Archivio del Tag ‘lavoro’
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Ken Loach: solo rigore e fame, ringraziate il centrosinistra
«In Gran Bretagna si prepara a vincere, ma non credo che il centrosinistra esista: se si è a favore del mercato e della deregulation si è di destra, se si crede nell’economia pianificata e nella proprietà comune si è di sinistra, chi rimane al centro della strada di solito viene investito. Non so in Italia, ma da noi il centrosinistra si dice d’accordo a mantenere le misure di austerità e a proseguire le privatizzazioni, solo più lentamente. Ma se dovete essere comunque strangolati, il tempo non fa la differenza». J’accuse firmato Ken Loach, che giriamo al nostro Bersani: ok aver vinto le primarie, ma se il centrosinistra non esiste, o è comunque destinato a far la fine di un gatto in autostrada, che ha vinto a fare?
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Michele Serra: la crisi finirà solo con una guerra mondiale?
«Vicende come quella dell’Ilva alimentano un sospetto radicale. Che questa crisi non finirà mai: nel senso che questo sistema produttivo, questa organizzazione del lavoro, questi modelli di consumo hanno concluso la loro parabola ascendente, imboccando la china declinante. Se questo è vero – se, cioè, la crisi è davvero “strutturale” o “di sistema” come dicono in parecchi – chiunque annunci la fine della crisi mente; o si sbaglia; o si sente in dovere di dare conforto». Parola di Michele Serra, che si esprime così, il 28 novembre, su “L’Amaca”, la piccola rubrica quotidiana che tiene su “Repubblica”. Parole chiare, e tanto lontane – per fortuna – dall’ipocrisia che domina la narrazione generalista, le finte analisi della politica, i surreali salotti televisivi.
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Vergogna Ilva: quanti morti, ancora, per salvare lo spread?
Il decreto del governo salva-Riva ha ottenuto un consenso di unità nazionale, compresi Camusso e Landini. Vediamo prima di tutto il fatto. All’Ilva è in corso d’opera un grave reato contro la salute dei cittadini e dei lavoratori: la magistratura interviene per fermarlo e il governo interviene per fermare la magistratura. Questa la sostanza giuridica del decreto di cui speriamo la Corte Costituzionale rilevi la palese incostituzionalità: in un paese in cui tutta la classe politica si riempie la bocca delle parole “regole” e “legalità”, un decreto come questo si iscrive alla più pura tradizione berlusconiana di cambiare la legge per fermarne l’applicazione quando sono colpiti interessi potenti. In questo caso si giustifica l’atto affermando che gli interessi in campo non sono quelli del padrone, ma dei lavoratori che rischiano il posto e del paese che rischia di perdere una azienda strategica. Naturalmente si afferma che la salute viene comunque salvaguardata e che quindi conflitto non c’è con l’iniziativa della magistratura, che viene invitata a “capire”.
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Napolitano, hai firmato la morte dei bambini di Taranto
Avevo davvero riposto in lei la mia fiducia, credevo che fosse una persona per bene, che difendesse la nostra Costituzione. Credevo che quei valori, di cui tanto parla, fossero davvero radicati in lei e fossero il punto di riferimento per ogni sua azione, per ogni sua decisione. Credevo che avrebbe scelto la vita e non la morte.. E invece ha firmato la nostra condanna. La condanna di una città sacrificata da anni in nome del profitto più squallido e criminale, abbandonata nelle mani di una famiglia di imprenditori senza scrupoli, plurindagati e pluricondannati e tutt’oggi agli arresti domiciliari o addirittura latitanti. Come credere ancora nello Stato italiano? Come credere nella politica e in chi dovrebbe difendere e promuovere il bene comune e invece ci ha rubato anche il diritto alla vita?
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Pallante: scordiamoci questi partiti, non lavorano per noi
Per favore, lasciamo perdere i partiti: con loro è tempo perso. Sanno solo ripetere la fiaba della crescita, che si sta frantumando giorno per giorno sotto i nostri occhi. Di loro non c’è da fidarsi: sono alleati, da sempre, con la grande industria, la finanza e le multinazionali, comprese quelle degli armamenti, necessari per dominare il pianeta allo scopo di garantirsi il monopolio delle risorse planetarie. Il mondo si è rotto, e non saranno certo loro a ripararlo: serve una nuova alleanza sociale, che metta insieme movimenti liberi, cittadini attivi, sindacati indipendenti, piccole imprese, artigiani e agricoltori. Un patto, per invertire la rotta verso l’unica soluzione possibile: la “decrescita selettiva” della produzione di merci, creando occupazione “utile” fondata sui territori, tagliando gli sprechi. «Solo per l’energia, l’Occidente butta via il 70% di quello che produce». Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita, lancia un appello: uniamo le forze, da subito, per riscrivere l’agenda dell’Italia.
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Acciaio, ladri di Stato e tumori: il triste presepe di Taranto
Non conosco la Giudice delle Indagini Preliminari di Taranto. Di Patrizia Todisco è avaro di immagini persino Google: fate la prova: scrivete il suo nome e vi compariranno un sacco di Ministroclini, Prefettoferrante, Governatorevendola, persino qualche Stefanofassina (chi era costui? Ah:…il responsabileeconomico di D’Alema & Bersani). E in mezzo a questa folla di occhi puntati in camera, menti volitivi e nasi penetranti, poche rare immagini di una donna con gli occhiali seri di chi ha consumato un po’ della sua vista sui monumentali libri di diritto romano e nella lettura di migliaia di pagine di indagini e perizie. Quasi sempre ritratta di tre quarti, come capita solo a chi non vuole apparire. Ecco: non la conosco, ma me la immagino così. Proprio come dovrebbe essere un giudice che parla con le sentenze, senza microfoni griffati cacciati in gola in mezzo a un ronzante alveare di telecamere e cronisti.
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Usato sicuro, l’equivoco delle primarie targate Monti
Settimane di ipnosi mediatica totale, dopo lo choc della Sicilia “grillina”, grazie anche all’eclissi del centrodestra: tivù e giornali scatenati, nemmeno fossero state le primarie Usa, e non invece le piccole primarie del centrosinistra italiano, “trionfo di partecipazione democratrica” che ha coinvolto un’esigua minoranza, il 5% del paese, un italiano su venti. Finale scontato: grazie anche a Vendola, ormai ridotto a una costola del Pd, vince l’“usato sicuro” di Bersani, che rottama il giovane Renzi e si tiene stretto Mario Monti, pensando magari di “promuoverlo” al Quirinale – a meno che, come suggerisce Claudio Burlando, i sostenitori del professore imposto dai poteri forti non pensino di ripescare per il Colle nientemeno che Romano Prodi, l’uomo che più di ogni altro – firmando drammatici trattati-capestro – ha concorso all’euro-disastro nel quale si dibatte ora l’Italia, prigioniera dell’Eurozona.
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L’Olanda: chi vuole, lasci l’euro. Cadrà il Muro di Bruxelles?
Il governo olandese vuole consentire l’abbandono dell’euro ai paesi in crisi con le regole dell’unione monetaria ed economica. Una svolta annunciata da un’intervista del premier dei Paesi Bassi, Mark Rutte, a “Süddeutsche Zeitung” e “Financial Times”, la prima effettuata dal leader dei liberali dopo la formazione del nuovo governo. L’esecutivo olandese, scrive il blog di Gad Lerner, si è contraddistinto finora per essere uno dei più fedeli alleati di Angela Merkel nella difesa dell’austerity come politica economica per risolvere la crisi dei debiti sovrani. E nonostante il recente cambio di maggioranza – al posto del centrodestra ora i Paesi Bassi sono governati da un’alleanza tra liberali e sinistra riformista – questa posizione non cambierà, almeno secondo Rutte. I paesi dell’eurozona che sono in difficoltà con i programmi di austerità però potrebbero lasciare la moneta unica, se lo volessero.
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Bersani, lo smacchiatore dell’Ilva: ora restituisca quei soldi
Dicono che torna la politica e si riprende la sua autonomia. Ma, a leggere le carte dell’inchiesta Ilva: autonomia, quale? Rispetto a cosa?, viene da domandarsi. Perché di autonomia ce n’era poca. Anzi, i politici – e anche i tecnici – sembravano un po’ succubi della grande impresa: anche di quella che, come abbiamo sentito, in 15 anni ha fatto tre miliardi di utili sull’acciaio, mentre a Taranto morivano 1.600 persone all’anno perché l’Ilva non bonificava gli impianti. Ora, il governo, d’accordo con Napolitano, fa il decreto per neutralizzare le ordinanze dei giudici, “quarto grado di giudizio”: se il giudice decide una cosa che non piace, invece di impugnarla davanti al Riesame o alla Cassazione, si va dal governo che fa un decreto e la cancella, e nessuno fiata – a parte Di Pietro, che ormai è considerato un appestato.
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Gli schiavi di Taranto prigionieri dell’Ilva: una favola nera
C’era una volta un presidente del Consiglio, Jumbolo, che vendette una grande industria a un signore, Creso. L’industria, che produceva acciaio, fu comprata a buon prezzo, a un ottimo prezzo. Jumbolo era famoso per la sua generosità. Creso ricompensò negli anni i partiti, gli elettori di Jumbolo, con ricche regalie e persino con omaggi personali, come accadde a Gargamella. Creso divenne così sempre più ricco. La grande industria funzionava infatti a meraviglia, tutta ricavi e senza costi. Gli investimenti per fare funzionare la Grande Macchina non erano necessari, li aveva fatti tutti Jumbolo con i soldi dei suoi sudditi. E’ vero che altri, urgenti investimenti per la salute dovevano essere fatti, ma nessuno controllava il veleno prodotto per incuria e per guadagno dalla grande industria nella città e nelle campagne, neppure il Gran Ciambellano dell’Ambiente, Peste Nera, che non mosse un dito per più di vent’anni.
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Sapelli: lavoro, non profitto. E bastano tre ore al giorno
Tre ore di lavoro al giorno? «Sono più che sufficienti», purché si tratti di «lavoro liberato» dalla schiavitù del profitto. Giulio Sapelli concorda con Keynes: ridurre l’orario di lavoro è possibile, eccome. «E sarebbe una grande liberazione». Parola d’ordine: cooperazione, al posto dell’attuale – fallimentare – competitività. Sembra l’annuncio di morte del capitalismo moderno, dopo oltre due secoli di industria. Lo pronuncia, senza imbarazzi, uno dei maggiori storici italiani dell’economia: professore alla London School of Economics e poi a Barcellona, Sapelli è un big di prima grandezza nel panorama economico e finanziario italiano: già consulente dell’Olivetti e consigliere di amministrazione dell’Eni, è stato presidente della fondazione del Monte dei Paschi di Siena e membro del Cda di Unicredit. Rappresentante per l’Italia di Transparency International, organizzazione che lotta contro la corruzione economica, dal 2002 è tra i componenti del World Oil Council e dal 2003 fa parte dell’International Board dell’Ocse per il settore no-profit.
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Monti: sanità senza soldi. Staccheremo la spina ai malati?
Via gli ospedali: costano troppo. E i malati? Pazienza, si arrangino. Chi se lo può permettere, si rivolgerà a cliniche private. Neppure i peggiori tangentocrati del passato erano mai arrivati a tanto: minacciare di chiudere il servizio sanitario nazionale, per presunta mancanza di fondi, è l’ennesimo record del salvatore della patria spedito a Palazzo Chigi direttamente dalla Goldman Sachs, dai Bilderberg e della Trilaterale, col placet di Napolitano, di Bersani e degli altri candidati alle primarie del centrosinistra. Presto, dichiara testualmente Monti il 27 novembre 2012, non sarà più possibile garantire la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario nazionale. Spaventato dalle immediate reazioni suscitate («Se vuole privatizzare la sanità, lo dica», avverte Susanna Camusso della Cgil), il professore tenta di smentirsi in capo a una manciata di minuti: non è a rischio la sostenibilità finanziaria, si contraddice il premier, ma – aggiunge – è necessario trovare altre modalità per sostenere i costi della sanità pubblica.