Archivio del Tag ‘Islam’
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Sfrattare Gheddafi? Non ancora: è l’alibi perfetto per il caos
Contrariamente a una «diffusa leggenda», non sono tanto i ribelli che combattono contro l’esercito libico e i suoi riservisti, quanto semmai la Nato. «Lo schema è ormai ben rodato: gli elicotteri Apache investono una località mitragliando tutto ciò che si muove, la popolazione fugge e l’esercito si ritira. I “ribelli” invadono allora la città, alzano la bandiera monarchica davanti alle telecamere della Cnn e poi saccheggiano le case abbandonate. Ma appena la Nato si ritira, l’esercito libico ritorna e i “ribelli” scappano, lasciandosi alle spalle una città devastata». Ogni giorno il Consiglio nazionale di Bengasi afferma di aver preso una città che perde il giorno successivo: Zwaya e Brega, le raffinerie e la stessa Misurata, di cui i “ribelli” non avrebbero tuttora il pieno controllo.
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Obama: abbiamo scovato e giustiziato Bin Laden
Buona sera. Questa notte posso riferire alla gente d’America e al mondo che gli Stati Uniti hanno portato a termine un’operazione in cui è stato ucciso Osama Bin Laden, il leader di Al Qaeda, un terrorista che è responsabile dell’omicidio di migliaia di uomini, donne e bambini innocenti. Sono passati quasi dieci anni da quel giorno luminoso di settembre oscurato dal peggiore attacco della nostra storia contro americani. Le immagini dell’11 settembre sono scolpite nella nostra memoria nazionale: aerei dirottati comparire all’improvviso in un limpido cielo di settembre; le torri gemelle collassare al suolo; un fumo nero alzarsi dal Pentagono; il disastro del volo 93 in Shanksville, in Pennsylvania, dove le azioni di cittadini eroici hanno consentito di evitare una distruzione e un dolore ancora maggiori.
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Impresari della paura: la Lega contro la moschea di Torino
Mentre Gheddafi bombarda gli insorti, Obama valuta un intervento militare della Nato e alle frontiere premono decine di migliaia di profughi, la Lega Nord approfitta dell’ultimo minuto utile per tentare di bloccare la costruzione della moschea di Torino, città dove – grazie al welfare praticato da anni – non si sono mai segnalate significative tensioni sull’immigrazione. Sono «impresari della paura», accusa il sociologo Stefano Allievi criticando il Carroccio, autore di un’iniziativa particolarmente stridente in un momento come questo, in cui anche i media – dopo l’iniziale allarme – hanno smesso di evocare il fantasma del fondamentalismo nel Mediterraneo dove, ormai tutti lo ammettono, è in rivolta la gioventù araba, stanca dei dittatori per decenni al servizio dell’Occidente.
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Via Mubarak, incognita Mediterraneo: l’ora della Turchia
Dopo la Tunisia, l’Egitto: e adesso trema l’Algeria insieme allo Yemen, mentre anche il Marocco scende in piazza a festeggiare la caduta di Mubarak insieme alle folle libanesi, giordane e palestinesi. Si sgretola la geografia post-coloniale di Nord Africa e Medio Oriente, congelata per cinquant’anni: da una parte le autocrazie petrolifere arabe commissariate dagli Usa, dall’altra la supremazia militare di Israele nella regione. Unica forza estranea al composito quadro che ora va disgregandosi, la potenza iraniana dell’Islam sciita: a sua volta destabilizzata dalle recenti pulsioni democratiche represse nel sangue, la Persia di Ahmadinejad tenta di attribuirsi meriti per la svolta egiziana, festeggiandola con Hamas a Gaza ed Hezbollah in Libano, mentre sale il prestigio del possibile stato-guida di domani, la Turchia.
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Contro Mubarak e gli altri dittatori che abbiamo allevato
Mubarak lascia sparare la sua polizia sulla folla e l’Onu avvia il ritiro dei suoi funzionari. Non è più tempo di esitare fra le incertezze di Obama e l’«avanti con il popolo egiziano» di Slavoj Zizek. Sto con Zizek. Non siamo di fronte a scelte tranquille e felici. Da un pezzo una cosiddetta laicità nel Maghreb e nel Medio Oriente è garantita soltanto da regimi dittatoriali. Da un pezzo lasciare libertà di voto può condurre a un’affermazione non solo islamica, ma islamista. Una democrazia in senso proprio, che non è soltanto fare le elezioni ma stabilire un’effettiva divisione dei poteri – esecutivo, legislativo e giudiziario – cioè una sicurezza di uguali diritti di fronte alla legge, non è garantita da nessuno.
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Egitto, l’ipocrita Blair auspica un «cambiamento stabile»
Quel che salta subito all’occhio nelle rivolte di Tunisia e d’Egitto è la massiccia assenza del fondamentalismo islamico: secondo la migliore tradizione laica e democratica la gente si è limitata a rivoltarsi contro un regime oppressivo, la sua corruzione e la sua povertà, chiedendo libertà e speranza economica. La cinica convinzione occidentale secondo cui nei paesi arabi la coscienza genuinamente democratica si limiterebbe a piccole élite liberal, mentre le grandi masse possono essere mobilitate solo dal fondamentalismo religioso o dal nazionalismo si è dimostrata erronea. Il grosso interrogativo è naturalmente: che succederà il giorno dopo? Chi ne uscirà vincitore?
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La Cia, il boia Suleiman e la spazzatura della storia
Quattro morti e 1.500 feriti, museo egizio in fiamme, giornalisti picchiati a sangue: a far precipitare nel caos la protesta rivoluzionaria del Cairo, la comparsa di miliziani pro-Mubarak ora condannata da Obama, che si affretta a chiedere una «transizione immediata» fra il regime assediato – che non si rassegna a cedere il potere – e la vasta ondata popolare che ha portato in piazza milioni di persone, in nome della svolta democratica promossa dalle opposizioni coordinate da Mohammed El Baradei. Una situazione esplosiva, che sembra fatta apposta per esasperare la folla e rianimare così il fantasma dell’estremismo islamico, finora assente dalla contesa egiziana. E mentre Washington getta l’ex alleato Mubarak nella spazzatura della storia, la stampa americana riscopre – in ritardo – il “passato nero” di Omar Suleiman, formidabile aguzzino per conto della Cia durante l’era Bush.
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Rivoluzione Maghreb, un respiro del mondo
Chi si aspettava una rivolta popolare in Tunisia, in Algeria, in Egitto? Nessuno. Non la Francia, persuasa di detenere idealmente il controllo su un paese che era stato sua colonia e ha fatto una gaffe clamorosa proponendo a un Ben Ali, già in fuga, di mandargli a sostegno le sue forze più esperte in tema di repressione. Non gli Stati Uniti, che avevano nel vacillante Hosni Mubarak il più forte alleato in Medioriente, l’Egitto essendo uno dei due paesi ad aver riconosciuto formalmente lo stato di Israele e speciale nel dare un colpo al cerchio e uno alla botte nel conflitto fra Israele e Palestina.
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La battaglia del Nilo assedia le dittature filo-occidentali
Decine di morti, centinaia di feriti e migliaia di arresti, i palazzi del potere assediati e presi d’assalto, i carri armati per le vie del Cairo sotto il coprifuoco, il presidente Mubarak che nella notte destituisce il governo provando così a restare in sella, nonostante la marea popolare che il 28 gennaio ha scosso dalle fondamenta il suo regime, da cui ormai prende le distanze anche Barack Obama. «Se cade Mubarak cade il Nord Africa»: questo lo spirito con cui l’Occidente assiste sgomento all’inatteso spettacolo rivoluzionario di decine di migliaia di egiziani, coordinati da Internet e social network, scesi in piazza per reclamare pane e libertà contro il regime che da trent’anni governa con pugno di ferro il paese dei Faraoni schiacciando i diritti democratici del popolo.
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Cristiani sotto attacco: ma chi ha seminato l’odio?
Oggi, la diffusa sensazione in Occidente è che le comunità cristiane asiatiche e africane siano in pericolo. E’ vero. Quel che non si dice, però, è che tale intollerabile situazione rappresenta la risposta inadeguata, ingiusta e spesso criminale a uno stato d’ingiustizia e di disagio. Il mondo musulmano si sente a sua volta aggredito e – commettendo un madornale errore – ritiene che la Modernità occidentale e il cristianesimo siano tutt’uno. Falso, sbagliato, insostenibile. La Modernità occidentale – individualista, materialista, fatta d’individui schiavi dei loro vizi e dei loro interessi – è all’antitesi del cristianesimo. Questo è l’errore di molti musulmani: i fondamentalisti islamici ne approfittano.
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Occidente, profitto genocida: siamo peggio di Stalin
Peggio questo materialismo di quello comunista, di gran lunga. Anzi, dal momento che il liberal-liberismo occidentale ha ormai dato luogo a un nuovo tipo di totalitarismo espresso dal “pensiero unico”, ritengo che ormai il paragone tra questo tipo di totalitarismo e, per esempio, lo stalinismo, sia aberrante e obiettivamente offensivo. L’offeso è lo stalinismo, beninteso. La tirannide staliniana nasceva comunque dalla deformazione statalista e centralistica di un desiderio e di un bisogno profondo – e, alla radice, nobile – di giustizia. La tirannide di quello che Jean Ziegler ha definito “l’Impero della Vergogna” nasce dallo sfrenato individualismo e dalla Volontà di Potenza
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Se la religione sceglie il potere e abbandona l’uomo
I tempi di crisi, a senso di logica, dovrebbero sollecitare pensieri e riflessioni che consentano agli esseri umani di proiettarsi al di là dei semplici aspetti materiali dell’esistenza per interrogarsi sul senso profondo della vita. La religione dovrebbe essere l’ambito ideale per siffatte interrogazioni ma non è così. La questione sia chiaro non è tanto quella dello scandalo pedofilia che ha di recente travolto la Chiesa cattolica, né quella di rabbini dei partiti religiosi dello schieramento politico israeliano che tengono in scacco la democrazia dello stato ebraico con la scusa della religione dietro alla quale si mascherano biechi interessi di potere.