Archivio del Tag ‘industria’
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Menem e Monti, l’uomo che si ispirava ai criminali falliti
Da tempo ho in animo di proporre, alla stampa, una moratoria sui professori di economia delle università private. Non capisco infatti come mai nelle interviste e nelle ospitate in Tv esistano solo docenti della Cattolica, della Bocconi e della Luiss. Non ci sono in Italia università pubbliche? Come mai a dettare l’agenda economica del paese vengono convocati solo docenti del privato, mentre ai professori degli atenei pubblici si è da anni messo il bavaglio? Forse perché, tra loro, in pochi abbracciano il credo suicida liberista che invece è altrove abbondantemente finanziato? Chissà. In Rete, oggi, sta girando un’interessante intervista de “La Stampa” al professor Mario Monti, risalente al 1994. Intervista in cui la lungimiranza del Nostro si mostrava ancora in tutto il suo splendore: nel rivolgersi al neoeletto Berlusconi, gli suggeriva di tradire le promesse elettorali ispirandosi alle politiche economiche liberiste di un leader esemplare, Carlos Menem, presidente dell’Argentina allora già da 5 anni.
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Uccidiamo tutto, per farne Pil: questa economia è delirio
Una delle ragioni per cui non ci sono persone che lavorano per far crollare il sistema che sta uccidendo il pianeta è che le loro vite dipendono dal sistema. Se la tua esperienza è che il tuo cibo viene dal negozio di alimentari e la tua acqua dal rubinetto, allora difenderai alla morte il sistema che ti porta quelle cose perché dipendi da esse. Siamo diventati così dipendenti da questo sistema che ci sfrutta e ci uccide che è diventato quasi impossibile per noi immaginare di viverne al di fuori. L’altro problema è la paura che abbiamo di avere ancora qualcosa da perdere. Abbiamo molto da perdere se questa cultura dovesse crollare. Una ragione primaria per la quale così tanti di noi non vogliono vincere questa guerra – o persino riconoscere che sia in corso – è che abbiamo dei benefici materiali dal saccheggio procurato da questa guerra. Quanti di noi rinuncerebbero ad automobili e cellulari, docce calde e luce elettrica, negozi di alimentari e vestiti? Ma la realtà è che il sistema sta uccidendo il pianeta.
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Finmeccanica, la super-holding per la guerra che ci attende
Per metà “bancomat” destinato ad alimentare il sistema di corruzione politico nazionale, e per metà centro dispensatore di incarichi, consulenze e prebende per mogli, amanti e figli dei potenti di turno. Dopo la Fiat, Finmeccanica è la seconda holding industriale d’Italia: produce aerei, elicotteri, locomotive, carri armati, missili, satelliti e centri di telecomunicazione, con una spiccata vocazione per gli strumenti di morte da esportare ad ogni esercito in guerra. Dal 2009 è tra le dieci regine del complesso militare industriale mondiale e ha intrecciato partnership con i giganti d’oltreoceano moltiplicando ordini e commesse. Una gallina dalle uova d’oro per manager e azionisti, inclusi il ministero dell’economia e delle finanze, che ancora controlla il 30,2% del pacchetto azionario.
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Barnard: operai schiavi, ringraziate i vostri sindacati
Guardatevi, operai della Fiat di oggi. Ma guardatevi in questo modo: mettetevi su un balcone più in alto e state affacciati a osservare Mirafiori e Pomigliano. Cosa si vede da lì su? Si vede un pollaio dove in 4 metri quadri di terriccio puzzolente i polli si agitano per difendere i loro 4 metri quadri di terriccio puzzolente. Ma come vi siete conciati in quel modo? Lo sapete che nessuno vi ha mai raccontato chi veramente vi ha fottuti? Tutto vogliono, meno che voi scopriate che le fonti dei vostri mali stanno TUTTE fuori dal recinto Italia, perché se le scoprite allora gli inceppate il gioco e li potete fottere. Vi hanno convinti che la libertà e la dignità oggi per voi significhi contrattare su un altro metro quadro di recinto infestato di cacca. Sperano che a nessuno di voi salti in mente di accorgersi che fuori dalla rete del pollaio ci sono spazi di salvezza illimitati in termini economici, che vi hanno sempre tenuti nascosti.
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Macché sinistra, anche Hollande e Miliband vanno a destra
Addio sinistra: cade il velo rassicurante che sin qui ha protetto, anche in Italia, l’elettorato di centrosinistra, nonostante tutto fedele al Pd, inteso come “meno peggio”, magari sotto forma di “voto utile”. Ma utile a chi? Ai poteri forti: grande industria, finanza internazionale. Quelli che all’inizio degli anni ’70 incaricarono l’avvocato Lewis Powell di spazzare via la sinistra dalla faccia della terra, per azzerare i diritti del lavoro. E’ stato come cancellare di colpo 200 anni di storia progressista, dice Paolo Barnard: volevano demolire la democrazia e ci sono riusciti, cominciando dalla disabilitazione dei sindacati e dei partiti di sinistra. La Trilaterale, il Wto, il Bilderberg. Fino alla Fornero e all’agenda Monti. Ed eccoci al capolinea: «Le socialdemocrazie europee, abbandonato ogni residuo pudore, imboccano la strada del liberal-liberismo senza voltarsi indietro», sostiene Carlo Formenti, saggista e docente universitario.
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Farmaci inutili e business, il lato oscuro della Montalcini
Prima donna ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze, esponente dei Lincei, senatrice a vita dal 2001 «per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale». E naturalmente, Premio Nobel per la Medicina nel 1986, per la scoperta del fattore di accrescimento della fibra nervosa. Icona nazionale, Rita Levi Montalcini, spentasi il 30 dicembre 2012 all’età di 103 anni, fu anche il massimo sponsor di un farmaco rivelatosi disastroso, il Cronassial. Atea, perseguitata per le origini ebraiche, convinta filo-sionista. E trasformata in gloria nazionale, meritevole dello scranno parlamentare a vita, dal presidente Ciampi, l’uomo che più di ogni altro contribuì all’infausto ingresso dell’Italia nell’Eurozona. Al lutto unanime per la perdita dell’insigne neurologa si segnala la massoneria, che raccomanda di sostenere finanziariamente la Fondazione Montalcini, mentre nel web si cerca di scavare nel “lato oscuro” della Montalcini: i suoi legami con il business farmaceutico.
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Bilderberg: i fanatici del rigore dietro le stragi di Stato
C’era il Bilderberg dietro alle stragi impunite, quelle degli “anni di piombo”. Lo rivela Ferdinando Imposimato, che da magistrato inquirente si occupò dei casi più scottanti, dal rapimento Moro all’attentato al Papa. A “inciampare” nella potentissima lobby politico-finanziaria mondiale, oggi accusata di pilotare l’euro-crisi per restituire il potere assoluto alle élite planetarie amputando la nostra sovranità democratica col ricatto del debito, fu il giudice Emilio Alessandrini, assassinato dai terroristi di “Prima Linea” nel 1979. Impegnato nelle indagini su piazza Fontana, Alessandrini “scoprì” il ruolo dell’allora oscuro Bilderberg trent’anni prima che il grande pubblico venisse a conoscenza della sua esistenza. Il più esclusivo club finanziario mondiale era direttamente responsabile delle stragi e della strategia della tensione, sostiene oggi Imposimato, che ha scovato documenti inediti, pubblicati nel libro “La Repubblica delle stragi impunite”.
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Caccia alle streghe: così muore l’ultimo eroe democratico
«Nella società umana – ci insegnava il professor Ringold – la trasgressione più grande di tutte è pensare – il pen-sie-ro-cri-ti-co, – diceva il professor Ringold, battendo le nocche sul piano della cattedra per scandire ogni sillaba – ecco l’estrema trasgressione». Nel romanzo “Ho sposato un comunista” di Philip Roth, il professor Ringold è un vecchio insegnante di liceo (ormai novantenne) passato attraverso la caccia alle streghe scatenata negli Stati Uniti d’America tra l’immediato dopoguerra e la metà degli anni ’50, quando migliaia di persone, intellettuali, scrittori, cittadini di ogni ceto sociale e di ogni età furono messi sotto accusa perché sospettati di coltivare idee socialiste («È stata una vera e propria ondata di fascismo, la più violenta e dannosa che questo paese abbia mai avuto», ebbe a dire Eleanor Roosevelt).
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Brancaccio: debito, da Berlusconi una lezione a Santoro
Silvio Berlusconi poteva essere attaccato per avere impresso una tremenda accelerazione ai processi di precarizzazione del mercato del lavoro italiano; per aver contribuito più di altri al depotenziamento della contrattazione nazionale sui salari; per avere assecondato un micidiale regresso culturale, oltre che giuridico, nel campo dei diritti civili; più in generale, per esser stato convinto propugnatore di una visione aziendale e quindi autoritaria dello Stato. Poteva esser messo sul banco degli imputati politici per avere ridotto la politica industriale nazionale a una scassata congerie di prebende, lassismo fiscale, riduzione dei controlli sulla sicurezza del lavoro. Poteva essere accusato di aver contribuito in modo decisivo al dilagare di una concezione magliara delle relazioni sociali, affettive e sessuali.
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La vera storia dei due marò: colpevoli e mai incarcerati
Hanno davvero ucciso due pescatori innocenti scambiandoli per pirati, sparando da una nave che non si trovava affatto in acque internazionali ma vicina alla costa indiana. Una volta arrestati, non hanno trascorso un solo giorno in carcere ma sono stati sempre ospitati in strutture confortevoli e hotel di lusso. Il governo italiano ha ammesso il loro errore e, intanto, ha provveduto in via extragiudiziale a risarcire le famiglie delle vittime. Questa la vera storia dei due marò del San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trasformati in eroi nazionali: per “Giap”, il magazine curato dalla Wu Ming Foundation, si tratta di «una delle più farsesche “narrazioni tossiche” degli ultimi tempi». Verso Natale, la “narrazione tossica” «ha oltrepassato la soglia dello stomachevole, col presidente della Repubblica intento a onorare due persone che comunque sono imputate di aver ammazzato due poveracci (vabbe’, di colore…), ma erano e sono celebrate come… eroi nazionali. “Eroi” per aver fatto cosa, esattamente?».
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Miracolo Islanda: è bastato fermare i parassiti del rigore
Per circa tre anni, i nostri governi, la cricca dei banchieri e i media industriali ci hanno garantito che loro conoscevano l’approccio corretto per aggiustare le economie che loro avevano in precedenza paralizzato con la loro mala gestione. Ci è stato detto che la chiave stava nel balzare sul Popolo Bue imponendo “l’austerità” al fine di continuare a pagare gli interessi ai Parassiti delle Obbligazioni, a qualsiasi costo. Dopo tre anni di questo continuo, ininterrotto fallimento, la Grecia è già insolvente per il 75% dei suoi debiti e la sua economia è totalmente distrutta. La Gran Bretagna, la Spagna e l’Italia stanno tutte precipitando in una spirale suicida, in cui quanta più austerità quei governi sadici infliggono ai loro stessi popoli tanto peggiore diventa il problema del loro debito/deficit. L’Irlanda e il Portogallo sono quasi nella stessa condizione.
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Berlino, affari e tabù: l’euro forte e il fantasma di Hitler
Quando si parla di possibile separazione dell’euro fra debole e forte, spunta regolarmente qualcuno che, con l’aria di chi ha capito tutto, ti spiega che i primi a non avere convenienza sono i tedeschi, che vedrebbero apprezzare fortemente la loro moneta e, con ciò, comprometterebbero le loro esportazioni verso l’area dell’euro debole e gli Usa; morale: tutto resterà come è. Lasciamo stare per un momento il “tutto resterà come è” e chiediamoci se questa convinzione di una moneta non troppo forte per esportare corrisponda alla realtà ed alla percezione che i tedeschi hanno della faccenda. In effetti, la Germania è paese manifatturiero ed esportatore, per cui, in teoria, avrebbe tutta la convenienza ad avere una moneta debole per rendere competitive le sue merci. Però questo ragionamento è troppo schematico e non considera altri aspetti della questione, sia in termini oggettivi che soggettivi, che invece ci sembra opportuno prendere in considerazione.