Archivio del Tag ‘La Repubblica’
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Matt Damon: senz’acqua, ogni 15 secondi muore un bambino
«Ogni 15 secondi c’è un bambino che muore: perché non dispone di acqua pulita». Parola di Matt Damon, una delle star più richieste di Hollywood. Reduce da pellicole come “Salvate il soldato Ryan” e dall’Oscar per “Will Hunting, genio ribelle” dopo l’esordio nel film “Il coraggio della verità”, dove interpreta un reduce tossicodipendente della Guerra del Golfo accanto a Denzel Washington, Matt Damon torna al cinema con “I guardiani del destino” tratto da un’opera di Philip Dick che si interroga sulla capacità di cambiare il corso delle cose: «La rivolta in Egitto è una lezione». E’ la ribellione dei poveri, la cui prima emergenza è l’acqua: l’attore è impegnato in una campagna per finanziare l’accesso all’acqua potabile nel terzo mondo.
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Nessuno difende il Colonnello, l’arabo nemico degli arabi
Non uno straccio di solidarietà formale. Non una parola di sostegno da parte degli altri raìs, presidenti, monarchi e sultani che osservano con sguardi indifferenti, se non compiaciuti, l’inesorabile caduta del Colonnello. Anzi, a dire il vero, già si contano le opinioni a favore di una no-fly zone sulla Libia che equivarrebbe ad un intervento militare mirato. E sono opinioni che pesano, come quella del presidente della Conferenza dei paesi islamici, il turco Ekemelledin Ihsanoglu, o quella del versatile segretario della Lega Araba, l’egiziano Amr Mussa. E allora sorge una domanda: ma perché Muhammar Gheddafi sta così sullo stomaco ai suoi stessi “fratelli” arabi e islamici?
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Wikileaks, gli Usa: Berlusconi danneggia l’Italia
«Il premier Silvio Berlusconi con le sue frequenti gaffes e la scelta sbagliata delle parole» ha offeso nel corso del suo mandato «quasi ogni categoria di cittadino italiano e ogni leader politico europeo», mentre «la sua volontà di mettere gli interessi personali al di sopra di quelli dello Stato ha leso la reputazione del Paese in Europa e ha dato sfortunatamente un tono comico al prestigio dell’Italia». Parola dell’ambasciatore uscente Ronald Spogli, che nel febbraio del 2009 fotografa così il caso-Italia in un dispaccio confidenziale a Hillary Clinton. Non sono ancora scoppiati i casi Noemi, D’Addario e Ruby, ma Berlusconi è già precipitato nella stima degli americani. Lo rivelano 4.000 cablogrammi di Wikileaks, presentati in esclusiva da “L’Espresso” in collaborazione con “Repubblica”.
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Strappo sul federalismo, Bossi puntella ancora il Cavaliere
Federalismo tributario per decreto: il governo approva, di forza, il provvedimento che il Parlamento ha appena bocciato, con il “pareggio” nell’apposita commissione bicamerale, insufficiente per l’approvazione. E non solo il Carroccio non rompe, ma «prova a tirare a campare, al fianco di un premier sempre più disperato», accettando a sua volta «il rischio di tirare le cuoia». Secondo Massimo Giannini, vicedirettore di “Repubblica”, la data del 3 febbraio «segna un altro passo verso il baratro» nel quale «precipitano le regole democratiche». Una cosa mai vista: un decreto respinto da una Commissione bicamerale e riapprovato, con la stessa formulazione, dal Consiglio dei ministri.
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Il mondo discute di Mubarak, noi invece della “nipote”
«Mentre tutto il mondo si preoccupa del dopo-Mubarak, noi ci dilaniamo sulla “nipote”». Lucio Caracciolo, direttore di “Limes”, non ha dubbi: in Egitto, l’Italia – cruciale frontiera mediterranea – sta perdendo un’occasione storica: ricucire lo strappo con il Nord Africa post-coloniale e frenare l’esodo della disperazione mettendo in campo una nuova alleanza politica ed economica. «L’occasione è storica: spezzare nel più strategico paese arabo il circolo vizioso di miseria, frustrazione, regimi di polizia e terrorismo – spesso alimentato dai regimi stessi per ottenere soldi e status dall’Occidente – che destabilizza Nordafrica e Vicino Oriente fino al Golfo e oltre».
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L’Egitto dopo Mubarak: la svolta nelle mani dell’esercito
Dopo 150 morti, una settimana di scontri e tre notti di manifestazioni in aperta violazione del coprifuoco, coi carri armati nelle strade, il presidente Hosni Mubarak è prossimo alla resa: secondo il “Sunday Times” gliel’avrebbero intimata direttamente i militari, dopo che i soldati – invitati in piazza a sostituirsi alla polizia, responsabile della sanguinosa repressione – hanno fraternizzato coi dimostranti, decisi a protestare a oltranza fino alla caduta del “faraone”. A trattare ormai direttamente con l’esercito, unico potere rimasto in piedi in Egitto, sono il leader dell’opposizione democratica Mohammed El Baradei e l’uomo forte del regime di Mubarak, il generale Omar Suleiman, nominato vicepresidente. La stessa Casa Bianca chiede una transizione rapida, “scaricando” di fatto l’anziano dittatore sostenuto per decenni.
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Pane e Internet, Davos: aspettiamoci altre 100 rivolte
Da dove ci piomberà addosso il prossimo cigno nero? No, questo “Black Swan” non è il thriller con Natalie Portman nella parte della ballerina, candidata all’Oscar. Il cigno nero è una metafora statistica entrata nel gergo della finanza, si definisce come “un evento ad alto impatto, bassa probabilità, bassissima prevedibilità”. Esempio classico: la crisi dei mutui subprime del 2007. L’interrogativo sui cigni neri appassiona davvero il World Economic Forum. Chi riuscisse a prevedere il prossimo choc planetario, che si tratti di un leader politico o di un grande capitalista, avrà un vantaggio su tutti. Potrà usarlo bene – predisporre antidoti, limitare i danni – o semplicemente arricchirsi speculando nella direzione giusta.
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Petrini: fermiano le ruspe, stop al massacro dell’Italia
Fermare le ruspe, o l’Italia sarà perduta. Parola d’ordine: stop al consumo del territorio. A lanciare l’allarme è Carlo Petrini, fondatore di “Slow Food”: se il cemento divorerà altra terra, avremo un paese devastato e senza più cibo. «Se la terra agricola sparisce, il disastro è alimentare, idrogeologico, ambientale, paesaggistico. E’ come indebitarsi a vita e indebitare i propri figli e nipoti per comprarsi un televisore più grosso: niente di più stupido». Petrini lancia una proposta di riforma: una moratoria nazionale contro il consumo di suolo libero. Un appello che parta dai cittadini, con una raccolta di firme, e sia poi raccolto dal governo. Ora o mai più: perché l’Italia sta già soffocando nel cemento e domani sarà troppo tardi.
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Caro Marchionne, se Mirafiori chiude non sarà una festa
Il “Marchionne show” a Detroit resterà negli annali dell’imprenditoria italiana. Alla vigilia del referendum su Mirafiori, l’amministratore delegato della Fiat ha ripetuto molte cose che aveva già detto. A partire dal fatto che, se l’accordo passerà con almeno il 51 per cento, il Lingotto andrà avanti con i suoi investimenti, mentre se vinceranno i no allora «si chiude», il gruppo se ne va a produrre altrove. La logica è sempre la stessa: tecnicamente ricattatoria. Con tutto il rispetto, non saprei trovare altre definizioni. Ma stavolta c’è di più. Il “ceo” italo-svizzero-canadese ha condito questo avvertimento con una chiosa che mi ha colpito. Nel confermare che se il referendum non passa la Fiat chiuderà Mirafiori e procederà alla delocalizzazione dell’impianto in Serbia o chissà dove, Marchionne ha aggiunto: «E ce ne torneremo a festeggiare a Detroit».
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Agricoltura di filiera: il vero futuro su cui puntare
A fine novembre, nella totale indifferenza della classe politica italiana, la Commissione europea ha pubblicato un documento dal titolo “La Pac verso il 2020: rispondere alle future sfide dell’alimentazione, delle risorse naturali e del territorio”. Pac sta per Politica agricola comunitaria. È uno dei capitoli più importanti della politica europea, anche dal punto di vista del bilancio. All’agricoltura è infatti destinato il 34% del bilancio complessivo dell´Unione, da sommare ad un ulteriore 11% destinato allo sviluppo rurale. Quarant’anni fa l’agricoltura assorbiva ben il 70% del bilancio comunitario, ma per una volta possiamo salutare questa inversione di tendenza con favore, perché, sia pure nella drastica riduzione dei fondi disponibili, sta cambiando in meglio sia il modo di utilizzarli, sia la visione complessiva di cui il comparto è oggetto.
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L’America a Torino: la Fiat esilia i difensori degli operai
L’accordo per la nuova società che gestirà Mirafiori segna una brutta svolta nelle relazioni industriali in Italia. Esclude la Fiom, che sin dagli anni del dopoguerra è stato il sindacato di maggior peso nel grande stabilimento torinese. Inasprisce deliberatamente il conflitto tra i maggiori sindacati nazionali: Fiom-Cgil da una parte, tutti gli altri contro. Divide i sindacati in un momento in cui i lavoratori dipendenti, di fronte alle cifre drammatiche della disoccupazione, della cassa integrazione e del lavoro precario, avrebbero il massimo bisogno di sindacati uniti per poter uscire dalla insicurezza sociale ed economica che li attanaglia. In presenza, per di più, di un governo del tutto inerte di fronte ai costi umani della crisi.
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Berlusconi resiste? Se Fini piange, Vendola ride
Con tre voti di maggioranza, strappati in extremis ai finiani «nell’ultima compravendita notturna», Berlusconi rimane a Palazzo Chigi: per fare che cosa? Quel margine precario, «appeso a mille promesse impossibili», secondo il direttore di “Repubblica”, Ezio Mauro, non consentirà al premier di far approvare più nulla. Gianfranco Fini, il grande sconfitto nella battaglia parlamentare sulla sfiducia, considera quella del Cavaliere una vittoria di Pirro e avverte che «ora ci divertiremo», preannunciando un Vietnam parlamentare che potrebbe accelerare il ricorso alle elezioni anticipate. Niente governo tecnico? A sinistra c’è un solo vincitore: Nichi Vendola.