Archivio del Tag ‘Mario Draghi’
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Magaldi: “Liberiamo l’Italia” non sa che tutto sta cambiando
Che senso ha invocare il rispetto di una Costituzione brutalmente amputata da Monti nel 2012 con l’obbligo del mostruoso pareggio di bilancio? E che senso ha farlo oggi, proprio mentre i vertici della Bce – l’uscente Draghi e l’entrante Lagarde – ammettono, in modo clamoroso, che bisogna gettare nella spazzatura decenni di austerity, da loro stessi imposta, per “restituire la moneta al popolo” e varare gli eurobond destinati a sostenere i debiti pubblici azzerando il fantasma dello spread? Se lo domanda Gioele Magaldi di fronte a quello che definisce «il velleitarismo rossobruno» dei promotori della manifestazione “Liberiamo l’Italia”, in programma a Roma il 12 ottobre. Bocciatura secca, per qualsiasi generico “sovranismo” gridato: serve solo a rendere impresentabili certe proposte (uscire dall’euro e dall’Ue) che i media si incaricano prontamente di presentare come pittoresche, dunque inoffensive. «A Roma si svolgerà l’ennesima parata malinconica e inutile, come tutte quelle finora promosse da chi, in questi anni, ha compiuto una sorta di idolatria della Costituzione, limitandosi ad auspicarne la piena attuazione, senza mai portare a casa nessun risultato».
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Il Fatto: povero Draghi, aveva le mani legate. Ora ci salverà
«Pensate se i vertici della Nasa aprissero alle teorie negazioniste dello sbarco sulla Luna. Oppure se un accademico di grido palesasse serie perplessità sulla condensa delle scie d’aeroplano. O ancora, se il presidente della Bce si interrogasse sulla opportunità di immettere moneta nelle tasche dei cittadini anziché nelle casse delle banche. Il mondo al contrario, giusto? Non è mica possibile. Tutti conosciamo bene il confine tra certe verità consolidate, e introiettate dalle masse, e il mare controverso e insidioso delle teorie “alternative”. Eppure, la terza che avete letto sopra è successa davvero». Così si esprime Francesco Carraro sul “Fatto Quotidiano”, commentando il discorso di congedo nel quale Super-Mario ha suggerito al suo successore, Christine Lagarde, di prendere in considerazione misure alternative come la Modern Money Theory o l’“helicopter money”. «Significa, né più né meno, immettere denaro nell’economia reale recapitandolo ai consumatori e alle imprese anziché al sistema bancario». Sembra eresia pura, certo: proposte sconcertanti, se a pronunciarle è un “sicario dell’economia” come Draghi, massimo artefice del rigore europeo. «Finché le avanza un cospirazionista», scrive Carraro, certe idee «è facile liquidarle come pattume, alla stessa stregua delle “scie chimiche” o del “finto allunaggio”».Forse, Carraro considera “cospirazionista” il generale Fabio Mini, alto ufficiale Nato e già a capo delle forze Kfor nei Balcani, che sul “pattume complottistico” delle scie chimiche afferma: i cittadini hanno diritto di sapere cosa siano, le istituzioni devono decidersi a dare finalmente risposte precise. Carraro ha già la risposta, beato lui, visto che le definisce “condensa delle scie d’aeroplano”? Quanto al “finto allunaggio”, probabilmente lo stesso Carraro non sa che i maggiori fotografi del mondo – da Oliviero Toscani a Peter Lindbergh – nel documentario “American Moon” di Massimo Mazzucco si dicono certi che siano state «realizzate evidentemente in studio, a terra» le immagini (foto e video) del presunto sbarco sulla Luna del 1969. Resta il fatto, come dice il collaboratore del “Fatto”, che se a sdoganare il ritorno alla disponibilità di moneta è «il massimo rappresentante di una istituzione come la Bce», questo produce «una dissonanza cognitiva», al punto che «la prima reazione è: non può essere vero». Secondo Carraro, invece, dovremmo «approfittare della circostanza per liberarci di un tabù», cominciando finalmente a «parlare senza pregiudizi» della moneta: «Se lo ha fatto Draghi, possiamo farlo anche noi, cominciando a porci una serie di domande interessanti». La più importante, però, Carraro sembra non porsela proprio. E cioè: perché Draghi propone di finanziare l’economia reale solo adesso, alla scadenza del suo mandato, quando non sarà più lui a poter prendere decisioni?Sempre Carraro ricorda che nel 2014, a una giornalista che gli chiedeva se la Bce potesse finire i soldi, rispose testualmente, con un sorriso imbarazzato: «Be’, tecnicamente no, non possono finire, i soldi». Quindi è vero, «abbiamo ampie risorse per fare fronte a tutte le emergenze». Quello che Carraro evita di ricordare è cosa ha fatto, Draghi, in tutti questi anni. Da direttore generale del Tesoro italiano salì sul panfilo Britannia, dove si decise la grande svendita del paese: dal suo ministero strategico, l’allora giovane funzionario gestì poi con la massima cura le maxi-privatizzazioni all’italiana, che posero le premesse per la crisi strutturale del paese. In cambio fu promosso alla Goldman Sachs, quindi a Bankitalia e infine alla Bce, poltronissima da cui Draghi ha gestito in modo spietato l’austerity inflitta all’Europa, cominciando dalla Grecia e poi dall’Italia sottoposta alla “cura” Monti, a esclusivo vantaggio dell’élite finanziaria neoliberista. Dov’era, Carraro, quando il potentissimo clan a cui appartiene Draghi mieteva vittime in tutta Europa e faceva salire alle stelle i profitti della speculazione, che “scommetteva” milioni, a comando, proprio sul collasso dei titoli di Stato che sarebbero finiti nel mirino della Troika?Tutto questo rende l’idea di come il giornale di Travaglio, il cui vice Stefano Feltri è sfilato nel 2019 sulla passerella del Bilderberg, informi i suoi lettori sulla crisi in corso: la visione del “Fatto” non si discosta dal pensiero unico che il neoliberismo mercantilista ha imposto a reti unificate come nuova religione, anche di fronte all’evidenza del ridicolo (memorabile la gaffe dei guru di Harvard, Kenneth Rogoff e Carmen Reinhardt, che provarono a vendere la teoria della cosiddetta “austerity espansiva” – più tagli, più cresci – sulla base di calcoli comicamente falsati da un banale errore di computo sul programma Excel, dov’erano stati caricati numeri semplicemente sbagliati). Sempre sulla versione online del quotidiano di Travaglio, Carraro segnala la sostanziale innocenza di Draghi, laddove – si legge – il super-banchiere «manifesta una sorta di impotenza genetica del suo board». Dice Draghi: «Mettere soldi nelle tasche dei cittadini è compito della politica fiscale, non della politica monetaria». Secondo Carraro, il motivo sarebbe anche di carattere giuridico, dal momento che la Bce «non crea propriamente denaro “dal nulla”», ma lo emette «solo grazie, e in virtù, di una piattaforma “sottostante” rappresentata da asset costituiti, per lo più, da titoli del debito pubblico». La banca centrale (peraltro espressione di gruppi bancari privati) “emette” liquidità elettronica «solo in cambio di una posta positiva costituita da un titolo».Quindi, sempre secondo Carraro, si tratta sempre e comunque «dell’antichissimo paradigma della moneta-debito di cui siamo psicologicamente “debitori” da secoli e da cui non riusciamo a liberarci». Qui però l’equivoco è colossale: se denominato in moneta sovrana (dollaro, rublo, sterlina), il debito pubblico è in realtà il credito dei cittadini, la loro ricchezza in termini di beni, servizi e infrastrutture, dunque posti di lavoro. Se invece – come nel caso dell’euro, unico al mondo – la moneta non è sovrana, gli Stati sono costretti a prenderla in prestito a caro prezzo, scaricando sui cittadini (in termini di tasse) l’intero onere finanziario. Non a caso, l’Italia è da anni in regime di avanzo primario: ai cittadini lo Stato chiede più soldi di quanti non ne spenda per loro. Una spirale senza uscita, che deprime l’economia declassando lo Stato al ruolo di arcigno esattore, peraltro sempre più povero. L’Eurozona così gestita, con la Bce che gestisce la moneta in modo privatistico, è il capolavoro mondiale dell’oligarchia post-democratica che ha svuotato la politica, trasformando le stesse elezioni in rito formalistico e senza conseguenze. Il potere è detenuto da quello che proprio Draghi definì “il pilota automatico”, dipingendolo come un meccanismo quasi metafisico. In realtà, il “pilota automatico” di Draghi (che ha nomi e cognomi) è servito finora a impoverire le popolazioni, delocalizzare il lavoro, svendere il patrimonio degli Stati.Secondo Carraro, il Draghi versione estate-autunno 2019 sarebbe «affascinato dall’idea», dalla possibilità di smentire se stesso e l’intera sua storia, restituendo la moneta al popolo. E infatti «confessa di non “potere” – più che di non “volere” – regalare soldi ai cittadini». Carraro gli crede: non scrive che Draghi “sostiene” di non poter farlo, assicura che “confessa” la sua ipotetica impotenza, che quindi è presentata come reale, certa. In pratica, l’oligarca Draghi sarebbe una sorta di filantropo, che ora «ha offerto un assist straordinario per una riflessione eccentrica, e fuori dagli schemi, ma interessante e proficua». Come invece sappiamo, questa “riflessione” tiene banco da oltre dieci anni quasi ovunque, tranne che sui media mainstream come il “Fatto”, secondo cui la Bce «ha le mani legate». Ma ora, grazie all’eroe Draghi, «forse è giunto il momento di rivedere i nostri sclerotici paradigmi», proclama Carraro, «anche a costo di “rileggere” con occhi nuovi, o addirittura di correggere, le leggi e i trattati, se necessario». Aggiunge, senza ridere, lo stesso Carraro: «Lo esigono i tempi, come ha sottolineato proprio Mario Draghi: “Tutte le innovazioni in politica monetaria devono essere esaminate, studiate e ponderate. Questi sono grandi cambiamenti del mondo in cui la politica monetaria funziona e non ne abbiamo discusso. Sono argomenti che potrebbero far parte di una futura revisione strategica”». Di Carraro, che sembra proprio un fan di Draghi, è impagabile anche la chiosa: «Se lo dice lui, fidiamoci. Osiamo».«Pensate se i vertici della Nasa aprissero alle teorie negazioniste dello sbarco sulla Luna. Oppure se un accademico di grido palesasse serie perplessità sulla condensa delle scie d’aeroplano. O ancora, se il presidente della Bce si interrogasse sulla opportunità di immettere moneta nelle tasche dei cittadini anziché nelle casse delle banche. Il mondo al contrario, giusto? Non è mica possibile. Tutti conosciamo bene il confine tra certe verità consolidate, e introiettate dalle masse, e il mare controverso e insidioso delle teorie “alternative”. Eppure, la terza che avete letto sopra è successa davvero». Così si esprime Francesco Carraro sul “Fatto Quotidiano”, commentando il discorso di congedo nel quale Super-Mario ha suggerito al suo successore, Christine Lagarde, di prendere in considerazione misure alternative come la Modern Money Theory o l’“helicopter money”. «Significa, né più né meno, immettere denaro nell’economia reale recapitandolo ai consumatori e alle imprese anziché al sistema bancario». Sembra eresia pura, certo: proposte sconcertanti, se a pronunciarle è un “sicario dell’economia” come Draghi, massimo artefice del rigore europeo. «Finché le avanza un cospirazionista», scrive Carraro, certe idee «è facile liquidarle come pattume, alla stessa stregua delle “scie chimiche” o del “finto allunaggio”».
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Magaldi: Di Maio neopiduista, taglia le Camere come Gelli
Con il taglio delle poltrone voluto da Di Maio (600 seggi in tutto, 400 alla Camera e 200 al Senato) il Belpaese diverrebbe il fanalino di coda, in Europa: quello con meno parlamentari in assoluto rispetto alla popolazione. Un’idea originale? Niente affatto: «Era scritta nero su bianco nel famigerato Piano di Rinascita Democratica redatto dalla Loggia P2 di Licio Gelli. Ed è strano che a caldeggiarlo, oggi, sia proprio il Movimento 5 Stelle, nato con l’intento dichiarato di ridare la parola ai cittadini». Lo afferma Gioele Magaldi, che nel libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ha svelato la regia occulta di 36 superlogge nel retrobottega del potere mondiale. Spiega Magaldi: «L’iniziativa di Gelli era solo il riflesso casareccio dell’input partito dalla Ur-Lodge reazionaria “Three Eyes”, che affidò alla Commissione Trilaterale il compito di dare un segnale globale con il saggio “La crisi della democrazia”, uscito nel 1975 a firma di Samuel Huntington, Joji Watanuki e Michel Crozier». La tesi: di troppa democrazia si muore. «Curare l’eccesso di democrazia con dosi ancora maggiori di democrazia sarebbe come tentare di spegnere un incendio gettando benzina sul fuoco». Ergo: si facciano dimagrire i Parlamenti, per togliere punti di riferimento ai cittadini. «In questo, Di Maio si comporta come un neo-piduista», accusa Magaldi. Un sospetto: siamo di fronte a un caso palese di gatekeeping, dietro a tanto populismo inutilmente gridato?I numeri non depongono certo a favore di una riforma che, secondo i calcoli, comporterebbe per lo Stato un risparmio irrisorio: solo lo 0,007% della spesa pubblica. Già oggi, l’Italia è penultima in Europa per rappresentanza democratica: ha un solo parlamentare ogni centomila abitanti. Ben 23 paesi hanno più parlamentari, in relazione al numero dei cittadini. Con il piano del “neo-piduista” grillino, il Palazzo si allontanerebbe ancora di più. «Ho sempre difeso i 5 Stelle dall’accusa di gatekeeping», premette Magaldi: «Non ho mai creduto che il movimento fondato da Grillo e Casaleggio sia nato solo per depistare il dissenso, convogliando la protesta verso esiti innocui per il potere». Certo però che il risultato è lo stesso: i grillini hanno praticamente rinunciato a tutte le promesse di trasparenza sbandierate in campagna elettorale. Sono persino stati determinanti a Strasburgo nel far eleggere alla Commissione Europea la tedesca Ursula von der Leyen, emblema vivente del massimo rigore Ue. E ora, con l’ultra-demagogico taglio dei parlamentari (spacciato per riforma anti-casta) secondo Magaldi si apprestano a indebolire ulteriormente la democrazia italiana, già pesantemente condizionata dai diktat dell’eurocrazia che adesso vezzeggia Giuseppe Conte, docilissimo con Macron e la Merkel.E’ irriconoscibile, oggi, il Di Maio che agita il taglio dei parlamentari per tentare di far dimenticare agli elettori i clamorosi “tradimenti” a catena dei grillini: Tap e Tav, Ilva, Muos, vaccini, spese militari e trivelle in Adriatico. Un anno e mezzo fa, Di Maio evocava l’impeachment per Mattarella, che aveva impedito a Paolo Savona di accedere al ministero dell’economia. Motivo: il professore, già ministro con Ciampi (e assai temuto da Draghi) sarebbe stato “sgradito ai mercati”. Secondo il presidente della Repubblica, il parere degli “investitori” e dei “signori dello spread” contava ben più di quello degli elettori. Di fronte all’iniziale entusiasmo per il successo delle forze gialloverdi, provvide il tedesco Günther Oettinger a ribadire brutalmente il concetto: «Saranno i mercati a insegnare agli italiani come votare». Oggi, il cerchio si è chiuso: Grillo va a braccetto con Renzi, mentre il Conte-bis ha ricominciato a garantire piena sottomissione agli eurocrati. All’ormai quasi irrilevante Di Maio, contestato dalla fronda interna e “giubilato” al ministero degli esteri, resta la battaglia sulla riduzione dei seggi parlamentari: riforma peraltro già approvata anche dalla Lega, e ora appoggiata da Pd e renziani. Più che trame cospirative, Magaldi vede insipienza e catastrofica incapacità politica: piccole pedine, probabilmente inconsapevoli del grande disegno antidemocratico che le manovra.E’ mai possibile che chiunque esordisca con propositi rivoluzionari poi finisca sempre per annacquare le proprie idee, fino agli esiti decisamente incresciosi dei grillini? E non è tutto: a insospettire Magaldi è anche la generosa visibilità offerta dai media mainstream al filosofo torinese Diego Fusaro e alla sua iniziativa politica, “Vox Italia”, che promuove il comunista Gramsci e al tempo stesso l’ideologo fascista Gentile. «Un rossobrunismo sostanzialmente fasciocomunista», che propone «l’uscita dall’euro e dall’Unione Europea», riesumando anche i “valori” dell’antico tradizionalismo provinciale (Dio, patria e famiglia). «Fusaro – dice Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è l’antagonista perfetto per l’eurocrazia: stravagante e ampolloso, Fusaro è divertente e soprattutto innocuo, dato che avanza proposte irrealizzabili». Non è un caso, aggiunge Magaldi, che i grandi media non diano spazio al Movimento Roosevelt, da lui fondato e presieduto: «Cosa potrebbero rispondere, i signori dell’Ue e i loro partner mediatici, di fronte a richieste ragionevoli ma scomode come le nostre? Esempio: una Costituzione Europea finalmente democratica, bilanci flessibili (con investimenti non più computati nei deficit) e una Bce pronta a emettere eurobond per sostenere l’economia reale e cancellare lo spettro dello spread».Non si corrono pericoli, invece, con il rassicurante “sovranismo rossobruno” di Fusaro, «chiamato spesso in televisione a fare da sparring partner ai politici e ai giornalisti del circo mainstream». Non solo: «Noto che anche Claudio Messora, animatore di “ByoBlu”, si sta spendendo massicciamente per “Vox Italia”, divenendone quasi il megafono». In questi anni, “ByoBlu” ha ospitato regolarmente voci alternative, svolgendo un ottimo servizio di informazione e ospitando ripetutamente lo stesso Magaldi. «Poi, su di noi è sceso il silenzio», insiste il presidente del Movimento Roosevelt, quasi evocando una sorta di ostracismo “suggerito” dall’alto. «Sono interrogativi che mi pongo, in attesa di risposte», precisa. Messora, peraltro, aveva aderito al Movimento 5 Stelle, svolgendo anche la funzione di comunicatore parlamentare. «Non vorrei che, svanita l’esperienza gialloverde, qualcuno avesse deciso di puntare proprio su “Vox Italia” per sostituire, in qualche modo, il populismo dei 5 Stelle, ormai sbiadito». L’interrogativo di Magaldi lascia aperta la possibilità che lo stesso (benemerito) video-blog di Messora possa trasformarsi, a sua volta, in uno strumento di gatekeeping. Sovragestione? Tanta improvvisa enfasi su Fusaro – che ha possibilità pari a zero di impensierire il potere che domina l’Italia – non può che lasciare perplessi, almeno secondo il presidente del Movimento Roosevelt.Con il taglio delle poltrone voluto da Di Maio (600 seggi in tutto, 400 alla Camera e 200 al Senato) il Belpaese diverrebbe il fanalino di coda, in Europa: quello con meno parlamentari in assoluto rispetto alla popolazione. Un’idea originale? Niente affatto: «Era scritta nero su bianco nel famigerato Piano di Rinascita Democratica redatto dalla Loggia P2 di Licio Gelli. Ed è strano che a caldeggiarlo, oggi, sia proprio il Movimento 5 Stelle, nato con l’intento dichiarato di ridare la parola ai cittadini». Lo afferma Gioele Magaldi, che nel libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ha svelato la regia occulta di 36 superlogge nel retrobottega del potere mondiale. Spiega Magaldi: «L’iniziativa di Gelli era solo il riflesso casareccio dell’input partito dalla Ur-Lodge reazionaria “Three Eyes”, che affidò alla Commissione Trilaterale il compito di dare un segnale globale con il saggio “La crisi della democrazia”», uscito nel 1975 a firma di Samuel Huntington, Joji Watanuki e Michel Crozier. La tesi: di troppa democrazia si muore. «Curare l’eccesso di democrazia con dosi ancora maggiori di democrazia sarebbe come tentare di spegnere un incendio gettando benzina sul fuoco». Ergo: si facciano dimagrire i Parlamenti, per togliere punti di riferimento ai cittadini. «In questo, Di Maio si comporta come un neo-piduista», accusa Magaldi. Un sospetto: siamo di fronte a un caso palese di gatekeeping, dietro a tanto populismo inutilmente gridato?
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Greta recita: sta minacciando personalmente ognuno di noi
Dovete consumare di meno (voialtri, non loro lassù). E dunque: rassegnatevi alla precarietà, all’esclusione sociale. E sentitevi in colpa, se avete appena cambiato il frigo e osato concedervi una vacanza. Dovete smettere, punto e basta. A chi parla, Greta Thunberg? A noi, le vittime dei suoi burattinai. Fino a ieri, la giovanissima attrice svedese si limitava a mormorare, dispensando saggezza dall’alto dei suoi 16 anni. Oggi ha cambiato passo: intima, minaccia, insolentisce. Le hanno messo a disposizione addirittura la platea della Nazioni Unite, per esibirsi nel suo nuovo spettacolo. Una viperetta tracotante, livida: ne saranno felcissimi, gli azionisti del suo business. In primis, a brindare è la filiera industriale delle energie rinnovabili, con la potente macchina di propaganda ben oliata dall’oligarca Al Gore, ex vice di Clinton, l’uomo che ha scatenato la finanza-canaglia globalizzata. Ma in generale, nel mirino della piccola fiammiferaia svedese (ovvero, dei suoi sceneggiatori) c’è suprattutto il famoso 99% dell’umanità, o meglio ancora dell’Occidente, il “primo mondo” che era benestante e che si è improvvisamente impoverito proprio mentre l’economia mondializzata ha moltiplicato in modo esponenziale il Pil finanziario dei decenni precedenti la caduta del Muro di Berlino.Il grande artefice del disgelo, Mikhail Gorbaciov, sognava un mondo senza più guerre. Sfrattato dal Cremlino, ha visto l’Urss smembrata e la Russia brutalmente privatizzata e saccheggiata. Ma il colpo da maestro degli strateghi del globalismo a mano armata è stato permettere alla Cina di entrare nel gioco planetario con merci prodotte sottocosto, grazie anche a condizioni schiavistiche di lavoro, senza le tutele sindacali di Europa e Usa. In pochi anni il mondo è esploso, insieme al suo fatturato, in una sorta di festa truccata: l’europeo e l’americano medio hanno perso terreno, hanno smesso di crescere in termini di benessere, hanno cominciato a intaccare i risparmi familiari e a dover mantenere i figli senza lavoro, costretti a non sposarsi o a emigrare all’estero. Devastante il fenomeno delle delocalizzazioni, la fuga delle industrie nei paesi asiatici dove l’operaio costava un dollaro al giorno. In Europa – vero laboratorio mondiale del suicidio tecnocratico della democrazia – la truffa neoliberale ha indossato la maschera austera e perbenista dell’ordoliberismo autoritario, l’ipocrita moralismo del guru austriaco Friedrich von Hayek: l’illuminato economista concepiva il welfare (ridotto a poche briciole, s’intende) solo come misura estrema e preventiva per cautelarsi dalla rivolta delle masse impoverite.Agli italiani, personaggi come Ciampi e Prodi avevano presentato l’Ue e l’Eurozona come il paradiso, il regno dell’età dell’oro. Dopo meno di vent’anni non restano che macerie, nazioni che si guardano in cagnesco e che si fanno le scarpe appena possono, mentre il Belpaese (depredato, secondo i piani) ha perso il 25% del suo potenziale industriale. L’Europa intera ha assistito senza muovere un dito alla macellazione senza anestesia del popolo greco: cos’avrebbe da dire, Greta Thunberg, ai sopravvissuti della Grecia che si sono visti scippare il Pireo e gli aeroporti, chiudere i bancomat, tagliare i salari, ridurre le pensioni fino alla soglia della fame? Cicale irresponsabili, quelle che hanno assistito alla morte dei neonati, nei loro ospedali, per mancanza di medicine? Spendaccioni scellerati, i greci, che oggi devono vedersela con piaghe che si credevano sepolte dalla storia, come la malnutrizione infantile? E’ sconcertante la consonanza fra le parole di Greta e quelle degli oligarchi europei che hanno messo la Grecia in ginocchio, accusandola di aver abusato del debito pubblico. La canzone – vagamente nazista – è sempre la stessa: la colpa è vostra, peggio per voi.La Thunberg, si sa, è una pedina importantissima della grande manipolazione mediatica sul “climate change”, ovvero la teoria – non suffragata scientificamente – secondo cui il surriscaldamento globale (peraltro appena contestato all’Onu da 500 scienziati) sarebbe di origine antropica. Sommessamente, qualche anno fa, il fisico Carlo Rubbia, Premio Nobel, ricordava che, ai tempi dell’Impero Romano, le temperature medie erano superiori a quelle di oggi. Nel solo medioevo, come gli storici sanno, si è passati dalla mini-glaciazione (che d’inverno congelava il Tamigi e la Senna, attraversabili camminando) al grande caldo del periodo basso-medievale, con colture mediterranee come l’ulivo diffuse ovunque nel Nord Italia. Ancora nom c’era neppure la macchina a vapore, figurarsi le emissioni velenose delle odierne megalopoli. L’inquinamento è tangibile e pericoloso, quello sì: negli oceani galleggiano isole di plastica vaste quanto continenti. Come è possibile che non si impieghi la tecnologia necessaria a bonificare la Terra e riconvertire ecologicamente l’industria? E soprattutto: perché – in primis – i padroni dell’universo che muovono i fili della marionetta Greta vogliono, a tutti i costi, colpevolizzare noi per quanto sta accadendo, raccontandoci addirittura che il degrado della biosfera altera il clima del pianeta?E’ tutto talmente surreale da sembrare comico, se non fosse per il caos sanguinoso che sfiora o assedia miliardi di esseri umani. Il cielo è vistosamente coperto dalle emissioni aeree della geoingegneria (guai a chiamarle scie chimiche), mentre l’aviazione Usa ammette, di colpo, che i piloti dei jet sono frastornati dai continui avvistamenti di Ufo. Il Medio Oriente non fa più notizia, eppure dovrebbe: non si è ancora spenta l’eco del terrore scatenato dal sedicente Stato Islamico, protetto e armatissimo da precisi settori dell’intelligence atlantica prima dell’elezione di Trump alla Casa Bianca. Gli stregoni della finanza oggi hanno paura: temono un crollo catastrofico dell’economia fittizia gonfiata dalla speculazione. Mario Draghi smentisce integralmente la sua vicenda professionale e arriva a evocare addirittura la Modern Money Theory, cioè la restituzione della sovranità monetaria agli Stati, mentre Christine Lagarde, in uscita dal Fmi e diretta alla Bce, parla apertamente degli eurobond che metterebbero fine all’incubo dello spread, consentendo all’economia europea di tornare a investire e produrre lavoro. Sono voci frammentarie di élite potentissime che oggi appaiono divise e lacerate da faglie profonde, come quella che oppone il governo Usa al cartello Rothschild, ora schierato con Silicon Valley e con la Cina, pronto a sostituire il dollaro con un’altra possibile valuta internazionale, come propone la Bank of England.I segnali non sono rassicuranti, c’è chi teme un collasso che potrebbe spalancare scenari di guerra. Nell’Italia che assiste alla strage indiscriminata di alberi d’alto fusto, tagliati per fare spazio al misterioso 5G (vera incognita, per la salute), i genitori si rassegnano a sottoporre i bambini a vaccinazioni improvvisamente obbligatorie, somministrate in batteria – oggi ai neonati e forse domani anche agli adulti, pena la pedita del passaporto e della patente di guida come in Argentina? Ma non importa, evidentemente, se in tanti battono le mani alla piccola strega Greta Thunberg, che recita a soggetto davanti alle Nazioni Unite puntando il dito contro tutti noi. Un’intimidazione ad personam, minacciosa e sinistra: guai a voi, branco di incoscienti. Come osate continuare a sperare di migliorare la vostra vita? Musica, per le orecchie dei tagliatori di bilanci. Nulla che possa impensierire le major, gli oligarchi, le multinazionali. Greta ce l’ha con noi, con ognuno di noi: punta a far crescere il nostro senso di colpa, quello del giovane che sogna l’auto nuova, del pensionato che fatica ad arrivare alla fine del mese. Grazie a Greta, i cialtroni dell’austerity – da Palazzo Chigi alla Commissione Ue – potranno accanirsi sul popolo bue con meno scrupoli, specie se l’economia mondiale volgerà al peggio. Nuovi sacrifici in vista? Niente paura, in soccorso ai lestofanti arriva la lezione della piccola attrice svedese: soffrire è giusto, ce lo meritiamo.Dovete consumare di meno (voialtri, non loro lassù). E dunque: rassegnatevi alla precarietà, all’esclusione sociale. E sentitevi in colpa, se avete appena comprato lo smartphone ultimo modello e avete osato concedervi una bella vacanza. Dovete smettere, punto e basta. A chi parla, Greta Thunberg? A noi, le vittime dei suoi burattinai. Fino a ieri, la giovanissima attrice svedese si limitava a mormorare, dispensando saggezza dall’alto dei suoi 16 anni. Oggi ha cambiato passo: intima, minaccia, insolentisce. Le hanno messo a disposizione addirittura la platea della Nazioni Unite, per esibirsi nel suo nuovo spettacolo. Sembra una viperetta tracotante, livida: ne saranno felicissimi, gli azionisti del suo business. In primis, a brindare è la filiera industriale delle energie rinnovabili, con la potente macchina di propaganda ben oliata dall’oligarca Al Gore, ex vice di Clinton, l’uomo che ha scatenato la finanza-canaglia globalizzata. Ma in generale, nel mirino della piccola fiammiferaia svedese (ovvero, dei suoi sceneggiatori) c’è soprattutto il famoso 99% dell’umanità, o meglio ancora dell’Occidente, il “primo mondo” che era benestante e che si è improvvisamente impoverito proprio mentre l’economia mondializzata ha moltiplicato in modo esponenziale il Pil finanziario dei decenni precedenti la caduta del Muro di Berlino.
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Magaldi: i supermassoni Draghi e Lagarde pentiti del rigore?
Suona paradossale che il governatore della Bce parli della Modern Money Theory nel momento in cui sta uscendo del suo incarico. Se l’avesse fatto uno o due anni fa, nella sua veste autorevolissima, avrebbe potuto trarne debite conseguenze. Credo che occorra rimanere cauti. A meno che non si finga di credere che avere italiani in certe istituzioni sia un aiuto per il paese. Spesso si pensa infatti che Draghi abbia aiutato l’Italia, o che avere un commissario italiano all’economia possa esserci utile. Non è così. Se sei un credente di una religione economica di un certo tipo (perché di questo si tratta, di religiosità economica), difficilmente smentirai quella fede in favore del tuo popolo. Oltretutto, parliamo di persone educate a ragionare in termini sovranazionali. Peraltro, anche in un modo diverso e migliore, perché un italiano all’Ue dovrebbe aiutare l’Italia e non anche gli altri paesi? Se si è rappresentanti dell’Europa ci si prende cura di tutti i popoli europei. Quindi, se si fanno politche diverse dalle attuali, le si fa non solo a favore dell’Italia, ma anche della Grecia, della Spagna, della Germania, della Francia. Detto questo, Draghi se ne esce con questa valutazione possibilista sulla Mmt a fine mandato, mentre Christine Lagarde non solo fa un’affermazione clamorosa, dicendo che la moneta “appartiene al popolo e al suo interesse”, ma parla addirittura della necessità di emettere gli eurobond.Sappiamo che adottare gli eurobond (titoli di Stato europei, unificati) significherebbe la fine dello spauracchio dello spread: dunque gli eurobond sarebbero un servizio efficacissimo al servizio dei popoli europei e dello sviluppo dell’economia reale. Però ricordo lo stesso Juncker, che – in vista del suo insediamento alla Commissione Europea – disse di capire il disagio socio-economico in Europa, tanto da ritenere che avessero fondamento persino alcune tesi di Marx. Affermazioni ancora più impegnative, quindi, per un neoliberista puro come Juncker. Ma cosa ne è seguito? Nulla. Anzi: insieme agli altri, Juncker è stato uno dei cani da guardia dell’austerità europea, che tuttora perdura. Ora, trattandosi di massoni di altissimo rango (ma di segno neoaristocratico, reazionario, post-democratico e neoliberista), molto difficilmente queste affermazioni del “fratello” Mario Draghi e della “sorella” Christine Lagarde significano che ci sarà un cambio di passo. Sono specchietti per le allodole: è questa la valutazione più razionale che è possibile fare oggi. Per contro, è successo tante volte che qualche pezzo grosso di una fazione lanciasse messaggi all’altra fazione, perché magari intendeva fare un cambio di casacca.Anche in questo caso, quindi, non escludo a priori che Draghi e la Lagarde stiano lanciando messaggi in questo senso, visto che il potere neoaristocratico sta perdendo la sua presa sull’Europa. La sua presa scricchiola, così come scricchiola il governo Conte-bis: era partito con grandi aspirazioni socialdemocratiche di rigenerazione del tessuto sociale ed economico italiano, e adesso sta pensando di tassare le merendine per avere quattro baiocchi in più per finanziare la scuola, che invece avrebbe bisogno di ben altro: edifici che non crollino e insegnanti pagati dignitosamente. L’insegnamento e l’educazione civica, ricordiamolo, sono tratti qualificanti di una nazione, di una collettività. Tornando a Draghi e Lagarde: vediamo cosa succederà. Certo, bisogna che alle parole seguano i fatti. Ma poi: chiediamoci come l’informazione ha gestito le notizie riguardanti le esternazioni dei due tecnocrati. Se ci si limita a registrare le loro battute, senza poi inviare giornalisti a chieder conto di quelle affermazioni, incalzando Draghi e Lagarde per sapere come contano di agire concretamente, dall’indomani, è chiaro che non succede niente.Anzi, mi immagino la Lagarde, intenta a ridacchiare coi suoi collaboratori: ecco, ho detto la mia bella cosa e i media l’hanno messa in risalto, ma nel frattempo in Europa tutto continua come prima. E tuttavia insisto: aspettiamo e vediamo. D’accordo, queste non sono posizioni concretizzabili immediatamente. Ma potrebbe anche darsi (e lo verificheremo, in sede massonica) che questo sia un segnale, verso noi progressisti, per dirci: guardate che il governo Conte scricchiola, il governo dell’Europa scricchiola, le aspettative dei popoli sono sempre più urgenti, e forse – in quest’ultima fase della nostra vita, politica e massonica – noi siamo pronti a fare il salto della quaglia. In una guerra come quella che si combatte a livello globale, direi che la miglior vittoria si verifica quando i nemici passano dalla tua parte. E’ un po’ come il pentitismo: grazie ai pentiti si sono sconfitte e ridimensionate alcune organizzazioni mafiose. Io quindi non direi di no ad un eventuale, sincero passaggio di casacca: bisogna però vedere se questo è reale.Fino ad oggi, Draghi e la Lagarde, la Merkel, Juncker e tutti i personaggi di questo circo di pseudo-governanti delle tecnocrazie e delle istituzioni pseudo-europee, hanno scientemente fatto questo gioco illusionistico: la Bce tiene bassissimi i tassi del costo del denaro e immette quantità importanti di liquidità, ma questa emissione non si vuole che arrivi direttamente alle politiche governative. Si è consentito a banche e ad entità finanziarie di ricevere denaro a bassissimo costo e di usarne una parte per l’acquisto di titoli di Stato, così da abbassare lo spread. Ma, in questa filiera, il denaro che è arrivato all’economia reale è scarsissimo. Questo però non è stato fatto per incapacità: non è che adesso si rendano conto che il sistema non funzionava. No, tutto questo è stato fatto in modo consapevole, pervicace e anche subdolo. Se poi – nella coscienza individuale di Mario Draghi e di Christine Lagarde – c’è un ripensamento sulla loro posizione nello scacchiere di potere, e quindi stando lanciando un messaggio alle reti della massoneria progressista che attende il loro crollo (perché il crollo ci sarà, dal momento che certe menzogne non tengono più), ebbene, questo lo scopriremo solo vivendo.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Marco Moiso nel colloquio in diretta web-streaming su YouTube del 24 settembre 2019).Suona paradossale che il governatore della Bce parli della Modern Money Theory nel momento in cui sta uscendo dal suo incarico. Se l’avesse fatto uno o due anni fa, nella sua veste autorevolissima, avrebbe potuto trarne debite conseguenze. Credo che occorra rimanere cauti. A meno che non si finga di credere che avere italiani in certe istituzioni sia un aiuto per il paese. Spesso si pensa infatti che Draghi abbia aiutato l’Italia, o che avere un commissario italiano all’economia possa esserci utile. Non è così. Se sei un credente di una religione economica di un certo tipo (perché di questo si tratta, di religiosità economica), difficilmente smentirai quella fede in favore del tuo popolo. Oltretutto, parliamo di persone educate a ragionare in termini sovranazionali. Peraltro, anche in un modo diverso e migliore, perché un italiano all’Ue dovrebbe aiutare l’Italia e non anche gli altri paesi? Se si è rappresentanti dell’Europa ci si prende cura di tutti i popoli europei. Quindi, se si fanno politiche diverse dalle attuali, le si fa non solo a favore dell’Italia, ma anche della Grecia, della Spagna, della Germania, della Francia. Detto questo, Draghi se ne esce con questa valutazione possibilista sulla Mmt a fine mandato, mentre Christine Lagarde non solo fa un’affermazione clamorosa, dicendo che la moneta “appartiene al popolo e al suo interesse”, ma parla addirittura della necessità di emettere gli eurobond.
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L’Ultima Fregatura, nuovo film di Renzi nella caverna-Italia
Sarà contento, il travaglismo nazionale, di aver tolto a Salvini le chiavi del governo per riconsegnarle a Renzi. Era il IV secolo avanti Cristo quando Platone inventò il cinema, con il Mito della Caverna: quella disegnata sulla parete non è la realtà, sono solo le ombre proiettate dal fuoco. Il mondo vero, tridimensionale, è là fuori: ad andare in scena nella grotta è un semplice spettacolo. Si può cadere in errore, certo. Dipende anche dal talento del proiezionista. Il Mago di Rignano, ad esempio, ne ha da vendere: superò il 40% dei suffragi dopo aver elargito la mancia degli 80 euro, brillando nell’arte cabarettistica in cui si sarebbe cimentato Di Maio. Poco dopo, nell’estate 2016, dal cinema si passò al teatro: uno spettacolare vertice con la Merkel e Hollande, sul ponte della portaerei Garibaldi al largo di Ventonene, per celebrare la farsa dell’unità europea evocando abusivamente il fantasma di Altiero Spinelli, padre del federalismo europeo del Novecento. Un pretesto altamente scenografico, con una missione illusionistica: spacciare per Europa Unita l’aborto dell’attuale Disunione Europea, di cui l’Italia – da Renzi a Conte – si candida a restare servitrice sottomessa e depredabile.
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Giuseppe, stai sereno: Renzi, addio al Pd e avviso a Conte
Giuseppe, stai sereno: «Sosterrò convintamente il governo Conte-bis». Così Matteo Renzi, nell’annunciare al premier il divorzio dal Pd: «Formeremo due gruppi parlamentari, uno di 25 deputati alla Camera e un altro tra i 12-15 senatori a Palazzo Madama. Due nuovi soggetti che saranno decisivi per la maggioranza e per il governo», afferma l’ex rottamatore, decisivo – insieme a Grillo – per la nascita del governo giallorosso, e ora (più che mai) vero padrone dell’esecutivo. Un governo-mostro, voluto da Bruxelles e dell’establishment italiano per centrare tre obiettivi: fermare la corsa di Salvini, rinnovare le centinaia di super-cariche di Stato in scadenza nel 2020 e ipotecare il successore di Mattarella al Quirinale. Campane a morto per Zingaretti, e doccia fredda anche dai sondaggi. Mentre il nuovo partito di Renzi faticherebbe a raggiungere il 5%, secondo la Swg (rilevazione diffusa da Mentana su “La7”) la Lega “scippata” del voto sta dominando la scena (34%), con Fratelli d’Italia al 7% e Forza Italia poco sotto il 6%. Galleggia attorno al 20% il fantasma del Movimento 5 Stelle, mentre il Pd (al 21,5%) ora subirà il salasso renziano. «Solo chi è a digiuno di politica – dice Renzi – non capisce questa mia scelta». Nell’esecutivo ha alcuni dei suoi che molto probabilmente lo seguiranno: due ministre, Teresa Bellanova (agricoltura) e Elena Bonetti (famiglia), la viceministra Anna Ascani e il sottosegretario Ivan Scalfarotto.Secondo il “Fatto Quotidiano”, tra i deputati accreditati nel club renziani figura Roberto Giachetti, dimessosi dalla direzione Pd, che porterà con sé la Ascani insieme a Nicola Carè, Luciano Nobili, Gianfranco Librandi e Michele Anzaldi. Con Renzi la fedelissima Maria Elena Boschi insieme a Mattia Mor e Marco Di Maio. Poi Ettore Rosato, Luigi Marattin, Lucia Annibali, Silvia Fregolent, Mauro Del Barba e Gennario Migliore. Tra i senatori si parla di Francesco Bonifazi, Tommaso Cerno, Davide Faraone, Nadia Ginetti, Eugenio Comincini e Mauro Laus. «Nessun timore della concorrenza al centro di un’eventuale soggetto creato da Carlo Calenda insieme a Matteo Richetti». Dario Franceschini, tra i registi del Conte-bis, evoca i peggiori fantasmi del Novecento: «Negli anni Venti le divisioni dei partiti li resero deboli fino a far trionfare Mussolini, la storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori». Alcuni renziani, peraltro, resteranno nel Pd come spine nel fianco di Conte e Zingaretti: restano al loro posto Luca Lotti e Lorenzo Guerini, neo-ministro della difesa, insieme al sindaco fiorentino Dario Nardella. Secondo l’arcinemico Enrico Letta, la scissione è «una cosa non credibile», perché «non c’è alcuno spazio per una scissione a freddo». Per Luigi Zanda, lo strappo è «un trauma».Al “Times”, Renzi ha dichiarato: «Siamo 1 a 0 contro il populismo: è importante sconfiggere Salvini fra la gente, non solo politicamente». Operazione ampiamente annunciata, nelle scorse settimane, dal saggista Gianfranco Carpeoro: «Il grande potere massonico reazionario delle Ur-Lodges, a cui Renzi si era rivolto inutilmente quando era premier, gli aveva promesso di farlo finalmente entrare nel grande giro se fosse riuscito a sabotare il governo gialloverde». C’è riuscito mostrando straordinaria prontezza, aiutato dalla cinica disinvoltura del suo “socio”, Beppe Grillo, che ha “suicidato” i 5 Stelle nell’abbraccio col Pd. Ora siamo al secondo step: azzoppati i gialloverdi, Renzi passa a demolire il Pd zingarettiano. Messaggio rivelatore: le sue rassicurazioni a Conte. «Renzi è un fuoriclasse, nell’arte politica dell’imbroglio», ricorda Carpeoro: dopo aver giocato Bersani, Berlusconi e Letta, aveva giurato agli italiani che si sarebbe ritirato dalla politica dopo aver perso il referendum del 2016. Ora promette fedeltà a Conte. Capeoro rinnova il suo pronostico: il governo durera 90 giorni, al più tardi cadrà a gennaio. Su Palazzo Chigi incombe Mario Draghi, mentre Romano Prodi sogna il Quirinale. E intanto Salvini ha ripreso a volare nei sondaggi.Giuseppe, stai sereno: «Sosterrò convintamente il governo Conte-bis». Così Matteo Renzi, nell’annunciare al premier il divorzio dal Pd: «Formeremo due gruppi parlamentari, uno di 25 deputati alla Camera e un altro tra i 12-15 senatori a Palazzo Madama. Due nuovi soggetti che saranno decisivi per la maggioranza e per il governo», afferma l’ex rottamatore, determinante – insieme a Grillo – per la nascita del governo giallorosso, e ora (più che mai) vero padrone dell’esecutivo. Un governo-mostro, voluto da Bruxelles e dell’establishment italiano per centrare tre obiettivi: fermare la corsa di Salvini, rinnovare le centinaia di super-cariche di Stato in scadenza nel 2020 e ipotecare il successore di Mattarella al Quirinale. Campane a morto per Zingaretti, e doccia fredda anche dai sondaggi. Mentre il nuovo partito di Renzi faticherebbe a raggiungere il 5%, secondo la Swg (rilevazione diffusa da Mentana su “La7”) la Lega “scippata” del voto sta dominando la scena (34%), con Fratelli d’Italia al 7% e Forza Italia poco sotto il 6%. Galleggia attorno al 20% il fantasma del Movimento 5 Stelle, mentre il Pd (al 21,5%) ora subirà il salasso renziano. «Solo chi è a digiuno di politica – dice Renzi – non capisce questa mia scelta». Nell’esecutivo ha alcuni dei suoi che molto probabilmente lo seguiranno: due ministre, Teresa Bellanova (agricoltura) e Elena Bonetti (famiglia), la viceministra Anna Ascani e il sottosegretario Ivan Scalfarotto.
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Sapelli: Ursula e Macron affondano l’Italia, complice Renzi
Luna di miele con l’Europa? Per nulla. Anzitutto, l’Europa è di nuovo un protettorato tedesco, che ha un formidabile alleato come la Francia. È il duopolio scritto nel Trattato di Aquisgrana. E il prossimo passo sarà che la Francia farà il trattato italo-francese, già scritto da Renzi sotto dettatura di Macron e sulla cui bozza non abbiamo ancora assistito ad alcun dibattito parlamentare, in base al quale la Francia si piglierà tutto. Basta vedere chi è la nuova commissaria all’industria militare, alla difesa e all’industria spaziale: la francese Goulard, che ha già lavorato con Monti e con Prodi. Però la partita è ancora aperta, perché gli italiani, durante il governo gialloverde, hanno concluso un accordo per il caccia Tempest inglese, che è un attacco al predominio franco-tedesco nell’industria degli armamenti. Non so se il Conte-2 terrà ancora duro su questo punto. La nuova Commissione Ue ci tratterà meglio? No, perché, Ursula von der Leyen non è solo la mamma di sette figli, di cui uno siriano adottato, ma è soprattutto la figlia del più grande intellettuale protestante, Ernst Albrecht, il primo segretario generale dell’Ue. Quindi è senz’altro europeista, ma è figlia di quel protestantesimo che ha visto nell’Europa la possibilità di riscattarsi dal nazismo. E’ una persona che prende sul serio l’ordoliberismo, di cui sono un convinto avversario.
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Parla Conte, come se fosse antani: ma gli italiani non ridono
Ci vuole impegno, per credere che la partita italiana abbia davvero a che fare, in qualche modo, con le grandi decisioni del mondo – di questo mondo, poi, che sembra preda di un caos mai visto prima, lacerato da verti incrociati e guerre finanziarie interpretate da oligarchi globali, l’un contro l’altro armato. Visto col telescopio, dalla Luna, sembra surreale il ciuffo di Giuseppe Conte, reduce dalla più goffa delle manovre: Gentiloni promosso all’Ue, che in cambio commissaria il governo (già auto-commissariato, peraltro) sistemando l’euro-tecnocrate Roberto Gualtieri all’economia. Intanto si ciancia, “come se fosse antani”: Green Deal sostenibile, rinascita del Mezzogiorno, eccetera, come neppure il grande Tognazzi di “Amici miei”. A tre italiani su quattro, il Conte-bis fa ribrezzo: lo confermano tutti i sondaggi. E mentre il fantasma di Di Maio si aggira per i ministeri ex gialloverdi, il Pd neo-renziano trascina in tribunale il disertore Matteo Richetti, costringendolo a versare i contributi arretrati alla “ditta”. Nel frattempo, gli italiani parlano coi fatti: le ultime elezioni regionali hanno relegato i 5 Stelle tra specie in via di estinzione, lungo il viale del tramonto dove si attarda l’inguardabile Pd. Esito confermato in modo spietato dalle europee, con in più un dato eloquentissimo: un italiano su due ha evitato di votare.
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Carpeoro: Draghi a Palazzo Chigi e poi Prodi al Quirinale
«Ancora state a sentire quel che dicono i politici? Prendete i 5 Stelle: non si erano presentati come quelli che dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno? E se io mi presentassi come Brigitte Bardot, sarei credibile?». Come dire: è peggio il politico cialtrone o l’elettore che gli crede? Con il consueto gusto per il paradosso, Gianfranco Carpeoro regala fotogrammi personalissimi di quest’Italia scassata e tragicomica: «Potremmo trovarci Mario Draghi a Palazzo Chigi e Romano Prodi al Quirinale. Servirà una buona dose di bicarbonato». Massone, saggista, attento osservatore dei retroscena del potere, Carpeoro conferma le sue previsioni: il Conte-bis «durerà appena 90 giorni, al più tardi andrà a casa a gennaio». Magari per “merito” di Matteo Renzi, sponsor del governo giallorosso al 50% con Beppe Grillo, che ha spinto i suoi parlamentari tra le braccia del vituperatissimo Pd. E’ serio, tutto questo? Forse no, però resta un fatto: questa è la minestra che passa il convento. «E Renzi è stato ancora una volta il più lesto ad approfittarne, anche se Salvini aveva comunque preparato a tavolino la caduta dell’esecutivo gialloverde, d’intesa con Zingaretti».Constatazioni a margine: una volta di più – dice Carpeoro, in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – bisogna ammettere che Renzi «è un autentico fuoriclasse, nell’arte politica di fregare il prossimo». E’ riuscito a tagliare le gambe a Zingaretti mantenendo il controllo dei parlamentari Pd, ma anche a costringere i 5 Stelle al matrimonio d’interesse con l’odiato “partito di Bibbiano”, oltre a che ad allontanare le elezioni anticipate per le quali scalpitava Salvini. Ora sembra rimasto escluso dai giochi di potere per la conquista dei sottosegretari. Ma è solo apparenza, avverte Carpeoro: «Siete sicuri che volesse davvero metterci i suoi fedelissimi, in questi posti? Lui e la Boschi l’avevano detto subito: non ci sarebbero entrati, nel Conte-bis». Hanno un piano alternativo? «Probabile. Tra un po’, Renzi potrebbe staccarsi dal Pd e creare gruppi parlamentari autonomi». Un’eventuale accelerazione dell’instabilità non farebbe che dare consistenza alla “profezia” di Carpeoro: elezioni anticipate in primavera. E poi magari un bel governo tecnico, con Draghi al posto di Conte. Gran finale: Prodi al Quirinale dopo Mattarella? «Sicuramente Prodi ci spera». Ma lui e Draghi non sono la stessa cosa: «La finanza laica e la finanza cattolica restano aree di potere distinte, anche se poi magari a volte fanno le stesse cose».Su un punto, Carpeoro insiste: oltre a Grillo, decisivo per far convergere i pensastellati verso l’inciucio, il vero regista italiano del Conte-bis è Matteo Renzi. Ma non doveva essere ampiamente defunto? «Sia che si tratti di lui o di Berlusconi, o di chiunque altro sia al vertice, il vizio imperdonabile di molti italiani sta nella demonizzazione di chi comanda: l’uomo al governo viene sommerso di insulti». Col Cavaliere, prima ancora delle notti brave di Arcore, si parlò di maxi-tangenti inesistenti e persino di mafia. «Poi però s’è visto che tipo di ruolo fosse persino quello di Dell’Utri: in realtà Berlusconi fu minacciato, dalla mafia». A Craxi tirarono le monetine, mentre Renzi è stato denigrato in modo spietato. «Tutto questo – dice Carpeoro – perché non si voleva ammettere che avesse la stoffa del leader e che fosse arrivato ai vertici». Vizio italico: scatenare la macchina del fango, per negare l’evidenza. In controluce: debolezza politica del sistema. «Si ricorre all’insulto quando non si ha il coraggio di sfidare l’avversario sul terreno politico». Non che abbia ben governato, Renzi. Idem Berlusconi. Ma chi ha fatto loro la guerra, ora dov’è? I 5 Stelle sono a tavola col “partito della Boschi”. E il governo è appaltato allo sconosciuto Conte, amico di Macron e della Merkel più che degli italiani. Bel risultato, davvero.«Ancora state a sentire quel che dicono i politici? Prendete i 5 Stelle: non si erano presentati come quelli che dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno? E se io mi presentassi come Brigitte Bardot, sarei credibile?». Come dire: è peggio il politico cialtrone o l’elettore che gli crede? Con il consueto gusto per il paradosso, Gianfranco Carpeoro regala fotogrammi personalissimi di quest’Italia scassata e tragicomica: «Potremmo trovarci Mario Draghi a Palazzo Chigi e Romano Prodi al Quirinale. Servirà una buona dose di bicarbonato». Massone, saggista, attento osservatore dei retroscena del potere, Carpeoro conferma le sue previsioni: il Conte-bis «durerà appena 90 giorni, al più tardi andrà a casa a gennaio». Magari per “merito” di Matteo Renzi, sponsor del governo giallorosso al 50% con Beppe Grillo, che ha spinto i suoi parlamentari tra le braccia del vituperatissimo Pd. E’ serio, tutto questo? Forse no, però resta un fatto: questa è la minestra che passa il convento. «E Renzi è stato ancora una volta il più lesto ad approfittarne, anche se Salvini aveva comunque preparato a tavolino la caduta dell’esecutivo gialloverde, d’intesa con Zingaretti».
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Grillo decisivo: dalla “rivoluzione” alla palude giallorossa
Vuoi vedere che c’è un nesso tra il voltafaccia di Grillo, improvvisamente innamoratosi del “partito di Bibbiano e della Boschi”, e le indagini su suo figlio Ciro, indiziato per stupro, emerse solo dopo l’accordo per il Conte-bis anche se i fatti risalirebbero a luglio? L’ipotesi è maliziosamente ventilata su “Micidial” da Massimo Bordin, vicino all’elettorato dei 5 Stelle: chi votò Di Maio nel 2018 lo fece «perché contrario alla politica del governo precedente, guidato da un partito – il Pd – a torto o a ragione considerato la quintessenza del “sistema”». Come accettare che ora il M5S vada a braccetto con Renzi? Voltagabbana, d’accordo: ma non è che li hanno minacciati? Suona perlomeno sospetto, sostiene Bordin, il perfetto sicronismo tra le rotture simmetriche di Salvini e Grillo per staccare la spina al governo gialloverde. Alla richiesta di Salvini (elezioni anticipate), Grillo ha risposto a stretto giro di posta, sdoganando improvvisamente il Pd. Ma a parte le dietrologie di Bordin, dichiaratamente sopra le righe («questo pezzo è ironico e vietato ai cretini: dunque non leggetelo, se non avete senso dell’umorismo») c’è chi pensa che il M5S non sia mai stato altro, fin dall’inizio, che un semplice contenitore di dissenso, per dirottare la rabbia popolare verso esiti innocui. Solo gatekeeping per elettori ingenui? Non la pensa così Gioele Magaldi: senza i 5 Stelle, dice, la politica italiana sarebbe ancora congelata nel vecchio freezer.Eminente dietrologo, autore del saggio “Massoni” in cui smaschera i maggiori protagonisti della politica italiana rivelandone l’identità supermassonica (l’affiliazione alle superlogge internazionali), Magaldi inforca gli occhiali della politologia per rivendicare giustizia per i 5 Stelle: solo la “discesa in campo” di Grillo – sostiene, in video-chat su YouTube – ha reso fluido il panorama politico italiano, prima ingessato nel finto scontro tra centrodestra e centrosinistra. Due forze che hanno paralizzato per decenni qualsiasi riforma progressista, sottoponendo entrambe il paese alla ricetta imposta dal neoliberismo imperante, somministrato agli europei (sotto forma di austerity) attraverso la tecnocrazia di Bruxelles. Taglio dei deficit, aumento delle tasse, privatizzazioni e precarizzazione del lavoro. Vero obiettivo, fissato dall’élite neo-oligarchica della massoneria reazionaria: impedire allo Stato di continuare a produrre benessere diffuso. Il sociologo Luciano Gallino la chiamò “lotta di classe alla rovescia”, sintetizzando: è stata un’operazione storica, che ha drenato risorse dal basso verso l’alto, grazie alla finanziarizzazione globalizzata dell’economia che ha impoverito la classe media, erodendo i risparmi e costringendo i giovani alla disoccupazione o alla precarietà di lavoretti iper-flessibili e sottopagati. Risultato automatico: il boom dei grillini e ora della Lega.E’ stato proprio Grillo, ricorda Magaldi, a terremotare la palude italiana: senza di lui, staremmo ancora a parlare (in modo sempre più surreale) di destra e sinistra. Terminologie sepolte dalla storia e dall’attualità, oggi tornate in voga in modo abusivo: il nuovo ministro dell’economia Roberto Gualtieri, in quota alla componente teoricamente “di sinistra” del governo “giallorosso”, in realtà «viene dai bassi ranghi della cucina neoliberista e neoaristocratica europea», vale a dire «la destra economica più reazionaria». Non a caso, Gualtieri fu addirittura «applaudito da Christine Lagarde», la lady di ferro del Fmi che mise in ginocchio il popolo greco, costringenolo alla fame. Per contro, tra le fila della Lega spiccano gli unici economisti virtualmente “di sinistra” sulla scena politica, come i keynesiani Alberto Bagnai (Senato) e Antonio Maria Rinaldi (Parlamento Europeo). Meglio rottamarla, la dicotomia destra-sinistra, se serve solo a imbrogliare le carte. E il primo a farlo – ricorda sempre Magaldi – fu proprio Beppe Grillo, dieci anni fa, con il movimento creato insieme a Gianroberto Casaleggio. Lo stesso Magaldi, peraltro, non ha mai fatto sconti ai grillini, colpevoli di troppe confusionarie incongruenze e qualche imperdonabile ipocrisia. Per esempio, quella sulla massoneria: demonizzata in pubblico ma frequentata sottobanco.«Era massone, Gianroberto Casaleggio», dice Magaldi: «E fu lui stesso a dirmi che non intendeva rivelarlo». Il figlio, Davide, lo ha smentito a mezzo stampa: «Mio padre non è mai stato massone». Casaleggio junior, però, si è sottratto all’invito di Magaldi: «Partecipi con me a un incontro pubblico: gli spiegherò quando e come suo padre fu iniziato massone, e perché non voleva che si sapesse». Da Casaleggio a Di Maio, il passo è breve: «In modo ipocrita e anche incostituzionale, i 5 Stelle hanno vietato ufficialmente ai massoni l’accesso al Movimento e all’area gialloverde, pur sapendo che il primo governo Conte era imbottito di massoni, da Tria a Moavero, per non parlare dei sottosegretari». Primo: discriminare qualcuno per la sua appartenenza è contrario alla Costituzione. Secondo: era massone Meuccio Ruini, coordinatore della Costituente. «Niente di strano: se l’Italia fosse meno ipocrita, ammetterebbe che la stessa democrazia – libertà, diritti, suffragio universale – è una conquista storica della massoneria». Ma a parte i grembiulini, a sconcertare è stato il vuoto politico dei 5 Stelle. Ai tanti proclami non è mai seguito quasi nulla. In un solo anno, i grillini al governo hanno disatteso tutte le loro promesse: elettori traditi sull’obbligo vaccinale, sul Muos e gli F-35, sulle trivelle in Adriatico, sull’Ilva di Taranto, sul gasdotto Tap, e infine anche sul Tav Torino-Lione. Politica alternativa? Non pervenuta. Mai una parola chiara sul paradigma economico da adottare. Un caso?A proposito di gatekeeping: già nel 2016, Grillo tentò in modo tragicomico di traslocare il gruppo europarlamentare, lasciando l’Ukip populista di Farage per gli ultra-euristi dell’Alde. E questo, dopo aver agitato lo spettro di un referendum sull’euro. Almeno a parole, la Lega lo ha affrontato davvero, il problema-Bruxelles (i grillini, mai). Era stato Salvini, infatti, a candidare all’economia Paolo Savona: già ministro con Ciampi – e non a caso temuto da Draghi e Juncker – Savona avrebbe avuto l’autorevolezza necessaria a rinegoziare condizioni favorevoli all’Italia. Azzoppato sul nascere, il governo gialloverde si è ridotto alla misera elemosina del “reddito di cittadinanza” trasformato in un’amara beffa, mentre solo la Lega (con le pensioni facilitate da Quota 100) ha messo mano, davvero, all’economia delle famiglie. La Flat Tax? Sabotata con le dimissioni forzate del suo ideatore, Armando Siri, e poi insabbiata da Tria e da Conte insieme all’altro escamotage leghista per aggirare l’euro-rigore, cioè l’introduzione di moneta parallela (“minibiot”, crediti fiscali scambiabili). Dai grillini, nessuna vera battaglia. Ma peggio: i 5 Stelle hanno gatto harariki facendo eleggere la tedesca Ursula von der Leyen, candidata della Merkel, alla Commissione Europea: un ceffone plateale, rifilato a Salvini (e agli italiani).Checché ne pensi Bordin, che evoca il possibile giallo politico sul figlio di Grillo, non stupisce più di tanto il voltafaccia del Beppe nazionale, che ora ha costretto Di Maio a ingoiare Renzi e accettare Conte come nuovo “leader di fatto”, perfetto supplente per la smarrita scolaresca grillina, terrorizzata all’idea di perdere la poltrona in caso di elezioni anticipate. Nemmeno Salvini, peraltro, sarebbe sufficiente a cambiare le regole del gioco. A differenza della maggioranza degli osservatori, Magaldi sostiene comunque che il leader della Lega abbia scelto accuratamente di rompere, consapevole del fatto che, viceversa, sarebbe finito in trappola: la nuova finanziaria lo avrebbe costretto a deludere gli elettori, grazie all’azione frenante esercitata da Conte su ordine dei poteri eurocratici anche attraverso i consueti terminali italiani, dal Quirinale a Bankitalia. Ci si sono messi anche i giornali, che hanno gonfiato la barzelletta del Russiagate, polpetta avvelenata cucinata da servizi segreti (di quelli italiani la delega è rimasta a Conte, non al ministro dell’interno). Ma neppure i magistrati hanno scherzato: quelli siciliani hanno accusato Salvini di “sequestro di persona” per aver impedito lo sbarco di migranti (che in realtà erano liberi di andarsene altrove). E quelli di Genova hanno condannato la Lega a versare 49 milioni di euro allo Stato: il conto esorbitante di un ammanco presunto, solo teorico, calcolato in base ai rimborsi elettorali pluriennali, e non legato alla cifra contestata a Bossi (inferiore al milione di euro) quando Salvini era solo consigliere comunale a Milano. Messaggio chiarissimo: tagliare i fondi a un partito, impedendogli materialmente di fare politica, significa privare gli elettori di precisi diritti democratici. Evidente il fine: sbarazzarsi di Salvini, con ogni mezzo. Magari il più classico: la congiura di palazzo all’italiana, attingendo all’endemico trasformismo parlamentare, alla faccia degli elettori.Attenzione: Salvini non ha subito gli eventi. Secondo Magaldi, al contario, li ha calcolati con precisione e tempismo. Se ha tardato tanto a staccare la spina (Giorgetti premeva per la rottura già alle europee) è stato per lasciare pochissimo tempo all’inciucio, di fronte allo spettro dell’aumento dell’Iva nel caso saltasse la finanziaria: se avessero voluto davvero evitare le elezioni, o almeno un super-rimpasto (cacciando Conte e Tria) i “traditori” avrebbero dovuto ribaltare la loro posizione dalla sera alla mattina, di fronte agli italiani – come infatti è avvenuto. Risultato: lo sconcio è visibile dalla Luna. E questo pone Salvini (non vittima, ma regista dell’operazione) in una posizione privilegiata: potrà demolire ogni giorno gli eroi del Conte-bis, preparandosi all’incasso. Non senza prima “aver studiato”, aggiunge Magaldi: Salvini sa benissimo che la sua Lega – già profondamente migliorata, rispetto al Carroccio nordista di Bossi – non è ancora adeguata alla guida del paese. Per molti aspetti è assai meglio della concorrenza, ma non basta: occorre crescere ancora in senso keynesiano, per sfidare la Disunione Europea – non con l’arma spuntata del sovranismo, opportunistico e miope, ma chiedendo a Bruxelles una Costituzione democratica capace di restituire vera sovranità ai cittadini europei.Senza riscrivere i trattati non si va da nessuna parte: il Conte di turno non potrà che replicare gli inchini di Letta, Renzi e Gentiloni, sperando solo nelle briciole (come quelle che ora probabilmente saranno elargite, assolutamente insufficienti a rilanciare l’economia italiana). Primo passo: chiedere di stralciare dal bilancio le misure salva-Italia. E cioè: taglio del cuneo fiscale per le aziende, abbattimento delle tasse per tutti, investimenti produttivi e rigenerazione delle infrastrutture strategiche. Temi su cui insiste il Movimento Roosevelt presieduto da Magaldi, tra i padri del cantiere politico del “Partito che serve all’Italia”. Obiettivo: rianimare la prospettiva progressista, resuscitando la democrazia sostanziale. «Non serve creare l’ennesimo partitino autoreferenziale», chiarisce Magaldi: occorre un partito di massa, capace di cavalcare «le praterie che si sono aperte». Alle europee un elettore su tre ha votato Lega, ma quasi metà degli aventi diritto ha disertato le urne: italiani nauseati dal Pd, delusi dai 5 Stelle, non convinti da Salvini. Magaldi appare fiducioso: presto o tardi, sembra dire, la verità risulterà evidente anche ai più sprovveduti. E chi ancora dorme sarà svegliato dalle “meraviglie” del Conte-bis, condannato in partenza a obbedire ai diktat di chi ha messo l’Italia nei guai. Con buona pace dei grillini, che hanno sconcertato il loro elettorato. Oggi risalirebbero nei sondaggi manistream? Strano: alle ultime regionali sono letteralmente scomparsi. E ora il voto in Umbria e in Emilia dirà cosa resta, davvero, del grande bluff pentastellato.08:37 11/09/2019Vuoi vedere che c’è un nesso tra il voltafaccia di Grillo, improvvisamente innamoratosi del “partito di Bibbiano e della Boschi”, e le indagini su suo figlio Ciro, indiziato per stupro, emerse solo dopo l’accordo per il Conte-bis anche se i fatti risalirebbero a luglio? L’ipotesi è maliziosamente ventilata su “Micidial” da Massimo Bordin, vicino all’elettorato dei 5 Stelle: chi votò Di Maio nel 2018 lo fece «perché contrario alla politica del governo precedente, guidato da un partito – il Pd – a torto o a ragione considerato la quintessenza del “sistema”». Come accettare che ora il M5S vada a braccetto con Renzi? Voltagabbana, d’accordo: ma non è che li hanno minacciati? Suona perlomeno sospetto, sostiene Bordin, il perfetto sicronismo tra le rotture simmetriche di Salvini e Grillo per staccare la spina al governo gialloverde. Alla richiesta di Salvini (elezioni anticipate), Grillo ha risposto a stretto giro di posta, sdoganando improvvisamente il Pd. Ma a parte le dietrologie di Bordin, dichiaratamente sopra le righe («questo pezzo è ironico e vietato ai cretini: dunque non leggetelo, se non avete senso dell’umorismo») c’è chi pensa che il M5S non sia mai stato altro, fin dall’inizio, che un semplice contenitore di dissenso, per dirottare la rabbia popolare verso esiti innocui. Solo gatekeeping per elettori ingenui? Non la pensa così Gioele Magaldi: senza i 5 Stelle, dice, la politica italiana sarebbe ancora congelata nel vecchio freezer.
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Carpeoro: Salvini cala? Entro 90 giorni si torna a votare
«Il Conte-bis durerà appena tre mesi: entro 90 giorni lo scenario-elezioni diventerà probabile al 99%». Lo afferma Gianfranco Carpeoro, attento osservatore dei retroscena italiani. L’indizio: l’erosione del consenso di Salvini, ora che non è più sovraesposto, sui media, come ministro dell’interno impegnato nello stop agli sbarchi dei migranti. Il ragionamento: non appena i sondaggi confermeranno il trend – sfavorevole alla Lega, e con piccoli segnali di ripresa per la concorrenza – Pd e 5 Stelle romperanno il patto per tornare alle urne. Se questo accadrà «a fine anno, o al più tardi a gennaio», sullo sfondo sarà presente un convitato di pietra, Mario Draghi, che a novembre si sarà disimpegnato dalla guida della Bce. Già nei mesi scorsi, Carpeoro aveva segnalato l’esistenza di un piano-Draghi: forti pressioni sul super-banchiere, da parte delle superlogge più reazionarie, per spingerlo verso Palazzo Chigi. Ipotesi che secondo alcune fonti Draghi non gradirebbe, mirando il realtà al Quirinale, dopo Mattarella (e un uomo accorto come Draghi sa benissimo che la guida del governo potrebbe renderlo impopolare, fino a precludergli il Colle). Per contro, con le elezioni antcipate Zingaretti si libererebbe di Renzi.Più che le trame della sovragestione internazionale – dice Carpeoro, in streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – potrebbero pesare molto, nella partita italiana, gli interessi di bottega dei partiti in lizza. «Nessuno di questi, nemmeno la Lega, ha una visione strategica della situazione: nessuno dice come vorrebbe l’Italia tra dieci anni, e il peggio è che a non chiederglielo sono proprio gli italiani, in primis, che si accontentano di aspetti superficiali e irrilevanti». Esempio: «Può spostare voti il solo fatto che Di Maio si faccia fotografare mano nella mano con la fidanzata». Idem, ieri, le “barricate” di Salvini contro gli sbarchi: «E’ semplicemente da coglioni – dice Carpeoro, letteralmente – pensare che un problema come l’immigrazione si possa risolvere solo proibendo ai migranti di sbarcare: da che mondo è mondo l’uomo si sposta, e il Sacro Romano Impero nacque dalle invasioni barbariche, che altro non erano che forme – anche violente – di immigrazione». Il problema? «Non è stata mai creata un’agenzia per gestire l’immigrazione, capendo da cosa è originata, da quali paesi, per quali motivi. I problemi vanno governati: il non-governo è la soluzione peggiore, quella che danneggia tutti, migranti e italiani».Con mesi di anticipo sui recenti sviluppi della crisi di governo, Carpeoro aveva avvertito: «C’è un piano di origine supermassonica, che coinvolge Renzi e Grillo, per far fuori Salvini». Di fronte alla rottura decisa dal leader leghista, Carpeoro non ha avuto esitazioni nell’interpretarla come una scelta obbligata: «Salvini ha capito che, se fosse rimasto al governo, l’avrebbero cucinato a fuoco lento entro la fine dell’anno». Indagini a tappeto, Russiagate, stop alla Flat Tax, niente autonomia per Lombardia e Veneto: sarebbe stato costretto a deludere i suoi elettori. Ora, Pd e M5S si sono “attovagliati” con un programma ridicolo, inconsistente, e quindi applaudito da tutti i grandi poteri europei, che fingono di scambiare Giuseppe Conte per uno statista. Prima spettacolare mossa, ampiamente sbandierata: il taglio dei parlamentari. «Quel provvedimento – ricorda Carpeoro – era incluso nel famoso Piano di Rinascita Democratica della P2 di Licio Gelli. Ma quello che non si dice – aggiunge l’avvocato – è che la riduzione dei parlamentari fu ripresa pari pari dal piano di Gelli nella proposta di riforma avanzata dai magistrati di Mani Pulite. Era stato uno di loro, Gherardo Colombo, a scoprire quel piano a Villa Wanda: e il bello è che Colombo spedì a fare la perquisizione un capitano della Guardia della Finanza, che poi risultò lui stesso membro della P2».«Il Conte-bis durerà appena tre mesi: entro 90 giorni lo scenario-elezioni diventerà probabile al 99%». Lo afferma Gianfranco Carpeoro, attento osservatore dei retroscena italiani. L’indizio: l’erosione del consenso di Salvini, ora che non è più sovraesposto, sui media, come ministro dell’interno impegnato nello stop agli sbarchi dei migranti. Il ragionamento: non appena i sondaggi confermeranno il trend – sfavorevole alla Lega, e con piccoli segnali di ripresa per la concorrenza – Pd e 5 Stelle romperanno il patto per tornare alle urne. Se questo accadrà «a fine anno, o al più tardi a gennaio», sullo sfondo sarà presente un convitato di pietra, Mario Draghi, che a novembre si sarà disimpegnato dalla guida della Bce. Già nei mesi scorsi, Carpeoro aveva segnalato l’esistenza di un piano-Draghi: forti pressioni sul super-banchiere, da parte delle superlogge più reazionarie, per spingerlo verso Palazzo Chigi. Ipotesi che secondo alcune fonti Draghi non gradirebbe, mirando il realtà al Quirinale, dopo Mattarella (e un uomo accorto come Draghi sa benissimo che la guida del governo potrebbe renderlo impopolare, fino a precludergli il Colle). Per contro, con le elezioni antcipate Zingaretti si libererebbe di Renzi.