italiano. Cottarelli è l’uomo dei tagli, l’uomo del Fondo Monetario Internazionale. E’ una cosa scandalosa, il veto su Savona e l’aver proposto Cottarelli: è veramente un atto di arbitrio e di prepotenza. Quindi tutti a casa, si vada al voto. E, possibilmente, l’impeachment per Mattarella.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a David Gramiccioli per la diretta “Massoneria On Air” su “Colors Radio” il 28 maggio 2018. Massone, leader del Grande Oriente Democratico e presidente del Movimento Roosevelt, Magaldi è l’autore del saggio “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere, che denuncia il ruolo occulto di 36 superlogge sovranazionali al vertice del potere mondiale, con ramificazioni in ogni governo).L’alto tradimento di Sergio Mattarella rispetto alla Costituzione, rispetto allo Stato, rievoca un altro tradimento – sostanziale, anche se non formale – compiuto da Giorgio Napolitano. Anche nel suo caso il Movimento 5 Stelle propose l’impeachment, che però poi non andò avanti. Ma Napolitano, nel fare senatore a vita il massone tecnocratico, neo-aristocratico e reazionario Mario Monti, non violò la Costituzione formalmente. Ci fu il solito bombardamento di spread, in termini anche più sontuosi e violenti, e Berlusconi fu accompagnato a calci nel sedere fuori dalla porta, mentre Monti fu salutato da squilli di tromba. Di fatto, nella sostanza, fu un golpe – che privò gli italiani di un governo rappresentativo della volontà popolare e presentò come salvatore della patria uno dei becchini dell’Italia. Giorgio Napolitano ha avuto delle responsabilità enormi, in questo, e anche nell’abituare il popolo italiano all’idea che non si governa con il mandato popolare, ma si governa perché i sedicenti “illuminati”, che occupano indebitamente i palazzi del potere italiano ed europeo, decidono cosa è bene per il popolo bue. Per Napolitano non c’erano gli estremi per un impeachment formale, ma qui il discorso è diverso: come notato anche da autorevoli osservatori non ostili a Mattarella o non troppo empatici rispetto al governo “gialloverde” in costruzione, Mattarella ha fatto un discorso politico: e ha messo il veto su una persona per un reato d’opinione.
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Magaldi: fidatevi, sarà proprio l’Italia a cambiare l’Europa
Fidatevi: sarà l’Italia a cambiare l’Europa. Eresia pura, a prima vista. Tempi: non sospetti. Fine 2014, con il giovane Renzi insediato a Palazzo Chigi e pronto a recitare la sua mediocre particina teatrale, il dinamismo giovanilistico e solo cosmetico di riformette Merkel-compatibili, pre-formattate da Mario Draghi, Jp Morgan e colleghi. «Fidatevi: sarà l’Italia a cambiare l’Europa». Firmato: Gioele Magaldi, il visionario. Il massone dissidente, l’eretico, il fastidioso smascheratore di un sistema truccato, neoliberale e segretamemte super-massonico. Autore di un bestseller clamoroso (“Massoni”, edito da Chiarelettere) che svela il ruolo decisivo di 36 superlogge internazionali nel retrobottega di qualsiasi potere, nazionale e internazionale, con ramificazioni solidissime in tutti i centri decisionali anche italiani, dalla Banca d’Italia a Palazzo Chigi fino al Quirinale. Draghi, Monti, Napolitano: «Tutti massoni neo-aristocratici, protagonisti della crisi pilotata che ha segnato il declino del nostro paese sotto il ricatto artificioso dello spread». Il nostro paese: l’Italia stremata dal piduista Berlusconi e sabotata dal finto progressista Prodi, «globalizzatore in grembiulino». Venticinque anni di decadenza, «grazie a una regia occulta». Ebbene, nonostante ciò – questo il lieto annuncio, a fine 2014 – sarà proprio dall’Italia che partirà un riscatto popolare e democratico, in grado di cambiare l’Europa.Magaldi il sognatore, il poetico utopista? In capo a quattro anni, contro ogni previsione, nel 2018 proprio l’Italia “scodella” un nome come quello di Paolo Savona: per la prima volta, probabilmente, dal Trattato di Maastricht, un paese-cardine dell’Unione Europea candida come ministro dell’economia un oppositore dichiarato del sistema. Chi l’avrebbe detto? Attenzione: come da molti sottolineato, Paolo Savona non è un oppositore qualsiasi. Personalità autorevolissima, economista dell’establishment vicinissimo al massone Ciampi al momento di costruirla, l’Unione Europea. Un uomo capace di ripensamento: questa Europa così com’è non funziona. Non va bene per l’Italia, ma in fondo non va bene per nessuno, se alimenta risentimento e competitività interna. Rimettiamo la palla al centro, propone Savona: troviamo il coraggio di ridiscutere i termini dei trattati. Sotto la spinta di forti pulsioni euroscettiche, la Gran Bretagna – mai entrata nell’Eurozona, e rimasta a lungo nell’Ue in condizioni privilegiate – ha già abbandonato l’Unione Europea (ma c’è voluto un referendum estremamente sofferto, e dall’esito sorprendente e lacerante). Nulla di simile s’è mai visto in Germania o in Francia, dove Marine Le Pen si è limitata a una battaglia di principio contro Bruxelles, ben sapendo che sarebbe stato facile – per un massone conservatore come Macron – neutralizzare il Front National facendo leva sulla paura dei francesi.Contro ogni previsione – non di Magaldi, certo – il Rubicone l’ha varcato proprio l’Italia. Sono stati Matteo Salvini e Luigi Di Maio, paracadutati fra i tornanti di una vorticosa evoluzione della crisi post-elettorale, a tener duro – anche contro il Quirinale – sul nome del ministro “eretico”, di cui il potere finanziario europeo pare avere il terrore. Paolo Savona è diventato un totem: la possibilità del cambiamento. Le ultime settimane hanno preso in contropiede politici, elettori, istituzioni e mondo economico – ma non Magaldi: in fondo se l’aspettava, “sapeva” che l’Italia – e solo l’Italia – sarebbe stata capace di tornare al centro della politica europea. Il momento è drammatico: uno scontro istituzionale inaudito, con ripercussioni incalcolabili. Ma il costo di una “rivoluzione” è sempre meglio, in ogni caso, della morte lenta assicurata dallo status quo: la sovranità democratica non ha prezzo, vale più di qualsiasi stabilità momentanea perché può garantire benessere diffuso ed equità sociale, senza cui la società collassa. Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, indica l’esempio di Nino Galloni. Keynes, nel terzo millennio: investire sull’Italia, per uscire dalla crisi e dal ricatto della paura. In altre parole: il futuro. L’unico possibile. Nel bene e nel male, oggi l’Italia è al centro della scena europea. Volano parole inaudite, rivoluzionarie. Sembrano il germe di un risveglio, per tutta l’Europa. Nate dove? In Italia.Fidatevi: sarà l’Italia a cambiare l’Europa. Eresia pura, a prima vista. Tempi: non sospetti. Fine 2014, con il giovane Renzi insediato a Palazzo Chigi e pronto a recitare la sua mediocre particina teatrale, il dinamismo giovanilistico e solo cosmetico basato su riformette Merkel-compatibili, pre-formattate da Mario Draghi, Jp Morgan e colleghi. «Fidatevi: sarà l’Italia a cambiare l’Europa». Firmato: Gioele Magaldi, il visionario. Il massone dissidente, l’eretico, il fastidioso smascheratore di un sistema truccato, neoliberale e segretamemte super-massonico. Autore di un bestseller clamoroso (“Massoni”, edito da Chiarelettere) che svela il ruolo decisivo di 36 superlogge internazionali nel retrobottega di qualsiasi potere, nazionale e internazionale, con ramificazioni solidissime in tutti i centri decisionali anche italiani, dalla Banca d’Italia a Palazzo Chigi fino al Quirinale. Draghi, Monti, Napolitano: «Tutti massoni neo-aristocratici, protagonisti della crisi pilotata che ha segnato il declino del nostro paese sotto il ricatto artificioso dello spread». Il nostro paese: l’Italia stremata dal piduista Berlusconi e sabotata dal finto progressista Prodi, «globalizzatore in grembiulino». Venticinque anni di decadenza, «grazie a una regia occulta». Ebbene, nonostante ciò – questo il lieto annuncio, a fine 2014 – sarà proprio dall’Italia che partirà un riscatto popolare e democratico, in grado di cambiare l’Europa.
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Magaldi al “fratello” Krugman: a Roma non ci sono i barbari
«E bravo Di Maio: il programma viene prima dei nomi, dei personalismi, delle ambizioni». Gioele Magaldi, finora mai tenero con il neo-leader dei 5 Stelle, apprezza il metodo condiviso con Salvini in funzione del governo: presentare ai cittadini, punto su punto, una lista precisa di cose da fare. «E’ la prima volta che succede, nella storia della Repubblica italiana», ha detto a “Border Nights” il documentarista Massimo Mazzucco: «Ottima novità, dato che la trasparenza è parte fondamentale del meccanismo democratico». Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt – che ha avanzato la candidatura di Nino Galloni per Palazzo Chigi – concorda con Mazzucco: sembra proprio la fine del leaderismo della Seconda Repubblica, fondato su vuoti slogan che servivano solo a coprire la sottomissione sostanziale dei vari governi italiani ai diktat dell’oligarchia (supermassonica) che dirige, in modo privatistico, le istituzioni «sedicenti europee, in realtà fatte apposta per allontanare i cittadini dall’idea stessa di Europa unita». E a proposito di massoni: «Mi spiace che il “fratello” Paul Krugman, Premio Nobel per l’Economia e massone progressista, abbia manifestato allarme per l’eventuale esecutivo “gialloverde”: stavolta sbaglia, a Roma non ci sono “i barbari” ma, finalmente, politici disposti a cominciare a cambiare qualcosa, nell’insopportabile copione eurocratico e finto-europeista che ha causato la crisi italiana».Probabilmente, aggiunge Magaldi a “Colors Radio” «Krugman è giustamente preoccupato per l’annunciata esclusione, dal prossimo governo, di esponenti della massoneria: si tratta evidentemente di un abuso, visto che la Costituzione italiana non consente di discriminare cittadini per via della loro appartenenza culturale, religiosa o filosofica». Magaldi annuncia che il Movimento Roosevelt è al lavoro per convincere i pentastellati a fare retromarcia, onde non incorrere – fra l’altro – in possibili azioni legali. Lo ha ripetuto, negli ultimi mesi, anche accusando lo stesso Di Maio di aver ripetutamente bussato ai “santuari” della finanza anglosassone, notoriamente massonici: inutile strillare contro “i massoni” per poi magari fare anticamera proprio davanti alla loro porta, dimenticando peraltro la formazione massonica di veri e propri padri della patria come Meuccio Ruini, presidente della commissione che diede vita alla Costituzione democratica. Ma, a parte questo, l’ostracismo velleitario contro i “grembulini” conclamati non mette certo i 5 Stelle al riparo dalla presenza di eventuali massoni occulti. Una situazione non priva di risvolti comici: «C’è gente che ancora ride – dice Magaldi – ricordando quanto goffamente Mario Monti riuscì a mentire, sulla propria identità massonica, interpellato da Lilli Gruber dopo che il mio libro appena uscito, “Massoni”, lo presentava come autorevole esponente dell’aristocrazia massonica europea di stampo reazionario».Se Magaldi annuncia, in parallelo, l’iniziativa interamente massonica condivisa con un’obeddienza prestigiosa come la Camea per arrivare a redigere una sorta di registro ufficiale delle affiliazioni italiane, mettendo così fine alle periodiche speculazioni sulle presunte malefatte della massoneria in quanto tale, il presidente del Movimento Roosevelt promuove in ogni caso l’attivismo di Salvini e Di Maio: sarebbe il primo passo, che tutti aspettano, per cominciare a riscrivere in senso democratico, e non oligarchico, il destino del nostro paese. Nino Galloni? «E’ un eminente economista sovranista, di formazione keynesiana, apprezzato sia dai leghisti che dai pentastellati. E’ figlio del compianto ministro Giovanni Galloni, autorevole esponente di quella sinistra Dc a cui apparteneva anche lo stesso presidente Mattarella. A Palazzo Chigi sarebbe l’uomo giusto al posto giusto, anche se forse non è ancora venuto il suo momento: è comprensibile che oggi la scelta ricada su personalità meno preoccupanti, per Bruxelles». Ma attenzione: «Presto o tardi, Nino Galloni sarà tra i protagonisti dell’imminente Terza Repubblica». Entro l’estate, avverte Magaldi, assumeranno concretezza i preparativi per un nuovo soggetto politico, di cultura liberal-socialista, visto lo stato di rottamazione di Forza Italia e del Pd: «L’ex centrodestra berlusconiano e il fu centrosinistra sono palesemente alla frutta, avrebbero bisogno di una rigenerazione radicale. Il Pd – come tutti possono vedere – è ormai in stato imbarazzante, senza più una classe dirigente: a questo punto farebbe bene a sciogliersi».«E bravo Di Maio: il programma viene prima dei nomi, dei personalismi, delle ambizioni». Gioele Magaldi, finora mai tenero con il neo-leader dei 5 Stelle, apprezza il metodo condiviso con Salvini in funzione del governo: presentare ai cittadini, punto su punto, una lista precisa di cose da fare. «E’ la prima volta che succede, nella storia della Repubblica italiana», ha detto a “Border Nights” il documentarista Massimo Mazzucco: «Ottima novità, dato che la trasparenza è parte fondamentale del meccanismo democratico». Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt – che ha avanzato la candidatura di Nino Galloni per Palazzo Chigi – concorda con Mazzucco: sembra proprio la fine del leaderismo della Seconda Repubblica, fondato su vuoti slogan che servivano solo a coprire la sottomissione sostanziale dei vari governi italiani ai diktat dell’oligarchia (supermassonica) che dirige, in modo privatistico, le istituzioni «sedicenti europee, in realtà fatte apposta per allontanare i cittadini dall’idea stessa di Europa unita». E a proposito di massoni: «Mi spiace che il “fratello” Paul Krugman, Premio Nobel per l’Economia e massone progressista, abbia manifestato allarme per l’eventuale esecutivo “gialloverde”: stavolta sbaglia, a Roma non ci sono “i barbari” ma, finalmente, politici disposti a cominciare a cambiare qualcosa, nell’insopportabile copione eurocratico e finto-europeista che ha causato la crisi italiana».
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Morte di David Rossi, Fracassi: colpa di Draghi il crollo Mps
Siena, 6 marzo 2013. Un uomo precipita dalla finestra, ma non muore sul colpo. Si muove ancora, quando due uomini comparsi dal nulla, nel vicolo sotto la sede centrale del Montepaschi, gli si avvicinano per verificarne le condizioni, prima di sparire. Chi sono? Mistero. «Sappiamo invece chi ha fatto pervenire quel filmato al “New York Post”: è stata la Cia», afferma il reporter Franco Fracassi, ai microfoni di “Border Nights”, a proposito del video (sconvolgente) sulla morte di David Rossi, poi ripreso anche dalle “Iene” e ora disponibile sul web. Insieme a Elio Lannutti, Fracassi è autore del saggio “Morte dei Paschi”, ovvero: dalla drammatica fine di Rossi ai risparmiatori truffati, “ecco chi ha ucciso la banca di Siena”. Suicidio all’italiana? Sappiamo solo che la magistratura ha rinunciato a indagare nella direzione dell’omicidio, dice Fracassi, avendo rapidamente archiviato il caso come, appunto, suicidio. «Certo, resta il fatto che Rossi è volato dalla finestra del suo ufficio appena due giorni dopo l’email in cui annunciava di voler parlare con i magistrati, riguardo al suo ruolo nella banca finita nella bufera». Indagini a parte, per Fracassi il vero colpevole ha un nome preciso: Mario Draghi. «E’ stato lui a far crollare la banca di Siena», determinando il disastro che poi ha portato anche alla morte di David Rossi.Il primo a puntare il dito contro il presidente della Bce è stato Gioele Magaldi, leader del Movimento Roosevelt e autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che svela il ruolo di 36 Ur-Lodges nel “back office” del massimo potere mondiale. Superlogge sovranazionali potentissime, come le 5 organizzazioni di stampo neo-aristocratico alle quali, secondo Magaldi, è affiliato Draghi: sono la “Edmund Burke”, la “Pan-Europa”, la “Der Ring”, nonché due autentiche colonne del mondo supermassonico di segno reazionario, la “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum” e la “Three Eyes”, il club di Kissinger, Rockefeller e Brzesinski. «Quando era governatore di Bankitalia – sostiene Magaldi – Draghi avrebbe dovuto vigilare sulla spericolata acquisizione di Antonveneta da parte della banca senese. Ma non lo fece, così come Anna Maria Tarantola, all’epoca alta funzionaria della Banca d’Italia». La vicenda Mps-Antonveneta è nota: il “Sole 24 Ore” la definisce «la più grande rivalutazione della storia». Il prezzo di Antonveneta, riassume il quotidiano di Confindustria, nel 2007 schizzò in pochi mesi dai 6,6 miliardi pagati dal Banco Santander per comprare l’istituto ai 9,3 (più oneri vari che hanno fatto salire il prezzo definitivo a 10,3 miliardi circa) tirati fuori da Mps.Oltre 10 miliardi, dunque, ai quali «vanno aggiunti almeno altri 7,9 miliardi di debiti di Antonveneta, che l’istituto senese si è accollato». In soli 11 mesi – dal 30 maggio 2008 al 30 aprile 2009 – il Monte dei Paschi «ha effettuato bonifici per oltre 17 miliardi». Soldi che, scrive il “Sole”, «sono finiti ad Amsterdam, Londra e Madrid». Oggi, Franco Fracassi la definisce «la più grande operazione bancaria della storia», avendo coinvolto anche gli olandesi di Abn-Amro, gli inglesi e la Banca Mondiale. «Draghi – insiste Fracassi, a “Border Nights” – ha avuto un ruolo di primo piano, nel disastro del Monte dei Paschi, perché non ha permesso controllo ma, a mio giudizio, ha premuto per la cosa: è stato lui a spingere il Monte dei Paschi nel baratro, perché la banca senese era un tassello fondamentale di questa operazione – che Draghi ha voluto a tutti i costi, e che ha portato alla grande crisi economica, quella che sta devastando tutta l’Europa da ormai dieci anni». Questa crisi, aggiunge Fracassi, è figlia del crack di alcune delle più grandi banche d’Europa, «frutto di un’operazione voluta da Draghi in un momento in cui non bisognava farla, e soprattutto non in maniera così scellerata, come se si avesse voluto gettare l’Europa nel baratro».Perché è successo? «Non credo che Draghi non sapesse che cosa sarebbe potuto accadere», dice sempre Fracassi a “Border Nights”. «Non credo l’abbia fatto per leggerezza. E’ una persona molto intelligente, che sa il fatto suo. E so anche che Draghi è uno dei campioni del neoliberismo: è colui che, quando stava in Goldman Sachs, ha gettato nel baratro la Grecia». Conoscendo l’ideologia neoliberista e le strategie normalmente adottate dall’élite finanziaria euro-atlantica, aggiunge Fracassi, «presumo che ci sia stata la volontà di gettare l’Europa nella crisi». Draghi? «In questo ha avuto un ruolo di primo piano, e il Monte dei Paschi è stata la chiave di volta: quantomeno, quindi – conclude – Draghi ha delle responsabilità morali, per questa vicenda», su cui ora incombe anche il giallo della morte di David Rossi. E quello strano video, che Fracassi attribuisce alla Cia? Proprio la fonte di quelle immagini terribili «dà la dimensione della cosa», aggiunge il giornalista. «E’ un filmato che non dovrebbe esistere, e che teoricamente non dovrebbe avere nulla a che vedere con loro: cosa può importare, alla Cia, di un italiano che si suicida?». Vai a sapere. Sempre Fracassi, a “ByoBlu”, ha rivelato che «il Montepaschi è una delle banche che in questi ultimi 7 anni hanno garantito l’acquisto e la vendita di armi a tutte le parti in conflitto in Siria».Nel libro scritto con Lannutti, Fracassi cerca di capire «chi siano gli assassini di quella che è stata la banca più grande d’Europa». Si parla di armi, di politica, di criminalità organizzata. «Anche il mondo sommerso del crimine, alla fine, passa dalle banche: non è che esiste la Criminal Bank e poi le banche pulite, le banche son banche», dice ancora Fracassi a “Border Nights”. «Tranne forse rari casi virtuosi, la maggior parte delle banche fa queste cose. Il problema è: a che livello, quanto consapevolmente, e quanta ingerenza hanno, questi aspetti, nella gestione complessiva della banca». La crisi di Mps sembra consonante con le recenti notizie sull’assorbimento delle Bcc, le banche di credito cooperativo, raggruppate – per volere della Bce – sono l’ombrello di un unico grande soggetto finanziario, che si teme sarà fatalmente meno attento all’economia dei territori e invece più aperto (come il Montepaschi dopo la fatale svolta) al mercato finanziario internazionale dei titoli tossici. «Il fallimento del Montepaschi, dovuto alla responsabilità quantomeno morale di Mario Draghi – aggiunge Fracassi – ha portato uno sconquasso in tutto il sistema economico e creditizio europeo. E quindi anche nelle banche italiane, che a differenza di altre erano più fragili, trovandosi in una situazione di grande esposizione, per aver fatto fusioni con altre banche e investimenti in Borsa sbagliati, ma soprattutto per la quantità di crediti inesigibili».Di per sé, precisa il giornalista, i crediti inesigibili non fanno crollare una banca, se non molto raramente. «Se però il sistema salta, quei crediti inesigibili diventano insostenibili: durante una crisi econonica, chi ha preso soldi in prestito non riesce a restituirli. E’ una sorta di catena: più banche falliscono, e più rischiano di fallirne». Elementare: «Quando un sistema va in crisi, i più deboli sono i primi a soccombere». E mentre una grande banca ha i suoi paracadute, oltre a essere “too big to fail” (troppo grande per poter fallire), le banche piccole «non hanno quasi protezione, da parte della politica e del sistema finanziario: si appoggiano a piccole realtà locali, che possono entrare in crisi coinvolgendo le banche stesse». E’ la storia recente dell’Unione Europea, sintetizza Fracassi, a rendere esplicita la condanna (non giudiziaria, certo, ma storico-politica) dei super-tecnocrati alla Mario Draghi, onnipotenti registi di una crisi abilmente pilotata per organizzare uno smisurato trasferimento di ricchezza dal basso verso l’alto. Un fenomeno spaventosamente spettacolare, senza eguali nella storia moderna. Il sociologo Luciano Gallino lo chiamava “lotta di classe dei ricchi contro i poveri”. E in attesa che venga alla luce la verità definitiva sulla fine di David Rossi – esecutori e mandanti dell’eventuale omicidio – Franco Fracassi insiste: almeno moralmente, la colpa è di Draghi. Distruggere Mps faceva parte di un piano preciso, che l’ex governatore di Bankitalia, poi promosso alla Bce, non ha certo ostacolato.(Il libro: Elio Lannutti e Franco Fracassi, “Morte dei Paschi. Dal suicidio di David Rossi ai risparmiatori truffati. Ecco chi ha ucciso la banca di Siena”, PaperFirst editore, 280 pagine, 12 euro).Siena, 6 marzo 2013. Un uomo precipita dalla finestra, ma non muore sul colpo. Si muove ancora, quando due uomini comparsi dal nulla, nel vicolo sotto la sede centrale del Montepaschi, gli si avvicinano per verificarne le condizioni, prima di sparire. Chi sono? Mistero. «Sappiamo invece chi ha fatto pervenire quel filmato al “New York Post”: è stata la Cia», afferma il reporter Franco Fracassi, ai microfoni di “Border Nights”, a proposito del video (sconvolgente) sulla morte di David Rossi, poi ripreso anche dalle “Iene” e ora disponibile sul web. Insieme a Elio Lannutti, Fracassi è autore del saggio “Morte dei Paschi”, ovvero: dalla drammatica fine di Rossi ai risparmiatori truffati, “ecco chi ha ucciso la banca di Siena”. Suicidio all’italiana? Sappiamo solo che la magistratura ha rinunciato a indagare nella direzione dell’omicidio, dice Fracassi, avendo rapidamente archiviato il caso come, appunto, suicidio. «Certo, resta il fatto che Rossi è volato dalla finestra del suo ufficio appena due giorni dopo l’email in cui annunciava di voler parlare con i magistrati, riguardo al suo ruolo nella banca finita nella bufera». Indagini a parte, per Fracassi il vero colpevole ha un nome preciso: Mario Draghi. «E’ stato lui a far crollare la banca di Siena», determinando il disastro che poi ha portato anche alla morte di David Rossi.
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Magaldi: nani e ballerine, ma l’Italia vive una sfida decisiva
Nonostante le apparenze, l’Italia è una trincea decisiva per cambiare volto all’Europa in senso democratico. Parola di Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni”, che denuncia il ruolo dell’aristocrazia massonica reazionaria nella progettazione tecnocratica dell’Ue, nata per svuotare le democrazie e impoverire deliberatamente le classi medie, sabotando le economie nazionali. Urgono soluzioni per uscire dalla palude del dopo-voto, col rischio teorico di tornare alle urne magari a luglio e con la stessa legge elettorale? Peccato che, anziché statisti, «continuano a vedersi sempre più nani e ballerine», dice Magaldi a David Gramiccioli, ai microfoni di “Colors Radio”. «Qui, di personaggi che possano rappresentare degnamente il popolo sovrano ce ne sono davvero pochi – o magari non ce n’è nessuno, almeno in evidenza». O meglio: «Non vedo nessun gigante, né tra il ceto politico né tra i cosiddetti tecnici». Del resto, «se ci fossero personaggi di grande caratura istituzionale», li avremmo già visti all’opera: «In questi anni avrebbero avuto il coraggio di dire “no” a un po’ di cose. Mentre l’Italia sprofondava, avrebbero indicato una rotta diversa. E invece nessuno lo ha fatto».Se non altro, osserva Magaldi, gli elettori hanno premiato Lega e 5 Stelle, «che almeno qualcosina di diverso dagli altri l’hanno detto. Saranno in grado di farlo? E’ l’altro grande problema». Bene se oggi Di Maio ammette che non conta il nome del prossimo primo ministro o la composizione della maggioranza, ma le cose che il governo farà. Il veto su Berlusconi? «Concordo con Di Maio», sottolinea Magaldi: «Nessun rinnovamento della politica italiana potrebbe venire da Arcore. E rincaro la dose: il peggior incubo sarebbe il piano accarezzato dai creatori dei Rosatellum», vale a dire «un’altra maggioranza tra Forza Italia e Pd, cioè i residuati della Seconda Repubblica, epigoni di coloro che hanno preso in mano un paese prospero, costruito faticosamente durante la Prima Repubblica, e l’hanno trasformato in una nazione decadente e senza grande rilevanza estera nemmeno nel Mediterraneo». Il punto è: cosa si intende fare? Meglio smetterla, in ogni caso, coi tatticismi “tribali” fondati sui veti incrociati. «Persino a Berlusconi, una delle figure più opache della storia recente, dovrebbe essere data laicamente la possibilità di trasformarsi in qualcosa di meglio, se per esempio sostenesse un governo che prendesse iniziative importanti per l’economia, per la politica estera e verso le restrizioni europee, contro le quale Forza Italia finora ha solo abbaiato, talora, senza mai il coraggio di ingaggiare un braccio di ferro».Eppure, insiste Magaldi, «non dovremmo preoccuparci dei nomi: sono le azioni che qualificano le persone». Appunto: serve il pragmatismo di un programma da adottare con urgenza, oggi più che mai. «L’Europa è una sorta di laboratorio», sostiene Magaldi: «Ciò che accade oggi in Europa, domani avverrà a livello globale». Per questo, «se si vince una sfida per la democrazia in Europa, sarà più facile vincere una sfida per la democrazia a livello globale». Ecco perché la posta italiana è così decisiva: «L’Italia è un paese meno bloccato di altri e molto importante per la tenuta di qualunque progetto di integrazione politica, sociale ed economica europea». Una sfida molto più importante di quanto si possa sospettare: «L’Italia è stata resa irrilevante nel senso che ne sono state “castrate” diverse capacità, ma il suo potenziale è intatto». E per Magaldi, che annuncia «clamorosi sviluppi politici» a luglio attorno al progetto iniziale del Pdp, Partito Democratico Progressista, «bisogna lavorare politicamente (e massonicamente) per ridare all’Italia un ruolo da protagonista in Europa, e all’Europa un ruolo da protagonista nel mondo». Cominciando, appunto, dal governo prossimo venturo: purché capace di non piegarsi, come quello in carica e quelli che l’hanno preceduto, ai diktat di una casta di tecnocrati sorretta da un’élite supermassonica neo-aristocratica, garante di inconfessabili interessi privatistici.Nonostante le apparenze, l’Italia è una trincea decisiva per cambiare volto all’Europa in senso democratico. Parola di Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni”, che denuncia il ruolo dell’aristocrazia massonica reazionaria nella progettazione tecnocratica dell’Ue, nata per svuotare le democrazie e impoverire deliberatamente le classi medie, sabotando le economie nazionali. Urgono soluzioni per uscire dalla palude del dopo-voto, col rischio teorico di tornare alle urne magari a luglio e con la stessa legge elettorale? Peccato che, anziché statisti, «continuano a vedersi sempre più nani e ballerine», dice Magaldi a David Gramiccioli, ai microfoni di “Colors Radio”. «Qui, di personaggi che possano rappresentare degnamente il popolo sovrano ce ne sono davvero pochi – o magari non ce n’è nessuno, almeno in evidenza». O meglio: «Non vedo nessun gigante, né tra il ceto politico né tra i cosiddetti tecnici». Del resto, «se ci fossero personaggi di grande caratura istituzionale», li avremmo già visti all’opera: «In questi anni avrebbero avuto il coraggio di dire “no” a un po’ di cose. Mentre l’Italia sprofondava, avrebbero indicato una rotta diversa. E invece nessuno lo ha fatto».