Archivio del Tag ‘Lega’
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Meluzzi: guerra mondiale, l’élite gnostica spegne l’umano
C’è una grande, potentissima élite intellettuale, che nasce intorno a un mondo a cavallo tra il ‘500 e il ‘600: nell’Inghilterra elisabettiana, nella Germania dei Rosacroce, nella Francia del pre-Illuminismo. Un’élite fondamentalmente gnostica, che pensa ci sia un sapere elitario che renda alcuni uomini “più uomini degli altri”, più liberi degli altri, e degni (per ragioni sapienziali, scientifiche o pseudo-scientifiche) di governare il mondo. Come i libri di storia ci insegnano, dall’Encyclopédie francese alla Rivoluzione Americana (passando anche per la massoneria e la rivoluzione scientifica), questa élite da luogo a quelle che io chiamo le quattro grandi rivoluzioni. La Rivoluzione Francese distrugge la classe dirigente di prima, composta da clero e aristocrazia, e dà luogo a un dominio del mondo della borghesia produttiva e capitalistica: e questo in America si accentua ancora di più.Poi c’è una seconda rivoluzione – quella industriale, ben analizzata da Marx – che si realizza soprattutto in Inghilterra, ma anche nell’Europa continentale, e distrugge la società contadina. Poi c’è una terza rivoluzione, che si compie immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale, e attraverso la cultura della “società dell’Acquario”, del Sessantotto, della liberazione sessuale, distrugge la famiglia. E adesso siamo entrati nella quarta rivoluzione: quella che deve “algoritmizzare”, robotizzare, separare gli esseri umani attraverso una dimensione di distanziamento fisico e sociale. Deve distruggere le dimensioni della differenza tra i sessi, tra i popoli e le culture, le etnie, le religioni. E darci un unico uomo-monade, isolato come un atomo, collegato a un computer, “algoritmizzato” e “datizzato”, e proprio per questa ragione – in un mondo globalizzato – molto più facilmente governabile fa questa stessa élite gnostica che governa il mondo da molto tempo.E’ un’élite che in parte conosco, e di cui forse posso anche apprezzare alcuni aspetti. Naturalmente, mi fa orrore pensare che ci siano alcuni che negano agli altri la conoscenza della realtà, e che pensano che – se questo accadesse, nella democrazia – ci sarebbe un caos irrimediabile. Quindi adesso ci dev’essere il Great Reset, ci devono essere le cose che sono state dette a Davos, quelle presenti nella cosiddetta “Agenda 2030″, che prevedono la distruzione della proprietà privata, l’annilichilazione della famiglia tradizionale, l’algoritmizzazione dell’uomo, e questa classe – gnostica – che governa più facilmente la riduzione dei consumi, a partire da quello dell’energia, la cosiddetta “rivoluzione verde”, la denatalità (vera ossessione del malthusianesimo espresso dal Club di Roma). E ci arriveranno: basta vedere quest’anno quanto sono diminuite le nascite, in Italia e in Europa. Avranno ragione? Avranno torto? Saranno gli ecologisti di domani?Questi gnostici ci porteranno alla felicità, in un pianeta non più abitato da 6-7 miliardi di esseri umani ma, come dicono loro, da non più di un miliardo e mezzo? Staremo a vedere. Certamente, non possiamo fingere che tutto questo non sia in atto. E non possiamo fingere che tutto questo non si traduca in fatti economico-politici. E non possiamo pensare che quelli che in questo momento governano il mondo (e l’Italia, da Draghi in giù) non siano legati a questi poteri internazionali: se non lo fossero, semplicemente, non sarebbero lì. Chiunque tenti di discostarsi da questa linea è destinato all’annichilazione, o al tentativo di annichilazione. A costo di apparire troppo apocalittico, vorrei ricordare a tutti che ormai vengono annunciati i venti di una Terza Guerra Mondiale che, come Soros ha detto, deve partire dall’Ucraina. E ci stiamo avvicinando a questo, credetemi: le navi americane stanno entrando nel Mar Nero.Putin è sicuramente un ostacolo, a questi disegni, per il semplice fatto in una nazione ortodossa, che non vuole farsi calpestare. In qualche modo è un ostacolo persino Erdogan. La sconfitta di Trump negli Stati Uniti ha aperto le porte a un demone infinito, che è il mondo “dem”, “radical” e politically correct americano, che è pronto a schierare i missili per affermare la cultura gender. Non possiamo fingere che questa élite gnostica non stia governando il nostro mondo. La Cina ha già fatto patti stretti, con questa élite gnostico-globalista, mentre la Russia no. Il mondo islamico? E’ spezzato in almeno tre tronconi: uno è rappresentato dal “sultano” turco, un altro dal mondo arabo (quello che piace tanto a Renzi) e un terzo dal mondo iraniano. Poi c’è il resto del terzo mondo: l’Africa, ormai largamente comprata dai cinesi, e l’America Latina tributaria degli Usa. L’Europa è un vaso di coccio tra vasi di ferro, destinato in qualche misura a essere smembrato.Anche le attuali politiche economico-sanitarie vanno in questa direzione. Ma ripeto: la distruzione della proprietà privata, del ceto medio, della piccola economia degli artigiani e dei professionisti è ben programmata. Non si dovrà più andare a cena nella trattoria sotto casa, ma al fast food di un catena multinazionale. Il caffè non lo si prenderù più al bar sotto casa, ma in uno Starbucks di una catena internazionale. I bagnini non dovranno più fare i bagnini, ma dovrà esserci la direttiva Bolkenstein che svende le spiagge attraverso gare internazionali. Cioè: il potere dev’essere accentrato, dall’élite gnostica. Quindi non si può permettere che i bambini vedano altri bambini, devono stare a casa. Non si può permettere che l’artigiano tiri su la saracinesca. Non si può permettere che ognuno sia padrone di casa sua, perché la casa dovrà essere gestita “a uso”, con un reddito stabilito da un computer, in maniera tale che nessuno sia libero di fare quello che vuole.Questo è lo scenario che hanno in mente. Può darsi che sia uno scenario bellissimo. Hanno fatto uno spot, “Agenda 2030″, in cui una povera ragazza (danese, credo) dice: «Non posseggo più niente e non ho più la privacy, ma non sono mai stata così felice». Come dire: è già iniziata una campagna di preparazione, rispetto a questo disegno. Se noi non capiamo che l’obiettivo è questo, non potremo neanche provare a difenderci. Oppure, se ci piace, teniamocelo. Basta leggere quello che disse Schäuble al Forum di Davos, l’anno scorso, per capire che queste cose sono scritte su libri, non su semplici documenti: e fa impressione che non si voglia neppure provare a leggerli. Sia chiaro: quello che deciderà Draghi lo hanno già deciso a Davos. Il ministro leghista Giorgetti lo capisce, questo, o fa parte anche lui dello stesso giro? E’ funzionale anche lui a questo disegno? E Giorgia Meloni? Anche lei è funzionale al piano? E lo stesso Salvini? Voglio saperlo, dovendo scegliere chi votare. E’ difficile scostarsi dalla logica conformistica del potere.Le cose che racconto, credetemi, espongono a rischi inimmaginabili. Di vaccini non posso più parlare, perché temo di essere radiato dall’Ordine dei Medici (e ho ancora bisogno di lavorare, come medico). Se l’avete notato, in televisione non mi invitano più. Succede anche, per esempio, a Diego Fusaro. La linea, ormai, è di farci passare per pazzi. E adesso, preparatevi ai container: gli 8.000 container, per ogni regione, riservate ai dissenzienti (altra cosa che è sotto gli occhi di tutti: allestire campi profughi per chissà quale catastrofe; campi esattamente come quelli preparati in Canada e in Cina, e che probabilmente dovrebbero servire a isolare i contagi: l’idea che si stiano preparando campi di concentramento, in Italia, la trovo una prospettiva terrorizzante, e la cosa peggiore è che nessuno ne parli). La stessa Chiesa è governata dai gesuiti bergogliani, e quindi il mondo cattolico è azzerato. Io però confido nella fede, e anche in quella parte buona e santa di quel popolo eletto d’Israele, che nei “tempi ultimi” avrà un ruolo molto importante. La salvezza verrà dai giudei: quelli che invece hanno scelto il potere – la finta scienza, la finta sapienza, la finta gnosi, l’Arbatax e la potenza di Lucifero – saranno sprofondati, mi auguro, nelle fiamme del nulla.(Alessandro Meluzzi, dichiarazioni rilasciate a Roberto Maggi a “Radio Padania Libera” l’11 aprile 2021).C’è una grande, potentissima élite intellettuale, che nasce intorno a un mondo a cavallo tra il ‘500 e il ‘600: nell’Inghilterra elisabettiana, nella Germania dei Rosacroce, nella Francia del pre-Illuminismo. Un’élite fondamentalmente gnostica, che pensa ci sia un sapere elitario che renda alcuni uomini “più uomini degli altri”, più liberi degli altri, e degni (per ragioni sapienziali, scientifiche o pseudo-scientifiche) di governare il mondo. Come i libri di storia ci insegnano, dall’Encyclopédie francese alla Rivoluzione Americana (passando anche per la massoneria e la rivoluzione scientifica), questa élite dà luogo a quelle che io chiamo le quattro grandi rivoluzioni. La Rivoluzione Francese distrugge la classe dirigente di prima, composta da clero e aristocrazia, e dà luogo a un dominio del mondo della borghesia produttiva e capitalistica: e questo in America si accentua ancora di più.
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Così Letta e Conte remano contro il governo Draghi
Colpo su colpo, in pochissimo tempo sono cambiati il capo del governo, quello dei 5 Stelle e quello del Pd. Si tratta di tre “Papi stranieri”, annota Ugo Finetti sul “Sussidiario”, presentando l’ex presidente della Bce, l’Enrico Letta da anni “esule” a Parigi, e il Giuseppe Conte non solo assente dal Parlamento, ma nemmeno iscritto al club grillino. Tre extraparlamentari, che sembrano chiamati (come salvatori della patria) a rimettere in piedi tre situazioni distinte, in un panorama di Parlamento e partiti che sembrano un po’ esausti e disorientati dopo esperienze fallimentari, di destra e di sinistra. «Non è però da escludere un cortocircuito tra questi leader parallelamente “paracadutati”». Nel discorso con cui – su mandato di Beppe Grillo – ha assunto la guida del M5S, Conte ha parlato di «rifondazione» e di «neo-movimento», tratteggiando la trasformazione dell’orda grillina in un partito tradizionale, con commissioni tematiche e referenti territoriali. Il famoso “uno vale uno” cede il posto al primato della “competenza”, scrive Finetti, e la decantata democrazia diretta (attraverso piattaforma digitale) ormai è additata con sospetto, visto che la sua gestione a cura di Davide Casaseggio non sarebbe affatto neutrale.Come già prefigurato da Di Maio – aggiunge Finetti – anche il carattere del Movimento 5 Stelle diventa meno aggressivo e di tono liberale e moderato. Ma soprattutto, il nuovo capo dei naufraghi pentastellati ha parlato di un rilancio con obiettivi ambiziosi sulla scena politica. «In questo quadro – osserva il giornalista, sul “Sussidiario” – quel che più colpisce nell’intervento di Conte è il silenzio su Draghi: in particolare, non una parola sull’attuale gestione della pandemia e del Recovery Plan». Per Finetti, si tratta di un silenzio eloquente: «In sostanza, Conte rivendica la sua esperienza (che è stata sfiduciata da Parlamento e Quirinale) e non esprime alcun giudizio positivo sul governo, né avanza proposte costruttive: non riconosce Draghi come primo interlocutore della sua azione politica, anzi lo ignora». L’annuncio della «rifondazione» per dar vita a un «mio movimento» ha essenzialmente «il tono di un ritorno in campo per una rivincita, volta alla riconquista di Palazzo Chigi», imprescindibile per il narcisismo di “Giuseppi”, il “nullivendolo” più amato dagli italiani rimasti in letargo.A sua volta, il nuovo “commissario” del Pd è impegnato in una sorta di rifondazione del partito, a cominciare dallo sforzo di rivitalizzare il radicamento territoriale. «Ma anche Enrico Letta, al pari di Conte, sembra guardare soprattutto a organizzare il dopo-Draghi», sottolinea Finetti. «La priorità del leader del Pd è infatti la nuova legge elettorale, insieme alla costruzione di una coalizione, da Speranza a Calenda, al di là delle prossime elezioni comunali in cui, in vari casi, i rapporti sono localmente compromessi». In sostanza Enrico Letta – come lo stesso Conte – si muove «mettendo in secondo piano l’azione dell’attuale governo, se non per attaccare Salvini», contro cui allestire una sorta di “fronte popolare” per le prossime elezioni politiche. Di certo, ammette Finetti, il leader leghista non manca di offrire munizioni agli avversari. «In particolare, il vertice di Budapest ha rivelato una certa confusione politica». Salvini dichiara che l’obiettivo dell’incontro è la nascita di un nuovo soggetto nel Parlamento di Strasburgo denominato “Rinascimento europeo”, «ma al termine non c’è nessuna dichiarazione congiunta, né l’annunciata Carta dei Valori».Inoltre, ognuno rimane fermo nella casella di partenza: l’ungherese Orban nel gruppo misto, il polacco Moraviecki in Ecr con Giorgia Meloni e Salvini in “Identità e democrazia” con Marine Le Pen. A parte le “salviniadi europee”, comunque, resta centrale il dato italiano: Conte e Letta snobbano vistosamente Draghi, come se fosse una meteora. «È poi da vedere se Mario Draghi sia davvero una mera parentesi, un personaggio di serie B, isolato e irrilevante sulla scena internazionale e nel mondo economico-sociale italiano, come danno per scontato i leader del Pd e del M5S». Conte e Letta, aggiunge Finetti, «si stanno infatti comportando come se l’ex presidente della Bce e della Banca d’Italia fosse una sorta di impresa di pulizie chiamata a superare l’emergenza sanitaria ed economica – che la precedente alleanza tra i due loro partiti non era stata in grado di affrontare – per poi, dopo aver imbiancato Palazzo Chigi, uscire servilmente di scena per farli confortevolmente accomodare». Facile immaginare che non sarà così. Di fatto, però – chiosa Finetti – la strana coppia (Conte & Letta) sta intanto preparando una sorta di blackout politico, proprio per ostacolare l’esecutivo Draghi.Colpo su colpo, in pochissimo tempo sono cambiati il capo del governo, quello dei 5 Stelle e quello del Pd. Si tratta di tre “Papi stranieri”, annota Ugo Finetti sul “Sussidiario“, presentando l’ex presidente della Bce, l’Enrico Letta da anni “esule” a Parigi, e il Giuseppe Conte non solo assente dal Parlamento, ma nemmeno iscritto al club grillino. Tre extraparlamentari, che sembrano chiamati (come salvatori della patria) a rimettere in piedi tre situazioni distinte, in un panorama di Parlamento e partiti che sembrano un po’ esausti e disorientati dopo esperienze fallimentari, di destra e di sinistra. «Non è però da escludere un cortocircuito tra questi leader parallelamente “paracadutati”». Nel discorso con cui – su mandato di Beppe Grillo – ha assunto la guida del M5S, Conte ha parlato di «rifondazione» e di «neo-movimento», tratteggiando la trasformazione dell’orda grillina in un partito tradizionale, con commissioni tematiche e referenti territoriali. Il famoso “uno vale uno” cede il posto al primato della “competenza”, scrive Finetti, e la decantata democrazia diretta (attraverso piattaforma digitale) ormai è additata con sospetto, visto che la sua gestione a cura di Davide Casaseggio non sarebbe affatto neutrale.
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L’allegro becchino: un “utile idiota” per il lavoro sporco
L’allegro becchino. Il ministro della salute ha annunciato, felice come una Pasqua, che non sa quando l’Italia potrà riaprire. Con un pelo di sadismo, dalle colonne del “Corriere della Sera”, Speranza ha tenuto a far sapere ai cittadini reclusi e agli imprenditori rovinati dalle serrate che lui prende le sue decisioni «con animo sereno». Imporre sacrifici agli altri non toglie il sonno al carceriere, che rimprovera a Salvini di «soffiare sulle inquietudini di chi soffre», espressione che, quando non erano al governo, i comunisti come il leader di “Liberi e Uguali” traducevano con «dare voce agli oppressi». L’ex ragazzo spazzola di Bersani invita la Lega a «tenere unito il paese»; da che pulpito, lui che quando convoca le riunioni al suo ministero si premura di escludere i suoi sottosegretari, che siano grillini (Sileri), forzisti (Costa) o piddini (Zampa, prima che fosse fatta fuori da Draghi e poi risarcita dal partito con una poltrona a nostre spese).Il grande punto interrogativo è come mai il premier abbia cambiato tutta la filiera di comando della squadra anti-Covid, dal commissario Arcuri al ministro per le Regioni Boccia, dal capo della Protezione Civile Borrelli al coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico, Miozzo, ma si sia tenuto Speranza, il ministro ossimoro, dispensatore di ottimismo nel nome, uccellaccio del malaugurio nei fatti. Decisione davvero inspiegabile, giacché l’Italia pullula di luminari della medicina e non sarebbe stato difficile sostituire Speranza, che non è neppure odontotecnico, con qualcuno che conoscesse l’esistenza di un virus chiamato Covid prima del gennaio scorso, quando ancora il precedente governo assicurava ai cittadini che l’Italia era «prontissima» a fronteggiare la pandemia.Certo il ministro non deve il mantenimento della poltrona alla forza parlamentare che rappresenta. “Liberi e Uguali” ha un esiguo 3% e non si sa neppure se alla prossima tornata elettorale si ripresenterà. Le ragioni della resistenza di Speranza stanno probabilmente nel ruolo che il premier Draghi gli ha ritagliato. SuperMario ci tiene alla propria immagine e non intende sbriciolarla con l’esperienza di governo, anche perché ambisce a vette più elevate. Ecco così che, da buon comunista, mister chiusure risulta perfetto nella parte dell’utile idiota del grande banchiere. Se c’è da comunicare qualche rogna o mettere la faccia su una disgrazia, il ministro è l’unica speranza per il presidente del consiglio di sfangarla e continuare a passare per fenomeno agli occhi degli italiani. Perché l’uomo si presti a fare il punching-ball di Draghi, rimediando anche una sequela di esecrabili insulti e intollerabili minacce, non è difficile capirlo.Come ogni politico di seconda fila, Speranza non perde occasione per stare al centro della scena, anche se il prezzo è rimediare figuracce. Lo ha fatto anche nel Pd, prima di andarsene, dove ha giocato per oltre un anno a fare la minoranza della minoranza, parte ingrata ma che gli garantiva presenza mediatica altrimenti non ottenibile. Una sovraesposizione che però ha poco capitalizzato nelle urne, malgrado il ruolo di leader di partito. Il titolare della salute infatti da oltre un anno decide delle vite di sessanta milioni di italiani dal basso delle meno di quattromila preferenze personali prese nel seggio di casa, in Lucania; a dimostrazione di quanto la nostra democrazia sia scarsamente rappresentativa. Sembrerà incredibile, ma il leader di “Liberi Uguali” è convinto di agire nell’interesse della sinistra.Nello sfortunato libro dal titolo “Così guariremo”, che il kamikaze rosso voleva pubblicare a ottobre e ha ritirato dalle librerie in un estremo sussulto di decenza e realismo, il ministro teorizzava che il Covid sarebbe stato un’occasione unica per la sinistra per rimodellare la società secondo la propria ideologia. Tutti incarcerati, azzerati, schizzati e rinciuliti, un po’ come i popoli dell’antico blocco comunista. L’epidemia come una panacea, uno strumento di appiattimento sociale e culturale, la soluzione per chi non sa cosa fare della propria vita e va in panico se deve organizzarsi il sabato sera, il disincentivo naturale a qualsiasi iniziativa imprenditoriale e lo scivolo universale alla sussistenza patologica.Forse Speranza insegue ancora questo sogno quando annuncia di non potere indicare le date delle riaperture. Eppure sarebbe semplice. I vaccini rendono immuni, o nel peggiore dei casi consentono di sviluppare il Covid in maniera leggera e mai letale. Il governo ha annunciato l’arrivo di decine di milioni di fiale. La vituperata Lombardia, per esempio, ha fatto sapere che, se il governo non ci sta illudendo ancora e farà arrivare le dosi promesse, l’8 maggio avrà vaccinato tutti i cittadini sopra i settant’anni, che costituiscono il 96% dei decessi. Un politico che fosse degno di questo nome, incline ad assumersi le proprie responsabilità e che davvero lavorasse per liberare gli italiani, avrebbe annunciato la riapertura totale e l’addio alle zone colorate entro metà maggio.Capisco che aver dichiarato il virus sconfitto a settembre scorso abbia scottato non poco il leader rosso, però non possiamo accogliere come una buona notizia la sua minacciosa prudenza. Per chiuderci a ottobre, ci aveva promesso un Natale libero, che invece ci ha fatto passare in gabbia paventando la ripresa di gennaio, poi slittata a Carnevale, quando ristoratori e albergatori hanno saputo la sera prima dell’annunciata riapertura che la clausura sarebbe stata invece prorogata. Ora ci arriva questa mancata previsione, con il ritorno della bella stagione e i ragazzi che, al posto di andare a scuola con la mascherina, giocano a calcio nei parchi a volto scoperto. In questa clausura senza speranza siamo ormai liberi di fare tutto tranne che lavorare, studiare e imbastire qualcosa di utile al paese.(Pietro Senaldi, “Allegro becchino, per conto di chi fa il lavoro sporco”, da “Libero” del 4 aprile 2021).L’allegro becchino. Il ministro della salute ha annunciato, felice come una Pasqua, che non sa quando l’Italia potrà riaprire. Con un pelo di sadismo, dalle colonne del “Corriere della Sera”, Speranza ha tenuto a far sapere ai cittadini reclusi e agli imprenditori rovinati dalle serrate che lui prende le sue decisioni «con animo sereno». Imporre sacrifici agli altri non toglie il sonno al carceriere, che rimprovera a Salvini di «soffiare sulle inquietudini di chi soffre», espressione che, quando non erano al governo, i comunisti come il leader di “Liberi e Uguali” traducevano con «dare voce agli oppressi». L’ex ragazzo spazzola di Bersani invita la Lega a «tenere unito il paese»; da che pulpito, lui che quando convoca le riunioni al suo ministero si premura di escludere i suoi sottosegretari, che siano grillini (Sileri), forzisti (Costa) o piddini (Zampa, prima che fosse fatta fuori da Draghi e poi risarcita dal partito con una poltrona a nostre spese).
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Magaldi: ristori-flop. Oligarchi con Letta, contro Draghi
«Male sul fronte sanitario, malissimo su quello economico». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, boccia le misure di sostegno (troppo timide) varate dal governo Draghi, in un’Italia dall’economia ancora tramortita dalle chiusure forzate. «E’ vero, non siamo più nella primavera 2020, in cui – per volere di Conte – non poteva circolare nessuno. Però avanza inesorabile la morte civile del paese, col pretesto della pandemia, come se le restrizioni fossero risolutive, per arginare il virus: e sappiamo che non lo sono». Il guaio? «Il regime di lockdown fa comodo a tanti poteri, restii a rinunciare alle loro nuove prerogative: per questo, il 1° Maggio, anche se ci sarà ancora il coprifuoco, la Milizia Rooseveltiana compirà una “passeggiata” serale in piazza Campo dei Fiori, a Roma, per sollecitare il ritorno alla normalità, cioè alla libertà». Il 17 febbraio, alla prima “passeggiata” ai piedi della statua di Giordano Bruno aveva partecipiato anche Enrico Montesano.«Quella che pratichiamo è una forma di disobbedienza civile, nonviolenta, per dire dire basta a misure assurde: dall’emergenza Covid si esce innanzitutto ricorrendo finalmente a cure domiciliari precoci, in modo da ridurre molto i ricoveri in ospedale». Magaldi quindi non approva la linea adottata in materia sanitaria da Mario Draghi, che ha volutamente lasciato a Roberto Speranza il ruolo di arcigno “carceriere” degli italiani. «Finora, purtroppo, il nuovo governo non ha osato uscire dalla modalità adottata praticamente da tutti, in Europa, che prevede il ricorso sistematico alle restrizioni», sottolinea il presidente del Movimento Roosevelt. «Da una parte lo capisco: Draghi non intende esporsi all’accusa di esser stato imprudente, che gli verrebbe mossa da chi aspetta solo un suo passo falso. In realtà, il suo piano è semplice: immunizzare al più presto la popolazione, coi vaccini, per poi organizzare finalmente la ripresa. E in questo senso, eliminando Arcuri e altri, qualcosa di buono l’ha fatto».Quanto all’emergenza socio-economica, Magaldi distingue: «Draghi ha esposto propositi rivoluzionari: recuperare Keynes, anche in Europa, per risollevare l’economia in modo decisivo, con investimenti pubblici senza precedenti». Dov’è il problema? «Nell’approccio alla crisi, ormai devastante per milioni di italiani: non puoi limitarti a elemosinare “ristori” che fanno ridere i polli. Se impedisci a un esercizio di lavorare – insiste Magaldi – non puoi elargire solo le briciole: devi rinfondere i titolari di tutti gli introiti perduti». Un invito, quindi: «Meglio che il governo si corregga subito, incrementando i “ristori”, prima che sia troppo tardi: se non interviene per tempo, infatti, molte aziende non riusciranno a riaprire mai più. Ed è una vera catastrofe, che insieme alla ristorazione, allo spettacolo e al turismo coinvolge, in modo devastante, un vastissimo indotto».Altro campanello d’allarme, per il leader “rooseveltiano”, l’ascesa di Enrico Letta alla guida del Pd. «Ha l’aria di essere tornato in campo proprio per dare fastidio a Draghi, per conto dei poteri oligarchici che temono ciò che il neo-premier potrebbe fare». L’accusa di Magaldi discende dal profilo dello stesso Letta: «E’ un servizievole paramassone, abituato a eseguire ordini provenienti dai poteri che contano. E oggi – aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt – quei poteri massonici di segno “neoaristocratico” hanno davvero paura, di fronte ai propositi enunciati da Draghi: cioè l’abolizione definitiva dell’austerity, facendo dell’Italia il punto di partenza per una rigenerazione (economica, sociale e democratica) della stessa Europa». Un piano che l’ex presidente della Bce ha enunciato già l’anno scorso, in un intervento sul “Financial Times”: utilizzare la pandemia come alibi per cancellare il rigore neoliberista, rimettendo mano all’intervento strategico dello Stato nell’economia, senza più badare a spese.I poteri reazionari a cui risponde Letta, secondo Magaldi, potrebbero anche utilizzare il neo-segretario del Pd per ostacolare Draghi nella sua proiezione verso il Quirinale. Tra i fantasmi appostati dietro l’angolo, per esempio, c’è sempre Romano Prodi: Magaldi l’ha definito «globalizzatore in grembiulino», militante nell’area massonica conservatrice (nonostante la sua collocazione tattica nel centrosinistra). Neppure Letta – che massone non è – ha mai mostrato segni di “pentimento”, rispetto al suo passato di pallido continuatore del massone oligarchico Monti. Tutti spettri, le cui ombre si allungano sul futuro di quello che i media avevano ribattezzato Super-Mario. «Se ci tiene a diventare capo dello Stato – chiosa Magaldi, esponente italiano del circuito massonico progressista sovranazionale – Draghi farà bene a correggere il suo approccio di fronte al Covid, limitando le restrizioni (come chiede la Lega) e soprattutto a metter mano a ben altri fondi, per indennizzare le aziende ancora incredibilmente costrette alla chiusura».«Male sul fronte sanitario, malissimo su quello economico». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, boccia le misure di sostegno (troppo timide) varate dal governo Draghi, in un’Italia dall’economia ancora tramortita dalle chiusure forzate. «E’ vero, non siamo più nella primavera 2020, in cui – per volere di Conte – non poteva circolare nessuno. Però avanza inesorabile la morte civile del paese, col pretesto della pandemia, come se le restrizioni fossero risolutive, per arginare il virus: e sappiamo che non lo sono». Il guaio? «Il regime di lockdown fa comodo a tanti poteri, restii a rinunciare alle loro nuove prerogative: per questo, il 1° Maggio, anche se ci sarà ancora il coprifuoco, la Milizia Rooseveltiana compirà una “passeggiata” serale in piazza Campo dei Fiori, a Roma, per sollecitare il ritorno alla normalità, cioè alla libertà». Il 17 febbraio, alla prima “passeggiata” ai piedi della statua di Giordano Bruno aveva partecipato anche Enrico Montesano.
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Letta, il paramassone gentile, al bivio fra Draghi e Prodi
«Circola una foto di Micron giulivo a tavola con Macron; il pisano ha un cartellino al collo, come accade ai congressisti e agli oggetti appena comprati, col prezzo ancora appeso». Marcello Veneziani fotografa così il personaggio appena cooptato alla guida del Pd dopo Zingaretti. «Pure il suo predecessore, brav’uomo sempre ridente, era piuttosto mediocre: e non solo perché il suo titolo di studio fosse quello di odontotecnico». Con Letta, scrive Veneziani su “La Verità”, «si ha la conferma che siamo entrati nella fase della serietà, inaugurata dall’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi al posto di un nullivendolo vanitoso e logorroico. Un fatto positivo, c’è da rallegrarsi». A favore di Letta, Veneziani registra un paio di cose: «È una persona per bene, almeno così ci è parso finora, piuttosto corretto nei rapporti politici e misurato nel linguaggio e nel comportamento. E innalza la media assai scadente dei leader ignorantoni che guidano la politica allo stato attuale».Ancora: «Enrico Letta è il trattino di congiunzione tra Sergio Mattarella e Mario Draghi. Metà democristiano e metà tecnico, Letta impersona l’anello mancante al disegno evoluzionista o involuzionista del suo partito, tra la sinistra e l’eurocrazia. In passato fu l’anello di congiunzione tra Gianni Letta e Romano Prodi». Il primo problema per lui «è stato quello di cancellare l’immagine del professorino, garbatino e sfigatino, che sta sereno e rassegnato a passare campanelli di comando ad altri». Veneziani lo descrive «moderato per indole, famiglia e corso di studi». Infatti «si è presentato senza cravatta per farsi sbarazzino e ha sparato subito due cose scapigliate che contrastano con la sua immagine vecchigna e compassata: ha detto largo ai giovani, inteso come ius soli, e voto ai sedicenni. E delle due la seconda mi è parsa perfino peggiore della prima», annota Veneziani: «Gli manca solo un tatuaggio dark sulla carotide per smentire il suo curriculum e la sua immagine canonica».“Enrichetto” ha usato toni da decisionista «per far dimenticare la prudentocrazia di cui è stato flebile portavoce negli anni scorsi, travolto dal ciclone Matteo». Il suo modello di riferimento più prossimo è Emmanuel Macron, «ma senza la grandeur francese», e in più «con l’umiltà e la sobrietà del moderato progressista pronto a “morire per Maastricht”, come titolava un suo pamphlet». Il giovane Letta ebbe per padrino Andreatta, l’uomo del fatale divorzio (insieme a Ciampi) fra Tesoro e Bankitalia: l’inizio della fine, per il sistema-paese che aveva ereditato il boom economico sorretto dall’industria di Stato. Cattolico e tecnocrate democristiano, Andreatta: un uomo «d’indubbio prestigio», ma legato alla funesta stagione della Grande Privatizzazione dell’Italia, decretata in ossequio al super-potere (massonico) che fece del neoliberismo globalista la nuova religione. Questi i natali di politici di Enrico Letta, che ha per zio «il cardinale in borghese Gianni Letta, maestro di curia e cerimonie», e inoltre – aggiunge Veneziani – ha per suocera il “Corriere della Sera”, «avendo sposato una sua figlia redattrice».Per questo, sempre secondo Veneziani, il nuovo segretario del Pd non rappresenta la storia, la cultura e l’ideologia del mondo di sinistra. «Ma non si sa mai, a volte la funzione sviluppa l’organo». Ma che significa, oggi, «una sinistra guidata da un non leader di una non-sinistra, peraltro non eletto da un congresso?». E’ come avere «un flacone sterile», in pratica «un segretario senza carisma né appeal politico», un uomo di potere «che viene dalla Trilateral e dall’Aspen». Si crede davvero che potrà trasformare, come lui stesso ha promesso, «il partito del potere», quel partito-establishment «che si è posto in questi anni come una sorta di Protezione Civile, da tenere comunque al governo per impedire l’arrivo di calamità naturali e popolari», in un partito a sua volta popolare, alleato ai grillini populisti, benedetto dal Papa populista, e aperto al populismo verde-Greta? Oppure, invece, «la sinistra sarà solo usata come una cipria per imbellettare con una pallida ombretta rossa un partito che in realtà è solo l’esecutore testamentario dell’Europa, che da Paolo Gentiloni a David Sassoli non ha altro dio all’infuori di lei?».Al tempo di Veltroni e dell’Ulivo – ricorda Veneziani – si sceglieva per il governo un Prodi, venuto dal parastato parademocristiano, «ma il partito restava nelle mani del ceppo storico di sinistra». Ora, invece, non è più solo il governo: «E’ il partito, che viene euro-commissariato». Ci sarà un riallineamento generale dei pianeti al nuovo corso “eurodragato”, che riguarderà pure l’altro versante, o (proprio per spirito di polarizzazione) la Lega e Fratelli d’Italia rimarcheranno il loro tratto pop, nazionale ed eurocritico? «Le scadenze imminenti tra vaccini, recovery e Quirinale possono innescare processi imprevisti», segnala Veneziani. «Le variabili sono tante», cominciando da Matteo Renzi: «Il pupo fiorentino irrequieto che sta lì accucciato, ormai senza giocattoli perché li ha rotti tutti, cos’altro s’inventerà per farsi notare?». Be’, dipende: bisognerà vedere che tipo di spartito sarà “consigliato” di recitare, a Renzi, a Letta e agli altri attori della politica italiana in emergenza politico-pandemica, letteralmente annullata da Conte e ora “riformattata” da Draghi.A parte l’ottima disamuina di Veneziani, per leggere la situazione vale la pena scendere anche nelle cantine del “back office” del potere (massonico) illuminato frequentemente da Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni”. Enrico Letta? Tecnicamente, un paramassone. Tradotto: un non-massone, a disposizione dei poteri che, attraverso le superlogge, governano il pianeta utilizzando super-strutture come l’Ue. Pessimo il giudizio di Magaldi sul Letta di ieri, quello che sedeva a Palazzo Chigi: si è limitato ad eseguire gli ordini della peggiore oligarchia massonica, prolungando l’effetto devastante dei tagli senza anestesia inferti dal massone “neoaristocratico” Mario Monti, «chiamato in servizio da un supermassone della medesima tendenza, cioè Napolitano». Di mezzo c’è sempre anche l’eterno establishment nazionale “collaborazionista”, vassallo dei poteri anti-italiani che ispirano il mercantilismo franco-tedesco, dietro la facciata di un europeismo sbandierato ma inesistente. Prestanome di poteri forti, Enrico Letta – come rivelò una fonte di stampa – quand’era premier partecipò a una cenetta a casa di Eugenio Scalfari, presenti anche Napolitano (allora presidente) e Mario Draghi, che era a capo della Bce.Qualche anno fa, il massone “rooseveltiano” Gianfranco Carpeoro ha ricordato che Enrico Letta non ha nulla che fare con la massoneria, ma in compenso è un esponente dell’Opus Dei (insieme a suo zio Gianni Letta e al berlusconiano Marcello Dell’Utri). Quanto a Matteo Renzi, che licenziò brutalmente Letta nel 2014, Magaldi racconta: chiese inutilmente di entrare nelle superlogge più reazionarie (grazie all’amico Tony Blair, solo in apparenza esponente della sinistra). Dopo il lungo esilio, Renzi è tornato alla ribalta affossando Conte: ora spera finalmente di poter entrare nel grande giro mondiale della supermassoneria, stavolta però nel campo “progressista”, al quale è approdato lo stesso Mario Draghi, fino a ieri presente in ben 5 Ur-Lodges di segno oligarchico. Un mondo parallelo, rispetto a quello visibile, utilissimo per guardare oltre la superficie: Draghi, dice Magaldi, oggi si propone di rompere il neo-feudalesimo del finto europeismo a guida tedesca.Anche qui, attenzione: l’attuale leadership politica della Germania è solo lo strumento del quale si è finora servita l’oligarchia massonica che ha ispirato l’austerity per indebolire la democrazia, sabotando il benessere diffuso. Un altro dei suoi cavalli di razza? L’italiano Romano Prodi, spacciatosi per uomo di sinistra. «Prodi è un altro massone “neoaristocratico”, come Monti e Napolitano, e come lo stesso Draghi fino a qualche anno fa: solo che, a differenza di Draghi – rileva Magaldi – Prodi non hai mai fatto ammenda dei suoi errori, né si è sognato (come invece l’attuale premier) di mettersi a disposizione della causa progressista». Un equivoco vivente, Romano Prodi, grande rottamatore (col Draghi del Britannia) dell’Italia che funzionava, e che dava fastidio all’industria tedesca. L’ex capo della Bce si è pentito, mentre Prodi no: e spera ancora di tagliare il traguardo del Quirinale, bruciando Mario Draghi. Gli darà una mano Enrico Letta, a salire al Colle?Magaldi non scopre le carte, ma su Letta si mostra scettico: resta pur sempre un semplice paramassone, in attesa di disposizioni dall’alto. Certo – aggiunge il presidente “rooseveltiano” – rispetto a Zingaretti, il salto è enorme: il Pd era guidato da uno scolaretto, ora invece dispone di un professore prestigioso. Un uomo accorto, garbato e colto. Ma, appunto: a disposizione dei poteri superiori. “Morire per Maastricht”, come ricordava Veneziani, era stato il suo libro-bandiera. Tradotto: sangue, sudore e lacrime. Paracadutato nel Pd allo sbando (al governo con la Lega, dopo aver subito la coabitazione coi catastrofici 5 Stelle e il presenzialismo dell’imbarazzante Conte), Enrico Letta deve supportare un leader di caratura mondiale come Draghi, che – già un anno fa, scrivendo sul “Financial Times” – ha lasciato intendere che non dovrà mai più essere chiesto a nessuno, per alcuna ragione, di “morire per Maastricht”. Sarà capace, Enrico Letta, di capovolgere anche lui le sue convinzioni, rimettendo il Pd a disposizione di un progetto finalmente progressista, capace cioè di ripudiare il rigore di Maastricht e imporre l’introduzione della democrazia a Bruxelles?«Circola una foto di Micron giulivo a tavola con Macron; il pisano ha un cartellino al collo, come accade ai congressisti e agli oggetti appena comprati, col prezzo ancora appeso». Marcello Veneziani fotografa così il personaggio appena cooptato alla guida del Pd dopo Zingaretti. «Pure il suo predecessore, brav’uomo sempre ridente, era piuttosto mediocre: e non solo perché il suo titolo di studio fosse quello di odontotecnico». Con Letta, scrive Veneziani su “La Verità“, «si ha la conferma che siamo entrati nella fase della serietà, inaugurata dall’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi al posto di un nullivendolo vanitoso e logorroico. Un fatto positivo, c’è da rallegrarsi». A favore di Letta, Veneziani registra un paio di cose: «È una persona per bene, almeno così ci è parso finora, piuttosto corretto nei rapporti politici e misurato nel linguaggio e nel comportamento. E innalza la media assai scadente dei leader ignorantoni che guidano la politica allo stato attuale».
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Covid, svolta: Piemonte, protocollo per guarire da casa
Il Piemonte rompe gli schemi: dal Covid si può guarire a casa, senza essere ricoverati. Prima in Italia, la Regione guidata da Alberto Cirio ha modificato il protocollo per la presa in carico a domicilio dei pazienti Covid: ora verrà effettuata dai medici di famiglia con l’appoggio delle Usca, speciali unità sanitarie territoriali. «Una svolta che, secondo diversi esperti, rappresenta il primo, imprescindibile passo verso il contrasto dell’emergenza sanitaria», sottolinea “Qui Finanza”. «A cambiare infatti è proprio il paradigma: non è più immaginabile (come non lo è mai stato: ci è voluto un anno, per arrivarci) che la malattia da Covid-19 venga affrontata nei reparti ospedalieri. Per chi arriva in ospedale spesso è troppo tardi. Il coronavirus va combattuto e gestito sin da subito a casa, all’insorgere dei primissimi sintomi: questa la strada». Stop quindi a Tachipirina e “vigile attesa”. Lo scorso dicembre, l’Aifa aveva pubblicato un documento nel quale raccomandava proprio il semplice paracetamolo per i pazienti Covid “lievi”, ancora a casa: spesso, significa lasciare che il malato si aggravi.A questa decisione, ricorda “Qui Finanza”, si è opposto il “Comitato Cura Domiciliare Covid-19” guidato da Erich Grimaldi e Valentina Piraino, entrambi avvocati, che hanno presentato istanza cautelare – vincendola – contro il ministero della salute e l’Aifa, per la libertà di scelta sui farmaci da adottare nella terapia. «Il Tar ha dunque dato ragione al gruppo di medici “dissidenti”, aprendo un vero e proprio squarcio, anche concettuale, sulle terapie domiciliari». Ora il Piemonte raccoglie questo prezioso testimone e va oltre. «Siamo convinti, perché lo abbiamo riscontrato sul campo fin dalla prima ondata, che in molti casi il virus si possa combattere molto efficacemente curando i pazienti a casa», spiega l’assessore regionale alla sanità, il leghista Luigi Icardi. «Non vuol dire limitarsi a prescrivere paracetamolo per telefono e restare in “vigile attesa”» (del peggioramento), ma «prendere in carico i pazienti a domicilio». Finalmente.L’obiettivo è chiaro: affrontare il Covid prima che il paziente possa aggravarsi, se lasciato senza cure, e al tempo stesso evitare che i ricoveri e le degenze prolungate (oltre l’effettiva necessità clinica dei pazienti che possono essere curati a domicilio) determinino una consistente occupazione di posti letto e l’impossibilità di erogare assistenza a chi si trova in condizioni più gravi e con altre patologie di maggiore complessità. Ed ecco allora la “rivoluzione” introdotta dal Piemonte: accanto a eparina, steroidi e antibiotici, la Regione guidata da Alberto Cirio introduce per la prima volta in Italia la vitamina D, insieme ai farmaci antinfiammatori non steroidei e all’idrossiclorochina. «Quest’ultima, dopo che il Consiglio di Stato ne ha consentito la prescrizione sotto precisa responsabilità e dietro stretto controllo del medico», precisa sempre “Qui Finanza”. «In più, come delineato da Icardi, si prevede la possibilità di attivare “ambulatori Usca” per gli accertamenti diagnostici altrimenti non eseguibili o difficilmente eseguibili al domicilio, ottimizzando così le risorse professionali e materiali disponibili».Questi ambulatori «sono pensati per consentire il controllo dei pazienti a cadenza regolare e offrire prestazioni adeguate per una diagnosi e una gestione più appropriata della malattia». In questi luoghi «si potranno eseguire visite mediche, prelievi di sangue, consegne e ritiro urine per esame completo», ma anche «monitoraggi della saturazione ed eventuale emogasanalisi, elettrocardiogrammi, ecografie toraciche, tamponi naso-faringei per test molecolari e antigenici, attivazioni di percorsi preferenziali con invio diretto in radiologia per eseguire radiografie e Tac al torace». Alle Usca è previsto anche l’affiancamento di un servizio psicologico, svolto da remoto, utilizzando le postazioni di telemedicina attivate in sede distrettuale e costituito da colloqui in videochiamata con il paziente e il nucleo familiare.Si tratta di una vera e propria rivoluzione, virtualmente contagiosa: non a caso, la Lombardia ha richiesto contatti con il Piemonte per valutare anche sul suo territorio l’estensione del protocollo domiciliare. Tra i protagonisti della svolta si segnala il professor Pietro Luigi Garavelli, infettivologo e primario all’Ospedale Maggiore di Novara, tra i primi in Italia a segnalare l’efficacia delle cure precoci, da prescrivere nelle prime fasi della malattia. Obiettivo: intervenire in modo tempestivo, scongiurando l’aggravarsi del paziente. Conseguenze: elevate possibilità di guarigione, nella maggior parte dei casi, evitando il ricovero. Tradotto: significa tagliare in modo drastico i numeri dell’emergenza, eliminando il preoccupante affollamento dei reparti ospedalieri. Uno “spettacolo” prolungatosi per un anno intero, in cui i malati sono stati “dimenticati” a casa per giorni, senza terapie, lasciando che loro condizioni si aggravassero. Spesso, infatti, gli insuccessi ospedalieri sono dipesi dal ritardo nelle terapie: malati ricoverati quando ormai le loro condizioni erano seriamente compromesse. Scandalosa, in questo, la latitanza delle autorità sanitarie nazionali.Colpisce, nel caso piemontese, anche il ricorso alla vitamina D, raccomandato già un anno fa dai migliori medici, spesso sbeffeggiati dai virologi “televisivi”. «A inizio pandemia proprio l’Accademia di Medicina di Torino aveva istituito un gruppo di lavoro, coordinato dal presidente Giancarlo Isaia, professore di geriatria, e da Antonio D’Avolio, professore di farmacologia all’università di Torino, composto da 61 medici di diverse città italiane con l’intento di fornire un contributo e un supporto scientifico alle istituzioni». Già mesi fa, scrive “Qui Finanza”, il gruppo aveva elaborato un documento inviato alle autorità sanitarie nazionali e regionali «ma per lo più inascoltato», che riporta «le più recenti e convincenti evidenze scientifiche sugli effetti positivi della vitamina D, sia nella prevenzione che nelle complicanze del coronavirus». Della vitamina D, infatti, «sono noti da tempo gli effetti sulla risposta immunitaria, sia innata che adattiva». Oggi è possibile reperire su “PubMed” almeno 300 lavori, editi nel 2020, che trattano il legame tra Covid-19 e vitamina D, che hanno confermato «la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti affetti da Covid, soprattutto se in forma severa, e di una più elevata mortalità ad essa associata».Da qui il suggerimento di intervenire con la somministrazione della vitamina D «soprattutto nella popolazione anziana, che in Italia ne è in larga misura carente». Proprio come ha fatto il premier inglese Boris Johnson in Gran Bretagna. Come spiega l’Accademia di Medicina nel suo documento, in uno studio osservazionale di 6 settimane su 154 pazienti, la prevalenza di soggetti con scarsa vitamina D è risultata del 31,86% negli asintomatici e del 96,82% in quelli che sono stati poi ricoverati in terapia intensiva. In uno studio randomizzato su 76 pazienti oligosintomatici, la percentuale di soggetti per i quali è stato necessario, successivamente, il ricovero in terapia intensiva è stata del 2% se trattati con dosi elevate di calcifediolo e del 50% nei pazienti non trattati. In 77 soggetti anziani ospedalizzati per Covid, la probabilità di sopravvivenza alla malattia è risultata «significativamente correlata con la somministrazione di colecalciferolo». Dunque, ora si cambia: dopo un anno di inerzia e centomila morti. Un fallimento catastrofico, a cui il Piemonte – prima Regione italiana – si incarica di rimediare, facendo da apripista. Crolla un tabù: dal Covid si può (e si deve) guarire restando a casa, senza più finire all’ospedale.Il Piemonte rompe gli schemi: dal Covid si può guarire a casa, senza essere ricoverati. Prima in Italia, la Regione guidata da Alberto Cirio ha modificato il protocollo per la presa in carico a domicilio dei pazienti Covid: ora verrà effettuata dai medici di famiglia con l’appoggio delle Usca, speciali unità sanitarie territoriali. «Una svolta che, secondo diversi esperti, rappresenta il primo, imprescindibile passo verso il contrasto dell’emergenza sanitaria», sottolinea “Qui Finanza“. «A cambiare infatti è proprio il paradigma: non è più immaginabile (come non lo è mai stato: ci è voluto un anno, per arrivarci) che la malattia da Covid-19 venga affrontata nei reparti ospedalieri. Per chi arriva in ospedale spesso è troppo tardi. Il coronavirus va combattuto e gestito sin da subito a casa, all’insorgere dei primissimi sintomi: questa la strada». Stop quindi a Tachipirina e “vigile attesa”. Lo scorso dicembre, l’Aifa aveva pubblicato un documento nel quale raccomandava proprio il semplice paracetamolo per i pazienti Covid “lievi”, ancora a casa: spesso, significa lasciare che il malato si aggravi.
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Ma al potere c’è ancora lo Spettro dell’Impero Romano
Quello che si vuole fare è magnetizzare la Terra, meccanizzare il mondo, digitalizzare tutto: con migliaia di satelliti e milioni di antennine, che ci scoveranno dappertutto. Su quelle onde passeranno messaggi binari digitali, che agiranno per ridurre la nostra mente a una struttura binaria, fatta solo di sì-no. Noi invece siamo composti di tre elementi: un’anima che sente, un’anima che ragiona e un’anima cosciente. L’operazione in corso consiste proprio nel tentare di bloccare lo sviluppo della coscienza: tutto quello che sta avvenendo è chiaramente in funzione anti-coscienza. Solo così si capisce il senso di tutte le “agende”, e si comprende quali enormi poteri stanno dietro all’operazione. Per converso, proprio l’aggressione in corso sta producendo risvegli: crescono le reazioni all’uso manipolatorio che si fa del Covid, dei vaccini, della falsa ecologia. C’è sempre più gente, che si sveglia. I grandi poteri non vogliono certo cambiarlo in meglio, il mondo: ma proprio ostacolandoci, aiuteranno le coscienze a svegliarsi e reagire. Basta non farsi spaventare. Ognuno di noi ha le forze per uscire vincitore, da questa storia.Ora stanno cercando di sfruttare e amplificare l’emergenza Covid per indebolire l’umanità, fisicamente e moralmente, per poi passare a un Great Reset – come lo chiamano loro – nel quale un’umanità con forze vitali e di pensiero ridotte sia immersa in una civiltà meccanico-consumistica, dai gusti oscuri, dalla cultura e dall’arte legate al brutto, al dissonante, spesso al satanico. Un’umanità – quella che vogliono loro – sempre semi-ammalata e dipendente da medicine di sintesi, da cure Ogm, da alterazioni genetiche disumanizzanti, con le parti più elevate della coscienza (che sono ternarie) che vorrebbero sostituire col sistema binario indotto dalla digitalizzazione forzata. Vorrebbero un blocco forzato della coscienza, ma glielo impediremo: facendo il bene attorno a noi. Io dico: ritroviamo il Mondo delle Idee di Platone, i sentimenti elevati. Insisto: portiamo il cielo in Terra, attraverso le nostre azioni. Ora, certo, stanno coprendo questa spinta disumanizzante, che mira alla meccanizzazione degli esseri umani, truccandola da “svolta verde”, da “transizione ecologica”.Cosa vogliono fare? Rimuovere un po’ di anidride carbonica (forse) e sostituirla con qualcosa di molto peggiore. Ovvero: una vera e propria gabbia elettromagnetica, nella quale far circolare segnali solo binari, e avere macchine elettroniche dappertutto. Nel celebrare come meravigliosa questa “svolta verde”, supportati anche da Papa Francesco (che ne ha fatto pure un’enciclica), siamo al di là dell’ipocrisia del vecchio “green washing”, con cui si dipingevano di verde le operazioni commerciali. Qui siamo al centro di una enorme menzogna: coperta da tutti i partiti, da tutti i media, dall’intera cultura dominante. Il mondialismo spinto oggi viene portato avanti attraverso lo sfruttamento del surriscaldamento climatico (che esiste, ma dipende solo in minima parte dalle attività umane). Anziché spendere soldi per ridurre le emissioni di anidride carbonica, bisognebbe semmai investire per adattare le strutture umane, di fronte a un riscaldamento naturale che non fermeremo mai.I tempi per questa grande svolta sono arrivati perché la gente ormai era cotta, pronta a ingoiare nuovi passi verso la schiavizzazione. Era pronta, perché il Covid ci ha fatto a pezzi: un caos pazzesco e voluto, in modo che non ci curassimo bene. E la maggioranza disorientata (che dorme, ed è manipolabile) viene usata come clava contro chi è più libero e più sveglio. Era tutto pronto, anche in Italia: la situazione generata dall’emergenza pandemica aveva creato un condizione tale, per cui si poteva esercitare una pressione molto forte, sui partiti, e guadagnare una sorta di unanimità. Ognuno ha rinunciato alle sue posizioni di partenza (grilline, sovraniste), che erano evidentemente solo strumentati. Questa unanimità dimostra che chi ha mosso tutto, scegliendo Draghi e costringendo tutti gli altri a tacere e addirittura ad allearsi, ha un potere enorme. I politici sono solo terze e quarte file. Sopra di loro ci sono poteri che sono massonici, di ordini religiosi, e poteri finanziari sovrastanti. Ma sopra i poteri finanziari ci sono poteri spirituali oscuri, anti-coscienza.Oggi, in Italia, tutti sono con Draghi: partiti che solo fino a ieri si combattevano tra loro, e politici che avevano sempre diffidato di Draghi. Questo rende evidente che, dietro, c’è un potere enorme. E’ un potere che può scavalcare la politica, e può mostrare a tutti che il gioco democratico lo si lascia fare solo come teatrino, per illudere la gente che la libertà e la democrazia esistano davvero. La democrazia è un raffinato strumento di manipolazione. Perché è stato introdotto? Perché la coscienza umana cresceva, con le spinte libertarie della Rivolzione Francese, e quindi le monarchie autoritarie non potevano più bastare. Occorreva andare incontro alle esigenze della gente, e concedere alcune libertà. E quindi si è inventato il meccanismo democratico, che però è saldamente controllato da questi poteri, anche se fanno finta di essere in balia del gioco elettorale. Divide et impera: crei delle fazioni, le fai litigare tra loro, così la gente di schiera con una parte o con l’altra. Tutti si credono liberi, mentre l’agenda fondamentale resta quella del potere.Guardate Grillo: era sul Britannia con Draghi, e oggi è riuscito – con i suoi imbrogli – a riportare in quel sistema i giovani e gli insoddisfatti che aveva illuso. Poi ci sono dei momenti in cui il potere non ha più bisogno del teatrino democratico. Quando deve fare qualcosa di davvero importante, crea delle situazioni nelle quali si possono eliminare le pastoie della falsa democrazia, che sono faticose e dispersive. Nel momento in cui deve fare un grande passo in avanti, il potere agisce sempre nello stesso modo: scatena una crisi. La crisi consente di giustificare l’accantonamento (persino umiliante) dei soliti vecchi attori, che sembravano comandare. Qui si vede benissimo che non comandano proprio niente. E le crisi vengono cavalcate per fare entrare in scena, alla fine, dei personaggi più capaci di portare avanti l’agenda del potere, senza più intermediazioni politiche. A quell’agenda tutti obbediscono, destra e sinistra. Chi vota contro (l’estrema destra, l’estrema sinistra) sa benissimo che sarà ininfluente: il suo ruolo consiste semplicemente nel far credere al pubblico che la democrazia esista.Chi comanda, nel mondo, è ancora una forza spirituale – una sorta di eggregora – che Rudolf Steiner chiamava lo Spettro dell’Impero Romano. Non perché ci sia ancora l’Impero Romano coi centurioni e gli imperatori, ma il gruppo che stava dietro all’Impero Romano è ancora dominante, così come le sue forme-pensiero: il fine che giustifica i mezzi, il principio di autorità, il divide et impera, l’uso della propaganda. Lo Spettro dell’Impero Romano ha usato poi altri imperi: quello francese, quello inglese, poi i nazisti, più di recente gli americani come forza di manovra, quindi l’Unione Europea (come in questo momento) e infine la Cina del futuro. Questo potere ha sempre bisogno di truppe mercenarie: ma è sempre lo stesso “spettro”, la stessa eggregora, coi medesimi metodi di funzionamento. Se devo far accettare la mia agenda, che il popolo non vuole, allora creo delle crisi anche forti: guerre, divisioni e conflitti. Tra chi? Tra gli stessi politici che sono dipendenti dal potere oscuro. E quindi si scatenano forti crisi belliche, finanziarie e anche sanitarie.Il risultato non cambia: la gente è immersa nella paura e nella disperazione, provocate e ulteriormente amplificate da quegli stessi poteri (la vicenda del Covid insegna). Così, quando la gente è cotta a puntino, si presenta il salvatore della patria, subito santificato dai media, ormai ridicoli e tutti prezzolati. Quante crisi sono state provocate per far avanzare l’agenda dei poteri anti-umani? Tantissime, nella storia. In epoca recente, consideriamo le due guerre mondiali, l’esplosione della bomba atomica, poi l’11 Settembre, le false primavere arabe fatte dai servizi segreti. Prima ancora, la falsa caduta del Muro di Berlino: il comunismo non esisteva già più, ma i servizi segreti di quei paesi (dalla Russia alla Romania) hanno organizzato dei colpi di Stato sostenuti dai poteri oscuri, e quindi i capi di quei servizi segreti sono tutti diventati capitalisti, o capi di Stato. E’ con le crisi, che si cambia sistema: dall’omicidio di Moro al vero e proprio golpe di Tangentopoli. Per non parlare delle varie crisi economiche, delle speculazioni sulla lira (che dopo Mani Pulite aprirono le porte a Ciampi e ai cosiddetti Ciampi-Boys, tra cui appunto Mario Draghi). Sta a noi, quindi, smascherare la truffa in corso.(Fausto Carotenuto, estretti dal video-intervento “Un governo di draghi” pubblicato su YouTube e su “Coscienze in Rete” il 19 febbraio 2021).Quello che si vuole fare è magnetizzare la Terra, meccanizzare il mondo, digitalizzare tutto: con migliaia di satelliti e milioni di antennine, che ci scoveranno dappertutto. Su quelle onde passeranno messaggi binari digitali, che agiranno per ridurre la nostra mente a una struttura binaria, fatta solo di sì-no. Noi invece siamo composti di tre elementi: un’anima che sente, un’anima che ragiona e un’anima cosciente. L’operazione in corso consiste proprio nel tentare di bloccare lo sviluppo della coscienza: tutto quello che sta avvenendo è chiaramente in funzione anti-coscienza. Solo così si capisce il senso di tutte le “agende”, e si comprende quali enormi poteri stanno dietro all’operazione. Per converso, proprio l’aggressione in corso sta producendo risvegli: crescono le reazioni all’uso manipolatorio che si fa del Covid, dei vaccini, della falsa ecologia. C’è sempre più gente, che si sveglia. I grandi poteri non vogliono certo cambiarlo in meglio, il mondo: ma proprio ostacolandoci, aiuteranno le coscienze a svegliarsi e reagire. Basta non farsi spaventare. Ognuno di noi ha le forze per uscire vincitore, da questa storia.
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Toti: come riaprire l’Italia oggi, proteggendo gli anziani
Ci risiamo: in assenza di soluzioni, si richiude l’Italia? Almeno per il mese di esordio, mentre il nuovo governo sta ancora completando il suo pieno insediamento, Mario Draghi sembra restare ostaggio della gestione Conte, riguardo all’emergenza sanitaria. E cioè: nessuna terapia precoce, nessuna efficace assistenza domiciliare. Dopo che si è perso l’intero 2020 senza fare un passo nella giusta direzione, ora si continua così: nell’immediato, l’unica risposta resta l’ospedale, che invece dovrebbe essere l’ultima spiaggia. E si spera soltanto nei vaccini, che ancora non sono disponibili in quantità sufficienti. Nel frattempo – come nei mesi scorsi – si espone l’economia al crollo. Tra chi protesta, spicca la voce del presidente della Liguria, Giovanni Toti: «Il governo Draghi deve realizzare un piano per le riaperture: soltanto così potremo convivere con il virus. Dai dati che ho – dice Toti – noi potremmo essere in zona gialla». Il problema? Sono i 21 parametri del Cts: «Vanno radicalmente modificati: ogni venerdì c’è la cabala dei numeri, un esercizio esoterico».Come modifiare i 21 parametri finora presi in considerazione? Al posto dell’Rt che esamina i sintomi, secondo Toti «dobbiamo considerare il tasso di ospedalizzazioni e ricoveri». Motivo: «Se non c’è pressione sulle strutture sanitarie, concentrarsi semplicemente sulla velocità di contagio non ha senso, e rischia di penalizzare oltremisura l’economia nazionale». Il presidente ligure ha suggerito a Mario Draghi di inserire i ministri economici nella cabina di regia che formulerà i prossimi decreti, «perché in questa fase – dice, in un’intervista a “Libero” – è urgente realizzare un piano che indichi come riaprire ristoranti e palestre in sicurezza». Matteo Salvini e Stefano Bonaccini convengono sulla necessità di riaprire i ristoranti a cena. «Lo dico da settimane: non c’è motivo per stare aperti a pranzo e non a cena: il virus non è un vampiro che si sveglia di notte. Si pongano vincoli al numero di coperti a seconda della fascia di colore, ma ai ristoratori va consentito di riaprire. Inoltre, con la bella stagione in tante parti d’Italia si può cenare all’aperto».Toti raccomanda di accelerare sui vaccini, ma in modo mirato: «Se mettiamo in sicurezza gli over 75 e le categorie fragili, potremo davvero tornare a vivere. Non serve l’immunità di gregge, basta immunizzare gli anziani». Spiega Toti: «Stiamo sacrificando intere generazioni di giovani, ai quali questo virus provoca al massimo una banale influenza, mentre non siamo in grado di proteggere chi di Covid muore». L’età media dei decessi Covid, aggiunge Toti, in Liguria è pari a 81,7 anni. «In realtà, continuiamo a tenere in casa i giovani in assenza di qualunque base scientifica, e senza calcolare i danni psicologici che seguiranno». La Liguria ha intrapreso iniziative intelligenti, selettive: «Abbiamo speso quattro milioni di euro per fornire buoni-taxi agli anziani affinché non prendessero i mezzi pubblici. Però, quando ho proposto l’orario differenziato su base anagrafica per l’accesso ai supermercati, si è sollevato un vespaio di polemiche». La filosofia è chiara: «Dovremmo proteggere i più vulnerabili, per consentire alle persone in età lavorativa di condurre una vita il più normale possibile».Ci risiamo: in assenza di soluzioni, si richiude l’Italia? Almeno per il mese di esordio, mentre il nuovo governo sta ancora completando il suo pieno insediamento, Mario Draghi sembra restare ostaggio della gestione Conte, riguardo all’emergenza sanitaria. E cioè: nessuna terapia precoce, nessuna efficace assistenza domiciliare. Dopo che si è perso l’intero 2020 senza fare un passo nella giusta direzione, ora si continua così: nell’immediato, l’unica risposta resta l’ospedale, che invece dovrebbe essere l’ultima spiaggia. E si spera soltanto nei vaccini, che ancora non sono disponibili in quantità sufficienti. Nel frattempo – come nei mesi scorsi – si espone l’economia al crollo. Tra chi protesta, spicca la voce del presidente della Liguria, Giovanni Toti: «Il governo Draghi deve realizzare un piano per le riaperture: soltanto così potremo convivere con il virus. Dai dati che ho – dice Toti – noi potremmo essere in zona gialla». Il problema? Sono i 21 parametri del Cts: «Vanno radicalmente modificati: ogni venerdì c’è la cabala dei numeri, un esercizio esoterico».
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Corsa contro il tempo: Draghi e la liberazione dell’Italia
Saranno delusi, i tanti italiani che avevano sperato – con l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi – di veder sparire da subito almeno alcuni dei simboli più deteriori dell’emergenza, come l’increscioso coprifuoco alle ore 22 (misura “di guerra”, difficilmente compatibile con l’ordinamento democratico costituzionale). Meno sorprendente, invece, la proroga del divieto di spostamento tra Regioni: una concessione transitoria al “partito del rigore”, in cambio della rinuncia a imporre l’ennesimo, catastrofico lockdown, invocato a gran voce dai falchi come Walter Ricciardi, appena premiato da Papa Bergoglio con la nomina nella Pontificia Accademia della Vita. Succede in Italia, il paese sull’orlo del baratro dove la politica si è arresa al super-tecnocrate Draghi, e dove Marco Travaglio offre la seguente spiegazione, destinata all’infanzia: uno “sfasciacarrozze” con appena il 2% del consensi (Renzi) ha osato mandare a casa il governo più bello del mondo, guidato dal leader più carismatico della storia nazionale, stracarico di onori e successi, invidiatoci dal resto del pianeta.Su altri organi del mainstream, invece, la musica sta cambiando: in un solo giorno, il 23 febbraio, la “Repubblica” degli Agnelli-Elkann (ben equipaggiati da Conte con iniezioni di miliardi e persino lucrose commesse per produrre mascherine) riesce a presentare nell’edizione online ben tre titoli dissonanti, rispetto alla canzone intonata nel 2020, per un anno intero. Primo titolo: meglio 4 persone al ristorante che 24 a casa, dice il presidente della Lombardia, il leghista Attilio Fontana. Accanto a Fontana, le mascherine sotto accusa: la metà delle Ffp2 cinesi è irregolare e non protegge dal virus. Ristoranti protagonisti anche nel terzo titolo, stavolta con l’aggiunta di un video: i carabinieri si sono tolti il casco per solidarietà coi ristoratori, affluiti a piazza Montecitorio per protestare contro la perdurante chiusura serale dei locali. C’è anche un quarto titolo, che menziona un altro leghista, il ministro Giorgetti: ha convocato le aziende farmaceutiche nazionali per impostare la produzione italiana dei vaccini e quindi accelerare il piano vaccinale.Scontato anche questo, purtroppo: i vaccini vengono presentati come l’unica possibile via d’uscita, oggi, per mettere fine a un’emergenza anomala, largamente gonfiata da numeri controversi e sicuramente aggravata dalla devastante negligenza del precedente governo-meraviglia, quello rimpianto da Travaglio: se si lasciano i malati a casa senza cure per giorni, poi è inevitabile che sugli ospedali (già in affanno per i tagli degli ultimi anni) si riversi una massa ingente di pazienti ormai gravi. Mentre Travaglio dormiva, infatti, nel 2020 è accaduto esattamente questo: il ministero della sanità ha regolarmente ignorato i medici che segnalavano la scoperta di terapie efficaci, tranquillamente somministrabili a domicilio. E il ministro (anziché usare l’estate per attrezzare una adeguata risposta territoriale in autunno, sulla base dei farmaci disponibili) ha perso tempo a scrivere un libro grottesco e auto-celebrativo, che poi non ha neppure osato far distribuire nelle librerie. Una delle maggiori iatture, per gli italiani, è che il ministro di Conte sia rimasto al suo posto, almeno per ora, anche con Draghi.A parte Travaglio e la fascia più puerile dei lettori, a pochi è sfuggito il senso dell’operazione-Draghi: recuperare il Parlamento, con l’appoggio del maggior numero possibile dei partiti. Obiettivo: consentire una loro possibile riabilitazione, dopo i disastri che hanno commesso, facendo infatti registrare due record europei (quello delle vittime del Covid e quello delle vittime socio-economiche dello stato d’emergenza, abbandonate al loro destino da un governo incapace di tamponare le falle). Ora si favoleggia dei 209 miliardi del Recovery Plan, che Conte non era riuscito a presentare in modo credibile. Ma 200 miliardi di euro erano il “minimo sindacale” che serviva all’Italia, già prima del Covid, per rimettersi in piedi. Nel solo 2020, poi, Conte è riuscito a bruciare 160 miliardi (in gran parte forniti dalla Bce) per misure non risolutive, destinate a tradursi in quello che Draghi chiama “debito cattivo”, cioè pesante e improduttivo.Sempre i più sprovveduti possono immaginare che Draghi sia stato richiamato in servizio solo per non sprecare almeno i 209 miliardi in arrivo: ma si tratta di una minima parte del suo mandato. La prima riguarda la pandemia. Tema: come uscire, alla velocità della luce, dall’emergenza. Il sistema mondiale (che ha sovragestito il Covid fin dall’inizio) ha già pronta la risposta: se ne esce solo coi vaccini. Ovvio l’atteggiamento di Draghi: facciamo in modo, allora, che questi vaccini vengano finalmente forniti, in modo da poter dichiarare cessato l’allarme. E’ evidente che i vaccini possono essere una soluzione solo tattica e contingente (oggi pressoché inevitabile, per Draghi, dopo un anno vissuto a senso unico). Ma non è scritto da nessuna parte che si debba trattare col vaccino un virus super-influenzale. E se domani ne comparisse un altro? Il precedente è pericoloso: se irrompe un virus all’anno, la medicina rinuncia a curare i malati e ripiega sui soli vaccini, la cui efficacia e sicurezza è ancora da dimostrare? E’ evidente la manipolazione in atto, su scala planetaria, che mira a ridurre la nostra libertà. Se arrivano il Covid-20, poi il 21, il 22 e così via, che si fa? Ogni volta si chiude il paese per un anno, pregando che arrivi il salvifico vaccino?Solo un cieco può non vedere il gioco perverso, l’oculata regia che sovrintende alla malagestione della cosiddetta pandemia, declinata come una sorta di “golpe bianco”, su scala mondiale, da filiere di potere che in questi decenni hanno imposto le crisi finanziarie, gli opachi terrorismi domestici, le peggiori guerre imperiali e l’esplosione del business vaccinale di Big Pharma, accanto ad altri spettacolari fenomeni come l’illusionismo climatico, utilizzato per lanciare l’ultima versione della mondializzazione, in salsa “green”, sotto il ferreo controllo delle multinazionali finanziarie. Con il Covid, il super-potere neoliberista ha giocato particolarmente sporco, provando cioè ad approfittare del panico mediatico-sanitario per imporre restrizioni a carattere tendenzialmente permanente, dalla didattica alla distanza al telelavoro, trasformando il distanziamento (sanitario, sociale, antropologico) in condizione post-umana a cui rassegnarsi. E tutto questo, per via di un virus che – a detta degli scienziati – è altamente contagioso ma scarsamente letale, nella maggior parte dei casi asintomatico o curabile con facilità.Sfrattata dalla storia, negli ultimi decenni l’Italia è scivolata nelle ultimissime posizioni del G20: cacciata dalla Libia, maltrattata dall’Unione Europea. Siamo il paese a cui Emmanuel Macron (ricevuto coi massimi onori in Vaticano) scaricava migranti, dopo averli fatti manganellare dalla polizia, salvo poi definire “disgustosa” la politica del Salvini di ieri, quello “gialloverde”. Oggi, è come se le lancette del conto alla rovescia di fossero fermate. I fobici – che non capiscono perché Draghi sieda a Palazzo Chigi – temono che l’ex capo della Bce si trasformi nello spietato liquiditatore di quel che resta del paese (come se non vedessero che bastava Conte, semmai, a garantire all’Italia la rovina terminale). Sistemata l’emergenza – per ora solo con i vaccini, purtroppo – Draghi dovrà certo fornire una versione sensata del Recovery. Ma non sarà che un primissimo passo, verso la vera posta in gioco: cancellare il paradigma del rigore, giocando sul filo dell’equivoco, di fronte a un mostro come l’eurocrazia (da cui Draghi, non a caso, proviene).In altre parole: l’Italia sembra un avamposto della possibile resistenza, planetaria, contro il “golpe-fantasma”, condotto attraverso la sovragestione dell’emergenza sanitaria. Impossibile uscirne in pochi giorni. Ma, come paiono suggerire gli stessi carabinieri a Montecitorio, nel frattempo occorrono anche gesti forti, di rottura: come ad esempio la riapertura in sicurezza dei ristoranti, al più presto, prima che il collasso dell’economia diventi irreversibile. Si tratta di una corsa contro il tempo: non è possibile “convertire” in pochi giorni gli stessi partiti che, fino a ieri, fingevano di credere (insieme ai Travaglio di tutta penisola) che la crisi fosse inevitabile, così come la resa di fronte al Covid, tradotta in termini di lockdown, a costo di affondare il paese. La scommessa di Draghi, probabilmente, si giocherà nel giro di poche settimane: limitare i danni, azzerare il panico, indurre i media a raccontare un’altra storia. E prepararsi allo scontro, quello vero: contro le baronie feudali del Nord Europa, che temono il risveglio dell’Italia.Saranno delusi, i tanti italiani che avevano sperato – con l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi – di veder sparire da subito almeno alcuni dei simboli più deteriori dell’emergenza, come l’increscioso coprifuoco alle ore 22 (misura “di guerra”, difficilmente compatibile con l’ordinamento democratico costituzionale). Meno sorprendente, invece, la proroga del divieto di spostamento tra Regioni: una concessione transitoria al “partito del rigore”, in cambio della rinuncia a imporre l’ennesimo, catastrofico lockdown, invocato a gran voce dai falchi come Walter Ricciardi, appena premiato da Papa Bergoglio con la nomina nella Pontificia Accademia della Vita. Succede in Italia, il paese sull’orlo del baratro dove la politica si è arresa al super-tecnocrate Draghi, e dove Marco Travaglio offre la seguente spiegazione, destinata all’infanzia: uno “sfasciacarrozze” con appena il 2% del consensi (Renzi) ha osato mandare a casa il governo più bello del mondo, guidato dal leader più carismatico della storia nazionale, stracarico di onori e successi, invidiatoci dal resto del pianeta.
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Evitare il collasso dell’Italia: dagli Usa l’ok a Draghi
Non si pensi che il governo Conte sia caduto solo per la corsa ai 209 miliardi del Recovery Plan. Quando a luglio Conte convocò gli Stati Generali, c’era già la sensazione che un gruppo di tecnici come Colao avrebbe esautorato i politici. Con Conte, il mondo politico ha cercato di riappropriarsi di questa dote. La cosa paradossale è che adesso ne verrà espropriato: non saranno certo i parlamentari a decidere sul Recovery, perché si troveranno il pacchetto già bell’e pronto. Immaginano davvero di dividersele loro, le spoglie di questi fondi europei? Sicuramente vogliono stare al governo, avendo la necessità di rimanere dentro il filo da cui nessuno vuole essere escluso: il Pd è un partito di potere, mentre la Lega ha sofferto maledettamente il fatto di essere stata all’opposizione, durante il periodo del governo giallorosso, e le conflittualità tra la Regione Lombardia e Roma sono state devastanti per l’intero mondo leghista.La motivazione della spartizione del Recovery è reale, ma i partiti vedranno ben pochi soldi. Probabilmente, il motivo per cui c’è stata questa accelerazione è il fatto che il sistema finanziario anglosassone, specie quello americano, non ha nessuna voglia di assistere all’azzeramento del suo portafoglio italiano. Questo mondo finanziario ha grossi investimenti in Piazza Affari: gli americani sono i maggiori fondisti, perché i grandi debiti delle imprese sono tutti detenuti da questi fondi d’investimento. Ritengo quindi che ci sia un interesse ad evitare che l’Italia collassi, come infatti sarebbe collassata con un governo effettivamente incapace di gestire l’emergenza, che è innanzitutto economica. E l’emergenza economica poi creerebbe dei crediti insoluti, per le banche: si ricomincerebbe un’altra volta con ricapitalizzazioni probabilmente insostenibili, e con una perdita di valore delle stesse banche, in Borsa.Ad avermi colpito non è stato tanto lo spread, che si è ridotto, quanto il fatto che il solo annuncio dell’incarico a Draghi abbia fatto aumentare del 10% il valore azionario delle nostre banche. Evidentemente c’è un “sentiment” che va molto al di là dei 209 miliardi di euro in arrivo dall’Unione Europea. Certo, questa è una maniera per tenerci legati a Bruxelles. Ma ritengo che il quadro europeo di oggi sia molto frastagliato e complesso. La Francia, ad esempio, sta vivendo una crisi che non si ricordava da anni. Sui giornali, tutti cominciano a sgranare gli occhi: hanno saputo che Bruxelles chiede la riforma delle pensioni, in cambio di soli 29 miliardi di euro. E già stanno cominciando a dire: ma perché solo 29 miliardi, quando l’Italia e la Spagna ne prenderanno il doppio? Si sta scoprendo, quindi, che questo è un modo per tenerci tutti sono schiaffo, da parte di Bruxelles.(Guido Salerno Aletta, dichiarazioni rilasciate nella diretta web-streaming “Nelle mani di Rousseu”, diffusa il 12 febbraio 2021 su “Vox Italia Tv”. Economista, Salerno Aletta è anche editorialista di “Milano Finanza”).Non si pensi che il governo Conte sia caduto solo per la corsa ai 209 miliardi del Recovery Plan. Quando a luglio Conte convocò gli Stati Generali, c’era già la sensazione che un gruppo di tecnici come Colao avrebbe esautorato i politici. Con Conte, il mondo politico ha cercato di riappropriarsi di questa dote. La cosa paradossale è che adesso ne verrà espropriato: non saranno certo i parlamentari a decidere sul Recovery, perché si troveranno il pacchetto già bell’e pronto. Immaginano davvero di dividersele loro, le spoglie di questi fondi europei? Sicuramente vogliono stare al governo, avendo la necessità di rimanere dentro il filo da cui nessuno vuole essere escluso: il Pd è un partito di potere, mentre la Lega ha sofferto maledettamente il fatto di essere stata all’opposizione, durante il periodo del governo giallorosso, e le conflittualità tra la Regione Lombardia e Roma sono state devastanti per l’intero mondo leghista.
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Sono senza Speranza. Magaldi: nasce la Grande Opera
Qualcuno spieghi a quella nullità di Roberto Speranza che non è più il ministro della salute del governo Conte. Avanti così, e potrebbe non esserlo più nemmeno del governo Draghi: al premier non ha dato manco il tempo di presentare il suo programma alle Camere e incassare la fiducia. Tra i piedi gli ha subito gettato una mina, la non-apertura dello sci (a tradimento, senza preavviso), facendo imbestialire tutti, aziende e lavoratori, inclusi i politici: dai leghisti al presidente della conferenza delle Regioni, l’emiliano Stefano Bonaccini, Pd. «E’ talmente piccino, Speranza, da non aver capito la ratio del suggerimento che ha ricevuto: mettere in difficoltà Mario Draghi, i cui nemici (tanti) non vedono l’ora di vederlo annaspare, avendo compreso le sue vere intenzioni». Che sono formidabili: salvare l’Italia, facendo fare a tutti (tecnici e politici) «il contrario di quello che avevano fatto fino a ieri, quando servivano interessi stranieri o cedevano ai dikat di Bruxelles». E attenti: insieme a Speranza rischiano il posto lo stesso Walter Ricciardi, il commissario Domenico Arcuri e i grigi burocrati del Cts, tutti profeti del lockdown e delle zone rosse.L’avviso è circolare, ribadisce Gioele Magaldi: la parola d’ordine è cambiata. Non più chiudere, ma riaprire. Smettere di gridare, incarcerando gli italiani e colando a picco l’economia, e cominciare a contrastare davvero il maledetto virus (che Conte ha utilizzato per un anno, in modo cinico, per restare in sella a tutti i costi). Poi cos’è successo? Quel birbante incorreggibile di Renzi non ha resistito alla tentazione di sgambettare “Giuseppi” per antipatia personale, e magari per allungare le grinfie sul bottino del Recovery? Questa è la versione per bambini, a cui persino i media hanno finto di credere. Poi c’è l’altra spiegazione, quella credibile: si sono attivate le alte sfere. Obiettivo: mettere fine al peggio, una volta per tutte, e non solo archiviando il piccolo regno del terrore e della depressione orchestrato dai manovratori di Conte, al servizio di poteri imperiali anti-italiani, anche cinesi, mercantili e neo-feudali.La caduta dell’ex “avvocato del popolo” era solo il primo passo, innescato dalla ribellione tattica renziana, d’intesa con gli ispiratori massonico-progressisti. La strategia ha a che fare con l’orizzonte storico: la fine dell’austeriy come religione, il tramonto del neoliberismo come dogma. E dunque: l’Italia come piattaforma, mondiale, del cambio di paradigma. Se non si afferra questo, ribadisce il leader “rooseveltiano” del Grande Oriente Democratico, non si capisce il senso di quanto sta avvenendo: l’ex principe europeo del rigore, Mario Draghi, si appresta a guidare un esperimento rivoluzionario, post-keynesiano, fondato sul ritorno alla sovranità democratica, lontano dai ricatti della finanza-canaglia (di cui proprio l’ex capo della Bce è stato uno dei massimi esponenti, dopo aver brutalmente privatizzato l’Italia). Sfoderando il lessico dell’alchimia, Magaldi definisce “grande opera” la raffinata impresa massonica in corso: trasmutare il piombo (di ieri e di oggi) nell’oro di domani, dando modo a chiunque di trasfomare se stesso.Il primo a farlo è stato proprio Mario Draghi, passato dalle superlogge reazionarie a quelle progressiste, per emendarsi da trent’anni di abusi ed entrare nella storia come salvatore, intanto dell’Italia ma poi anche della stessa prospettiva europea, cui imporre una governance finalmente democratica e ispirata alla giustizia sociale. Non se ne parla, ufficialmente? Ovvio: il sistema mainstream non ha “visto” nemmeno la sovragestione autoritaria della pandemia, mentre il complottismo non sa discernere tra il Draghi del Britannia e quello di Palazzo Chigi. Nessuno ha notato le svolte epocali già compiute: nel 2019 l’evocazione della ultra-progressista Mmt (teoria economica che predica il deficit illimitato, a costo zero) per demolire il ricatto dello spread, e nel 2020 – in piena pandemia – l’appello sul “Financial Times” per uscire dalla crisi come si fa in tempo di guerra, cioè inondando l’economia di aiuti strategici a fondo perduto, non destinati a trasformarsi in debito. Sta succedendo qualcosa, lassù: il vertice del mondo (che è massonico) sta vivendo l’inizio di una “guerra intestina” destinata a cambiare volto al futuro del pianeta.Entrambe le fazioni della grande piramide sono decise a sfruttare il Covid, come occasione epocale: da una parte gli oligarchi, gli strateghi del terrore sanitario utilizzato per ridurre la libertà, e dall’altra i democratici, determinati a riformare in senso liberal-socialista il capitalismo finanziario globalizzato, ripristinando democrazia e diritti. L’Italia è il “forno alchemico” in cui la trasformazione dovrebbe avvenire: lo è persino lo stranissimo governo Draghi, coi suoi tecnici (fino a ieri neoliberisti) e i suoi politici non esattamente impeccabili, con tutti gli inevitabili compromessi del caso. Gli esempi non mancano. Di Maio agli esteri? Resterà irrilevante, dice Magaldi: la politica estera (oggi affidata a Eni, Enel e Leonardo) se la intesterà Draghi. Ma la conferma di Di Maio, «ansioso di entrare nel nuovo governo, e tra i più pronti a silurare Conte», era il solo modo per ottenere il supporto dei grillini, oggi lacerati e quasi disperati («a cominciare dai peones, che si sono preclusi il ritorno in Parlamento votando il demenziale taglio dei parlamentari»).Magaldi non è ingeneroso, coi 5 Stelle: è vero, sono crollati per colpa della loro stessa inconsistenza disastrosa, «ma almeno hanno riaperto i giochi infrangendo l’ipocrisia della finta contrapposizione “tribale” tra centrodestra e centrosinistra, incarnata da governi in realtà sempre allineati alla logica del rigore». Inevitabile poi che Draghi prendesse a bordo il Pd, storico custode del potere eurocratico. Ma, di nuovo: «Franceschini resterà alla cultura, cedendo però il turismo – oggi più che mai strategico – al leghista Garavaglia. E alla difesa resterà l’altrettanto ininfluente Guerini: era trumpiano con Trump, ora è bideniano con Biden». Forza Italia? «Berlusconi avrebbe voluto altri ministri. Invece nella squadra sono entrati quelli che per primi si erano mossi nella direzione di un governo Draghi, come Mara Carfagna. La Gelmini? Agli affari regionali farà meno danni di Boccia. Quanto a Brunetta, che a molti è indigesto anche per via di certe sue uscite discutibili, va detto che si tratta di una persona capace: e un mastino come lui sarà utile, per frenare appetiti indebiti in tempi di vacche grasse, davanti ai miliardi del Recovery».Le parole del presidente del Movimento Roosevelt sembrano provenire direttamente dalla cabina di regia, massonico-progressista, dell’esperimento guidato da Super-Mario. «Un esecutivo squisitamente tecnico, benché fatto di eccellenze e orientato in modo opposto rispetto al governo Monti, non sarebbe servito alla causa: che è anche la rigenerazione democratica della politica. Per questo è stata evitata una “maggioranza Ursula”, che avrebbe escluso la Lega e mancato il vero obiettivo: l’unità nazionale, con l’impegno – di ciascuna forza politica – a rivedere radicalmente il proprio orizzonte, archiviando slogan inutili e contrapposizioni di cartapesta fondate sull’ipocrisia, dai tempi in cui destra e sinistra obbedivano agli stessi ispiratori, operando le medesime scelte anti-popolari». Tutti a scuola da Draghi? In un certo senso, è così. «Vale anche per i tecnici ultra-liberisti fino a ieri, come Colao: prepariamoci a vederli all’opera in una direzione radicalmente diversa, rispetto a quella finora seguita».Logico che le leve di comando siano saldamente nelle mani del premier e dei Draghi-boys come i fedelissimi Roberto Garofoli e Daniele Franco, pronti a seguire il loro “capitano” in questa nuova avventura post-keynesiana. «Tra parentesi: con Franco, per la prima volta dopo tanti anni, avremo all’economia un super-ministro che non rema contro l’Italia, come invece avevano regolarmente fatto tutti i titolari di quel dicastero strategico, incluso il Padoan che frenava puntualmente ogni tentativo, da parte di Renzi, di ritagliarsi qualche spazio autonomo di spesa». Questa è la posta in gioco: in prima battuta tamponare il disastro-Covid amplificato dal catastrofico Conte, e introdurre una vera risposta sanitaria (magari curando i pazienti a casa, in modo tempestivo, come finora non è stato fatto: ancora non esiste un protocollo terapeutico nazionale adeguato, e così si finisce all’ospedale ormai in gravi condizioni).Nel frattempo, c’è da redigere finalmente un Recovery Plan che sappia rilanciare il sistema-paese. «Si parla di 209 miliardi: cifra che sarebbe servita già prima del Covid, per rimediare ai guasti. Figurarsi adesso, con la devastazione provocata dai lockdown». Numeri spietati: il Pil in picchiata, 160 miliardi perduti nel 2020, quasi un milione di disoccupati e oltre 400.000 aziende chiuse. Questo sì, è un Grande Reset: in pericolo è la sopravvivenza dell’Italia come sistema sociale. E come si è arrivati così in basso? Semplice: rinunciando alla politica. Fallito il tentativo gialloverde nato nel 2018, l’anno seguente si è abborracciato il Conte-bis solo per fermare Salvini. Il governo sarebbe caduto quasi subito, essendo diviso su tutto (non ultimo il tema-giustizia, ora affidato a Marta Cartabia «che certamente starà ben lontana dalle pulsioni “manettare” incarnate dal grillino Bonafede»). Chi ha salvato Conte? Ovvio: il Covid. Senza l’emergenza, “Giuseppi” sarebbe politicamente defunto almeno un anno fa.Magaldi gli imputa colpe gravissime: pur di restare a Palazzo Chigi, a colpi di Dpcm ha calpestato la Costituzione e rovinato la vita agli italiani, senza nemmeno riuscire a migliorare la situazione sanitaria. Punta di lancia di questa non-politica, appaltata ai burocrati del Cts, il prode Roberto Speranza (l’omino che non ha ancora capito che non è più Conte, il primo ministro). A proposito: era proprio necessario, tenersi il tragicomico Speranza? Gioele Magaldi ne parla come di un caso umano: «La sua conferma è stata un fatto di carità, cristiana e massonica». Risvolto politico: «Si è data a tutti i partiti l’opportunità di partecipare alle larghe intese, e Leu ha riproposto Speranza: si presumeva che avesse capito di dover cambiare completamente rotta, invece di insistere in modo ottuso e pericoloso con l’inutile strage economica dei lockdown».Inferisce Magaldi: «Era considerata innocua, la riconferma di Speranza, visto il suo carattere politicamente servile: è uno che lega l’asino dove vuole il padrone». Ora è avvisato: «Gli si metta la museruola, proibendogli di dire altre stupidaggini, o sarà accompagnato alla porta insieme a Walter Ricciardi (che fa solo terrorismo psicologico) e allo stesso Arcuri, che ci deve qualche spiegazione su come ha speso tutti quei soldi per le forniture, come quelle delle mascherine». Insomma, cartellino giallo: ultimo avviso. «Fuor di metafora: nessuno era contento di Speranza: né Draghi, né gli uomini di Draghi, né i principali fautori politici del governo Draghi. E quindi stia in campana, Speranza: è stato lasciato al suo posto solo per non umiliare Leu. Ma che succede se il suo partitino (destinato all’estinzione) ora si permette anche il lusso di spaccarsi, sulla fiducia a Draghi?».Per Magaldi, «hanno fatto il loro tempo anche i tecnici del Cts, confusionari e spesso incoerenti». In sintesi: «Dategli qualche settimana di tempo, e sarà Mario Draghi a prendere le misure a tutti questi cialtroni, che non hanno finora combinato nulla di buono, limitandosi a terrorizzare gli italiani». Magaldi cita Paolo Becchi e Giovanni Zibordi: dati alla mano, rilevano che il computo dei decessi a gennaio 2021 è inferiore alla media degli anni precedenti: «Ma non dovevamo avere più morti, a causa del Covid?». Non solo: «Lo stesso Matteo Bassetti, noto infettivologo, ha riconosciuto che tra i morti per Covid sono stati conteggiati anche pazienti morti d’infarto o per altre patologie». Accusa esplicita: «Qui abbiamo dato i numeri al lotto, continuiamo a farlo anche oggi, e questi si permettono di continuare a terrorizzare un paese in ginocchio, che invece deve rialzarsi, reiterando minacce di nuovi lockdown? Ma stiamo scherzando?».Tanto per ribadire il concetto, mercoledì 17 febbraio il Movimento Roosevelt schiererà la sua Milizia Rooseveltiana a Roma in pieno centro, violando il coprifuoco: un sit-in che promette di far parlare di sé, simbolicamente convocato in piazza Campo dei Fiori sotto la statua di Giordano Bruno, eroe ribelle, martire della libertà di pensiero e di azione. E l’adunata notturna (ore 22.45, l’inizio) sarà il culmine di un’intera giornata di disobbedienza civile: «Prima ci sarà un’assemblea del Movimento Roosevelt, che di per sé costituirà un primo assembramento, e poi proseguiremo con una bella cena, in un ristorante che dovrebbe restare chiuso, in virtù delle misure illegittime del governo Conte. Norme che al muovo esecutivo chiediamo di eliminare di corsa, in quanto incostituzionali, inutili sul piano sanitario e disastrose per l’economia».Gioele Magaldi non ha dubbi: archiviata la tragica pantomima del Covid, per un anno affidata alle maschere televisive di Conte, Ricciardi e Speranza, ora c’è da rimettere in piedi l’Italia. Come? Ripartendo dalla politica, quella vera: letteralmente svuotata dagli anni ‘90, con l’avvento del neoliberismo post-democratico che ha prodotto le finte alternanze, per mascherare la legge unica del “pilota automatico”, al di sopra delle elezioni. Che a guidare l’operazione-verità sia lo stesso inventore di quel famigerato dirigismo finanziario, rende il senso della missione: capovolgere tutto, allineando Salvini e Zingaretti, Grillo e Renzi. Tema: smettere di dividersi sulle stupidaggini, e ripensare il futuro del post-Covid, che poi è il presente. Un’altra Italia, una vera Europa. Un orizzonte finalmente aperto sul terzo millennio, seppellito il capitolo infame della paura (dello spread, del terrorismo, dei virus). Non c’è alternativa, disse la Thatcher. Ebbene, Mario Draghi è qui a provare che non è vero: tutti hanno sempre una seconda possibilità. E il tempo di dimostrarlo è adesso.Qualcuno spieghi a quella nullità di Roberto Speranza che non è più il ministro della salute del governo Conte. Avanti così, e potrebbe non esserlo più nemmeno del governo Draghi: al premier non ha dato manco il tempo di presentare il suo programma alle Camere e incassare la fiducia. Tra i piedi gli ha subito gettato una mina, la non-apertura dello sci (a tradimento, senza preavviso), facendo imbestialire tutti, aziende e lavoratori, inclusi i politici: dai leghisti al presidente della conferenza delle Regioni, l’emiliano Stefano Bonaccini, Pd. «E’ talmente piccino, Speranza, da non aver capito la ratio del suggerimento che ha ricevuto: mettere in difficoltà Mario Draghi, i cui nemici (tanti) non vedono l’ora di vederlo annaspare, avendo compreso le sue vere intenzioni». Che sono formidabili: salvare l’Italia, facendo fare a tutti (tecnici e politici) «il contrario di quello che avevano fatto fino a ieri, quando servivano interessi stranieri o cedevano ai dikat di Bruxelles». E attenti: insieme a Speranza rischiano il posto lo stesso Walter Ricciardi, il commissario Domenico Arcuri e i grigi burocrati del Cts, tutti profeti del lockdown e delle zone rosse.
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Draghi sulle macerie della bancarotta politica italiana
La riapparizione dello spettrale Roberto Speranza, confermato ministro del Covid, getta nello sconforto chiunque avesse sperato in un taglio netto e anche estetico, da parte del commissario Draghi, all’intera narrazione funereo-farlocca del grande terrore, alla quale l’inconsistente “Giuseppi” aveva appeso la sua stessa sopravvivenza politica, sequestrando l’Italia per un anno intero grazie a un’interpretazione molto “smart” della stessa Carta costituzionale. Sarà il governo del presidente della Repubblica, si affrettarono a precisare gli aedi ufficiali della verità, quelli che ormai truccano da notizie le opinioni e le trasformano in dogmi di fede. Sono loro, i declamatori cartacei e televisivi, ad aver finto di vedere uno statista, nel 2020 a Palazzo Chigi. E sono gli stessi che, nel giro di 48 ore, hanno licenziato senza rimpianti il grande statista per prostrarsi ai piedi del nuovo principe, un realtà antico, percependolo come il vero uomo del destino, cioè del grande potere finanziario che manovra l’Ue, appositamente creata come strumento di dominio tecnocratico, post-democratico, ispirato da una divinità ineffabile come quella per cui lavorano i pochissimi che si giocano il mondo a dadi, tollerando quel che resta della politica elettiva.Fa impressione, lo spietato falò delle vanità messo in scena dal nuovo esecutivo che allinea Zingaretti e Salvini, Bersani e Berlusconi, con la regia di Matteo Renzi e gli applausi di Beppe Grillo. Vent’anni di politica italiana ridotta a zero, o meglio: disvelata per quello che era veramente, al netto di qualche isolato soprassalto di dignità, velocemente naufragato tra i marosi del massimalismo, fino al grottesco. In virtù della catastrofe sanitaria e quindi socio-economica, sfilano in silenzio gli eroi di ieri, che ormai sembrano fatti di cartone, anche se in teoria hanno ancora un ruolo: come ministri o referenti di ministri, parlamentari e titolari di botteghe partitiche, e probabilmente già impegnati come grandi elettori del prossimo capo dello Stato, incidentalmente e transitoriamente chiamato a tenere in piedi quello che, fino a poco fa, era ancora il paese del Papeete e delle Sardine, del tragicomico “uno vale uno”, del Cavalier Banana e degli odiati “comunisti”, notoriamente vivi solo nelle fiction prodotte ad Arcore. Il paese dei sovranismi senza sovranità, della sinistra senza sinistra: il reame che ha accettato (senza eccezioni) di essere recluso per un anno, viaggiando a fari spenti, dopo aver barattato la perdita della libertà in cambio della promessa, non mantenuta, della sicurezza sanitaria.Il “governo di alto profilo” evocato da Mattarella mette in mostra, per intero, da quali macerie sia evidentemente inevitabile ripartire, se si vuole mettere mano – per la prima volta, dopo decenni – a un doppio sfacelo: da una parte l’imposizione imperiale del grande potere finanziario globalizzato, e dall’altra la piena collaborazione dell’establishment nazionale, che ha appaltato le storiche inefficienze italiche agli ultimi eredi di parrocchie scolorite, un tempo popolate da veri politici. Bandiere che da tempo non rappresentavano più niente, ma che hanno preferito sventolare a lungo, le une contro le altre, piuttosto che ammettere la dura realtà di una condizione umiliante, subordinata a poteri sovrastanti, non più temperata in alcun modo dalla politica pura, quella che coltiva idee che poi diventano ideologie, quindi progetti per il futuro. Veniamo da trent’anni di diktat emanati dall’alto, declinati però – a piano terra – solo attraverso gossip, sondaggi, salotti televisivi e pletorici proclami strillati sui social. Tempo sospeso, dunque. Cambierà verso, ora, la cima del grattacielo? Nel caso, non occorre nessuna particolare chiaroveggenza per intuire che, almeno in prima battuta, nemmeno stavolta toccheranno palla, gli imbarazzanti agitatori delle vecchie bandiere (ora anche vistosamente imbarazzati, se non altro, visto il grigio spettacolo della loro completa bancarotta).(Giorgio Cattaneo, “Draghi e le macerie della bancarotta politica italiana”, dal blog del Movimento Roosevelt del 13 febbraio 2021).La riapparizione dello spettrale Roberto Speranza, confermato ministro del Covid, getta nello sconforto chiunque avesse confidato in un taglio netto e anche estetico, da parte del commissario Draghi, all’intera narrazione funereo-farlocca del grande terrore, alla quale l’inconsistente “Giuseppi” aveva appeso la sua stessa sopravvivenza politica, sequestrando l’Italia per un anno intero grazie a un’interpretazione molto “smart” della stessa Carta costituzionale. Sarà il governo del presidente della Repubblica, si affrettarono a precisare gli aedi ufficiali della verità, quelli che ormai truccano da notizie le opinioni e le trasformano in dogmi di fede. Sono loro, i declamatori cartacei e televisivi, ad aver finto di vedere uno statista, nel 2020 a Palazzo Chigi. E sono gli stessi che, nel giro di 48 ore, hanno licenziato senza rimpianti il grande statista per prostrarsi ai piedi del nuovo principe, un realtà antico, percependolo come il vero uomo del destino, cioè del grande potere finanziario che manovra l’Ue, appositamente creata come strumento di dominio tecnocratico, post-democratico, ispirato da una divinità ineffabile come quella per cui lavorano i pochissimi che si giocano il mondo a dadi, tollerando quel che resta della politica elettiva.