Archivio del Tag ‘La Repubblica’
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Tutti davanti a Sanremo? Volta la carta, e viene la guerra
Confesso: non ho visto e non sto vedendo Sanremo. Lo so che è una grave colpa, perché milioni di italiani – uno share pazzesco – stanno vedendo Sanremo. Addirittura sono state cancellate trasmissioni cruciali come “Ballarò”, come “Servizio pubblico”. Tutta l’Italia è ferma per guardare Sanremo, e io non lo vedo. Grave limite, anche se scopro che su “Repubblica”, sull’onda di Bocca, Curzio Maltese definisce Celentano un gran cretino, un cretino di talento. Non credo che sia proprio così, esattamente. Come cantante, Celentano mi è sempre piaciuto molto. E penso che faccia molto bene a parlare di guerra – unico, nella televisione italiana. Poi, come ne parla è importante fino a un certo punto: l’essenziale è che se ne parli, visto che è l’unico che lo fa sul serio, in questo panorama desolante.
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Spieghiamo a questi cialtroni che non finiremo come Atene
Ma quante belle notizie, madama Dorè. Bisogna dire la verità: quel Berlusconi era davvero un po’ sovietico, a pensarci bene; la sua réclame era ossessiva ma anche un po’ arcigna, qualcosa di simile alla propaganda dei tempi brezneviani – era soltanto un pochino allietata, come ricordiamo, dalle scollature delle veline e dai pizzi delle mutandine quasi inesistenti. Invece Mario Monti, bisogna ammetterlo, quale altro stile! Ha il fascino della seduzione casta, hollywoodiana, anni ’50. I principali giornali italiani, abbagliati dall’aplomb britannico del nostro nuovo premier, balbettano tutti le stesse cose. Nessuno nota, per esempio, che l’Italia è stata venduta a Bruxelles, con destrezza – venduta alle banche europee, per i prossimi vent’anni. Solo che invece di incassare, cosa che di solito si fa quando si vende, noi dovremo pagare.
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Ciao euro, la Sardegna ora scommette sul Sardex
Se pensate che non si possa vivere senza l’euro, andate in Sardegna e provate a dire in giro che pagherete in Sardex. A parte benzina, farmaci ed energia elettrica, potrete comprare tutto, sia beni che servizi. E quindi alberghi, dentisti, falegnami, elettricisti, meccanici, consulenti di marketing. Ma anche sale congressi, corsi di lingua inglese, pubblicità sui giornali locali. E poi vestiti, mobili, ristoranti e persino la connessione Internet. Oltre a cibo, vino e carni, tutto rigorosamente sardo. Il Sardex è la “moneta a chilometro zero”. Solo che non è una moneta, nel senso che fisicamente non esiste. Non ne hanno stampato nemmeno una banconota: esiste solo su Internet.
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Lo show dei media: Torino, diecimila No-Tav e “zero tituli”
“La politica si fa con i titoli”. Credo lo insegnino fin dal primo anno di scuola di giornalismo. Mi dicono che non sono pochi i direttori di testata che sovrintendono personalmente alla titolazione, e – dopo l’avvento della computer-grafica – in qualche giornale locale le figure del direttore/impaginatore/titolista coincidono spesso. Prima che nascesse la rete era difficile al comune cittadino sfuggire all’”orientamento” che veniva imposto attraverso il titolo e faceva un po’ ridere sentir parlare di “separazione dei fatti dalle opinioni” da parte di certi tribuni che usavano le prime pagine come delle mazze da baseball con cui colpire alla nuca i poveri lettori. I quali lettori – frastornati – non proseguivano neanche con la lettura del catenaccio, altro che il testo dell’articolo…
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Macché debito, il guaio sono loro: tre criminali e un cretino
Il mondo intero lo sta gridando all’Europa: il problema non è il debito, ma l’euro. Persino un mega-speculatore come Charles Dallara dell’Institute of International Finance americano interviene sui negoziati sulla Grecia: «Non temiamo il debito in sé, ma la loro impossibilità di onorare un debito denominato in una moneta straniera, cioè l’euro». Al coro si aggiungono premi Nobel e prestigiosi macroeconomisti, ma “loro” non vogliono capire. “Loro”, per Paolo Barnard, sono «tre criminali e un cretino». Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, Mario Draghi e Mario Monti. «Insistono con questa demenza devastante secondo cui il dramma che stiamo vivendo in questa caduta ad avvitamento nel baratro è dovuto al debito. Quindi bisogna pareggiare i conti, quindi ci vuole ancora più austerità». Tre criminali e un cretino? «Il cretino è Sarkozy», che non capisce che anche la Francia sarà cannibalizzata dalla Germania.
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Fruttero e Lucentini: segreti e perfidia di una coppia geniale
«Adesso la coppia è davvero finita, perché con la morte di Carlo Fruttero scompare anche quel modo di scrivere, quella sottile perfidia dello sguardo, quel disincanto acuto del racconto che apparteneva a tutti e due», e che Franco Lucentini non era riuscito a portarsi via con la morte. Fruttero era rimasto solo, affondava le mani in tasca e “fiutava” Torino senza nemmeno vederla: «Un gioco mentale perfetto, senza il contagio della realtà quotidiana». Così il direttore di “Repubblica”, Ezio Mauro, prende commiato il 16 gennaio da Fruttero, che insieme a Lucentini aveva trasformato la città piemontese in creatura letteraria, da smontare pezzo per pezzo per poi rimontarla ogni volta nei romanzi: «Un vizio attaccato a un’abitudine, a un quartiere, al modo di camminare di una donna, a un gesto di periferia, a una curva sulla collina».
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Rampini: la Germania scelga, salvare l’Europa o soccombere
La mazzata di “Standard & Poor’s” che declassa mezza Europa è un chiaro avviso alla Germania: la signora Merkel si decida, o anche Berlino finirà travolta dal crollo dei partner europei. L’austerity imposta a Roma, Parigi, Madrid e Atene va controbilanciata con robuste manovre di spesa in Germania e un deciso via libera alla Bce: la banca centrale europea deve poter svolgere lo stesso ruolo strategico, di “prestatore di ultima istanza”, che ha la Federal Reserve americana a sostegno dell’economia. Si tratta di un onere eccezionale a carico della Germania, che è l’unico paese in grado di puntellare l’Europa, secondo l’americano Barry Eichengreen. Una scelta difficile, ma obbligata: in caso contrario, secondo Federico Rampini, «la resa alla disgregazione dell’euro ha costi che neppure Berlino è preparata a sopportare».
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Schiavo della finanza, lo Stato non può più spendere per noi
Può sembrare un’eresia, ma non lo è: dalla crisi si può uscire in un solo modo, e cioè aumentando la spesa pubblica. Si aggraverebbe il debito? Inizialmente, sì. Ma investire in settori strategici per produrre lavoro risolleverebbe l’economia, la domanda, le entrate fiscali. Servirebbe una piena sovranità statale e monetaria, che gli Stati europei hanno perduto: costretti a farsi prestare denaro dalla finanza privata, vengono dissuasi dall’indebitarsi ulteriormente, pena la crescita esplosiva dei margini speculativi. Lo Stato, unico soggetto nato per spendere a deficit per il benessere reale dei cittadini, è stato imbrigliato: il grande capitale pretende che si comporti non come uno Stato, ma come una famiglia o un’azienda. Neutralizzata la capacità finanziaria dello Stato, i cittadini sono indifesi di fronte alla crisi.
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Turismo scolastico No-Tav, e l’onorevole si indigna
Nella giornata di venerdì scorso, a Giaglione, in alta Val Susa è arrivato un pullman da 60 posti. Proveniva da Trescore Balneario, in provincia di Bergamo, e trasportava tre classi del locale liceo Lorenzo Federici. Lo scopo della gita, approvata dal consiglio d’istituto, era quello di andare a visitare lo pseudo-cantiere dell’opera inutile, la Torino–Lione. Ad accompagnare le scolaresche, oltre a due insegnanti di religione, il consigliere comunale Guido Fissore ed alcuni esponenti No Tav. Una volta arrivati alle reti, dove i ragazzi hanno potuto scattare numerose fotografie (anche al filo spinato di provenienza israeliana…), i due insegnanti di religione sono stati identificati dalla Digos per aver violato l’ordinanza prefettizia che vieta la circolazione nell’area circostante il cantiere.
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Addio Giorgio Bocca, l’ultimo partigiano della verità
«Io sono l’ultimo», grida il ribelle di Auschwitz. Ha già al collo la corda del boia nazista, e le sue parole dilagano nel deserto raggelato del terrore sulla Appelplatz, davanti ai prigionieri schierati per lo spettacolo, con la testa china e piena di vergogna per il coraggio solitario e irraggiungibile di quell’oscuro individuo senza nome che aveva osato sfidare la legge infernale del lager. E’ una delle pagine memorabili del diario universale di Primo Levi dal campo di sterminio. “Sì, questo era un uomo”, scrisse Giorgio Bocca in un altrettanto memorabile articolo di fondo, su “Repubblica”, per prendere commiato dal grande scrittore torinese: stesso nitore spietato, stessa fermezza. Una lucidità titanica, più forte dell’emozione, coltivata giorno per giorno da una sorta di religione laica, in nome di un umanesimo irriducibile.
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Recessione: l’Italia perderà un milione di posti di lavoro
Cinque anni di crisi e un milione di posti di lavoro bruciati. Sono le dure previsioni del Centro studi di Confindustria, secondo cui sull’Eurozona cade «l’inverno della recessione», stagione nerissima che «in Italia è iniziata prima e risulterà più marcata». Addirittura è previsto un crollo del Pil di 2 punti percentuali entro la prossima primavera. Meno drammatiche, ma altrettanto serie, le stime dell’Abi, l’associazione bancaria italiana, che prevede un calo del Pil dello 0,7% nel 2012 e una sostanziale stagnazione nel 2013. A farne le spese saranno soprattutto i lavoratori: secondo Confindustria, è «molto probabile» che scarseggino le risorse per la cassa integrazione, che aumentino i licenziamenti e che il tasso di disoccupazione s’impenni fino al 9% alla fine del 2012.
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Monti, rigore senza crescita: l’Europa si suicida in Italia
L’Islanda ha dichiarato il default e ha rotto i patti. Sfortuntamente, l’Italia è un paese molto più grande: difficile rompere i patti, perché dipenderebbe da noi il futuro dell’Unione Europea. Non si vuole finire, tra un anno, peggio di oggi? Allora Monti non dovrebbe incontrarsi prima di tutto con la Merkel e con Sarkozy, ma con Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda. Dovrebbe andare a Bruxelles e dire: scusate, noi vogliamo rinegoziare tutto. Dobbiamo stracciare il Trattato di Maastricht e ricominciare un processo costituente europeo con la partecipazione dei popoli europei, e a questo punto ridiscutiamo tutto: il meccanismo di finanziamento degli Stati, questo debito sovrano, è una grande truffa. Siccome siamo decisivi, l’Europa dovrebbe ascoltarci. Se noi andiamo a finire dove ci vogliono mandare, i tedeschi dove vanno a venderli i loro prodotti? Di fatto, sono dei suicidi senza saperlo.