Archivio del Tag ‘indignazione’
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Renzi fa le pulci a Bersani, mentre l’Europa spolpa l’Italia
Il peso economico degli assunti del Pd vale ogni anno circa 12,5 milioni di euro, cui vanno sommati i soldi pubblici che escono dalle Camere: solo per Montecitorio, scrive il “Fatto Quotidiano”, il gruppo ha ricevuto per ogni anno di legislatura 9,5 milioni di euro, ovvero un milione in più delle stime del “dossier” Renzi, fatto circolare per terremotare la segreteria Bersani alle prese con le manovre post-elettorali, tra gli amletici grillini e il “malato” Berlusconi inseguito dai magistrati. Dilagano sui media – da “Dagospia” in giù – le cifre dei presunti stipendi di segretarie e funzionari: se Bersani accettasse di abolire il finanziamento pubblico ai partiti, sostiene il sindaco di Firenze, significherebbe «fare la pace non con me, ma con gli italiani». Questo il tenore del dibattito politico, in un paese dove una regione avanzata come il Piemonte è costretta a cedere alla finanza privata i propri ospedali, visto che lo Stato – devastato dal regime dell’euro e piegato dal “Rigor Montis” – non è più in grado di ripianare le spese vitali per la salute pubblica.
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Cremaschi: addio diritti, i sindacati hanno scelto il potere
Ci sono notizie che durano il tempo di una breve del telegiornale, e poi vengono inghiottite dal bidone aspiratutto degli scandali e della campagna elettorale, mescolati tra loro. L’Istat ci ha comunicato che la dinamica attuale dei salari è la peggiore degli ultimi trent’anni. Questo dato dovrebbe essere alla base di ogni proposta che si fa per affrontare la crisi. Ma non è così. La caduta dei salari è diventata un dato di colore, fa parte dello spettacolo del dolore mostrato in televisione, sul quale meditano e dissertano i candidati. Ma senza che si pronunci la frase semplice e brutale: aumentare la paga! Poco tempo fa il Cnel ha comunicato un altro dato su cui riflettere davvero. Negli anni ‘70 la produttività del lavoro in Italia è stata la più alta del mondo, poi è solo calata. Sì, proprio quando il lavoro aveva più salario e più diritti, “rendeva” di più!
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Debora Billi: fascisti siete voi, finta sinistra italiana
No, basta. Basta davvero. Non mi importa di quel che dice Grillo, ma sono davvero stufa di leggere le indignazioni social di chi piagnucola sull’attacco ai santini. Va bene, compagni, vi do una brutta notizia: non siamo più nel 1975. E’ finita. La sinistra italiana non esiste più, e quelli che voi chiamate “valori” sono parole vuote usate solo per prendervi per i fondelli. Orrore e scandalo? Scandalizzatevi pure. Vogliamo parlare di antifascismo, compagni? Eccomi: sono la prima a volerlo fare. Facciamo un piccolo test, pronti? Bene: guardate la Grecia. Guardatela bene. Leggete tutto quel che si dice della Grecia. Dei loro debiti, dei loro evasori, delle loro corruzioni, dei loro sprechi. E dopo, date un giudizio. Se pensate che se la sono cercata, che “hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità”, che “è giusto che i debiti si paghino”, allora siete fascisti. Anche se votate per la finta sinistra italiana, complice di questo delirio, e vi sentite tanto “di sinistra” siete irrimediabilmente fascisti.
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Il Gigante Silvio: se torna da Santoro vince le elezioni
Ha detto diverse clamorose cazzate, è vero: ma che bravo. Straordinario. Un controllo totale della scena, una capacità di parlare a braccio fuori dal comune, una proprietà di linguaggio esemplare. Mai nervoso, sempre pronto a schivare le trappole, impietoso nel mettere in difficoltà l’avversario. Silvio Berlusconi è un nano della politica ma un gigante della comunicazione e da Santoro lo ha dimostrato in maniera strepitosa. Una trasmissione secondo me impostata malissimo, con una prima parte molto lenta, e che il conduttore ha dovuto riprendere in pugno per evitare che si inabissasse. Silvio intanto furoreggiava, prendeva a pallate tutti, capace perfino di dire cose sensate e di dare lezioni di economia internazionale (sul comunismo avrà pure delle convinzioni datate, ma sui meccanismi che regolano i mercati non si può certo dire che non abbia le idee chiare).
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Il buono, il brutto e il cattivo: già visto, ma il buono dov’è?
Il buono, il brutto e il cattivo: massima semplificazione, spaghetti-western. Solo che, nello spettacolo politico, manca sempre uno dei tre: il buono. Abbondano invece i brutti e cattivi, perfetti per rubare la scena – tra lanci di monetine e girotondi – proprio mentre nel backstage, lontano dai riflettori, si consuma qualcosa di decisivo e irrimediabile, orchestrato con sapienza da altri attori, sicuramente meno brutti ma molto più cattivi. Corsi e ricorsi: prima Craxi, poi Berlusconi. Stessa sacrosanta indignazione popolare. E, nel retroscena, il piano: vent’anni fa gli accordi storici per l’avvento dell’euro-capestro a condizioni di sfavore, e dopo due decenni l’attuazione definitiva dello smantellamento dello Stato democratico moderno, il sanguinoso “massacro sociale” – senza precedenti, dal dopoguerra – con la subdola scusa dello spread, pilotato dagli stessi grandi registi del film.
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E così i populisti dello spread hanno già vinto le elezioni
Il ruolo dello spread nelle prossime elezioni come in tutto ciò che resta della nostra democrazia è potentemente riemerso. Lo aveva già annunciato Giorgio Napolitano dichiarando di attendere i mercati. Gli hanno fatto eco i mass media e gli attori, da Fiorello a Littizzetto. Così lunedì mattina le banche e i fondi, soprattutto quelli italiani, hanno unito l’utile con il dilettevole. Hanno venduto titoli di Stato che avevano acquistato a prezzo più basso realizzando un discreto utile. E hanno fatto risalire lo spread chiarendo a tutti coloro che si candidano alle elezioni chi comanda davvero. Berlusconi è stato solo un utile idiota di questa operazione di regime. Tutti in Italia sanno che non solo non ha alcuna possibilità di vincere, ma che il suo ritorno in campo è il segno di una crisi della destra e dei suoi penosi gruppi dirigenti che è destinata a durare. Quel vero politico cinico e spregiudicato quale è Mario Monti, ha usato la disperazione del populista di Arcore per mettere sull’avviso tutti e in primo luogo Bersani ed il centrosinistra.
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Avviso alle vedove dei tecnocrati: Berlusconi non è morto
«Insensato» il fiume d’indignazione che inonda i giornali per le dimissioni di Mario Monti propiziate dal Pdl. La legislatura ormai era conclusa: settimana più, settimana meno, non cambia nulla. Vorrà dire che le elezioni, anziché il 10 marzo 2013, si svolgeranno in febbraio. Non è una tragedia, tanto più che le leggi di stabilità e di bilancio passeranno regolarmente. Quindi, si domanda Vittorio Feltri, dov’è il problema? «Se i mercati faranno le bizze, sarà solo perché è venuto meno il loro garante, l’uomo del quale si fidano, colui che ha salvato il sistema (che ha nelle banche il proprio braccio armato) a scapito del Paese, dei ceti medi e di quelli bassi, impoveriti dalle tasse più salate del mondo e dalla disoccupazione crescente.
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Maggiani: il Tg parla di scippi, mentre la mafia divora l’Italia
Il troppo e troppo stupidamente dimenticato Gian Carlo Fusco, fulgido esempio di uomo di cultura e pugilato, rarissimo esemplare di spezzino che abbia messo il naso fuori dal Golfo senza rimanerne segnato dallo sconforto e dalla depressione, fu chiamato a Milano da Italo Pietra. Il leggendario direttore del “Giorno” lo chiamò per far valere il suo temperamento di pugile, il suo sguardo acuto e la sua bella scrittura come giornalista di inchiesta. Si era all’inizio degli anni ’60, nel cuore del boom economico e di Milano capitale morale, la città era il punto di incontro delle esperienze culturali e artistiche più avanzate d’Europa e incubatrice delle politiche progressiste del Paese. Eppure, eppure… Gatta ci covava, e Fusco fu incaricato di un’inchiesta ai mercati generali, tanto per cominciare, dove forte era il sospetto che qualcosa non andasse.
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Onore al criminale Graziani, ma in Italia non è scandalo
Fa scandalo ovunque, tranne che in Italia, la notizia del monumento dedicato al criminale di guerra Rodolfo Graziani, il “macellaio d’Etiopia” che sperimentò i gas contro gli africani e finì la sua brillante carriera facendo fucilare partigiani come ministro della difesa della Repubblica di Salò. Dal “New York Times” alla “Bbc”, fino a “El Paìs”, la stampa internazionale oscilla tra indignazione e incredulità l’inaugurazione dell’11 agosto ad Affile, non lontano da Roma: il Comune, da cui proviene il ramo materno della famiglia di Graziani, ha dedicato al capo dell’esercito coloniale di Mussolini una sorta di sacrario della memoria. «Stupisce e preoccupa – scrive Antonio Maria Morone – lo scarso interesse dedicato alla vicenda dalla stampa nazionale, che ha relegato la notizia a una posizione marginale, soffermandosi più sul possibile sperpero di fondi pubblici in tempi di crisi economica per un manufatto che sarebbe costato 160.000 euro».
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Chi sgozza bambini ci vuole in guerra: l’Italia dica no, ora
Guerra: è questo l’ordine del giorno. Naturalmente, quasi nessuno ne parla: siamo occupati in altre faccende, o magari a fare la parata militare pacifica, per ordine del peggiore dei presidenti della Repubblica che abbiamo mai avuto in Italia. Guerra: qualche giorno fa abbiamo dato notizia dell’avvio, il 15 maggio, di una delle più grandi esercitazioni militari mai tenute in Medio Oriente. E se guardate la cartina, vedete che si sta sviluppando in questi giorni proprio al confine tra la Giordania e la Siria. Dodicimila soldati e ufficiali di 17 paesi – arabi e Nato, Italia compresa. Avevamo commentato: che coincidenza, non sarà che sta per succedere qualcosa di importante, in Siria? E infatti: ecco una serie di esplosioni terroristiche, plastico e bombe messe vicino ai comandi militari e della polizia, che fanno decine di morte tra soldati e poliziotti siriani. E subito dopo, la reazione al mostruoso massacro di più di cento persone, vicino al villaggio di al-Hula, tra cui 49 bambini e 34 donne.
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Piazza Fontana, cine-romanzo di un’occasione sprecata?
Una docu-fiction tipo Rai Storia, ma in versione lusso e con tesi non dimostrate? La differenza la fanno soprattutto i due protagonisti, Valerio Mastrandrea nei panni del commissario Luigi Calabresi e Pierfrancesco Favino, che incarna la vittima dell’indagine, cioè l’ex partigiano, ferroviere e attivista anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato dal quarto piano della questura di Milano il 15 dicembre 1969. La tragedia scoppiò al termine di un fermo illegalmente prolungato per tre giorni e scattato poche ore dopo la strage di piazza Fontana, che fece 17 morti e 88 feriti alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Attentato che segnò l’inizio della “strategia della tensione” scatenata in Italia per fermare l’avanzata democratica della sinistra e scongiurare il rischio che potesse andare il governo il Pci, ancora formalmente collegato al grande nemico degli Usa e della Nato, l’Unione Sovietica.
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Macché “pecorella”, stanno usando la polizia contro di noi
Fa davvero impressione il coro di commenti indignati e perbenisti scatenato dal filmatino che mostra l’innocua provocazione di un manifestante della Val di Susa verso un carabiniere. Si è scomodato Pasolini, si è parlato di squadrismo, si è evocato il rischio di un’escalation di violenze, il tutto senza mostrare il minimo senso del ridicolo, nonostante l’acme della provocazione sia stato individuato – dagli indignati commentatori – nell’epiteto “pecorella”. Epiteto, peraltro, usato dallo “squadrista” per segnalare alla telecamera che riprendeva la scena, la curiosa condizione che viviamo in Italia, un paese dove i cassieri del supermercato esibiscono sul petto un’etichetta di riconoscimento, ma i poliziotti no: e dire che si tratterebbe di una misura in favore della legalità