Archivio del Tag ‘impunità’
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L’inferno neoliberale: la peggior colpa del genocida Videla
Jorge Rafael Videla, il dittatore argentino dei 30.000 desaparecidos, muore in carcere da sconfitto, da ergastolano, da genocida. Come ha detto Estela Carlotto, la leader delle nonne di Plaza de Mayo, «era un uomo disumanizzato» ed è fin troppo semplice applicare a lui la categoria arendtiana di “banalità del male” di chi mise metodicamente in atto un sistematico piano genocidiario, tendente al sequestro di persona di massa, al furto di ogni bene mobile e immobile delle sue vittime, all’assassinio e alla sparizione di persone. Lasciò i figli senza genitori e i genitori senza figli. Ciò succede in molte guerre di sterminio, ma a Videla e ai suoi non bastava. Perciò, peculiarità creola dell’orrore, volle che i morti restassero senza nome, i desaparecidos, e i vivi – i figli di questi, spesso appena neonati – restassero senza identità. Le puerpere venivano lasciate in vita solo fino al parto e centinaia di bambini furono smistati a caso «per salvare la società occidentale e cristiana».
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Giulietto Chiesa: sono allo sbando, aspettiamoci di tutto
Aspettiamoci di tutto: la crisi sta precipitando e il “governuccio” di Enrico Letta punta solo ad arrivare fino alle elezioni tedesche di settembre, mentre i pm di Palermo vorrebbero convocare Napolitano come testimone al processo sulla trattativa Stato-mafia. E Berlusconi è al governo inseguito dalle condanne: interdizione dai pubblici uffici per quattro anni, che la Boccassini vorrebbe diventasse “perpetua”. Tentazione forte: elezioni anticipate, visto che il Pdl (evaporato il Pd e frenato Grillo) è nuovamente in pole position. Stiamo per vivere un’estate anomala e pericolosa, avverte Giulietto Chiesa, perché i politici di Roma sono allo sbando, obbediscono solo a Bruxelles e ora hanno l’esatta percezione della loro precarietà: tutto potrebbe crollare, con scenari aperti a possibili “colpi di testa”. Prima domanda: «Ma il presidente Napolitano non poteva pensarci prima? Perché questo governo l’ha voluto lui. L’ha voluto in primo luogo lui, l’ha fatto lui». Diceva Mao: spesso i reazionari sollevano i massi sopra la loro testa, e poi se li lasciano cadere sui piedi. «Bisogna vedere dove andrà a cadere questo sasso: sicuramente sui piedi di Napolitano, ma anche sui nostri».
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Letta, mamma Europa e la cinica religione dei super-ricchi
Stati ridotti a colonie, senza più sovranità finanziaria, messi alla frusta dal puro autolesionismo dell’austerity, ferocemente inutile, targato Bruxelles. Eppure, nonostante lo sfascio conclamato della politica europea, Enrico Letta ribadisce la propria fede nell’atroce Unione: «Penso che il 90% del nostro lavoro e dell’efficacia del nostro lavoro, se ci riusciremo, è legato alle scelte europee». E poi: «O è l’Europa nel suo complesso che riesce a farsi accettare non come matrigna ma come madre affettuosa, che aiuta e riesce a mettere in campo iniziative concrete viste dai cittadini come un sostegno, o viene a cadere tutto quello che abbiamo costruito in questi anni». Paolo Bartolini cita Guy Debord (“il vero è ormai diventato un momento del falso”) per comprendere «il livello di ipocrisia a cui è giunta la classe dirigente del nostro paese», che rifiuta di ammettere la verità anche di fronte al disastro sociale più clamoroso, senza precedenti dal dopoguerra.
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Se Letta fallisce ci aspettano i manganelli dell’Eurogendfor
Rieleggere Napolitano al Colle e puntare decisi a legittimare con una riforma costituzionale il presidenzialismo di fatto, svuotando di poteri e dignità il Parlamento in favore della Commissione Europea, della Bce e del Quirinale, serve a inasprire la crisi. Confermata la linea pseudo-neoliberista e fiscalista, gli uomini del Bilderberg, del Fmi e dell’Unione Europea sono i primi a congratularsi, annota Marco Della Luna. E Napolitano, col plauso di quasi tutti (incluso Berlusconi) incarica di formare il governissimo “senza alternative” nientemeno che Enrico Letta, che «come economista e come politico è assolutamente improponibile per il ruolo di premier, dato ciò che ha fatto, ciò che è stato e ciò che è tuttora». Anche se, forse, «si capisce perché è stato scelto», e per fare cosa: completare l’economicidio italiano. Impossibile sperare in un miracolo. Più probabile che, invece, la protesta per il disastro economico venga sigillata da una inaudita repressione, affidata alla nuova super-polizia europea.
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Italia kaputt, a Palazzo Chigi il super-piazzista dell’euro
“Euro sì. Morire per Maastricht”. Era il 1997 ed Enrico Letta annunciava, nel suo saggio pubblicato da Laterza, che sarebbe valsa la pena di morire per l’euro e Maastricht come nel 1939 valeva la pena di “morire per la Polonia”. «Non c’è un paese che abbia, come l’Italia, tanto da guadagnare nella costruzione di una moneta unica», disse al “Corriere della Sera”, al termine del suo primo incarico importante, la partecipazione alla commissione per l’introduzione dell’euro. «Abbiamo moltissimi imprenditori piccoli e medi che, quando davanti ai loro occhi si spalancherà il grandissimo mercato europeo, sarà come invitarli a una vendemmia in campagna: è impossibile che non abbiano successo, il mercato della moneta unica sarà una buona scuola, ci troveremo bene». Questo è l’uomo a cui l’appena rieletto Napolitano affida il “governissimo”.
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Pd, le tessere stracciate e l’attacco al cuore dello Stato
Vent’anni di guerriglia verbale con Berlusconi, per poi andarci a nozze definitivamente, all’ombra del Quirinale, contro la volontà della stragrande maggioranza del paese e persino dei propri iscritti, esasperati dalla protervia marmorea di una nomenklatura grottesca. Nella inquietante “notte della Repubblica” che si spalanca sull’incerto 2013, brilla il bagliore – non scontato – dei roghi delle tessere del Pd, il “popolo delle primarie” che sembra aver finalmente capito di esser stato ferocemente preso in giro: a personaggi come Bersani, Letta, Bindi, Violante, D’Alema e Finocchiaro non è mai passata nemmeno per l’anticamera del cervello l’ipotesi di un vero cambiamento. Se l’antiberlusconismo tanto sbandierato era solo un collante di comodo, fragile e insincero, ora è scaduto anche quello. Così si comprende meglio l’irruzione sulla scena di Beppe Grillo, come sostiene Giovanni Minoli: «Grillo ha fatto un miracolo democratico, ha evitato una guerra civile».
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La Bonino che non t’aspetti e la carica degli impresentabili
Salvare Berlusconi dai processi e garantire a Bersani un vero incarico per un governicchio: è questa la missione delle trattative per il Quirinale? Peccato che i candidati dei partiti «sono da fare accapponare la pelle», protesta Marco Travaglio, che passa in rassegna la nomenklatura quirinalizia come una galleria degli orrori. A cominciare dall’ex “dottor sottile” di Craxi, Giuliano Amato, il premier che fece pestare a sangue i disoccupati a Napoli un anno prima del G8 di Genova, dopo essersi fatto detestare nel fatidico ’92 con il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti degli italiani, un bottino da 93.000 miliardi di lire. Un uomo d’oro, da 31.000 euro al mese, presidente dell’Antitrust ignaro del super-trust Mediaset, consulente della Deutsche Bank, membro della Treccani e della scuola San’Anna di Pisa, nonché consigliere di Monti per i tagli ai costi della politica (mai tagliati). Berlusconi lo candidò al Quirinale, il centrosinistra l’ha riempito di cariche: «Nella speciale classifica degli impresentabili è uno dei vincitori di diritto».
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Quirinale pulito: Guariniello contro la Bonino (e l’inciucio)
Guariniello for president. Aldo Giannuli l’aveva proposto già all’indomani delle elezioni. E ora il nome del magistrato torinese sta “girando” parecchio, sui giornali e anche nel “Movimento 5 Stelle”. Un’ottima notizia, conclude Giannuli, anche perché il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello – in prima linea contro lo spionaggio aziendale in Fiat e contro gli abusi sul posto di lavoro, dalla Thyssen all’Eternit – sarebbe un candidato in grado di piacere ai grillini, al Pd e a Sel, conquistando una quota di voti ben superiore alla soglia delle 504 schede richieste al quarto scrutinio. Soprattutto, Guarinello taglierebbe la strada al concorrente più accreditato da tutti i sondaggi, l’ultraliberista Emma Bonino, possibile regina del “grande inciucio” che, dal Quirinale, si estenderebbe poi al governo e all’intero paese.
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Marò in pericolo: disastro-Italia, grazie al ministro Terzi
La catastrofe diplomatica sui due fucilieri di Marina (a questo punto vittime di una vicenda più grande di loro) Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sancisce la definitiva retrocessione dell’Italia nella serie B della politica internazionale di un mondo dove ormai siamo del tutto marginali. Presunzione, pressapochismo, colonialismo mentale che diventa razzismo strisciante, il cantarsela e suonarsela autoconvincendosi di avere ragione come se le balle che politici e giornalisti italiani raccontano tutti giorni all’opinione pubblica contassero qualcosa al di fuori dei nostri ristrettissimi confini, testimoniano di un paese che non è solo allo sbando ma è anche incapace di prendere atto del suo posto nel mondo.
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Pro o contro Bruxelles: su cosa costruire il nuovo governo
Quel leninista di Grillo, dice Bersani, non apprezza che il Pd abbia “blindato” il Parlamento con due fior di presidenze, prestigiose e inattaccabili ma pur sempre “nominate” dal centrosinistra e, nel caso dell’ex procuratore antimafia, votate persino da una decina di neo-senatori grillini, spaventati dal possibile ritorno di Schifani a Palazzo Madama: eventualità che avrebbe tenuto virtualmente aperto il piano-B caro a D’Alema, cioè la trattativa “istituzionale” con Berlusconi per governo e Quirinale, magari in collaborazione con Monti e col placet di Napolitano, pronto a ricordare ai magistrati che il Cavaliere, anche se pluri-indagato, deve poter partecipare al gioco post-elettorale. Da Fini e Schifani siamo passati alla Boldrini e a Grasso: «Continuo a sostenere che questo Parlamento è nettamente migliore del precedente», proprio grazie al pressing dei grillini che hanno costretto il Pd a candidare outsider prestigiosi. «Sarebbe un peccato scioglierlo subito – dice Fabio Sabatini – col rischio di consegnarlo di nuovo a Berlusconi».
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Caso Bergoglio: esagerazioni, ipocrisie e disinformazione
In Argentina, durante la dittatura, vi furono padri che denunciarono i figli, convinti che una lavata di capo avrebbe fatto loro bene. È successo decine di volte. Oggi i figli sono desaparecidos e molti padri sono morti suicidi, disperati per non aver compreso in tempo la perversione di quel regime che torturava, assassinava, stuprava, faceva sparire i corpi, rapiva i bambini, li privava d’identità in nome dell’Occidente cristiano. Torturava in nome della croce e spesso erano i preti stessi a torturare, uccidere o assolvere con la loro partecipazione chi torturava e uccideva. Se la Chiesa argentina nel suo insieme non può non essere condannata, non può bastare un singolo episodio poco chiaro per condannare il giovane padre Bergoglio al marchio del complice. In un’ipotetica inchiesta sul caso dei due gesuiti Yorio e Jalics, il provinciale dei gesuiti dell’epoca sarebbe probabilmente rinviato a giudizio, ma poi uscirebbe assolto dal processo.
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Schulz, l’euro-presidente che minaccia gli elettori italiani
Cari italiani, non votate Berlusconi, perché, testualmente, «ha già mandato una volta l’Italia in fondo al baratro, con un’azione di governo irresponsabile». Sembra una comune esternazione da Bar Sport, ma così non è. Perché ad esprimersi in quei termini non è solo un politico, ma un politico tedesco. Peggio: è il presidente del Parlamento Europeo, garante – in teoria – di alcune regole civili e democratiche. In teoria: perché, invece, del più elementare rispetto per le altrui libertà, a partire da quella elettorale, il “compagno” Schultz, socialdemocratico di ferro, evidentemente non sa proprio che farsene. Un’arroganza volgare da piccolo boss, più che da “kapò”, epiteto con cui lo bollò il Cavaliere nel 2003. Con un paternalismo sconcertante, “herr Schulz” – sempre in teoria, presidente anche nostro, in quanto massimo garante dell’Europarlamento – esprime «grande fiducia negli elettori e nelle elettrici italiane», che «faranno la scelta migliore per il loro paese», bocciando ovviamente l’uomo di Arcore che «con le sue avventure sessuali ha già messo l’Italia nei guai».