Archivio del Tag ‘immobili’
-
Facciamo come la Danimarca, l’equità conviene a tutti
Cattiva distribuzione dei redditi, debolezza delle imprese, fragilità del sistema bancario e pessima bilancia commerciale. Senza contare «la povertà del pensiero degli economisti». Questa la diagnosi della “grande crisi” del 1929 secondo John Kenneth Galbraith. Quasi un secolo dopo, ci risiamo: «Il capitalismo finanziario sregolato e ipertrofico produce disoccupazione e povertà, mentre arricchisce indecentemente i suoi protagonisti». Chi dice che il capitalismo è morto, e chi ripete che questo è l’unico sistema possibile. Sbagliato: se volessimo, anche noi potremmo imitare la Danimarca, un paese dove i poveri riescono a diventare ricchi e dove il benessere diffuso conviene a tutti. Lo sostiene Davide Reina nel blog “Cado in piedi”: il cambio di paradigma consiste nel passare dal “capitalismo esclusivo”, che tesaurizza la ricchezza a beneficio dei super-potenti, al “capitalismo inclusivo” che costruisce futuro per tutti in regime di equità.
-
E il Qatar si compra l’Europa, colpita dalla grande crisi
Con oltre 3,4 miliardi di euro spesi in meno di un anno nell’acquisto di società, industrie, beni di lusso e squadre di calcio, il Qatar è il primo investitore nei Paesi dell’Unione Europea. Fra le spese più recenti spicca la partecipazione alla costruzione del villaggio olimpico di Londra e un centro commerciale di lusso sugli Champs Elysées a Parigi. Lo rivela una ricerca della Real Capital Analytics (Rca), agenzia internazionale specializzata in analisi economiche. Secondo la Rca, l’ammontare investito dalla Qatar Investment Authority (Qia) è solo una “briciola” della reale potenzialità economica del principale esportatore di gas naturale liquido al mondo. La cifra spesa in 12 mesi equivale a un ricavo di sei settimane nel settore energetico. Nel 2011 le esportazioni di gas hanno portato nelle casse dell’emirato circa 30 miliardi di euro, in uno Stato con una popolazione residente di 250.000 persone, a cui si aggiungono circa 1,2 milioni di lavoratori migranti.
-
La spending review ora è legge: con tanti saluti all’equità
Da agosto la spendig review è legge, chi si aspetta finalmente equità, collezionerà l’ennesima delusione. Non vengono tolti privilegi alla Chiesa, i redditi dei ricchissimi non vengono intaccati, ancora una volta non c’è il divieto di cumulo degli incarichi pubblici (per la gioia del presidente Inps Mastrapasqua, l’uomo da oltre un milione di euro di incarichi… quando si dice contento come una Pasqua), chi detiene beni pubblici in concessione continuerà a fare il bello e cattivo tempo, spese militari tutte al loro posto. Di seguito alcuni dei “tagli” previsti: per gli stipendi dei manager e dei dipendenti delle società non quotate partecipate dallo Stato, compresa la Rai, viene previsto un tetto di 300.000 euro dal prossimo contratto (come dire… è giusto che ci siano persone con un reddito al di sotto della soglia di povertà ed altre che prendano soldi pubblici in abbondanza anche in tempi di crisi).
-
A tavola con la mafia: le mani sul cibo made in Italy
Carni macellate, acqua, latte e latticini. E poi frutti di mare, caffè, interi mercati ortofrutticoli. Le mafie a tavola sono il nuovo fronte della criminalità organizzata, dichiara Legambiente: «Un’aggressione senza precedenti al made in Italy gastronomico», è la denuncia lanciata da “FestAmbiente”, manifestazione nazionale di metà agosto a Rispescia, Grosseto. Sommando i dati messi a disposizione dai carabinieri (comando tutela salute e politiche agricole), dalla Forestale e dalle capitanerie di porto, il secondo “Rapporto Ecomafia” di Legambiente spiega che nel 2011 «i reati accertati nel settore agroalimentare sono stati 13.867, più che triplicati rispetto al 2010, mentre i sequestri sono stati pari a 1,2 miliardi di euro, con un danno erariale di oltre 113 milioni». I clan con le “mani in pasta” sono 27, segnala “GreenReport”. E secondo il “Cigno Verde”, «a tavola è seduto il gotha delle mafie: dai Gambino ai Casalesi, dai Mallardo alla mafia di Matteo Messina Denaro, dai Morabito ai Rinzivillo.
-
Il bottino segreto dei super-ricchi, protetto dalle banche
Sono 21.000 miliardi di dollari: è la cifra che gli uomini più ricchi del mondo nascondono nei paradisi fiscali sparsi per il pianeta. C’è chi parla addirittura di 32.000 miliardi, ma l’ammontare complessivo è quasi impossibile da calcolare. Si stima che il solo rientro dei super-capitali evasi basterebbe ad azzerare l’attuale crisi europea del debito. Mentre i governi tagliano la spesa e licenziano lavoratori sotto la scure dell’austerity, gli ultra-ricchi (meno di dieci milioni di persone) hanno nascosto al fisco un “bottino” pari alla somma del prodotto interno lordo degli Stati Uniti e di quello del Giappone. Lo rivela il nuovo rapporto del “Tax Justice Network”, secondo cui «le entrate perse a causa dei paradisi fiscali sono talmente ampie da costituire una differenza significativa secondo tutti i nostri indici convenzionali di diseguaglianza», visto che «la maggior parte della ricchezza finanziaria mancante appartiene a una piccola élite».
-
I furbetti del debito cercano qualcuno da “tosare”: noi
Il piano Amato-Bassanini sulla riduzione del debito pubblico prevede solo la svendita del patrimonio pubblico e le privatizzazioni delle quote pubbliche residue aziende statali e locali. Esclusa qualsiasi patrimoniale. Sui capitali esportati illegalmente le cifre diventano molto ma molto relative. Massima enfasi, sui quotidiani, alla proposta Amato-Bassanini per la riduzione in cinque anni del debito pubblico, firmata anche dagli economisti Giuseppe Bivona, Davide Ciferri, Paolo Guerrieri, Giorgio Macciotta, Rainer Masera, Marcello Messori, Stefano Micossi, Edoardo Reviglio e Maria Teresa Salvemini sotto l’egida del centro studi “Astrid”. Gli 11 economisti, scrive il newsmagazine “Contropiano”, mettono subito le mani avanti sui pericoli recessivi di una imposta patrimoniale e propongono un intervento articolato in sei mosse, che entro il 2017 dovrebbe dare un gettito ipotizzato in 178 miliardi.
-
Barnard: con Oscar Giannino, suicidio-Italia in 10 mosse
Oscar Giannino “scende in campo” come economista al servizio della politica, proponendo un decalogo per uscire dalla crisi? «Se quest’accozzaglia di ricette liberiste è economia, allora i messaggi dei Baci Perugina hanno fatto la storia della filosofia italiana», replica Paolo Barnard, che smonta pezzo per pezzo i dieci assunti del Giannino-pensiero, che poi sono gli stessi della famigerata Troika formata da Bce, Fmi e Unione Europea, che a colpi di diktat grazie al ricatto dello spread ha intanto insediato Mario Monti a Palazzo Chigi per “portarsi avanti col lavoro” e iniziare a “smontare l’Italia”, colpevole di essere un’economia da G8 e con un welfare avanzato, a tutela dei cittadini. Primo capitolo, lo spauracchio del debito pubblico: Giannino vorrebbe ridurlo sotto la soglia del 100% del Pil con «alienazioni del patrimonio pubblico», sia immobili che imprese di Stato, senza spiegare come mai il debito – storico motore del benessere diffuso – è diventato la tragedia nazionale che sta piegando l’Italia.
-
Mini: tagliamo la spesa militare, serve solo agli Usa
Bilanci in rosso e niente più nemici alle frontiere: perché allora spendere montagne di soldi in armamenti? Se proprio bisogna tagliare la Difesa, lo si può fare in due mosse: creare un modello militare agile, a basso costo, e bloccare ogni nuova fornitura di armamenti. «Quando si parla di 90 aeroplani da qui a dieci anni, significa che si mette in piedi una capacità operativa che non avevamo neanche durante la guerra fredda», dice il generale Fabio Mini, che confessa: «Sono uno di quei militari che dalla tragedia della crisi speravano che almeno prendessero forma e sostanza delle forze armate ridotte, qualificate, ammodernate e soprattutto integrate a livello europeo, in modo che il peso degli interventi si distribuisse in maniera equa tra tutti i membri dell’Unione Europea e della Nato. Cosa che fino adesso non è mai successa perché sia le spese, sia gli interventi, gravano nella Nato soltanto su quattro paesi: Germania, Francia, Inghilterra e Italia».
-
Tedeschi o americani? Chiunque vinca, sarà il nostro boia
Allegri, siamo spacciati. L’inedito scontro esploso a Bruxelles non aveva per obiettivo la nostra salvezza. Al contrario, stanno solo decidendo chi scriverà i titoli di coda: il boia di Wall Street o il collega tedesco della Bundesbank? Non cadiamo nell’equivoco, avverte Giulietto Chiesa: la vera posta in gioco non è il braccio di ferro contro la presunta spilorceria della Germania nell’accollarsi l’euro-debito, ma il controllo geopolitico dell’Europa di oggi e di domani. E il nostro destino ha il respiro cortissimo, perché sia le ricette americane che quelle della Merkel prevedono soluzioni nefaste: il nostro futuro nelle mani dei predatori della finanza o, a scelta, in quelle degli autocrati di Berlino. Fine della democrazia, mentre l’intera Europa si condanna a sprofondare in una crisi sociale inaudita e pericolosissima, possibile preludio di una nuova, drammatica Grande Guerra.
-
Italia condannata: Monti ci prenota vent’anni di orrori
L’esito del vertice europeo, al di là del trionfalismo dei giornali italiani che sostengono il governo Monti, è molto rilevante, ma non è positivo. La principale misura assunta al vertice – e che in Italia passa quasi sotto silenzio – prevede che i cittadini pagheranno i debiti delle banche private di tutta Europa. Si tratta di una gigantesca socializzazione delle perdite che non ha precedenti. Gli speculatori non dovranno così pagare il conto dei propri azzardi perché il conto lo pagherà il Fondo Salva Stati cioè i cittadini di tutta Europa con le loro tasse. Si tratta di un salasso enorme ai danni dei cittadini se pensiamo che solo per le banche private spagnole sono stati stanziati 100 miliardi di euro. In secondo luogo il Fiscal Compact non è stato modificato e questo determinerà per l’Italia la recessione assicurata per i prossimi vent’anni.
-
Sciagurati eurocrati, cosa state facendo al nostro paese?
L’economia italiana sanguina copiosamente. L’emorragia di redditi e risparmi passa dagli spread, dalla caduta della domanda interna e del Pil, dal deficit corrente della Bilancia dei Pagamenti. E provoca fughe di capitali (depositi bancari) e di capitale umano (giovani laureati). Alcune conseguenze del rapido impoverimento sono l’aumento della pressione fiscale (stimo un 47% a fine anno), della disoccupazione (il 22% della forza lavoro, scoraggiati e cassintegrati inclusi), dei debiti privati e pubblici, la caduta dei valori di borsa, immobiliari, delle pensioni integrative, l’allungamento dei tempi di pagamento, la disperazione di molti imprenditori, le file alle mense Caritas.
-
Smascherare Torino: chi comanda, all’insaputa dei torinesi
«I guai, per il sindaco di Torino, cominceranno quando i torinesi si accorgeranno di quello che sta per succedere: pensano che la Torino-Lione sia un problema della valle di Susa, mentre l’impatto della grande opera – tra rumore, polveri, disagi, rischi per la salute, crollo del valore degli immobili – assumerà proporzioni enormi quando i cantieri dovessero lambire la città, le sue periferie e la sua cintura». Marina Clerico, docente del Politecnico torinese nonché assessore della Comunità Montana valsusina, spiega che la grande opera non è ancora stata percepita come pericolo grave dalla popolazione di Torino, grazie ai media così spesso reticenti. Con qualche eccezione, naturalmente: «Secondo un ingegnere della Regione Piemonte – dice Luca Rastello, che ha firmato un recente reportage su “Repubblica” – il tracciato Tav alle porte di Torino taglierebbe irrimediabilmente la falda idropotabile che alimenta i rubinetti della metropoli: una pazzia catastrofica, di cui a Torino per ora nessuno parla».