Archivio del Tag ‘M5S’
-
Mattarella esaudirà Renzi-Grillo (Ue) o gli Usa, cioè Salvini?
Singolare coincidenza: nel momento esatto in cui in Senato Matteo Renzi “randellava” Salvini e lanciava segnali ai 5 Stelle, Nicola Zingaretti dettava alle agenzie una nota pesantissima contro Giuseppe Conte, accusandolo di aver taciuto per quindici mesi davanti alle “sgrammaticature istituzionali” del suo ministro dell’interno. Ma attenzione: Sergio Mattarella non si lascerà trasformare in “ostaggio” del Pd, sostiene Anselmo Del Duca sul “Sussidiario”, commentando l’evoluzione della crisi di governo aperta formalmente il 20 agosto con l’annuncio delle dimissioni di Conte, che ha rimesso il mandato al presidente della Repubblica dopo lo scontro a distanza con Salvini, deluso dai grillini. Per i 5 Stelle proprio da Conte bisogna ripartire, mentre per il segretario del Pd evidentemente no. Eppure – scrive Del Duca – il premier uscente ha fatto di tutto per accreditarsi come leader moderato in grado di guidare un nuovo esecutivo “giallorosso”. «È di tutta evidenza che il punto critico che deciderà l’esito della crisi è dentro il Pd, con Renzi fautore di quell’accordo con il M5S che silurò quindici mesi fa, e Zingaretti gelido sostenitore dell’opportunità del ritorno al voto».Bruciato Conte, secondo Del Duca resta impensabile che i 5 Stelle accettino un premier gradito al Pd. E se nell’assegnare l’incarico Mattarella si prenderà qualche giorno «sarà solo per consentire all’attuale premier di partecipare venerdì e sabato al G7 di Biarritz», da dimissionario, ma non ancora del tutto fuori gioco. «In ogni caso, il punto critico che determinerà l’esito della crisi appare il confronto dentro il Pd, con i renziani nettamente in vantaggio sul piano comunicativo, della narrazione di questa nuova convergenza come utile e necessaria per il bene del paese. Il favore della grande stampa a questo schema appare evidente». L’unico schema alternativo al “governo giallorosso” in grado di evitare le urne sarebbe quello di una ricomposizione in extremis di una convergenza fra 5 Stelle e Lega, «che in astratto non si può escludere, ma che non potrebbe vedere Salvini nella compagine di governo e – di conseguenza – neppure Luigi Di Maio». I segnali in questa direzione – dice Del Duca – non mancano, «soprattutto dal lato leghista», mentre i 5 Stelle in Senato hanno espresso rabbia nei confronti dell’ex alleato, che li ha appena scaricati.Alla fine sarà Mattarella a dover operare una scelta, anche se «non farà nulla per imporre una soluzione piuttosto che un’altra», sostiene Del Duca. Anzi, se i renziani si attendono che dal capo dello Stato possa venire l’invito a farsi carico del governo con i 5 Stelle in nome di un interesse superiore, «la delusione è dietro l’angolo: certi interventi che si son visti con Scalfaro e Napolitano ben difficilmente saranno replicati dall’attuale inquilino del Quirinale». C’è da sperarci, visto che proprio Mattarella – per la gioia di Draghi, tramite Ignazio Visco di Bankitalia – nel 2018 fu il primo frenare il governo gialloverde, privandolo della spinta di Paolo Savona, che avrebbe radicalmente reimpostato le linee economiche aprendo una vertenza a testa alta con Bruxelles. Savona avrebbe cercato di sottrarre il paese alla sudditanza dai cosiddetti “mercati”, pilotati dai poteri forti dell’Ue. Se invece sta per compiersi l’ennesimo “scippo” di democrazia, col partito più votato costretto all’opposizione, non ne manca il corollario: oltre al grottesco attivismo di Renzi e all’indegno voltafaccia del suo alleato Beppe Grillo, parlano da sole le esternazioni dei grillini in Senato il 20 agosto: camionate di odio contro Salvini, accuse ridicole (assenteismo) e silenzio di tomba sull’infinita serie di tradimenti dell’elettorato e fallimenti governativi di cui si sono resi responsabili i pentastellati.Nell’inevitabile foga polemica della parlamentarizzazione della crisi, si rischiano di perdere di viste le linee di fondo che l’hanno innescata, ovvero l’attacco concentrico dell’establishment ai danni dell’ingombrante leader della Lega, il politico più amato dagli italiani. Assediato dalla magistratura anche sul caposaldo della sua politica di bandiera – lo stop all’accoglienza illimitata e demenziale dei migranti – Salvini si è visto recapitare una richiesta mostruosa, quasi 50 milioni di euro da “restituire” allo Stato, per rimediare all’antico ammanco (infinitamente inferiore) addebitato alla Lega di Bossi. Da lì la spedizione esplorativa di Gianluca Savoini a Mosca, in cerca – si dice – di aiuti finanziari russi per consentire alla Lega di sopravvivere come partito e quindi svolgere regolare attività politica? Salvini, sostiene Gianfranco Carpeoro, non aveva alternative: sapeva che, se non avesse aperto il divorzio politico (ben motivato, peraltro, dall’imbarazzante latitanza governativa dei grillini) entro fine anno sarebbe finito in trappola, costretto in un modo o nell’altro alle dimissioni. Ora la palla è nel campo di Mattarella: sarà “passata” a Renzi e Grillo, allineati al rigore di Bruxelles come conferma il voto a Ursula von der Leyen, o invece la parola sarà restituita agli elettori, come – sostiene Giulio Sapelli – in fondo chiedono gli Usa, che restano vicini a Salvini, unica carta europea teoricamente disponibile per limitare, domani, lo strapotere dell’oligarchia reazionaria e post-democratica europea?Singolare coincidenza: nel momento esatto in cui in Senato Matteo Renzi “randellava” Salvini e lanciava segnali ai 5 Stelle, Nicola Zingaretti dettava alle agenzie una nota pesantissima contro Giuseppe Conte, accusandolo di aver taciuto per quindici mesi davanti alle “sgrammaticature istituzionali” del suo ministro dell’interno. Ma attenzione: Sergio Mattarella non si lascerà trasformare in “ostaggio” del Pd, sostiene Anselmo Del Duca sul “Sussidiario”, commentando l’evoluzione della crisi di governo aperta formalmente il 20 agosto con l’annuncio delle dimissioni di Conte, che ha rimesso il mandato al presidente della Repubblica dopo lo scontro a distanza con Salvini, deluso dai grillini. Per i 5 Stelle proprio da Conte bisogna ripartire, mentre per il segretario del Pd evidentemente no. Eppure – scrive Del Duca – il premier uscente ha fatto di tutto per accreditarsi come leader moderato in grado di guidare un nuovo esecutivo “giallorosso”. «È di tutta evidenza che il punto critico che deciderà l’esito della crisi è dentro il Pd, con Renzi fautore di quell’accordo con il M5S che silurò quindici mesi fa, e Zingaretti gelido sostenitore dell’opportunità del ritorno al voto».
-
Vergogna M5S: ha tradito tutti, dai suoi elettori a Salvini
Nel 2014, il cofondatore del M5S Gianroberto Casaleggio rilasciava a “Il Fatto Quotidiano” una lunga intervista, dal titolo “Pacta Sunt Servanda”. Spaziando su molti argomenti, Casaleggio riassumeva l’idea di democrazia semplice e diretta che stava alla base del MoVimento: in politica gli impegni vanno mantenuti e chi non lo fa deve essere cacciato. Riferendosi al sindaco di Parma, l’allora pentastellato Federico Pizzarotti, Casaleggio sentenziava senza mezzi termini: «Se io prendo l’impegno di chiudere un inceneritore, o lo chiudo o vado a casa». Parole inequivocabili, che riflettevano una visione alternativa dei rapporti tra eletti e cittadini elettori. Nell’aprile 2019, dopo aver portato avanti efficaci campagne di demonizzazione e demolizione degli avversari politici ed avere ottenuto il potere, il M5S è arrivato a negare totalmente alcuni temi per i quali era stato da sempre sostenuto dai cittadini. Qualcuno potrebbe obiettare che a volte le cose vanno indipendentemente dalla volontà di chi agisce. E vero, ma passare dal NoVax, NoTav e NoUe al Sì Vax, Sì Ue e infine Sì Tav non equivale a discorrere di quisquilie.E quanto all’Ue, il cambiamento da demolitori in aperti sostenitori non trova neppure una spiegazione razionale, perché quella del sostegno all’assetto dell’Ue in difesa del Pil italiano pronunciata dal senatore Lanzi lo scorso aprile è e rimane una “kaxxata” che solo persone prive di capacità cognitive potrebbero accettare per buona. Ma come, vieni a dirmi che dobbiamo difendere l’istituzione che ci ha massacrato economicamente e socialmente per 20 anni per salvaguardare proprio quel Pil italiano che è stato fatto a pezzi dai Lorsignori a marchio Bruxelles? E questo dopo che per 10 anni ripeti ovunque che quell’Europa istituzionale, che ora vuoi sostenere, è un Club Med di rispettabili criminali, arricchiti burocrati asserviti ai neoliberisti mondiali che nell’assetto dell’Ue e nelle sue regole capestro hanno trovato un altro giocattolo per far pagare le crisi finanziarie ai meno abbienti, italiani inclusi?Quanto alla Tav serve veramente a poco che Grillo dica che «non avere la forza numerica per bloccare l’inutile piramide non significa essersi schierati dalla parte di chi la sostiene». Servirebbe piuttosto chiedersi se il MoV ha cercato degli alleati per allargare il fronte istituzionale del dissenso in questi anni. Di fronte a fallimenti continui come si può affermare che qui si tratta di coerenza e non di rigidità? Con che coraggio o mancanza di vergogna si dichiara che se il resto d’Europa vuole la Tav, il M5S ha comunque coerentemente fatto tutto quello che doveva e quindi non è responsabile? Ma se impegnarsi e non riuscire a mantenere gli impegni comporta l’ammettere la propria inadeguatezza e andarsene – Casaleggio, mai sconfessato da Grillo, dixit – a cosa serve dire che si è fatto il possibile? E allora Pizzarotti che ha percorso tutte le vie legali per fermare l’inceneritore di Parma e non vi è riuscito cosa doveva fare? Andare di notte con un commando ed esplosivo e farlo saltare? Eppure lui doveva dimettersi – giustamente – e chi sta al governo che ha fatto un voltafaccia su tutto, no?!A questo punto rimarrebbe da spiegare il comandamento etico dei “pacta sunt servanda”, mai venuto meno per il M5S, e che in democrazia dovrebbe valere per tutti, semper Casaleggio Senior dixit. Dov’è il tradimento di Pizzarotti che, vistosi impossibilitato a mantenere una promessa elettorale, dopo aver esaurito tutte le vie legali, ha tentato di trattare con i poteri forti per restare a galla cercando di contenere i danni dell’inceneritore? Non è la stessa cosa che tenta di fare il M5S “per sopravvivere”, dopo che la decisione di Salvini di aprire la crisi di governo lo ha riportato alla realtà del voto e delle scelte maldestre e antitetiche al programma condiviso con la Lega in Europa? Quindi se fallire vuol dire “te ne vai”, anche se ci si può rifiutare comprensibilmente di associare al fallimento qualche dietrofront o inciampo su punti marginali, fallire totalmente su battaglie che in teoria rappresentavano l’anima politica del M5S, le promesse chiave di quel rinnovamento che voleva portare in Italia, cosa comporta? Starsene in poltrona per dire che si è coerenti e che gli altri sono brutti, cattivi e corrotti?Si leggono in questi giorni messaggi di ogni tipo su social che incolpano dell’attuale crisi di governo l’orco Salvini, l’irresponsabile traditore che vuole consegnare l’Italia all’ultradestra. Alternativamente Salvini cede il primo posto sulla gogna mediatica agli italiani, agli Usa, a Di Battista, meno a coloro che dirigono il M5S e che hanno sostenuto il suo sistema. Per i “veri” appartenenti al M5S, dal MoV dovrebbero uscire, anzi essere cacciati, i traditori, gli infiltrati, i fascisti… va bene, ma poi chi ti rimane? Intendo dire che se cacci i fascisti da un partito-azienda dove sopravvive e viene promosso chi fa la volontà del capo, che è una sola persona, non è che poi rimangono molti, dopo aver fatto pulizia. Ora, finché il proprietario era in vita e aveva una visione della storia e della politica ad ampio raggio, il messaggio innovatore poteva essere sostenuto, con qualche falla. Ma nel momento in cui è stato sostituito da un nuovo proprietario che al posto dei libri si interessa solo previsioni di vendita, di cosa ci illudiamo? Del cambiamento? Della Rivoluzione?Fatta da chi? Da una manica di gente messa insieme alla meno peggio e presentata ai cittadini dopo una selezione da casting televisivo su come si ripetono slogan messi a punto dalla Casaleggio, o su come vengono le zoomate fatte a 32 denti o sui tacchi? Se qualcuno davvero crede, dopo quanto il MoV ha mostrato nell’ultimo anno, che una simile compagine potesse davvero competere con Salvini e rappresentare un’alternativa al malgoverno sistemico di questa nazione, allora ha bisogno di supporto psichiatrico. E magari serviva pensare che a trattare con Salvini ci andava gente diversa da un ragazzo di 30 anni con una cultura, esperienza di vita e di lavoro molto limitata. E per capire questo non serviva una visione alternativa e unica della democrazia. Bastava il buon senso, anche se era contrario agli affari, per fare i quali serve impegnarsi solo nelle battaglie che portano utili, che però in questo caso non sono quelle che servono per cambiare l’Italia e abbattere la tanto detestata casta.Per cambiare la gestione sistemica dell’Italia serve ridare allo Stato italiano quella sovranità che non ha più, sovranità che a parole il M5S difende, e per farlo serve attaccare coloro che quella sovranità riducono, e che siedono a Bruxelles nel consesso dell’Ue. La battaglia è contro l’attuale assetto dell’Ue, contro i trattati applicati in modo diverso all’interno dei vari Stati, per cui mentre la Francia emette il franco coloniale contravvenendo al Trattato di Maastricht e in Germania le banche possono prestare denaro pubblico, come più e più volte ha evidenziato Nicoletta Forcheri, l’Italia non può fare nulla. La battaglia è contro la gestione del Mes, il Fondo europeo di stabilità finanziaria, di cui l’Italia è il terzo principale contributore dopo Germania e Francia, e nel quale finora ha versato miliardi di euro. Un fondo tanto generoso e gestito saggiamente che, se uno Stato in difficoltà ne avesse bisogno, verrebbe salvato con erogazioni a tassi di usura, per cui per ricevere in forma di aiuto quei soldi che ha versato deve pagare una tangente, come si fa con ogni rispettabile organizzazione mafiosa.La battaglia è contro la mancanza di una politica europea condivisa e seria sull’immigrazione, invece di favorire una tratta a pagamento di esseri umani gestita da Ong amiche e cooperative compiacenti, sotto la falsa pretesa di una solidarietà che vorrebbe che un continente ne ospitasse un altro “per risolvere i problemi di entrambi”, e che non ha nessun riscontro nella storia. A cosa serve risparmiare qualche ghello, anche tagliando i parlamentari, se poi dall’alto vi è chi ti dice comunque cosa devi o non devi fare, ti impone limiti di spesa, ti obbliga a versare miliardi con cui potresti sanare i debiti pubblici, e affossa i tuoi diritti? A niente, e se una forza politica “rivoluzionaria” si rifiuta di impegnarsi negli scontri veri inventandosi nemici immaginari, allora vuol dire che del cambiamento non gli frega niente. Questi sono i punti che il M5S dovrebbe trattare se volesse davvero cambiare le cose in Italia, e per farlo deve contrapporsi all’Europa così com’è. Certo costa, ma la via è quella. E invece su questi temi, dopo il famoso referendum consultivo sull’euro di 7 anni fa rimasto lettera morta, la propaganda del M5S e il blog non parlano mai… strano!Dovrebbe portare lo scontro in Europa, come ha dichiarato per 10 anni di voler fare. Avrebbe dovuto sostenere il fronte sovranista. E invece cosa ha fatto? Ha lasciato al manipolo di 14 europarlamentari eletti lo scorso maggio libertà di coscienza sulla votazione che avrebbe portato il piddino Doc Sassoli – quello che dice che il Parlamento Europeo per lui sarà sempre aperto all’immigrazione, come i porti, per intenderci – e ha votato alla presidenza della Commissione Ursula von der Leyen, eletta con appena 9 voti di scarto e alla quale non sono mancati quelli dei 14 del M5S. La signora Austerity, amica della Lagarde, la macellaia sociale dell’Ue, e di Angelona Merkel e sua ex ministra, è il correlativo oggettivo di Mario Monti in gonnella, e di Monti condivide oltre alla visione di austerity e tagli alle spese sociali, anche le amicizie importanti per le multinazionali e società di fondi d’investimento e di consulenza come la McKinsey. E mentre veniva incoronata presidente della Commissione Ue, Castaldo (M5S) è stato eletto vicepresidente nonostante i 5 Stelle siano senza gruppo a Bruxelles: è la prima volta in Europa. Ma sarà un caso?Queste “battaglie” del M5S sembrano più scambi di favori per chi vuole farsi gli affari propri a prescindere dalle promesse fatte al beneamato popolo che dovrebbe difendere. E mentre vende briciole di slogan di democrazia, il MoV si rifiuta di attuare le uniche vere scelte che dovrebbe fare se davvero volesse tener fede a quanto detto per una decade. Ma si sa, bisogna sopravvivere e poiché ‘l’amico del mio nemico può diventare amico mio” nel mondo dell’immaginifico politico stellato dove non esiste né destra né sinistra, le ideologie sono morte, ma il denaro rimane, ecco che allora anche l’ipotesi di allearsi con pezzi del Pd renziano può andar bene. Il cofondatore del M5S potrebbe infine illuminarci sulle ragioni – quelle vere, che ancora non conosciamo – per le quali la sua creatura politica è diventata europeista al punto di votare la von der Leyen, che rappresenta la reincarnazione femminile di Monti-aka Rigor Mortis, o chiarire il significato grillino – quello italiano lo conosciamo già – dell’espressione “comitati d’affari” tanto cara al MoV delle origini, lo stesso che nel 2011 condannava Rigor Mortis e che ora con metamorfosi politica – attuata per sopravvivenza o convenienza? – è arrivato camaleonticamente a fare le scelte di cui sopra. I nodi sono sempre quelli.(Alessandro Guardamagna, estratti da “Se pacta sunt servanda, chi ha tradito chi?”, da “Come Don Chisciotte” del 15 agosto 2019).Nel 2014, il cofondatore del M5S Gianroberto Casaleggio rilasciava a “Il Fatto Quotidiano” una lunga intervista, dal titolo “Pacta Sunt Servanda”. Spaziando su molti argomenti, Casaleggio riassumeva l’idea di democrazia semplice e diretta che stava alla base del MoVimento: in politica gli impegni vanno mantenuti e chi non lo fa deve essere cacciato. Riferendosi al sindaco di Parma, l’allora pentastellato Federico Pizzarotti, Casaleggio sentenziava senza mezzi termini: «Se io prendo l’impegno di chiudere un inceneritore, o lo chiudo o vado a casa». Parole inequivocabili, che riflettevano una visione alternativa dei rapporti tra eletti e cittadini elettori. Nell’aprile 2019, dopo aver portato avanti efficaci campagne di demonizzazione e demolizione degli avversari politici ed avere ottenuto il potere, il M5S è arrivato a negare totalmente alcuni temi per i quali era stato da sempre sostenuto dai cittadini. Qualcuno potrebbe obiettare che a volte le cose vanno indipendentemente dalla volontà di chi agisce. E vero, ma passare dal NoVax, NoTav e NoUe al Sì Vax, Sì Ue e infine Sì Tav non equivale a discorrere di quisquilie.
-
L’Italia ha già perso, se ricomincia lo stesso vecchio film
Prima era tutta colpa della Dc di Andreotti o, a scelta, dei “comunisti”. Poi di Craxi, e quindi di Berlusconi, oppure di Prodi e D’Alema, infine di Renzi. Per Di Maio, a “distruggere il paese” era stato il Pd, nato però soltanto nel 2007. Ora la colpa è tutta di Salvini, per il quale invece sono stati i 5 Stelle a far deragliare il governo delle meraviglie. Gli italiani applaudono o fischiano, ma più spesso – attoniti – restano a casa (o in spiaggia, dato il periodo). Si domandano cosa stia succedendo. Tutto e niente, si rispondono. Come nel resto del mondo, peraltro, dove gli Stati continuano ad armarsi e a guardarsi in cagnesco, mentre i “mercati” fanno politica al posto dei partiti, meri club di esecutori di piccolo calibro. I politici? Mediocri mestieranti, arruolati da questa o quella consorteria internazionale, secondo uno schema fluido a geometria variabile che corrisponde squisitamente al caos. Persino i loro padroni, le divinità auree, vivono alla giornata: le alleanze non reggono, le promesse sono parole al vento. Castelli di sabbia che il mare provvede a cancellare, onda su onda, senza che nessuno abbia il tempo di metabolizzare veri progetti. L’unico in campo – fare soldi, grazie al monopolio privato del denaro – ha il potere di piegare qualsiasi istanza alternativa. Non esiste altro cielo che quello mercantile. Destra e sinistra sono modi di dire, vezzi linguistici buoni solo a tenere in piedi rottami di clero politicante, in servizio elettorale permanente, verso consultazioni democratiche regolarmente inutili.La rottamazione del governo Conte è cominciata prima ancora che si aprisse lo spoglio delle fatali schede delle europee: a votare era andato soltanto un italiano su due. Già allora gli elettori si erano pronunciati a larghissima maggioranza, scendendo in sciopero e bocciando, di fatto, il miles gloriosus padano e il suo omologo partenopeo. Bei tomi: si erano permessi di illudere la cittadinanza, maneggiando una mitologia dal sapore escatologico. La fine dei tempi, l’inizio di una nuova era di giustizia. Orizzonti stellari, mirabolanti: la sfida alla tirannide euro-burocratica, l’esorcismo contro la paura del declino e della povertà celebrato evocando il crollo delle tasse e la cornucopia della mancia di Stato, già brillantemente inaugurata dal proto-populista fiorentino, altro campione di chiacchiere. “Sì, ma noi siamo diversi”, avevano giurato i valorosi paladini, gli alieni della Terza Repubblica fondata sulla palingenesi del potere in chiave messianica: da un lato il rozzo giustiziere nordico della razza bianca, dall’altro la gracidante scolaresca reclutata via web dal partito-azienda di proprietà di un ex comico, salito a bordo del Britannia tra i massimi oligarchi. A disegnargli la rotta, anni dopo, fu un informatico schivo e visionario. Un uomo misterioso e reticente, pieno di segreti, membro di un’élite intenzionata a fare esperimenti (anche politici, elettorali) per testare la risposta della mandria umana.Solo l’abissale disgusto per i predecessori, gli sciagurati ultimi reggenti della macelleria-Italia (Monti e Letta, Renzi e Gentiloni) aveva spinto gli elettori a votare, per disperazione, gli sfrontati cavalieri dell’impossibile, i fantapolitici delle promesse universali. Speravano, gli italiani, che fosse vero almeno il 10% di quanto garantivano, leghisti e grillini. Ma al primo urto col potere vero, quello euro-finanziario, l’Italietta gialloverde è saltata per aria. Se fossero stati sinceri, Di Maio e Salvini, si sarebbero dimessi allora, di fronte ai ceffoni rimediati a Bruxelles, all’umiliazione subita nel vedersi negare il diritto di risollevare l’economia attraverso il deficit. Sono rimasti entrambi al loro posto, invece, pensando solo al modo di salvare la pelle, l’uno a spese dell’altro, tra agguati e abiure, tradimento dopo tradimento. Oggi si dibattono in una vasca di fango, menando fendenti, per la gioia dei boia dell’Italia, cioè le spietate nomenklature franco-tedesche. Il leghista tenta la fuga in solitaria, slealmente, mentre il grillino – scornato, e altrettanto sleale – prova a imbrigliarlo, ricorrendo ai peggiori trucchi, grazie all’abbraccio mortale del vecchio potere, che non aspettava altro che veder distrutta la teorica anomalia italiana creatasi avventurosamente nel 2018. Poteva essere una falla nell’euro-sistema? Non certo con quei due tizi al timone.Comunque vada, sarà un insuccesso (facile profezia). Ancora una volta, gli elettori non hanno strumenti all’altezza: solo cavalli azzoppati, vecchi brocchi, giovani avventati. Malgrado loro, comunque, i gialloverdi hanno resuscitato una specie di memoria nazionale, l’ombra di qualcosa che in altri tempi di sarebbe chiamato orgoglio, spirito identitario, diversità italiana. Ora stanno cercando di distruggerlo, questo fantasma, perché è troppo ingombrante per la loro statura. Il pubblico può ammirare lo spettacolo, dalla crepa che si è aperta nel muro: vede benissimo, oggi, che nessuno degli attori in campo ha la minima chance per costruire qualcosa di solido, credibile, adatto a tutti. Servirebbero statisti, cioè politici capaci di pensieri lunghi, oltre l’orticello. Non se ne vede l’ombra, anche perché la maggioranza continuna a restare a casa: non partecipa, non rischia, non si impegna. Una buona metà degli elettori non va oltre il tifo, la comodissima caccia all’uomo nero. L’altra metà non riesce più ad avvicinarsi alle urne, ma non fa nulla per darsi una speranza, una prospettiva. Prevale lo sconforto, insieme alla nausea. Ci si domanda se tutto questo ha un senso, e se ce lo meritiamo. La risposta è implicita: alzi la mano chi può dire di aver mosso un dito per evitare di rivedere all’infinito lo stesso film.Prima era tutta colpa della Dc di Andreotti o, a scelta, dei “comunisti”. Poi di Craxi, e quindi di Berlusconi, oppure di Prodi e D’Alema, infine di Renzi. Per Di Maio, a “distruggere il paese” era stato il Pd, nato però soltanto nel 2007. Ora la colpa è tutta di Salvini, per il quale invece sono stati i 5 Stelle a far deragliare il governo delle meraviglie. Gli italiani applaudono o fischiano, ma più spesso – attoniti – restano a casa (o in spiaggia, dato il periodo). Si domandano cosa stia succedendo. Tutto e niente, si rispondono. Come nel resto del mondo, peraltro, dove gli Stati continuano ad armarsi e a guardarsi in cagnesco, mentre i “mercati” fanno politica al posto dei partiti, meri club di esecutori di piccolo calibro. I politici? Mediocri mestieranti, arruolati da questa o quella consorteria internazionale, secondo uno schema fluido a geometria variabile che corrisponde squisitamente al caos. Persino i loro padroni, le divinità auree, vivono alla giornata: le alleanze non reggono, le promesse sono parole al vento. Castelli di sabbia che il mare provvede a cancellare, onda su onda, senza che nessuno abbia il tempo di metabolizzare veri progetti. L’unico in campo – fare soldi, grazie al monopolio privato del denaro – ha il potere di piegare qualsiasi istanza alternativa. Non esiste altro cielo che quello mercantile. Destra e sinistra sono modi di dire, vezzi linguistici buoni solo a tenere in piedi rottami di clero politicante, in servizio elettorale permanente, verso consultazioni democratiche regolarmente inutili.
-
Sapelli: con Pd-M5S l’Italia sparisce come paese industriale
La via maestra sono le urne. In questo caso il governo può rimanere in carica per l’ordinaria amministrazione, non c’è bisogno di farne un altro. E una volta che si è dimesso Conte, anche Salvini può dimettersi da ministro dell’interno. Conte e il cardinale Parolin si confrontano su molti dossier, Cina compresa; Oltretevere si stanno muovendo con forti ingerenze nella politica italiana. In questo momento poi gli americani sono profondamente divisi anche sull’Italia. I trumpiani, sulla carta a favore di Salvini, potrebbero essere insoddisfatti di come ha disatteso le loro richieste di una maggiore distanza dalla Cina. Ma c’è anche l’altra parte, quella che ha ancora in mano l’America che conta: la finanza. Cosa vuole la grande finanza americana? Che Salvini sparisca il prima possibile. La firma del memorandum con la Cina ha spiazzato gli Usa. Ora però è come se Washington avesse improvvisamente riscoperto l’importanza dell’Italia. Proprio per questo gli Usa dovrebbero fare di tutto perché si andasse al voto, in modo che la Lega, vincendo, metta a tacere i 5 Stelle.In altri tempi sarebbe andata così. L’ambasciata americana avrebbe svolto un ruolo di primo piano, anche se non sotto i riflettori, per ovvie ragioni. Un governo costituente? Il sistema è così disgregato che un governo costituente non farebbe che sancire la disgregazione. Farebbe la stessa fine della bicamerale di D’Alema. Si dovrebbe riscrivere una parte della Costituzione, ma chi potrebbe farlo? Ci vorrebbe una riflessione sullo Stato in Italia e non vedo chi potrebbe farla. Prima di fare un governo costituente bisogna creare una nuova classe politica. Lo stesso proposito di ridurre il numero dei parlamentari al di fuori di una visione istituzionale è pazzesca. Del M5S non mi sorprendo perché è il massimo che poteva produrre. La Lega però non doveva prestarsi. In questo è ancora figlia di Tangentopoli. E dato che secondo me la Lega è un animaletto destinato ad andare lontano, strada facendo dovrebbe depurarsi, proprio come fanno le lumache.Che governo sarebbe quello di una maggioranza M5S-Pd? Un governo “clintoniano”, sponsorizzato dai grandi big dell’industria finanziaria mondiale. Porterebbe avanti una politica di sottomissione piena dell’Italia all’austerity europea. Uno scenario che farebbe il gioco della Francia. La crisi tedesca determina un ripiegamento di Berlino, e questo dà alla Francia una grande spinta, anche se la sua produzione industriale è ferma. Parigi però ha un rapporto privilegiato con l’Africa, che sfrutta grazie al franco Cfa avvantaggiandosi negli scambi e nelle materie prime. Senza il contrappeso tedesco, l’attivismo di Parigi rafforzerà la Cina, che ha con la Francia un rapporto privilegiato in Europa da più di un secolo. Il governo M5S-Pd sarebbe in un modo o nell’altro la vittoria di Attali. Se questo governo prende forma, l’Italia tra vent’anni non esisterà più come paese industriale. Se Salvini non l’ha compreso, l’unico fattore che potrebbe deviare questo corso degli eventi sarebbe un intervento del presidente della Repubblica, mandando il paese alle urne.Sappiamo tutti che prima di sciogliere le Camere durante la legislatura il capo dello Stato è tenuto a verificare l’esistenza di un’altra maggioranza in Parlamento. Che probabilmente ci sarebbe. D’altra parte sappiamo bene che Napolitano ha risolto i problemi a modo suo, e sempre impedendo agli italiani di votare. Come se ne esce? È la contraddizione di Mattarella. Se Mattarella varasse un governo M5S-Pd, per la prima volta andrebbe contro i suoi legami di profonda amicizia verso gli Stati Uniti, la stessa che ha ispirato il suo dovere quando è stato ministro della difesa (governi D’Alema II e Amato II). D’altra parte, consentendo la parlamentarizzazione della crisi e il patto M5S-Pd, darebbe vita a un governo contrario agli interessi americani attuali in Italia. E a mio modo di vedere, a quelli dell’Italia stessa. Quale sarebbe il programma reale del governo giallorosso? Subordinazione totale alle politiche europee dell’austerità, accelerazione del processo di deindustrializzazione, svendita degli asset strategici del paese.Una cura greca, cura si fa per dire; esattamente l’antitesi delle riforme di cui l’Italia avrebbe bisogno. Ovvero: creare una banca pubblica per il sostegno alle Pmi, quello che una volta facevano le grandi banche partecipate. L’austerity non è stata affatto moderata dal quantitative easing, che salva le banche ma non il credito. La cosa curiosa del M5S è che fino ad oggi ha governato da una posizione tipicamente disgregatrice, ostile allo sviluppo e antropologicamente negativa, cioè tutti sono ladri, cattivi e colpevoli tranne noi. Adesso, inaspettatamente, il ribellismo è diventato iper-governismo: le polemiche interne sono cessate, Grillo ha cambiato rotta senza un confronto pubblico, senza che nemmeno abbia votato la “rete”. Tutto è avvenuto attraverso gli ordini impartiti da una cuspide. Prova evidente dell’etero-direzione del M5S.Cosa dovrebbe fare Salvini? Spiegare con più chiarezza qual è la vera posizione di questo governo nei rapporti con l’Ue, la Cina, la Russia e gli Usa. Invece di un post su Facebook, la Lega dovrebbe fare un documento con i suoi punti fermi: fedeltà alla Nato, permanenza nell’euro per cambiare i trattati e la politica economica europea mediante alleanze, rapporti con la Russia su posizioni non dissimili da quelle di Colombo o Andreotti, cioè di dialogo, come io credo che Salvini voglia fare. Questo è il momento di fare politica. Anche con la Germania? Alla luce dell’incipiente crisi tedesca, non c’è momento migliore per far capire al Partito popolare europeo che l’austerity è sbagliata.(Giulio Sapelli, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Il segreto della crisi è tra il Colle e Washington”, pubblicata da “Il Sussidiario” il 17 agosto 2019).La via maestra sono le urne. In questo caso il governo può rimanere in carica per l’ordinaria amministrazione, non c’è bisogno di farne un altro. E una volta che si è dimesso Conte, anche Salvini può dimettersi da ministro dell’interno. Conte e il cardinale Parolin si confrontano su molti dossier, Cina compresa; Oltretevere si stanno muovendo con forti ingerenze nella politica italiana. In questo momento poi gli americani sono profondamente divisi anche sull’Italia. I trumpiani, sulla carta a favore di Salvini, potrebbero essere insoddisfatti di come ha disatteso le loro richieste di una maggiore distanza dalla Cina. Ma c’è anche l’altra parte, quella che ha ancora in mano l’America che conta: la finanza. Cosa vuole la grande finanza americana? Che Salvini sparisca il prima possibile. La firma del memorandum con la Cina ha spiazzato gli Usa. Ora però è come se Washington avesse improvvisamente riscoperto l’importanza dell’Italia. Proprio per questo gli Usa dovrebbero fare di tutto perché si andasse al voto, in modo che la Lega, vincendo, metta a tacere i 5 Stelle.
-
Ponte Morandi, un anno di bugie rifilate a noi poveri cretini
La storia del ponte Morandi è anche la storia dei video che ne ritraggono il crollo. O meglio, la storia dei video che non lo ritraggono, perché fino a oggi – a un anno esatto di distanza – ancora non ci è stato concesso di vedere un solo video integrale del crollo che non apparisse in qualche modo manipolato. A questo punto ho la vaga sensazione che un video integrale del crollo non manipolato non lo vedremo mai. Abbiamo iniziato con questa “politica del mistero” pochi giorni dopo il crollo, quando il procuratore Cozzi ha dichiarato: «Ci sono stati dei problemi nelle videoregistrazioni della società autostrade. Non posso dire che ci siano materiali di grande rilevanza e utilità: il maltempo incideva sulla cattiva qualità delle immagini. La mancanza delle immagini vera e propria (o l’interruzione delle immagini) è dovuta, a quanto è dato di capire, a sconnessioni sulla rete, dovute al fenomeno sismico – al crollo, insomma: in poche parole, al blackout». Cominciavamo bene: erano passati pochi giorni, e già il procuratore metteva le mani avanti, dando la colpa a un ipotetico blackout. Scemenza colossale, fra l’altro: perché, se mai c’è stato un blackout, questo deve essere avvenuto dopo l’inizio del crollo, non prima – quindi le immagini dell’inizio del crollo devono esserci comunque: non è che prima arriva il blackout e poi il ponte crolla.Subito dopo è arrivato l’amministratore delegato di Atlantia, Castellucci, il quale dichiarava: «Non abbiamo gli elementi per poter capire quello che è successo, perché non ci sono immagini: l’unica telecamera a disposizione è andata in dissolvenza per l’eccezionale precipitazione». Nel “video della dissolvenza” che è stato rilasciato, si vede passare il famoso camioncino della Basko, quello che poi è rimasto fermo sul moncone del ponte per diversi giorni. Si vede il ponte che sta per crollare ma, guarda caso, appena il camion è passato il video va in dissolvenza. Nel frattempo qualcuno mette in rete lo screenshot del suo telefonino, nel quale si vede benissimo che c’era almeno un’altra telecamera che ha continuato a funzionare dopo il crollo. Ma le immagini di questa telecamera non ci verranno mai mostrate. A quel punto, giustamente, molti cominciano a domandarsi che cosa ci sia di così particolare, in quel video che non vogliono farci vedere. E comincia così a nascere la teoria del complotto.Anzi, per essere più precisi nascono due teorie del complotto: quella che dice che non ci vogliono mostrare i video perché il ponte in realtà è stato demolito con esplosivi, e l’altra (più soft, quella che ho sposato anch’io) che invece dice che non vogliono mostrarci il video perché vedere le immagini del crollo metterebbe in evidenza in modo palese l’incuria e la mancanza di manutenzione del ponte, e questo causerebbe una tale ondata di sdegno nella popolazione che chiederebbero tutti immediatamente la testa dei Benetton. La prima teoria, quella della demolizione intenzionale, si basa soprattutto sul famoso video “Oh mio Dio!”, nel quale si vede un forte bagliore alla base del ponte, a crollo già iniziato. La seconda teoria, invece, si basa su un semplice ragionamento: non ci vogliono mostrare il video del crollo perché danneggerebbero in modo irreparabile l’immagine di Autostrade e quindi dei Benetton. Non dimentichiamo che 5 Stelle avevano chiesto la revoca della concessione ad Autostrade, che valeva un bel po’ di miliardi, e quindi – in base alla seconda teoria – si cercava semplicemente di proteggere gli interessi dei potenti.Con il circolare sempre più insistente di questi dubbi, è chiaro che nell’ufficio del procuratore qualcuno si sia sentito in imbarazzo. Ed ecco che, miracolosamente, verso la fine di settembre dello scorso anno, esce la ripresa integrale di quello che era stato definito il “video della dissolvenza”. Magicamente ricompaiono i fotogrammi mancanti. E la ripresa non finisce più con il camioncino della Basko che passa, ma prosegue fino a quando il camioncino è già scomparso dietro la curva. Magia della politica, che cancella una dissolvenza e fa ricomparire i fotogrammi perduti… Resta comunque il fatto che, nel frattempo, la foschia è cresciuta rapidamente: per cui il crollo del ponte non si riesce a vedere in ogni caso.A qul punto, molti cominciano a domandarsi se non debbano esistere anche altri video, oltre a quelli di Autostrade, che abbiano ripreso il crollo. E siccome le telecamere installate nella zona erano moltissime, il procuratore Cozzi decide di fare una ammissione almeno parziale: esiste un video, dice, che mostra il crollo integrale, ma le immagini sono secretate. La spiegazione di Cozzi qual è? «Le immagini non le possiamo divulgare per motivi investigativi: se i vari testimoni oculari che stiamo sentendo le vedessero, rischierebbero di raccontarci una versione inquinata di come sono andate esattamente le cose». Altra scemenza colossale: perché, se tu hai il video originale, il testimone può raccontarti quello che vuole, ma non può certo cambiare le immagini di quello che si vede nei video. Però la gente si beve di tutto, i giornalisti si bevono di tutto, e quindi si va avanti senza che nessuno senta il bisogno di porre altre domande.A complicare ancora le cose arriva a quel punto un articolo del “New York Times” i cui giornalisti sostengono di aver visto il video del crollo integrale. In base a quanto visto dai giornalisti, il “York Times Pubblica” una ricostruzione in 3d del crollo, che però non risponde minimamente alle domande su cosa lo abbia causato. Le domande aumentano, i dubbi non svaniscono. E sembra quasi che, con il passare del tempo, coloro che detengono le immagini vogliono darci dei contentini: come per tenere buona l’opinione pubblica. Arriva infatti subito dopo un altro video famoso, che mostra sì il crollo del ponte, ma soltanto dal basso. Si vedono cadere le macerie dall’alto, ma anche qui il momento dell’inizio non si vede. La sensazione di presa in giro ormai è diffusa, e in rete continuano ad aumentare le richieste per vedere il video integrale che lo stesso Cozzi dice di avere.Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo lanciato una petizione che ha raccolto oltre 10.000 firme. Ma i mesi passano, e questo famoso video integrale del crollo non arriva mai. Tutto sembra scomparire nelle sabbie mobili di un’inchiesta di cui noi non sappiamo assolutamente niente. Noi cittadini siamo i coglioni che pagano i pedaggi, siamo quelli che muoiono sotto le macerie, ma a noi non è concesso di sapere perché dobbiamo crepare in quel modo. Facciamo un salto in avanti, al giorno della demolizione dei resti del ponte: parliamo cioè del 1° luglio di quest’anno, 2019 – proprio in coincidenza con la demolizione del ponte, curiosa coincidenza emotiva. Viene finalmente rilasciato il famoso video integrale detto anche “il video della Ferrometal”. Il problema è che basta dargli un’occhiata veloce per capire che anche questo video è stato fortemente manipolato. Numerando Infatti i fotogrammi, si vede come alcuni di essi durino svariati secondi, mentre altri siano in sequenza rapidissima fra di loro.Sono rallentamenti e accelerazioni che vanno ben oltre il tasso variabile delle telecamere di sicurezza. E quindi noi ci troviamo nuovamente di fronte ad un video che ha molto probabilmente di fotogrammi mancanti. L’unica conclusione valida che si può trarre da questo video è che il famoso lampo che si vedeva inizialmente nel video “Oh mio Dio!” qui si vede chiaramente che avviene lontano dal ponte, dietro i tetti dove passa la ferrovia. In altre parole, quel grande lampo era dovuto effettivamente a un corto circuito con le linee dell’alta tensione ferroviaria, come molti già avevano suggerito. Ma di più non possiamo dire. Siamo arrivati ad un anno esatto dal crollo del ponte Morandi, è l’unica cosa che possiamo affermare con certezza è che, per qualche motivo, non ci vogliono far vedere il crollo integrale. Perché?(Massimo Mazzucco, “Ponte Morandi, un anno di bugie”, video-editoriale pubblicato su “Luogo Comune” il 14 agosto 2019).La storia del ponte Morandi è anche la storia dei video che ne ritraggono il crollo. O meglio, la storia dei video che non lo ritraggono, perché fino a oggi – a un anno esatto di distanza – ancora non ci è stato concesso di vedere un solo video integrale del crollo che non apparisse in qualche modo manipolato. A questo punto ho la vaga sensazione che un video integrale del crollo non manipolato non lo vedremo mai. Abbiamo iniziato con questa “politica del mistero” pochi giorni dopo il crollo, quando il procuratore Cozzi ha dichiarato: «Ci sono stati dei problemi nelle videoregistrazioni della società autostrade. Non posso dire che ci siano materiali di grande rilevanza e utilità: il maltempo incideva sulla cattiva qualità delle immagini. La mancanza delle immagini vera e propria (o l’interruzione delle immagini) è dovuta, a quanto è dato di capire, a sconnessioni sulla rete, dovute al fenomeno sismico – al crollo, insomma: in poche parole, al blackout». Cominciavamo bene: erano passati pochi giorni, e già il procuratore metteva le mani avanti, dando la colpa a un ipotetico blackout. Scemenza colossale, fra l’altro: perché, se mai c’è stato un blackout, questo deve essere avvenuto dopo l’inizio del crollo, non prima – quindi le immagini dell’inizio del crollo devono esserci comunque: non è che prima arriva il blackout e poi il ponte crolla.
-
Grandi manovre, ma piccoli partiti. E tanti saluti agli italiani
Vestali della comunicazione, opposizioni parlamentari ed élite che dalla scorsa estate non hanno fatto altro che evocare crisi di governo e nuove elezioni, ora che Salvini si è chiamato fuori, le elezioni non le vogliono più. Con qualche eccezione motivata, per esempio il Pd di Zingaretti, ma non il Pd di Renzi che controlla la maggior parte dei senatori e dei deputati del partito. Quanto a Forza Italia, che in Senato conta più rappresentanti della Lega, sono in corso trattative con Salvini: se il leader della Lega sarà disponibile per ricostituire il centrodestra classico, bene, altrimenti Berlusconi si orienterà per appoggiare il cosiddetto “governo di scopo”, affidato ad un tecnico con il compito di scongiurare l’esercizio provvisorio di bilancio, evitare l’aumento dell’Iva in cambio di altri sacrifici, e magari approvare la riduzione dei parlamentari con l’intento di evitare le elezioni almeno per i prossimi sei mesi, giustificando con ciò anche l’eventuale approvazione di una nuova legge elettorale.Quanto alla Meloni di Fratelli d’Italia, la sua consueta rigidità non le consente di vedere che l’alleanza elettorale con Salvini, senza neppure la mediazione del Cavaliere, porterebbe ad uno scontro nel paese dove nulla sarebbe scontato: l’estrema destra contro tutti gli altri difficilmente vince in Occidente, tanto più in un paese come l’Italia che conserva ancora freschi ricordi del proprio drammatico passato. Ciò premesso, è interessante osservare come ciascuna fazione del panorama politico italiano lavori unicamente in vista del proprio tornaconto, infischiandosene dei cittadini e degli interessi reali dell’Italia. Tutti, senza eccezione alcuna. A cominciare dalla Lega, che avrà pure le sue buone ragioni nel denunciare i ripetuti “no” dei Cinquestelle al programma di governo, ma che sceglie il momento peggiore per staccare la spina e non lo fa certo sull’onda di un’emozione ma sulla base di calcoli ben precisi che riguardano il proprio assetto interno (la mancata approvazione della legge sulle autonomie, cara alle regioni del nord) e la contemporanea impossibilità di mantenere le tante promesse all’esterno (investimenti produttivi, sterilizzazione dell’Iva e contemporanea approvazione della Flat Tax), per la manifesta contrarietà di quanti, nel governo e fuori, si sono impegnati a “non strappare” con l’Europa.Salvini aveva la possibilità di portare in Parlamento l’approvazione della Flat Tax e degli investimenti produttivi, lasciando ai Cinquestelle la responsabilità di bocciarli; preferisce invece assumere in proprio la responsabilità della crisi col pretesto della Tav, esponendosi a tutti i contraccolpi del sistema: un atto coraggioso o ingenuo o soltanto imposto dal vecchio nucleo della Lega Nord? Per continuare con Zingaretti che vuole andare alle elezioni subito per lucrare sulla perdita di consensi dei Cinquestelle, ridimensionare definitivamente Renzi, togliendogli il monopolio dei gruppi parlamentari, e riattivare il bipolarismo centrosinistra- centrodestra. Con Renzi che per mantenere il suddetto monopolio è disposto persino ad allearsi con i Cinquestelle per un governo di scopo e/o di garanzia elettorale. Con Grillo e Di Maio che faranno di tutto pur di non vedere dimezzata la propria rappresentanza parlamentare. Con Meloni e Berlusconi di cui si è già detto.(Sergio Magaldi, “Grandi manovre e piccoli partiti”, da “Lo Zibaldone di Sergio Magaldi” del 10 agosto 2019).Vestali della comunicazione, opposizioni parlamentari ed élite che dalla scorsa estate non hanno fatto altro che evocare crisi di governo e nuove elezioni, ora che Salvini si è chiamato fuori, le elezioni non le vogliono più. Con qualche eccezione motivata, per esempio il Pd di Zingaretti, ma non il Pd di Renzi che controlla la maggior parte dei senatori e dei deputati del partito. Quanto a Forza Italia, che in Senato conta più rappresentanti della Lega, sono in corso trattative con Salvini: se il leader della Lega sarà disponibile per ricostituire il centrodestra classico, bene, altrimenti Berlusconi si orienterà per appoggiare il cosiddetto “governo di scopo”, affidato ad un tecnico con il compito di scongiurare l’esercizio provvisorio di bilancio, evitare l’aumento dell’Iva in cambio di altri sacrifici, e magari approvare la riduzione dei parlamentari con l’intento di evitare le elezioni almeno per i prossimi sei mesi, giustificando con ciò anche l’eventuale approvazione di una nuova legge elettorale.
-
Magaldi: Salvini non è solo, stana i rivali-zombie e vincerà
Comunque vada, Salvini ha già vinto: sono dalla sua parte tutti gli scenari. Elezioni anticipate? Trionferebbe. Governo Conte-bis? Farebbe la parte del leone, ridimensionando i grillini in caduta libera. Governissimo Renzi-Grillo? Meglio ancora: dall’opposizione, il leader della Lega preparerebbe un plebiscito nel giro di un anno, con gli italiani costretti a subire la maxi-stangata imposta da Bruxelles e somministrata da Renzi e Di Maio, magari col Monti di turno. La notizia però è un’altra: «Di improvvisato non c’è nulla, nelle mosse di Salvini». E il capo della Lega non è affatto solo, ma è anzi «sapientemente consigliato». Lo svela Gioele Magaldi, massone progressista, già inziato alla superloggia internazionale “Thomas Paine”, storica culla del pensiero politico-economico keynesiano. Il presidente del Movimento Roosevelt, autore del bestseller “Massoni” che inquadra il ruolo delle Ur-Lodges nel retrobottega del potere mondiale, oggi scommette su Matteo Salvini: «Sta studiando, e potrebbe persino diventare uno statista. E’ l’unico leader politico oggi capace di intercettare le speranze degli italiani. Deve ancora farne, di strada, ma intanto ha spiazzato tutti, costringendo i concorrenti a svelarsi e a contraddirsi». Per Magaldi «è in una situazione win-win: ha vinto e vincerà anche domani, in qualsiasi modo evolva questa crisi, che è stata lungamente progettata, da Salvini e da chi lo ha consigliato con sapienza».Allusione esplicita: «Le superlogge internazionali sono assolutamente in campo e stanno giocando una partita molto raffinata», dichiara Magaldi il 14 agosto nella diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Premessa: «L’Italia resta un campo di battaglia strategico, il luogo decisivo per le sorti della democrazia in Europa e per la stessa globalizzazione». E’ vero, la geopolitica appare dominata da colossi come gli Usa, la Cina e la Russia. Eppure, sottolinea Magaldi, «è in Europa che si è sperimentata dagli anni ‘90 una certa governance sovranazionale post-democratica, politico-economica, ed è qui in Italia che il corso delle cose può essere invertito: altrove non ci sono possibilità così magmatiche e feconde, in Francia e in Germania il sistema politico è bloccato». Sempre con Frabetti, Gianfranco Carpeoro – altro dirigente del Movimento Roosevelt – nei giorni scorsi ha svelato le mosse della supermassoneria reazionaria: obiettivo, imbrigliare Salvini e disarcionarlo con ogni mezzo. Di qui la strana disponibilità di Grillo ad abbracciare l’ex nemico Renzi, a cui sarebbe stato promesso finalmente l’accesso al mondo esclusivo dei massimi salotti massonici, nel caso riuscisse a sventare la minaccia delle elezioni anticipate richieste da Salvini.«Le reti delle Ur-Lodges oligarchiche sono ancora egemoni», conferma Magaldi, che però aggiunge: «Le superlogge progressiste hanno messo a segno colpi interessanti». Tra questi, ad esempio, il sostegno sotterraneo ai Gilet Gialli in Francia per mettere in croce Macron proprio mentre l’Eliseo premeva su Bruxelles per aggravare l’austerity italiana, bocciando il governo gialloverde e la sua iniziale richiesta di espansione del deficit. «La partita è vivace, anche se difficile da interpretare», dice Magaldi, lasciando capire che niente è come sembra. Il network massonico progressista internazionale starebbe sostanzialmente supportando Salvini nel suo tentativo di lasciare in mutande gli zombie della politica italiana, ancora e sempre proni ai diktat di Bruxelles. «Con le sue mosse, Salvini ha messo in moto un circo con bestie strane, e scomodarle proprio a ferragosto è stato ancora più divertente: cosa che a Salvini ha permesso di dire che non si vede perché ad agosto non possano lavorare anche i parlamentari, come moltissimi altri italiani già fanno». Bestie strane? «Alcune sembravano sotto spirito, imbalsamate, e sono state riesumate per l’occasione: hanno tutte paura e sperano di non scomparire per sempre». Salvini domatore? Ebbene sì: «Sembra condurre il gioco, e addirittura oggi torna a parlare persino di una possibilità di un rilancio gialloverde, un governo Conte-2 con adeguato rimpasto».A Genova, il capo della Lega ha accennato tranquillamente alla manovra, citando 2,4 miliardi per mettere in sicurezza ponti e infrastrutture: «Sembra parlare da azionista di un governo che potrebbe tornare in auge». Intendiamoci, avverte Magaldi: «Occorre decodificare il tiro di dadi inaugurato da Salvini, la cui tempistica ha spiazzato anche i leghisti», molti dei quali per nulla entusiasti all’idea di tornare alla corte di Arcore. Non è affatto impazzito, Salvini: ha solo beffato i suoi avversari, fingendo di divertirsi in modo spensierato sulla spiaggia del Papeete. Nessuno si aspettava che affondasse il colpo, annunciando la sfiducia a Conte: «E la sua mossa originaria, prima ancora della “mossa del cavallo” sul taglio dei parlamentari da votare con 5 Stelle e Pd) ha snidato personaggi e ipotesi che se ne stavano acquattate nell’ombra». Il risulato è fecondo, secondo Magaldi: dopo che Salvini ha pronunciato quel fatidico “io non ci sto più”, «abbiamo scoperto che Renzi stava preparando un nuovo partitino del 2-3%». Poi l’ex “rottamatore” «ha compiuto una torsione a 180 gradi rispetto a inizio legislatura, quando consegnò i 5 Stelle all’allenza con la Lega. Oggi sente vicina la sua fine politica, ma non ha capito che gioco sta facendo Salvini, consigliato da chi e perché». Già, appunto: non sperava di entrare nel grande gioco, Renzi, bussando alla superloggia Maat (quella di Obama) dopo la passerella al Bilderberg?Fa un po’ il misterioso, Magaldi, lasciando intendere di non poter dire più di tanto, per ora. Si limita a dichiarare che quello che sta davvero succedendo «non l’ha capito nemmeno Berlusconi, che prima si ringalluzzisce come possibile ago della bilancia, grazie a cui si può decidere se si va o no alle elezioni, quindi fa bastonare Salvini da Sallusti sulle Tv mainstream ma su Rete4 manda servizi contro Di Maio». Al che, si apprende che Salvini sarebbe disponibile a una trattativa con Forza Italia e Fratelli d’Italia. Poi però il capo della Lega «offre a Berlusconi una lista unica, quindi una proposta di assorbimento di Forza Italia, che naturalente Berlusconi rifiuta». Falsa pista, quindi: dopo aver stanato il Cavaliere, spingendolo a esporsi, il 13 agosto Salvini risultava indisponibile a incontrarlo, per imprecisati “impegni al Viminale”. «Intanto Berlusconi è stato snidato: sperava in un accordo elettorale soddisfacente, con Salvini, nonostante sia stato per mesi in combutta con il Pd e con tutto il circo mediatico mainstream contro il governo gialloverde, e quindi anche contro la Lega». Doppio avvitamento, con figuraccia. «Sono stati snidati Renzi e Berlusconi, e il gioco non finisce qui» aggiunge Magaldi. «Anche l’inciucio Pd-M5S è stato portato fino all’estremo, fin quasi a concludersi: già hanno votato insieme per la calendarizzazione della sfiducia a Conte, ma Delrio (cerniera a metà strada tra Renzi e Zingaretti) dice che l’accordo si può fare solo se di largo respiro, e lo stesso Zingaretti sta diventando possibilista».Insomma: sono tutti agitati, ma il pallino rimane nelle mani di Salvini. «Sembra un domatore che fa esbire tante bestiole davanti alla platea degli italiani». E questo, sottolinea Magaldi, è solo l’aspetto “essoterico”, alla luce del sole. Per capire il senso di quello che sta avvenendo «occore rovesciare le cose facili, banali, scontate e fuorvianti che si sono dette in questi giorni». La lettura che propone il presidente del Movimento Roosevelt è la seguente: a un certo punto, “ispirato” da qualche insospettabile consigliere strategico, Salvini – pressato dalla magistratura e dal Russiagate, braccato dai media pro-Ong – ha di fatto «cominciato a mostrare tutte le ipocrisie e tutti i nervi scoperti degli altri attori politici». Il gioco è rischioso, ma per ora vincente. «In queste ore si potrà discutere persino di un rilancio del governo Conte, con un rimpasto significativo e una strutturazione del programma che veda i 5 Stelle molto più disciplinati, perché uno dei problemi degli ultimi mesi era che i 5 Stelle attaccavano Salvini anziché l’opposizione». Naturalmente, un nuovo patto presupporrebbe un cambio di passo su molti temi: «Sarebbe una vittoria di Salvini, anche rispetto a quei leghisti che al Nord restano inclini a un’alleanza con Berlusconi».In sostanza, osserva Magaldi, Salvini ha giocato d’anticipo su tutti. E ora ha compiuto la mossa del cavallo: ok, ha detto, votiamo il taglio dei parlamentari e poi andiamo subito a votare. «Quella di elezioni immediate è un’ipotesi costituzionalmente impraticabile, e del resto prima si vota la fiducia o sfiducia a Conte (che è dirimente, prima ancora della questione del taglio dei parlamentari)». Se invece la rottura si consuma, «la grande ammucchiata (Pd, 5 Stelle, Leu e frattaglie varie), al di là di dare un illusorio momento di respiro a Renzi e ai renziani che hanno la poltrona traballante, è una eccellente occasione per ridefinire il prossimo appuntamento elettorale, lasciando a quell’Armata Brancaleone l’onere di proseguire sulla linea del rigore». Una non-strategia, che aggraverebbe solo la situazione italiana. «Qui servirebbe un braccio di ferro fortissimo con la cosiddetta Europa e con i suoi avamposti italici – dice Magaldi – per definire una nuova traiettoria politico-economica fondata su investimenti importanti e un robusto taglio delle tasse, cioè una manovra che incontrebbere un’opposizione formidabile da parte dei gestori dell’austerity».Nell’ipotesi del “governo di salvezza nazionale”, Salvini lascerebbe a Renzi e anche ai grillini il “privilegio” di essere «definitivamente percepiti come i difensori dello status quo». Quindi il governo anti-Salvini sarebbe «un’occasione ghiottissima, una situazione da cui la Lega non potrà che uscire bene». Ma è un bene, per l’Italia, che Salvini abbia innescato questo balletto circense, rivelatore delle altrui pulsioni? Per Magaldi, la risposta è sì. Ed è utile, aggiunge, che da questa vicenda «escano con le ossa rotte i 5 Stelle», almeno fino a quando si fanno rappresentare da Luigi Di Maio: «Ha proprio la vista corta: gongolava, dicendo che Salvini ha dovuto cedere sul taglio dei parlamentari», non capendo che il leghista lo ha sostanzialmente “disarmato”. I 5 Stelle, peraltro, «uscirebbero distrutti dall’abbraccio col Pd: una parte del loro elettorato andrebbe verso la Lega e un’altra parte verso i Dem». A sua volta, il Pd ha problemi interni ancora più gravi: «E’ un soggetto politico afasico, privo di una narrativa convincente». E la prova del nove, ancora una volta, è proprio il capo della Lega: «Salvini cresce nei consensi perché esibisce una narrativa chiara, che parla anche di importanti investimenti e di un nuovo paradigma politico-economico, grazie ai suoi economisti post-keynesiani. E parla pure di taglio delle tasse, Salvini. Rispetto a questo, cos’hanno da dire Pd e 5 Stelle? Il piglio del leader ce l’ha lui, non certo il grottesco Renzi, imbolsito anche nei toni, che a un anno di distanza deve ammettere di aver sbagliato tutto rifiutando l’alleanza coi 5 Stelle».Nel frattempo, il Pd non ha mai fatto autocritica. «Non lo fa neppure oggi, né con Renzi né con Zingaretti, nemmeno rispetto alle cattive riforme costituzionali di Renzi, che non ha capito niente ed è ancora convinto che il Jobs Act fosse la migliore delle carte da giocare per rilanciare occupazione e crescita economica – siamo a questo livello». Si domanda Magaldi: «In cosa si identifica, per Renzi, il bene della nazione? Non lo sappiamo, ed è per questo che Renzi è franato, nella percezione degli italiani. E cosa ha da dirci Zingaretti?». Idem. Ma vale anche per Berlusconi, «anche lui agonizzante come Renzi e in cerca di una scialuppa di salvataggio». Morti che camminano. Salvini, invece, riesce anche a giocare col taglio dei parlamentari: «Ha presentato la cosa strumentalmente, come una decisione importante da condividere con “l’amico” Di Maio», che c’è cascato. Attenzione: «Come panacea dei mali italiani i 5 Stelle dunque propongono il taglio dei parlamentari e magari anche il dimezzamento dei loro stipendi?». Il Parlamento come covo di mascalzoni, affaristi e rubagalline? Pura demagogia grillina, altamente controproducente: «Con stipendi più bassi, i parlamentari saranno più esposti a tentativi di corruzione. E in Parlamento andranno solo le persone molto ricche, che possono permettersi di rinunciare alla loro carriera», obietta Magaldi.«Ai tempi della democrazia di Pericle, nell’Atene del V secolo avanti Cristo – ricorda Magaldi – furono inventate le “misthòtes”, le indennità, proprio per consentire anche ai poveri di occuparsi della cosa pubblica, viceversa prerogativa solo dei ricchi aristocratici». Oggi viviamo in un’Italia in piena stagnazione e con un governo che non ha certo “abolito la povertà”. «E dopo il fallimento clamoroso del reddito di cittadinanza, Di Maio ci viene a spiegare che la soluzione di tutto, la grande scelta epocale, sarebbe la diminuzione dei rappresentanti del popolo sovrano, facendo così diminuire anche il livello di democrazia rappresentativa?». Avverte Magaldi: «Stia attento, Di Maio, anche a quello che fanno i pentastellati nelle amministrazioni locali, perché gira voce che, paradossalmente, siano i più affamati di affari, affarucci e denari». Neoliberismo sospetto, in salsa populista: «C’è questo strano connubio: da un lato ciò che è pubblico (comprese le indennità) viene demonizzato, per offrirlo in pasto a un risentimento popolare del tutto presunto (la gente non ha più la sveglia al collo, vede bene che questi sono pretesti), e dall’altro il taglio delle indennità produce fatalmente più corruzione».Insomma, per Magaldi il “circo” stimolato da Salvini «ci mostra degli animali politici davvero bizzarri», nessuno all’altezza della crisi nazionale. «Questa rappresentazione richiede quindi un cambio di passo drastico: la classe politica italiana è scesa davvero al punto più basso, per merito delle abili mosse di Salvini». Ispirato da chi? Incalzato dalla domanda, nella diretta web-streaming su YouTube, Magaldi rifiuta di essere esplicito: «Diciamo che Salvini sta studiando». Per Carpeoro, non ha ancora trovato il suo “burattinaio”, cioè «uno di quei “venerabilissimi maestri” dei contesti massonici neoaristocratici che amano ridurre i politici a propri burattini». Secondo Magaldi, invece, c’è un’altra possibilità: «E cioè che personaggi come Salvini, che non hanno alle spalle burattinai e che magari non vogliono averne, possano invece cercare suggestioni e ispirazioni, mettendosi a studiare per poter interpretare in modo più adeguato al servizio della collettività». Comunque, aggiunge Magaldi, possiamo stare certi che il leader della Lega non ha tentato uno strappo in modo avventato, non è rimasto isolato e non sta assolutamente cercando di salvarsi in corner. Al contrario: è proprio lui a condurre le danze. In altre parole: “C’è del metodo, in questa follia”, come avrebbe detto Shakespeare.«C’è del metodo, e il primo risultato è quello di aver messo a nudo tutte le ipocrisie degli altri attori politici e la loro disponibilità a rimangiarsi il giorno dopo quello che avevano detto il giorno prima». Quindi, ribadisce Magaldi, c’è un’ispirazione precisa. E c’è anche «un personaggio che ha ancora molto da emendare, da imparare e da perfezionare». Tuttavia Salvini «è l’unico che ha i tratti e le caratteristiche per poter essere percepito come un pericolo, da parte di chi vorrebbe proseguire in modo imperterrito sulla strada di questi anni», cioè il suicidio programmato dell’economuia italiana da parte delle lobby che dominano l’Ue. Diciamola tutta, ammette Magaldi: «Salvini ha anche bisogno anche di smarcarsi da quella ghettizzazione, sempre possibile, che lo presenta come neofascista o fiancheggiatore dei neofascisti». Ne è consapevole: «Lo si è già visto nella sua prudenza rispetto a Fratelli d’Italia e poi anche rispetto a Forza Italia: un’alleanza così, anche se vincente, a livello internazionale sarebbe facile da ghettizzare come l’arrivo di una pericolosa destra». E poi Salvini «ha bisogno di alleanze e di riferimenti politici, ideologici e programmatici che semmai ne sdoganino il lato progressista». Quello che di certo non gli serve è «un abbraccio con Berlusconi e la Meloni in stile nuovo centrodestra, un copione già visto e già bocciato dagli italiani».Quello che sta facendo il capo della Lega, capace di scuotere la politica del Belpaese, non è comunque sufficiente: Salvini è ancora troppo condizionato dalla preoccupazione del consenso. «Il problema vero è che Salvini, e chiunque altro – da destra, da sinistra, dal centro – volesse partecipare di una nuova stagione politica (dove anche la Lega mutasse pelle e diventasse qualcos’altro, magari anche di più progressista), dovrebbe anche saper mordere, oltre che abbaiare e affabulare». Anche perché «non sarà un momento tenero, quello in cui si dovrà fare un braccio di ferro adeguato con i gestori dell’austerity». La verità, sottolinea Magaldi, è che se oggi il sedicente “governo del cambiamento” è comunque costretto a subire tutte queste rappresentazioni teatrali, è perché questo governo non ha cambiato alcunché: «Finora è stato il governo del falso cambiamento. E Salvini se n’è accorto, a differenza del narcisista e miope Di Maio». Caporetto 5 Stelle: «Non c’è discussione interna, Di Maio andrebbe valutato come inadeguato. Dovrebbe quindi esserci un ricambio di classe dirigente: solo a quel punto, prima di scomparire, il Movimento 5 Stelle potrebbe ancora avere un ruolo nel futuro dell’Italia». Se gli elettori ti investono di tante speranze, non puoi fingere: devi lottare, «fino a strappare – per l’Italia e per l’Europa – una prospettiva più democratica e anche più prospera».Il problema vero dice ancora Magaldi, non sta in come si risolve questa grande rappresentazione teatrale, o meglio circense, ma sta nel fatto che – alla fine dei giochi – qualcuno si assuma la responsabilità di fare quello che va fatto. «E quello che va fatto è chiaro: un piano di 50 anni di investimenti pubblici importanti, che diano fiato all’economia privata, iniziando un braccio di ferro con l’Europa in modo soft, cioè chiedendo di stralciare questi investimenti dai parametri del deficit. Poi serve l’apertura in Europa di un tavolo per la redazione di una Costituzione politica di natura radicalmente democratica». Per Magaldi «sono queste le cose importanti da fare, insieme all’abbassamento drastico delle aliquote fiscali». Cose semplici, come l’introduzione di una moneta parallela: «Misura che serve a difendersi dalle norme stringenti di oggi. Ma se l’Italia negoziasse lo stralcio degli investimenti necessari rispetto al computo del deficit, non ci sarebbe nemmeno più bisogno di moneta parallela». In altre parole, «le cose sono davvero più semplici di quello che sembrano, se davvero ci fosse la volontà politica di farle». Per questo servono politici capaci di fare un salto di qualità. Salvini, appunto? «Io credo che oggi stia studiando l’ipotesi di diventare davvero uno statista. Poi sta a lui riuscirci (e studiare bene) oppure no».Naturalmente, la crisi fa esplodere dietrologie multiple. Per esempio c’è il possibile ruolo del supermassone reazionario Michael Ledeen, in Italia da luglio, indicato da Carpeoro come fattore rilevante per disarcionare Salvini. Per Magaldi, invece, «quello di Ledeen è un ruolo forse sopravvalutato, come quello di Renzi: anche se dovesse entrare nel nuovo ipotetico governo e dovesse ridicolizzare Zingaretti, costringendolo a subire il peso della maggioranza dei parlamentari Pd (che oggi è di rito renziano), Renzi dovrebbe comunque accontentarsi di una breve stagione». Ledeen e gli altri “avvoltoi” oligarchici come il francese Attali, mentore di Macron? «Tutte vere le osservazioni di Carpeoro, ma guarderei in modo diverso la prospettiva di fondo», spiega Magaldi. «In realtà, i gruppi reazionari neoaristocratici sono in un momento di grande difficoltà, perché anche tutti gli sforzi fatti per non andare a votare, tenendo in sella certi personaggi, in un modo o nell’altro sono destinati a fallire». E questo, scandisce Magaldi, è davvero un fatto nuovo: «C’è una coscienza popolare che sta comunque crescendo, intorno ad aspettative che oggi vengono proiettate su Salvini». Ma se il leader leghista dovesse fallire o deludere, domani queste speranze «sarebbero comunque proiettate su qualcun altro, perché esprimono un’esigenza reale», che né Renzi né Di Maio (e tantomeno Berlusconi) hanno dimostrato di saper cogliere e interpretare.Magaldi punta alla sostanza, allo sfondo: «Non darei quindi grande peso al ruolo di vecchi arnesi come il “fratello” Ledeen: un anziano signore, memore di antichi giochi spregiudicati fatti anche destando irritazione persino tra le forze dell’ordine e l’intelligence italiana. Quei giochi sono ormai finiti», sostiene il presidente del Movimento Roosevelt. «Credo che questi personaggi non siano più nemmeno i veri burattinai che cercano di frenare questo nuovi scenario che si prepara». Bisogna saper leggere tra le righe: «La battaglia oggi non è nel tentare di frenare quello che il popolo italiano proietta su personaggi come Salvini. Per questo esprimo una sorta di compassione anche per tutti quelli che si agitano, cercando di combattere in termini sbagliati». E attenzione: «Non può essere efficace utilizzare ancora a lungo il Movimento 5 Stelle come un elemento che rafforzi il sistema. Ha avuto consensi perché era visto come un mezzo per realizzare alcune speranze, per quanto confuse. Se però il M5S fa un abbraccio mortale con il Pd e con altri, contro le speranze proiettate su Salvini, compie un grande suicidio collettivo». “Ciaone”, caro Di Maio. «Tanti auguri, a questo governo che dovesse nascere: sarebbe un regalo, per noi progressisti, un po’ come l’ipotesi di Mario Draghi a Palazzo Chigi». Tutti si accorgerebbero che il Re è nudo: «Che regalo, vedere finalmente Draghi tutti i giorni in televisione a difendere le sue scelte di austerity – non più remoto, ieratico e autorevole dalla poltrona della Bce, ma costretto a rispondere con la sua faccia, non più in modo sfingeo, dovendo spiegare agli italiani (come già Monti) che l’austerità è bella».Secondo Magaldi, un anno di governo con Pd, 5 Stelle e Leu all’insegna del “teniamo i conti in ordine” sarebbe la miglior cosa da auspicare, per i progressisti: «Sarebbe la distruzione definitiva della credibilità di tutti coloro che dovessero animare quel governo». Se ce la faranno, a metterlo in piedi, si voteranno al suicidio. Aiutati dai “venerabili” burattinai della supermassoneria reazionaria? Magaldi è scettico: «Sono al tramolto molti vecchi tromboni alla Ledeen, gente che appartiene a un altro mondo, personaggi che stanno anche invecchiando e morendo. Il fronte massonico delle Ur-Lodges neoaristocratiche oggi è molto meno forte di quanto non si creda». Certo, le strutture nel frattempo create fanno sì che il percorso tracciato resti in piedi, per forza d’inerzia. «E’ la legge di Saturno, per dirla in termini astrologici: la conservazione della struttura esistente. Però la legge di Saturno comporta anche l’invecchiamento e la sclerotizzazione». Di fatto, il caso-Salvini dimostra che si stanno aprendo delle crepe, «nei cascami di questo sistema di governance che riguarda l’Italia». La nuova frontiera? «Sta nell’essere molto dinamici: il nuovo orizzonte credo sia quello di chi è capace di scendere in piazza per fare delle veloci operazioni di flash-mob a favore di telecamera, con le bandiere issate, andando nei luoghi dove si radunano i rappresentanti (magari marci) del potere attuale». E questo «sia nel caso in cui tutto il quadro frani, sia che Salvini invece emerga come qualcuno che finalmente ha iniziato a collocarsi dalla parte giusta, e con la giusta ispirazione ideologica». L’importante, chiosa Magaldi, è che gli italiani non restino a guardare anche stavolta.Comunque vada, Salvini ha già vinto: sono a suo favore tutti gli scenari. Elezioni anticipate? Trionferebbe. Governo Conte-bis? Farebbe la parte del leone, ridimensionando i grillini in caduta libera. Governissimo Renzi-Grillo? Meglio ancora: dall’opposizione, il leader della Lega preparerebbe un plebiscito nel giro di un anno, con gli italiani costretti a subire la maxi-stangata imposta da Bruxelles e somministrata da Renzi e Di Maio, magari col Monti di turno. La notizia però è un’altra: «Di improvvisato non c’è nulla, nelle mosse di Salvini». E il capo della Lega non è affatto solo, ma è anzi «sapientemente consigliato». Lo svela Gioele Magaldi, massone progressista, già inziato alla superloggia internazionale “Thomas Paine”, storica culla del pensiero politico-economico keynesiano. Il presidente del Movimento Roosevelt, autore del bestseller “Massoni” che inquadra il ruolo delle Ur-Lodges nel retrobottega del potere mondiale, oggi scommette su Matteo Salvini: «Sta studiando, e potrebbe persino diventare uno statista. E’ l’unico leader politico oggi capace di intercettare le speranze degli italiani. Deve ancora farne, di strada, ma intanto ha spiazzato tutti, costringendo i concorrenti a svelarsi e a contraddirsi». Per Magaldi «è in una situazione win-win: ha vinto e vincerà anche domani, in qualsiasi modo evolva questa crisi, che è stata lungamente progettata, da Salvini e da chi lo ha consigliato con sapienza».
-
Mazzucco: povera Italia, se spera nel “salvatore” di turno
È stato geniale. Con un semplice 17% in Parlamento, Salvini è riuscito ad andare al governo facendo un accordo acrobatico e improbabile con i Cinque Stelle. In realtà a lui di quello che c’era scritto nel “contratto di governo” non importava più di tanto. Quello che gli importava veramente era di avere il ministero degli interni, perché grazie a quello Salvini ha potuto impostare “da dentro” una campagna elettorale permanente. Come ministro degli interni, infatti, ha potuto mostrare i muscoli e ha potuto chiudere i porti delle coste italiane. Gli è bastato così respingere qualche centinaio di migranti, per passare agli occhi di tutti come il salvatore della patria. “Se Salvini vuole respingere i migranti – ragiona l’uomo della strada – vuol dire che ha veramente a cuore l’Italia e gli italiani, e quindi io alle prossime elezioni lo voterò sicuramente”. In questo modo il favore di Salvini è schizzato rapidamente verso l’alto, e quello che solo un anno fa era un relativamente magro 17%, si è letteralmente raddoppiato con le elezioni europee. E ora, quello che era il 34% delle europee, arriva in certi sondaggi a sfiorare il 38.Se tutto andrà secondo programma, alla prossima tornata elettorale Salvini porterà a casa un comodo 40%, che aggiunto ai voti della Meloni gli permetterà di governare l’Italia “con pieni poteri”, come lui stesso ha chiesto di fare. Solo allora si aprirà veramente per lui il momento della verità: sarà davvero in grado di fare una manovra espansionistica in debito, dando così almeno temporaneamente respiro all’economia italiana, oppure dovrà anche lui cedere di fronte al ricatto inevitabile dei famosi “mercati internazionali”? E a quel punto, a chi darà la colpa Salvini? Ai cattivi di Bruxelles, o a quelli “che hanno governato prima di lui”, rendendo impossibili le condizioni per risorgere? In realtà, questa è una domanda assolutamente irrilevante, perché nel frattempo sarà sorto qualcun altro che avrà detto che Salvini ha sbagliato tutto, e che “la vera alternativa siamo noi”.Il ciclo della politica è qualcosa di infinito, e di questo ciclo il vero responsabile è il popolo, che non riesce mai ad impadronirsi degli strumenti per valutare seriamente la situazione complessiva. Non comprende quali siano i grandi giochi di potere, e continua a sperare che arrivi un nuovo salvatore che ci tolga ogni volta dalla situazione drammatica in cui ci troviamo. Oggi questo salvatore si chiama Salvini, domani avrà un altro nome, ma il meccanismo comunque non cambia: il salvatore non è altro che il burattino di turno messo lì davanti agli occhi del popolo per illuderlo nuovamente, e per poter così completare un altro ciclo di preservazione dello status quo. Finchè il popolo italiano non avrà capito questo, per noi di speranze ce ne sono ben poche.(Massimo Mazzucco, “A.A.A. Salvatore cercasi”, dal blog “Luogo Comune” dell’11 agosto 2019).È stato geniale. Con un semplice 17% in Parlamento, Salvini è riuscito ad andare al governo facendo un accordo acrobatico e improbabile con i Cinque Stelle. In realtà a lui di quello che c’era scritto nel “contratto di governo” non importava più di tanto. Quello che gli importava veramente era di avere il ministero degli interni, perché grazie a quello Salvini ha potuto impostare “da dentro” una campagna elettorale permanente. Come ministro degli interni, infatti, ha potuto mostrare i muscoli e ha potuto chiudere i porti delle coste italiane. Gli è bastato così respingere qualche centinaio di migranti, per passare agli occhi di tutti come il salvatore della patria. “Se Salvini vuole respingere i migranti – ragiona l’uomo della strada – vuol dire che ha veramente a cuore l’Italia e gli italiani, e quindi io alle prossime elezioni lo voterò sicuramente”. In questo modo il favore di Salvini è schizzato rapidamente verso l’alto, e quello che solo un anno fa era un relativamente magro 17%, si è letteralmente raddoppiato con le elezioni europee. E ora, quello che era il 34% delle europee, arriva in certi sondaggi a sfiorare il 38.
-
Nessuno legge più i quotidiani: solo 600.000 copie vendute
Seicentomila copie, appena. E’ quanto vendono, oggi, gli 11 quotidiani italiani a diffusione nazionale. Negli anni ‘80, attorno a quota 600.000 si davano battaglia le due “corazzate” del mainstream cartaceo, il “Corriere della Sera” e “Repubblica”. Oggi quei numeri impallidiscono: il “Corrierone” si deve accontare di 186.500 copie, mentre il quotidiano fondato da Scalfari è a quota 141.355. Sono impietosi i dati ufficiali, aggiornati al giugno 2019. Per i quotidiani italiani la crisi si è aggravata, scrive Sergio Carli su “Blitz Quotidiano”. «E nella crisi generale, ancora più acuta è la crisi del “Fatto”». Nel giugno scorso, il giornale di Travaglio ha venduto il 25% di copie in meno, rispetto all’anno scorso. «Mentre nell’insieme il mercato ha perso il 10%, dopo il -9 registrato in maggio e il -8 di gennaio e febbraio, il “Fatto” subisce un calo in progressione impressionante: del 10% in gennaio, del 13% in marzo, del 20% in aprile, del 23% in maggio, del 25 virgola in giugno». Malissimo anche il “Corriere”, che in giugno ha subito un crollo improvviso, preciptando al -10%. E “Repubblica”, dopo un -3% di maggio, si è allineata al -10% del concorrente, il peggior dato negativo da inizio anno.Impressiona la pochezza dei numeri: se “Corriere” e “Repubblica” sono abbondantemente al di sotto delle 200.000 copie vendute ogni giorno, la “Stampa” è sotto le centomila copie (95.398). Poi, l’abisso: il “Giornale” di Sallusti galleggia a quota 43.000 insieme al “Sole 24 Ore” (40.159), mentre il “Fatto” si deve accontentare di 27.959 copie (erano oltre 37.000 un anno fa). Seguono “Libero” di Feltri (quasi 24.000), “La Verità” di Belpietro (23.600), “Avvenire” della Cei (22.500) e “Italia Oggi” (20.000 copie). Fanalino di coda il “Manifesto”, con appena 7.000 copie vendute al giorno. Decisamente meglio fanno i quotidiani regionali: 80.000 copie il “Resto del Carlino” di Bologna, 70.000 il “Messaggero” di Roma, 60.000 “La Nazione” di Firenze. Attorno alle 30.000 copie resistono voci importanti dei territori italiani, come il “Gazzettio” di Venezia, il “Secolo XIX” di Genova, “Il Tirreno”, “L’Unione Sarda”. Una solidità, quella dell’editoria locale, basata in gran parte sulla cronaca provinciale. Dove invece a dominare è la politica nazionale – sull’ex “grande stampa” – il trend è in spaventoso calo.«Questi pochi numeri denunciano l’emergenza del settore», scrive Carli. «I governi cattivi di Andreotti e Craxi salvarono i giornali, mentre quelli che piacciono tanto ai giornalisti, targati Pd e M5S, li hanno massacrati». I conti confermano il declino: nei ricavi, Rcs passa da 503 a 475 milioni, il gruppo Gedi scivola da 321 a 303 milioni, mentre il fatturato di “Repubblica” scende da 124 a 116 milioni. Impressiona l’esiguità delle cifre, soprattutto riguardo alle copie vendute: solo mezzo milione di italiani legge le analisi degli editorialisti che la televisione propone a ciclo continuo, come se fossero veri opinion leader. Molti di loro hanno condotto una specie di crociata contro il grande concorrente – il web – colpito anche dalle disposizioni-bavaglio dell’Ue con l’alibi della tutela del copyright. Nel frattempo, crolla anche il prestigio professionale dei giornalisti, quasi sempre percepiti come faziosi co-protagonisti del gioco politico: la loro credibilità, come dimostrano le vendite, è ai minimi storici. Stando ai dati, quelli più in crisi sono gli alfieri del “Fatto”, vicini ai 5 Stelle, e i loro colleghi di “Repubblica”, sempre generosi con il Pd.Seicentomila copie, appena. E’ quanto vendono, oggi, gli 11 quotidiani italiani a diffusione nazionale. Negli anni ‘80, attorno a quota 600.000 si davano battaglia le due “corazzate” del mainstream cartaceo, il “Corriere della Sera” e “Repubblica”. Oggi quei numeri impallidiscono: il “Corrierone” si deve accontare di 186.500 copie, mentre il quotidiano fondato da Scalfari è a quota 141.355. Sono impietosi i dati ufficiali, aggiornati al giugno 2019. Per i quotidiani italiani la crisi si è aggravata, scrive Sergio Carli su “Blitz Quotidiano”. «E nella crisi generale, ancora più acuta è la crisi del “Fatto”». Nel giugno scorso, il giornale di Travaglio ha venduto il 25% di copie in meno, rispetto all’anno scorso. «Mentre nell’insieme il mercato ha perso il 10%, dopo il -9 registrato in maggio e il -8 di gennaio e febbraio, il “Fatto” subisce un calo in progressione impressionante: del 10% in gennaio, del 13% in marzo, del 20% in aprile, del 23% in maggio, del 25 virgola in giugno». Malissimo anche il “Corriere”, che in giugno ha subito un crollo improvviso, precipitando al -10%. E “Repubblica”, dopo un -3% di maggio, si è allineata al -10% del concorrente, il peggior dato negativo da inizio anno.
-
Buone ragioni per fare la crisi, con la benedizione degli Usa
L’analisi delle vicende politiche è analisi della rete e dell’interazione dei rapporti tra forze e interessi internazionali e intranazionali, non di gusti morali dei soggetti decisori. La politica è l’arte del possibile e l’elaborazione delle scelte politiche si basa sulla stima del fattibile alla luce di informazioni incomplete e con molte variabili. Al popolo però si dirà: I have a dream, Yes we can, I care, Change! L’Italia è un paese militarmente occupato dal 1945 ad opera degli Usa con 134 basi; il Pentagono ha vasti mezzi (“slush fund”) per tenere a libro paga i vertici militari dei paesi sottomessi onde assicurarsi la loro “compliance” (i militari di professione combattono per chi li paga). Inoltre l’Italia non controlla la propria moneta legale e riceve gran parte della sua legislazione e delle regole per il bilancio da organismi esterni europei, esponenziali di interessi franco-tedeschi. E’ una sorta di protettorato, di fatto e di diritto. Credere che possa fare una politica interna sovrana è come credere che i bambini siano portati dalla cicogna.Salvini, che ho conosciuto personalmente, non è pazzo né stolto né avventato né privo di consiglieri. Se ora ha deciso di far cadere il governo, presumibilmente ha prima ricevuto assicurazioni precise che le cose andranno in un modo accettabile e non disastroso, ossia non verso un nuovo colpo di Stato e un nuovo governo tecnico di saccheggio guidato da un Reichskommissar. Tali assicurazioni (“Matteo, sta’ sereno!”) possono essere venute solamente da Washington, dalla potenza egemone e militarmente controllante, anche sul Quirinale; esse sono state rese possibili dalla virata atlantista fatta dalla Lega quando Trump lo ha richiesto – virata peraltro senza alternative, stante la soggezione dell’Italia agli Usa e al sistema del dollaro.È abbastanza verosimile che, negli ultimi tempi, Salvini, soprattutto tramite Giorgetti, abbia negoziato un accordo con Washington e con l’asse franco-tedesco nel senso di togliere dal governo il M5S, siccome forza ritenuta socialistoide, antiamericana, pasticciona e velleitaria in economia, inidonea a trovare un modus vivendi col sistema dato di potere, essenzialmente finanziario con orientamento non espansivo. Si tratta, insomma, di liberarsi dai grillini e fare un nuovo governo più compatibile col contesto internazionale, che permetta la tranquillità e la stabilità necessarie ai ceti produttivi che sostengono la Lega e – non dimentichiamo – il reddito nazionale. Vedremo presto se quest’ipotesi sarà confermata o no.Concordo con la valutazione di Diego Fusaro, ossia che dalla combinazione dei programmi di Lega e M5S poteva venire l’innovatività necessaria per un cambiamento contro il sistema dato (un cambiamento non strutturale, però, perché i capi del M5S avevano già da anni silenziato la questione monetaria); ma il sistema dato è una controparte troppo forte per il governo gialloverde e per la stessa Italia, quand’anche fosse unita in quella impresa. Perciò bisogna scendere a compromessi, applicare l’arte del fattibile e la scelta del minore dei mali. Ad ogni modo, la compagine proprietaria del M5S ha, per ora, esaurito la sua missione inespressa, quella di raccogliere e indirizzare la protesta antisistema di sinistra. Infatti è venuta allo scoperto e ha fatto eleggere Ursula von der Leyen.(Marco Della Luna, “Matteodicea, buone ragioni per fare la crisi”, dal blog di Della Luna del 10 agosto 2013).L’analisi delle vicende politiche è analisi della rete e dell’interazione dei rapporti tra forze e interessi internazionali e intranazionali, non di gusti morali dei soggetti decisori. La politica è l’arte del possibile e l’elaborazione delle scelte politiche si basa sulla stima del fattibile alla luce di informazioni incomplete e con molte variabili. Al popolo però si dirà: I have a dream, Yes we can, I care, Change! L’Italia è un paese militarmente occupato dal 1945 ad opera degli Usa con 134 basi; il Pentagono ha vasti mezzi (“slush fund”) per tenere a libro paga i vertici militari dei paesi sottomessi onde assicurarsi la loro “compliance” (i militari di professione combattono per chi li paga). Inoltre l’Italia non controlla la propria moneta legale e riceve gran parte della sua legislazione e delle regole per il bilancio da organismi esterni europei, esponenziali di interessi franco-tedeschi. E’ una sorta di protettorato, di fatto e di diritto. Credere che possa fare una politica interna sovrana è come credere che i bambini siano portati dalla cicogna.
-
Salvini pedina anti-Eni, 5 Stelle anti-Italia. Arriverà Cairo?
L’inchiesta sui presunti fondi russi alla Lega va collegata a molte cose. In primo luogo a quello che è successo in Austria, dove il giochetto è servito a liquidare una maggioranza di governo sgradita all’Ue: un patto inedito tra un partito aderente al Ppe e un partito di destra, candidato a trasformarsi e ad assumere maggiore responsabilità politica. Il caso Metropol è esploso dopo che la sindaca di Parigi ha concesso la massima onorificenza della città, la Medaglia Grand Vermeil, alla capitana Rackete. C’è un concerto internazionale – e nazionale – per far fare a Salvini la fine di Craxi. Ovviamente i francesi sono in prima fila. E in Italia? “La7”, di proprietà di un imprenditore che aspira ad entrare in politica e a fare il capo del governo, ha appena fatto uno speciale su Tangentopoli dove Di Pietro, Colombo e soprattutto Davigo hanno dato la linea politica. Chi è stato a raccogliere la registrazione al Metropol? Non sono stati gli Usa. Mi pare piuttosto il tipico gioco della disinformacija russa: dare a tutti i cani un piccolo bocconcino, in modo che girando qua e là, li diffondano. Ezio Mauro sente “l’odore del sangue dell’animale ferito”. È quello che scrivevano i fascisti quando parlavano degli inglesi o degli ebrei.Le procure sono sempre al lavoro. Differenze tra ieri e oggi? Nel ’92-94 si trattò di un di un grande disegno internazionale con a capo la centrale del mercatismo mondiale, che era Londra. Adesso la disgregazione dello Stato italiano ha colpito anche la magistratura, come si vede dalla crisi del Csm. Questo comporta una lotta senza esclusione di colpi. Anche il grande capitalismo finanziario, che aveva le sue cuspidi nelle grandi logge scozzesi, adesso è diviso: tutti fanno quello che vogliono, dalle massonerie francesi a quelle tedesche. L’Ue sta implodendo, tutto è molto più complicato da gestire anche per loro. Il problema è che certi gruppi puoi farli salire, agevolandone la presa del potere, ma poi le persone fanno quello che vogliono. Mi riferisco ai 5 Stelle: alcuni sono manovrabili, altri no. E questo crea grandi problemi. Anche se sono stati scelti con cura per il loro compito. Qual era? Continuare il lavoro di Monti. L’esempio più chiaro è sotto gli occhi di tutti: l’accanimento sull’Ilva. Indebolire la seconda potenza industriale europea, già fiaccata dalle privatizzazioni modello Eltsin-Menem-Prodi, fa gola a molti. Non ci vuole un genio per capirlo.Parlo del modello delle privatizzazioni che hanno distrutto i grandi gruppi statali attraverso gli spezzatini finanziari. Eltsin distrusse il patrimonio russo dandone una parte al notabilato vecchio e nuovo, una parte all’ex burocrazia comunista e un’altra parte ai grandi investitori stranieri. Ha fatto scuola. L’Ilva? Siamo arrivati al colpo finale: se chiudono l’Ilva, i 5 Stelle hanno assolto il loro compito. A quel punto, il M5S non serve più. All’Italia invece serve la Lega. Ma qui Salvini paga il suo più grande errore: invece di corteggiare Orbán, avrebbe dovuto dare battaglia al Fiscal Compact dall’interno del Ppe. Finora, Salvini ha dato allo Stato il compito di regolare le migrazioni sottraendole al mercato. Farebbe ancora meglio se di tanto in tanto concedesse di più alla misericordia. Però non basta. La Lega deve elaborare in modo più compiuto una politica economica non ordoliberista e approfondire la sua fisionomia di partito dei produttori. Solo se rappresenta veramente la borghesia nazionale, l’industria e le Pmi, la Lega può rafforzare i suoi legami con gli Usa, evitando di cadere nelle braccia dell’imperialismo cinese e salvando così il paese.Quello che è successo al Metropol va attribuito alla superficialità o a una trappola? Le trappole per funzionare hanno bisogno della leggerezza delle loro vittime. Se vuoi guidare il paese devi avere la consapevolezza che vogliono eliminarti, proprio come un toro alla corrida. Fa bene la Lega a intrattenere rapporti così stretti con la Russia? La domanda è mal posta. Salvini ha ragione a dire che le sanzioni alla Russia sono sbagliate. Anzi: questo è perfettamente in linea con la vecchia politica estera italiana. La Dc, da posizioni atlantiste, ha sempre parlato con Mosca. Oggi la Russia ha rispolverato la teoria di Primakov, maestro di Lavrov: il ritorno nei mari caldi. Mosca vuole giocare un ruolo euroasiatico di primo piano. Salvini lo ha capito, ma serve una politica estera. In concreto che cosa significa? Il vassallo ha un suo ruolo: può fare cose che non può fare l’imperatore. Gli Usa non possono avere un rapporto scoperto e destabilizzante con la Russia di Putin, ma è evidentemente interesse dell’America tirare la Russia dalla propria parte contro la Cina. L’Italia deve elaborare e difendere il proprio “interesse prevalente”, come avrebbe detto Dino Grandi. Facendo in modo intelligente da ponte, e combattendo isterismi e ideologie.(Giulio Sapelli, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Salvini è la pedina di un attacco all’Eni”, pubblicata dal “Sussidiario” il 17 luglio 2019, prima che la crisi gialloverde precipitasse).L’inchiesta sui presunti fondi russi alla Lega va collegata a molte cose. In primo luogo a quello che è successo in Austria, dove il giochetto è servito a liquidare una maggioranza di governo sgradita all’Ue: un patto inedito tra un partito aderente al Ppe e un partito di destra, candidato a trasformarsi e ad assumere maggiore responsabilità politica. Il caso Metropol è esploso dopo che la sindaca di Parigi ha concesso la massima onorificenza della città, la Medaglia Grand Vermeil, alla capitana Rackete. C’è un concerto internazionale – e nazionale – per far fare a Salvini la fine di Craxi. Ovviamente i francesi sono in prima fila. E in Italia? “La7”, di proprietà di un imprenditore che aspira ad entrare in politica e a fare il capo del governo, ha appena fatto uno speciale su Tangentopoli dove Di Pietro, Colombo e soprattutto Davigo hanno dato la linea politica. Chi è stato a raccogliere la registrazione al Metropol? Non sono stati gli Usa. Mi pare piuttosto il tipico gioco della disinformacija russa: dare a tutti i cani un piccolo bocconcino, in modo che girando qua e là, li diffondano. Ezio Mauro sente “l’odore del sangue dell’animale ferito”. È quello che scrivevano i fascisti quando parlavano degli inglesi o degli ebrei.
-
Renzi, Grillo e Draghi: piano massonico per far fuori Salvini
Quella di Matteo Salvini è una mossa disperata, ma l’unica possibile: il leader della Lega ha capito che sarebbe stato stritolato entro fine anno. «E’ stato isolato dai 5 Stelle, che hanno votato in modo nazista Ursula von der Leyen, candidata del potere Ue, ed è spaventato dall’inchiesta sul Russiagate: un imprenditore italiano in Russia lo ha tradito, raccontando che gli incontri a Mosca erano stati più d’uno». Ancora una volta Gianfranco Carpeoro, massone, già a capo del “rito scozzese” italiano e con salde relazioni tra i piani alti della massoneria progressista europea, offre clamorose rivelazioni sulla crisi italiana. La scorsa estate aveva svelato la manovra francese, condotta con la collaborazione di Napolitano e Berlusconi per sbarrare l’accesso a Marcello Foa alla presidenza della Rai: denuncia che di fatto ha “smontato” il complotto, aiutando Foa. Ora, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, Carpeoro afferma: «L’unica possibilità per Salvini è che riesca a mobilitare gli italiani, riempiendo le piazze per reclamare le elezioni. E’ una corsa contro il tempo: se non ce la fa, è finito. Ha contro Berlusconi, che rappresenta poteri forti. E ha contro Grillo, che salì sul Britannia e deve riconoscenza a quell’establishment». Salvini ha contro anche Renzi, a cui quegli stessi ambienti (supermassonici e reazionari, in contatto con Berlusconi e Grillo) hanno fatto una promessa: «Gli daranno una chance per tornare in campo, se riuscirà a evitare le elezioni». E Zingaretti? «E’ un altro agnello sacrificale, come Salvini».