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La Francia: stop all’inutile Torino-Lione, totem del potere
Lo chiamano ancora Tav, treno ad alta velocità, ma ormai è chiaro a tutti che l’eventuale linea Torino-Lione, doppione perfetto della già esistente (e deserta) Torino-Modane, sempre in valle di Susa, non sarebbe altro che il totem ultra-lento di un potere antico, sordo, primitivo, pronto a bruciare 680 milioni di euro per costruire una galleria esplorativa, a Chiomonte, con anni di ritardo rispetto agli analoghi tunnel geognostici aperti sul versante transalpino. Un vettore (lentissimo, vecchissimo) di grandi affari e grandi interessi, l’improbabile Tav valsusino, lungo una direttice rimasta senza più passeggeri né merci, nella “ribelle” valle di Susa che lotta da decenni contro l’infrastruttura più inutile della storia europea. Se n’è finalmente accorta la Francia, da sempre più tiepida dell’Italia rispetto all’impegno per la grande opera: il governo Macron ha annunciato una “pausa di riflessione” di almeno un anno, per valutare se è davvero il caso di finanziarlo, l’euro-tunnel da 54 chilometri sotto le montagne che, tra Susa e Modane, separano l’Italia dalla Francia. A Parigi costerebbe almeno 10 miliardi. Servirebbe? No, rispondono in coro i tecnici indipendenti.Tecnici peraltro suffragati dai controllori (svizzeri) del traffico transalpino per conto dell’Ue: quella linea non avrebbe alcun senso – né per i passeggeri, inesistenti, né per le merci, che sono in calo storico e viaggiano sull’attuale linea internazionale, largamente inutilizzata, per la quale l’Italia ha speso recentemente 400 milioni di euro, riammodernando il Traforo del Fréjus, attraverso il quale oggi possono transitare anche convogli con a bordo i grandi container “navali”. Per anni, prima che la contesa finisse in rissa (con feriti e arresti) i NoTav hanno tentato di intavolare un civile dibattito con le isituzioni: la storia racconta di petizioni firmate da centinaia di esperti universitari, rivolte a Palazzo Chigi e persino al Quirinale, rimaste sempre senza risposta. Una realtà imbarazzante: le istituzioni non hanno mai accettato di esaminare i più autorevoli studi, che dimostrano la completa inutilità di un’opera ferroviaria faraonica e anche pericolosa, date le implicazioni ambientali (amianto, uranio) e idrogeologiche, senza contare l’impatto urbanistico dei cantieri e la compromissione, per molti aspetti irreparabile, del territorio alpino.Sarebbe un sacrificio immenso, dunque, tuttora senza giustificazioni: mai, neppure per sbaglio, gli addetti ai lavori hanno fornito del maxi-progetto Torino-Lione una motivazione tecnica, chiara, esplicita, che non fosse grossolanamente dogmatica, fatta di slogan arcaici come “progresso” e “modernità”. Tutti gli studi prodotti riferiscono che la grande direttrice delle merci nel Nord Italia è l’asse sud-nord, Genova-Rotterdam, mentre la linea est-ovest ormai è marginale, come il trasporto – residuale, e ormai solo regionale – di pochissime merci tra Piemonte e Rhône-Alpes. Per contro, spiegano gli strateghi europei dei trasporti, un vero e proprio collo di bottiglia è rappresentato dal valico di Ventimiglia: quello sì avrebbe bisogno di essere “raddoppiato”, visto che le merci sbarcate a Genova si dirigono, via Liguria e Provenza, in tutta l’Europa sud-occidentale. L’unica cosa che certamente non serve, a quanto pare, è proprio la linea Tav in valle di Susa. Impossibile, per il governo italiano, finire per far ragione agli impresentabili, irriducibili NoTav? Eppure è quello che accadrà, se la Francia – nel 2018 – dovesse confermare l’attuale orientamento, scettico di fronte alla realizzazione dell’inutile maxi-opera.Quando prese avvio la protesta popolare, locale, contro i primi progetti per la Torino-Lione, l’Italia non era ancora entrata nell’euro: era un paese in crescita, stabilmente piazzato tra le prime economie del pianeta, alla prese coi valori del primo ambientalismo destinato a tradursi in disposizioni legislative. Il mondo non era ancora così piccolo: l’11 Settembre era ancora di là da venire, con le sue “guerre infinite” e i suoi terrorismi funzionali e cronicizzati. La globalizzazione non aveva ancora cominciato a produrre il flagello cosmico della disoccupazione, non si avvertivano i micidiali effetti dell’euro né quelli della crisi finanziaria di Wall Street. Era un mondo con coordinate visibili e definite, brandelli ideologici ancora vivi, certezze relative e credibili aspettative di benessere, lontano anni luce dalla precarizzazione universale, il delirio dell’austerity e la rassegnazione terminale, via Facebook, alla mediocrità come destino. Insorse, la piccola valle di Susa, minuscola periferia italiana: era la fine degli anni ‘90, oggi pare trascorso un millennio. E ancora si parla di Torino-Lione, cioè di archeologia dell’assurdo, mentre il mondo – intorno – sta finendo di crollare.Lo chiamano ancora Tav, treno ad alta velocità, ma ormai è chiaro a tutti che l’eventuale linea Torino-Lione, doppione perfetto della già esistente (e deserta) Torino-Modane, sempre in valle di Susa, non sarebbe altro che il totem ultra-lento di un potere antico, sordo, primitivo, pronto a bruciare 680 milioni di euro per costruire una galleria esplorativa, a Chiomonte, con anni di ritardo rispetto agli analoghi tunnel geognostici aperti sul versante transalpino. Un vettore (lentissimo, vecchissimo) di grandi affari e grandi interessi, l’improbabile Tav valsusino, lungo una direttice rimasta senza più passeggeri né merci, nella “ribelle” valle di Susa che lotta da decenni contro l’infrastruttura più inutile della storia europea. Se n’è finalmente accorta la Francia, da sempre più tiepida dell’Italia rispetto all’impegno per la grande opera: il governo Macron ha annunciato una “pausa di riflessione” di almeno un anno, per valutare se è davvero il caso di finanziarlo, l’euro-tunnel da 54 chilometri sotto le montagne che, tra Susa e Modane, separano l’Italia dalla Francia. A Parigi costerebbe almeno 10 miliardi. Servirebbe? No, rispondono in coro i tecnici indipendenti.
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Onida e Scorza: Ddl Gambaro, il bavaglio al web è illegale
Lotta alle fake news, o meglio alla libertà d’opinione: il decreto legge firmato da Adele Gambaro arriva in Senato (commissioni giustizia e affari costituzionali) e riapre la polemica sulla legge-bavaglio, tra profili di incostituzionalità, correttivi legislativi parziali e grossolani, pericoli per la libertà di pensiero. Costituzionalisti, giornalisti e attivisti, scrive “Terra Nuova”, sono in rivolta contro il Ddl, che vorrebbe regolamentare la circolazione delle informazioni “non veritiere” online. «Proposito teoricamente nobile, ma occorre definire molto bene i confini per non sconfinare nella censura travestita». A proporre una interessante analisi del testo di legge è Valerio Onida, ex giudice della Corte Costituzionale e già presidente della stessa corte, nonché docente universitario, ex presidente della Scuola superiore della magistratura nonché membro del team di “saggi” reclutato da Napolitano per ridisegnare l’assetto costituzionale. «Si tratta di un testo superficiale e non idoneo a normare ciò su cui si propone di intervenire, cioè la “rete”, perché va addirittura a modificare i criteri di punibilità dei reati solo perché il mezzo usato è differente», spiega Onida.«L’articolo 21 della Costituzione è chiaro, parla di mezzi di diffusione del pensiero, quindi la rete, come la carta stampata, la televisione o la radio, deve avere gli stessi limiti e le stesse garanzie. Peraltro – ricorda Onida – le norme esistono già, si tratta solo di individuare tecnicamente le modalità più idonee di applicazione». L’articolo 1 del Ddl Gambaro crea un nuovo tipo di reato, quello riconducibile alla circolazione di informazioni attraverso piattaforme informatiche o mezzi telematici, che viene differenziato nel trattamento rispetto all’analogo reato dell’articolo 656 del codice penale che colpisce “chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico”. Poi nel testo si introduce la novità della pena anche per informazioni che riguardino dati o fatti manifestamente infondati o falsi. «Ma chi verifica?», si domanda Onida. «Qui si introduce il “controllo pubblico” sulla verità o falsità dei dati ed è inaccettabile. Sulla base di quali criteri assoluti mai si potrà effettuare la verifica? Peraltro, sempre l’articolo 1 introduce una disciplina speciale per la diffamazione, che però è già normata da codici e leggi. Anche qui ci si chiede il perché».L’articolo 2, poi, per Onida «introduce aspetti pericolosi di controllo pubblico sulle opinioni e sulle idee. Si legge infatti che la pena (reclusione non inferiore a 12 mesi e ammenda fino a 5.000 euro) è prevista anche per chi “svolge comunque un’attività tale da recare nocumento agli interessi pubblici o da fuorviare settori dell’opinione pubblica, anche attraverso campagne con l’utilizzo di piattaforme informatiche destinate alla diffusione online”. Di qui la preoccupazione di numerosi attivisti, associazioni e movimenti nazionali, aggiunge “Terra Nuova”. «Temo che ci sia il tentativo da parte di un soggetto istituito di silenziare la società civile e le sue iniziative di controinformazione», dice Monica Di Sisto, vicepresidente dell’osservatorio sul commercio e il clima Fairwatch, che sta guidando la campagna StopTtip in Italia. «Per punire il procurato allarme o per combattere le notizie false le leggi esistono già». Attenzione: i trattati-capestro come il Ttip, o il suo clone euro-canadese Ceta appena ratificato, hanno testi inaccessibili, riservati, nonostante i trattati coinvolgano pesantemente la vita di titti, stravolgendo le regole su alimentazione, salute, sicurezza, ecologia.«Nemmeno i Parlamenti e i governi degli Stati membri sono obbligatoriamente coinvolti nell’andamento delle trattative», aggiunge Di Sisto. «Anche la senatrice Gambaro, per il suo ruolo istituzionale, è chiamata a garantire i diritti costituzionali nella sua forma più ampia e piena». Ritornando al disegno di legge, il professor Onida si sofferma anche sull’articolo 6, che fa riferimento al potenziamento della formazione professionale per i giornalisti per “prevenire il rischio di distorsione delle informazioni o di manipolazione dell’opinione pubblica”. «Anche in questo caso si rischia di definire informazione solo ciò che sta bene al potere pubblico, che decide pure come presentarla», aggiunge Onida. E pure l’articolo 7 «ripropone un inaccettabile controllo dall’alto di verità», visto che «si mette in carico ai gestori delle piattaforme informatiche l’obbligo di verificare l’attendibilità e la veridicità dei contenuti diffusi: ma com’è pensabile?». Per il costituzionalista, «è uno strumento di controllo autoritario e illegittimo». Idem l’articolo 8, l’ultimo, che prevede che la commissione parlamentare per la vigilanza sui servizi radiotelevisivi monitori “gli standard editoriali delle piattaforme informatiche destinate alla pubblicazione e diffusione di informazione con mezzi telematici delle emittenti radiotelevisive pubbliche”.«Le ricette proposte dai firmatari del disegno di legge sono anacronistiche, inattuabili, inefficaci e soprattutto ad alto rischio di deriva liberticida», ha scritto dal suo blog sul “Fatto quotidiano” Guido Scorza, docente di diritto delle nuove tecnologie. «Difficile astenersi dal ricordare ai firmatari del disegno di legge – aggiunge Scorza – che era il 2000 quando l’Unione Europea stabilì un principio che è caposaldo di civiltà, libertà e democrazia online diametralmente opposto a quello che loro vorrebbero veder introdotto nel nostro ordinamento: il divieto, per tutti i paesi membri dell’Unione Europea di imporre ai cosiddetti “intermediari della comunicazione” qualsivoglia obbligo generale di sorveglianza sui contenuti pubblicati dai propri utenti». Un divieto, scrive Scorza, che ha una spiegazione semplice e di straordinaria importanza: «Se lo Stato chiede a un soggetto privato di verificare ciò che i propri utenti pubblicano attraverso i propri servizi, questo soggetto, a tutela del proprio portafoglio, inizierà a limitare e restringere la libertà dei propri utenti di dire ciò che pensano online, sacrificando così l’idea che Internet possa rappresentare quella grande agorà democratica – che non significa né Far West, né zona franca senza regole – della quale tutti avvertiamo un gran bisogno».Giovanni Ziccardi, docente di informatica giuridica all’università di Milano, ritiene il disegno di legge «inopportuno, pericoloso e censorio» perché «nasconde le sue reali intenzioni di controllo del dissenso». Ziccardi lo trova soprattutto impreciso, sia dal punto di vista tecnico che giuridico: «Punta a soffocare il dibattito in rete caricando di responsabilità, burocrazia e sanzioni utenti e provider. Dall’altra parte “salva”, per molti versi, i due principali vettori di odio, notizie false e disinformazione di oggi, cioè molti grandi media e politici. Ed equipara fenomeni eterogenei tra loro che richiedono, invece, regolamentazioni specifiche. Infatti nella relazione introduttiva si fa riferimento a “fake news”, a espressioni che istigano all’odio e alla pedopornografia. Tre universi molto diversi tra loro». Vede una «chiara deriva autoritaria» anche Federico Pistono, informatico con master alla Nasa, scrittore e co-fondatore di “Axelera”, che si occupa di divulgazione nell’ambito delle nuove tecnologie. Dice: «O sanno come funziona Internet e vogliono censurarlo o non sanno come funziona e sono incompetenti; in entrambi i casi non va bene: di fatto, si prevedono pene per chi esercita il senso critico». Per esempio, «chi mette un dato vero e una propria opinione che magari molti altri condividono ma che non è mainstream, può venire processato e condannato per quello. Tutto ciò non ha nulla a che fare con l’educazione e la sensibilizzazione della popolazione a verificare le fonti di ciò che legge e a pensare con la propria testa».Lotta alle fake news, o meglio alla libertà d’opinione: il decreto legge firmato da Adele Gambaro arriva in Senato (commissioni giustizia e affari costituzionali) e riapre la polemica sulla legge-bavaglio, tra profili di incostituzionalità, correttivi legislativi parziali e grossolani, pericoli per la libertà di pensiero. Costituzionalisti, giornalisti e attivisti, scrive “Terra Nuova”, sono in rivolta contro il Ddl, che vorrebbe regolamentare la circolazione delle informazioni “non veritiere” online. «Proposito teoricamente nobile, ma occorre definire molto bene i confini per non sconfinare nella censura travestita». A proporre una interessante analisi del testo di legge è Valerio Onida, ex giudice della Corte Costituzionale e già presidente della stessa corte, nonché docente universitario, ex presidente della Scuola superiore della magistratura nonché membro del team di “saggi” reclutato da Napolitano per ridisegnare l’assetto costituzionale. «Si tratta di un testo superficiale e non idoneo a normare ciò su cui si propone di intervenire, cioè la “rete”, perché va addirittura a modificare i criteri di punibilità dei reati solo perché il mezzo usato è differente», spiega Onida.
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Potere e denaro, dal caso Moro all’Isis fino al Russiagate
Andreotti e Cossiga: sarebbero stati soprattutto loro a impedire che Aldo Moro venisse liberato dai Gis dei carabinieri del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, insieme ai Nocs della polizia. Reparti speciali che, si dice, avevano individuato la prigione romana dello statista democristiano. E’ la tesi, più volte esposta (anche in libri di successo) da un magistrato di lungo corso come Ferdinando Imposimato, già pm e poi presidente onorario della Cassazione. La sua versione, suffragata da testimoni-chiave delle forze dell’ordine: il blitz decisivo fu impedito da Andreotti e Cossiga. Movente: ambivano entrambi alla carica alla quale sarebbe stato destinato Moro, il Quirinale. Gli americani? C’entrano, ma fino a un certo punto: perché poi, al dunque, “ritirarono” il loro uomo, Steve Pieczneick, in un primo momento inviato a Roma per controllare (e depistare) le indagini. Regia dell’operazione Moro: affidata alla Gladio, costola dell’intelligence Nato, in Italia gestita da uomini della P2 come il generale Giuseppe Santovito, allora a capo del Sismi. Nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, Gianfranco Carpeoro aggiunge un nome, quello del politologo statunitense Michael Leeden, tuttora attivissimo: sarebbe stato il vero burattinaio di Gelli. Per Gioele Magaldi, autore del besteller “Massoni”, la P2 era il terminale italiano della Ur-Lodge “Three Eyes”, potentissima superloggia internazionale di stampo antidemocratico.
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Rothschild Connection in Libia, grazie al loro uomo: Macron
«Ciò che avviene oggi in Libia è il nodo di una destabilizzazione dai molteplici aspetti»: lo ha dichiarato il presidente Emmanuel Macron celebrando all’Eliseo l’accordo che «traccia la via per la pace e la riconciliazione nazionale». Macron attribuisce la caotica situazione del paese unicamente ai movimenti terroristi, i quali «approfittano della destabilizzazione politica e della ricchezza economica e finanziaria che può esistere in Libia per prosperare». Per questo – conclude – la Francia aiuta la Libia a bloccare i terroristi. Macron capovolge, in tal modo, i fatti. Artefice della destabilizzazione della Libia è stata proprio la Francia, unitamente agli Stati Uniti, alla Nato e alle monarchie del Golfo. Nel 2010, documentava la Banca mondiale, la Libia registrava in Africa i più alti indicatori di sviluppo umano, con un reddito pro capite medio-alto, l’accesso universale all’istruzione primaria e secondaria e del 46% alla terziaria. Vi trovavano lavoro circa 2 milioni di immigrati africani. La Libia favoriva con i suoi investimenti la formazione di organismi economici indipendenti dell’Unione Africana.
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Carpeoro: Br, cioè Gladio. Chiedetelo a Curcio e Pazienza
Andate a vedere quanta galera ha fatto Morucci, presunto capo delle Brigate Rosse. A Curcio, che ha colpito solo il carabiniere che aveva sparato nella schiena alla sua donna, sotto stati attribuiti – come concorso morale – tutti gli omicidi commessi da Morucci. Il problema è che Morucci ha fatto sì e no sei mesi di carcere, e Curcio ha fatto tutta la pena – ma non la metà, con la semi-libertà: tutta. Sapete che in Italia l’ergastolo non esiste: dopo trent’anni di buona condotta ti devono mettere fuori, anche se di ergastoli ne hai dodici. Curcio dopo trent’anni l’hanno messo fuori; Morucci dopo quanto? Un anno, un anno e mezzo? Poi è entrato nel programma protezione, ora non si sa più neanche dove sia. Perché? Perché le Brigate Rosse, dopo Curcio, erano finite sotto la gestione diretta dei servizi segreti, non più sotto la gestione indiretta. Ma peggio dei servizi segreti: di Gladio. Cioè, non erano i servizi segreti: erano i servizi segreti che gestivano le Brigate Rosse per conto di Stay Behind, cioè di Michael Ledeen e del generale Santovito. E Curcio, che si è fatto tutti i trent’anni, ne è la prova vivente. E quando esce, e dice “mah, forse ora lo scrivo, un libro”, gli tolgono il posto all’università: lui attualmente è disoccupato, anzi ha fatto un appello per dire: rimettetemi in carcere, che almeno mangio.Noi in Italia abbiamo una concezione strana della giustizia: per certi soggetti l’ergastolo c’è davvero. Certi soggetti non si chiamano pregiudicati, si chiamano “eternamente giudicati”. Il rapporto con la giustizia dovrebbe essere laico: ho violato la legge? La pena prevista è questa? Dopo che l’ho scontata è finita, però. Può non essere finita moralmente, per le vittime. Ma, laicamente – con lo Stato – la vertenza è chiusa; non mi puoi rifiutare il lavoro, togliermi la cattedra di insegnante, perché per te è ancora aperta, perché altrimenti mi fai fare l’ergastolo davvero. Perché poi, uno che esce dal carcere dopo trent’anni che fa, specie ora con l’età pensionabile a settanta? Se la tua logica è che ho ancora qualcosa da pagare anche dopo che esco di galera, questo non è nelle regole. Invece non vale per altri, che non pagano nemmeno quello che dovrebbero pagare. Ripeto: il confronto tra Curcio e Morucci è impietoso – per non parlare di Mario Moretti. E’ un confronto impietoso, perché quello ha ammazzato davvero, e l’altro si è preso le condanne. I brigatisti erano diventati i gestori, per conto dei servizi segreti in capo a Gladio. Attenzione: tu hai un’organizzazione, creata dagli americani per evitare che venga il comunismo, la quale però gestisce il terrorismo comunista.Andate a vedere l’atto con cui è stata costituita Gladio: se costituisci una cosa, dovrebbe andare avanti per come l’hai costituita, no? Se la costituisci in un modo e poi invece ne fai altre, di cose… Perché, cos’era diventata, Gladio? E’ esistita quando gli americani sapevano benissimo che i comunisti erano spacciati. Nel ‘53, un economista americano che lavorava, credo, per McGovern, aveva previsto che il modello economico russo sarebbe morto nell’arco di trent’anni, massimo quaranta – e infatti l’Urss è finita nell’89, sostanzialmente. Non era un giudizio politico, etico, di disvalore di quel sistema, ma una previsione economica: “Tra quarant’anni non avranno più i soldi”. Quindi lo sapevano perfettamente, gli americani. E lo sapevano anche i comunisti italiani, che si sono ben guardati dall’andare al governo: quando nel ‘75 Berlinguer ha vinto a mani basse le elezioni amministrative, subito ha offerto il compromesso storico (alla Dc), non ha mica detto “domani comando io”. Sapevano tutti che quella roba lì – economicamente – non aveva futuro. Lo sapevano, tutti. Era un business, su cui hanno marciato tutti quanti. Ci hanno marciato i partiti italiani, perché beccavano il grano per essere “anticomunisti”. Ci hanno marciato i servizi segreti e i personaggi come Ledeen, perché (sulla minaccia sovietica) hanno costruito fortune e potere. Tutti, ci hanno marciato. E quando è morta l’Unione Sovietica hanno pianto: hanno versato calde lacrime, perché era finito il bengodi.Quindi, queste gestioni (dell’intelligence) sono fatte innanzitutto di interessi economici particolari. Non sono fatte di complotti surreali, esoterici: sono fatte di soldi, di interessi, di gente che ci campa. Davvero pensate che ci sia dietro una gestione “mistica” del male? Ma il male non è mistico, è pratico. Il male, che è l’assenza di bene, non ha una dimensione mistica, esoterica, spirituale: ha una dimensione meramente pragmatica. Non dovete pensare che ci siano dietro delle cose complicate, le cose sono semplici. Avete degli esempi. C’è un mio “fratello” massone, a cui voglio bene – e lo dico pubblicamente – che si chiama Francesco Pazienza. Questo signore è in galera da vent’anni. E sta là perché vuole campare, perché se esce di galera lo ammazzano. Pazienza è colui che gestiva, per conto di interessi massonici italiani (cercando di limitare i danni), la moderazione del meccanismo Stay Behind. Era il signore che avrebbe dovuto evitare che Stay Behind finisse per farci fare, al 100%, i servi degli americani: era il nemico, lo “speculum” di Michael Ledeen.Nel momento in cui è scoppiato il bubbone, Pazienza venne protetto da Cossiga: e quello è stato uno dei pochi atti della vita di Cossiga per cui posso dire che si sia comportato bene. Fu Cossiga a pattuire che Pazienza stesse zitto, in carcere, e che gli venisse garantita la sopravvivenza – una sopravvivenza anche dignitosa, senza carcere duro. Fu stipulato questo accordo, nel quale venno coinvolti i magistrati, per cui Pazienza si prese una pena bestiale, è tuttora in galera e sta zitto. L’unica dichiarazione che ha fatto, da vero massone, è stata quella che poi ha confermato il quadro per cui esistesse una P1. Però i giornali l’hanno pubblicata in settantunesima pagina. Fu una dichiarazione che lui rese nell’anniversario dell’uccisione di Olof Palme. Pazienza è una persona sottile, non fa le cose grossolanamente. Nell’anniversario dell’uccisione di Palme fece la famosa dichiarazione della cosiddetta “cupola Santovito”. Cos’era la “cupola Santovito”? Era la cupola che stava sopra il generale Santovito e Gelli, ed era gestita da Michael Ledeen: cioè la P1, di cui non ha mai parlato nessuno. Questo per farvi capire come, in realtà, il potere fa un’operazione semplicissima: ci offre soluzioni estremamente complicate per nascondere quelle semplici.Se cerchiamo la soluzione semplice rischiamo di trovare la verità, ma siccome il potere ci offre sempre delle soluzioni “mistiche”, esoteriche e sataniche complicate (contorte, fantasiose, suggestive, depistanti), noi la verità semplice non l’andiamo a cercare. Non ci chiediamo mai perché la massoneria fa una loggia che si chiama “Propaganda” e poi decide che sia segreta: se è segreta, dov’è la propaganda? Avete mai visto una propaganda segreta?Invece: fanno la loggia “Propaganda”, dove vanno quelli famosi, perché così la massoneria ha una bellissima reputazione, ma la fanno segreta. E perché? A che serve? Se uno si fa le domande giuste e va appresso alle cose semplici, si dà delle risposte: nel senso che la “Propaganda”, la P2, era il modo più efficace – una volta scoperta – per coprire la P1. Ovvero: ti faccio trovare quello che tu puoi trovare, per non farti trovare quello che non si deve trovare. Così funziona.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-radio da Civitanova Marche il 23 luglio 2017, ripresa su YouTube. Già a capo della comunione massonica italiana di Piazza del Gesù, da lui stesso poi disciolta, l’avvocato Carpeoro – al secolo, Gianfranco Pecoraro – è un acuto studioso di simbologia esoterica, ha appena dato alle stampe il prezioso volume “Summa Symbolica” e, nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, uscito nel 2016, offre una particolarissima chiave di lettura per inquadrare lo schema di potere denominato “sovragestione” che tiene insieme settori dell’élite, servizi segreti atlantici e manovalanza terroristica, dagli “anni di piombo” alla P2 di Gelli, fino alla segretissima Loggia P1 e all’Isis).Andate a vedere quanta galera ha fatto Morucci, presunto capo delle Brigate Rosse. A Curcio, che ha colpito solo il carabiniere che aveva sparato nella schiena alla sua donna, sotto stati attribuiti – come concorso morale – tutti gli omicidi commessi da Morucci. Il problema è che Morucci ha fatto sì e no sei mesi di carcere, e Curcio ha fatto tutta la pena – ma non la metà, con la semi-libertà: tutta. Sapete che in Italia l’ergastolo non esiste: dopo trent’anni di buona condotta ti devono mettere fuori, anche se di ergastoli ne hai dodici. Curcio dopo trent’anni l’hanno messo fuori; Morucci dopo quanto? Un anno, un anno e mezzo? Poi è entrato nel programma protezione, ora non si sa più neanche dove sia. Perché? Perché le Brigate Rosse, dopo Curcio, erano finite sotto la gestione diretta dei servizi segreti, non più sotto la gestione indiretta. Ma peggio dei servizi segreti: di Gladio. Cioè, non erano i servizi segreti: erano i servizi segreti che gestivano le Brigate Rosse per conto di Stay Behind, cioè di Michael Ledeen e del generale Santovito. E Curcio, che si è fatto tutti i trent’anni, ne è la prova vivente. E quando esce, e dice “mah, forse ora lo scrivo, un libro”, gli tolgono il posto all’università: lui attualmente è disoccupato, anzi ha fatto un appello per dire: rimettetemi in carcere, che almeno mangio.
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Fausto Carotenuto: perché il potere ha fabbricato i 5 Stelle
Votate 5 Stelle, per ripulire la politica. Quanti italiani ci sono cascati? Tantissimi, a quanto pare: quasi un elettore su tre. «Un colossale equivoco». Le vittime? «Gli elettori stessi, ma anche moltissimi parlamentari grillini, che pure si impegnano con serietà. Senza capire che i loro vertici non gli consentiranno mai di affrontare, davvero, i problemi dell’Italia». Perché il format-Grillo non è stato creato per quello. «E’ stato fabbricato, come già la Lega di Bossi, solo per sostituire una classe dirigente corrotta con un ceto politico ancora più prono ai grandi poteri economici». E’ la ricostruzione di Fausto Carotenuto, analista internazionale di lungo corso, già consulente dell’intelligence Nato. Il suo riassunto: «Prima c’era una casta semi-ladra ma politicamente capace. Era corrotta, ma faceva anche gli interessi del paese. Quindi andava rimossa. Come? Facendo degenerare nel ridicolo il ventennio berlusconiano, fino a indurre nausea e rigetto nell’elettorato, al punto da esprimere un voto in apparenza anti-sistema». Stesso schema, ripetuto due volte: prima con Bossi, impegnato a “picconare” la Prima Repubblica, e poi con Grillo, per far piazza pulita di Berlusconi.Un’analisi che Carotenuto ripropone ai microfoni di “Border Nights”, trasmissione web-radio condotta da Fabro Frabetti. «State certi – dice Carotenuto – che non lo vedrete mai, un “grillino” puro, al ministero dell’interno – a meno che, appunto, non sia affatto puro». Uno come Di Battista, per dire, dalla sapiente mimica mediatica? «Appunto: si vede benissimo che è manipolato. Bisognerebbe scoprire da chi». Retroscena a parte, Carotenuto si concentra sulla sostanza: finora, i 5 Stelle non hanno affrontato un solo tema centrale, per esempio di politica economica: nulla, mai, che potesse anche solo lontamente impensierire il potere. «Attaccano Renzi, e certamente i parlamentari grillini sono in buona fede. Ma non capiscono – aggiunge Carotenuto – che in fondo fanno lo stesso mestiere: anziché produrre buona politica, si adoperano per togliere spazi alla politica. Chi taglia stipendi, chi Province. Cambiano i dettagli, non il succo: è il potere che ha interesse a sabotare la politica, verticalizzando i centri decisionali. E anche i 5 Stelle fanno parte di questo schema».Per Carotenuto, il potere è abilissimo nell’allestire «un teatrino raffinato e drammatico». Cambiano gli attori, ma gli sceneggiatori sono sempre gli stessi, «da alcune centinaia di anni». Due correnti: una conservatrice e l’altra sedicente progressista. «Quella conservatrice vuole concentrare gli egoismi umani, e sulla predazione costruisce imperi finanziari, politici, religiosi». Poi c’è l’altra corrente, «che è infilata negli stessi posti, nelle stesse nazioni, nelle stesse religioni e organizzazioni massoniche. Sempre per il potere, quindi in ossequio al suo lavoro anti-coscienza, questa corrente cerca di incamerare tutto il desiderio di solidarietà e di amore che c’è nella gente». Brutto spettacolo: «Da una parte gli sfruttatori dell’egoismo, e dall’altra gli sfruttatori dell’altruismo. Ma sempre sfruttatori sono. E non so cosa sia peggio», continua Carotenuto. «Quando dominano i poteri conservatori a me viene il mal di pancia. Quando invece finalmente arrivano a dominare i grandi poteri che sfruttano la voglia di bene della gente, mi viene il mal di fegato». I peggiori? Forse questi ultimi: «E’ più difficile accorgersi di loro, di quello che fanno veramente. Ti dicono: vieni, ti ho fatto un partito apposta, una nuova loggia massonica, una nuova forma di religione, t’ho fatto anche un nuovo modo di essere Papa. Ma poi ti portano sempre nello stesso posto, che è quello della non-crescita della coscienza».Votate 5 Stelle, per ripulire la politica. Quanti italiani ci sono cascati? Tantissimi, a quanto pare: quasi un elettore su tre. «Un colossale equivoco». Le vittime? «Gli elettori stessi, ma anche moltissimi parlamentari grillini, che pure si impegnano con serietà. Senza capire che i loro vertici non gli consentiranno mai di affrontare, davvero, i problemi dell’Italia». Perché il format-Grillo non è stato creato per quello. «E’ stato fabbricato, come già la Lega di Bossi, solo per sostituire una classe dirigente corrotta con un ceto politico ancora più prono ai grandi poteri economici». E’ la ricostruzione di Fausto Carotenuto, analista internazionale di lungo corso, già consulente dell’intelligence Nato. Il suo riassunto: «Prima c’era una casta semi-ladra ma politicamente capace. Era corrotta, ma faceva anche gli interessi del paese. Quindi andava rimossa. Come? Facendo degenerare nel ridicolo il ventennio berlusconiano, fino a indurre nausea e rigetto nell’elettorato, al punto da esprimere un voto in apparenza anti-sistema». Stesso schema, ripetuto due volte: prima con Bossi, impegnato a “picconare” la Prima Repubblica, e poi con Grillo, per far piazza pulita di Berlusconi.
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Carpeoro: l’Isis finirà presto, grazie ai massoni progressisti
Gli attentati dell’Isis nascono dall’esigenza, da parte di logge massoniche reazionarie e di alcuni interessi e gruppi economici di potere, di fronteggiare il fatto che parte della massoneria, parte della finanza e parte, per certi aspetti, anche del potere, che non è necessariamente un’entità negativa, si sta dissociando. C’è stata un’evoluzione, iniziata con l’epoca Bush, con “fronti di gestione” del potere in cui c’era una componente che era un po’ il “gruppo alfa” e l’altra, che stava zitta. Questa seconda componente – che si esprime nella finanza, nella massoneria, nei gruppi di potere – non è più allineata. Non è poù disposta a tacere, a subire, e ha preso piede. Aveva già preso piede con la figura del leader svedese Olof Palme (assassinato nel 1986), che stava diventando segretario generale dell’Onu – non una “carichetta” di poco conto, e la sua nomina era certa. E’ stato ammazzato perché la massoneria reazionaria non voleva che un massone progressista, con linee politiche-economiche moltro precise, arrivasse a una posizione di stra-potere. E con lui è stata “ammazzata” tutta la classe socialista e progressista europea, è stata disarcionata. E questa realtà traumatica ha richiesto un po’ di tempo perché le cose si riorganizzassero.Ma la massoneria progressista e i socialisti adesso si sono riorganizzati. E si sono riorganizzati in termini così pericolosi, per gli avversari, che c’è stato un fenomeno Sanders in America, esattamente come c’è una ripresa di un certo tipo in Inghilterra. E, grazie ai deliri di Macron, tra poco avverrà anche in Francia, dove c’era un prestanome, Hollande – che non è un socialista vero, come non lo era Tony Blair. Erano controfigure. Invece quello inglese, Corbyn, è uno che viene da là. E adesso i socialisti francesi, che stanno per fare un congresso, tireranno fuori un altro personaggio – l’ennesimo massone progressista “con le palle” – che a Macron farà un’opposizione di un certo spessore; ve ne accorgerete tra qualche mese. Quindi, a questo punto, succede che la parte più determinata e sanguinaria, quella che non aveva esitato a fare la guerra a Saddam, che non aveva esitato – per arrivare in America a determinate leggi repressive – a organizzare il primo fantoccio, Al-Qaeda, e poi il secondo fantoccio, Isis, oggi ha bisogno di tenere alta la tensione. E’ una specie di strategia della tensione a livello mondiale.Ha bisogno di questo terrorismo: perché ti fa vincere le elezioni localmente, ti fa gestire. Ma non lo possono portare avanti più di tanto, non è possibile: perché tu puoi, per tre anni, traccheggiare con quei quattro staccioni che ci sono in Siria, facendo finta che possano mettere in difficoltà le sette potenze mondiali, ma non la puoi tirare in lungo più di tanto, anche perché ci sono ripercussioni economiche, per esempio sulla gestione del petrolio. Nel momento in cui si deve abbassare il livello di tensione, per la componente che ha progettato l’Isis cominceranno a fioccare le sconflitte, grazie all’azione dell’area progressista. E ad agire non saranno più dei prestanome: il presentare la Clinton, Hollande o Tony Blair come area progressista faceva parte dell’operazione truffaldina che è stata fatta fino a ieri. Ma questa operazione ormai sta crollando: tutti, ormai, si rendono conto che quei soggetti non sono di area progressista – come non è di area progressista Renzi: non si può presentare come progressismo una cosa che non è progressismo, non è socialismo, non è socialdemocrazia.Nel momento in cui questa tensione terroristica si abbasserà, si riapriranno man mano gli orizzonti politici per delle forze progressiste che si sono riorganizzate, che hanno ritrovarto dei dirigenti – quello inglese mi sembra “tosto”; Sanders è un “personaggino” di cui tra poco comincerete a vedere gli effetti, perché anche lì stanno allevando il “delfino”. Secondo me, questo orizzonte cambierà. Alle primarie democratiche, Sanders sapeva benissimo che la situazione non era ancora pronta, per il suo fronte. Le cose maturano – politicamente, socialmente – con dei loro tempi. Sanders aveva il compito di lanciare un segnale, e l’ha lanciato bello forte. Poi, siccome è un politico raffinato, ha capito che doveva ammorbidire le sue posizioni. Anche perché, quand’è che ha ammorbidito la sua linea? Quando la Clinton ha avuto il primo malore. Cioè: quando ha avuto la certezza che la Clinton non sarebbe stata eletta. Tutti quelli che capiscono di America sapevano perfettamente che già dopo il primo malore, dopo le prime voci sulla sua salute, la Clinton non sarebbe stata eletta. Perché gli americani non lo votano, un candidato presidente che ha problemi di salute; sono troppo efficientisti, culturalmente.Pensate che gli esami medici dei presidenti Usa sono sempre stati un problema pubblico, non privato; provate a chiederli a Renzi, i suoi esami medici, e vedete come vi manda a quel paese. Là non funziona non così: l’America è un paese che un presidente con problemi di salute non lo vota, non lo elegge, col rischio di ritrovarsi poi un vicepresidente, alla Casa Bianca. Figurarsi la Clinton dopo che ha avuto il secondo malore, quello grosso. Ma i sentori che sarebbe stato eletto Trump c’erano già tutti. D’altro canto, Trump è perfettamente funzionale per lo sviluppo di una seria area progressista, in America. Perché i danni che fa Trump all’area conservatrice sono irreparabili. Quindi, questo quadro era già chiaro, limpido, netto. Ci sono politici che lo sanno. Quando Renzi perse le prime primarie, sapeva perfettamente che avrebbe vinto le seconde. Sapeva perfettamente che Bersani non avrebbe preso la maggioranza assoluta, che sarebbe stato sbeffeggiato dai grillini, che non sarebbe neppure stato capace di far eleggere il presidente della Repubblica, avrebbero dovuto rinnovare Napolitano – era tutto già scritto, non c’era possibilità di varianti.Il problema, in Italia – molto serio – è che noi abbiamo difficoltà a ristrutturare l’area progressista. Non ci riusciamo, per un insieme di motivi. Perché anche qui c’è un prestanome, che si prende l’area progressista senza essere progressista, avendo questa strana ripulsa per le ideologie: è il movimento grillino. Il Movimento 5 Stelle dovrebbe diventare più ideologico e porsi dei problemi di progressismo, ma siccome nasce solo sul marcare la sua differenza, non fondata su cose che afferma, ma solo su cose che smentisce e contesta, è più difficile. Perché l’area progressista è un’area di proposta. E poi, scusate, questo fatto che le ideologie sarebbero un crimine mi ha stufato. Io sono profondamente ideologico, me ne vanto: mi vanto di avere un’ideologia, perché l’ideologia è il progetto – qualunque sia: è il progetto che tu proponi agli altri. Se non hai un’ideologia non hai un progetto, stai proponendo solo una speculazione. Tu mi devi dire come vuoi organizzare la società, la politica, l’economia, poi io ti dico se ti voto o no. In realtà quelle della politica sono diventate proposte non-ideologiche, quindi sostanzialmente non-progettuali – da qualunque punto di vista: liberale, socialista. Io sono stufo di questa truffa: la politica senza ideologia è solo speculazione. Questo bisogna dirlo, agli italiani: tutti quelli che ti dicono “non vogliono avere un’ideologia” è perché ti vogliono fottere.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate nell’ambito della diretta web-radio “Border Nights” del 23 luglio 2017, condotta da Fabio Frabetti e ripresa su YouTube. Carpeoro, massone e simbologo, nel 2016 ha pubblicato il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che illumina i retroscena che collegano massoneria internazionale reazionaria, servizi segreti Usa e manovalanza islamista, nell’ambito della “sovragestione” del terrorismo internazionale, ieri targato Al-Qaeda e oggi Isis. Carpeoro è anche impegnato nel Movimento Roosevelt, fondato da Gioele Magaldi per tentare di rigenerare in senso progressista la politica italiana).Gli attentati dell’Isis nascono dall’esigenza, da parte di logge massoniche reazionarie e di alcuni interessi e gruppi economici di potere, di fronteggiare il fatto che parte della massoneria, parte della finanza e parte, per certi aspetti, anche del potere, che non è necessariamente un’entità negativa, si sta dissociando. C’è stata un’evoluzione, iniziata con l’epoca Bush, con “fronti di gestione” del potere in cui c’era una componente che era un po’ il “gruppo alfa” e l’altra, che stava zitta. Questa seconda componente – che si esprime nella finanza, nella massoneria, nei gruppi di potere – non è più allineata. Non è poù disposta a tacere, a subire, e ha preso piede. Aveva già preso piede con la figura del leader svedese Olof Palme (assassinato nel 1986), che stava diventando segretario generale dell’Onu – non una “carichetta” di poco conto, e la sua nomina era certa. E’ stato ammazzato perché la massoneria reazionaria non voleva che un massone progressista, con linee politiche-economiche moltro precise, arrivasse a una posizione di stra-potere. E con lui è stata “ammazzata” tutta la classe socialista e progressista europea, è stata disarcionata. E questa realtà traumatica ha richiesto un po’ di tempo perché le cose si riorganizzassero.
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Brancaccio: il liberismo razzia lo Stato e la sinistra applaude
Siamo giunti ad un sistema che alla luce del sole privatizza i profitti e socializza le perdite. I dati indicano che a livello mondiale, soprattutto in Occidente, dopo la recessione del 2008 si è registrata una quantità enorme di acquisti statali di partecipazioni azionarie in banche e imprese, per un valore addirittura superiore alle vendite di Stato che erano state realizzate nel decennio antecedente alla crisi. E’ un’inversione di tendenza che segna una cesura rispetto all’epoca delle privatizzazioni di massa. Siamo all’inizio di una nuova fase storica. Un tempo lo Stato acquisiva i mezzi di produzione per finalità strategiche di lungo periodo, talvolta anche in aperta competizione con il capitale privato. Oggi questo tipo di acquisizioni pure si verifica, ma è un fenomeno minoritario. La maggior parte degli interventi statali odierni rivela un livello senza precedenti di subalternità agli interessi privati dei principali operatori sul mercato azionario. Lo Stato infatti compra a prezzi più alti dei valori di mercato, assorbe le parti “malate” del capitale e poi rivende le parti “sane” prima di una nuova ascesa dei prezzi, in modo da sgravare i privati dalle perdite e predisporli a ulteriori guadagni.Potremmo dire che in questa fase, più che in passato, lo Stato è “ancella” del capitale privato, nel senso che asseconda i movimenti speculativi dei grandi proprietari, li soccorre quando necessario e ne assorbe le perdite. Questo ruolo dell’apparato pubblico è ormai apertamente riconosciuto ai massimi livelli del capitalismo mondiale, proprio per garantire la ripresa e la stabilizzazione dei profitti dopo la “grande recessione” del 2008. Nella grande maggioranza dei casi l’intervento dello Stato a favore dei capitali privati implica aumenti significativi del debito pubblico. In prospettiva si tratterà di capire se tali aumenti saranno fronteggiati tramite nuovi tagli al welfare oppure attraverso una stagione di “repressione finanziaria”, in cui il debito viene ridotto a colpi di controlli sui capitali e crescita dei redditi monetari e dell’inflazione rispetto ai tassi d’interesse. La scelta tra l’una e l’altra opzione sarà un bivio politico decisivo per i prossimi anni.Gli economisti liberisti continuano a sostenere che lo Stato rappresenta una zavorra, per il capitale privato? Poi però si affrettano a invocare il salvataggio pubblico quando qualche banca privata fallisce, e a ben guardare non si scandalizzano nemmeno quando lo Stato compra a prezzi alti e poi rivende a prezzi bassi qualche spezzone di capitale industriale. Il divario fra le loro teorie e le loro ricette si fa sempre più ampio. L’impresa pubblica può perseguire obiettivi di carattere sistemico, che sfuggono alla ristretta logica capitalistica del profitto. Inoltre, anche adottando criteri di valutazione puramente capitalistici, l’impresa pubblica si rivela più efficiente di quanto si immagini. Da una recente ricerca dell’Ocse effettuata sulle prime 2.000 aziende della classifica mondiale di “Forbes”, si evince che le imprese a partecipazione statale presentano un rapporto tra utili e ricavi significativamente maggiore rispetto alle imprese private e un rapporto tra profitti e capitale pressoché uguale. L’Italia non si discosta molto da queste medie internazionali.Bisognerebbe ricordare che al momento della privatizzazione dell’Iri, molti settori della holding pubblica segnavano ampi attivi, e che nel 1992 le perdite aggregate non si discostavano molto dalle perdite che all’epoca registrava la maggior parte dei gruppi privati italiani.Sono ancora molti i miti liberisti da sfatare, specialmente in Italia. Corbyn in Gran Bretagna e Mélenchon in Francia? Tra le macerie del vecchio socialismo filo-liberista qualcosa lentamente si muove. Ma la nuova concezione dell’intervento pubblico che queste forze emergenti propongono richiederebbe cambiamenti macroeconomici imponenti, tra cui una messa in discussione della centralità del mercato azionario e della connessa libertà dei movimenti di capitale. Mi sembrano propositi molto ambiziosi per movimenti politici ancora incerti, fragili, ai primissimi vagiti. Certo, sono trainati da una nuova generazione di elettori, costituita da giovani lavoratori e studenti. Questa è una delle novità più promettenti della fase attuale. I giovani elettori che istintivamente muovono verso sinistra non esprimono un mero voto d’opinione. La loro scelta sembra piuttosto la risultante di un profondo mutamento dei rapporti di produzione, fatto di deregolamentazioni e precarietà, che negli ultimi anni ha inasprito le disuguaglianze di classe.Questi giovani sperimentano presto lo sfruttamento, crescono già disillusi e sembrano quindi vaccinati contro le vecchie favole dell’individualismo liberista. Tuttavia, organizzare una tale massa di disincantati intorno a un progetto di progresso e di emancipazione sociale non è un’impresa facile. Nell’attuale deserto politico e culturale, la loro rabbia può sfociare facilmente a destra. Che fa la sinistra in Italia? Sembra immobile. Una estenuante, ipertrofica discussione sui contenitori politici che ripropone schemi di un ventennio fa, come se nulla fosse accaduto nel frattempo. E poi, quando provi ad aprire quelle scatole ti ritrovi in un limbo, un oscuro mondo in cui nulla è chiaro. Nel Pd ho sentito esponenti politici di vertice affrettarsi a dichiarare la loro appartenenza alla famiglia liberale e la loro distanza dalle “sirene neo-stataliste” provenienti dalla Gran Bretagna. Ne ho sentiti altri sostenere che le elezioni vanno il più possibile rinviate per evitare che i mercati si “innervosiscano” e lo spread aumenti di nuovo.Soprattutto, ho assistito a un maldestro balletto sui temi cruciali del diritto del lavoro, che dovrebbero situarsi al vertice di qualsiasi proposta politica di sinistra e intorno ai quali, invece, prevalgono la confusione e i miopi tatticismi. A sinistra del Pd noto ancora molta subalternità culturale ai vecchi slogan del liberismo, sebbene la realtà si rivolti da tempo contro di essi.(Emiliano Brancaccio, dichiarazioni rilasciate a Giacomo Russo Spena per l’intervista “Il capitalismo cambia, la sinistra è in ritardo”, pubblicata su “Micromega” il 3 luglio 2017).Siamo giunti ad un sistema che alla luce del sole privatizza i profitti e socializza le perdite. I dati indicano che a livello mondiale, soprattutto in Occidente, dopo la recessione del 2008 si è registrata una quantità enorme di acquisti statali di partecipazioni azionarie in banche e imprese, per un valore addirittura superiore alle vendite di Stato che erano state realizzate nel decennio antecedente alla crisi. E’ un’inversione di tendenza che segna una cesura rispetto all’epoca delle privatizzazioni di massa. Siamo all’inizio di una nuova fase storica. Un tempo lo Stato acquisiva i mezzi di produzione per finalità strategiche di lungo periodo, talvolta anche in aperta competizione con il capitale privato. Oggi questo tipo di acquisizioni pure si verifica, ma è un fenomeno minoritario. La maggior parte degli interventi statali odierni rivela un livello senza precedenti di subalternità agli interessi privati dei principali operatori sul mercato azionario. Lo Stato infatti compra a prezzi più alti dei valori di mercato, assorbe le parti “malate” del capitale e poi rivende le parti “sane” prima di una nuova ascesa dei prezzi, in modo da sgravare i privati dalle perdite e predisporli a ulteriori guadagni.
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Obbligo vaccini: la politica ha abbandonato i genitori italiani
E’ inutile nasconderselo: in questi giorni stiamo provando tutti una forte frustrazione, dovuta alla questione dei vaccini. E il fatto che il decreto-legge stia per passare grazie ad una mozione di fiducia – senza quindi nemmeno una parvenza di discussione in aula – non fa che aumentare le sensazione di ingiustizia che ci opprime tutti. Va benissimo andare a Pesaro, stringersi in un abbraccio e contarsi fra di noi. Ma che ci fossero 5.000 oppure 30.000 persone non fa molta differenza, nel momento in cui i media decidono compatti di non dare nessun risalto particolare a questo evento. Ed è proprio questo che fa scattare la frustrazione: l’impossibilità di far sentire la propria voce. Normalmente, il dissenso trova due strade per arrivare al resto della popolazione: la prima è quella di una adeguata eco mediatica, che dia una giusta risonanza alle proprie esigenze. La seconda è quella di un’adeguata rappresentazione politica, da parte di almeno una fetta dell’arco elettorale.Finché c’è un partito, per quanto piccolo, che si faccia carico di dare voce alle sue istanze, il cittadino si sente comunque rappresentato e, anche se in minoranza, sa di avere voce in capitolo. Ma nel momento in cui non solo nessuna testata giornalistica decide di dare appoggio alla tua causa, ma anche nessun partito politico decide di farne la propria bandiera, ecco che scatta la frustrazione. Il riferimento alla mancata presenza dei 5 Stelle in questa battaglia è fin troppo evidente. Non solo la loro mossa vigliacca di sfilarsi dal confronto sui vaccini (per paura di venire etichettati come antivax) ha lasciato senza rappresentanza una grossa fetta di popolazione, ma ormai sistematicamente da oltre un mese i cinque stelle stanno comunque perdendo terreno nei sondaggi. Galleggiavano nelle vicinanze del 30% nel mese di maggio, e ora sono scesi intorno al 27.E purtroppo questo trend sembra destinato a continuare, nel senso che più i 5 Stelle cercano di apparire “responsabili” e “degni di governare”, più finiscono per assomigliare sempre di più agli altri partiti, ovvero ad entità ambigue e poco rispettabili, il cui vero scopo non sia quello di difendere gli interessi dei cittadini, ma di difendere quelli di coloro che li controllano. Come diceva Honoré de Balzac, «da quando le società esistono, un governo è sempre stato, per forza di cose, un contratto di assicurazione concluso fra i ricchi contro i poveri». Forza 5 Stelle, avanti di questo passo sarete presto anche voi “degni di governare”.(Massimo Mazzucco, “La frustrazione”, dal blog “Luogo Comune” dell’11 luglio 2017).E’ inutile nasconderselo: in questi giorni stiamo provando tutti una forte frustrazione, dovuta alla questione dei vaccini. E il fatto che il decreto-legge stia per passare grazie ad una mozione di fiducia – senza quindi nemmeno una parvenza di discussione in aula – non fa che aumentare le sensazione di ingiustizia che ci opprime tutti. Va benissimo andare a Pesaro, stringersi in un abbraccio e contarsi fra di noi. Ma che ci fossero 5.000 oppure 30.000 persone non fa molta differenza, nel momento in cui i media decidono compatti di non dare nessun risalto particolare a questo evento. Ed è proprio questo che fa scattare la frustrazione: l’impossibilità di far sentire la propria voce. Normalmente, il dissenso trova due strade per arrivare al resto della popolazione: la prima è quella di una adeguata eco mediatica, che dia una giusta risonanza alle proprie esigenze. La seconda è quella di un’adeguata rappresentazione politica, da parte di almeno una fetta dell’arco elettorale.
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Guzzi: noi, umanità nuova, e i morti viventi ancora al potere
Questa crisi è antropologica, quindi molto più profonda dei numeri, molto più radicale. Ma è anche una grande crisi di crescita. Io sono positivo. È una grande crisi, ma non è più grande di noi: è alla nostra portata. Dobbiamo renderci conto della sua radicalità e prenderla di petto. È una crisi di crescita, è una crisi sostanzialmente evolutiva, e noi non siamo ancora in grado di interpretare questa direzione evolutiva e facilitarla. E questo la aggrava. Questa è la cosa più pericolosa: non tanto che la crisi sia antropologica, cioè è una crisi paragonabile a quella del Neolitico, perché sta cambiando un’antropologia, cioè un modo di essere uomini. La crisi antropologica del Neolitico è il momento in cui (grossomodo dall’8.000 al 5.000 a.C.) l’umanità si dà una forma che è poi quella che – con moltissime evoluzioni – arriva fino a noi. Inizia l’agricoltura, gli uomini cominciano quindi a stabilizzarsi in un luogo, a costruire le città, e sorge la civiltà che poi, con enormi mutazioni, arriva fino a noi. Noi siamo in una fase di trasformazione ancora più grande per l’essere umano. Questo vuol dire, in termini semplici, che tutto un modo di “essere umani”, come il diritto, l’economia, la filosofia, la democrazia, la politica, i rapporti sessuali, i rapporti familiari, cioè tutte le forme antropologiche, le istituzioni in cui l’umanità organizza la sua vita, sono in travaglio.Quelle che appartengono alla modalità che sta finendo tracollano. Ecco perché c’è una crisi generale. Tutto è in crisi perché le forme storiche – matrimonio, democrazia, università, religioni – è come se si stessero esaurendo, non ci soddisfano più. Per cui noi non sappiamo che fare. Siamo in una fase caotica – che è una fase, però, di transizione. Se noi riuscissimo a capire un po’ meglio quale figura di uomo si sta consumando e quale modalità nuova sta emergendo, riusciremmo a vivere questo passaggio per quello che è: un enorme momento di crescita. Mi viene in mente la fase decadente dell’Impero Romano. Ci vollero centinaia di anni, ci volle un’epoca di barbarie per far rifiorire un nuovo Rinascimento. Oggi forse, con tutta questa tecnologia, con la rete, potremmo metterci di meno? Quando abbiamo una crisi esistenziale, possiamo reagire in due modi diversi. Il primo modo è: negare la crisi, fare finta che la crisi non ci sia, non capire che certe modalità della nostra vita non funzionano più. Se facciamo così, cioè resistiamo, fingiamo, neghiamo, la crisi diventa molto lunga e molto dolorosa.Se invece iniziamo a interrogarci e ci chiediamo: “Ma forse c’è qualche cosa nella nostra vita che posso correggere, forse c’è qualche cosa nel modo di fare, nei miei affetti, nel modo in cui lavoro che non è giusto, che non va più bene, che posso incominciare a correggere”, se assumiamo un atteggiamento di questo tipo, direi di cura, allora la crisi solitamente è meno penosa e anche meno lunga. La stessa cosa vale per la nostra civiltà. Il problema è che questa civiltà non vuole capire. E non è mica una cosa che nasce ieri. Tutto il XX° Secolo è catastrofico dal punto di vista della vecchia umanità. Un certo tipo di “essere uomo” vive lungo il XX° Secolo catastrofi mondiali: due guerre mondiali, campi di concentramento, totalitarismi. C’è una fase di distruzione mostruosa. Eppure non abbiamo ancora ben capito, non vogliamo capire. E questo neoliberismo degli ultimi trent’anni – a mio parere – è la forma estrema di resistenza al cambiamento. Cioè, il vecchio io, l’uomo morente, quello che non funziona più, che io amo chiamare “Egoico bellico”, cioè un’umanità che si rafforza nel contrapporsi, contrapporsi all’altro, contrapporsi alla natura, ecco: questa forma tracolla, ma resiste.Il neoliberismo è una forma estrema di egotismo, di egocentrismo, di individualismo egoistico, cieco e suicidario, che non vuole capire la lezione. E quindi le catastrofi non sono rappresentative solo del nostro passato, ma sembrano purtroppo prefigurare anche il futuro. La politica vigente? E’ la politica neoliberista. Quindi le classi dominanti occidentali, oggi, sono i portavoce dell’io morente. Sono i portavoce di questa forma di umanità che è già morta, è già esaurita, ma che persiste a dominare sul mondo in una forma vampiristica o zombistica. È come un mondo di morti viventi che fingono di essere vivi, ma sono zombie, sono morti e vogliono che tutti siano come loro. Perché gli zombie, come i vampiri, vogliono che tu diventi come loro. Una metafora un po’ forte? Questa metafora era alla base anche del primo film di zombie, “La notte dei morti viventi“, diretto da George Romero, alla fine degli anni sessanta, che metteva in scena proprio questa critica della società. Tant’è vero che lo zombie lo uccidi annientando il cervello, perché è nel cervello che si annida quella forma di massificazione, di non-pensiero, che non può morire se non esiste – ma, appunto, era questo il paradosso, la metafora.D’altra parte “The Walking Dead”, il serial che sta avendo successo mondiale in questi anni (la storia – appunto – di un manipolo di umani che sono sopravvissuti a questa epidemia di zombie), simbolicamente molto significativo, ci racconta proprio la disperata volontà di questo gruppo di uomini di rimanere umani in un mondo di zombie. Ed è per questo che ha tanto successo, perché spesso le serie americane – in modo non sempre consapevole – riescono a parlare in modo diretto, ma anche mitico dei drammi dell’umanità contemporanea. Perciò hanno uno straordinario successo. “Breaking Bad”, “The Walking Dead”, insomma quelle… Ma anche “House of Cards”. Cioè… ci parlano come pochi, oggi, di questo tempo finale. Quel tempo che si viene a collocare dopo la fine della storia in cui siamo come congelati. Un po’ anche “Matrix” ci ha raccontato questo. Siamo bloccati e congelati, per cui i politici attuali – quelli che oggi dominano i paesi occidentali – sono i funzionari di questa resistenza al cambiamento e adoperano tutti i loro strumenti, specialmente le armi di distrazione di massa: cioè ci distraggono, ci distolgono, ci occupano per mesi interi a discutere di una legge elettorale in Italia che ha il valore del due di picche, capite?Nel contesto terminale in cui sta vivendo il pianeta, con fenomeni come quello migratorio che si sta scatenando e che nell’arco di pochi anni diventerà una cosa incredibile… I demografi ci dicono che nell’arco di 15/20 anni solo la Nigeria avrà 500 milioni di abitanti, cioè superererà l’intera area europea! Capite? Questo è il paesaggio prossimo futuro, e questi deficienti – questa vergognosa Unione Europea gestita da queste persone inverosimili – si occupano di quisquilie! Ma non è un caso: è appunto una strategia di distrazione, perché se ci dovessimo occupare dei veri problemi, l’intero assetto che loro dominano dovrebbe essere messo in discussione. Le vaccinazioni? Non posso pensare che, come tali, siano un male, perché le vaccinazioni nella storia – a partire dall’antivaiolosa – ci hanno liberato da alcune patologie. Che poi ci sia una degenerazione, un pericolo, un eccesso per cui dobbiamo obbligatoriamente farne 12, su questo anch’io ho qualche dubbio. Ma anche questo si può inserire nel processo di meccanicizzazione tecnologica della società, dove l’unico criterio che si adotta è la quantificazione di pulegge e ruote, ingranaggi che girano.Tutto è algoritmo, il fattore umano è diventato un inquinante. Cioè è tutta una questione di numeri, di leve, di giochi di forza e di potere, di catene di montaggio. E’ chiaro che la “figura di umanità morente”, che io chiamo “egoico-bellica” ma che si può chiamare anche neoliberista, materialistica, nichilistica, questa forma di umanità vuole sostanzialmente eliminare l’io umano come principio libero e spirituale. Quindi vuole trasformare l’essere umano in qualcosa di meccanico, di non spirituale, di non libero, essenzialmente, di condizionato e determinato al punto da potersi inserire dentro un sistema nel quale tu sei solo una rotellina sostituibile, come diceva Heidegger. Tutto dev’essere sostituibile. E questa è proprio la natura antitetica dell’io. L’io, nel suo mistero è proprio insostituibile. Ognuno di noi è se stesso: un mistero insostituibile. Loro vogliono, invece che tutto venga sostituito. E da qua, per esempio, la svalutazione crescente del mondo del lavoro, delle professioni. Perché le professioni connotano qualche qualità umana che non è sostituibile. Invece tutto deve essere sostituibile, tutto deve essere disanimato, calcolabile, contabile.Tutto deve essere ridotto a numero, a economia matematica che viene fatta passare come legge naturale, come se fosse una legge della natura. Mentre sappiamo – almeno da 150 anni – che non esiste alcuna economia come scienza esatta, ma esiste sempre un’economia che è l’organizzazione di interessi molto precisi. E qui è il punto. È questo che non si vuole mostrare. È questo l’indicibile! E qui ci stanno degli interessi precisi di élite oligarchiche precise che dominano il mondo a livello finanziario. Ma questo oggi ce lo dice Habermas, cioè ce lo dicono pensatori moderati. Quest’idea del complottismo è veramente ridicola e denuncia una grande ignoranza. Perché allora è complottista anche il Papa, è complottista Habermas, è complottista Rifkin, cioè sono complottisti praticamente tutti quelli che ancora pensano. Ci sarebbe da chiedere, se questi sono complottisti, gli altri chi sono? Sono quelli che i complotti li fanno davvero! Perché questo è il problema: c’è una vasta area di collaborazionismo, oggi! Perciò ci vuole una rivoluzione culturale inedita, che è la rivoluzione della nuova umanità. Cioè, quella che sta nascendo in questa crisi, perché sta nascendo una nuova umanità. Un’umanità più relazionale, un’umanità che non si può meccanicizzare, che scopre i livelli più profondi di libertà interiore e li vuole manifestare socialmente.L’uomo nascente, la nuova umanità, ancora non trova dei fuochi di aggregazione, per cui è disseminata e molto controversa e confusa. Quindi dobbiamo trovare dei minimi comuni denominatori, cioè dei punti su cui persone molto diverse, che hanno anche formazioni diverse, potranno convergere in questa dinamica rivoluzionaria. E io credo che i punti poi siano pochi, quelli necessari per creare poi un’aggregazione. C’è un accordo tra una visione laica e una visione di chi pratica il buddismo, lo yoga, le medicine alternative e via dicendo: tutti concordano sul fatto che è un’intera figura di umanità che non funziona più. Il secondo punto su cui possiamo concordare tutti è che questo passaggio non può essere soltanto estrinseco, cioè “cambiamo le strutture del mondo”, come sono state le rivoluzioni moderne: “assaltiamo la Bastiglia”, “prendiamo il Palazzo d’Inverno”, “facciamo l’insurrezione mazziniana”… No! Questo è oggi impossibile. Dobbiamo organizzare un movimento di trasformazione che parta sempre anche dal profondo di sé. Cioè, il Palazzo d’Inverno ce l’ho anche dentro di me. La modalità “egoico-bellica” c’è anche nei gruppi alternativi ed è fortissima! La modalità bellica di pensare la trovi anche in tanti pacifisti. Dobbiamo collaborare ad un processo che certo sarà secolare, però ce lo possiamo godere anche oggi.Dobbiamo immaginare un movimento che sia al contempo interiore, diciamo spirituale in senso assolutamente transconfessionale, e politico-storico. Insieme, su questi due grandi fuochi, io credo che potremo organizzare un’aggregazione finalmente in grado di avere una rappresentanza politica e finalmente mettere seriamente in crisi il sistema, altrimenti rimaniamo nell’ambito dell’idealismo, della testimonianza, anche bella ma di nicchia, e non potremo aspirare a quello che invece dobbiamo aspirare: cioè a trasformare le strutture. La grande riforma implica una riforma spirituale. Dobbiamo cioè aiutarci a far uscire l’umanità dalla modalità bellica, che non è naturale. Ecco perché io ho creato dei gruppi di liberazione interiore, con un percorso che dura sette anni. Perché sennò sono chiacchiere. E di chiacchiere, negli ultimi duecento anni, ne abbiamo sentite tante… Dall’Illuminismo in poi c’è questa idea che l’uomo, di punto in bianco, diventi santo, diventi generoso, diventi altruista, ma sono tutte balle! Poi abbiamo prodotto il Terrore di Robespierre, abbiamo prodotto le devastazioni del comunismo nel XX° secolo in nome della pace e della giustizia e della libertà. Dovrebbe essere finito questo tempo, cioè: trasformarci è un lavoro quotidiano.Ma questo deve poi divenire un movimento storico, culturale e quindi politico. Politico nel senso grande e in un senso nuovo. Dovremmo creare aggregazioni, anche delle forme di attestazione non-violenta, totalmente post-novecentesca, post-ideologica, direi ridente, sorridente e determinata, che abbia la forza della novità, la forza della vita crescente. Capite che è travolgente la vita che cresce? Se ne strafotte del passato, non ha nemmeno più bisogno di confutarlo, si manifesta nella sua novità. La novità è travolgente. Questo è quello che io sento e che i grandi poeti – ai quali mi rifaccio – profetizzano da almeno duecento anni. Perché questa è una storia – ripeto – antica, è una storia antica che sta vivendo una fase nuova. Ma non è una cosa che nasce adesso. L’idea della nuova umanità non nasce adesso: ha perlomeno duemila anni, in Occidente. E tutta la modernità – a partire del XV°/XVI° secolo – si è proposta come una nuova umanità. Noi siamo in una fase nuova di questo lungo processo e anche questo lo dobbiamo capire, perché altrimenti poi facciamo la new age, che è un fenomeno di costume, si sbriciola.I passi io li vedo molto semplici e chiari, anche se poi i tempi della realizzazione storica di questa insurrezione non sono facilmente prevedibili. Bisogna partire da sé stessi, ma bisogna ripartire tutti i giorni. Cioè non è che parti e poi te lo scordi. L’insurrezione della nuova umanità è il processo quotidiano attraverso il quale ci liberiamo di legami interiori, schiavitù, paure, blocchi, terrori, risentimenti, di tutto ciò che impedisce alla nuova umanità, alla sua creatività di esprimersi. Questo è il primo passo sempre da rifare. Dopodiché, questa cosa bisogna viverla in gruppi, non è che la vivi da solo. Bisogna espandersi a cerchi concentrici partendo dai gruppi – potremmo dire – più iniziatici, quelli che lavorano assiduamente su di sé. Bisogna poi che questo diventi un discorso comune, ecco: dobbiamo far sì che questi concetti elaborino una nuova cultura.(Marco Guzzi, dichiarazioni rilasciate a Claudio Messora per la video-intervista “Siamo entrati in un nuovo Neolitico”, pubblicata da “ByoBlu” il 16 giugno 2017. Poeta e filosofo, Guzzi è il fondatore del movimento “Darsi pace”, un laboratorio di nuova umanità).Questa crisi è antropologica, quindi molto più profonda dei numeri, molto più radicale. Ma è anche una grande crisi di crescita. Io sono positivo. È una grande crisi, ma non è più grande di noi: è alla nostra portata. Dobbiamo renderci conto della sua radicalità e prenderla di petto. È una crisi di crescita, è una crisi sostanzialmente evolutiva, e noi non siamo ancora in grado di interpretare questa direzione evolutiva e facilitarla. E questo la aggrava. Questa è la cosa più pericolosa: non tanto che la crisi sia antropologica, cioè è una crisi paragonabile a quella del Neolitico, perché sta cambiando un’antropologia, cioè un modo di essere uomini. La crisi antropologica del Neolitico è il momento in cui (grossomodo dall’8.000 al 5.000 a.C.) l’umanità si dà una forma che è poi quella che – con moltissime evoluzioni – arriva fino a noi. Inizia l’agricoltura, gli uomini cominciano quindi a stabilizzarsi in un luogo, a costruire le città, e sorge la civiltà che poi, con enormi mutazioni, arriva fino a noi. Noi siamo in una fase di trasformazione ancora più grande per l’essere umano. Questo vuol dire, in termini semplici, che tutto un modo di “essere umani”, come il diritto, l’economia, la filosofia, la democrazia, la politica, i rapporti sessuali, i rapporti familiari, cioè tutte le forme antropologiche, le istituzioni in cui l’umanità organizza la sua vita, sono in travaglio.
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Comandano loro, non Renzi o Beppe. E neppure li capiamo
Il “Senato Mondiale” parla questa lingua, leggete: «Oggi grande occasione per i Buy The Fucking Dip (Btfd), con i Fangs Stocks a caduta libera, salvati proprio all’ultimo in Europa dai Brfd… Aapl bastonati, mentre il S&P 500 Tech Sector gli è andato dietro disastrosamente. Alla fine però neppure i Btfd hanno salvato i Fang. S&P ci dice che la Crescita di nuovo collassa mentre il Valore sta su. In Italia l’anti Eurozona M5S è sprofondato nelle amministrative, rendimenti Btp al ribasso, Mercati ora più tranquilli. Goldman bearish sui Bitcoins, dicono che si attestano fra un massimo di 2.230 e un minimo di 1.915, sanno qualcosa che noi non sappiamo?». Non ci avete capito niente, ma così parla ogni giorno il vostro Padrone, quello che Noam Chomsky già nel 1989 chiamava con immensa saggezza “Il Senato Mondiale”, i Mercati, contro cui non esiste appello. Sono coloro che decidono se tuo figlio finirà la sua vita da individuo o da servo della Tech-gleba in un loop di vita disumano.Ciò che impressiona me, è che se ci pensiamo bene sono almeno 30 anni che i telegiornali all’ora di cena fra maccheroni e cotolette vi fanno sentire questo nome, i Mercati. Dovrebbe esservi entrato in testa come il Mulino Bianco. Poi, Gesù, con la ‘crisi’ del 2008 ve l’hanno pompato in testa ogni secondo per almeno 8 anni quel nome, ma no, ancora gli Italians non sanno che cazzo sia il Mercato, anche se Lui è il Padrone: decide se tuo figlio finirà la sua vita da individuo o da servo della Tech-gleba in un loop di vita disumano. Sappiamo a cosa corrono dietro gli Italians con la bava alla bocca: al pollitalico pollaio, Stato-Mafia, Grillo, Feste dell’Unità, talk shows, le denunce di “Striscia la Notizia”, insomma cacchina di pollo. Altri lettori di altri paesi sono un po’ meno tonni… ma ok.“Buy The Fucking Dip (Btfd)”: sono i mega-investitori che oggi si precipitano a comprare e vendere qualsiasi titolo di Borsa che stia crollando. Scommettono nelle 10 ore o 72 ore in un rialzo, e poi vendono. Non guardano in faccia a un cazzo di nessuno, e hanno più potere di spostare denaro dell’imperatore Adriano nella Roma antica, direi 100.000 volte di più. Non guardano in faccia a nessuno ’sti Btfd, neppure ai Fang. Hey, e dire che oggi sul pianeta Terra più potenti dei Fang chi c’è? Fang sta per i titoli di Facebook, Amazon, Netflix e Google. Gente come Zuckerberg, Bezos o Brin che sta col culo appeso a ’sti Btfd, parola ‘fucking’ di mezzo inclusa. Non so se rendo l’idea… Ma neppure ’sti Btfd poi agiscono in accordo e infatti i Fang hanno finito la sessione sottoterra, povero Zucker…“Aapl bastonati, mentre il S&P 500 Tech Sector gli è andato dietro disastrosamente”: Aapl non è altro che la Apple, mica nulla. Il Senato Mondiale ha decretato che ultimamente gli eredi di Steve Jobs non hanno fatto scintille né con l’auto alla Artificial Intelligence, né col sistema operativo Ios. E allora giù bastonate all’azienda oggi fra le 4 più potenti del mondo. Gli analisti di Standard & Poor’s (S&P) si sono fatti prendere dal panico e tutto il settore High-Tech è stato trascinato nelle Borse dietro al capitombolo di Apple. Alè, e via in fumo abbastanza soldi per sfamare 10 Afriche e occupare tutti i disoccupati europei (anche tuo figlio… tonno che leggi Travaglio).“S&P ci dice che la crescita di nuovo collassa mentre il Valore sta su”. Semplice: i valori economici di speculazioni fatte su aria fritta rimangono comunque a galla. La crescita fatta da cibo, pensioni, sanità, stipendi reali, infrastrutture, case, ecc., continua a scivolare nel bidè. Che è esattamente cioè che il Senato Mondiale vuole.“In Italia l’anti Eurozona M5S è sprofondato nelle amministrative, rendimenti Btp al ribasso, Mercati ora più tranquilli”. Questo è un vero mistero. I mega-investitori sono ancora convinti che Grillo sia anti-euro (hahahahahahhahaha!!!!!!!!!), e io non trovo una spiegazione per ’sta bufala napoletana. Ma rimane significativo che se i 5S sono bastonati, il Senato Mondiale premia i titoli di Stato di Roma chiedendo al governo meno interessi sui Btp e altri titoli, dimostrando che se l’Italia obbedisce al Senato Mondiale, allora ci fanno risparmiare quel gruzzoletto di miliardi in interessi da pagare, se no sono cazzi. Comanda il Mercato cicci, non Renzi o Beppe, lo capite che non comandano Renzi o Beppe, tonni?“Goldman bearish sui Bitcoins, dicono che si attestano fra un massimo di 2.230 e un minimo di 1.915, sanno qualcosa che noi non sappiamo?”. Sanno qualcosa che voi non sapete perché leggete Travaglio e Feltri, e non me. Io e Giancarlo Algieri (prima di me) ve l’avevamo detto che le Blockchain che sostengono le Criptovalute come Bitcoins e Ethereum stavano prendendo il volo. Ora si scopre che mentre noi ci preoccupiamo dell’euro, o del patto franato fra Renzi e Grillo, il Padrone – il Senato Mondiale – ha convinto la più micidiale banca del mondo, Goldman Sachs nientemeno, a entrare nella speculazione sulle Criptovalute, quelle che permetteranno alla National Geospatial Intelligence Agency di spiare ogni singolo cittadino del mondo là dove mette anche i 25 centesimi dei suoi fottuti soldi, cioè: quando, con che abitudini, per chi, da dove a dove, a che ora, con quali tendenze, se è coinvolta la politica, l’attivismo, insomma, il Grande Fratello di George Orwell moltiplicato per un miliardo…Ho detto a sufficienza. La morale della favola: cari Italians, lo so che il 99.9% di voi è bestiame che mai vale la pena salvare, ma quello 0,1% che invece non se lo merita di finire nel tritacarne dei Mercati deve recepire questo messaggio: o impariamo a conoscere il Nemico e ci sporchiamo le mani a farci un culo così per capirne le mosse nei suoi 100 anni avanti a noi, o è meglio uccidersi.(Paolo Barnard, “Market, il Senato Mondiale: vanno studiati, se no dove andate, dove?”, dal blog di Barnard del 13 giugno 2017).Il “Senato Mondiale” parla questa lingua, leggete: «Oggi grande occasione per i Buy The Fucking Dip (Btfd), con i Fangs Stocks a caduta libera, salvati proprio all’ultimo in Europa dai Brfd… Aapl bastonati, mentre il S&P 500 Tech Sector gli è andato dietro disastrosamente. Alla fine però neppure i Btfd hanno salvato i Fang. S&P ci dice che la Crescita di nuovo collassa mentre il Valore sta su. In Italia l’anti Eurozona M5S è sprofondato nelle amministrative, rendimenti Btp al ribasso, Mercati ora più tranquilli. Goldman bearish sui Bitcoins, dicono che si attestano fra un massimo di 2.230 e un minimo di 1.915, sanno qualcosa che noi non sappiamo?». Non ci avete capito niente, ma così parla ogni giorno il vostro Padrone, quello che Noam Chomsky già nel 1989 chiamava con immensa saggezza “Il Senato Mondiale”, i Mercati, contro cui non esiste appello. Sono coloro che decidono se tuo figlio finirà la sua vita da individuo o da servo della Tech-gleba in un loop di vita disumano.
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Il neoliberismo ha conquistato lo Stato, complice la sinistra
Vi hanno raccontato che il liberismo è contro l’ingerenza dello Stato nell’ecomomia? Mentivano: il neoliberismo ha assoluto bisogno dello Stato, per creare un ambiente di leggi favorevoli alle multinazionali, che moltiplichi in modo esponenziale i profitti speculativi. Lo ricorda Sandro Vero, che denuncia il ruolo dei sedicenti progressisti in questa distorsione: «Senza la complicità della sinistra, e non solo quella socialdemocratica, il neoliberismo non avrebbe raggiunto un tale grado di penetrazione, di pervasione, di perversione». Le politiche ultraliberiste, dalla Thatcher a Reagan nei primi anni ‘80 «si sono perfezionate – si potrebbe dire compiute – con la “third way” di Blair, che ha cantato le lodi del mercatismo fino a farne il principio ispiratore di un’intera stagione di contro-riforme che ha smantellato una parte consistente della cultura del welfare, dei diritti del lavoro, della solidarietà sociale». La sinistra si è convertita «alle ragioni del management esistenziale, più ancora che aziendale», reiterando una «arrogante bugia», quella di «raccontarsi come portatrice di un valore – l’organizzazione della società da parte dello Stato – in netto contrasto con la strategia della spoliazione statale attribuita alla destra». Due bugie: la sinistra non ha difeso un bel niente, e la destra – anziché svuotarlo – lo Stato lo ha plasmato in funzione pro-business.«Già da tempo, e completamente dentro al suo dibattito interno – scrive Vero su “Megachip” – il neoliberismo aveva precisato la funzione fondamentale dello Stato nella cornice teorica e politica che assegnava ai mercati – al loro giudizio finale – una sorta di priorità metodologica nella definizione dei programmi economici e sociali». Quindi uno Stato in funzione di coordinatore strategico dei grandi interessi economici. «Il cosiddetto “laissez faire” era ed è rimasta solo una delle posizioni che compongono la galassia neo-liberale». Nell’accezione più diffusa, invece, proprio lo Stato «deve costruire, mantenere, sorvegliare una complessa struttura istituzionale che garantisca la realizzazione dei princìpi fondamentali della governamentalità neoliberista: la concorrenza sempre e dovunque, la misura della valorizzazione economica applicata alle materie più refrattarie, il dispiegamento pieno e privo di intralci della cultura del “capitale umano”». Una distinzione «fasulla», quella tra destra e sinistra, figlia di una narrazione «fraudolenta» del rapporto con l’istituzione statale.Quella attuale, aggiunge Vero, è «una sinistra che consegna l’anima e il corpo a una “razionalità” irriducibile, moderna, autocentrata, senza deroghe, fatta di progressive mortificazioni del patrimonio keynesiano di una politica economica e di una economia politica nel segno del compromesso sociale». Questa è una post-sinistra, «il cui sogno, da realizzare mediante la sostituzione della lotta per l’uguaglianza con la lotta alla povertà, è divenuto la scomparsa delle classi: e non nel senso vaticinato da Marx». Ma la responsabilità della sinistra, «specie nell’imminenza del varo dell’euro e dell’Europa come fetazione di quel processo ambiguo che è la globalizzazione (altra infatuazione ingovernabile)», secondo Vero non si esaurisce nel fatto di aver fornito alla destra finanziaria i suoi strumenti istituzionali: «Il potere di penetrazione che la nuova ragione del mondo ha dispiegato nel passaggio al nuovo millennio proviene dalla sottile, pervicace, quotidiana costruzione di una soggettività perfettamente speculare alle necessità oggettive di cui lo Stato si fa garante».E la “forgia” di un soggetto costantemente richiamato al suo diritto-dovere di essere libero e concorrenziale «è stata portata avanti nelle officine di una sinistra che ha fatto valere il peso delle sue rinunce, della sua sconfitta, della sua colpa, quasi come un enorme motivo di vanto». Per Sandro Vero è stata «una gara con la destra nella partita della modernità, una vigliacca dimostrazione di cambiamento epocale sulle spalle di un’intera umanità del lavoro, che ha visto stravolgere giorno dopo giorno il modo di intendere, di vivere, di sognare il rapporto con il proprio fare e con il proprio essere, entrambi risucchiati dentro la logica dell’auto-misurazione, dell’auto-premiazione, perfino dell’auto-esecrazione». La solidarietà sociale? «E’ divenuta presto una sorta di materia purulenta che infetta la mente e l’anima dell’individuo, privandolo dell’energia che gli occorre per realizzare la piena forma del suo essere: un capitale da amministrare, nei rischi e nei successi, nella certezza che l’infelicità è riconducibile solo e soltanto a un errore di computo!».Vi hanno raccontato che il liberismo è contro l’ingerenza dello Stato nell’ecomomia? Mentivano: il neoliberismo ha assoluto bisogno dello Stato, per creare un ambiente di leggi favorevoli alle multinazionali, che moltiplichi in modo esponenziale i profitti speculativi. Lo ricorda il filosofo Sandro Vero, che denuncia il ruolo dei sedicenti progressisti in questa distorsione: «Senza la complicità della sinistra, e non solo quella socialdemocratica, il neoliberismo non avrebbe raggiunto un tale grado di penetrazione, di pervasione, di perversione». Le politiche ultraliberiste, dalla Thatcher a Reagan nei primi anni ‘80 «si sono perfezionate – si potrebbe dire compiute – con la “third way” di Blair, che ha cantato le lodi del mercatismo fino a farne il principio ispiratore di un’intera stagione di contro-riforme che ha smantellato una parte consistente della cultura del welfare, dei diritti del lavoro, della solidarietà sociale». La sinistra si è convertita «alle ragioni del management esistenziale, più ancora che aziendale», reiterando una «arrogante bugia», quella di «raccontarsi come portatrice di un valore – l’organizzazione della società da parte dello Stato – in netto contrasto con la strategia della spoliazione statale attribuita alla destra». Due bugie: la sinistra non ha difeso un bel niente, e la destra – anziché svuotarlo – lo Stato lo ha plasmato in funzione pro-business.