Archivio del Tag ‘Israele’
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Guerra e clima: quello che Obama e Romney non dicono
Quando lo spettacolo quadriennale delle elezioni arriva al culmine, è utile chiedersi come le campagne di propaganda politica trattano dei problemi cruciali che dobbiamo affrontare. La risposta semplice è: male o per nulla. Se è così, sorgono alcune importanti domande; perché, e che cosa possiamo fare a riguardo? Ci sono due argomenti di importanza assoluta, perché è in gioco il destino della nostra specie: il disastro ambientale e la guerra nucleare. Il primo appare regolarmente sulle prime pagine dei giornali. Il 19 settembre, per esempio, Justin Gillis ha scritto sul “New York Times” che lo scioglimento del ghiaccio del Mare Artico si era fermato per un anno, «ma non prima di aver demolito il record precedente – e aver lanciato nuovi avvertimenti sul rapido ritmo dei cambiamento nella regione».
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Rischio guerra, i francesi si preparano a lasciare Israele
La Francia si prepara ad evacuare da Israele i propri connazionali in vista di una imminente escalation militare contro l’Iran. La notizia proviene dal giornale transalpino “La Tribune”, che anticipa le possibili mosse del governo Hollande per proteggere i 200.000 francesi che vivono nello Stato ebraico. «La diplomazia francese – scrive Corrado Belli nel blog “MenteReale” – ha da tempo calcolato uno scenario in cui lo Israele potrebbe attaccare l’Iran anche senza il benestare degli Usa». Parigi avrebbe quindi predisposto un piano per l’evacuazione dei francesi, chiedendo al governo israeliano di tenerli informati su quando scatterà “l’ora X”. Una task force ha già preparato lo scenario e individuato i punti strategici da cui allontanare i cittadini francesi nel caso di una risposta missilistica iraniana ad un eventuale attacco delle forze di Tel Aviv.
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Iran, vigilia di guerra: imminente l’attacco di Israele?
L’Iran minaccia fuoco e fiamme in caso di aggressione da parte di Israele, e arriva addirittura a parlare di attacco preventivo contro il blitz che Tel Aviv starebbe preparando: quasi come se Teheran volesse “avvertire” Washington dell’esistenza di piani segreti del Mossad, per un’escalation ormai imminente. Steve Pieczenik, l’uomo dei depistaggi sul caso-Moro, annuncia una data: 26 settembre. Secondo l’ex vicesegretario di Stato americano, ancora oggi membro del “Council on Foreign Relations”, Israele attaccherà l’Iran in coincidenza con la festa ebraica dello Yom Kippur, il “giorno dell’espiazione”. «Non ho mai creduto a queste cose – dice Giulietto Chiesa – sebbene di fanatici che fanno cose orribili in speciali ricorrenze sia pieno il mondo in tutte le epoche». Ma, al tempo stesso, «è impossibile non vedere segnali dell’acutizzarsi della tensione».
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Giulietto Chiesa: votare per Obama, un killer al dettaglio
Sento spesso parlare bene, tra i benpensanti di centro-sinistra (una delle categorie più orripilanti e reazionarie tra quelle che affollano i tempi moderni), di Barack Obama. E anch’io, per essere franco, quando rifletto sull’eventualità di una vittoria di uno qualsiasi dei repubblicani in lizza nelle prossime elezioni presidenziali americane, mi sento male. Ragion per cui, a volte, mi chiedo se non sia il caso, sottovoce, di parlare bene anch’io del primo presidente nero d’America, quello che ha preso il premio Nobel per la pace sulla base, veramente senza precedenti storici, dell’ipotesi che – essendo nero – non avrebbe fatto la guerra. Forse l’avevano scambiato per Martin Luther King Jr., e comunque si sono sbagliati di grosso, perché il nostro “abbronzato”, come direbbe lo psiconano, la guerra l’ha fatta, eccome!, ha continuato quelle del predecessore che parlava con Dio, come Mc Kinley, ne ha fatto una propria e si appresta a farne un’altra.
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Desmond Tutu: perché rifiuto di parlare con Tony Blair
L’immoralità della decisione di Stati Uniti e Gran Bretagna di invadere l’Iraq nel 2003, fondata sulla menzogna che l’Iraq possedesse armi di distruzione di massa, ha destabilizzato e polarizzato il mondo in misura maggiore rispetto a qualsiasi altro conflitto nella storia. Anziché riconoscere che il mondo in cui vivevamo – con sempre più raffinate forme di comunicazione, trasporti e sistemi d’arma – necessitava di una leadership sofisticata che tenesse insieme la famiglia globale, i leader che allora guidavano gli Stati Uniti e il Regno Unito costruirono falsi pretesti per comportarsi come bulli al parco giochi e trascinarci più lontano. Ci hanno spinti sin sull’orlo del precipizio in cui ci troviamo ora, con lo spettro di Siria e Iran davanti a noi. Se i leader possono mentire, allora chi mai dovrebbe dire la verità?
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Ceronetti con la Decrescita: e si scordino il Tav in val Susa
«Dove tutto è visto come puramente relativo e dissacrabile, ha senso assolutizzare il Pil, le cifre aziendali, le pensioni, le tasse, i conti della spesa, la Crescita di merci che non portano per niente a diminuzioni di infelicità o a più ricchezza nei rapporti umani? Emendate il linguaggio e avrete trovato una chiave. Liberate la mente da una formica di falso e vi toglierete dallo stomaco il peso di un elefante». Sembra di sentire Guido Ceronetti, solitario intellettuale tragicista. E infatti è proprio Guido Ceronetti: sono parole raccomandate ai lettori d’agosto della “Stampa”. Titolo: decrescita felice e socialismo utopistico. Visione: nell’idea della decrescita vivono «le grandi ombre premarxiane dei Thoreau, dei Fourier, dei Saint-Simon, dei Gandhi, della società fabiana, dei Malthus, dei Tolstoij, che tuttora indicano altri cammini, altre vie».
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Rivolte, Popovic: primo errore, demonizzare la polizia
Spesso il solo campo in cui un movimento civico non può vincere è quello militare: affrontare il potere su quell’arena è come fare a pugni con Mike Tyson. Fu l’errore del movimento contro l’apartheid in Sudafrica prima della svolta nonviolenta. Le campagne nonviolente hanno successo nel 53 per cento dei casi, quelle violente nella metà: 26. La posta in gioco nella Prima guerra mondiale era il territorio: vecchi imperi e Stati nascenti in cerca di spazio. Il risultato non fu che un’effimera ridistribuzione delle colonie. L’esito della Seconda, che opponeva le grandi ideologie, fu la Guerra fredda. La lotta di Gandhi, invece, fu l’inizio della fine del colonialismo. Il Black Power ha creato le premesse per un mondo governato anche da neri. Solidarnosc ha scatenato l’effetto domino che ha portato al crollo dell’Urss. Gli effetti delle strategie non violente sono più concreti sul lungo periodo: producono cambiamenti di civiltà.
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Erri De Luca: il torto del soldato non è la sconfitta
La scrittura di Erri De Luca ha un ritmo spezzato, come le onde corte che si infrangono sugli scogli della sua Ischia. E’ un ritmo che, all’inizio, mi affatica sempre un po’. Poi, dopo poche pagine, entro in risonanza, divento onda, divento scoglio, e il suo ritmo si fa mio. Così, quando il libro finisce, mi rimane sulla pelle qualcosa che ha il sapore della nostalgia: di quelle onde e di quegli scogli. Persino dei ricci di mare che si fanno parole e pungono di nero. “Il torto del soldato” è tante storie, ma soprattutto la storia di due solitudini. Anzi tre. Lui è un uomo maturo, esperto di letteratura yiddish. Un taciturno, che affida le sue sensazioni alla parola scritta o alle mani con cui scala, anzi sente le montagne. «Uno che passa il suo giorno a frugare rocce a quattro zampe ha un mucchio di tempo per contarsi storie».
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Temono solo una cosa: perdere il monopolio dell’economia
L’economia mi annoia, è un peso sullo stomaco, è grigia, è persino squallida in talune istanze. Ma oggi mi occupo solo di quella, come un forsennato. Ecco perché. Io sono un uomo che fu segnato da un destino: non essere indifferente all’ingiustizia, alla crudeltà, alla sofferenza che entrambe generano. A poco più di vent’anni partii per la mia guerra al male. E fin lì tutto era ok. Oggi ho 54 anni. Per quasi un quarto di secolo la mia guerra fu tutta sbagliata. Non per colpa mia. E’ un fatto istintivo che quando ci si schiera dalla parte del bene si è buoni, e si fanno le cose buone, belle. Cioè, amare, soccorrere, indignarsi, darsi agli altri, esaltare la compassione, incitare la solidarietà, e mischiarsi ai tuoi simili buoni e belli, le “belle anime”.
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Sharkey: droni, i killer-fantasma della guerra di domani
Oltre mille civili, di cui 200 bambini, uccisi dalla Cia negli ultimi otto anni nel corso di attacchi condotti con aerei senza pilota, al di fuori delle aree legittime di guerra. Lo rivela sul “Guardian” Steve Watson, che cita il professor Noel Sharkey dell’università di Sheffield. Il quotidiano inglese condanna l’uso indiscriminato dei droni: Barack Obama sta stabilendo un orrendo precedente nell’abbracciare la tecnologia dei velivoli-robot come arma letale per la guerra invisibile. Ed è solo l’inizio, avverte Sharkey: grazie ad Obama, premio Nobel per la Pace, siamo di fronte all’avvento di una sorta di «rivoluzione industriale della guerra», con armi di distruzione di massa altamente imprecise, spacciate per vettori “chirurgici” di morte. Si domanda il professore, esperto di robotica: «Chi mai, nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali, consegnerebbe una potente flotta aerea di veicoli telecomandati a un’organizzazione occulta con un simile archivio storico di omicidi illegali di cui non è chiamata a rispondere?».
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Chomsky: pericolo-Israele, gli americani lo scopriranno
Ci sarebbe solo da vestirsi in giacca e cravatta e andare alle sedi delle grandi imprese, General Electric, JP Morgan Chase, alla Camera di Commercio, al “Wall Street Journal”, e spiegare gentilmente che la politica statunitense in Medio Oriente – il rapporto con Israele – è contraria ai loro interessi. Non è un segreto che il capitale privato ha una enorme influenza sulla politica del governo. Quindi se la “lobby” impone agli Stati Uniti delle politiche che sono contrarie agli interessi di questa gente che dirige effettivamente il paese, dovremmo essere in grado di convincerli. La lobby israeliana potrebbe essere neutralizzata in cinque secondi. Dobbiamo anche domandarci: perché coloro che ideano e decidono la politica del governo statunitense accettano qualcosa che è contrario ai loro interessi?
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Macelleria-Siria, la strana alleanza tra Israele e Jihad
La Reuters ha faticato parecchio prima di poter pubblicare che qualche mese fa il presidente americano Barack Obama aveva approvato una “intelligence” dalla quale risulta che la Cia, Central Intelligence Agency, doveva dare un appoggio ai “ribelli” armati, che si battono per un cambiamento di regime in Siria e che ora questo sostegno deve essere tolto. A questo punto anche i più sperduti pescatori delle isole Figi già saranno a conoscenza di questo “segreto” (per non tornare a ripetere che in tutta l’America Latina si conosce una cosetta o due su come la Cia si sappia destreggiare nel rovesciare un regime). La Reuters descrive con cautela questo sostegno, come «circoscritto». Ma questo è, ovviamente, il codice per “proteggersi le spalle”. Infatti ogni volta che la Cia vuole abbandonare qualche progetto si serve della stampa e di qualche scriba fedele, come David Ignatius del “Washington Post”.