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Cade ogni politico, se non serve più al potere che ci domina
un po’ di vertigine, il saggio “Psyops” di Solange Manfredi, che illumina settant’anni di “guerra psicologica”, condotta in Italia. Indovinato: siamo il paese-cavia per eccellenza, dove sono state testate le peggiori tecniche di manipolazione, anche le più sanguinose (Gladio). Nessun’altra nazione, in Europa – ricorda l’autrice, in un’intervista alla trasmissione web-radio “Forme d’Onda” – ha subito altrettante atrocità, a causa del terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, che ha utilizzato servizi segreti e pedine dell’estremismo per mettere in piedi gli agguati degli anni di piombo e le stragi impunite nelle piazze. Pensiamo a una sigla come la Falange Armata: ha firmato 500 rivendicazioni, tra il ‘92 il ‘94, quando Tangentopoli abbatteva la Prima Repubblica e le bombe affidate alla manolavanza mafiosa condizionavano il sanguinoso esordio della Seconda, nata per sacrificare l’Italia del benessere e portarla a soccombere di fronte all’oligarchia finanziaria di Maastricht e del Trattato di Lisbona. L’Isis? E’ l’ultimo capolavoro della strategia della tensione a livello internazionale, riprodotta fedelmente secondo il modello sperimentato in Italia. C’è il referendum per la secessione della Scozia dal Regno Unito? Benissimo, e chi decapita, l’Isis, il giorno prima? Ovvio: uno scozzese. Negli Usa si vota per limitare ulteriormente le libertà del cittadino, con la scusa della sicurezza? E quindi è proprio un ostaggio americano, alla vigilia, a offrire la gola alla mannaia dello Stato Islamico.La regia è scandalosamente evidente, dice Solange Manfredi, così come il movente – per nulla connesso con Allah – dello stesso fondamentalismo religioso mediorientale, creato a tavolino per evitare che il Medio Oriente svoltasse verso il socialismo. Negli anni ‘50, ricorda l’autrice del saggio, i paesi arabi erano largamente laici. «Prima del golpe occidentale che portò al potere Saddam, l’Iraq aveva un ministro donna e si preparava a dare l’indipendenza ai curdi». Così, il governo di Baghdad è stato “suicidato”. Tutto ciò è orrendo? Certamente, ma dobbiamo sapere che è la regola. La storia non lo ammette? Lo si può capire: spesso è il sistema stesso a scriverla, imponendo la sua versione alla scuola. Storia, cioè guerre: nessuno dei conflitti che ricordiamo – dice Solange Manfredi – è stato innescato dai motivi ufficialmente noti. Dietro ogni guerra c’è una causa segreta, e il casus belli è sempre un’invenzione o comunque una manipolazione: da Pearl Harbor, dove il bombardamento giapponese era perfettamente atteso, al Golfo del Tonchino, in cui nessuna artiglieria vietnamita sparò mai contro la flotta Usa. Fino ovviamente all’11 Settembre, servito come alibi per invadere l’Iraq e l’Afghanistan, per poi terremotare tutto il Medio Oriente.Cronologia recente: primavere arabe, caduta di Mubarak in Egitto, morte di Gheddafi in Libia, guerra in Siria contro Assad, devastazione dello Yemen. Emergenze umanitarie e crisi dei migranti? Appunto. C’è sempre un’attenta regia che predispone gli scenari, pur scontando anche l’imprevedibilità relativa delle variabili. Certo, i colpi principali vanno spesso a segno: Mattei viene ucciso quando fa diventare l’Italia troppo ingombrante a livello geopolitico, e Moro è assassinato per gambizzare l’economia mista, pubblico-privata, che dovrà cedere il passo al neoliberismo. A sua volta, lo svedese Palme soccombe prima che possa diventare segretario generale dell’Onu, impedendo – fra le altre cose – la nascita dell’Ue nella sua attuale configurazione antidemocratica e antipopolare. Ma se gli eroi restano mosche bianche (Moro fu minacciato da Kissinger in modo brutalmente mafioso), la regola è invece un’altra: il politico di turno – Renzi, Formigoni – viene fatto uscire di scena quando non serve più, al potere che ne aveva assistito l’ascesa.Un meccanismo del quale il soggetto (premier, capo-partito, ministro) non è neppure pienamente consapevole, il più delle volte, salvo che per un aspetto: appena raggiunge la vetta, dice Fausto Carotenuto a “Border Nights”, la sua vita di trasforma in un inferno. Motivo: «Il suo primo pensiero, la mattina, diventa questo: chi ce l’ha con me? Chi vorrebbe farmi fuori?». Di manipolazione, Carotenuto se ne intende: per anni ha orientato il lavoro dei servizi segreti Nato. Oggi è approdato a una scelta drastica: la rinuncia sostanziale alla politica, giudicata impraticabile perché interamente manipolata. Un grande inganno, un gioco di specchi in cui nessuno è davvero quel che dice di essere. Dal canto suo, analizzando a fondo la storia italiana contemporanea sulla base di migliaia di documenti desecretati, a cominciare da quelli che comprovano l’arruolamento della mafia e di molti uomini-chiave del nazifascismo, da parte degli Usa, per controllare l’Italia post-bellica in senso anti-Urss, Solange Manfredi insiste su un punto: non è detto che i politici su cui il potere investe siano per forza mediocri, ma è essenziale che abbiano almeno un punto debole (da usare al momento oppurtuno, per liquidarli).In altre parole: un cavaliere senza macchia non diventerà neppure assessore. E se qualcuno sfugge al controllo – come Sankara – durerà al massimo una manciata di mesi, prima di venir tolto di mezzo. Il connotato etico dell’analisi si basa sulla distanza tra la verità ufficiale e quella sottostante, tra la democrazia ideale e sostanziale (espressa “in purezza”) e la post-democrazia attuale, completamente svuotata, ormai dominata in modo sempre più evidente dall’invadenza di gruppi di potere privatistici, economici e finanziari. Peraltro, sottolinea Gioele Magaldi nel suo saggio “Massoni” uscito a fine 2014, non è certo piovuta dal cielo neppure la sacrosanta democrazia cui fa giustamente riferimento Solange Manfredi: la prassi dell’uguaglianza – pari opportunità, diritto di voto, Stato laico, legge sovrana emanata dal Parlamento eletto dai cittadini – è il frutto storico dell’impegno settecentesco della massoneria, che ha “fabbricato” la Rivoluzione Francese e poi creato gli Usa. Viviamo dunque in una specie di colossale laboratorio zootecnico, come sostiene Marco Della Luna? Siamo prigioneri di uno smisurato allevamento planetario, popolato da masse interamente manipolate?Probabilmente è così da sempre, suggerisce Paolo Rumor nel saggio “L’altra Europa” basato sulle rivelazioni dell’esoterista francese Maurice Schumann, tra i fondatori dell’europeismo novecentesco già durante la Seconda Guerra Mondiale. La tesi: un organismo-fantasma, denominato “la Struttura”, reggerebbe le sorti del pianeta in modo ininterrotto, da qualcosa come 12.000 anni. Le 36 Ur-Lodges supermassoniche presentate da Magaldi potrebbero esserne l’estrema propaggine contemporanea? Dilaga il cosiddetto complottismo, anche perché il potere – sempre reticente – si è fatto aggressivo e sfacciato, nella sua alluvione quotidiana di “fake news”, cioè menzogne ufficiali truccate da notizie. Per un osservatore coraggioso e indipendente come Massimo Mazzucco, non manca il risvolto positivo: è vero che l’intrasfruttura web è comuque sempre controllata dai soliti poteri fortissimi, ma milioni di persone – proprio sulla Rete – oggi possono condividere informazioni preziose, non ortodosse, non convalidate dall’ufficialità. Informazioni di cui fino a ieri sarebbe stato impensabile disporre, e che tuttora – non a caso – sono irrintracciabili sui media mainstream, giornali e televisioni.Sta letteralmente esplodendo anche il fenomeno della nuova archeologia, che probabilmente costringerà gli storici a rivedere le narrazioni correnti sulla stessa origine dell’umanità sulla Terra. Narrazioni secolari cadono in pezzi: le ultime scoperte inducono a retrodatare (di parecchi millenni) monumenti fortemente simbolici come le piramidi, mentre affiorano un po’ ovunque i reperti che spingono gli studiosi della paleo-astronautica a ritenere che i nostri antenati siano venuti in contatto, nella notte dei tempi, con esseri sbarcati dallo spazio (probabilmente, i nostri “fabbricatori genetici”). Di qualcosa del genere parla il biblista Mauro Biglino, per anni traduttore dell’Antico Testamento per conto delle Edizioni San Paolo: il suo Yahvè – alla lettera – non ha nulla di “divino”. Non è eterno, né onnisciente, né onnipotente. E il suo rapporto col cielo è mediato dal Kavod, un velivolo rombante e pericoloso. Sono ancora gli Elohim come Yahvè a dominarci, attraverso i loro fiduciari terrestri? «Se un giorno si scoprisse che è così non me ne stupirei», dice Biglino, che però aggiunge: «Immagino che l’attuale esplosione demografica non fosse prevista: siamo oltre 7 miliardi, cioè tantissimi. Troppi, per qualsiasi potere dominante». Come dire: la partita è aperta, forse ce la possiamo giocare. Davvero?Il fatalismo complottistico è ben rappresentanto da celebrità come Davide Icke: i suoi invincibili Rettiliani finiscono per ricordare un po’ gli alieni molesti evocati da Corrado Malanga attraverso le sue ricerche, interamente fondate sull’ipnosi regressiva: ipotetici nemici troppo superiori per poter essere contrastati? La convinzione dell’esistenza di uno strapotere insormontabile (almeno, per via ordinaria) induce lo stesso Carotenuto a consigliare di lasciar perdere la politica: è tempo perso, dice. Meglio dedicarsi amorevolmente al prossimo: non è solo etico, ma anche funzionale. Ed è l’atteggiamento che il sistema di dominio più teme, perché è virtualmente contagioso. I politici? Ometti, per lo più. Scelti, dice Solange Manfredi, in base alle loro debolezze. Non sempre, certo: non tutti. Ma la lezione è utile per chi oggi assiste con delusione al declino del governo gialloverde, che ha ceduto su tutta la linea per sottomettersi ai poteri che usano Bruxelles per dominare i paesi come l’Italia. Guai, però, a sottovalutare il popolo: è vero che è sempre condizionato da precise élite, ammette Magaldi; ma da sole – aggiunge – quelle élite non le potrebbero fare, le rivoluzioni. Quella di cui si sente il bisogno oggi ha un nome preciso, si chiama democrazia. Rappresenta un’eresia della storia, un prodotto recentissimo. Di fabbricazione massonica? Certo. Ma alzi la mano chi vorrebbe tornare al potere del dittatore, all’arbitrio del monarca o del Papa-Re. Forse, come dice Mazzucco, la buona notizia è che oggi, nonostante tutto, se ne può parlare: in fondo gli orizzonti sono aperti, come non era mai successo.Sembra il nostro paladino, finalmente: l’amico del popolo. E invece è il loro uomo, l’ennesimo. Scelto per durare il necessario, capace di cavalcare l’onda grazie alle sue qualità, al suo appeal mediatico. Ma il “casting” iniziale ha individuato anche il punto debole, già in partenza. Esempio: corruzione, sete di potere e denaro. Oppure ambizione smodata, passione per le donne, o magari abuso di droghe e altre debolezze private. Saranno i tasti da pigiare al momento opportuno, quando l’ometto non servirà più e andrà bruciato. Di colpo, il suo dossier – compilato fin dall’inizio e pronto da anni – finirà ai magistrati (e alla stampa). Risultato: morte civile. Succede sempre, di continuo, secondo uno schema cinico e quasi noioso, nella sua monotonia. Formigoni e Renzi? Sembrano solo gli ultimi nomi della lista. Poi ci sono altri personaggi, di ben maggior peso. Magari finiscono in esilio ad Hammamet, o peggio: assassinati come Moro, fatti esplodere in aria come Mattei. Via loro, avanti un altro. Il gioco continua, perché serve a non cambiare mai le regole. E i padroni di quelle regole non siamo noi, salvo rarissime eccezioni, destinate a durare poco – come Olof Palme, premier svedese freddato da un killer nell’86, o Thomas Sankara, rivoluzionario leader del Burkina Faso massacrato nell’87 dopo soli quattro anni di governo, in cui aveva creduto di poter mettere fine, per davvero, alla schiavitù finanziaria dell’Africa.
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Magaldi: niente è come sembra, e in troppi stanno barando
Viviamo strani giorni, cantava Battiato. Prendi l’Italia: in soli cinque anni ha voltato le spalle al conducator Renzi, trionfatore alle europee con il 40%, per dare una chance all’alieno governo gialloverde. Ma non doveva regnare in eterno, il Fanfarone di Rignano? Com’è possibile che si sia letteralmente estinto, consegnando il paese (provvisoriamente) agli apprendisti stregoni grillini e ai vetero-leghisti già forcaioli, abilmente riciclati da Salvini? Esecutivo bifronte, in tutti i sensi: diviso ormai sul 90% del programma, e incagliato su troppi nodi difficili da sbrogliare. Tanto peggio per i 5 Stelle, i più esposti al vento contrario: facile alzare la voce coi migranti, grazie a una politica low-cost, tutta immagine e quasi senza stanziamenti. Più complicato esaudire il sogno costoso del reddito di cittadinanza sbandierato da Di Maio. Tutti colpevoli, in ogni caso. Il loro peccato? Uno: non aver osato assolvere al compito ricevuto dagli elettori, e cioè riscattare l’Italia liberandola dalla tagliola di un’Ue finita in mano a un potentissimo clan di oligopolisti prezzolati. Lo afferma Gioele Magaldi, il primo a cantare fuori dal coro neo-sovranista di fronte al cedimento del governo Conte sul deficit 2019. Il presidente del Movimento Roosevelt è stato anche il primo (oltre che l’unico) a smascherare il teatrino dell’austerity: dietro il rigore – ha spiegato nel saggio “Massoni” – c’è assenzialmente un club di supermassoni reazionari. Ecco perché, anziché sparare a casaccio contro “l’Europa”, sarebbe più utile fare nomi e cognomi.Lo stesso dicasi per l’altro tasto dolente, assai caro a tanta parte del popolo del web: l’odiato imperialismo yankee, il Deep State che trasforma la superpotenza egemone in uno strumento di violenza e guerra, sfruttamento e oppressione (tema in auge praticamente sempre, ora rinverdito dalle vistose pressioni Usa sul Venezuela di Maduro). A costo di ripetersi, Magaldi insiste: sono stato proprio io – dice, in web streaming su YouTube – a spiegare, più precisamente di altri, quale America ha fatto del male agli americani e al resto del mondo. Brutto spettacolo: le trame golpiste della superloggia “Three Eyes”, il neoliberismo a mano armata, i neocon. Ma erano americani anche i Roosevelt e i Kennedy, così come Martin Luther King. E se tutte le potenze mondiali hanno sempre e solo perseguito la logica mercantile del dominio, almeno – dice Magaldi, convinto atlantista – gli Stati Uniti restano la prima democrazia del mondo e la prima repubblica a essersi dotata di un governo parlamentare elettivo, sulla scorta di una Costituzione che proclamò l’estrema eresia del “diritto alla felicità”, per tutti, in un mondo allora retto soltanto da imperi e monarchie, senza diritti e senza suffragio universale. Questo ovviamente non assolve l’America dai suoi peccati, ma almeno – sottolinea Magaldi – dovrebbe imporre il sano esercizio dei distinguo: buoni e cattivi non sono mai la stessa cosa, anche se coabitano sotto la stessa bandiera.Viviamo strani giorni, inutile negarlo: i 5 Stelle sprofondano alle regionali in Abruzzo facendo impallidire il 40% incassato un anno fa dagli abruzzesi alle politiche, ma lo stesso Salvini – pensando a Renzi – farebbe meglio a non dormire sugli allori. E se il voto è diventato così volatile, ragiona Magaldi, è perché gli italiani sono veramente stufi di essere presi in giro: l’allora padrone del Pd aveva solo finto di sfidare Bruxelles, e i gialloverdi sembrano scivolare lungo la stessa china. Non avendo osato tener duro sul deficit per alimentare la crescita, saranno costretti – vista l’inevitabile flessione del Pil – a procedere con sanguinosi tagli lineari. Strani giorni, appunto: mentre diventano sempre più evanescenti le categorie del Novecento, destra e sinistra, visti soprattutto gli imbarazzanti portavoce del centrodestra e del centrosinistra, stenta ancora ad affermarsi una visione del presente più realistica, capace cioè di fotografare il vero scontro: da una parte l’apolide oligarchia del denaro, dall’altra i difensori della sovranità democratica (che non è né di destra né di sinistra, ma è stata confiscata dai poteri privatizzatori col servile contributo di entrambi gli schieramenti, che per tutta la Seconda Repubblica hanno solo e sempre fatto finta di combattersi, per poi eseguire i dettami neoliberali della medesima élite transnazionale).Strani giorni, questi, in cui Di Maio – in preda al panico pre-elettorale da sondaggi – organizza fuori tempo massimo uno sgangherato gemellaggio con frange dei Gilet Gialli, ottenendo uno scontro diplomatico con la Francia, in rivolta contro il supermassone Macron. Più che azzoppato, il ducetto dell’Eliseo: praticamente impresentabile, eppure capace di siglare il tragicomico Trattato di Aquisgrana con Angela Merkel, con la quale poi Giuseppe Conte si intrattiene amabilmente al bar, sparlando dei suoi “azionisti” politici, i 5 Stelle. Tanto teatro, e pochissima sostanza commestibile. Non è sul tavolo – su nessun tavolo – il cambio di paradigma, keynesiano, per il quale Gioele Magaldi si batte. In queste sabbie mobili, il Movimento Roosevelt annuncia inziative di sapore strategico nei prossimi mesi. A Londra il primo appuntamento, il 30 marzo: un’agenda da aggiornare con Nino Galloni, Guido Grossi, Ilaria Bifarini, Antonio Maria Rinaldi e altri cervelli dell’economia democratica, per chiarire che – obbedendo a questa Ue – non si va da nessuna parte.Poi in Sicilia è in arrivo un forum sui migranti, per ribadire che il Mediterraneo e l’Africa si possono (e si devono) abbracciare, con una visione strategica di partnership, nel segno del rispetto per la sovranità del terzo mondo. Una battaglia costata la vita a Thomas Sankara, cui il Movimento Roosevelt dedicherà un convegno a Milano, il 3 maggio. L’evento milanese vuol recuperare la memoria di Sankara ma anche di Carlo Rosselli, alfiere italiano del socialismo liberale «assassinato dai fascisti ma detestato anche dai comunisti». Due icone, per il fronte progressista universale che si richiama ai diritti dell’uomo, esattamente come lo svedese Olof Palme, altro massone progressista, ucciso a Stoccolma dai sicari dell’oligarchia euro-atlantica che progettava questa globalizzazione e questa Unione Europea. Globalizzazione che poi ha realizzato, sottolinea Magaldi, con il pieno contributo di supermassoni neo-aristocratici mediorientali, asiatici, cinesi e russi.Ecco perché è così difficile, oggi, “nazionalizzare” una geopolitica ormai interamente “privatizzata” da opachi comitati d’affari, che – all’occorrenza – si dedicano anche al terrorismo, alle “rivoluzioni colorate”, ai maxi-attentati come quello dell’11 Settembre per poi incassare i dividendi della “guerra infinita” (Iraq e Afghanistan, Libia e Siria), fino all’estrema propaggine dell’orrore, incarnata dall’Isis del supermassone Al-Baghdadi. Ci stanno sanguinosamente prendendo in giro? Esatto, ribadisce Magaldi. E la via d’uscita, insiste, è una sola: si chiama democrazia. Un’Ue non-democratica non può continuare a tiranneggiare il governo italiano, che sarà pieno di difetti ma è stato votato dai cittadini. E se Lega e 5 Stelle fingono di dormire, Magaldi scommette sul cantiere del “Partito che serve all’Italia”: un modo per dire che, prima o poi, il velo dovrà cadere. Obiettivo: smascherare il vero avversario e consentire allo Stato di tornare a spendere per i cittadini, mettendo fine allo scandalo silenzioso dell’avanzo primario, con gli italiani che – da troppi anni – versano allo Stato più denaro, sotto forma di tasse, di quanto il governo non ne spenda per loro.Viviamo strani giorni, cantava Battiato. Prendi l’Italia: in soli cinque anni ha voltato le spalle al conducator Renzi, trionfatore alle europee con il 40%, per dare una chance all’alieno governo gialloverde. Ma non doveva regnare in eterno, il Fanfarone di Rignano? Com’è possibile che si sia letteralmente estinto, consegnando il paese (provvisoriamente) agli apprendisti stregoni grillini e ai vetero-leghisti già forcaioli, abilmente riciclati da Salvini? Esecutivo bifronte, in tutti i sensi: diviso ormai sul 90% del programma, e incagliato su troppi nodi difficili da sbrogliare. Tanto peggio per i 5 Stelle, i più esposti al vento contrario: facile alzare la voce coi migranti, grazie a una politica low-cost, tutta immagine e quasi senza stanziamenti. Più complicato esaudire il sogno costoso del reddito di cittadinanza sbandierato da Di Maio. Tutti colpevoli, in ogni caso. Il loro peccato? Uno: non aver osato assolvere al compito ricevuto dagli elettori, e cioè riscattare l’Italia liberandola dalla tagliola di un’Ue finita in mano a un potentissimo clan di oligopolisti prezzolati. Lo afferma Gioele Magaldi, il primo a cantare fuori dal coro neo-sovranista di fronte al cedimento del governo Conte sul deficit 2019. Il presidente del Movimento Roosevelt è stato anche il primo (oltre che l’unico) a smascherare il teatrino dell’austerity: dietro il rigore – ha spiegato nel saggio “Massoni” – c’è essenzialmente un club di supermassoni reazionari. Ecco perché, anziché sparare a casaccio contro “l’Europa”, sarebbe più utile fare nomi e cognomi.
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Magaldi: 5 Stelle, bugie sul Venezuela e fallimenti in Italia
Mascalzoni: o siete ignoranti, all’oscuro dei fatti, o siete addirittura in malafede. E non si sa cosa sia peggio, visto che sedete addirittura al governo. Pazienza, se si trattasse dei soliti “leoni da tastiera”, che sui social diffondono falsità e distribuiscono insulti in modo sleale, protetti dall’anonimato, convinti di restare impuniti in eterno. Ma se si rivestono cariche istituzionali, non si può scadere fino a questo punto. Specie se, come in Venezuela, è in gioco la sicurezza di quasi 30 milioni di persone, ormai alle prese con un’emergenza umanitaria. Sono tantissimi i venezuelani di origine italiana, ieri vicini al governo socialista di Hugo Chavez e ora spaventati e mortificati: dall’invereconda autocrazia dell’indegno Nicolas Maduro, e dal silenzio ufficiale dell’Italia, il cui governo non prende posizione in modo netto sulla crisi in corso. E’ esasperato, Gioele Magaldi, di fronte all’opaca neutralità dei 5 Stelle: non riconoscendo Juan Guaidò come “presidente ad interim”, i pentastellati finiscono per supportare Maduro, cioè il politico fallimentare di cui la stragrande maggioranza dei venezuelani vorrebbe liberarsi. «Avevo dato del cialtrone ad Alessandro Di Battista – tuona Magaldi, in web-streaming su YouTube – ma ora allo stesso giudizio associo anche il vicepremier Luigi Di Maio, allineatosi a Di Battista, esattamente come il presidente della Camera, Roberto Fico».L’accusa: è semplicemente folle dare del “golpista” a Guaidò, solo perché è sostenuto dagli Usa. «L’autoproclamato presidente non ha fatto nulla che non fosse previsto dalla Costituzione del Venezuela: e il governo italiano non può fingere di non saperlo, come invece fanno i 5 Stelle». Scandisce i termini della questione, il presidente del Movimento Roosevelt: per chi non l’avesse ancora capito, ribadisce, Guaidò non è un “signor nessuno” messo lì dalla perfida America per rovesciare un governo legittimo. E’ il presidente del Parlamento. E la Costituzione del suo paese – in circostanze straordinarie, come queste – gli conferisce il potere, legale, di disconoscere il presidente in carica, sostituendolo in via strettamente provvisoria. Con un unico obiettivo: indire elezioni. Dove starebbe il golpismo? Per colpo di Stato si intende: presa del potere con metodi violenti, mediante l’uso della forza. Guaidò vuole forse cacciare Maduro per insediarsi stabilmente alla presidenza? No: si limita a compiere un passaggio costituzionale necessario, per imporre a Maduro il ripristino della legalità democratica. Vuole che i venezuenali possano tornare a votare. L’ultima volta che l’hanno fatto, lo scorso anno, il partito di Maduro ha praticamente vinto da solo: l’opposizione incarnata da Guaidò non si era neppure candidata, non ravvisando l’agibilità democratica della consultazione. Come si può parlare, seriamente, di golpe?Certo, il Venezuela è ricchissimo di petrolio: ha la prima riserva petrolifera del mondo, e ora è boicottato dagli Stati Uniti. Come ricorda Eugenio Benetazzo, c’è proprio il petrolio nel destino di Caracas, nel bene e nel male: usando i proventi del greggio, Hugo Chavez riuscì a condurre uno spettacolare programma di welfare, di stampo socialista. Maduro avrebbe voluto imitarlo, ma il crollo del prezzo del barile gliel’ha impedito. E quando il paese è scivolato nella crisi, l’erede di Chavez – a differenza del suo precedessore – non ha esitato a ricorrere alla repressione, di fronte alle proteste popolari. Maduro ha forzato ripetutamente la Costituzione, cosa che invece Chavez s’era ben guardato dal fare: aveva proposto una modifica costituzionale in senso presidenziale, ma aveva accettato (democraticamente) il verdetto contrario dei venezuelani. «Maduro – sintetizza Magaldi – ha letteralmente rovinato il gran lavoro svolto da Chavez». Non ci credete? E allora, suggerisce il presidente del Movimento Roosevelt, magari leggetevi su “L’Intellettuale Dissidente” le illuminanti analisi di un osservatore privilegiato come Giuseppe Angiuli, grande estimatore di Chavez e oggi rassegnato a descrivere “la triste parabola del socialismo bolivariano”, con ormai quasi 3 milioni di venezuali in fuga – per fame – nei paesi vicini.Lo fa notare lo stesso Benetazzo: è vero, il regime di Maduro si è trovato ad affrontare difficoltà serissime ed è stato progressivamente “accerchiato”. Ma la sua evidente incapacità è ormai diventata un problema insormontabile: al di là dell’avversione ideologica per il governo di Caracas, paesi come Brasile, Argentina ed Ecuador percepiscono Maduro come un ostacolo da rimuovere, non essendo in grado di impedire che il Venezuela si trasformi in una bomba sociale, nel teatro regionale di una catastrofe umanitaria. Alle Sette Sorelle – fa notare Gianni Minà – fa gola il petrolio venezuelano: il loro grande obiettivo è appropriarsi della Pdvsa, la compagnia petrolifera nazionale, tuttora statale. Tutto sembra congiurare contro Maduro: l’Ue lo ha scaricato, e la Banca d’Inghilterra rifiuta di restituire al Venezuela l’ingente riserva aurea di cui il paese virtualmente dispone, nei forzieri di Londra. Ma in tutto questo – insorge Magaldi – come si fa a non vedere da che parte sta, Juan Guaidò? Non agisce a nome delle perfide multinazionali, bensì del popolo venezuelano mortificato e affamato dalla crisi che Maduro non ha saputo affrontare, preferendo silenziare l’opposizione e reprimere ferocemente le proteste, anche calpestando la Costituzione che Hugo Chavez aveva sempre rispettato.Magaldi considera Guaidò un patriota, un vero sindacalista civile del suo paese. Un uomo coraggioso, pronto a rischiare la pelle in nome della democrazia. Il suo partito, “Voluntad Popular”, non è affatto neoliberista: è di ispirazione dichiaratamente liberaldemocratica. Magadi è trasparente: lui stesso, precisa, milita nello stesso network massonico internazionale di Guaidò, quello che si dichiara progressista e si oppone al dominio neo-oligarchico che ha confiscato la democrazia in tutto il pianeta. Come dire: di Guaidò potete fidarvi. In Venezuela, antichi supporter di Chavez masticano amaro, di fronte a quello che interpretano come un tradimento, e vedono in Guaidò un leale traghettatore. Ipotesi: un nuovo Venezuela, non più affamato né “normalizzato”, non ridotto a colonia neoliberale. Un paese senza più il carisma del chavismo, certo, ma senza neppure «gli eccessi statalistici che, in altri tempi, in Cile, prepararono le condizioni del golpe Usa che costò la vita ad Allende, altro massone progressista». Ma, a parte l’orientamento politico di Guaidò, «socialdemocratico, non certo reazionario», l’oppositore di Maduro – insiste Magaldi – riveste oggi un profilo istituzionale perfettamente legale, che solo un cieco potrebbe non vedere. Per questo, aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt, la vacuità bugiarda e cialtrona dei 5 Stelle, di fronte alla tragedia venezuelana, è pari alla fellonia parolaia del “governo del cambiamento”, che in Italia non sta cambiando proprio niente.Sparare proclami a vanvera su uno scenario lontano come il Venezuela, fa notare Magaldi, serve anche a distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica sulle miserie domestiche dell’infimo governo gialloverde. Nelle parole dei leader pentastellati risuonano echi terzomondisti e vetero-antiamericanisti? Male, dice Magaldi (atlantista dichiarato), perché è facile giocare con gli slogan, come fanno gli anonimi “eroi” del web complottista. L’imperialismo yankee è brutto? «Tutte le potenze del mondo, da sempre, attuano politiche di quel tipo». L’egemonia Usa è stata determinante per l’Italia? Eccome: «Ma chi demonizza gli Stati Uniti dimentica cos’era, l’Italia feroce di Mussolini con le sue leggi razziali. Dimentica che, senza il Piano Marshall, il paese – in macerie – non sarebbe mai diventato quello del boom economico. I detrattori degli Usa avrebbero preferito l’egemonia dell’Urss? Volevano che l’Italia diventasse come l’Albania? La Cecoslovacchia? L’Unghieria?». Ovvio, non c’è rosa senza spine: e l’Italia ne ha assaggiate parecchie. Bombe nelle piazze, stragismo, strategia della tensione, tentativi di golpe. Tutta roba americana, anche quella. Chi lo dice? Sempre Magaldi, nel saggio “Massoni”.Col piglio dello storico e del politologo, l’autore ha svelato retroscena mai prima chiariti: erano massoni statunitensi i burattinai della Loggia P2 di Licio Gelli, con la sua rete di servizi deviati e terroristi pilotati. Ma erano massoni statunitensi – di segno opposto, progressista – gli uomini come Arthur Schlesinger Jr., capaci di manovrare dietro le quinte per sventare tutti e tre i tentativi di colpo di Stato organizzati dai signori della “Three Eyes” capitanata da Kissinger, l’ispiratore del golpe in Cile, dall’onnipresente David Rockefeller (grande padrino della Trilaterale) e dal raffinato stratega Zbigniew Brzezinski, l’uomo che arruolò Osama Bin Laden in Afghanistan. Poi però, annota Magaldi, lo stesso Brzezinski ci riomase male, quando Bin Laden lasciò la “Three Eyes” per approdare alla “Hathor Pentalpha” dei Bush, cupola eversiva e terroristica, capace di progettare (con l’11 Settembre) la strategia della tensione internazionale che stiamo ancora scontando, per imporre – a mano armata – la peggior forma di globalizzazione. Uno schema a cui il pavido Obama non ha osato opporsi, e che oggi vede come il fumo negli occhi l’outsider assoluto che siede alla Casa Bianca, Donald Trump, l’uomo che oggi vorrebbe liberarsi di Maduro. Come dire: niente è come sembra, l’apparenza inganna. Più che gli Stati, la geopolitica la dettano gruppi ristretti, in lotta fra loro. Ma appena sale la tensione, ricompaiono le bandiere: e il derby lo vince l’emotività. Peccato veniale, prendere lucciole per lanterne, a patto che non si sieda al governo di un paese come l’Italia.Magaldi è stato un franco sostenitore del governo Conte, come unico possibile esecutivo “eretico” rispetto al dogma finto-europeista. Aveva scommesso sulla freschezza dei 5 Stelle e sulla conversione nazionale di Salvini, a capo di una Lega non più nordista. Sperava che l’esecutivo avesse il coraggio di resistere alle pressioni internazionali, esercitate prima ancora che il governo nascesse, con il “niet” su Paolo Savona all’economia. Ad ogni sconfitta, leghisti e grillini hanno alzato la voce: grandi proclami, per nascondere l’imbarazante verità. L’ipotesi di deficit al 2,4%? Troppo debole, per aiutare l’economia. Ma si sono dovuti rimangiare pure quella, piegandosi agli oligarchi di Bruxelles. Non hanno osato tener duro, i gialloverdi, neppure di fronte al clamoroso assist offerto in Francia, contro l’establishment eurocratico, dai Gilet Gialli. L’ultima cosa che oggi possono permettersi di fare, i 5 Stelle, è di dire stupidaggini su Juan Guaidò, insiste Magaldi: prima di parlare, si leggano la Costituzione del Venezuela. E smettano di essere ipocriti: «Il governo è pieno di massoni, anche se nel “contratto” (in modo discriminatorio, ledendo un diritto democratico) avevano scritto che non avrebbero dato spazio a esponenti della massoneria». Peggio: «Qualche settimana fa, esponenti della maggioranza erano venuti a chiedere la mia personale intercessione per essere aiutati, a livello europeo, dai circuiti massonici progressisti». E adesso vogliono farci la lenzioncina sul Venezuela?O siete ignoranti, all’oscuro dei fatti, o siete addirittura in malafede. E non si sa cosa sia peggio, visto che sedete addirittura al governo. Pazienza, se si trattasse dei soliti “leoni da tastiera”, che sui social diffondono falsità e distribuiscono insulti in modo sleale, protetti dall’anonimato, convinti di restare impuniti in eterno. Ma se si rivestono cariche istituzionali, non si può scadere fino a questo punto. Specie se, come in Venezuela, è in gioco la sicurezza di quasi 30 milioni di persone, ormai alle prese con un’emergenza umanitaria. Sono tantissimi i venezuelani di origine italiana, ieri vicini al governo socialista di Hugo Chavez e ora spaventati e mortificati: dall’invereconda autocrazia dell’indegno Nicolas Maduro, e dal silenzio ufficiale dell’Italia, il cui governo non prende posizione in modo netto sulla crisi in corso. E’ esasperato, Gioele Magaldi, di fronte all’opaca neutralità dei 5 Stelle: non riconoscendo Juan Guaidò come “presidente ad interim”, i pentastellati finiscono per supportare Maduro, cioè il politico fallimentare di cui la stragrande maggioranza dei venezuelani vorrebbe liberarsi. «Avevo dato del cialtrone ad Alessandro Di Battista – tuona Magaldi, in web-streaming su YouTube – ma ora allo stesso giudizio associo anche il vicepremier Luigi Di Maio, allineatosi a Di Battista, esattamente come il presidente della Camera, Roberto Fico».
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Magaldi a Di Battista: cialtrone, il vero golpista è Maduro
«Ma che cialtrone, Alessandro Di Battista: anziché andarsene a spasso con la famiglia in Centramerica, pagato dal “Fatto Quotidiano” e dalla Mondadori, avrebbe fatto a meglio a studiarla, la storia dell’America Latina». E’ durissimo, Gioele Magaldi, con il battitore libero del Movimento 5 Stelle, pronunciatosi in difesa del presidente venezuelano Nicolas Maduro, che ora deve vedersela con il leader dell’opposizione, Juan Guaidò, autoproclamatosi addirittura “presidente ad interim” il 23 gennaio, nel corso di una manifestazione antigovernativa. Crisi profondissima: da una parte l’Ue è schierata con gli Usa, che assediano accanitamente il Venezuela dai tempi del “ribelle” socialista Hugo Chavez, mentre con Maduro si posizionano Russia e Cina, cioè i paesi che hanno aiutato il governo del Venezuela a sopravvivere, acquistando il petrolio di cui il paese sudamericano è ricchissimo. In molti hanno gridato al golpe contro Maduro? Sbagliano, sostiene il presidente del Movimento Roosevelt: secondo Magaldi, il vero golpista è proprio Maduro, ancora al potere solo perché protetto dalla polizia e dall’esercito. Una commedia degli equivoci, dice Magaldi, che assicura che Guaidò, «massone progressista», è di fede liberal-socialista, mentre Maduro – massone anche lui – si è rivelato «un contro-iniziato, deciso a restare al potere con qualsiasi mezzo».Autore del saggio “Massoni”, che illumina i retroscena dell’élite mondiale, Magaldi interviene su YouTube, in web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”, per fornire il suo punto di vista: non è vero che Maduro rappresenti “il popolo” venezuelano e Guaidò la punta di lancia del golpe “americano” contro la repubblica “bolivariana” di Chavez. E’ vero anzi che Maduro «è la bruttissima copia di Chavez, che aveva molte luci accanto a qualche ombra». Quando tentò di cambiare la Costituzione, un referendum lo fermò. Maduro invece non ha esitato a ricorrere alla repressione più dura, mettendo in carcere anche magistrati che avevano osato contrastarlo. Ma l’aspetto peggiore, sottolinea Magaldi, è che l’autocrazia di Maduro non ha alcuna legittimità per un motivo semplicissimo: aveva escluso dalle elezioni “Voluntad Popular”, il partito di Guaidò. Maduro è succeduto a Chavez nel 2013, divenendo rapidamente impopolare: 43 i morti nel solo 2014 per la repressione delle proteste, innescate dalla grave crisi economica. A gennaio del 2016, l’opposizione aveva ottenuto la maggioranza in Parlamento: la Corte Suprema però ha annullato l’esito del voto. Nel 2017 sono quindi scattate le manifestazioni per chiedere le dimissioni di Maduro, con un nuovo bilancio di sangue: 125 morti in quattro mesi di proteste.Nel tentativo di arginare la crisi, Maduro ha deciso di creare una Assemblea Costituente, incaricata appunto di redigere una nuova Costituzione. Per l’opposizione, si tratta di una manovra per conservare il potere. Così, il partito di Guaidò ha boicottato le elezioni del luglio 2017 per la Costituente e poi anche quelle del maggio 2018, in cui Maduro è stato rieletto – senza avversari – per un secondo mandato presidenziale. Ora, nei panni di presidente del Parlamento, Guaidò si è addirittura autoproclamato presidente ad interim del Venezuela. E’ stato immediatamente riconosciuto dagli Usa e da diversi paesi latino-americani, mentre Maduro mantiene il sostegno di paesi sudamericani come il Messico, Cuba e la Bolivia. Guaidò ha anche tentato un’apertura verso i militari, incrollabili sostenitori di Maduro. La situazione è confusa e la crisi si annuncia tutt’altro che breve e indolore, ammette Magaldi, che però non transige su un punto: è da cialtroni negare l’evidenza, come fa Di Battista, e cioè non voler vedere che l’opposizione sta solo cercando, con ogni mezzo e a carissimo prezzo, di ripristinare la democrazia in Venezuela, brutalmente soppressa dal regime di Maduro.«Ma che cialtrone, Alessandro Di Battista: anziché andarsene a spasso con la famiglia in Centramerica, pagato dal “Fatto Quotidiano” e dalla Mondadori, avrebbe fatto a meglio a studiarla, la storia dell’America Latina». E’ durissimo, Gioele Magaldi, con il battitore libero del Movimento 5 Stelle, pronunciatosi in difesa del presidente venezuelano Nicolas Maduro, che ora deve vedersela con il leader dell’opposizione, Juan Guaidò, autoproclamatosi addirittura “presidente ad interim” il 23 gennaio, nel corso di una manifestazione antigovernativa. Crisi profondissima: da una parte l’Ue è schierata con gli Usa, che assediano accanitamente il Venezuela dai tempi del “ribelle” socialista Hugo Chavez, mentre con Maduro si posizionano Russia e Cina, cioè i paesi che hanno aiutato il governo del Venezuela a sopravvivere, acquistando il petrolio di cui il paese sudamericano è ricchissimo. In molti hanno gridato al golpe contro Maduro? Sbagliano, sostiene il presidente del Movimento Roosevelt: secondo Magaldi, il vero golpista è proprio Maduro, ancora al potere solo perché protetto dalla polizia e dall’esercito. Una commedia degli equivoci, dice Magaldi, che assicura che Guaidò, «massone progressista», è di fede liberal-socialista, mentre Maduro – massone anche lui – si è rivelato «un contro-iniziato, deciso a restare al potere con qualsiasi mezzo».
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La scuola sacrifica la storia? Sforna cittadini senza memoria
Uno degli effetti più dannosi e inavvertiti della riforma Gelmini, voluta e attuata con spietata determinazione dal secondo governo Berlusconi nel 2008, è il depotenziamento dell’insegnamento della storia in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Fino alla riforma Gelmini la storia, secondo il modello del pedagogista Jerome Bruner, veniva insegnata in modo circolare, riprendendola daccapo e in modo completo in ogni ciclo scolastico (elementari, medie, superiori). La ragione era semplice e sensata: man mano che il bambino cresce, aumenta la sua capacità di afferrare la complessità degli eventi umani e la ripetizione consente di approfondire progressivamente la conoscenza della disciplina, sedimentandola sempre meglio. Ora invece i bambini italiani incontrano gli eventi storici una sola volta nel loro percorso scolastico di otto anni fra elementari e medie. Se hanno fortuna, nel migliore dei casi hanno a 14 anni nozioni vaghe o elementari dei processi storici; se per sfortuna imbroccano nell’insegnante sbagliato, possono ignorare completamente interi pezzi del passato. Arrivano così spesso alle superiori con un enorme buco nero alle spalle. Pochi di loro sanno che cosa sia la Rivoluzione Francese, la formazione degli Stati assoluti, il Risorgimento o la Seconda Guerra Mondiale. Figuriamoci la storia antica e medioevale.In più, la riforma ha fatto ulteriori “regali” agli studenti delle superiori: ha tolto un’ora alla disciplina nel biennio, aggiungendole però anche la geografia nell’orario ridotto (si tratta di quell’ibrido sconcertante che si chiama “geostoria”); ha rimodulato la distribuzione del programma di storia in modo che, invece di cominciare dalla metà del Trecento, in terza si cominci da Carlo Magno (cinque secoli prima); ha creato classi di 27-30 alunni. Risultato: il Novecento resta per forza fuori dalle scuole italiane, se non trattato di corsa e solo fino ad una sintesi estrema della Seconda Guerra Mondiale; il numero eccessivo di alunni impedisce sia di verificare oralmente la loro conoscenza in modo adeguato sia di proporre qualunque approfondimento; l’insegnamento di questa fondamentale materia si è ridotto a poche nozioni, prive di ogni inquadramento critico o di ogni valenza educativa. Poche informazioni, da mandare a memoria con fastidio e senza comprenderle, dato anche il progressivo e inesorabile scadimento dei manuali scolastici e dato il buco nero di conoscenze alle spalle.Perciò non stupisce che gli studenti italiani non scelgano il tema di storia all’esame di Stato. Soltanto che il ministro, invece di toglierlo dalla prova conclusiva, sancendo così la definitiva marginalità della storia nel curriculum formativo degli studenti italiani, dovrebbe chiedersi perché il tema di storia ha così poco appeal. E se fosse saggio, correrebbe ai ripari. Un’intera generazione di studenti che non conosce la storia se non in modo superficiale, e che ignora tutte le vicende salienti del Novecento, è pronto per qualunque regime che si fondi sull’ignoranza della gente. Che lo abbiano fatto apposta, dopo quello che abbiamo letto nel libro “Massoni” di Gioele Magaldi, può apparire tutt’altro che un’idea stravagante. E’ un pezzo della strategia neoliberista di impoverire e depotenziare la scuola pubblica, fondamentale organo costituzionale, secondo la definizione del padre costituente Piero Calamandrei. Per questo, tornare ad un insegnamento vivo, approfondito, critico della storia è fondamentale. Si tratta di una delle principali proposte del Movimento Roosevelt per una scuola davvero democratica.(Patrizia Scanu, “Senza storia non c’è memoria, salviamo l’insegnamento della storia”, dal blog del Movimento Roosevelt del 20 gennaio 2019).Uno degli effetti più dannosi e inavvertiti della riforma Gelmini, voluta e attuata con spietata determinazione dal secondo governo Berlusconi nel 2008, è il depotenziamento dell’insegnamento della storia in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Fino alla riforma Gelmini la storia, secondo il modello del pedagogista Jerome Bruner, veniva insegnata in modo circolare, riprendendola daccapo e in modo completo in ogni ciclo scolastico (elementari, medie, superiori). La ragione era semplice e sensata: man mano che il bambino cresce, aumenta la sua capacità di afferrare la complessità degli eventi umani e la ripetizione consente di approfondire progressivamente la conoscenza della disciplina, sedimentandola sempre meglio. Ora invece i bambini italiani incontrano gli eventi storici una sola volta nel loro percorso scolastico di otto anni fra elementari e medie. Se hanno fortuna, nel migliore dei casi hanno a 14 anni nozioni vaghe o elementari dei processi storici; se per sfortuna imbroccano nell’insegnante sbagliato, possono ignorare completamente interi pezzi del passato. Arrivano così spesso alle superiori con un enorme buco nero alle spalle. Pochi di loro sanno che cosa sia la Rivoluzione Francese, la formazione degli Stati assoluti, il Risorgimento o la Seconda Guerra Mondiale. Figuriamoci la storia antica e medioevale.
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Magaldi: terrorismo sempre sfruttato da chi teme il popolo
Fateci caso: lo schema è sempre lo stesso. Non appena sorge una rivolta democratica contro leggi oppressive, la sua spinta viene puntualmente manipolata e fatta naufragare, con il ricorso alla violenza terroristica. Così i rivoluzionari democratici vengono emarginati. E la situazione, per chi pativa l’assenza di diritti, peggiora ulteriomente. E’ successo dopo la Grande Guerra: le speranze del socialismo sono state sabotate dai massimalisti, molti dei quali – come Mussolini – hanno poi dato vita al fascismo (con tanti saluti ai diritti dei lavoratori). Tragico replay negli anni Settanta, col movimento studentesco “spento” attraverso l’emergenza terroristica, la strategia della tensione che ha strumentalizzato per i propri fini l’estremismo più acceso. Mai dimenticare la genesi dell’involuzione post-democratica della società di oggi: può servire a inquadrare meglio anche la tormentata vicenda di Cesare Battisti, ora estradato in Italia dopo l’arresto in Bolivia, ma a lungo protetto dalla Francia grazie a un sostanziale equivoco: l’indulgenza che si riteneva meritasse chiunque, benché macchiatosi di crimini, avesse condotto una lotta politica anche violenta, nel nome dell’antifascismo. Come se il bene comune dovesse essere il comunismo, anziché la democrazia.Avete idea di dove saremmo, oggi, se ne gli anni Sessanta non fossero stati assassinati i maggiori leader democratici e progressisti del mondo, dai Kennedy a Martin Luther King? Una riflessione che Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del saggio “Massoni”, ripropone – nel giorno dell’estradizione di Battisti – al pubblico di “Border Nights”, nella diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti. Un’analisi puntuale, storiografica, dalla quale emerge che – a fronteggiare il terrorismo delle Brigate Rosse, insieme a quello neofascista delle stragi nelle piazze – furono i socialisti come Pertini, che da giovani erano stati emarginati dal Mussolini massimalista che dirigeva “L’Avanti”. Anche allora, tra le due guerre – ricorda Maglaldi – la società era agitata da attentati e violenze: servivano a mettere in minoranza i fautori del socialismo liberale e democratico. Dopo Yalta, i riformisti italiani erano riusciti a contribuire in modo decisivo al benessere delle classi popolari: basti pensare allo Statuto dei Lavoratori promosso dal socialista Gino Giugni. Erano gli anni Settanta, e i lavoratori italiani stavano assai meglio di oggi. Come è stata fermata, la lunga marcia dei diritti del lavoro? Con quel terrorismo “rosso”, nel quale militarono esponenti dell’estrema sinistra come Cesare Battisti.Nel suo libro, edito da Chiarelettere nel 2014, Magaldi evidenzia il ruolo nefasto delle superlogge massoniche reazionarie come la “Three Eyes”, cui si opposero i circuiti massonici progressisti, protagonisti della Rivoluzione dei Garofani in Portogallo e alla fine del regime dei colonnelli in Grecia. In Italia, secondo Magaldi, la stessa “Three Eyes” gestì la cabina di regia della strategia della tensione, utilizzando – come braccio operativo – la Loggia P2 di Licio Gelli. Risultato: manipolando l’estremismo, sfociato in terrorismo aperto, si spense l’onda lunga nata con il Sessantotto. Già nel ‘75 guardava lontano, la “Three Eyes” di Kissinger e Rockefeller, lanciando – attraverso la Trilaterale – il manifesto “La crisi della democrazia”, che avrebbe gettato le basi per l’esplosione del neoliberismo globalizzato. Un dramma che in Europa si è concretizzato nello strapotere tecnocratico dell’Ue, che vieta agli Stati di ricorrere al deficit per sostenere la società, famiglie e aziende, tramite investimenti pubblici. Proprio all’Europa, che secondo Magaldi può salvarsi solo grazie un New Deal del terzo millennio, è dedicato il convengno internazionale che il Movimento Roosevelt organizza a Londra, il 30 marzo, con prestigiosi economisti post-keynesiani. Tutto si tiene, comunque: e alla fine, si scopre che il terrorismo lavora sempre per i nemici della democrazia. Possono piovere pallottole o politiche di rigore, ma il risultato non cambia: a rimetterci è sempre il popolo.Fateci caso: lo schema è sempre lo stesso. Non appena sorge una rivolta democratica contro leggi oppressive, la sua spinta viene puntualmente manipolata e fatta naufragare, con il ricorso alla violenza terroristica. Così i rivoluzionari democratici vengono emarginati. E la situazione, per chi pativa l’assenza di diritti, peggiora ulteriomente. E’ successo dopo la Grande Guerra: le speranze del socialismo sono state sabotate dai massimalisti, molti dei quali – come Mussolini – hanno poi dato vita al fascismo (con tanti saluti ai diritti dei lavoratori). Tragico replay negli anni Settanta, col movimento studentesco “spento” attraverso l’emergenza terroristica, la strategia della tensione che ha strumentalizzato per i propri fini l’estremismo più acceso. Mai dimenticare la genesi dell’involuzione post-democratica della società di oggi: può servire a inquadrare meglio anche la tormentata vicenda di Cesare Battisti, ora estradato in Italia dopo l’arresto in Bolivia, ma a lungo protetto dalla Francia grazie a un sostanziale equivoco: l’indulgenza che si riteneva meritasse chiunque, benché macchiatosi di crimini, avesse condotto una lotta politica anche violenta, nel nome dell’antifascismo. Come se il bene comune dovesse essere il comunismo, anziché la democrazia.
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Magaldi: la sinistra ignorante che vorrebbe spegnere Rinaldi
Uso criminoso della televisione: manca solo la formula del famigerato “editto bulgaro” di berlusconiana memoria, all’invettiva di Steven Forti su “Rolling Stone” contro Antonio Maria Rinaldi, per chiedere l’allontanamento dell’economista dalle reti televisive italiane, evidentemente inquinate da un economista non-mainstream, non-neoliberista, estraneo all’autismo del pensiero unico. Tu chiamalo, se vuoi, giornalismo. Nel libro “M, il figlio del secolo”, Antonio Scurati ricorda che Benito Mussolini, direttore socialista de “L’Avanti” prima di diventare Duce, almeno una cosa l’aveva detta giusta: e cioè che «la gran parte dei giornalisti italiani sono dei pennivendoli con la schiena poco dritta». Lo sottolinea Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, in una video-chat su YouTube con Marco Moiso. Tema: l’ordinaria macelleria giornalistica che trasforma in carne di porco chiunque non canti nel coro – il sovranista Rinaldi e lo stesso Magaldi, definito (comicamente) «scrittore complottista, fissato col pericolo massonico». E per giunta «vittimista», per via della congiura del silenzio che ha oscurato il suo bestseller “Massoni”, pubblicato da Chiarelettere nel 2014 e tuttora in vetta classifiche Ibs. Figurarsi: come farebbero, gli attuali talkshow, a citare un saggio che rivela l’appartenenza supermassonica di personaggi come Monti, Draghi, D’Alema e Napolitano?Nonostante lo sgangherato assalto al promotore del blog “Scenari Economici”, liquidato come «narcisista e caciarone», economista senza prestigio accademico e piccolo opportunista a caccia di poltrone, Magaldi invita lo stesso Steven Forti, e gli analoghi missionari neoliberali asserragliati tra i ranghi dell’ex sinistra, a farsi avanti in modo aperto: perché non intervistare lo stesso Magaldi, per parlare finalmente del suo libro e magari anche del Movimento Roosevelt e del “partito che serve all’Italia”, progetto al quale Antonio Maria Rinaldi si è accostato in modo interlocutorio, «come battitore libero e autonomo pensatore», per prendere nota di quanto si va discutendo? Scoprirebbero, Steven Forti e i suoi sodali, che i problemi del mondo hanno sempre almeno due spiegazioni, in democrazia. Sono le famose due campane, che un tempo i giornalisti si peritavano di ascoltare, non foss’altro che per un elementare rispetto dei loro lettori. Intanto prendano nota, alla redazione di “Rolling Stone”: sono tutti invitati alla London Metropolitan University, il 30 marzo, dove parleranno un bel po’ di economisti post-keynesiani, impegnati a spiegare come mai questa Europa è sempre in crisi, perde i pezzi (Gran Bretagna) ed è diventata una Disunione Europea dove tutti si fanno le scarpe a vicenda. Vuoi vedere che la politica di austerity introdotta dall’Eurozona è una catastrofe, e in ultima analisi si è trasformata in una fabbrica di sovranismi, nazionalisti, populismi e Gilet Gialli?Il mainstream che si trincera dietro il politically correct non perdona a Rinaldi di tifare per i gialloverdi: fa scialo del più convenzionale corredo squadristico a base di insulti (razzismo, xenofobia, fascismo) per infangare Salvini, il nuovo mostro da sbattere in prima pagina, ma si guarda bene dall’interrogarsi sulle ragioni del fenomeno. Pensiero magico: la demonizzazione dell’Uomo Nero a questo serve, a evitare di chiedersi il perché delle cose. Un consiglio? Tornare a essere laici, smettendo i panni del fanatismo religioso. E magari, cessare di considerare l’avversario un nemico da abbattere. In altre parole, converrebbe ragionare. A proposito, aggiunge Magaldi: hanno una proposta, i coristi “di sinistra” come Steven Forti, su come uscire dalla crisi? Sono bravissimi a censurare le idee altrui, e a demolirle in modo unilaterale, senza mai dialogo, quando non riescono più a soffocarle (come nel caso di Rinaldi, spesso ospitato in televisione). Ma ce l’hanno, in tasca, un Piano-B? E se ce l’hanno, perché non ne parlano mai? Non sarebbe ora di cominciare a farlo? «Informo Steven Forti che diversi esponenti di quella che immagino sia la sua area di riferimento, cioè il Pd e LeU, fanno parte del Movimento Roosevelt». Non solo, aggiunge Magaldi: «Alcuni di loro, come Rinaldi, guardano con interesse anche alla prospettiva del “partito che serve all’Italia”, dato che – dalle loro parti – vedono che si va verso il disfacimento».“Rolling Stone” definisce «un gruppetto», la pattuglia di intellettuali, da Nino Galloni a Ilaria Bifarini, aggregati per ora nelle prime riunioni convocate per valutare la possibilità del nuovo soggetto politico, «il cui sviluppo, a partire dal nome, sarà a cura dei costituenti, dato il rispetto che abbiamo per il metodo democratico». Gruppetto? Sui numeri sarà il tempo a dire la sua, perché siamo solo ai preliminari, assicura Magaldi. Che però aggiunge: anche se alla fine non fossimo in tantissimi, «informo Steven forti che un “gruppetto” di massoni riuniti intorno alla Loggia delle Nove Sorelle, alla fine del ‘700, determinò tanto i preparativi per la Rivoluzione Americana, quindi per la Guerra d’Indipendenza, che quelli per la Rivoluzione Francese: talvolta i gruppetti, se ben coesi e agguerriti, fanno le rivoluzioni». Se Steven Forti non afferra il concetto, prosegue Magaldi, forse è perché «non ha grande dimestichezza con lo studio della storia», benché il suo curruculum accademico lo accrediti come esperto in storia contemporanea. Iniste Magadi: «Steven Forti mi sembra carente di letture», se in qualche modo associa la massoneria al cospirazionismo. L’autore di “Massoni”, libro che smonta moltissime tesi complottistiche, cita il filosofo Gian Mario Cazzaniga, che nel saggio “La religione dei moderni” «spiega come la religione dei moderni sia la politica, e spiega anche che la politica, nel senso moderno e contemporaneo, l’hanno creata i proprio massoni».Altre letture consigliate alla redazione di “Rolling Stone”: le opere di un grande sociologo come Jürgen Habermas, «che ha spiegato come lo stesso concetto di opinione pubblica sia nato da ambienti massonici». E cioè: si prenda atto, meglio tardi che mai, che «la massoneria è un soggetto storico importante». Se poi il giovane Steven Forti leggesse pure il saggio di Magaldi, scoprirebbe che negli ultimi decenni un’élite massonica internazionale, reazionaria e neoaristocratica, ha progettatto e gestito la globalizzazione neoliberista che ha privatizzato il pianeta, rottamando i caposaldi del welfare tanto cari alla sinistra, a loro volta “fabbricati” sempre da massoni, ancorché progressisti, come il massimo economista del Novecento, l’inglese John Maynard Keynes, e il connazionale William Beveridge, l’inventore del “welfare system”. Per inciso: il progressista Keynes era iscritto al partito liberale. I laburisti, invece – come i socialisti francesi, i socialdemocratici tedeschi e l’ex Pci italiano – sono stati i più zelanti esecutori, negli ultimi decenni, delle direttive antidemocratiche dell’élite globalista: è stata proprio la sedicente sinistra a obbedire alla peggiore destra economica. In Italia l’ha fatto prima con Prodi e Draghi, poi con il governo Monti: Fiscal Compact votato senza fiatare, così come la legge Fornero sulle pensioni e il pareggio di bilancio inserito proditoriamente nella Costituzione, con lo Stato terremotato dal ricatto dallo spread.Non la si vuole vedere, la realtà? E allora all’intellighenzia dell’ex sinistra non resta che godersi Salvini, dandogli ogni giorno del fascista. Almeno, puntualizza Magaldi, si eviti di scadere nella disinformazione più scorretta, rinfacciando come una colpa – a un uomo come Antonio Maria Rinaldi – la libertà intellettuale di cui gode: avrà diritto o no, di dirsi scontento della manovra economica del governo gialloverde? Proprio non glielo si vuole riconoscere, il diritto di aspettarsi di più dall’esecutivo Conte? Scherno, disprezzo e criminalizzazione di chi non la pensa come te, riassume Magaldi, non fanno parte dell’abc dell’informazione, che può essere anche fortemente critica, ma mai scorretta. I media mainstream sembrano lo specchio della politica italiana, basata su scontri quotidiani dal sapore tribale. Puoi anche farlo cadere, un avversario, ma poi sapresti come agire, al suo posto? Qualcuno ricorda un’idea – una sola – che negli ultimi vent’anni la sedicente sinistra abbia partorito, per migliorare la situazione, mentre passava il tempo a tuonare contro l’orrido Berlusconi – per poi fare persino peggio, una volta a Palazzo Chigi? Il punto è che c’è bisogno di tutti, sembra dire Magaldi. Oggi più che mai, nessuno deve sentirsi escluso. Lo gridano, gli elettori, quando votano per i cosiddetti populisti. Ormai vedono benissimo quant’è infame, la post-democrazia Ue. E’ tanto comodo, ricamare indignati elzeviri sui tweet di Salvini: serve a continuare a non vedere cosa sta succedendo, lassù, dove un pugno di decisori tiene in ostaggio mezzo miliardo di persone, in Europa. Fino a quando?Uso criminoso della televisione: manca solo la formula del famigerato “editto bulgaro” di berlusconiana memoria, all’invettiva di Steven Forti su “Rolling Stone” contro Antonio Maria Rinaldi, per chiederne l’allontanamento dalle reti televisive italiane, evidentemente inquinate da un economista non-mainstream, non-neoliberista, estraneo all’autismo del pensiero unico. Tu chiamalo, se vuoi, giornalismo. Nel libro “M, il figlio del secolo”, Antonio Scurati ricorda che Benito Mussolini, direttore socialista de “L’Avanti” prima di diventare Duce, almeno una cosa l’aveva detta giusta: e cioè che «la gran parte dei giornalisti italiani sono dei pennivendoli con la schiena poco dritta». Lo sottolinea Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, in una video-chat su YouTube con Marco Moiso. Tema: l’ordinaria macelleria giornalistica che trasforma in carne di porco chiunque non canti nel coro – il sovranista Rinaldi e lo stesso Magaldi, definito (comicamente) «scrittore complottista, fissato col pericolo massonico». E per giunta «vittimista», per via della congiura del silenzio che ha oscurato il suo bestseller “Massoni”, pubblicato da Chiarelettere nel 2014 e tuttora in vetta classifiche Ibs. Figurarsi: come farebbero, gli attuali talkshow, a citare un saggio che rivela l’identità supermassonica di personaggi come Monti, Draghi, D’Alema e Napolitano?
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Chiesa, Mazzucco, Messora, Fusaro: quante verità oscurate
«È la stampa, bellezza. E tu non puoi farci niente». Lo dice uno straordinario Humphrey Bogart alla fine del film “Deadline” di Richard Brooks (in italiano, “L’ultima minaccia”). Era il 1952: una profezia. Ancora oggi, ufficialmente, le Torri Gemelle sono crollate per colpa dell’impatto con aerei dirottati. La “demolizione programmata” è stata ormai dimostrata da oltre duemila architetti e ingegneri, eppure per l’11 Settembre la “verità” resta quella palesemente falsa. Grazie a chi? Ai media mainstream, che spacciano “fake news” governative. Il primo a denunciarlo, riguardo al caso delle Twin Towers, in Italia fu Giulietto Chiesa, con il libro “La guerra infinita”, uscito nel 2003 per Feltrinelli (e vendutissimo, nonostante il silenzio di giornali e televisioni). Ebbe più fortuna mediatica qualche anno dopo Massimo Mazzucco, con il suo esplosivo documentario “Inganno globale”, trasmesso da Mentana in prima serata a “Matrix”, su Canale 5. Un’eccezione, mai più ripetuta. «Arrivato a La7 – dice Mazzucco – Mentana poteva essere “il primo degli ultimi”, dando voce agli esclusi, e invece ha scelto di restare “l’ultimo dei primi”, accodandosi all’ufficialità». In compenso, ormai l’opinione pubblica più disincantata è letteralmente esplosa: milioni di persone, anche in Italia, la verità ufficiale non se la bevono più.Fino a ieri, ad esempio, sarebbe stato impensabile organizzare un evento come quello in programma il 13 gennaio a Treviso: con Mazzucco e Chiesa, insieme a personaggi come Claudio Messora di “ByoBlu”, Diego Fusaro, Enrica Perucchietti. A promuovere l’operazione-verità è l’associazione SalusBellatrix, coordinata da Francesca Salvador: una delle voci della nuova cultura italiana, indipendente dai circuiti mainstream. Verità “altre”, in tutti i campi: dalla sconcertante Bibbia tradotta (alla lettera) da Mauro Biglino, al potere occulto delle 36 superlogge che dominano il mondo, svelato da Gioele Magaldi in “Massoni”, altro bestseller-fantasma (gettonatissimo dai lettori e oscurato da giornali e televisioni). Quanto conta, questa Italia? Abbastanza, se è vero che il Movimento 5 Stelle nato dal web ora è al governo, e che Marcello Foa (autore de “Gli stregoni della notizia”, che mette alla berlina i media e le loro menzogne) oggi è presidente della Rai. Conta parecchio, la nuova società in subbuglio, non solo nel nostro paese: se l’oligarca tedesco Günther Oettinger (Commissione Ue) ottiene una legge-bavaglio per frenare il web limitando i link e obbligando le piattaforme a filtrare i contenuti dei blog, un altro oligarca (Emmanuel Macron, prodotto massonico di casa Rothschild) è costretto a vedersela con i Gilet Gialli che paralizzano la Francia.Vuoi vedere che i pionieri come Francesca Salvador avevano visto giusto, anni fa, quando cominciarono ad aggregare platee attorno ai primi narratori eretici? Sono tante, in Italia, le entità culturali come la trevigiana SalusBellatrix: attraverso YouTube, sono riuscite a fare opinione diffondendo informazioni e idee. C’è un’Italia che il mainstream l’ha semplicemente aggirato, prendendolo alle spalle. Un dirigente del Cnr si lascia scappare, da Bruno Vespa, che è in un corso un esperimento di controllo climatico mondiale? A completare l’informazione provvede Mazzucco, nell’appendice YouTube della web-radio “Border Nights”: spiega che, già durante l’alluvione di Firenze, lo stesso Cnr emise un rapporto sui test, allora in corso, di “inseminazione” delle nubi per aumentare le precipitazioni. Forse così risulta meno oscura la possibile origine di fenomeni disastrosi, come i nubifragi che hanno raso al suolo le foreste delle Dolomiti. Il cielo è sempre meno blu, rigato fin dal mattino dalle scie stranamente persistenti rilasciate dagli aerei? Mentre il mainstream tenta di deridere chi “crede alle scie chimiche” (neanche fossero un dogma di fede, anziché un fenomeno visibile), sempre su “Border Nights” il generale Fabio Mini, già dirigente della Nato, avverte: i cittadini hanno il diritto di pretendere spiegazioni esaurienti, finora mai fornite, su questo fenomeno.«Remare contro la corrente della menzogna e dell’inganno – ammette Giulietto Chiesa – è faccenda che richiede pazienza quasi infinita, e anche rischio: può costare la vita». Costa sicuramente «la rinuncia a onori e prebende». E comporta «la disponibilità di non avere, in vita, alcun riconoscimento pubblico delle verità che sono state scoperte». Perché i “padroni universali” e i loro “gate keepers” hanno i mezzi per impedire che le vere notizie arrivino agli occhi e alle orecchie delle grandi masse popolari, spesso così condizionate – ormai da decenni – da non riuscire neppure ad accettarle, certe verità imbarazzanti. Lo sanno benissimo anche gli altri relatori della conferenza di Treviso: non poteva sperare, Mazzucco, che facesse il giro dei telegiornali la rivelazione dell’ultimo suo documentario “American Moon”, che dimostra – grazie al contributo dei più famosi fotografi del mondo – che le immagini del presunto “allunaggio” diffuse in mondovisione nel 1969 erano state realizzate in studio. Dalla trincea di “ByoBlu”, lo stesso Messora – cui Google ha rimosso di colpo la possibilità di finanziarsi con la pubblicità – sa benissimo quanto cosa lottare per informare i concittadini.Per dirla con Diego Fusaro, si tratta di dribblare «i padroni del discorso e la manipolazione di massa». Ne sa qualcosa Enrica Perucchietti, che ha spiegato – in brillanti saggi – come le “fake news” spacciate dai media servano anche a coprire il terrorismo “false flag”, quello che in Europa non colpisce mai nessun centro di potere, ma solo e sempre innocui passanti. “Fake news” sono anche quelle che proteggono, molto spesso, il business di Big Pharma, specie nel caso dei vaccini: ben poco spazio è stato concesso, mesi fa, alla notizia dei 7.000 militari italiani ammalatisi dopo frettolose somministrazioni. Quasi-silenzio anche sulla Puglia, dove la Regione – l’unica ad aver istituito un servizio di “farmacovigilanza atttiva” – ha scoperto che, tra i bambini appena vaccinati, 4 su 10 subiscono reazioni avverse. Là dove invece non si può tacere, perché la fonte è il presidente dell’ordine dei biologi, si cerca di far passare per pazzo il “disturbatore”, peraltro intervistato da un unico giornale, “Il Tempo”, diretto da Franco Bechis. Eppure, la notizia veicolata dal rappresentante dei biologi italiani, Vincenzo D’Anna, è clamorosa: sono stati scoperti vaccini contaminati (con antibiotici, feti abortiti e persino diserbanti agricoli) e vaccini inefficaci, perché privi nei necessari agenti immunizzanti.Di verità scientiche occultate è esperto Giorgio Iacuzzo, un altro degli esperti attesi a Treviso: ha lavorato nel cinema scientifico e tecnologico, scrive per periodici italiani e stranieri ed è pronto a rivelare alcuni dei “segreti di Stato in pillole” di cui è a conoscenza. Verità indicibili attorno al mondo scientifico, come quella sull’espianto degli organi: si intitola “Morte cerebrale, verità o finzione”, la relazione a cura del professor Rocco Maruotti, primario di chirurgia. Ulteriori informazioni, al pubblico di Treviso, saranno fornite da Sonia Saterini Burighel, della Lega Antipredazione Veneto. Tema: “La confusione in atto, in ordine alla donazione di organi, imposta nelle anagrafi quando il cittadino va a rinnovare la carta d’identità”. Primo passo: evitare gli equivoci. Che sono quotidiani (e spesso voluti, nel mondo dell’informazione) specie se c’è di mezzo una traduzione: lo conferma Paola Iacobini, laureata a Londra in mediazione linguistica. E’ un oceano, ormai, l’ambito di quella che un tempo si sarebbe chiamata controinformazione, all’epoca in cui il giornalismo aveva ancora una sua dignità: magari era reticente in qualche caso per compiacere l’editore, ma non aveva ancora abdicato alla sua funzione. Per il Premio Pulitzer americano Seymour Hersh, oggi non piangeremmo milioni di morti, se solo la stampa avesse smesso di fare il suo dovere: avremmo avuto meno stragi, meno guerre, meno terrorismo “sotto falsa bandiera”.Secondo Giulietto Chiesa, sempre assai pessimista sul destino che ci attende, c’è però uno spiraglio di luce, che si è aperto soltanto in quest’ultimo decennio: «La perdita del controllo da parte di coloro che erano certi di esserselo già definitivamente assicurato, per i secoli dei secoli». Sempre per Chiesa, la fibrillazione dei “gate keepers” sta assumendo vertici così acuti «da lasciarci supporre che temano di essere travolti dagli stessi strumenti di controllo e dominio che ritenevano le loro creazioni più perfette». Aggiunge: «Sono ora impegnati allo spasimo per costruire dighe atte a frenare il fiume e i canali per deviarne le correnti». Certo, siamo ancora molto lontani dall’ora della verità. «Ma a noi resta la sottile soddisfazione di osservare il terrore che pervade i dominatori e la loro affannosa ricerca di una via d’uscita». Fausto Carotenuto, già analista geopolitico dell’intelligence Nato (ora passato a una visione spiritualistica dell’esistenza), insiste su una tesi: almeno un terzo dell’umanità starebbe letteralmente uscendo dal letargo. «Se il mondo sta diventando così feroce – dice – è proprio perché i decisori lo sanno, e temono questo risveglio che ormai è in corso, e che sarà inarrestabile». Il sistema di dominio affina strumenti di manipolazione sempre più sofisticati? Vero, ma c’è anche il rovescio della medaglia: «Ci controllano perché ci temono. Facciamo paura, perché siamo tanti. Il nostro problema? Non ce ne rendiamo conto. Crediamo che i dominatori siano invincibili. Ma non lo sono, e lo sanno».(Sul sito dell’associazione SalusBellatrix sono rintracciabili tutte indicazioni per partecipare alla conferenza “E’ la stampa, bellezza”, domenica 13 gennaio 2019 a Treviso).«È la stampa, bellezza. E tu non puoi farci niente». Lo dice uno straordinario Humphrey Bogart alla fine del film “Deadline” di Richard Brooks (in italiano, “L’ultima minaccia”). Era il 1952: una profezia. Ancora oggi, ufficialmente, le Torri Gemelle sono crollate per colpa dell’impatto con aerei dirottati. La “demolizione programmata” è stata ormai dimostrata da oltre duemila architetti e ingegneri, eppure per l’11 Settembre la “verità” resta quella palesemente falsa. Grazie a chi? Ai media mainstream, che spacciano “fake news” governative. Il primo a denunciarlo, riguardo al caso delle Twin Towers, in Italia fu Giulietto Chiesa, con il libro “La guerra infinita”, uscito nel 2003 per Feltrinelli (e vendutissimo, nonostante il silenzio di giornali e televisioni). Ebbe più fortuna mediatica qualche anno dopo Massimo Mazzucco, con il suo esplosivo documentario “Inganno globale”, trasmesso da Mentana in prima serata a “Matrix”, su Canale 5. Un’eccezione, mai più ripetuta. «Arrivato a La7 – dice Mazzucco – Mentana poteva essere “il primo degli ultimi”, dando voce agli esclusi, e invece ha scelto di restare “l’ultimo dei primi”, accodandosi all’ufficialità». In compenso, ormai l’opinione pubblica più disincantata è letteralmente esplosa: milioni di persone, anche in Italia, la verità ufficiale non se la bevono più.
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Magaldi: povero Salvini, se ora ha paura dei referendum
Chi glielo spiega, a Matteo Salvini, che non porta fortuna mettersi contro i referendum? Quello di fine 2016 costò la vita, politicamente, a Matteo Renzi – che peraltro l’aveva proposto, tirandosi la zappa sui piedi. Stavolta a riparlarne è il Movimento 5 Stelle, sempre più nell’angolo a causa dell’iper-attivismo del leader della Lega. Attingendo al serbatoio dei loro tradizionali cavalli di battaglia (molti dei quali messi in soffitta: vaccini, euro, spese militari, sanzioni alla Russia), i 5 Stelle ora riesumano l’istituto referendario come strumento di democrazia diretta. L’idea è semplice: valorizzare il voto, abbassando il quorum necessario per rendere valida la consulazione. Tutto liscio? Nemmeno per idea: a mettersi di traverso è proprio Salvini, che – via Twitter – fa sapere di non fidarsi di un’espressione popolare troppo libera. Nel senso: se diventasse facilissimo indire referendum, le decisioni importanti potrebbero dipendere dall’iniziativa di pochissimi. Una posizione che Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, accoglie come sbalorditiva: ma come, proprio Salvini non si era appena proclamato paladino del nuovo sovranismo populista? Che succede, ora? Anche il capo della Lega avrebbe paura del popolo, come un Mario Monti qualsiasi?La stagione della pazienza politica è finita, annuncia Magaldi in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”: dopo la resa a Bruxelles, il governo gialloverde (e Salvini in particolare) sembra non riuscire più a farne una giusta. Premessa: a Salvini, dice Magaldi, va riconosciuto di esser riuscito a trasformare la Lega Nord regionalista in un partito serio, con un progetto nazionale, e per giunta con una traiettoria post-keynesiana. Lo stesso Salvini ha candidato e poi piazzato alla guida delle commissioni finanza di Camera e Senato due economisti come Claudio Borghi e Alberto Bagnai, contrarissimi al falso paradigma del rigore Ue. Ma perché poi scivolare su una materia delicata come il “decreto sicurezza”, e addirittura manifestare timore per l’apertura dei 5 Stelle verso referendum più popolari e facili da indire? «Noi del Movimento Roosevelt – chiarisce Magaldi – siamo favorevoli, da sempre, a referendum addirittura senza quorum. Qualcuno – aggiunge – dovrebbe spiegare a Salvini che anche i partiti come il suo dovrebbero esserlo: senza il vincolo del quorum, il risultato sarebbe valido in ogni caso. E questo, a maggior ragione, dovrebbe motivare i partiti, inclusa la Lega, a spronare i loro elettori a partecipare a un confronto autenticamente popolare e democratico».«Andate al mare», raccomandò Craxi nel ‘91, sperando di far naufragare – per mancanza di quorum – il referendum promosso da Mario Segni per introdurre il sistema elettorale maggioritario, poi alla base della sciagurata Seconda Repubblica. Se c’è una cosa che da 25 anni ci è stata tolta, insiste Magaldi, è proprio la democrazia sostanziale. E il referendum è uno strumento fondamentale per riavvicinare i cittadini alla politica: un irrinunciabile esercizio di democrazia diretta, prezioso per migliorare la stessa democrazia rappresentativa. Possibile che non se ne renda conto, il sovranista Salvini? Forse, aggiunge Magaldi, in questi giorni è troppo occupato a difendersi dal coro di insulti piovutigli addosso da tanti sindaci e altrettanti zombie dell’ex-sinistra, che lo accusano di cannibalizzare i poveri migranti, discriminandoli con ferocia “fascista” e xenofoba. «In alcuni aspetti quel decreto non piace neanche a me, laddove limita la libertà di protesta», premette Magaldi, che però aggiunge: «Come mai gli accusatori di Salvini tacciono, di fronte al silenzio di Mattarella? Il capo dello Stato poteva benissimo non firmarlo, quel decreto, rinviandolo alle Camere e invitando il Parlamento a ridiscuterlo. Mattarella non l’ha fatto. Ma i tanti sindaci anti-Salvini si guardano bene dal rinfacciarglielo».Un’osservazione, questa, che non sfiora nemmeno lontanamente i media mainstream: la cattiva informazione è ormai un’emergenza nazionale, secondo Magaldi, che annuncia «un 2019 di fuoco» grazie alle iniziative editoriali che il Movimento Roosevelt si prepara a mettere in campo. «Tra le altre cose, la nuova editrice che sta nascendo pubblicherà libri in più lingue: al mainstream sarà meno facile farli passare sotto silenzio, come è stato per il mio bestseller “Massoni”», uscito nel 2014 e letteralmente oscurato, senza cioè che nessun talksow si sia mai sognato di invitare l’autore. E a proposito: l’ostracismo continua. Su “Rolling Stone”, in un articolo sull’economista Antonio Maria Rinaldi, Steven Forti definisce Magaldi «lo scrittore complottista fissato con il pericolo massonico che cerca di farsi pubblicità con il vittimismo dicendo di essere censurato dai mass media». In due righe, un capolavoro comico: Magaldi è notoriamente ostile al complottismo, in più è orgogliosamente massone. Se Forti l’avesse letto, quel libro, avrebbe scoperto che il pericolo di cui parla, semmai, è rappresentato da una parte della massoneria internazionale. Quanto al vittimismo, Magaldi si mette a ridere: «Sono stato zitto per quattro anni, evitando di protestare. Tutti i potenti d’Italia l’hanno letto, il mio libro, e così pure i giornalisti, ma le televisioni non ne hanno parlato mai, neppure per sbaglio. Fate voi».Chi glielo spiega, a Matteo Salvini, che non porta fortuna mettersi contro i referendum? Quello di fine 2016 costò la vita, politicamente, a Matteo Renzi – che peraltro l’aveva proposto, tirandosi la zappa sui piedi. Stavolta a riparlarne è il Movimento 5 Stelle, sempre più nell’angolo a causa dell’iper-attivismo del leader della Lega. Attingendo al serbatoio dei loro tradizionali cavalli di battaglia (molti dei quali messi in soffitta: vaccini, euro, spese militari, sanzioni alla Russia), i 5 Stelle ora riesumano l’istituto referendario come strumento di democrazia diretta. L’idea è semplice: valorizzare il voto, abbassando il quorum necessario per rendere valida la consultazione. Tutto liscio? Nemmeno per idea: a mettersi di traverso è proprio Salvini, che – via Twitter – fa sapere di non fidarsi di un’espressione popolare troppo libera. Nel senso: se diventasse facilissimo indire referendum, le decisioni importanti potrebbero dipendere dall’iniziativa di pochissimi. Una posizione che Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, accoglie come sbalorditiva: ma come, proprio Salvini non si era appena proclamato paladino del nuovo sovranismo populista? Che succede, ora? Anche il capo della Lega avrebbe paura del popolo, come un Mario Monti qualsiasi?
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Magaldi: siamo in guerra, siate eroi o finirete come Renzi
Oggi, dalle parti del governo, ci si può ancora godere qualche buon sondaggio: qualunque manovra, ancorché modesta, è pur sempre meglio dell’esercizio provvisorio. Ma fra sei mesi o un anno, la gente guarderà le proprie scarpe. E se saranno rotte com’erano un anno fa o due anni fa, prima che arrivasse il governo gialloverde, quelle scarpe se le toglierà e inizierà a tirarle, insieme ai pomodori, addosso ai presunti eroi del cambiamento. Quindi attenzione, cari amici gialloverdi del governo Conte: o si fa sul serio, a partire dal 2019, oppure farete – purtroppo – la fine che hanno fatto i vostri predecessori, cioè tutti quelli che di cambiamento hanno solo e sempre parlato. I governi dell’ultimo quarto di secolo hanno governato secondo i dettami di oligarchie massoniche neo-aristocratiche: si sono appecoronati, lasciandosi comprare un tanto al chilo, e hanno eseguito copioni scritti per loro da altri. Adesso il governo gialloverde ha al suo interno anche dei massoni sedicenti progressisti, e all’esecutivo – dal mondo massonico progressista – arriva il seguente messaggio: abbiate il coraggio di essere degli eroi, anche perché ci guadagnereste pure in termini elettorali e di durata, sul palcoscenico politico.Non sappiamo se questi suggerimenti saranno accolti. Certo, qualcuno potrebbe dire che il governo si è barcamenato, tra suggerimenti di segno opposto. In una prospettiva di autentico cambiamento, Paolo Savona al Senato ha evocato l’esigenza di un nuovo corso rooseveltiano, recependo appieno la narrativa politico-economica proposta dal mondo massonico progressista. Purtroppo però la manovra varata non si traduce in massicci piani di rilancio delle infrasttrutture, dell’occupazione, della sicurezza idrogeologica. Si resta invece in balia di una sorta di timore reverenziale verso la minaccia di tirate d’orecchie da parte dell’Europa. E così, per evitare la procedura d’infrazione, si assottiglia il già magro piano di misure volte ad abbandonare il paradigma del rigore e dell’austerità. Sembra che il governo Conte, schiacciato tra istanze opposte e contrarie – quelle dei massoni progressisti e quelle dei massoni neo-aristocratici – cerchi di barcamentarsi. Però questa cosa non funziona: barcamenarsi significa, alla fine, dar ragione ai massoni neo-aristocratici, che (attraverso i propri maggiordomi e camerieri) occupano indebitamente le istituzioni dell’attuale Disunione Europea. Opporsi a questi signori, invece, significa andare verso una vera Europa, e impegnarsi – come Italia – a costruirla, questa vera Europa, da protagonisti.La manovra del governo Conte è molto al di sotto delle aspettative, ma molti esponenti dell’area gialloverde annunciano di volerla migliorare nel 2019. A noi del Movimento Roosevelt farebbe piacere vedere un’evoluzione del governo Conte, più in linea con quelle che erano le attese. Della Seconda Repubblica diamo un giudizio storico, di fallimento complessivo. La Terza Repubblica comincerà solo col ritorno allo spirito originario della Costituzione, eliminando le cattive modifiche introdotte e vivificando le parti della Carta non adeguatamente declinate (e magari introducendo anche qualche perfezionamento). Avremo una Terza Repubblica quando al governo ci sarà qualcuno che lancerà finalmente un paradigma alternativo a quello neoliberista, egemone da troppi decenni, e quando – da parte dei governanti – ci sarà un atteggiamento consapevole della grandezza dell’Italia, potenziale ma anche attuale. L’Italia è un grande paese, che vive rappresentato al di sotto delle sue possibilità. L’Italia potrebbe recitare un ruolo leader nel Mediterraneo, in Africa e nel Medio Oriente. E potrebbe recitare un ruolo importante nel continente europeo, per costruire un’Europa veramente forte, democratica e popolare – ma non lo fa. L’Italia potrebbe essere anche un ponte tra Oriente e Occidente: lo è stata storicamente, ma riesce a esserlo solo a intermittenza, senza lungimiranza e senza valorizzare queste sue attitudini.In una Terza Repubblica, avremmo discorsi dei presidenti della Repubblica meno fasulli, meno retorici, meno gonfi di fumo e poveri di arrosto. Avremmo discorsi in cui il capo dello Stato si farebbe carico di interpretare le esigenze della nazione, parlando una lingua riconoscibile dai cittadini, senza menare il can per l’aia ingannando la platea. Mattarella dovrebbe fare autocritica, anzitutto, per come ha gestito il suo rapporto con la formazione del governo Conte e per come ha mortificato ingiustamente una fugura come quella di Paolo Savona impedendo che accedesse al ministero dell’economia. Mattarella ha presentato se stesso come il garante di un atteggiamento appecoronato, del sistema-Italia, verso diktat che non sono europei, non sono europeisti: sono solo il frutto contingente di una pessima ideologia, quella neoliberista, che ha corrotto qualunque sogno di integrazione politica europea. Mattarella si è fatto ragioniere occhiuto, e ha partecipato allo spavento per i risparmi degli italiani – messi in discussione da cosa? Se fosse stato un vero europeista, semmai, il presidente della Repubblica si sarebbe dovuto adoperare per promuovere l’eliminazione del problema dello spread alla radice, puntando a un’integrazione dei buoni del Tesoro (eurobond). Avrebbe dovuto, semmai, chiedere un surplus di democrazia nelle istituzioni europee.Queste cose Mattarella non le fa, ma non le ha fatte nessun suo predecessore. Non solo: Mattarella e i costituzionalisti del Qurinale non hanno detto una parola su quei profili dubbi del “decreto sicurezza” di Salvini. Invece partecipano, Mattarella e altri, al fiume di delegittimazione di Salvini sul piano di presunte xenofobie – che non ci sono mai state: la Lega ha eletto il primo parlamentare di colore in Italia. In questo triste crepuscolo di Forza Italia, del Pd e di altri partiti ormai in putrefazione, tutti epigoni di quella che è stata la Seconda Repubblica, la credibilità è davvero ai minini termini. Lo confermano i sondaggi: magari aumentano i cittadini disillusi dal troppo poco che ha fatto il governo, ma non cresce certo il consenso delle forze che vi si oppongono. La situazione è tale, che un capo dello Stato serio dovrebbe dire, oggi, agli italiani: scusatemi, perché forse ho attentato alla Costituzione quando (per un mio pregiudizio politico e ideologico) ho impedito che diventasse ministro dell’economia un galantuomo come Paolo Savona. Scusatemi, dovrebbe dire Mattarella, perché non ho fatto i giusti rilievi costituzionali (e non ho rimandato quindi alle Camere) il “decreto sicurezza” di Salvini, che forse contiene elementi illiberali – e lo dico io, che difendo Salvini da ogni attacco strumentale, e credo ancora che Salvini possa maturare politicamente, con tutta la Lega, verso una cifra politica adeguata alle sfide del XXI Secolo.Il vero punto è questo: Salvini è stato più muscolare degli altri, ma solo a parole. Il governo Conte, la Lega e i 5 Stelle vanno spronati a fare di più e di meglio. Questa manovra è riuscita male, così come l’atteggiamento con l’Europa. Si vuol dire che ogni tanto bisogna anche saper ripiegare e essere diplomatici? Va bene, staremo a vedere. Ma attenzione ai cortigiani, che oggi sono adulatori anche di Salvini: ricordo la fine che ha fatto Renzi, che era corteggiato e adulato, osannato e presentato nei sondaggi come l’uomo dell’anno (e degli anni). Ecco un’altra cosa che il presidente della Repubblica dovrebbe dire: italiani, cessate di essere servili e cortigiani. Cessate di essere stupidamente tifosi, com’è accaduto negli ultimi raccapriccianti episodi attorno al mondo calcistico: se proprio uno deve avere il coraggio di andare incontro alla morte, lo faccia per degli ideali importanti, non per una sciarpa e il tifo per una squadretta di calcio – con tutto il rispetto per la grande passione sportiva italiana. Italiani, siate seri: così dovrebbe dire un presidente della Repubblica autentico (lo disse Garibaldi in una delle sue avventure eroiche, e l’ultima stagione eroica dell’Italia è stata proprio il Risorgimento, pur tra mille retoriche).Insomma, il presidente della Repubblica dovrebbe dire: forse ho sbagliato, in questi anni, ma vi prometto che d’ora in avanti il mio ruolo di garante delle istituzioni sarà quello, anche in sede europea e mediterranea, di chi si adopera per favorire un reale Piano Marshall per l’Africa e un ruolo importante dell’Italia nel Mediterraneo. Tanto più che Mattarella proviene da quella sinistra democristiana che aveva in Aldo Moro un grandissimo esponente e un uomo di Stato che – fino a che non l’hanno ammazzato – aveva sicuramente gestito da par suo, insieme ad altri, un ruolo importante del nostro paese in varie questioni mediorientali e internazionali. Mattarella dovrebbe dire: mi adopererò perché l’Europa sia vera, democratica, popolare, con istituzioni non post-democratiche, non oligarchiche, non tecnocratiche. Questo dovrebbe dire: mi adopererò perché in Italia tornino la giustizia e la mobilità sociale, perché si vada verso il diritto al lavoro inserito nella Costituzione, cosicché il dibattito non sia più arenato tra reddito di cittadinanza (farlocco) o redditi integrativi di incerta applicazione. Questo dovrebbe dire: mi adopererò, come presidente della Repubblica, per far fare un salto di qualità a questa nazione.Noto peraltro che le persone sono più attente, alla questione della “res publica”: ne parlano di più, sono più smaliziate. Anche tra le persone semplici le antenne sono ben ritte. Quindi bisogna essere ottimisti, per il 2019 e per gli anni che verranno, perché forse l’Italia potrà davvero riannodare i fili della sua storia, e gli italiani potranno forse tornare a vivere qualche stagione eroica, com’è accaduto in secoli passati. Il governo Conte? Se sceglie la via del barcamenarsi farà la fine di Matteo Renzi, un grande “barcamenatore”: faceva la voce grossa e parlava di rinnovamento ma non rinnovava niente; stava lì a tenere buoni tutti, lanciando speranze poi tutte disattese. I rappresentanti del governo Conte sanno bene cosa dicono gli uni e gli altri, i progressisti e i neo-aristocratici, ma la scelta di barcamenarsi non è possibile. Questa è una guerra: lo dico con mitezza, perché è una guerra che si può combattere pacificamente e democraticamente. Ma è una guerra, nella quale si scontrano due visioni diverse della società. Una è una visione democratica e progressista, imperniata sulla giustizia, sulla mobilità sociale e sulle prosperità diffusa. L’altra visione è invece imperniata sulla post-democrazia, cioè su una neo-aristocrazia (che va a braccetto, sul piano economico, con quella ideologia neoliberista che ha ammorbato l’orbe planetario negli ultimi decenni). Per il bene di tutti, l’Italia deve tornare a recitare un ruolo importante. E faccio questa previsione: il 2019 vedrà un’accelerazione di parecchi processi.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube “Gioele Magaldi Racconta” del 31 dicembre 2018. Autore del bestseller “Massoni”, nonché esponente del circuito massonico progressista internazionale, Magaldi annuncia per il 2019 un’intensa offensiva mediatica da parte del Movimento Roosevelt, di cui è presidente, e parallelamente prevede un’incisiva attività politica da parte del costruendo “Partito che serve all’Italia”, i cui attivisti torneranno a riunirsi a Roma il 10 febbraio, dopo l’assemblea prenatalizia alla quale hanno partecipato, a vario titolo, personalità come quelle di Nino Galloni, Claudio Quaranta, Antonio Maria Rinaldi e Ilaria Bifarini).Oggi, dalle parti del governo, ci si può ancora godere qualche buon sondaggio: qualunque manovra, ancorché modesta, è pur sempre meglio dell’esercizio provvisorio. Ma fra sei mesi o un anno, la gente guarderà le proprie scarpe. E se saranno rotte com’erano un anno fa o due anni fa, prima che arrivasse il governo gialloverde, quelle scarpe se le toglierà e inizierà a tirarle, insieme ai pomodori, addosso ai presunti eroi del cambiamento. Quindi attenzione, cari amici gialloverdi del governo Conte: o si fa sul serio, a partire dal 2019, oppure farete – purtroppo – la fine che hanno fatto i vostri predecessori, cioè tutti quelli che di cambiamento hanno solo e sempre parlato. I governi dell’ultimo quarto di secolo hanno governato secondo i dettami di oligarchie massoniche neo-aristocratiche: si sono appecoronati, lasciandosi comprare un tanto al chilo, e hanno eseguito copioni scritti per loro da altri. Adesso il governo gialloverde ha al suo interno anche dei massoni sedicenti progressisti, e all’esecutivo – dal mondo massonico progressista – arriva il seguente messaggio: abbiate il coraggio di essere degli eroi, anche perché ci guadagnereste pure in termini elettorali e di durata, sul palcoscenico politico.
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Magaldi: senza paura, ecco il “partito che serve all’Italia”
Toh, se n’è accorta anche la televisione: il “partito che serve all’Italia” è entrato nel piccolo schermo grazie a “Coffee Break”, il talkshow mattutino condotto su La7 da Andrea Pancani. Ottima notizia, prende nota Gioele Magaldi, finora tenuto a debita distanza dalle dirette televisive. “Colpa” delle rivelazioni contenute nel suo bestseller, “Massoni”, che mette in piazza l’identità supermassonica di tanti player del massimo potere. Fatto sta che la prima riunione operativa verso il futuro partito, il 22 dicembre, è salita agli onori della cronaca nonostante fosse un incontro informale, neppure annunciato da comunicati stampa. Oltre a Magaldi, all’assise romana c’era Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, nonché Claudio Quaranta, da mesi al lavoro per far convergere su una piattaforma unitaria le tante voci dell’altra Italia, quella che non riesce a vedersi rappresentata politicamente. Con loro c’era l’economista Antonio Maria Rinaldi di “Scenari Economici”, reduce da una visita al ministro Paolo Savona. E c’era Ilaria Bifarini, “bocconiana redenta” e ormai volto televisivo, spesso chiamata – come Rinaldi – a fare da contraltare al pensiero unico neoliberista, quello del rigore santificato da Bruxelles come una sorta di teologia dogmatica imposta da invisibili divinità tecnocratiche. Ma nel caso la nuova formazione politica dovesse davvero sorgere, nei prossimi mesi, l’Italia sarebbe pronta a ricevere l’offerta del “partito che serve all’Italia”?Tutto può succedere, confida Magaldi a Fabio Frabetti di “Border Nights”, in una diretta web-streaming prenatalizia su YouTube. Esponente del circuito massonico progressista internazionale, il presidente del Movimento Roosevelt ha sostenuto a lungo il governo gialloverde: per mesi è stato l’unico, in Europa, a tentare di rompere l’incantesimo dell’austerity. Poi, la prima delusione: troppo timido, il 2,4% di deficit inizialmente previsto per il Def 2019. E ora, la Caporetto del governo Conte: se già il 2,4 era troppo poco per rianimare l’economia, figurarsi il 2,04 cui l’Ue ha costretto l’esecutivo italiano, che alla fine si è piegato al diktat. Sta tutta qui, probabilmente, la tempistica del rilancio del “partito che serve all’Italia”: davanti ai signori di Bruxelles non si può piegare la testa in questo modo. Anche perché – come Magaldi si incarica spesso di spiegare – dietro alla “disciplina di bilancio” non c’è un disegno orientato al benessere europeo, ma solo il piano delle oligarchie finanziarie supermassoniche di segno reazionario, che manovrano i burattini della Commissione Europea. Il vero senso della “punizione” inflitta ai gialloverdi? Dimostrare, davanti a tutti, che nell’Ue non ci si può ribellare all’autocrazia “aliena” di una nuova “aristocrazia del denaro” ben poco nobile, quella degli eurocrati non-eletti, longa manus del potere economico che ha sottomesso la politica.E’ il momento di essere eretici: non sta scritto da nessun parte che il deficit affossi l’economia. Al contrario: di contrazione della spesa si muore. Meno disavanzo vuol dire più tasse, meno consumi, meno lavoro. Come spiega il post-keynesiano Galloni, un investimento oculato in termini di spesa pubblica può “rendere” tre o quattro volte tanto, a partire dall’anno seguente, a patto però che non sia esiguo. Tradotto: già nella prossima primavera l’Italia avrebbe visto effetti benefici, sull’economia, se avesse avuto il coraggio di alzare il deficit almeno al 4%. Al governo Conte, ora che si è sostanzialmente arreso, vengono avanzate «critiche pretestuose e strumentali da parte delle pseudo-opposizioni», dalla Bonino al Pd, fino a Forza Italia. «Il governo Conte suscita simpatia – ammette Magaldi – se addirittura Monti lo rimprovera di essersi fatto scrivere la legge di bilancio dalla Commissione Europea». Aggiunge: «Con malafede e con ipocrisia plateale si contesta al governo Conte quello che hanno fatto tutti i governi della Seconda Repubblica, e in particolare quelli che si sono succeduti da Monti in poi». Governi che, naturalmente, «non facevano la manfrina che ha fatto il governo gialloverde». Non ci provavano neppure, a inscenare la rivolta contro il mortale rigore (ideologico) imposto da Bruxelles.Monti e Letta, Renzi e Gentiloni: nessuno di loro «osava dire che si sarebbe preoccupato di fare l’interesse del popolo italiano, anche scontrandosi coi vertici della tecnocrazia europea». Non hanno mai neppure finto di «fare la voce grossa e assumere atteggiamenti muscolari, per poi calarsi le braghe: se le erano già calate prima». Quindi, aggiunge Magaldi, non hanno titolo, oggi, per contestare il governo Conte. «Questi cialtroni, poi, in Parlamento lamentano presunte mancanze: Emma Bonino ha parlato di esautoramento antidemocratico delle funzioni dell’Aula». Magaldi si dice sbalordito dalla leader di “+Europa”, data la stima nella “vita precedente” dell’ex dirigente radicale: «Sono esterrefatto da questa deriva risibile e ipocrita». La Emma nazionale «è tra quelli che inneggiano a un sistema in cui il Parlamento Europeo non ha i poteri che in un qualunque contesto democratico dovrebbe avere». E, inutile negarlo, «ha fatto il cane da guardia di questa Europa». Tanti sedicenti europeisti, sostiene Magaldi, in realtà sono anti-europeisti: «Nessuno di loro, la Bonino in primis, ha mosso un dito per contestare l’attuale forma di Disunione Europea, antidemocratica o post-democratica che dir si voglia».E ora, «adusi ai meccanismi post-democratici delle istituzioni europee», i nostri finto-europeisti «vengono a fare il pianto greco, in Italia, dove il Parlamento ha comunque una sua sovranità garantita dalla Costituzione», nonostante la camicia di forza dell’Ue. Tutto ciò premesso, ribadisce Magaldi, «è chiaro che il governo Conte se le è calate, le braghe». Salvini dà segnali di malumore e fa trapelare di non essere contento? Lui e Di Maio «lanciano il sasso e nascondono la mano». Hanno preso parzialmente le distanze dallo stesso Conte: «E questo, francamente, è un modo poco dignitoso di agire», sottolinea Magaldi, «visto che Conte non era a Bruxelles per conto proprio, ma in quanto portavoce di una maggioranza parlamentare di cui Salvini e Di Maio sono i leader». Salvini diceva: «Non mi preoccupano i numeri, contano le cose che facciamo». Non è così, purtroppo: «I numeri sono le cose che fai o non fai, perché proprio da quei numeri discende la possibilità di avere risorse per fare le cose che hai promesso».Per Magaldi, questa manovra è «gravemente insufficiente». Non produrrà l’auspicato aumento del Pil, in relazione al deficit e al debito. Non ridarà dinamismo all’economia italiana, né conforto «a tutti quelli che vorrebbero una drastica riduzione delle tasse e un massiccio piano di investimenti pubblici, tale da garantire l’assorbimento della disoccupazione». E la mancanza di lavoro «è una delle cose più gravi che una generazione può subire: siamo pieni di giovani disoccupati, male occupati o rassegnati a un impiego precario». Quindi, intile nasconderselo, «questa manovra è davvero il classico topolino partorito dalla montagna: non c’è proprio di che essere contenti, e non si può certo dire di aver corrisposto alle promesse elettorali». Voltare pagina? Senz’altro: con il “partito che serve all’Italia”. Non per rinnegare gli sforzi comunque prodotti dai gialloverdi, ma per dare risposte più chiare. Imperativo categorico: muoversi a testa alta, senza più piegarsi ai diktat dei soliti noti. Brutto spettacolo, infatti, quello degli elettori delusi. Sondaggi impietosi: Lega in calo, dopo il cedimento a Bruxelles.Tutto cambia velocemente, ormai: Salvini aveva portato il partito al 36%, dopo averlo resuscitato partendo dal 4%. L’importante, dice Magaldi, è che i media non facciano finta di non saperlo: è un errore dare spazio solo a chi oggi ha più voti. «Più che sui numeri, sempre fluttuanti, i media dovrebbero basarsi sulle idee in campo, permettendo al pubblico di ascoltarle tutte. Cosa che invece – segnala Magaldi – continua a non avvenire, ad esempio riguardo ai contenuti di strettissima attualità da me portati all’attenzione del pubblico con il libro “Massoni”, uscito a fine 2014». Una specie di scandalo nazionale: un bestseller “silenziato”, che dopo quattro anni è ancora in testa alla classifica Ibs tra i saggi di argomento politico. «Eppure non c’è stato un cane che ne abbia parlato, in televisione», aggiunge l’autore. Sul piccolo schermo è invitata «gente che scrive libretti e libracci, peraltro poco letti». Sul suo libro, invece, «evidentemente c’è una circolare per tutte le televisioni del regno, in cui si dice: non invitate l’autore e non parlate del libro». Perché fa tanta paura, “Massoni”? Perché fa nomi e cognomi, ma senza scadere nel complottismo: offre un filo rosso, storico, per rileggere il Novecento tenendo conto dell’aspetto meno visibile del potere, quello incarnato dalle 36 superlogge sovranazionali che, di fatto, decidono i destini del pianeta. E oggi più che mai cercano di condizionare anche quello dell’Italia, nello scontro con l’Ue.«Sappiamo che quel libro l’hanno letto in tantissimi: tutti gli addetti al lavori». Perché Magaldi non viene invitato a parlarne nei principali talkshow? «La risposta temo sia questa: anche solo pochi minuti miei, in una qualunque trasmissione di punta, avrebbero conseguenze non digeribili dal sistema. Per cui vengono invitate persone che, anche quando dissonanti, fanno meno paura». Eppure, le idee dell’area attorno al Movimento Roosevelt non passano inosservate, se è vero che La7 ha segnalato l’assemblea del 22 dicembre a Roma: i fatti, annota Magaldi, «sembrano dare ragione al conduttore David Gramiccioli, secondo cui i media mainstream – anche senza citare la fonte – affrontavano spesso i temi toccati il lunedì, con me, nella sua trasmissione radiofonica “Massoneria On Air”». Ora, però, “Coffee Break” sembra aver sdoganato, giornalisticamente, l’ambiente politico nel quale è impegnato Magaldi. Che commenta: «Accolgo con sorpresa e compiacimento questa attenzione, non richiesta, da parte de La7: forse si stanno aprendo le maglie di un certo muro di omertà? Forse qualche giornalista televisivo ritiene di poter avere la libertà di parlare anche di progetti politici legati al sottoscritto?».Magaldi si mostra ottimista: si stanno muovendo «élite al servizio della democrazia» ma anche «molti cittadini, che dal basso vogliono rivendicare la loro sovranità». Anche i media mainstream potrebbero quindi decidersi a smettere di censurare tutto il pensiero sgradito ai padroni del vapore? Innanzitutto servono spiegazioni: se il Movimento Roosevelt è aperto a esponenti di qualsiasi partito, il “partito che serve all’Italia” vuol essere un soggetto plurale, senza protagonismi narcisistici. «Posto che in Italia c’è una crisi dei partiti e dei movimenti, ormai da tantissimi anni, e che anche Lega e 5 Stelle non appaiono più tanto convincenti, ci siamo detti che forse è il caso di perseguire anche la strada della costruzione di un partito». Ma attenzione, avverte Magaldi: non esiste ancora neppure un soggetto giuridico, c’è solo la proposta di iscriversi a una futura assemblea costituente del “partito che serve all’Italia” (nome provvisorio, in attesa che il nuovo soggetto venga poi battezzato dai suoi stessi costituenti). «In questa iniziativa sono coinvolte tante persone di pregio». Per sé, Magaldi non prenota alcun ruolo preminente: «Vogliamo contribuire a una casa comune di cittadini e rappresentati di associazioni, partiti e movimenti preesistenti, che vogliono fondersi in un nuovo progetto unitario».Quella del 22 dicembre è stata un’ottima partenza, assicura Magaldi: molti entusiasmi e parecchia concretezza. Prossima tappa, il 10 febbraio: un altro passo verso l’assemblea costituente del futuro partito. «Sarà una riunione ancora più allargata, dove verrà messa a punto un’agenda più definita». C’è anche chi annuncia l’imminente comparsa di Gilet Gialli all’italiana: «Ottima cosa, specie se tutto fosse fatto con razionalità e sapienza, cioè senza quel caos che in passato ha caratterizzato movimenti come quello dei Forconi». In altre parole: a stimolare il governo potrebbe anche servire «una protesta pacifica, forte e ferma, ma mai violenta», proprio in nome di quella democrazia che si rivendica, lungi dalle convulsioni che, in passato, sono state cavalcate dalla strategia della tensione al servizio di poteri oscuri. Eventuali Gilet Gialli a parte, secondo Magaldi «questa Italia a cavallo tra 2018 e 2019 promette bene: credo si stiano aprendo nuovi margini di manovra, e mi fa piacere che il “partito che serve all’Italia” si vada arricchendo di entusiasmi e di sguardi incuriositi, anche da parte del mainstream». Forse, nell’attuale caos politico, le maglie si diradano.In ogni caso, sul cambio di passo necessario, Magaldi ha le idee chiare: «Io credo che il riscatto democratico – per l’Italia, per l’Europa, per il mondo – nasce se gente la smette di rimproverare semplicemente gli altri, gli oligarchi, i cattivoni, i buratttinai che gestiscono male la globalizzazione e l’Europa, insieme alla casta politica che ammorba l’Italia, e così i ladroni e i corrotti, i banchieri». Lo stesso Magaldi ricorda che la sovranità democratica «è stata costruita, attraverso lotte sanguinose, da avanguardie massoniche alleate di fasce popolari più coraggiose e consapevoli». E dunque «è qualcosa che va sempre mantenuto, difeso, consolidato». Insiste: «Invece di lamentarsi del potere degli altri, forse sarebbe il caso di rendersi conto che la propria impotenza è figlia della propria inconsapevolezza». Ovvero: «Il popolo è molto più forte e temibile di qualunque potere oligarchico. E’ che questo popolo, appunto, “se la fa raccontare”, si illude». Quanto cambierebbe, la situazione, se si acquisisse – a livello di massa – la conoscenza dei temi trattati in libri come quello di Magaldi? «Se milioni di persone si rendessero conto di certe cose, magari acquisirebbero quell’orgoglio che permetterebbe loro di rivendicare la propria sovranità. E invece di piangere sul potere altrui eserciterebbero un potere in proprio. E’ il potere pacifico della democrazia: quello che ti fa capire cosa devi fare tutti i giorni, come singolo cittadino, per indurre chi ti rappresenta nelle istituzioni a fare di più e meglio».Toh, se n’è accorta anche la televisione: il “partito che serve all’Italia” è entrato nel piccolo schermo grazie a “Coffee Break”, il talkshow mattutino condotto su La7 da Andrea Pancani. Ottima notizia, prende nota Gioele Magaldi, finora tenuto a debita distanza dalle dirette televisive. “Colpa” delle rivelazioni contenute nel suo bestseller, “Massoni”, che mette in piazza l’identità supermassonica di tanti player del massimo potere. Fatto sta che la prima riunione operativa verso il futuro partito, il 22 dicembre, è salita agli onori della cronaca nonostante fosse un incontro informale, neppure annunciato da comunicati stampa. Oltre a Magaldi, all’assise romana c’era Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, nonché Claudio Quaranta, da mesi al lavoro per far convergere su una piattaforma unitaria le tante voci dell’altra Italia, quella che non riesce a vedersi rappresentata politicamente. Con loro c’era l’economista Antonio Maria Rinaldi di “Scenari Economici”, reduce da una visita al ministro Paolo Savona. E c’era Ilaria Bifarini, “bocconiana redenta” e ormai volto televisivo, spesso chiamata – come Rinaldi – a fare da contraltare al pensiero unico neoliberista, quello del rigore santificato da Bruxelles come una sorta di teologia dogmatica imposta da invisibili divinità tecnocratiche. Ma nel caso la nuova formazione politica dovesse davvero sorgere, nei prossimi mesi, l’Italia sarebbe pronta a ricevere l’offerta del “partito che serve all’Italia”?
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Magaldi: noi massoni coi Gilet Gialli, mentre Roma dorme
La rivolta dei Gilet Gialli? Un clamoroso “assist” destinato proprio al governo italiano, l’unico che abbia finora contestato il rigore europeo da un’aula istituzionale. Chi si è opposto frontalmente ai gialloverdi, fin da subito? Lui, Emmanuel Macron. E proprio ora che il presidente francese barcolla, travolto dalla marea della protesta, l’Italia che fa? «Abbassa le orecchie, e accetta di farsi amputare il deficit che aveva orgogliosamente rivendicato, illudendo mezza Europa che proprio da Roma fosse cominciato il grande disgelo, la fine dello strapotere della tecnocrazia Ue». Ma se qualcuno pensa che i Gilet Gialli siano un fenomeno esclusivamente spontaneo, non sorretto da una precisa regia, si illude come chi pensa che l’attentato di Strasburgo non sia stato cinicamente pianificato, per aiutare Macron, da settori deviati dei servizi segreti francesi. «Secondo i loro piani doveva finire 1-1, con l’attentato destinato a sedare la protesta, pareggiando i conti. E invece è finita 2-0, la partita, perché tutti – tranne i media mainstream – hanno mangiato la foglia: una strage smaccatamente tempestiva, attuata all’indomani della “resa” di Macron ai Gilet Gialli e condotta nel solito modo, con il misterioso attentatore sbucato dal nulla e poi immancabilmente ucciso, prima che potesse essere interrogato».Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista internazionale, rilancia le accuse anticipate da Gianfranco Carpeoro in web-streaming su YouTube” con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Vero, la strage dell’11 dicembre a Strasburgo è stata condotta da manovalanza pseudo-jihadista. Ma Cherif Chekatt, collegato alle brigate Al-Nusra asserragliate a Idlib in Siria sotto protezione francese, era solo l’ennesima, sciagurata pedina della famigerata “sovragestione” del peggior potere: quella che ha insanguinato l’Europa negli ultimi anni, con attentati “a orologeria” affidati a killer dell’Isis, filiazione diretta del network terroristico prima noto come Al-Qaeda ma sempre controllato da settori dell’intelligence Nato. Si tratta di servizi infiltrati dalla stessa supermassoneria neo-oligarchica che ha sfigurato il mondo, a partire dall’11 Settembre. Una guerra sporca, sotto falsa bandiera e nutrita di “fake news” governative: gli attentati “false flag” (che attaccano la folla inerme, mai i centri di potere) sono perfettamente simmetrici rispetto al marmoreo autoritarismo neo-feudale di Bruxelles, che ha confiscato democrazia e sovranità in Europa sulla base di dogmi ideologici come il rigore di bilancio imposto agli Stati.Contro questo diktat si era levato il governo gialloverde. E proprio per sostenere l’esecutivo italiano contro il suo maggiore nemico – afferma Magaldi – in Francia “qualcuno” ha promosso la sollevazione dei Gilet Gialli. Ma a Roma, anziché approfittarne, si sono lasciati spaventare dalla Commissione Europea. Sono esplosive, le dichiarazioni che Magaldi rilascia a Frabetti, nel colloquio online trasmesso su YouTube il 17 dicembre: ebbene sì, il circuito massonico progressista agisce dietro le quinte della protesta francese dei Gilet Gialli. «E’ vero», ammette Magaldi, «dovrei fare nomi e cognomi: sigle, associazioni». Ma, assicura, «non mancherò di metterli per iscritto, i nomi dei massoni sostenitori della rivolta francese». Per ora, il presidente del Movimento Roosevelt fa appello «alla sottigliezza di tutti». Come dire: aprite gli occhi, signori. Pensare che un paese come la Francia possa esser messo ko da una protesta di massa esclusivamente spontanea è davvero ingenuo, almeno quanto il credere che un giovane malavitoso, pluri-pregiudicato e sospettato di radicalismo islamista, possa davvero andarsene a spasso (armato) per il centro ultra-presidiato di Strasburgo, a due passi dal Parlamento Europeo, per poi fare comodamente una strage – 4 morti e 16 feriti – e quindi tornarsene a casa indisturbato, in taxi, senza che nessuno abbia vigilato sulla sua ignobile impresa.«Stavolta – dice Magaldi – il teatro mostra quello che c’è dietro il palcoscenico, nei camerini: il Re è sempre più nudo». Peccato che l’ultimo ad accorgersene sembra sia il governo italiano: non toccava proprio ai gialloverdi salire per primi sulle barricate francesi per rilanciare in Europa la sfida della democrazia contro l’oligarchia? E se qualcuno pensa che Magaldi vaneggi, quando intesta alla massoneria progressista un ruolo determinante, dietro le quinte dello scenario europeo in rivolta, si sbaglia di grosso. Magaldi non è solo l’autore del bestseller “Massoni”, che svela il ruolo occulto delle superlogge neo-oligarchiche nella globalizzazione neoliberista, fino alle estreme conseguenze del terrorismo “false flag”. Il presidente del Movimento Roosevelt è organico al circuito massonico progressista che a livello internazionale si oppone al dominio neo-feudale dell’élite finanziaria. E il primo a saperlo è proprio il governo italiano. Non a caso, racconta sempre Magaldi nello streaming su YouTube con Frabetti, alcuni esponenti della Lega lo hanno avvicinato, nei giorni scorsi, per chiedergli una sorta di intercessione: intervenire, a livello europeo, per aiutare l’Italia nella drammatica trattativa con Bruxelles. La risposta: ma non vedete quello che sta succedendo in Francia? Di cos’altro avete bisogno, per mandare a stendere gli spaventapasseri della Commissione Europea?Magaldi cita il rammarico di un amico come Aldo Storti, «uno degli animatori della scuola politica della Lega, che è forse lo strumento migliore grazie a cui la Lega è maturata negli ultimi anni». Scontenti, i leghisti, delle pesanti critiche mosse da Magaldi all’eccessiva timidezza della manovra gialloverde: «Nonostante i proclami altisonanti e le dichiarazioni virili, muscolari e sprezzanti – ribadisce il presidente del Movimento Roosevelt – alla fine il governo italiano ha abbassato le orecchie e adesso sta col fiato sospeso per paura che la manovra non venga approvata dall’Ue, cui ha purtroppo riconosciuto l’ultima parola». Di fatto quella del governo Conte «è una manovrina, nonostante tutti ripetano che contiene le misure innovative e rivoluzionarie annunciate: in realtà contiene poche cose, alcune anche interessanti, ma non la sfida ai paradigmi europei che gli elettori si aspettavano». Esponenti della maggioranza gialloverde chiedono più impegno, da parte della massoneria progressista, nel sostenere il governo Conte in sede politica europea e magari anche sul piano finanziario, contribuendo a spuntare l’arma di ricatto dello spread? Un po’ di franchezza a questo punto non guasterebbe: perché non essere trasparenti?Sarebbe stato meglio, sottolinea Magaldi, se questa richiesta di aiuto fosse stata formulata in modo esplicito. Invece il governo, in modo ipocrita, ha messo addirittura nel suo “contratto” l’incompatibilità tra massoneria e cariche istituzionali, senza neppure distinguere tra massoni neoaristocratici e massoni progressisti, salvo poi reclutare alcuni grembiulini (non dichiarati) in vari ministeri, come quello di Giovanni Tria. In realtà, ribadisce Magaldi, quell’aiuto c’è stato, eccome, anche se «di segno diverso, più intonato a questo modo di comportarsi alquanto sibillino, da parte di tutti – anche di quelli che chiedono aiuti ma non sono disposti a offrire una narrazione sincera, sul rapporto con la massoneria». Un soccorso pesantissimo, dunque, proprio dalla Francia: «Un aiuto tanto importante, ancorché raffinato, sottile e benignamente machiavellico, al punto da creare qualche difficoltà ai negoziatori europei». E l’Italia? Se c’era, dormiva. Lega e 5 Stelle non bastano? Anche per questo, probabilmente, Magaldi pensa – tra le altre cose – al progetto del “partito che serve all’Italia”, i cui promotori si incontreranno il 22 dicembre a Roma per mettere insieme un’agenda che, dal 2019, possa ispirare la costruzione di un progetto politico non disponibile a cedere alle mediazioni con l’Ue alle quali si è rassegnato il governo Conte.Se non altro, dal fronte francese arrivano soltanto ottime notizie: la “sovragestione” è in affanno, Macron alza bandiera bianca di fronte ai Gilet Gialli (annunciando che sforerà il 3% del deficit per alzare i salari) e le solite “manine” specializzate nella strategia della tensione non vanno oltre il sanguinoso autogoal di Strasburgo, dove tutti hanno capito che chi vigilava sulla sicurezza non poteva non sapere cosa stesse accadendo. «Non nascondiamoci dietro ai veli», insiste Magaldi: «Abbiamo rivisto il solito copione dell’attentatore misteriosamente sfuggito alle maglie della polizia e dei servizi, per poi allontanarsi in taxi e venire immancabilmente ucciso, ad evitare la possibilità di interrogatori». Aggiunge: «Questo bisogna dirlo, perché ormai il teatro è tragicamente farsesco». Ovvero: «Si immagina che si cerchi di prenderlo vivo, un killer dai contorni come al solito irrisolti. E infatti ci sono molti modi in cui le forze di sicurezza (polizia, antiterrorismo, servizi) possono braccare un uomo solo, metterlo in condizioni di non nuocere, arrestarlo e interrogarlo». Invece la sceneggiatura è ancora una volta la seguente: compare dal nulla «un lupo solitario, che poi naturalmente viene rivendicato come “soldato” dell’Isis, ma poi viene fatto fuori. E così la questione viene chiusa».Certo, magari «i complottisti le sparano grosse, perché non sanno bene di cosa parlano: vedono il complotto, ma non capiscono di che complotto si tratti». Però, aggiunge Magaldi, l’evento di Strasburgo «è riuscito male, stavolta è stato davvero grossolano – così come la tempistica, troppo smaccata – e quindi non avrà affetti su quello che sta accadendo in Francia e nel resto d’Europa». I servizi francesi? Pagine ingloriose: gli organi di sicurezza transalpini «hanno dato dimostrazione della loro efficienza anche sotto Hollande, con gli attentati di Parigi a due passi dal presidente stesso». Magaldi allude a «segmenti deviati, asserviti a interessi non istituzionali». Uno spettacolo increscioso: «Nessuno, sano di mente (se non il coro mediatico mainstream) avrebbe potuto ritenere “normale”, a suo tempo, quello che è stato fatto dai terroristi. E nessuno, sano di mente, penserebbe che un tizio come l’attentatore di Strasburgo possa davvero agire indisturbato, senza aiuti da parte di precisi settori delle forze di sicurezza». Ma stavolta, insiste ancora Magaldi, ai gestori dell’auto-terrorismo è andata male: otto francesi su dieci continuano a sostenere i Gilet Gialli, e non credono affatto che Cherif Chekat, a Strasburgo, abbia fatto tutto da solo. Meglio ancora: non credono neppure alle ultime promesse di Macron, e infatti continuano a protestare.Credevano che la rivolta finisse, in Europa, rimettendo in riga il ribelle governo gialloverde? Errore: il focolaio della protesta anti-establishment si è trasferito proprio nel paese il cui governo si era maggiormente distinto nel bacchettare l’Italia. E non è che l’inizio, dice Magaldi. A maggior ragione, c’è da mangiarsi le mani per la pavidità dell’esecutivo Conte: ha sbagliato un goal a porta vuota, sempre per restare nella metafora calcistica. Proprio così: il “governo del cambiamento” «si è messo nella condizione di non poter sfruttare (come andava sfruttato) quello che sta accadendo in Francia», accontentandosi di ricevere pacche sulle spalle dagli oligarchi Ue. «I signori dell’Europa ora dicono: va bene, vi concediamo questo 2,04% di deficit; fatevi pure le vostre cosine, tanto avete abbassato le penne e vi siete rimessi in riga, e questo è più importante di qualunque numero decimale, al di là delle dichiarazioni fokloristiche di Salvini». Il leader leghista giura che i numeri non gli interessano? Strano: «Proprio di numeri, invece, è andato a parlare il premier a Bruxelles. Si preoccupano tutti, dei numeri: tant’è che adesso l’Italia – da nazione che sembrava in procinto di sfidare il vigente paradigma tecnocratico dell’austerity – è una nazione che non osa nemmeno fare le cose che Macron è ora costretto a fare, sull’onda della protesta».Per Magaldi, la rivolta dei Gilet Gialli è «molto proficua, anche sul piano dell’immaginario collettivo – più ancora che su quello dei risultati che potrà ottenere, e più della confusione che regna tra chi mette in atto la protesta stessa». Quello che conta, riassume il presidente del Movimento Roosevelt, è che la contestazione francese «è animata anche da un’intenzione più profonda: ed è a questa che mi riferisco – precisa – quando parlo dei massoni democratici e progressisti». Circuiti che, sempre secondo Magaldi, «stanno dimostrando – in Europa – di agire nel back-office nella giusta direzione, che è quella che deve mettere in discussione il paradigma esistente e far tremare le poltrone di quelli che pensavano di poter guidare impunemente il carretto nella direzione da loro auspicata». Loro, i sovragestori dell’Unione: «Da parte di alcuni c’è una incapacità di gestire lo “strumento Macron”, e c’è anche l’incapacità di gestire questi attentati, nel tentativo di arginare il valore anzitutto simbolico, evocativo e ideologico della protesta dei Gilet Gialli». Come dire: governo gialloverde o meno, quelli che Magaldi chiama “fratelli progressisti” starebbero di fatto «riguadagnando terreno». Una previsione: «Giocheranno questa grande partita a scacchi con sapienza e lungimiranza». L’altra buona notizia? «Sul fronte opposto vedo molta confusione, molta ansia, molti errori». Qualcosa sta cambiando, insomma, in modo radicale. Ne prendano nota, i mancati “rivoluzionari” gialloverdi.La rivolta dei Gilet Gialli? Un clamoroso “assist” destinato proprio al governo italiano, l’unico che abbia finora contestato il rigore europeo da un’aula istituzionale. Chi si è opposto frontalmente ai gialloverdi, fin da subito? Lui, Emmanuel Macron. E proprio ora che il presidente francese barcolla, travolto dalla marea della protesta, l’Italia che fa? «Abbassa le orecchie, e accetta di farsi amputare il deficit che aveva orgogliosamente rivendicato, illudendo mezza Europa che proprio da Roma fosse cominciato il grande disgelo, la fine dello strapotere della tecnocrazia Ue». Ma se qualcuno pensa che i Gilet Gialli siano un fenomeno esclusivamente spontaneo, non sorretto da una precisa regia, si illude come chi pensa che l’attentato di Strasburgo non sia stato cinicamente pianificato, per aiutare Macron, da settori deviati dei servizi segreti francesi. «Secondo i loro piani doveva finire 1-1, con l’attentato destinato a sedare la protesta, pareggiando i conti. E invece è finita 2-0, la partita, perché tutti – tranne i media mainstream – hanno mangiato la foglia: una strage smaccatamente tempestiva, attuata all’indomani della “resa” di Macron ai Gilet Gialli e condotta nel solito modo, con il misterioso attentatore sbucato dal nulla e poi immancabilmente ucciso, prima che potesse essere interrogato».