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Franceschetti: perché il potere ha paura della spiritualità
Oppio dei popoli? Sì, quando la religione “perde l’anima” e si trasforma in struttura di potere basata su oscuri dogmi. Ma se si indaga su Buddha, Cristo e Maometto, sull’Ebraismo e sull’Induismo, si scopre che il messaggio fondamentale – la potenza assoluta della dimensione spirituale – è stato regolarmente neutralizzato e rimosso, specie in Occidente, perché mette in crisi il nostro sistema basato sul dominio: «Un individuo che vive la sua spiritualità è più libero dalle paure, quindi meno controllabile: ecco perché la spiritualità è stata così accanitamente combattuta, anche attraverso le stesse burocrazie religiose». Il giurista e saggista Paolo Franceschetti sostiene di averne avuto conferma studiando le grandi religioni. Dall’India al Medio Oriente, tutti i leader religiosi originari hanno trasmesso il medesimo credo, assolutamente positivo e destabilizzante: la divinità è già presente in noi, bisogna solo imparare ad “attivarla”. La rivelazione: è possibile trasformare radicalmente la propria vita, aprire gli occhi e superare ogni problema “trovando Dio” innanzitutto con la meditazione. Una verità che l’élite mondiale conosce da sempre e che ha cercato di tenere nascosta, sostiene Franceschetti. Ma ormai “i tempi stanno cambiando”, come cantava il giovane Dylan. E il “grande risveglio” è già cominciato.Avvocato e docente universitario, Franceschetti ha di recente abbandonato l’avvocatura per sfiducia nella giustizia: clamorosa la sua denuncia dei misfatti del potere occulto, contenuta nel suo seguitissimo blog e in libri come “Sistema massonico e Ordine della Rosa Rossa” (Uno Editori). La tesi: al vertice del potere si nasconde un clan oscuro, di formazione esoterica, dedito anche ad omicidi rituali come quelli del “Mostro di Firenze”, fino ai casi di cronaca più recenti, da Cogne a Yara Gambirasio, di cui i media omettono regolarmente i dettagli fondamentali che illuminerebbero il vero movente, quello dei sacrifici umani. Tutto cominciò quando Franceschetti venne chiamato, in carcere, da due giovani condannati all’ergastolo per il caso delle “Bestie di Satana”: «Avvocato, non pretendiamo di uscire di qui», gli dissero. «Vorremmo solo sapere perché siamo detenuti a vita, dal momento che non abbiamo mai ucciso nessuno». Dice Franceschetti: «Ho scoperto che le indagini erano state molto superficiali, e le condanne scaturite solo dall’ambigua confessione di uno dei presunti complici, in un contesto di fatti che non potevano reggere a una ricostruzione accurata».Frugando nelle cronache italiane, il legale ha intravisto un abisso: depistaggi, falsificazioni sistematiche, omissioni, capri espiatori, manovre coperte dal silenzio o dal chiasso mediatico. Domanda inevitabile: «Chi e perché agisce così? Cosa c’è nella mente di chi compie omicidi rituali, puntualmente spacciati per delitti ordinari, ancorché inspiegabili perché privi di un movente credibile?». I suoi molti lettori conoscono il coraggio e la generosità di Franceschetti, onnipresente sul web e in decine di conferenze lungo la penisola. Dopo la tragica perdita della compagna, si è impegnato persino sul difficile fronte della medicina democratica, con un blog – il primo in Italia – che presenta l’offerta esistente di cure alternative, tutte rivelatesi valide, per guarire dai tumori (il suo “testimonial” è stato un medico di Brescia, malato terminale, salvato in extremis dallo stesso Franceschetti che l’ha convinto a sottoporsi al Protocollo D’Abramo, basato sull’assunzione di vitamine e semplici biofarmaci naturali).Franceschetti pratica il buddhismo da molti anni, frequenta corsi di meditazione Yoga, è in intimità con religiosi cattolici. «La mia esperienza di avvocato poteva stroncarmi, sono stato minacciato, ho vissuto grandi pericoli. Ho rischiato la morte, e ho capito che – una volta rimossa quella paura – si diventa molto più forti». Proprio interrogandosi sul mistero dell’orrore quotidiano delle cronache, indagato con straordinaria tenacia per molti anni, Franceschetti è pervenuto a una conclusione spiazzante: «Chi uccide innocenti, in apparenza senza motivo, in realtà un suo movente ce l’ha: però è occulto e inconfessabile, di matrice esoterica. E il passo successivo è scoprire che quasi tutti i potenti della terra praticano la magia, la stessa magia che – in pubblico – sono sempre pronti a deridere. La loro è una spiritualità deviata, ma sono ben consci del potere della spiritualità vera: quella che ci nascondono con ogni mezzo, facendola sparire dai giornali, dalla televisione, persino dai telefilm: gli eroi della fiction lottano tra loro, scherzano, fanno sesso, ma nessuno mai che preghi, che esprima convinzioni religiose o almeno politiche. Non è un caso: gli egemoni vogliono che non ce ne occupiamo, dobbiamo restare completamente soli di fronte a Equitalia, al lavoro perduto, alle bollette che non sappiano come pagare. Il loro piano è semplice: ci vogliono sottomessi e prigionieri delle nostre paure, privi di soluzioni per raggiungere indipendenza, libertà, serenità e felicità».Una risposta illuminante, Franceschetti l’ha trovata nell’ispirazione originaria delle principali religioni del pianeta: ad esse è dedicato il suo ultimo libro, “Le Religioni”, che passa in rassegna le maggiori espressioni del pensiero religioso mondiale. Dal politeismo solo apparente dell’Induismo, dove la folla allegorica di divinità è in realtà sottoposta all’immanenza suprema del Brahman, fino alla più rarefatta manifestazione del perfetto monoteismo, l’Islam di Maometto, che – come anche l’Ebraismo – non ammette venerazioni intermedie come quelle dei santi cattolici, e dimostra un’insospettabile apertura universalistica: se Allah avesse voluto una sola religione, recita il Corano, solo quella ci sarebbe sulla Terra. Attraverso un approccio metodico, ricco di fonti e citazioni anche intensamente poetiche, come quelle dei grandi mistici di ogni provenienza, l’autore presenta in modo sistematico ciascun impianto religioso, le sue origini, il credo e le ritualità, ma si concentra sempre sul nocciolo essenziale di ogni espressione religiosa: cerca e trova il suo cuore mistico, spirituale. «E la sorpresa è questa: tutte le religioni, allo stato puro, esprimono la stessa verità».Inoltre, continua l’ex avvocato, ogni religione fornisce istruzioni precise per coltivare in modo concreto la pratica spirituale quotidiana, «capace di rafforzarci fino a risolvere ogni problema, grazie a un nuovo approccio non più succube della paura: proprio quel genere di strumento che la Chiesa cattolica, erede diretta dell’Impero Romano, ha accuratamente rimosso». Molto netta, nel libro, la denuncia della “manipolazione storica” operata dalla Chiesa di Roma, quella di Pietro e Paolo («non a caso: il primo rinnegò Cristo, il secondo non lo conobbe mai»), contro cui si batté per secoli il network segreto, “giovannita”, che in nome del “vero messaggio di Cristo” schierò i migliori intellettuali della cristianità – da Gioacchino da Fiore a Giordano Bruno, passando per Dante Alighieri e Leonardo da Vinci – in una sotterranea battaglia bimillenaria: San Bernardo e i Templari, San Francesco d’Assisi, San Benedetto da Norcia e gli amanuensi (accesso diretto alle fonti), i “Fidelis in Amore” e i Giordaniti, i Rosacroce, fino ai massoni. «L’amore che cita Dante, quello che “move il Sole e l’altre stelle”, è lo stesso a cui fa cenno Battiato, quando canta: “Tutto l’universo obbedisce all’amore”». Per Franceschetti, non è altro che «la legge universale dell’attrazione: siamo tutti parte di un unico organismo, il divino è in noi. Era il vero messaggio di Cristo, svelato nel Vangelo di Giovanni: siamo dèi dormienti, dobbiamo solo svegliarci». Già, ma come?Se ne occupa l’ultimo capitolo della vasta ricerca di Franceschetti, resa con agile taglio divulgativo: proprio la “spiritualità contemporanea” offre infiniti spunti e testimonianze su come migliorare il proprio stato vitale mettendo a frutto gli insegnamenti delle maggiori tradizioni religiose, rilette e reinterpretate da grandi maestri come il “messia riuttante” Jiddu Krishnamurti, e poi Mikhael Aivanhov, Georges Gurdjieff, Massimo Scaligero, Sri Aurobindo, oppure leader carismatici e scomodi, temutissimi e per questo assassinati mediante avvelenamento, come Osho e Rudolf Steiner, nonché il rosacrociano Paramahansa Yogananda (“Autobiografia di uno Yogi”). Franceschetti non disdegna neppure la vituperata “new age”, rivalutando bestseller come “The Secret”, di Rhonda Byrne, i libri di Joe Vitale e quelli di Esther e Jerry Hicks: «E’ vero, sono anche fenomeni commerciali, ma contribuiscono anch’essi a infondere coraggio e fiducia nel “risveglio”». Tutto è dunque nelle nostre mani? Non lo sostiene solo il “pensiero positivo” di Louise Hay, ma anche la “Profezia di Celestino” di James Redfield, senza contare le opere di ispirazione cristiana come le “Conversazioni con Dio” di Neal Donald Walsh e i volumi di Daniel Meurois-Givaudan, anch’essi ampiamente citati.Il libro di Franceschetti offre una panoramica trasversale e inedita dell’esperienza religiosa mondiale, da un punto di osservazione privilegiato: quello della spiritualità pura, al netto delle narrazioni culturali storiche e territoriali. Una lettura utile, per individuare sorprendenti punti di contatto tra mondi in apparenza lontanissimi o addirittura inconciliabili, come vorrebbe la vulgata attuale. In realtà, tutti raccontano la stessa storia: «Lo dimostra una volta di più l’assoluta coincidenza delle convinzioni su cui si incontrano, al vertice, l’ala mistica dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam, cioè i cabalisti Chassidim, i Rosacroce e i Sufi». Chi conosce Franceschetti e la sua onestà intellettuale non potrà che apprezzare il valore di questo libro: testimonia la passione dell’autore e l’evoluzione di una ricerca sincera, nata dal confronto con la più dura delle realtà – gli orrori della cronaca nera, il mestiere dell’avvocato – per trasformarsi in indagine non più solo sulle cause, ma sui principi che le innescano.Un lavoro editoriale dietro al quale si intravede il costante, proficuo scambio con personalità eclettiche e sorprendenti: da Gianfranco Carpeoro, studioso di simbologia e già “sovrano gran maestro” della massoneria di rito scozzese, a Fausto Carotenuto, già funzionario dei servizi segreti italiani, approdato alla via spirituale del network “Coscienze in Rete”. Il libro è un valido manuale per documentarsi su come i grandi maestri di ogni tempo hanno insegnato a pensare in modo libero, molto spesso a costo della propria vita. «Quello che ancora il potere ci nasconde – conclude Franceschetti – è l’immenso potenziale della nostra mente, se allenata e nutrita di spiritualità. E’ questo, in fondo, il grande segreto: dobbiamo smettere di avere paura. Ma non è certo un mistero: è una grande verità, declinata in infiniti modi, in ogni epoca. Oggi, grazie anche al web e alla propagazione universale della conoscenza, questa consapevolezza sta crescendo: siamo tutti dotati di un potere che, se esercitato, ci permette di liberarci dalla sofferenza, di guardare alla vita con più fiducia. E di sottrarci alla soggezione del potere, che si basa proprio sulla diffusione sistematica della paura». Dov’è l’inganno? «Ci fanno credere che con questa vita finisca tutto, mentre gli egemoni sono i primi a sapere che non è così».(Il libro: Paolo Franceschetti, “Le Religioni – Un percorso spirituale attraverso Induismo, Buddismo, Cristianesimo, Ebraismo, Islamismo e i maestri spirituali moderni”, 584 pagine, 33 euro. Il volume è acquistabile online su “Lulu”).Oppio dei popoli? Sì, quando la religione “perde l’anima” e si trasforma in struttura di potere basata su oscuri dogmi. Ma se si indaga su Buddha, Cristo e Maometto, sull’Ebraismo e sull’Induismo, si scopre che il messaggio fondamentale – la potenza assoluta della dimensione spirituale – è stato regolarmente neutralizzato e rimosso, specie in Occidente, perché mette in crisi il nostro sistema basato sul dominio: «Un individuo che vive la sua spiritualità è più libero dalle paure, quindi meno controllabile: ecco perché la spiritualità è stata così accanitamente combattuta, anche attraverso le stesse burocrazie religiose». Il giurista e saggista Paolo Franceschetti sostiene di averne avuto conferma studiando le grandi religioni. Dall’India al Medio Oriente, tutti i leader religiosi originari hanno trasmesso il medesimo credo, assolutamente positivo e destabilizzante: la divinità è già presente in noi, bisogna solo imparare ad “attivarla”. La rivelazione: è possibile trasformare radicalmente la propria vita, aprire gli occhi e superare ogni problema “trovando Dio” innanzitutto con la meditazione. Una verità che l’élite mondiale conosce da sempre e che ha cercato di tenere nascosta, sostiene Franceschetti. Ma ormai “i tempi stanno cambiando”, come cantava il giovane Dylan. E il “grande risveglio” è già cominciato.
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Usa, i media in mano a 6 aziende (trent’anni fa erano 50)
Vale la pena di ripetere più e più volte che la maggior parte degli Stati Uniti i mainline media sono controllati da sole 6 aziende. Questo, naturalmente, significa che non si può consapevolmente evitare questi media come fonti a lunga percorrenza, allora la maggior parte delle notizie e di intrattenimento che appaiono sul vostro schermo e nella vostra mente arrivano da un piccolo pool di fonti aziendali, le quali giocano importanti ruoli nel diffondere la propaganda, la programmazione sociale e perpetuano narrazioni di crisi al pubblico. I conglomerati sono: General Electric, News Corp., Disney, Viacom, Time Warner e la Cbs. Tutte le società hanno le proprie losche storie, trattative con operatori sospetti. Disney è ampiamente considerata impresa occulta, volta a deformare le menti dei bambini con inquietanti immaginari subliminali. Una di queste aziende è tra i 12 più grandi appaltatori della difesa militare negli Stati Uniti, quindi non c’è da stupirsi che gran parte dei nostri centri di intrattenimento siano fatti in funzione della glorificazione della guerra e della violenza.Con il rilevamento di ciò che è disponibile al consumo dei mass media, è facile comprendere che tipo di società stanno aiutando a costruire queste 6 aziende. Esse hanno il potere di deformare la realtà chiamando gli spettacoli messi in scena come spettacoli di “realtà”. Idee che non supportano narrazioni tradizionali e l’ordine del giorno dei consumatori vengono omessi, e storie di persone indipendenti che superano conflitti, prive di dipendenza dal governo, non sono quasi mai sostenute. La promozione dei valori superficiali, materialistici, egocentrici, e la evidente stupidità di basso livello della popolazione americana è stata portata e fatta crescere da queste 6 aziende. Queste sono le aziende che glorificano il consumo, l’obbedienza, l’ignoranza, l’iper-sessualizzazione della giovinezza, la glorificazione della guerra e della sorveglianza del governo, e così via.Gli inserzionisti che supportano queste aziende hanno un enorme influenza, le aiutano a controllare la percezione del pubblico. La linea di fondo è che i media aziendali sono colossi di interessi particolari e controllori mentali. Così gran parte della storia umana è omessa in questo capitalismo, lo schema è lo scopo del lucro sull’ambiente, è il motivo per cui oggi più che mai ci fa apprezzare i media alternativi e indipendenti, che sono un gioiello per il genere umano. Nel 1983, l’industria era gestita da circa 50 società di media indipendenti. Con tale enorme portata globale in tutte le forme di comunicazione mediatica, queste aziende contribuiscono a plasmare il nostro mondo, fornendo una copertura della nostra vita, le analisi del nostro mondo, l’intrattenimento su come passare il nostro tempo e ispirare la nostra mente, e anche la distrazione e l’occupazione per i nostri figli.(Estratto da “L’illusione della scelta, il 90% dei media statunitensi sono controllati da 6 corporations”, dal blog “Sa Defensa”, agosto 2015).Vale la pena di ripetere più e più volte che la maggior parte degli Stati Uniti i mainline media sono controllati da sole 6 aziende. Questo, naturalmente, significa che non si può consapevolmente evitare questi media come fonti a lunga percorrenza, allora la maggior parte delle notizie e di intrattenimento che appaiono sul vostro schermo e nella vostra mente arrivano da un piccolo pool di fonti aziendali, le quali giocano importanti ruoli nel diffondere la propaganda, la programmazione sociale e perpetuano narrazioni di crisi al pubblico. I conglomerati sono: General Electric, News Corp., Disney, Viacom, Time Warner e la Cbs. Tutte le società hanno le proprie losche storie, trattative con operatori sospetti. Disney è ampiamente considerata impresa occulta, volta a deformare le menti dei bambini con inquietanti immaginari subliminali. Una di queste aziende è tra i 12 più grandi appaltatori della difesa militare negli Stati Uniti, quindi non c’è da stupirsi che gran parte dei nostri centri di intrattenimento siano fatti in funzione della glorificazione della guerra e della violenza.
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Panico Germania: Volkswagen? No, peggio: Deutsche Bank
Perché proprio adesso esplode lo scandalo della Volkswagen? La truffa sulle emissioni “pulite” delle auto è destinata a ferire l’orgoglio teutonico, affondando il mito dell’onestà del suo capitalismo. Perché la verità emerge solo ora? Se lo domandano in molti, specie quelli che ricordano anche i record meno presentabili della Germania: come la precarizzazione del lavoro varata già nel 2002 dal socialdemocratico Gerhard Schroeder e ispirata da Peter Hartz, il super-manager Volkswagen poi condannato per aver corrotto sindacalisti, inducendoli ad accettare condizioni sfavorevoli per gli operai. Riforma-simbolo, da cui nasce la flessibilizzazione dell’impiego in Europa, simboleggiata in Italia dal Jobs Act di Renzi. Allarme Berlino: un gigante dai piedi d’argilla, avverte il sociologo Luciano Gallino, che segnala l’esistenza in Germania dei salari più bassi d’Europa, i mini-job da 450 euro al mese con cui vive un tedesco su quattro. Colpa di un’economia interamente votata all’insana frenesia dell’export, spiega Paolo Barnard. L’export deprime i consumi interni e prima o poi la situazione precipita: «Si vede dalla Luna il buco della Deutsche Bank, la banca più fallita del mondo: 70.000 miliardi di debiti».Se n’è accorto anche un analista internazionale come Michael Snyder: «In Germania sta forse per accadere qualcosa che scuoterà il mondo intero?». Le avvisaglie dell’estrema fragilità tedesca, a livello politico, si sono appena manifestate con lo spietato trattamento riservato alla Grecia per volere dell’oligarchia finanziaria: attraverso maschere come quella di Wolfgang Schaeuble, ad Atene è stato inflitto il massimo rigore, dopo aver depistato l’opinione pubblica tedesca raccontando la fiaba dei greci “cicale”, da punire per il presunto “eccesso di debito”. Una versione lontana anni luce dalla verità: il “problema” greco ammonta a 30 miliardi di euro, cifra irrisoria per i bilanci Ue. Eppure, sulla condanna del popolo ellenico si è completamente appiattito il corpo sociale tedesco, rivelatosi insensibile alle inaudite sofferenze inferte a vecchi e bambini a causa dei sanguinosi tagli al welfare: salari, pensioni, sanità, protezioni sociali. Uno scandalo mondiale, denunciato anche in sede Onu: in Grecia non ci sono più cure né farmaci, i minori sono denutriti, ad Atene dilaga l’Hiv per mancanza di siringhe. E sono ricomparse malattie che si credevano archiviate dalla storia dell’Occidente. Eppure, la Merkel ha dovuto fronteggiare l’ala destra del Parlamento, che pretendeva per i greci una fine ancora peggiore.Sottoposta alla pressione migratoria dei profughi alle frontiere e strattonata dagli Usa per le sanzioni alla Russia in seguito alla drammatica crisi in Ucraina, scatenata dall’intelligence statunitense con manovalanza locale neonazista, la Germania ora scricchiola. Si sveglierà bruscamente dal sogno della “locomotiva europea” tutta lavoro e rigore? «Secondo alcune informazioni riservate di cui sono venuto a conoscenza – scrive Michael Snyder in un post tradotto da “Come Don Chisciotte” – sarebbe davvero imminente un grande evento finanziario che riguarda la Germania». In altre parole, «uno di quei momenti del tempo che presenta tutte le condizioni perché si ripeta un’altra Lehman Brothers». Certo, «la gran parte degli osservatori tende a considerare la Germania come quel baluardo che tiene economicamente insieme tutta l’Europa, ma la verità è che sotto la sua superficie fermentano grosse difficoltà». L’indice azionario tedesco Dax è crollato quasi del 20% dal massimo storico raggiunto lo scorso aprile, e sono numerosi i segni di agitazione all’interno della maggiore banca tedesca. E, proprio come la Lehman, anche la Deutsche Bank fa parte di quelle banche “troppo grandi per fallire”, che non crollano mai da un giorno all’altro. «Ma la verità è che ci sono sempre dei segni premonitori».Nei primi mesi del 2014, le azioni di Deutsche Bank sono state scambiate a più di 50 dollari. Da quel momento, scrive Snyder, il valore è caduto di oltre il 40% e oggi si scambiano a meno di 29 dollari. Attenzione: «E’ ben nota la natura profondamente corrotta della cultura aziendale della Deutsche Bank, e negli ultimi anni la banca è stata estremamente imprudente». Prima del “crollo improvviso” di Lehman Brothers il 15 settembre 2008, sulla stampa c’erano state notizie di licenziamenti di massa nell’azienda: «Quando le grandi banche iniziano a trovarsi in guai seri, questo è quello che fanno: cominciano a sbarazzarsi del personale. Ecco perché sono così preoccupanti i massicci tagli di posti di lavoro che la Deutsche Bank ha appena annunciato». Nel mirino ci sono 23.000 dipendenti, cioè circa un quarto di tutto il personale, secondo il piano dell’amministratore delegato John Cryan. Inoltre, negli ultimi tre anni la banca ha dovuto sborsare qualcosa come 9 miliardi di dollari per contenziosi legali, ed è così diventata «una sorta di manifesto di cultura aziendale corrotta».Nel mirino, anche «scambi irregolari di titoli ipotecari scadenti – sapientemente confezionati – intervenuti tra varie banche prima della crisi finanziaria». Jp Morgan, Bank of America e Citigroup, scrive Snyder, riuscirono ad effettuare queste operazioni quando la vigilanza era allentata. Oggi però il ministro della giustizia del governo Obama, Loretta Lynch, sarebbe «ben determinata a occuparsi seriamente» delle malefatte dei massimi colossi bancari, come Barclays, Credit Suisse, Hsbc, Royal Bank of Scotland, Ubs e Wells Fargo, inclusa ovviamente anche Deutsche Bank. «Naturalmente – continua Snyder – i problemi legali sono solo la punta dell’iceberg di tutto quello che è successo alla Deutsche Bank nel corso degli ultimi due anni». Già nella primavera 2014, la banca è stata costretta ad incrementare di 1,5 miliardi il Tier (capitale azionario e riserve di bilancio). Perché? Un mese più tardi, maggio 2014, è continuata la corsa alla liquidità, con la banca che annunciava la vendita di 8 miliardi di euro di titoli con uno sconto del 30%. «E ancora una volta: perché? Questa mossa ha messo la pulce nell’orecchio ai mezzi di stampa finanziaria. L’immagine esteriore, calma, della Deutsche Bank non rispecchiava i suoi sforzi concitati nell’aumentare la sua liquidità. Dietro doveva esserci per forza qualcosa di marcio».A marzo di quest’anno, la banca ha fallito gli stress-test della Bce, ricevendo «una severa intimazione a controllare la struttura del suo capitale». Ad aprile, Deutsche Bank ha confermato il suo accordo congiunto con Usa e Regno Unito sulla manipolazione del Libor, il tasso interbancario di riferimento per i mercati finanziari (tasso variabile, calcolato giornalmente, per cedere a prestito depositi in sterline, dollari, franchi svizzeri ed euro da parte delle principali banche operanti sul mercato interbancario londinese). Sul colosso tedesco incombe poi un enorme pagamento, oltre 2 miliardi di dollari, da versare al Dipartimento di Giustizia degli Usa, «comunque una bazzecola rispetto ai suoi guadagni illeciti». Negli ultimi mesi la situazione è precipitata: a maggio, il Cda ha conferito poteri speciali ad uno degli amministratori, Anshu Jain. Il 5 giugno, quando la Grecia non è riuscita a pagare il Fmi, le ripercussioni sono arrivare anche alla Deutsche Bank. E il 6/7 giugno i due Ceo della banca tedesca hanno annunciato entrambi le loro dimissioni, appena un mese dopo dal conferimento dei nuovi poteri (Anshu Jain lascerà per primo, alla fine di giugno; Jürgen Fitschen nel maggio 2016).Non è finita: il 9 giugno “Standard & Poor’s” ha ridotto il rating della Deutsche a BBB+, cioè «solo tre posizioni al di sopra del livello “spazzatura”», addirittura sotto il livello di rating che aveva Lehman Brothers poco prima del suo crollo. «Quello che ha reso le cose ancora peggiori è stato l’incauto comportamento della Deutsche Bank», scrive Snyder. «A un certo punto, si è potuta stimare un’esposizione in derivati da parte della Banca di ben 75 trilioni di dollari. Da tener presente che il Pil tedesco di un anno intero è di solo 4 trilioni di dollari. Così, quando alla fine anche la Deutsche Bank crollerà, né in Europa e né in qualsiasi altro luogo del mondo ci saranno abbastanza soldi per poter ripulire il pasticcio». Snyder le chiama “armi di distruzione finanziaria di massa”. «Se la Deutsche Bank dovesse fallire completamente, sarebbe un disastro finanziario peggiore di quello di Lehman Brothers: sarebbe come abbattere letteralmente l’intero sistema finanziario europeo e provocare a livello globale un panico finanziario mai visto prima d’ora». A quel punto, chiosa l’analista, «sarà meglio avere quel denaro con sé piuttosto che tenerlo in banca». Snyder teme che la calma apparente sia destinata a finire presto: «Credo che il resto del 2015 sarà estremamente caotico e accadranno cose piuttosto gravi, cose che nessuno avrebbe potuto oggi immaginare. Nei giorni che vengono, invito tutti a seguire attentamente sia la Germania che il Giappone. Stanno per accadere cose grosse, e milioni di increduli ne resteranno spiazzati».Perché proprio adesso esplode lo scandalo della Volkswagen? La truffa sulle emissioni “pulite” delle auto è destinata a ferire l’orgoglio teutonico, affondando il mito dell’onestà del suo capitalismo. Perché la verità emerge solo ora? Se lo domandano in molti, specie quelli che ricordano anche i record meno presentabili della Germania: come la precarizzazione del lavoro varata già nel 2002 dal socialdemocratico Gerhard Schroeder e ispirata da Peter Hartz, il super-manager Volkswagen poi condannato per aver corrotto sindacalisti, inducendoli ad accettare condizioni sfavorevoli per gli operai. Riforma-simbolo, da cui nasce la flessibilizzazione dell’impiego in Europa, simboleggiata in Italia dal Jobs Act di Renzi. Allarme Berlino: un gigante dai piedi d’argilla, avverte il sociologo Luciano Gallino, che segnala l’esistenza in Germania dei salari più bassi d’Europa, i mini-job da 450 euro al mese con cui vive un tedesco su quattro. Colpa di un’economia interamente votata all’insana frenesia dell’export, spiega Paolo Barnard. L’export deprime i consumi interni e prima o poi la situazione precipita: «Si vede dalla Luna il buco della Deutsche Bank, la banca più fallita del mondo: 70.000 miliardi di debiti».
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Povero Aylan, quelli che ti piangono sono i tuoi assassini
La foto del povero bimbo siriano morto annegato ha fatto il giro del mondo, sconvolgendo ed emozionando tutti gli uomini degni di questa terra. Chi di voi non ha sentito lacerarsi il cuore nell’osservare quelle immagini che ripugnano la coscienza e gridano vendetta? Nel tempo della comunicazione di massa – era bastarda che traveste la verità di menzogna e viceversa – nulla avviene per caso. Perché la grande stampa ha deciso di concentrare solo ora la pubblica attenzione intorno ad un dramma che dilania e annega povere vite da molto tempo? Perché migliaia di morti innocenti hanno fino ad oggi soltanto ingrossato le fila di una macabra e ragionieristica contabilità? Solo adesso i proprietari dei grandi media hanno scoperto di avere un cuore? E’ vera o recitata l’indignazione globale intorno alla morte dello sventurato bimbo risucchiato dalle onde? E’ falsa, falsa in maniera vomitevole, turpe e vigliacca strumentalizzazione razionalmente organizzata da un manipolo di miserabili, genia assassina che muove – non vista – le sorti del globo intero.Non solo le élite globali – quelle stesse che per puro cinismo cavalcano lutti e tragedie – sono assolutamente indifferenti rispetto al dolore altrui, ma per giunta lo fomentano e nascostamente lo incaraggiano. Le migrazioni di massa non avvengono per caso: sono il risultato voluto di alcune specifiche politiche che mirano alla realizzazione di altrettanto specifici risultati. Gli uomini che si imbarcano su una carretta nella speranza di raggiungere l’Europa salpano spinti quasi sempre dagli stessi mostri: la fame e la guerra. La fame e la guerra sono due “eggregore” dolosamente evocate all’interno di alcuni occulti cenacoli, popolati da uomini che puzzano di zolfo posti ai vertici di una maleodorante catena di comando. La fame è il risultato delle politiche imposte dal Fondo Monetario Internazionale, strumento di pressione e di morte che diffonde scientificamente miseria in tutte le zone povere e meno povere del pianeta. Ora guidato dall’ineffabile Christine Lagarde, il Fondo Monetario Internazionale – nato con ben altri propositi – ha gradualmente assunto le sembianze di un essere deforme, rapace testa di ariete pronta a succhiare l’anima e la vita di tutti i popoli finiti disgraziatamente sotto le sue melliflue cure.L’istituto della Lagarde è di fatto il braccio armato delle élite neoliberali, statunitensi ma non solo, pronte a saccheggiare ovunque ricchezza con la scusa di diffondere il verbo che predica e decanta le virtù del “liberoscambismo”. La guerra, parimenti, è figlia diretta del lavorio degli stessi identici “alchimisti”, sepolcri imbiancati che sganciano bombe nel nome della democrazia così come quegli altri levano il pane agli affamati nel nome dell’opulenza. Orwell è in mezzo a noi. Le élite globali, scatenando fame e miseria con l’inganno per il tramite del ferreo controllo dei mezzi di informazione, ottengono perciò risultati previsti e voluti. L’arrivo di immigrati disperati serve anche a ricattare i proletari che vivono in Occidente, messi in condizione di dover competere sul piano salariale con nuova manodopera che va ad ingrossare “l’esercito di riserva” di marxiana memoria. L’influsso delle teorie di Kalergi, propugnatore della creazione in vitro di una razza “meticcia” – in quanto tale presuntivamente manipolabile dai nuovi signori dello spirito – offre poi una aggiuntiva chiave di interpretazione ad uso e consumo dei palati più intransigenti.Le guerre in Libia e in Siria, così come quelle più antiche riguardanti Iraq e Afghanistan, gonfiano inoltre il portafoglio dei trafficanti d’armi, notoriamente molto influenti presso i più importanti governi d’Occidente. Tragedie così permettono infine ad un esponente del nazismo tecnocratico come Angela Merkel – direttamente responsabile dell’aumento della mortalità infantile in paesi colonizzati e schiavizzati come la Grecia – di indossare le vesti fintamente candide (in realtà intrise di sangue) del buonismo, aprendo le porte ai rifugiati in fuga a beneficio di telecamera: “Avete visto che Angela non può essere poi così nazista se accoglie perfino gli ultimi della Terra?”. Tanto nessuno vi racconterà mai le gesta di coloro i quali fanno finta di abbracciare i disperati subito dopo averli appositamente calati nella scomoda posizione di “disperati”. Quelli che piangono le povere vittime di cotanta barbarie sono gli stessi che li hanno appena uccisi. Ma tanto, annebbiati dal Grande Fratello, nessuno se ne accorgerà mai. Buon viaggio dolce fanciullo. Questo mondo non ti meritava.(Francesco Maria Toscano, “Quelli che hanno finta di piangere sono gli stessi che l’hanno ucciso”, dal blog “Il Moralista” del 6 settembre 2015).La foto del povero bimbo siriano morto annegato ha fatto il giro del mondo, sconvolgendo ed emozionando tutti gli uomini degni di questa terra. Chi di voi non ha sentito lacerarsi il cuore nell’osservare quelle immagini che ripugnano la coscienza e gridano vendetta? Nel tempo della comunicazione di massa – era bastarda che traveste la verità di menzogna e viceversa – nulla avviene per caso. Perché la grande stampa ha deciso di concentrare solo ora la pubblica attenzione intorno ad un dramma che dilania e annega povere vite da molto tempo? Perché migliaia di morti innocenti hanno fino ad oggi soltanto ingrossato le fila di una macabra e ragionieristica contabilità? Solo adesso i proprietari dei grandi media hanno scoperto di avere un cuore? E’ vera o recitata l’indignazione globale intorno alla morte dello sventurato bimbo risucchiato dalle onde? E’ falsa, falsa in maniera vomitevole, turpe e vigliacca strumentalizzazione razionalmente organizzata da un manipolo di miserabili, genia assassina che muove – non vista – le sorti del globo intero.
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Madsen: Gladio, terroristi “islamici” per spaventare l’Europa
Strani attentati alle ambasciate, presunti terroristi intercettati sui treni, killer “impazziti” che fanno stragi e poi vengono puntualmente giustiziati dalla polizia. Tutto questo ha un nome preciso: Gladio. Secondo Wayne Madsen, ex funzionario della Nsa, la storica rete “Stay Behind” che la Nato utilizzò per la strategia della tensione in Europa non è mai stata smantellata. E oggi torna utilissima, per intimidire gli europei schiacciati dalla crisi: anziché cercare soluzioni di rottura – politiche, economiche, internazionali – dovremmo restare incollati agli attuali leader, approvando decisioni sempre più autoritarie, “suggerite” dagli Usa, anche di fronte alla crisi dei migranti che agisce come detonatore della recessione economica, mentre il Medio Oriente è in fiamme e qualcuno, al Pentagono, sogna una guerra con la Russia. Già dirigente della struttura spionistica da cui fuggì anche Edward Snowden, scatenando lo scandalo “Datagate” (tutti i leader occidentali monitorati e intercettati), Madsen fu il primo, dopo l’11 Settembre, a evocare il fantasma di Gladio mettendo in collegamento il G8 di Genova con l’attentato alle Torri: due eventi di sangue, figli della stessa matrice, il terrorismo di Stato.Oggi, Madsen denuncia il carattere opaco di troppi recenti attentati, dalla Francia alla Turchia, proprio mentre il quadro internazionale si fa sempre più pericoloso e instabile grazie all’azione “coperta” di Washington, che dopo aver devastato l’Iraq ha innescato la primavera araba, rovesciato Gheddafi scatenando il caos in Libia e infine armato i jihadisti in Siria dando origine al fenomeno Isis, da cui il grande esodo di profughi che sta assediando l’Italia e il resto d’Europa. In un dettagliato report su “Strategic Culture”, ripreso da “Come Don Chisciotte”, Madsen analizza le troppe “coincidenze” degli ultimi attentati che hanno scosso l’opinione pubblica europea. «La recente sparatoria al consolato americano di Istanbul da parte di due donne, secondo il governo turco membri di un gruppo terroristico di estrema sinistra, il “Revolutionary People’s Liberation Army-Front” (Dhkp-C), così come l’incidente sospetto sul treno ad alta velocità “Thalys” diretto a Parigi da Amsterdam, per Madsen indicano che le operazioni “false flag” condotte dalla rete Stay Behind della Cia dell’epoca della guerra fredda, conosciuta come Gladio, siano di nuovo pienamente operative.Si ritiene che il Dhkp-C sia responsabile di un attentato suicida all’ambasciata americana di Ankara nel 2013, che causò la morte di un agente della sicurezza turca. In quell’attacco, un sito web chiamato “The People’s Cry”, presumibilmente gestito dal Dhkp-C, rivendicò il ruolo di uno dei suoi membri, Ecevit Sanli, come esecutore dell’attentato suicida all’ambasciata, finito con la morte dello stesso Sanli e della guardia turca. Per l’ex analista dell’intelligence Usa, c’è puzza di bruciato: «Il problema generale riguardo alla dichiarazione del coinvolgimento del Dhkp-C è stato un video postato dal “The People’s Cry” e scoperto dal “Site”, un gruppo legato al Mossad israeliano, con base a Washington, noto per aver distribuito ai media discutibili video e comunicati attribuiti ad “Al Qaeda”, “Is”, ed altri presunti gruppi terroristici islamici». Il presunto ritorno del Dhkp-C, continua Madsen, ha fornito al governo turco una copertura per colpire i guerriglieri curdi nella Turchia orientale e insinuare una mentalità da “Stato sotto assedio” nella mente dei votanti turchi, proprio mentre la nazione si avvia verso un’altra elezione nazionale che vedrà opporsi il governo filo-islamico del presidente Recep Tayyip Erdogan all’opposizione laica.Poi c’è il caso del marocchino Ayoub El Khazzani, accusato di essere salito a Bruxelles sul treno diretto a Parigi con l’intenzione di sterminare i passeggeri. Khazzani, che aveva con sé un Ak-47 e altre armi, in una borsa che ha detto di aver “trovato “ in un parco di Bruxelles, è stato sopraffatto da tre americani e un inglese. Due degli americani che hanno aiutato a bloccare Khazzani sono militari statunitensi, il pilota dell’Air Force Spencer Stone e la guardia nazionle dell’Oregon Alek Skarlatos. Il cittadino di nazionalità inglese è Chris Norman, nato in Uganda e residente nel sud della Francia. Si ritiene che Khazzani, nativo di Tetouan in Marocco, al pari degli altri numerosi presunti terroristi in Francia, abbia viaggiato molto all’estero prima di commettere l’attacco terroristico. Fino al 2014 era residente in Spagna, poi si è trasferito in Francia per lavorare per la società di telefonia mobile “Lycamobile”. Si dice che Khazzani «si sarebbe radicalizzato in una moschea di Algeciras, di fronte al territorio inglese di Gibilterra, dove l’intelligence inglese mantiene uno stretto controllo sui territori spagnoli circostanti, inclusa Algeciras». A giugno, si ritiene che l’uomo stesse combattendo a fianco dei guerriglieri dello Stato Islamico in Siria, per poi spostarsi ad Antiochia in Turchia e a Tirana, in Albania.La storia di Khazzani, scrive Madsen, è quasi uguale a quella di Mahdi Nemmouche, il franco-algerino ritenuto responsabile per l’attacco al Museo Ebraico di Bruxelles. Prima, anche Nemmouche avrebbe combattuto con l’Isis in Siria (e avrebbe trascorso del tempo in Inghilterra). Dopo l’attacco al museo di Bruxelles, Nemmouche è salito su un autobus notturno per Marsiglia. Un controllo doganale ha scoperto la sua sacca, contenente un Kalashnikov, un revolver e proiettili. Arrestato dalla polizia francese, Nemmouche ha dichiarato di aver trovato le armi in una macchina parcheggiata a Bruxelles e di averle rubate per poi venderle sul mercato nero a Marsiglia. Khazzani sostiene che voleva usare le armi trovate in un parco di Bruxelles (un Ak-47, una pistola Luger, un taglierino, mezzo litro di benzina e nove caricatori) per derubare i passeggeri del treno “Thalys”, così da comprarsi del cibo, in quanto era senza un soldo e senza casa. «Sia Khazzani che Nemmouche – continua Madsen – erano ben noti alle forze dell’ordine francesi ed europee come potenziali minacce, eppure non è stato fatto nulla per sorvegliare le loro attività».Prima dell’attacco al treno, Khazzani era l’oggetto di una “Fiche S” della polizia francese: un dossier trasmesso a varie forze di polizia europee, per chiedere che il soggetto venisse posto sotto stretta sorveglianza. Inoltre, la polizia spagnola aveva il Dna di Khazzani in archivio. E ancora, prima dell’attacco sul treno, «dossier completi su Khazzani erano in possesso non solo della polizia spagnola, ma anche di quella tedesca e belga, così come di quella francese». Una storia simile a quella di altri attentatori. Il primo fu Mohamed Merah, il franco-algerino che nel 2012 uccise sette persone nella regione di Tolosa, inclusi tre bambini di una scuola ebraica. Lo imitarono Said e Cherif Kouachi, i fratelli franco-algerini che quest’anno hanno attaccato a Parigi la redazione di “Charlie Hebdo”. Anche loro erano oggetto di una “Fiche S” e di altri dossier delle forze dell’ordine francesi. Idem per il caso del franco-maliano-senegalese Amedy Coulibaly, che ha attaccato il supermarket ebraico Hyper-Cacher a Parigi durante l’attacco a “Charlie Hebdo”: pure lui era noto alla polizia e all’intelligence francesi.In altre parole, nessuno dei nuovi presunti terroristi europei viene dal nulla: la polizia li controlla strettamente, fino al momento in cui entrano in azione per riempire le cronache. E non solo in Francia: «Anche i files della polizia e dei servizi segreti danesi hanno restituito il nome del presunto attentatore omicida della sinagoga centrale di Copenhagen e del Festival del Cinema danese, Omar Alhamid Alhussein, un danese di origini palestinesi». Di fatto, «un criminale schedato per violenza, che era stato rilasciato da una prigione danese appena due settimane prima dell’attacco alla singoga». Scontato, anche qui, il finale: «La polizia danese ha sparato e ucciso Alhussein dopo il suo presunto doppio attacco». Quanto al treno “Thalys”, quello dell’attacco “sventato”, stava transitando nella regione di Oignies nell’alta Piccardia in Francia, quando Khazzani è stato bloccato dai passeggeri. Attenzione allora al ministro degli interni francese, Bernard Cazeneuve: «Ha subito suggerito che Khazzani fosse un membro di un gruppo islamista radicale». Non ha perso tempo, il ministro, e si è recato immediatamente a Copenhagen subito dopo gli attacchi alla sinagoga e al festival. «Si dice che Cazeneuve fosse sotto inchiesta, da parte del 45enne commissario di polizia francese Helric Fredou, vicecomandante della polizia giudiziaria di Limoges, per legami con Jeannette Bougrab».La Bougrab, continua Madsen, era la cosiddetta “fidanzata” del redattore ucciso di “Charlie Hebdo” Stephane Charbonnier, “Charb” per i colleghi. La donna sosteneva di essere la fidanzata di Charb, che sarebbe stato il padre di sua figlia. Si dice inoltre che Fredou si sarebbe suicidato al culmine dell’indagine sui legami tra Bougrab e Cazeneuve. «Fredou si sarebbe sparato alla testa in preda allo sconforto dopo aver incontrato la famiglia di una delle vittime degli attentati francesi». Tuttavia, aggiunge Madsen, la famiglia e gli amici di Fredou hanno scartato la possibilità di una presunta depressione del commissario. «Inoltre, essi hanno sottolineato il fatto che Fredou aveva scoperto importanti indizi sugli attentati terroristici, cosa che lo aveva messo in rotta con Cazeneuve». Secondo notizie francesi, Fredou sospettava del ministro fin dai suoi giorni di commissario alla polizia di Cherbourg, località di cui Cazeneuve era stato sindaco. In quel periodo, Fredou «aveva per la prima volta scoperto l’esistenza dei legami di Cazeneuve con il Mossad, della sua relazione con la Bougrab e con la sua congrega di sobillatori anti-musulmani».Madsen non ha dubbi, è certo di riconoscere i sintomi del male oscuro: «La ricomparsa di Gladio sulla scena politica europea è la risposta alla crescente ostilità all’Unione Europea e all’austerità dettata dai banchieri centrali europei». E accusa: «I corporazionisti e i fascisti che hanno portato l’Europa al fallimento stanno ora usando le loro risorse mediatiche per trasformare la minaccia favorita degli ultimi vent’anni, il terrorismo islamico, in una minaccia composita di terroristi islamici che collaborano con una rete internazionale di anarchici». Secondo l’ex stratega dell’intelligence statunitense, «in Grecia, Italia, Turchia e Spagna ci sono segnali che il cambio di paradigma da terrorismo islamico ad anarchismo di sinistra sia già in corso, con attentati altamente sospetti e probabilmente di coperura presso ambasciate e altre strutture». Madsen è convinto che «i media faranno comparire sempre più storie fabbricate per collegare “anarchici” e “jihadisti”».Dopo l’incidente del treno “Thalys” a Bruxelles, Cazeneuve e «il suo amico anti-musulmano e socialista di destra, il primo ministro francese Manuel Valls», stanno richiedendo controlli di tipo aeroportuale alle stazioni ferroviarie europee. «Il fine è dare all’Unione Europea un maggiore controllo politico e sociale sulle popolazioni del continente». Madsen fa notare che l’avanzata di gruppi “anarchici” fino a ieri sconosciuti sta avvenendo negli stessi paesi in cui le operazioni di Gladio erano più ampie: Italia, Turchia e Grecia. «L’Italia era il centro focale per l’“Organizzazione Gladio”, la filiale italiana delle operazioni terroristiche paneuropee gestite dalla Cia». In Turchia, Gladio era conosciuta come “Ergenekon”, e in Grecia come “Operazione Sheepskin”. «Finché Gladio sarà di nuovo attiva in Europa – avverte Madsen – i popoli del continente dovranno avere paura, molta paura».Strani attentati alle ambasciate, presunti terroristi intercettati sui treni, killer “impazziti” che fanno stragi e poi vengono puntualmente giustiziati dalla polizia. Tutto questo ha un nome preciso: Gladio. Secondo Wayne Madsen, ex funzionario della Nsa, la storica rete “Stay Behind” che la Nato utilizzò per la strategia della tensione in Europa non è mai stata smantellata. E oggi torna utilissima, per intimidire gli europei schiacciati dalla crisi: anziché cercare soluzioni di rottura – politiche, economiche, internazionali – dovremmo restare incollati agli attuali leader, approvando decisioni sempre più autoritarie, “suggerite” dagli Usa, anche di fronte alla crisi dei migranti che agisce come detonatore della recessione economica, mentre il Medio Oriente è in fiamme e qualcuno, al Pentagono, sogna una guerra con la Russia. Già dirigente della struttura spionistica da cui fuggì anche Edward Snowden, scatenando lo scandalo “Datagate” (tutti i leader occidentali monitorati e intercettati), Madsen fu il primo, dopo l’11 Settembre, a evocare il fantasma di Gladio mettendo in collegamento il G8 di Genova con l’attentato alle Torri: due eventi di sangue, figli della stessa matrice, il terrorismo di Stato. -
Attenti all’America, quella vera: è povera, sola e disperata
Confesso: sono stato, in gioventù, un grande ammiratore degli Stati Uniti. Poi, da inviato speciale, ho iniziato a girare questo grande paese in lungo e in largo ma non nelle solite, note grandi città – New York, San Francisco, Boston, Washington – bensì nell’America profonda, quella, noiosissima, mai battuta dai turisti e dove i giornalisti si recano solo se costretti dai loro direttori. Un paio di anni fa con la mia famiglia abbiamo trascorso le vacanze negli Usa; lasciammo la Grande Mela per addentrarci nello Stato di New York, su verso Albany e Catskills Mountains, sedotti dalla descrizione, letta sulle guide turistiche, dei tipici, deliziosi villaggi, simbolo di una vecchia America. Bastarono poche decine di chilometri per restare sconcertati: i villaggi erano davvero vecchi ma tutt’altro che deliziosi. Erano angoscianti, costellati di case derelitte e talvolta piegate su se stesse; viaggiavamo su strade piene di buche da cui spuntavano erbacce che nessuno strappava più da tempo e intorno a noi vedvamo solo povera gente. I più fortunati vivevano in baracche di legno, gli altri vagavano trascinando i propri cenci nei carrelli della spesa.Scoprimmo, allora, l’altro volto dell’America, quello che i turisti non vedono mai sulla Fifth Avenue o nel centro di San Francisco, ed è un’America molto più numerosa di quanto si immagini, isolata, ignorata da tutti, abbandonata a se stessa. Capii allora che erano veritiere le denunce di un commentatore molto coraggioso l’economista Paul Craig Roberts; non uno qualunque, ma uno dei principali collaboratori del presidente Reagan, docente universitario, pluripremiato. Craig Roberts sostiene che parte dei dati concernenti gli Usa, a cominciare da quelli sulla disoccupazione, non sono attendibili, in quanto manipolati alla fonte. Per intenderci: è uno di destra, un liberale. Ma con gli occhi aperti e un’autentica passione civica al servizio del proprio paese. Ora, grazie alla segnalazione di un amico, scopro uno studio di due docenti americani, Hershey H. Friedman e Sarah Hertz, intitolato: “Gli Stati Uniti sono il miglior paese al mondo? Ripensateci”, basato su una serie di statistiche internazionali, da cui trova conferma il ritratto di un paese in fase di evidente involuzione sociale, politica ed economica.Qualche dato: nella classifica sulla percentuale della popolazione che vive in povertà, gli Usa sono al 35esimo posto su 153. Quella riguardante i bambini in povertà nei paesi occidentali è ancora più disastrosa: gli Usa sono 34esimi su 35, solo la Romania fa peggio. Sono il quarto paese al mondo con la maggior disuguaglianza reddituale, dietro a Cile, Messico e Turchia. E gli stessi americani non si sentono molto felici: sono appena al diciassettesimo posto della classifica mondiale. L’aspettativa di vita è bassa: gli Usa sono appena 42esimi, mentre battono tutti riguardo la popolazione carceraria: hanno 2,2 milioni di detenuti, molto più della Cina (1,6 milioni) che però ha una popolazione oltre 3 volte maggiore e della Russia dell’orribile Putin (600 mila). Secondo una fonte insospettabile, l’“Economist”, nemmeno Stalin raggiungeva queste cifre.Potrei continuare ma mi fermo qui. Intuisco lo sconcerto del lettore, che si chiede: ma come? Io pensavo che l’America… Già, lo pensavamo tutti, ma per valutare davvero questo Paese non ci si può limitare agli annunci ufficiali, che descrivono solo una parte della realtà, ignorando tutto quello che non collima con la verità ufficiale, con il mito che Hollywood e le tv continuano ad alimentare. Quanti film avete visto sui 45 milioni di americani in povertà? Quante denunce giornalistiche? Chi solleva questo tema nei dibattiti televisivi? La risposta è sempre la stessa: nessuno. Tutti pavidi e conformisti, tranne pochi commentatori coraggiosi come Paul Craig Roberts. That’s America. Purtroppo.(Marcello Foa, “Viva il modello americano! O forse no, questi dati dimostrano un’altra verità”, dal blog di Foa su “Il Giornale” dell’11 agosto 2015).Confesso: sono stato, in gioventù, un grande ammiratore degli Stati Uniti. Poi, da inviato speciale, ho iniziato a girare questo grande paese in lungo e in largo ma non nelle solite, note grandi città – New York, San Francisco, Boston, Washington – bensì nell’America profonda, quella, noiosissima, mai battuta dai turisti e dove i giornalisti si recano solo se costretti dai loro direttori. Un paio di anni fa con la mia famiglia abbiamo trascorso le vacanze negli Usa; lasciammo la Grande Mela per addentrarci nello Stato di New York, su verso Albany e Catskills Mountains, sedotti dalla descrizione, letta sulle guide turistiche, dei tipici, deliziosi villaggi, simbolo di una vecchia America. Bastarono poche decine di chilometri per restare sconcertati: i villaggi erano davvero vecchi ma tutt’altro che deliziosi. Erano angoscianti, costellati di case derelitte e talvolta piegate su se stesse; viaggiavamo su strade piene di buche da cui spuntavano erbacce che nessuno strappava più da tempo e intorno a noi vedevamo solo povera gente. I più fortunati vivevano in baracche di legno, gli altri vagavano trascinando i propri cenci nei carrelli della spesa.
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Il piano segreto di Stanlio & Ollio per (non) salvare i greci
«Se penso che questo è il governo della sinistra radicale, che dovrebbe dare lezioni di democrazia, di un nuovo rapporto fra masse e potere, non so se ridere o piangere». Così il politologo Aldo Giannuli liquida il fantomatico “Piano-B” di cui ora chiacchiera l’ex ministro greco Yanis Varoufakis: Tsipras ne era al corrente, anzi l’ha espressamente autorizzato, poi ha revocato l’ok fino alle dimissioni del ministro. Ma in ogni caso la Grecia non si è mai attrezzata per uscire dall’euro. E i greci, pur chiamati al referendum contro l’ultima stretta mortale di austerity pretesa dalla Germania, non sono mai stati informati dell’ipotetico “Piano-B”, al punto da lasciar configurare, oggi, l’accusa di alto tradimento a carico di Varoufakis – risvolto peraltro grottesco, in una situazione di catastrofe sociale come quella ellenica: «Deferire per questo Varoufakis all’Alta corte? Ma se non sono stati processati nemmeno quelli che hanno falsificato i bilanci dello Stato per un decennio! Siamo seri».In una conversazione privata durante una conferenza presso l’Omfif (Official Monetary and Financial Institutions Forum), Varoufakis ha detto che quel piano segreto sarebbe servito nel caso i negoziati fossero falliti, per realizzare una nuova moneta greca. L’ex ministro ha spiegato di essere stato autorizzato da Tsipras sin da prima delle elezioni e di aver «lavorato sotto traccia» con un piccolo team guidato dall’economista statunitense James Galbraith, figlio del celebre John Kenneth Galbraith. Il piano supervisionato da Jamie Galbraith prevedeva di dare un codice bancario e fiscale ad ogni contribuente e società per gestire il passaggio alla nuova valuta; poi, in caso di chiusura delle banche, sarebbe scattato un meccanismo di pagamento-ombra, basato sul sito dell’agenzia delle entrate greco che avrebbe permesso, attraverso un pin fornito a chi doveva del denaro, tanto lo Stato che i privati, di trasferire le somme in “formato digitale”, nominalmente in euro. Poi il sistema sarebbe stato esteso agli smartphone con un’app e al momento opportuno sarebbe stato convertito nella nuova dracma, accennando poi anche alla possibilità di arrestare il governatore della banca centrale greca se si fosse opposto.Era una conversazione privata, puntualizza Giannuli nel suo blog, ma poi lo stesso Varoufakis avrebbe autorizzato la messa in rete della registrazione. Sempre l’ex ministro ha poi aggiunto che la difficoltà di tradurre in realtà il piano sarebbe scattata nel momento della realizzazione, che richiedeva una seconda autorizzazione da parte di Alexis Tsipras e che invece non è mai arrivata. Galbraith, poi, ha confermato di aver preso parte al gruppo di lavoro segreto da febbraio ai primi di luglio. Nemmeno 24 ore dopo la messa in rete della conversazione, è scattata la richiesta di deferimento di Varoufakis all’Alta Corte di giustizia per alto tradimento. «La questione, intrecciando aspetti economici, politici, finanziari, costituzionali, penali, è complessa», premette Giannmuli. «Per di più, ha molti punti oscuri e suscita non poche perplessità». Che possibilità di successo avrebbe potuto avere il “Piano-B” di Varoufakis e Galbraith? «A quanto pare, per poterlo attuare si sarebbe dovuti passare attraverso una manovra di hackeraggio per accedere alle posizioni dei singoli cittadini. Il punto non è chiaro, ma fa alzare più di un sopracciglio per l’evidente illegalità della cosa».E poi: come se la sarebbero cavata i possessori di smartphone, magari pensionati? Sarebbero incorsi in manipolazioni, magari gestite dalla malavita? Ma il punto più delicato è un altro: «I greci avrebbero accettato questa moneta?». Senza una accurata preparazione verso il ritorno alla dracma, sarebbe alto il rischio di panico, con impennata dei prezzi, fino al posssibile rifiuto – da parte dei fornitori esteri – di accettare la dracma (in rapida svalutazione) come moneta per i pagamenti; una crisi destinata ad aggravarsi con l’esaurimento delle riserve di merci disponibili. Insomma, ragiona Giannuli, lo Stato sarebbe stato costretto a convertire la sua moneta virtuale in vere dracme. Quindi, il tentativo di Varoufakis «si sarebbe rivelato solo una breve perdita di tempo». Poi ci sono i problemi di ordine politico-istituzionale, e il primo interrogativo è: «Si può cambiare il sistema monetario di un paese con un colpo di mano e senza autorizzazione preventiva del Parlamento?». Qui, continua Giannuli, «c’è anche la slealtà di fondo di Syriza verso l’elettorato, cui era stato promesso il mantenimento dell’euro e la fine dell’austerità. Si può anche pensare che quella fosse la speranza (ahimè quanto infondata) di Tsipras, e che l’altro fosse il piano di riserva; ma è lecito nascondere all’elettorato, non dico il piano nei suoi particolari, ma quantomeno la possibilità di un ritorno alla moneta nazionale?».Alcuni “furbi” diranno che così Syriza avrebbe perso le elezioni? «Può darsi, ma mentire coscientemente all’elettorato è un gesto moralmente più basso che prendere tangenti». C’è chi è sensibile a questi argomenti, e chi invece ritiene questi scrupoli superati: «Tutto dipende da quale sia la concezione che si ha della democrazia: non capisco perché poi la stessissima cosa venga rimproverata a Renzi o Berlusconi». Inoltre, «nascondere il “Piano-B” e dichiarare la volontà di restare nell’euro a tutti i costi, non ammettendo neanche per un momento l’ipotesi di poterne uscire, ha indebolito la Grecia al tavolo negoziale». E inoltre, fino a che punto il team di Varoufakis e Galbraith ha davvero lavorato “sotto traccia”? «Non è certissimo che un qualche servizio segreto (europeo o americano conta poco) abbia avuto sentore di quelle manovre e sia riuscito a scoprirle, ma è realistico prendere in considerazione che ciò possa essere accaduto. Per cui, magari, il risultato è stato quello (peraltro per nulla insolito) un arcana imperii efficace solo verso i cittadini ma non verso i nemici». In ogni caso, l’impressione è pessima: «Una modesta furbata, in sostanza molto ingenua».Al contrario, sostiene Giannuli, «ad un paese come la Grecia sarebbe convenuto di gran lunga giocare a carte scoperte, da un lato chiamando la solidarietà dei popoli europei e degli Stati in condizioni analoghe, e dall’altro giocando sui prezzi che la zona euro avrebbe dovuto pagare per una sua uscita». Obiettivo, «cercare di arrivare ad un’uscita concordata, con minor danno di tutti, Grecia ed Eurozona». Ma per una scelta così lineare, probabilmente, occorrevano ben altri leader: a quanto pare, Tispras era al corrente della cosa da almeno 5 mesi e la approvava. La decisione di andare al referendum «si spiega perfettamente in questa logica, anche se, nella breve campagna referendaria, sia lui che il suo ministro hanno continuato a giurare che non esisteva alternativa all’euro». Poi, nonostante la clamorosa vittoria referenderaria, in due giorni è cambiato tutto: «Mentre a Bruxelles, Francoforte e Berlino si iniziava a fare il conto dei danni del terremoto, Atene si è ripresentata al tavolo delle trattative, ma con una faccia nuova, perché Varoufakis era stato dimissionato. Perché?».Cos’è successo in quelle 48 ore da indurre Tsipras a questa clamorosa svolta a 180 gradi? Perché questa improvvisa, teorica rottura fra i due? E, di conseguenza, perché oggi Varoufakis sente il bisogno di dire candidamente di questo piano che lo mette nei guai? Con un certo ritardo, Tispras ha confermato di aver dato ordine di apprestarlo, ma di non aver mai pensato all’uscita dall’euro. Per cui: o il piano era destinato a scattare se la Grecia fosse stata esclusa dall’euro contro la sua volontà, o serviva solo come deterrente nei confronti degli interlocutori. «Ma un piano segreto, se è davvero tale, non serve come deterrente». Quindi resta solo la prima ipotesi (il ripiego d’emergenza, dopo l’esclusione dal circuito Bce). Ipotesi «evidentemente non condivisa da Varoufakis, che invece sarebbe voluto passare all’attuazione del piano subito dopo il referendum e prima dell’espulsione di Atene dall’Eurozona». Di qui la rottura fra i due e le dimissioni. «Questo però fa capire quanto superficiale fosse l’intesa fra i due: a questo punto, più che una coppia di statisti, sembrano Stanlio ed Ollio».Niente, nella Grecia di Syriza, è davvero convincente: «Riesce davvero poco credibile un deferimento all’Alta corte del ministro senza che lo segua a ruota il presidente del Consiglio: se il reato non c’è perché non si è passati dal progetto all’atto, allora anche Varoufakis non è imputabile; ma se il reato sussiste anche solo per aver ipotizzato il “Piano-B”, allora sul banco degli imputati Varoufakis non può restare solo». Acque torbide: «L’impressione è che a nessuno convenga rimestare troppo in questa storia perché di scheletri nell’armadio ce n’è più d’uno. E non solo ad Atene: credete che Berlino non abbia preparato un suo “Piano-B” in caso di collasso dell’euro o anche solo in caso di uscita di altri? E Parigi, Madrid, l’Aia? Roma no, sono convinto che l’Italia sia l’unica a non averlo fatto». Ad Atene, poi, dilettanti allo sbaraglio: Tispras era giù incline a non uscire dall’euro, «ma è credibile che sin dall’inizio pensasse di fare un referendum-sceneggiata per poi calarsi le braghi in quel modo in 48 ore?».Il fatto che il martedì successivo il neo-ministro delle finanze si sia presentato a Bruxelles senza nessuna proposta «fa capire che non c’era nulla di pronto e che, quindi, la cosa è precipitata in poche ore, prendendo una strada diversa da quella pensata quando il referendum è stato convocato: perché?». La verità, conclude Giannuli, è che se si inizia a scavare su questa storia nessuno, né la Grecia né gli altri, ha da guadagnarci. E pertanto, «sono convinto che la cosa verrà sbrigativamente messa a tacere al massimo con un dibattito parlamentare molto formale». La cosa più triste è proprio l’eclissi di Syriza: fine ingloriosa per l’unico governo di sinistra insediato in Europa. Per giunta, guidato da un leader come Tsipras, presentato in Italia in veste di nuovo alfiere dei diritti, capace di guidare una riscossa anti-austerity pur restando nella moneta unica – un ossimoro palese: nell’euro non esiste benessere possibile, la moneta della Bce è un “mostro” finanziario unico al mondo, destinato esclusivamente a produrre crisi per creare enormi vantaggi speculativi all’élite finanziaria a scapito degli Stati e delle comunità nazionali, famiglie e aziende.«Se penso che questo è il governo della sinistra radicale, che dovrebbe dare lezioni di democrazia, di un nuovo rapporto fra masse e potere, non so se ridere o piangere». Così il politologo Aldo Giannuli liquida il fantomatico “Piano-B” di cui ora chiacchiera l’ex ministro greco Yanis Varoufakis: Tsipras ne era al corrente, anzi l’ha espressamente autorizzato, poi ha revocato l’ok fino alle dimissioni del ministro. Ma in ogni caso la Grecia non si è mai attrezzata per uscire dall’euro. E i greci, pur chiamati al referendum contro l’ultima stretta mortale di austerity pretesa dalla Germania, non sono mai stati informati dell’ipotetico “Piano-B”, al punto da lasciar configurare, oggi, l’accusa di alto tradimento a carico di Varoufakis – risvolto peraltro grottesco, in una situazione di catastrofe sociale come quella ellenica: «Deferire per questo Varoufakis all’Alta corte? Ma se non sono stati processati nemmeno quelli che hanno falsificato i bilanci dello Stato per un decennio! Siamo seri».
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Magia, esoterismo, religione. E tutte quelle coincidenze
Una delle domande che mi sono posto in questi anni è come facessero certi poteri a creare degli eventi simbolici con una perfezione quasi assoluta. Nei riti di sangue che ho analizzato, da solo o tramite i lettori del blog, ho notato che dal punto di vista simbolico coincide sempre tutto alla perfezione per disegnare metaforicamente un evento che ha un certo significato esoterico. Una delle “coincidenze” che mi hanno da sempre più colpito è che nella lista passeggeri del disastro di Ustica, ai numeri 13 e 19, compaiono rispettivamente Maria Grazia Croce e Rosa De Dominicis, mentre al numero 22, che è il numero della perfezione e di Dio, compare un certo Diodato; così come mi ha sempre colpito il fatto che a Viterbo, città rosacrociana per eccellenza in Italia, i nomi dei sindaci abbiano quasi sempre richiamato simboli rosacrociani, o in maniera evidente (Rosato Rosati, Gigli, Fioroni, Ascenzi) o in maniera meno evidente e più sottile ma comunque sempre collegabile.
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L’euro, creato da gangster nazisti per devastare l’Europa
Il referendum greco ha dato adito ad accesi dibattiti che però dimostrano la generale ignoranza sulle regole del gioco: «I partecipanti si sono lacerati per sapere se i greci fossero o no responsabili del loro debito, stando sempre attenti nel contempo a non accusare mai di usura i loro creditori», scrive Thierry Meyssan. «Ma lo hanno fatto ignorando la storia dell’euro e le ragioni della sua creazione». La moneta unica? «Un progetto anglosassone della guerra fredda», per indebolire l’Europa e staccarla dalla Russia. Dal Trattato di Roma, 64 anni fa, le istanze amministrative successive del “progetto europeo” (Ceca, Cee, Ue) hanno speso somme enormi e senza equivalenti per finanziare la loro propaganda nei media. «Ogni giorno centinaia di articoli, di trasmissioni radio e televisive, sono pagati da Bruxelles per raccontare una falsa versione della storia e farci credere che l’attuale “progetto europeo” sia quello degli europei risalente al periodo fra le due guerre mondiali». Ma gli archivi mostrano che già nel 1946 Winston Churchill e Harry Truman decisero di dividere il continente europeo in due: da una parte i loro vassalli, dall’altra l’Urss con i suoi.«Per assicurarsi che nessuno Stato si emancipasse dalla loro sovranità dominante, decisero di manipolare gli ideali dell’epoca», scrive Meyssan su “Megachip”. «Quel che allora veniva definito il “progetto europeo” non consisteva nel difendere presunti valori comuni, ma nel fondere lo sfruttamento delle materie prime e delle industrie della difesa di Francia e Germania per essere certi che questi paesi non potessero più farsi la guerra (teoria di Louis Loucheur e del conte Richard Coudenhove-Kalergi)». Il britannico Mi6 e la statunitense Cia, continua il giornalista, furono poi incaricati di organizzare il primo “Congresso dell’Europa” all’Aia nel maggio 1948, al quale parteciparono 750 personalità (tra cui François Mitterrand) provenienti da 16 paesi. «Si trattava, né più né meno, di rilanciare il “progetto di Europa federale” (redatto da Walter Hallstein – il futuro presidente della Commissione Europea – per il cancelliere Adolf Hitler) in base alla retorica di Coudenhove-Kalergi». L’Urss aveva reagito all’inizio della guerra fredda sostenendo i comunisti che avevano preso il potere, legalmente, a Praga? «Washington e Londra organizzarono allora il Trattato di Bruxelles, che prefigurava la creazione della Nato».Lo stesso spirito antisovietico accomunava gli “unionisti”, «per i quali si trattava unicamente di mettere in comune i mezzi per resistere all’espansione del comunismo», e i “federalisti”, «che auspicavano che si realizzasse il progetto nazista di Stato federale sottoposto all’autorità di un’amministrazione non eletta». Da lì nacque il percorso europeista a noi noto: prima la Ceca, poi la Cee e quindi l’Ue. Inoltre, quello stesso congresso «adottò il principio di una moneta comune». Tra i “padri” dell’euro, Meyssan segnala Joseph Rettinger, «ex fascista polacco divenuto un agente britannico». Su richiesta dell’Mi6, l’intelligence britannica, Rettinger «fondò la European League for Economic Cooperation e ne divenne il segretario generale. In questa veste, è il padre dell’euro. In seguito, ha animato il movimento europeo e ha creato il Club Bilderberg». Obiettivo dell’Elec, una volta create le istituzioni europee, era quello di «passare dalla moneta comune (la futura European Currency Unit – Ecu) a una moneta unica (l’euro), in modo che i paesi che aderivano all’Unione non potessero più lasciarla».È questo il progetto che François Mitterrand ha realizzato nel 1992, continua Meyssan. «Alla luce della storia e della partecipazione di Mitterrand al Congresso dell’Aja nel 1948, è assurdo affermare oggi che l’euro avesse avuto un altro scopo. Questo è il motivo per cui, logicamente, i trattati attuali non prevedono l’uscita dall’euro, costringendo la Grecia, se lo desidera, a uscire prima dall’Unione per poter uscire dall’euro. Dopo la dissoluzione dell’Urss, gli Stati Uniti rimasero i soli padroni del gioco, il Regno Unito li assistette, e gli altri Stati obbedirono loro. «Di conseguenza, l’Unione non ha mai deliberato il proprio allargamento a Est, ma ha solamente convalidato una decisione assunta da Washington e annunciata dal suo segretario di Stato, James Baker. Allo stesso modo, ha adottato sia la strategia militare degli Stati Uniti, sia il loro modello economico e sociale caratterizzato da enormi disuguaglianze». La stampa dominante ha affermato che votando “no”, l’economia greca avrebbe fatto un salto nel buio. «Eppure, il fatto di appartenere alla zona euro non è una garanzia di performance economica». Secondo i dati del Fmi, nel rapporto tra Pil e potere d’acquisto dei salari, un solo Stato membro dell’Unione Europea è tra i primi 10 al mondo: il paradiso fiscale del Lussemburgo. La Francia è solo al 25° posto su 193.La crescita, nell’Unione Europea, è stata dell’1,2% nel 2014, il che va a classificarla al 173° posto nel mondo: uno dei peggiori risultati del pianeta (la media mondiale è del 2,2%). «È inevitabile constatare che appartenere all’Unione e utilizzare l’euro non sono garanzie di successo», osserva Meyssan con lugubre sarcasmo, di fronte alla catastrofe economica che sta travolgendo l’Eurozona. Ma attenzione, non si tratta di un fallimento per tutti: «Se le élite europee sostengono questo “progetto”, accade perché risulta loro profittevole. In effetti, nel creare un mercato unico e una moneta unica, gli “unionisti” hanno imbrogliato le carte. Ormai, le differenze non sono tra gli Stati membri, ma tra classi sociali che si sono rese uniformi su scala europea. Ecco perché i più ricchi difendono l’Unione, mentre i più poveri aspirano al ritorno degli Stati membri». L’Ue, aggiunge Meyssan, «non è stata creata per unire il continente europeo, ma per dividerlo, scartando definitivamente la Russia. Questo è ciò che Charles De Gaulle aveva denunciato mentre perorava un’Europa “da Brest a Vladivostok”».Gli “unionisti” assicurano che il “progetto europeo” ha consentito la pace in Europa per 65 anni? «Ma parlano dell’appartenenza all’Unione o del loro vassallaggio nei confronti degli Stati Uniti? In realtà è questo che ha garantito la pace tra gli Stati dell’Europa Occidentale, pur mantenendo la loro rivalità al di fuori dell’area Nato». Il sistema-euro, che impone diktat a Stati non più sovrani, ricorda in modo sinistro i meccanismi decisionali del piano di dominio hitleriano. Meyssan cita ancora Walter Hallstein, alto funzionario tedesco, l’uomo che curò la redazione del progetto nazista di Europa federale. «Si trattava di distruggere gli Stati europei e di federare le popolazioni per etnie attorno al Reich ariano. L’insieme sarebbe stato sottoposto alla dittatura di una burocrazia non eletta, controllata da Berlino. Dopo la Liberazione, mise in opera il suo progetto con l’aiuto degli anglosassoni». Altro personaggio chiave nel martirio ellenico, Mario Draghi, presidente della Bce nonché ex numero due in Europa della banca Goldman Sachs.Proprio Draghi «ha celato al Parlamento Europeo il ruolo da lui avuto rispetto alle malversazioni perpetrate dalla banca per conto del governo greco, sebbene risulti a chiare lettere dai documenti della banca». Atene, ora, «potrebbe facilmente cavarsela rifiutandosi di pagare la parte odiosa del debito, lasciando l’Unione, e facendo alleanza con la Russia, che per lei è un partner storico e culturale di gran lunga più serio della burocrazia di Bruxelles». Certo, la volontà di Mosca e di Pechino di investire in Grecia e di crearvi nuove istituzioni internazionali è un segreto di Pulcinella. «Tuttavia, la situazione in Grecia è più complessa», visto che Atene è anche un membro della Nato: proprio per impedire alla Grecia di avvicinarsi all’Urss, l’Alleanza Atlantica aveva già organizzato nel 1967 un colpo di Stato militare, il “golpe dei colonnelli”.Il referendum greco ha dato adito ad accesi dibattiti che però dimostrano la generale ignoranza sulle regole del gioco: «I partecipanti si sono lacerati per sapere se i greci fossero o no responsabili del loro debito, stando sempre attenti nel contempo a non accusare mai di usura i loro creditori», scrive Thierry Meyssan. «Ma lo hanno fatto ignorando la storia dell’euro e le ragioni della sua creazione». La moneta unica? «Un progetto anglosassone della guerra fredda», per indebolire l’Europa e staccarla dalla Russia. Dal Trattato di Roma, 64 anni fa, le istanze amministrative successive del “progetto europeo” (Ceca, Cee, Ue) hanno speso somme enormi e senza equivalenti per finanziare la loro propaganda nei media. «Ogni giorno centinaia di articoli, di trasmissioni radio e televisive, sono pagati da Bruxelles per raccontare una falsa versione della storia e farci credere che l’attuale “progetto europeo” sia quello degli europei risalente al periodo fra le due guerre mondiali». Ma gli archivi mostrano che già nel 1946 Winston Churchill e Harry Truman decisero di dividere il continente europeo in due: da una parte i loro vassalli, dall’altra l’Urss con i suoi.
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Charleston, il mostro stragista e l’apposita esercitazione
A Charleston, South Carolina, il 21 enne Dylan Roof è entrato nella chiesa negra ed ha sparato all’impazzata, uccidendo nove presenti, fra cui il senatore democratico Clementa Pinckney, 41 anni, padre di due figli. Era il 17 giugno. Quello stesso era in corso a Charleston un’esercitazione federale che prevedeva esattamente un eccidio: i poliziotti partecipanti dovevano prepararsi nel caso di “Active Shooter”. Si tratta di una definizione inventata dal Department of Homeland Security, che designa uno scenario di una strage di massa rapida e imprevedibile, dove alla fine l’uccisore si toglie la vita. Come potete verificare, di esercitazioni del genere, in Usa, se ne tengono di continuo. E’ una coincidenza che si ripete sistematicamente. L’11 Settembre 2001, la Federal Emergency Management Agency (Fema, la protezione civile) aveva in programma una esercitazione, chiamata “Tripod”, che simulava un attacco chimico al World Trade Center e l’evacuazione delle Torri; sicchè il personale e i mezzi della Fema erano già sul posto la notte del 10; quanto ai militari, avevano in corso varie esercitazioni proprio allora.A Londra il 7 luglio 2005, quattro “terroristi islamici” insospettabili fecero saltare quattro stazioni della metropolitana. Immediatamente un cittadino di nome Peter Power, direttore di “Visor Consultants”, un’azienda privata sotto contratto con la polizia della città di Londra, telefona alla Bbc radio tutto eccitato e racconta come lui, per conto di un cliente anonimo, aveva in corso una esercitazione che simulava attacchi simultanei «esattamente dentro le stazioni del metro dove si sono poi verificate quella mattina, ho ancora i capelli dritti quando ci penso». Il giovane Dylan, squilibrato, drogato, arrabbiato e razzista, è la tipica figura dell’assassinio solitario, venuto dal nulla, ricorrente in America. Voleva provocare la guerra civile razziale, bianchi contro neri, dice al primo interrogatorio. I media sono stati lesti a riportare tutto delle foto e delle frasi d’odio che aveva postato sul suo sito: lui con la pistola, lui con la bandiera confederata.Quello su cui sorvolano è che il sito, “lastrhodesian.com”, è situato a Mosca, capitale della Federazione Russa. Come e perché un ragazzo del South Carolina, con conoscenze Internet alquanto elementari, e pochi “amici” nei social media, abbia ritenuto di usare un e-mail host russo, “yandex.com” (preferito da esperti hacker che vogliono sfuggire alle infiltrazioni Nsa) ed un host del web di Mosca (“reg.ru”), è un mistero. Ma dalla Russia emana il Male, come si sa… Ammesso poi che le foto sul sito siano state postate da lui. Alcune sembrano aggiunte dopo, quando lui ormai era in galera, o ritoccate con Photoshop (in due foto identiche, appare con una bandierina diversa appuntata sul giubbotto). Anche un suo lungo “Manifesto” di odio razziale trovato “sul web” ha l’aria di essere falso.La sera in cui è entrato nella chiesa episcopale metodista africana “Emanuel”, Roof ha chiesto chi fosse il reverendo: pare avesse dunque un bersaglio preciso nel pastore Clementa C. Pinckney, che era anche senatore democratico dello Stato, figura rispetatta e di fama crescente nella comunità locale. Il senatore aveva proposto da poco che i poliziotti fossero obbligati per legge a indossare una telecamera sul petto, proposta che aveva avanzato dopo che un negro di nome Walter Scott, disarmato, era stato preso a revolverate nella schiena da un agente di polizia mentre scappava: tragedia dell’odio avvenuta a North Charleston solo nell’aprile scorso. Probabilmente era quello che chi controlla la mente di Dylan voleva eliminare. Le altre vittime saranno state danni collaterali.(Maurizio Blondet, “Charleston, c’era un’esercitazione simulante il massacro”, dal blog di Blondet del 23 giugno 2015).A Charleston, South Carolina, il 21 enne Dylan Roof è entrato nella chiesa negra ed ha sparato all’impazzata, uccidendo nove presenti, fra cui il senatore democratico Clementa Pinckney, 41 anni, padre di due figli. Era il 17 giugno. Quello stesso era in corso a Charleston un’esercitazione federale che prevedeva esattamente un eccidio: i poliziotti partecipanti dovevano prepararsi nel caso di “Active Shooter”. Si tratta di una definizione inventata dal Department of Homeland Security, che designa uno scenario di una strage di massa rapida e imprevedibile, dove alla fine l’uccisore si toglie la vita. Come potete verificare, di esercitazioni del genere, in Usa, se ne tengono di continuo. E’ una coincidenza che si ripete sistematicamente. L’11 Settembre 2001, la Federal Emergency Management Agency (Fema, la protezione civile) aveva in programma una esercitazione, chiamata “Tripod”, che simulava un attacco chimico al World Trade Center e l’evacuazione delle Torri; sicchè il personale e i mezzi della Fema erano già sul posto la notte del 10; quanto ai militari, avevano in corso varie esercitazioni proprio allora.
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Ciao Unione Europea, l’Austria vuole andarsene davvero
Occorrevano 100mila firme, in un settimana ne hanno raccolte 261.000 ma solo perchè hanno dovuto fermarsi: la Corte Costituzionale austriaca aveva concesso sette giorni e non uno di più per raccogliere le firme necessarie ad ammettere la petizione popolare per l’uscita dell’Austria dall’Unione Europea, sperando che non sarebbero stati sufficienti. Ne avesse dati quindici, probabilmente la gran parte dei sei milioni e mezzo di elettori austriaci (in Austria il diritto di voto scatta a 16 anni) avrebbe votato a favore della “Volksbegehren Eu Austritt”. Un successo, nonostante il boicottaggio dei media nazionali ed europei (ancora oggi e nonostante tutto la stampa italiana non parla di questo avvenimento e quella austriaca lo fa giusto perchè costretta dalla situazione), nonostante le difficoltà del voto ammesso solo nelle sedi comunali e nei tribunali. Nonostante tutto 261mila austriaci hanno deciso che il Parlamento deliberi immediatamente oppure indica un referendum popolare perchè sia il popolo a decidere se restare o meno nell’Unione Europea.Una grossa rogna per il governo socialdemocratico e per i partiti nazionali che dovranno ora prendere posizione apertamente con il rischio di entrare in rotta di collisione con i loro stessi elettori perchè le ragioni del “Volksbegehren Eu Austritt” non si prestano ad “interpretazioni”: recuperare la sovranità nazionale fagocitata da Bruxelles che, senza alcuna legittimazione, decide del destino dell’Austria, scacciare l’euro responsabile del progressivo impoverimento della popolazione, riacquistare la propria neutralità, abbandonare la politica guerrafondaia dell’Unione sempre più schiava delle mire imperialistiche Usa, ripristinare le leggi nazionali sul controllo dell’ambiente, delle tecniche di manipolazione genetica, del traffico, del trattameno degli animali, sulle politiche agricole ed economiche, sui confini, ripristinare normali rapporti commerciali con la Russia.Insomma, i promotori della petizione le hanno precisate così bene le loro ragioni e gli austriaci le hanno così chiaramente condivise che Parlamento e partiti dovranno scegliere tra due sole strade: mettersi dalla parte dell’Unione contro la volontà del popolo oppure indire un referendum che già da ora si può prevedere come andrà a finire. Ne vedremo delle belle nei prossimi tempi e per il subito questo voto austriaco ha tolto un altro importante mattone all’edificio di questa congregazione di lobbyes chiamata Unione Europea.(“L’Austria se ne va davvero”, da “EbayAbuse” del 9 luglio 2015)Occorrevano 100mila firme, in un settimana ne hanno raccolte 261.000 ma solo perchè hanno dovuto fermarsi: la Corte Costituzionale austriaca aveva concesso sette giorni e non uno di più per raccogliere le firme necessarie ad ammettere la petizione popolare per l’uscita dell’Austria dall’Unione Europea, sperando che non sarebbero stati sufficienti. Ne avesse dati quindici, probabilmente la gran parte dei sei milioni e mezzo di elettori austriaci (in Austria il diritto di voto scatta a 16 anni) avrebbe votato a favore della “Volksbegehren Eu Austritt”. Un successo, nonostante il boicottaggio dei media nazionali ed europei (ancora oggi e nonostante tutto la stampa italiana non parla di questo avvenimento e quella austriaca lo fa giusto perchè costretta dalla situazione), nonostante le difficoltà del voto ammesso solo nelle sedi comunali e nei tribunali. Nonostante tutto 261mila austriaci hanno deciso che il Parlamento deliberi immediatamente oppure indica un referendum popolare perché sia il popolo a decidere se restare o meno nell’Unione Europea.
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Il potere usa la magia, e a noi fa credere che non esista
La massoneria è una filiazione diretta delle società rosacrociane e templari. Possiamo quindi dire, semplificando le cose, che la massoneria è un’immensa organizzazione magico-esoterica. A questo punto allora non c’è bisogno di “prove” per sapere e convincerci che i personaggi più potenti della terra praticano e conoscono la magia. Se è vero che i reali inglesi sono il vertice ufficiale della massoneria di rito anglosassone mondiale, se è vero che Monti, Berlusconi, Bush, Clinton, e tutti i presidenti degli Usa, erano e sono massoni, ma lo erano anche Lenin, Marx, Gheddafi, e in generale i personaggi più importanti della storia dell’umanità, se è vero che la massoneria conta decine di migliaia di affiliati, tratti dalle classi più colte e agiate della società, delle due l’una: o tutta questa gente ha tempo da perdere con organizzazioni, rituali, e confraternite inutili, oppure c’è un motivo più profondo per cui queste persone sono tutte iniziate agli alti gradi della massoneria, cioè di un’organizzazione che è possibile definire come “organizzazione magico-esoterica”.Il motivo per cui tutta questa gente appartiene o è appartenuta alla massoneria è – in realtà – molto semplice. La massoneria detiene le chiavi del potere nel mondo. E detiene queste chiavi grazie agli strumenti magico-esoterici di cui si serve. Scriveva Aleister Crowley al riguardo: «I nostri fratres posseggono le chiavi di tutte le religioni e possono interpretare a loro vantaggio tutti i riti, creare nuove fedi e nuove festività, governando il mondo secondo giustizia e virtù». Scrive al riguardo Eliphas Levi nel suo “Storia della magia”, nel capitolo intitolato, non a caso, “Origini magiche della massoneria”: I massoni hanno «ricevuto i Templari come modello, i Rosacroce come padri e i Giovanniti come antenati». Per capire cosa è la magia cerchiamo di procedere per vari step. Vedremo che la magia ha un ruolo molto più importante di quel che si crede, nei destini dell’umanità e nelle scelte politiche che si fanno ogni giorno, quotidianamente, sulla pelle dei cittadini e delle masse ignoranti.La magia è l’arte di modificare la realtà. Israel Regardie scrive che «la magia è l’arte di applicare cause naturali per produrre effetti sorprendenti». Crowley diceva che «lo scopo generale della magia è influenzare il mondo dietro le apparenze, per poter trasformare le apparenze stesse». Robert Canters, nella sua prefazione a “Storia della magia”, scrive che «per mezzo della magia le cose cessano di essere ciò che sono per divenire ciò che noi desideriamo che siano». Il mago non è un tizio vestito in modo strambo che fa uscire un coniglio dal cilindro. Il mago è colui che riesce a modificare la realtà attorno a sé, facendo prendere agli avvenimenti la piega che vuole lui. È magia ad esempio cercare di attirare a sé la persona amata, cercare di attirare ricchezze, ma anche guarire un ammalato (in genere in questi casi si parla di magia bianca) o far ammalare una persona sana (e in genere qui si parla di magia nera). Primo punto fermo è quindi il seguente: la magia è l’arte di modificare la realtà esterna attorno a noi. Come si ottiene la modificazione della realtà? Con l’evocazione di angeli, la recitazione di formule, con la forza di volontà, con procedimenti e riti particolari.In realtà il mago non fa né più né meno che quello che fanno quasi tutte le persone, ad eccezione degli atei e dei materialisti convinti: il cattolico si recherà a Lourdes o invocherà Padre Pio, l’induista praticherà forme di meditazione (sono strabilianti i “miracoli” compiuti dagli Yogi orientali), il buddhista reciterà dei mantra, altri ritengono di avere un contatto coi propri defunti, ecc. La differenza è che il mago chiama la sua arte “magia”, appunto, mentre il buddhista parlerà di “legge mistica”, l’induista parlerà di poteri yogici, il cattolico dirà che ha ricevuto la grazia dalla Madonna, San Gennaro, Padre Pio, e spesso discorre di miracolo ritenendo ottusamente che i miracoli li possa fare solo la Madonna, e non sapendo che la produzione di eventi eccezionali è assolutamente normale presso la maggior parte delle comunità etniche nel mondo. Ulteriore differenza è che il mago, oltre alle invocazioni di entità superiori, userà qualsiasi altro strumento, connesso alla forza di volontà e all’arte magica in generale. In definitiva possiamo dire che la differenza di fondo tra magia e religione è che il mago studia questi fenomeni in modo scientifico, mentre il cattolico o il buddhista in linea di massima sono inconsapevoli di quello che fanno, e se gli dici che l’invocazione della Madonna o la recitazione del Daimoku o dell’Om Mani Padme Hum, dell’Om Namah Shivaya, sono atti magici, si offendono pure e pensano che tu stia bestemmiando.Il presupposto fondamentale perché la magia funzioni è che il mago modifichi se stesso e cambi internamente. Secondo punto fermo è quindi che la magia, per essere efficace, ha bisogno di un cambiamento interiore del mago. Non per niente, con mia sorpresa, ho potuto constatare che su tutti i testi di magia, da quelli più antichi ai più moderni, si insiste molto sulla meditazione e sulle varie tecniche di miglioramento di se stessi. Scrive Regardie che la via mistica si può raggiungere in due modi: con la meditazione e lo yoga, o con la magia, ma combinando insieme le due tecniche i risultati saranno eccezionali. Addirittura ho trovato in molti testi di magia la recitazione di mantra tipici dell’induismo o del buddhismo (dal classico Om, all’Om Mani Padme Hum del buddhismo tibetano) e tecniche di meditazione yoga prese pari pari dall’Oriente, e praticate da sempre da Templari e Rosacroce, che le avevano apprese in Oriente. Anche nel libro “Magick” di Aleister Crowley si insiste molto sulla meditazione e lo yoga.In alcuni libri di magia si fa espresso riferimento agli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola (il fondatore dell’Ordine dei Gesuiti) che sono da molti considerati i più efficaci in ambito magico. Nel suo libro “Esercizi spirituali”, Ignazio di Loyola dà consigli di meditazione e immaginazione che, secondo Franz Hartmann, servono per sviluppare i poteri della mente e dell’anima. Peraltro, con mia somma sorpresa, ho potuto constatare che nei testi di magia di Papus, di Dion Fortune, di Eliphas Levi e in altri, si insiste non solo sulla necessità che il mago pratichi la meditazione, ma che segua un regime alimentare vegetariano, senza alcool, e sano. In altre parole, ad approfondire l’esoterismo e la magia si scopre che quelle che vengono fatte passare per “teorie new age” o per scoperte moderne, erano già ampiamente praticate e consigliate da maghi e alchimisti del 1500, del 1700 e del 1800.Infine, un concetto importante da capire è che la magia, per funzionare, deve procedere in accordo con la natura; il mago riesce a provocare un cambiamento nella realtà materiale, solo se questa volontà è in profondo accordo con la natura stessa delle cose da cambiare.Il mago, cioè, per operare, deve anche essere un profondo conoscitore della natura, dei suoi ritmi e dei suoi segreti. Ma la natura è il prodotto di Dio, e quindi, per essere in armonia con la natura, occorre essere in armonia con Dio e con il divino. Gesù poteva produrre tutti quei miracoli perché era in assoluta armonia con Dio e la natura. Ma miracoli analoghi a quelli di Gesù erano e sono prodotti anche da Yogi indiani, che da secoli sono maestri nell’arte di entrare in comunione con il divino e con la natura (il termine Yoga infatti significa unione, e in particolare unione col divino, quindi lo scopo dello Yoga è proprio quello di elevare lo spirito per entrare in contatto con Dio).Secondo Israel Regardie, lo scopo del teurgo è «l’acquisizione dell’autoconoscenza e l’unione con il divino» (“L’Albero della Vita”, pagina 99). Eliphas Levi diceva che la magia è «la scienza tradizionale dei segreti della natura». Mentre per Eugène Canseliet è «l’arte divina che consiste nel prendere contatto con l’anima universale». La magia, diceva Crowley, non è un modo di vivere, ma IL modo di vivere. Considerando che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, e che il principio fondamentale della magia è il famoso principio “come in alto così in basso” di Ermete Trismegisto (che è l’equivalente del “come in cielo così in terra” del Padre Nostro cristiano), l’uomo deve conoscere se stesso per poter essere in armonia con Dio, e conoscere Dio per essere in armonia con se stesso. Aleister Crowley diceva di se stesso che era uno strumento di esseri superiori che controllano il destino umano. «Siamo tutti parti di Dio, non semplicemente timbri che riproducono il suo nome, noi siamo poemi ispirati da Dio, i figli generati dalla sua follia amorosa». E altrove, sempre Crowley, disse: «La Grande Opera significa entrare in unione con l’infinito e liberare la divina scintilla di luce imprigionata nel corpo».“Amore è l’unica legge, Amore sotto il dominio della Volontà”, era un altro dei motti di Crowley. La stessa cosa che dicono i cristiani, i buddhisti, gli induisti, gli sciamani. La magia – secondo la definizione di Regardie – è quindi una scienza dello spirito, un sistema tecnico di formazione per finalità divine (“L’Albero della Vita”, pagina 133). Il mago quindi è anche un credente, nel senso che crede senz’altro in Dio. Non a caso per entrare in massoneria sono richieste tassativamente tre regole: essere uomo, aver compiuto i 21 anni e credere in un Dio unico. La magia, consistendo nel modificare la realtà, è anche la scienza della volontà. Secondo Dion Fortune, i nostri pensieri non solo ci influenzano, ma formano canali di ingresso e attrazione delle corrispondenti forze nel cosmo. Secondo Regardie, ciò che conta in magia sono il pensiero e la volontà. Gli attrezzi del mago sono solo un rafforzamento di tale volontà. «Tutti i riti, gli interminabili dettagli cerimoniali, le circumambulazioni, gli incantesimi e le suffumicazioni vengono attuate deliberatamente per esaltare l’immaginazione e rafforzare la forza di volontà». Eliphas Levi scrive al proposito: «Se vuoi regnare su te stesso e sugli altri, impara a volere».Il pensiero corre immediatamente ai numerosi libri e manuali sul potere della volontà, dai libri di Louise Hay a quelli di Wayne Dyer, ma anche ai numerosi manuali sulle tecniche di vendita che si insegnano in ambito aziendale, nonché ai principi base della maggior parte delle correnti psicologiche, da quelle comportamentali estreme del professor Giorgio Nardone, a quelle della psicologia cognitiva (secondo cui cambiando i nostri pensieri possiamo cambiare le nostre emozioni e dunque essere più felici). Una delle cose che si scoprono approfondendo le varie correnti esoteriche è che esse sono tutte molto simili, quasi come strade che, pur diverse, conducono alla stessa meta. I punti fermi di tutte le dottrine esoteriche, da quelle pitagoriche a quelle egizie, a quelle catare, templari e rosacrociane, nonché degli esoterismi orientali, sono i seguenti: l’anima; la dottrina della reincarnazione; la possibilità di operare trasformazioni della realtà mediante la forza di volontà. Cristo, secondo i Rosacroce e la massoneria, è venuto sulla terra per diffondere le dottrine esoteriche alle masse; in sostanza l’esoterismo di Cristo era un esoterismo semplice, alla portata di tutti, e non più riservato ai soli iniziati delle scuole misteriche.Cristo insomma portava in Occidente quell’esoterismo che in Oriente era molto più diffuso, per spiritualizzare la società occidentale. La lotta tra rosacrocianesimo prima, massoneria poi, e Chiesa cattolica, è dunque uno scontro titanico tra due cristianesimi: quello cattolico di Pietro e Paolo e quello di Giovanni. Il cristianesimo stava dunque portando una ventata di rinnovamento nella società occidentale, e tale ventata è stata impedita da due fattori. Il primo è stato la nascita della Chiesa cattolica; a partire dalla morte di Cristo, Roma, fiutando il pericolo insito nella dottrina cristiana, l’ha fatta diventare religione ufficiale dell’Impero al fine di controllarla, ha stravolto l’interpretazione dei Vangeli e ha costruito una religione da cui ha bandito quasi ogni riferimento esoterico (non a caso Roma contiene già nel suo nome la negazione del messaggio di Cristo; se il messaggio del Cristo è infatti l’amore, amor in latino, Roma è proprio il termine amor letto al contrario). Nei secoli la Chiesa ha poi distrutto tutti gli esoterismi che man mano si trovava nel cammino: l’esoterismo gnostico, quello templare con la distruzione dell’Ordine nel 1314, quello cataro con la crociata contro gli Albigesi, quello boemo, e in generale facendo una guerra aperta a qualsiasi esoterismo (basti pensare alla guerra odierna che viene fatta a discipline come lo Yoga, che alcuni sacerdoti considerano una disciplina satanica).Atri fattori di distruzione sono stati il materialismo e lo scientismo. I vari rami delle dottrine esoteriche si sono specializzati oltre misura e frammentati in modo da non permettere più la comprensione del tutto. Dall’alchimia è nata la chimica. Dall’astrologia è nata l’astronomia.Dalla numerologia è nata la matematica (a coloro – magari docenti di matematica razionali e amanti del pensiero scientifico – che leggeranno con scetticismo questa affermazione, mi basterà ricordare che Pitagora, il cui teorema tutti abbiamo studiato a scuola, era il fondatore di una delle scuole di pensiero esoterico più note, tanto che ancora oggi i membri di molte società segrete, massoni compresi, vengono definiti anche “pitagorici”; mentre Leonardo da Vinci, considerato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, era un Rosacroce). Dalle tecniche per modificare la realtà è nata la fisica. La stessa religione nasce dalla scienza esoterica. Qualunque religione organizzata nasce sempre come una branca deviata di una corrente esoterica. L’esoterismo studia tutto ciò che ha a che fare con l’anima e con Dio, religioni comprese; e fa partire dal basso (dalla ricerca di sé) la ricerca dell’unione col divino; la religione invece fa partire dall’alto, imponendo con la forza questa unione, facendo smarrire all’uomo la comprensione di se stesso.Scrive Kanters che «la magia è autoritaria; la religione, sua sorella, è umile; la religione prega e spera, la magia costringe e riesce». Scrive Edouard Schuré che «la dottrina esoterica non è solo una scienza, una filosofia, una morale, una religione; essa È la scienza, la filosofia, la morale e la religione, di cui tutte le altre non sono che preparazioni e degenerazioni» (“I grandi iniziati”, pagina 17). Dalle tecniche magiche per migliorare se stessi, si sono dipartite le varie scienze psicologiche e sociologiche; basta leggere i libri di Dion Fortune (esoterista inglese che fu membro della Golden Dawn e che da giovane fu psicologa) per vedere che la sociologia e la psicologia non hanno inventato nulla, ma hanno semplicemente studiato e approfondito una parte della scienza esoterica. Tutti i libri di miglioramento personale – dalla legge dell’attrazione, ai libri di Dale Carnegie (che tra l’altro era un massone di alto grado), ai libri di Wayne Dyer – dicono cose che era possibile trovare in scritti magico-esoterici del 1800, del 1500, ma addirittura nei Vangeli, se interpretati correttamente e non alla lettera come pretenderebbero di fare alcuni cattolici.Ciò che oggi dicono le moderne tecniche psicologiche, lo dicevano già gli scritti magici ed esoterici di Cornelio Agrippa nel 1500, di Papus nell’800 e di Dion Fortune ai primi del 1900. In una biografia di Crowley mi sono imbattuto in una tecnica psicologica abbastanza paradossale utilizzata dal grande mago nero inglese per guarire una persona, che mi ha ricordato le moderne tecniche di Nardone e Watzlawick. E tecniche molto particolari di psicoterapia sono contenute nel libro della maga e psicologa Dion Fortune dal titolo “I segreti del dottor Taverner, dottore dell’occulto”, e nel libro “Psicomagia” di Alejandro Jodorowsky, che mi hanno ricordato in alcuni punti ancora una volta le moderne terapie di Nardone. La differenza è che se dici che hai guarito una persona con la terapia di Nardone sei un genio avanti coi tempi; se dici che hai usato la tecnica di Jodorowsky o Fortune sei pazzo, e se poi ti azzardi a dire che hai preso lo spunto da Crowley dicono che sei satanista.Gli psicodrammi familiari che vengono utilizzati in alcune moderne tecniche di psicoterapia, poi, sono identici agli psicodrammi che Osho faceva attuare nella sua comune (e che presumo si attuino ancora oggi). Se però lo psicodramma lo hai fatto nell’ashram di Osho sei un arancione fuori di testa; se lo hai fatto in un moderno centro di terapia scucendo centinaia o migliaia di euro sei uno “avanti”.In entrambi i casi, poi, se fai notare a chi effettua queste pratiche che hanno semplicemente messo in atto un rito, con degli effetti magici, l’interlocutore non capisce proprio cosa tu stia dicendo, non avendo la gente il minimo concetto del significato dei riti e dei ruoli che il rito riveste per la psiche e per il comportamento umano. Nel campo della psicologia fu Carl Gustav Jung (il cui padre era sicuramente massone, mentre lui era un Rosacroce) che cercò di riportare la psicologia alle sue origini, studiando i rapporti tra psicologia, alchimia ed esoterismo; fu questo il motivo per cui ruppe con Freud, che lui considerava un mistificatore e un ingannatore. Sigmund Freud infatti era un massone appartenente alla potente organizzazione massonica del “B’nai B’rith”, la massoneria ebraica, ed era consapevole del danno che faceva alla parte spirituale dell’uomo con la diffusione della sue teorie e il suo pansessualismo di stampo dionisiaco. Jung (che tra l’altro non solo praticava la magia, ma faceva viaggi astrali e comunicava con entità disincarnate) riteneva, giustamente, che le teorie di Freud avrebbero potuto danneggiare la società e combatté, per quello che poté, questa possibilità.Le differenze tra Jung e Freud non erano, come si crede comunemente, differenze di metodo e di teorie; erano differenze di scuole massoniche e indirizzi esoterici: il “B’nai B’rith”, la massoneria che vuole condurre al Nwo assoggettando i popoli per portarli all’oscurità, e i Rosacroce bianchi, che di quei popoli volevano l’illuminazione. Ma gli junghiani successivi, da James Hillman in poi, hanno provveduto a distruggere il lavoro di Jung, troppo pericoloso per la società di allora e di oggi, sì che oggi molti psicanalisti che si definiscono junghiani non sanno nulla di alchimia, magia ed esoterismo, pur essendo la scienza alchemica alla base di molti scritti di Jung. Mentre gli junghiani attuali si guardano bene dall’approfondire il rapporto tra psicologia, alchimia e magia. In particolare, la psicologia tende alla normalizzazione dell’individuo (considerato normale quando rientra nella società e trova un lavoro e una famiglia; cioè considerato normale quando si adegua a una società malata, il che è una contraddizione in termini) senza però offrire risposte spirituali, cioè senza offrire le risposte più importanti ai malesseri esistenziali dell’individuo.Scrive la psicanalista Dion Fortune nel suo libro “Magia applicata” che «aiutare un paziente ad adattarsi meglio alla società non significa necessariamente curarlo ma trasmettergli le nevrosi della società stessa». Quanto alla sociologia, scienza che si presupporrebbe “moderna”, in realtà non fa altro che riprendere alcuni studi che erano propri già delle scienze esoteriche, sul potere di influenzare le masse. Il mago quindi, perlomeno se illuminato, dovrebbe essere sia psicologo che sociologo, perché sa penetrare profondamente nell’anima umana e guarisce (se stesso o gli altri) con degli interventi all’anima. Purtroppo, la specializzazione della psicologia e della sociologia, che hanno separato la parte spirituale da quella materiale, ha reso il lavoro dello psicologo molto poco efficace giungendo addirittura ad affermare che il “pensiero magico” è un sintomo di delirio e schizofrenia. E se un paziente dice che fa viaggi astrali, e parla con entità disincarnate (come faceva Jung), lo psichiatra gli fa un Tso.(Paolo Franceschetti, estratto da “La magia. Cos’è, perché funziona, e per quale motivo i politici la usano in segreto”, dal blog di Franceschetti del 18 novembre 2012).La massoneria è una filiazione diretta delle società rosacrociane e templari. Possiamo quindi dire, semplificando le cose, che la massoneria è un’immensa organizzazione magico-esoterica. A questo punto allora non c’è bisogno di “prove” per sapere e convincerci che i personaggi più potenti della terra praticano e conoscono la magia. Se è vero che i reali inglesi sono il vertice ufficiale della massoneria di rito anglosassone mondiale, se è vero che Monti, Berlusconi, Bush, Clinton, e tutti i presidenti degli Usa, erano e sono massoni, ma lo erano anche Lenin, Marx, Gheddafi, e in generale i personaggi più importanti della storia dell’umanità, se è vero che la massoneria conta decine di migliaia di affiliati, tratti dalle classi più colte e agiate della società, delle due l’una: o tutta questa gente ha tempo da perdere con organizzazioni, rituali, e confraternite inutili, oppure c’è un motivo più profondo per cui queste persone sono tutte iniziate agli alti gradi della massoneria, cioè di un’organizzazione che è possibile definire come “organizzazione magico-esoterica”.