Archivio del Tag ‘Il Sussidiario’
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Pd e 5 Stelle: silurare Conte, dopo aver affondato l’Italia
Il nuovo patto tra M5S e Pd, con la benedizione di Italia Viva (Matteo Renzi), prepara la giubilazione del sempre più scomodo Giuseppe Conte. Lo scrive sul “Sussidiario” Francesco Sisci, editorialista del “Sole 24 Ore” e già corrispondente della “Stampa” da Pechino. Se oggi la coalizione giallorossa diventa stabile e si prospetta addirittura la fusione in un unico partito, a che serve un premier “esterno” come Conte? Lo sconosciuto “avvocato del popolo”, ricorda Sisci, era stato scelto per Palazzo Chigi nel governo gialloverde (5 Stelle e Lega) come elemento esterno, anche se espresso dai grillini, per sostenere l’equilibrio instabile tra i due alleati. Per lo stesso motivo era stato confermato, un anno dopo, a capo del successivo governo giallorosso, sostituito Salvini con Zingaretti. La posizione di Conte si andrebbe facendo sempre più precaria, se si guarda all’orizzonte generale. «Le prospettive sono che a gennaio l’Italia si renderà conto della realtà», ovvero: sarà di fronte a una contrazione del Pil «di almeno il 20%». Infatti, «dopo cinque mesi di chiusura virtualmente totale di ogni attività di produzione e consumo, e con la possibilità reale di un ritorno anche parziale dell’epidemia in autunno, una contrazione del Pil del 20% è un’ipotesi ottimistica per il 2020».In concreto, ragiona Sisci, questo significa «un danno paragonabile a una guerra devastante, senza per giunta la speranza di un rimbalzo immediato, perché davanti alla scampata morte violenta i sopravvissuti hanno un immediato guizzo di vita, mentre le epidemie lasciano strascichi pesanti di paure ancestrali nella psicologia collettiva». La combinazione di questi vari elementi «significherà milioni di disoccupati, altri milioni di persone con entrate decurtate», con il rischio concreto di «grandi problemi e sommovimenti sociali». Inoltre, visto anche l’attuale aumento della spesa pubblica, il rapporto Pil-debito pubblico a questo punto potrebbe arrivare al 200%, cioè «la situazione del Giappone, senza che l’Italia sia il Giappone», che è invece provviso di sovranità monetaria e quindi non teme né attacchi speculativi (spread), né carenza di liquidità. «Con un’economia in contrazione verticale e un debito in aumento altrettanto verticale – scrive Sisci – minime variazioni dei tassi di interesse sul debito potrebbero rendere l’Italia insolvibile». A quel punto, Roma potrebbe sempre «piangere miseria con la Ue e far presente che il fallimento del paese avviterebbe l’Unione in una crisi mostruosa».Per contro, proprio la contrazione del Pil «rende la crisi italiana sempre meno minacciosa, mentre la crescita del debito ne aumenta proporzionalmente il costo». In altre parole, continua Sisci, col passare del tempo e l’aggravarsi della situazione diventa sempre più conveniente la tentazione di “scaricare” l’Italia, lasciandola al suo destino. Tradotto: come si fa a spiegare ai paesi “frugali” che bisogna salvare un paese di “cicale” dove, secondo il filosofo Franco Ferrarotti, una decina di famiglie possiede forse il 70% della ricchezza nazionale?». Inoltre – prima ancora di questo – in autunno ci sarà il ritorno della malattia: a prescindere dalla sua effettiva pericolosità (oggi vicina allo zero, secondo io medici), l’allarmismo politico-mediatico aumenterà le tensioni, come già si inizia a vedere. Prima ancora, scrive sempre Sisci, ci saranno le elezioni del 20 settembre, regionali e comunali. «Se la neo-coalizione giallorossa tiene e vince, allora conferma la validità dell’alleanza; a quel punto – si domanda l’analista – perché tenere l’arbitro Conte, ormai superfluo? Se invece la coalizione perde, anche in questo caso perché tenere Conte?».La questione potrebbe diventare urgente, aggiunge Sisci, visto che cominciano ad arrivare citazioni in giudizio per possibili errori gravi del governo durante la crisi del Covid. «C’è anche la controversa chiusura di tutto il paese (quando chiuderne solo una parte poteva bastare) che potrebbe essere costata oltre 100 miliardi di euro al Pil, la metà di quanto concesso dalla Ue». Poi, ammette Sisci, il ragionamento potrebbe essere anche diverso: davanti alle prospettive di tali sussulti nei prossimi mesi, le istituzioni potrebbero ritenere opportuno non scuotere ulteriormente gli attuali equilibri. «Il ritorno dell’epidemia potrebbe portare a un nuovo effetto chioccia: tutti si rifugiano dietro il capo del governo in una nuova situazione di panico generale».Potrebbe però essere anche il contrario: «Il ritorno del virus, l’aumento delle proteste – stavolta più composte, delle opposizioni (che prima o poi dovrebbero svegliarsi dalla trita cantilena del “dagli all’immigrato”) – e l’aumento delle tensioni sociali, potrebbero portare al progressivo isolamento del premier». In questo senso, forse – ipotizza Sisci – l’alleanza può essere «un colpo di genio di attendismo tattico». Nell’attuale situazione, altamente instabile, i giallorossi (con Renzi) aspettano il risultato del 20 settembre, per tirare le fila. «A quel punto, forti della nuova alleanza, potrebbero anche essere tentati di ricorrere al voto che consolidi i nuovi rapporti e spazzi via i riottosi». Infatti, una parte non insignificante di Pd e M5S non è entusiasta dell’alleanza e può essere tentata di mettere i bastoni fra le ruote, specie se passa il tempo e aumentano le difficoltà. Per Sisci, dopotutto, «si è trattato di un patto di palazzo senza discussioni interne e pubbliche, per cui il livello di coesione all’interno delle due formazioni è minimo e rischia di sfaldarsi al primo incidente».Il nuovo patto tra M5S e Pd, con la benedizione di Italia Viva (Matteo Renzi), prepara la giubilazione del sempre più scomodo Giuseppe Conte. Lo scrive sul “Sussidiario” Francesco Sisci, editorialista del “Sole 24 Ore” e già corrispondente della “Stampa” da Pechino. Se oggi la coalizione giallorossa diventa stabile e si prospetta addirittura la fusione in un unico partito, a che serve un premier “esterno” come Conte? Lo sconosciuto “avvocato del popolo”, ricorda Sisci, era stato scelto per Palazzo Chigi nel governo gialloverde (5 Stelle e Lega) come elemento esterno, anche se espresso dai grillini, per sostenere l’equilibrio instabile tra i due alleati. Per lo stesso motivo era stato confermato, un anno dopo, a capo del successivo governo giallorosso, sostituito Salvini con Zingaretti. La posizione di Conte si andrebbe facendo sempre più precaria, se si guarda all’orizzonte generale. «Le prospettive sono che a gennaio l’Italia si renderà conto della realtà», ovvero: sarà di fronte a una contrazione del Pil «di almeno il 20%». Infatti, «dopo cinque mesi di chiusura virtualmente totale di ogni attività di produzione e consumo, e con la possibilità reale di un ritorno anche parziale dell’epidemia in autunno, una contrazione del Pil del 20% è un’ipotesi ottimistica per il 2020».
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Pd-M5S: messaggio all’Ue per sacrificare il disastroso Conte
Questo governo è nato l’anno scorso con l’unica motivazione di bloccare Salvini. Non ha mai avuto un progetto, ma soltanto uno scopo negativo. Anche per questo, dopo un anno di vita, ha prodotto risultati disastrosi. In più ha creato un piedistallo a Conte. Il capo del governo si è imposto su Di Maio e Zingaretti perché dalla mancanza di una visione politica dei partiti di maggioranza ha ricavato un grande spazio di manovra, che la pandemia di Covid-19 ha aumentato. Per “risultati disastrosi” mi riferisco all’incapacità del governo in materia economica, che è davanti a tutti. Il punto è che questi risultati così carenti non interessano né al Pd né ai 5 Stelle. Li infastidisce piuttosto il fatto che Conte sia diventato il dominus della maggioranza. Da qui il “patto di ferragosto” tra Pd e 5 Stelle, che va visto come il tentativo da parte di M5S e Pd di superare la loro debolezza, tentando di stipulare alleanze locali. Diventeranno un solo partito? Impossibile dirlo, adesso: pur essendo da un anno insieme al governo, non hanno elaborato una visione. Essenzialmente per un motivo: il M5S è nato come forza di contestazione della “casta”; ma la casta, intesa come principale forza di governo, è sempre stata il Pd.I Cinquestelle sono arrivati in Parlamento nel 2013, quando c’era il governo Monti e il Pd dava la linea, poi si sono susseguiti vari governi ispirati dal Pd fino al 2018. Tra le due forze, M5s e Pd, l’opposizione era totale. Nel 2019 si sono messi insieme senza uno straccio di riflessione. Ora cercano di creare le condizioni per fare un’alleanza, ma ciò implica che il M5S cambi pelle. Cosa dovrà diventare? Una specie di partito di estrema sinistra, disposto ad allearsi con il partito della sinistra di governo. Non è una peculiarità italiana: mi viene in mente l’esempio di Podemos in Spagna, che ha una consistenza non molto lontana dai 5 Stelle e governa con i socialisti. Ora l’obiettivo di M5S e Pd è dare una base politica all’alleanza. Una prima indicazione verrà dalle elezioni regionali prossime venture. Poi c’è il dato strategico: l’Italia attraversa la più grave crisi dal dopoguerra. Sembra che M5S e Pd vogliano farcelo dimenticare, ma non è possibile nascondere a lungo la polvere sotto il tappeto. Dove sta la questione? Avere una strategia vuol dire capire cosa fare, davanti a un cumulo di problemi enormi. Il Pil registra una caduta dell’11-12%, il debito pubblico lieviterà al 180% del Pil. Intorno a noi la situazione internazionale diventa sempre più complessa e difficile, dalla Libia al Libano, dal Mediterraneo orientale ai rapporti con la Cina.Siamo al centro di una grande area di crisi e non abbiamo una linea di difesa degli interessi nazionali. A settembre, quando riprenderà la vita politica, questi nodi faranno tutt’uno con l’emergenza economica. Affrontare problemi di tale gravità con un’alleanza che non è un’alleanza è veramente un azzardo. In questo patto per sopravvivere: qual è l’elemento più debole, M5s o il Pd? Finora i sacrifici principali li ha fatti il Pd, perché per tenere insieme l’alleanza di governo ha dimenticato la propria storia. È nato come partito a vocazione maggioritaria, adesso vuole il proporzionale e non riesce a ottenerlo. Aveva una vocazione produttivista e vi ha rinunciato. Ha sempre difeso la centralità del Parlamento, dai tempi del Pci a quelli di Berlusconi, e adesso vota il taglio dei parlamentari sulla base di motivazioni anti-casta. Sarà il Pd a diventare grillino? Ci sono fattori strutturali, a impedirlo. Il Pd è un partito organizzato ed è il riferimento primario di forti interessi internazionali. La cosa più rilevante che ha fatto questo governo è stata quella di presentarsi con il cappello in mano in Europa per chiedere più soldi possibili. Li ha ottenuti, peraltro a debito.Ma adesso l’establishment europeo, che secondo me è stato l’artefice vero della nascita del governo Conte 2, è molto preoccupato: perché vede che in Italia c’è un gran pullulare di spese che fanno salire il debito. I bonus non aiutano l’economia, e la cassa integrazione non può durare in eterno. È evidente che, in vista dei passaggi gravi e difficili dell’autunno 2020 e di tutto il 2021, fino all’elezione del presidente della Repubblica, va costruita una guida più salda. Altrimenti l’Italia creerà problemi a tutti. Vuol dire mandare a casa Conte? In Europa viene vista con favore ogni operazione che possa favorire un consolidamento politico, e il rafforzamento – sulla carta – dell’alleanza M5S-Pd è considerato un fatto positivo. Dopodiché, che questa maggioranza continui a essere guidata da Conte o che i due partner preferiscano un altro assetto, è una cosa che decideranno le circostanze. Dunque Conte è sacrificabile. È quasi una legge fisica: più sono deboli i partiti che lo sostengono, più si rafforza il premier in apparenza non politico. Più i partiti si rafforzano, meno determinante diventa il leader non politico. Che cosa potrebbe guastare l’ordito di questo quadro? Alla fine ciò che decide è la gravità della crisi economica.(Antonio Pilati, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Zingaretti-Di Maio, messaggio all’Ue per sacrificare Conte”, pubblicata sul “Sussidiario” il 16 agosto 2020. Saggista, già commissario dell’Agcom, Pilati è stato presidente della Fondazione Rosselli).Questo governo è nato l’anno scorso con l’unica motivazione di bloccare Salvini. Non ha mai avuto un progetto, ma soltanto uno scopo negativo. Anche per questo, dopo un anno di vita, ha prodotto risultati disastrosi. In più ha creato un piedistallo a Conte. Il capo del governo si è imposto su Di Maio e Zingaretti perché dalla mancanza di una visione politica dei partiti di maggioranza ha ricavato un grande spazio di manovra, che la pandemia di Covid-19 ha aumentato. Per “risultati disastrosi” mi riferisco all’incapacità del governo in materia economica, che è davanti a tutti. Il punto è che questi risultati così carenti non interessano né al Pd né ai 5 Stelle. Li infastidisce piuttosto il fatto che Conte sia diventato il dominus della maggioranza. Da qui il “patto di ferragosto” tra Pd e 5 Stelle, che va visto come il tentativo da parte di M5S e Pd di superare la loro debolezza, tentando di stipulare alleanze locali. Diventeranno un solo partito? Impossibile dirlo, adesso: pur essendo da un anno insieme al governo, non hanno elaborato una visione. Essenzialmente per un motivo: il M5S è nato come forza di contestazione della “casta”; ma la casta, intesa come principale forza di governo, è sempre stata il Pd.
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Sapia, grillino ‘contro’: l’emergenza-Conte fa male all’Italia
Perché sono stato l’unico, nella maggioranza, a votare contro la proroga dello stato d’emergenza? Non siamo in una situazione di emergenza, perciò non si capisce perché si debba mantenere un accentramento di poteri, in capo al presidente del Consiglio, che allo stato non trova fondamento nella realtà. C’è sempre tempo per deliberare l’emergenza, se dovesse presentarsi per davvero. I contagi di questi giorni sono fisiologici dopo il lockdown. Tra l’altro il virus è molto più debole. Lo dicono anzitutto i clinici, con cui parlo spesso, che sono i medici che curano i malati. Qualcuno la butta per opportunismo sugli immigrati. Così l’analisi, povera e strumentale, si ferma lì, smentita peraltro dai numeri. Tanti abboccano, purtroppo. Cosa ci aspetta in autunno? Su larga scala non è chiaro il quadro di gravissima difficoltà economica del paese. A breve la crisi sarà terribile, se non ci sarà un piano per le imprese, specie per le piccole e le medie. Non vedo la volontà politica di prendere il toro per le corna. Prevalgono toni fuori luogo, troppo spesso pericolosamente propagandistici. Non si possono alterare ancora gli equilibri tra il potere esecutivo e quello legislativo. Dagli anni ‘90 il Parlamento conta di fatto molto poco, a dispetto delle sue funzioni. A causa della delegittimazione della politica, voluta e perseguita dai tempi di Tangentopoli, da allora si procede con la decretazione d’urgenza.Non c’è attività legislativa, confronto sui temi, sulle urgenze: semplificazione vera, politica fiscale, digitalizzazione della pubblica amministrazione, accesso universale ad Internet, disponibilità completa delle nuove tecnologie, riforma dell’istruzione e del diritto del lavoro, riorganizzazione della sanità, unificazione politica dell’Europa. Con il Covid, il ruolo delle due Camere è stato ridotto all’estremo. Mai come adesso, invece, c’è bisogno di un Parlamento attivo, propositivo, non litigioso ma capace di comprendere le trasformazioni in atto, di superare l’immobilismo in cui si trova l’Italia, ogni volta distratta dai movimenti viola, rosa o del pesce azzurro in scatola. E’ vero, ho detto: basta con gli yesman, con gli esperti alla Colao e con lo Stato di polizia. Questi estremismi li ravviso nella pesante deresponsabilizzazione della politica, durante la quarantena e dopo. Sono evidenti a tutti, tranne a chi ha scelto di seppellire la ragione e il senso critico, i limiti dell’eccessivo ricorso agli esperti, in virtù del quale abbiamo perso tempo, siamo rimasti indietro come paese e il Parlamento è stato esautorato. Lo dico con cognizione di causa, soprattutto per scuotere il Movimento 5 Stelle, cui appartengo. La democrazia e la rappresentanza richiedono la responsabilità, il diritto e il dovere di concorrere alle decisioni. Gli elettori non hanno scelto né Conte né Colao, per dirla in breve.Conte decide in solitaria la politica della maggioranza? Questa è una domanda che andrebbe rivolta in primo luogo a Rocco Casalino. Comunque, i fatti dicono di sì. Veda, per esempio, la soluzione nebulosa e incerta su Autostrade. Il presidente del Consiglio si sta appropriando della leadership del Movimento? Conte sta sfruttando il momento. Questo non è un reato, ma è legittimo. Se farà un suo partito, lo vedremo. Intanto noi del Movimento 5 Stelle abbiamo il dovere di uscire fuori dallo schema della delega in bianco, dell’uomo solo al comando. Abbiamo il dovere di riorganizzarci, il dovere di non rinviare più il confronto interno, il dovere di ragionare su dove eravamo nel 2018 e dove stiamo adesso. Lo stato d’emergenza non è necessario, perché l’emergenza non c’è. E’ un male per tutti, coprire l’attuale mancanza di politica con la proroga dell’emergenza. Sono stato l’unico parlamentare del Movimento che ha espresso e confermato il proprio dissenso. Per inciso, ho argomentato in largo questa mia posizione, che – esplicito – non è finalizzata a salti della quaglia o a prendere qualche poltrona. Se ora temo provvedimenti disciplinari? Io non temo mai niente e nessuno. Sono una persona libera; questa è la mia forza, se mi permettete.(Francesco Sapia, dichiarazioni rilasciate a Lucio Valentini nell’intervista “Dietro l’emergenza di Conte un disegno contro Pmi e famiglie”, pubblicata dal “Sussidiario” il 3 agosto 2020. Sapia è un deputato eletto in Calabria con i 5 Stelle nella primavera 2018).Perché sono stato l’unico, nella maggioranza, a votare contro la proroga dello stato d’emergenza? Non siamo in una situazione di emergenza, perciò non si capisce perché si debba mantenere un accentramento di poteri, in capo al presidente del Consiglio, che allo stato non trova fondamento nella realtà. C’è sempre tempo per deliberare l’emergenza, se dovesse presentarsi per davvero. I contagi di questi giorni sono fisiologici dopo il lockdown. Tra l’altro il virus è molto più debole. Lo dicono anzitutto i clinici, con cui parlo spesso, che sono i medici che curano i malati. Qualcuno la butta per opportunismo sugli immigrati. Così l’analisi, povera e strumentale, si ferma lì, smentita peraltro dai numeri. Tanti abboccano, purtroppo. Cosa ci aspetta in autunno? Su larga scala non è chiaro il quadro di gravissima difficoltà economica del paese. A breve la crisi sarà terribile, se non ci sarà un piano per le imprese, specie per le piccole e le medie. Non vedo la volontà politica di prendere il toro per le corna. Prevalgono toni fuori luogo, troppo spesso pericolosamente propagandistici. Non si possono alterare ancora gli equilibri tra il potere esecutivo e quello legislativo. Dagli anni ‘90 il Parlamento conta di fatto molto poco, a dispetto delle sue funzioni. A causa della delegittimazione della politica, voluta e perseguita dai tempi di Tangentopoli, da allora si procede con la decretazione d’urgenza.
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Sale lo spread e arriva Draghi: soluzione pronta per l’Italia
«Se Mario Draghi ha accettato di incontrare Luigi Di Maio e l’ha autorizzato a rendere noto l’incontro non è perché gliel’ha chiesto Di Maio. Deve averglielo chiesto qualcuno di molto, ma molto più autorevole. E dunque qualcuno cui non si poteva dire di no. Per sentirsi chiedere dal capo grillino di sostituire presto Conte al vertice di un esecutivo di larghe intese, gestire per due anni l’emergenza della ripresa e poi essere nominato al Quirinale al posto dell’uscente Mattarella. Sarebbe un bel percorso». Questa la lettura che, sul “Sussidiario”, offre dell’ultimo round italo-europeo un giornalista di lunga esperienza come come Sergio Luciano, già responsabile delle pagine politico-economiche della “Stampa”, del “Sole 24 Ore” e di “Repubblica”. Punto di partenza, l’ennesimo pugno di mosche rimediato da Conte a Bruxelles. In primis, Luciano chiarisce un equivoco legato all’espressione Recovery Fund: «Letteralmente “recovery” significa recupero», e quindi «soldi che ci vengono dati per poi recuperarne la gran parte». Più prestito che dono, insomma. E dato che «i partner dell’Unione politica più sgangherata del mondo non hanno alcuna fiducia l’uno dell’altro, ecco che alcuni Stati, definiti frugali ma che tali non sono affatto, si sono di buon grado accollati il ruolo dei guastafeste».Paesi come l’Olanda di Mark Rutte, che assorbono immense risorse italiane grazie al dumping fiscale, «contrastano senza mezzi termini la pretesa italiana (e non solo) di poter prendere questi soldi senza dare alcuna garanzia sulle modalità attraverso le quali ciascuno Stato debitore può ragionevolmente impegnarsi a restituirli». Proprio l’Olanda, aggiunge Luciano, «è un vergognoso caso di paradiso fiscale infra-europeo, uno di quelli che se i Trattati fossero stati scritti con la testa e non con i piedi, avrebbe dovuto essere messo al bando o ricondotto a disciplina fiscale ordinaria». Ma tant’è: gli olandesi ci sono, restano, pesano e passano pure per frugali. In sostanza, Rutte dice che l’Italia deve impegnarsi con un piano di riforme serissimo, «tanto più severo quanto meno credibile è la buona volontà italiana di por mano agli handicap pluridecennali che stanno soffocando la nostra economia». E quindi un piano particolareggiato, da monitorare nel suo andamento. «Il governo italiano pretende di poter incassare l’abbondante fetta di Recovery Fund che ci spetterebbe, 172 miliardi su 750, senza prendere in cambio alcun impegno gestionale sull’economia». Gli olandesi, invece, ripetono che prima dobbiamo presentare riforme credibili, poi dimostrare di essere capaci di attuarle (e solo dopo saremo finanziati).Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, sta mediando. E ora, scrive sempre Luciano, ha proposto una cosa che sembra un assist al governo italiano. Cioè: ogni paese fa i piani che vuole e li presenta senza dover temere il “niet” degli altri. Strada facendo, i partner potranno controllare l’attuazione delle riforme nello Stato sotto indagine e, se necessario, bloccare l’erogazione dei fondi. «Insomma: luce verde per avere i soldi, luce rossa – se serve – qualora li spendessimo male». In realtà, aggiunge Luciano, il diavolo è nei dettagli: «A Bruxelles sanno perfettamente che l’Italia, accalappiata com’è in un nodo gordiano di ingestibile burocrazia, non sarà mai in grado di presentare un piano sostenibile. Quindi, per carità di patria, anzi di Unione, possono addivenire all’idea che sui piani non si va per il sottile e si sganciano i primi soldi, riservandosi però il diritto di chiudere i rubinetti quando sarà palese che le promesse della prima ora sono state vane».Nel frattempo, si fa notare la presidente della Bce, Christine Lagarde: «Ai giornalisti che le chiedevano se i modesti importi (relativamente modesti) che settimanalmente la banca centrale tramite le sue affiliate spende per rilevare Bond statali sono sufficienti, ha detto di sì. E se considera sufficienti importi che non riescono a ridurre sotto la soglia dei 170 punti base lo spread italiano – scrive ancora Luciano – vuol dire che si prepara a utilizzare la leva dello spread, lo spauracchio numero uno, per costringere l’Italia a rientrare ne ranghi. Ma con quale governo? Con questa compagine di sprovveduti? Improbabile». Per Luciano, «rimane una speranza e anche un’incognita», cioè il governo Draghi. Innescato dalla crisi dello spread come quello (nafasto) di Monti nel 2011, ma stavolta dal segno opposto: sempre dallo spread si partirebbe – questa è l’ipotesi – ma per invertire la rotta: sarebbe dunque Draghi il garante ideale, l’uomo giusto per convincere l’Ue a cambiare le regole. A fine marzo, l’ex capo della Bce mise le carte in tavola in un editoriale sul “Financial Times”: di fronte al Covid (cioè al lockdown) c’è solo una possibilità, e cioè finanziare gli Stati con miliardi da non restituire più. Sarà dunque lo spread manovrato dalla Lagarde a spingere Mattarella a licenziare Conte e invitare Draghi a Palazzo Chigi?«Se Mario Draghi ha accettato di incontrare Luigi Di Maio e l’ha autorizzato a rendere noto l’incontro non è perché gliel’ha chiesto Di Maio. Deve averglielo chiesto qualcuno di molto, ma molto più autorevole. E dunque qualcuno cui non si poteva dire di no. Per sentirsi chiedere dal capo grillino di sostituire presto Conte al vertice di un esecutivo di larghe intese, gestire per due anni l’emergenza della ripresa e poi essere nominato al Quirinale al posto dell’uscente Mattarella. Sarebbe un bel percorso». Questa la lettura che, sul “Sussidiario“, offre dell’ultimo round italo-europeo un giornalista di lunga esperienza come Sergio Luciano, già responsabile delle pagine politico-economiche della “Stampa”, del “Sole 24 Ore” e di “Repubblica”. Punto di partenza, l’ennesimo pugno di mosche rimediato da Conte a Bruxelles. In primis, Luciano chiarisce un equivoco legato all’espressione Recovery Fund: «Letteralmente “recovery” significa recupero», e quindi «soldi che ci vengono dati per poi recuperarne la gran parte». Più prestito che dono, insomma. E dato che «i partner dell’Unione politica più sgangherata del mondo non hanno alcuna fiducia l’uno dell’altro, ecco che alcuni Stati, definiti frugali ma che tali non sono affatto, si sono di buon grado accollati il ruolo dei guastafeste».
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Conte si aggrappa al Covid: la calamità è lui, non il virus
«L’emergenza è il governo, non la pandemia che sta regredendo e che comunque, se anche dovesse risvegliarsi – Dio non voglia – troverebbe comunque difese farmacologiche e cliniche assai migliori di quelle di quattro mesi fa. L’emergenza sono alcuni ministri politicamente analfabeti e tecnicamente sprovveduti. L’emergenza è un Parlamento esautorato». Così Sergio Luciano liquida, sul “Sussidiario”, il tentativo di Conte di prorogare lo stato d’emergenza fino al 31 gennaio. Mai come stavolta si potrebbe dar ragione al premier, scrive Luciano, «se solo avesse – anzi, avesse avuto – l’onestà intellettuale di attribuire l’emergenza non già alla pandemia ma alla giustizia civile e penale che non funziona, alla lotta all’evasione che fa ridere, al codice degli appalti che li blocca, alla scuola che viene tenuta chiusa mentre si riaprono discoteche e spiagge, al ponte Morandi che va assegnato in gestione ad Autostrade altrimenti non riapre, ai fondi di liquidità e alla cassa integrazione che ancora non sono arrivati ai destinatari», e insomma a tutti gli argomenti di stringente attualità «sui quali il governo, da quel drammatico weekend dell’8 e 9 marzo ad oggi, in quattro mesi, ha fatto solo chiacchiere».Il tutto, aggiunge Luciano (già caporedattore economico a “La Stampa”, “Repubblica” e “Sole 24 Ore”), è avvenuto «contro Salvini e grazie a Salvini», perché è da quando l’ex Capitano ha tentato, undici mesi fa, di far saltare il banco e ottenere le elezioni anticipate «fidandosi dell’imbelle Zingaretti e finendo contro un muro», che il governo Conte-bis «ingrassa, sventolando lo spauracchio della vittoria della Lega». Sostiene Luciano: «Il movimentismo salviniano – “così non si può andare avanti, si torni al voto” – è stato il miglior alibi per il governo più pazzo del mondo e di sempre, ossia per questo esecutivo attaccato con lo sputo che ci guida». Adesso, l’ultima trovata è la proroga dello stato d’emergenza fino al 31 dicembre, «a 20 giorni dalla scadenza di quello vigente (31 luglio) e senza argomentazioni», in attesa del voto delle Camere, che il 14 luglio ascolteranno e si esprimeranno sulle comunicazioni del ministro Roberto Speranza sul nuovo Dpcm, destinato a prorogare le norme anti-contagio in scadenza il 14 luglio. Unica voce di protesta, per ora, quella di Elisabetta Casellati, presidente del Senato, contro il “decretismo” di Conte: «Mi auguro che sia l’inizio di una democrazia compiuta», ha detto, riferendosi al voto assembleare sulle comunicazioni di Speranza, «perché alla Camera e al Senato siamo ormai gli invisibili della Costituzione».Luciano parla di «democrazia simulata», messa in scena dall’ennesimo governo «guidato da un premier mai eletto dal popolo». Un esecutivo che «stava trascinandosi su un piano di precarietà quotidianamente più grave quando la pandemia è intervenuta inducendo comprensibilmente tutti gli italiani a pendere dalle labbra di Palazzo Chigi». In altre parole: il traballante Conte “salvato” dal coronavirus: «Mai tanta visibilità e notorietà è stata data a un premier, per lo meno da quando Silvio Berlusconi ha perso quel ruolo». Quando il Covid-19 ha costretto il governo a prendere le decisioni d’emergenza (lockdown, mascherine, distanziamento), la tenuta dell’esecutivo è parsa a tutti rafforzarsi: «La figura del premier Conte è diventata improvvisamente popolarissima, con quel suo tono pacato e quasi scivolato di ratificare l’ovvio». Poi, però, «sono sopravvenuti i decreti dettati da quest’emergenza e una parte di quella fiducia è sfumata, per l’enorme gap che gli italiani hanno in qualche caso drammaticamente misurato con la propria pelle, per esempio non ottenendo gli aiuti per la liquidità o la cassa integrazione per i dipendenti».Infine, il declino sostanziale della pandemia «ha incastrato Conte e il ministro Speranza nel ruolo di uccelli del malaugurio», nell’evocare «i rischi ancora presenti in circolazione e le pessime prospettive di una seconda ondata autunnale». I prossimi pochi giorni saranno di fuoco, averte Luciano: perché non aspettare il 20 luglio prima di dichiarare la proroga dell’emergenza? E perché prolungarla addirittura di sei mesi, anziché fermarsi a tre? Il Pd e i renziani chiedono comunque un passaggio preliminare in aula, mentre i 5 Stelle declassano il problema a «questione prettamente tecnica», e il centrodestra ribadisce la sua contrarietà alla proroga, perché «lo stato di emergenza blocca l’Italia», sottolinea Anna Maria Bernini. Sergio Luciano non vede spiragli: «Come sempre: buoni a nulla e indecisi a tutto, ma anche capaci di tutto».«L’emergenza è il governo, non la pandemia che sta regredendo e che comunque, se anche dovesse risvegliarsi – Dio non voglia – troverebbe comunque difese farmacologiche e cliniche assai migliori di quelle di quattro mesi fa. L’emergenza sono alcuni ministri politicamente analfabeti e tecnicamente sprovveduti. L’emergenza è un Parlamento esautorato». Così Sergio Luciano liquida, sul “Sussidiario“, il tentativo di Conte di prorogare lo stato d’emergenza fino al 31 gennaio. Mai come stavolta si potrebbe dar ragione al premier, scrive Luciano, «se solo avesse – anzi, avesse avuto – l’onestà intellettuale di attribuire l’emergenza non già alla pandemia ma alla giustizia civile e penale che non funziona, alla lotta all’evasione che fa ridere, al codice degli appalti che li blocca, alla scuola che viene tenuta chiusa mentre si riaprono discoteche e spiagge, al ponte Morandi che va assegnato in gestione ad Autostrade altrimenti non riapre, ai fondi di liquidità e alla cassa integrazione che ancora non sono arrivati ai destinatari», e insomma a tutti gli argomenti di stringente attualità «sui quali il governo, da quel drammatico weekend dell’8 e 9 marzo ad oggi, in quattro mesi, ha fatto solo chiacchiere».
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Capestro Mes: quello che Conte, Monti e l’Ue non ci dicono
L’obiettivo del Mes? Farci diventare debitori contro la nostra volontà. Non innanzitutto per ragioni economico-finanziarie (i soldi che mancano), ma squisitamente politiche. Lo spiega al “Sussidiario” Augustín José Menéndez, docente di diritto pubblico e comparato nell’Università Autonoma di Madrid. E il progetto si sta realizzando, scrive Federico Ferraù: finora Conte ha preso tempo, sul Mes, ma forse non aveva calcolato la resistenza interna di una parte dei 5 Stelle. «È vero, ci sarebbe il soccorso di Berlusconi. Ma il Parlamento risulterebbe nettamente diviso, proprio alla vigilia del Consiglio Ue del 16-17 luglio, un appuntamento cruciale perché si parlerà del prossimo bilancio europeo. E sarebbe un vero guaio, per Conte, parteciparvi con un consenso dimezzato e il partito – i 5 Stelle – che lo ha messo a palazzo Chigi diviso al suo interno». A svelare in modo sorprendente la debolezza del governo è stato Mario Monti, con un articolo uscito il 1° luglio sul “Corriere della Sera”. Monti, riassume Ferraù, ha suggerito a Conte di prendere tempo, facendosi dare un mandato parlamentare in cui il Mes venga solo menzionato, senza un rifiuto pregiudiziale. In questo modo – secondo Monti – il governo può guadagnare tempo, permettendo al Mes di perdere «alcuni dei suoi aspetti totemici», facendo «prevalere il pragmatismo».Menéndez, ricorda Ferraù (che l’ha intervistato), è coautore di un recente saggio dedicato proprio al Fondo salva-Stati. Titolo: “Mes. L’Europa e il trattato impossibile”. Tra le altre cose, scrive sempre il giornalista del “Sussidiario”, si spiega bene che il Mes “light” non esiste: il Meccanismo Europeo di Stabilità è stato concepito come strumento del creditore per controllare politicamente il debitore, e tale è rimasto. «Avere il sostegno di una maggioranza “bipartisan” nel Parlamento nazionale è sempre una risorsa nelle trattative europee», premette Augustín José Menéndez, a proposito della sortita di Monti sul “Corriere”. Ma perché non approfittare della controversia per riformare le regole europee, coinvolgendo altri paesi? Al di là delle rassicurazioni di Romano Prodi sul carattere innocuo del Mes “sanitario”, «il quadro normativo del diritto europeo sull’assistenza finanziaria rimane invariato, e quindi la condizionalità non è diventata un “optional”», avverte il professor Menéndez. «È un bene che i dirigenti europei leggano più Keynes e meno Alesina. Ma se le cose stanno così, la domanda da fare è perché, invece di fare dichiarazioni politiche, non approvano un bell’emendamento alle norme europee che richiedono la condizionalità?».«Se un paese accetta il Mes, il prestito sarà senza condizioni», assicura il tedesco Klaus Regling, gestore del Fondo. Le condizionalità sembrano sparite con il Pandemic Crisis Support (Pcs) o Mes sanitario. Tuttavia, osserva Ferraù, anche la dichiarazione di Regling assomiglia a una “condizionalità”: far accettare il Mes ai paesi, come l’Italia, che fanno resistenza. «Tutte le relazioni di credito sono relazioni di potere», conferma Menéndez. «Pertanto, quando viene instaurata una relazione creditizia su insistenza del creditore e con grande riluttanza da parte del debitore, sembra giustificato chiedersi il motivo per cui il creditore attira il debitore in modo così insistente. Tutto il meccanismo dell’assistenza finanziaria nell’Eurozona – aggiunge Menéndez – è orientato a creare un fortissimo vincolo esterno sul debitore controllato dai creditori». Forse le intenzioni di tanti politici europei sono cambiate, «ma le norme e le strutture istituzionali rimangono quelle che si sono create dieci anni fa». E quindi: «Le parole se le porta via il vento, mentre le norme giuridiche rimangono». Nello specifico, il regolamento Ue prevede una «sorveglianza rafforzata» sul paese debitore, e a certe condizioni «non esclude l’eventuale imposizione di un programma di “aggiustamento” macroeconomico».In pratica, spiega sempre Menéndez, significa che le condizioni “leggere” inizialmente stabilite «possono rapidamente evolvere nella direzione di una condizionalità ben più incisiva». In altri termini, anche aderendo al Mes sanitario, il rischio del temuto “aggiustamento” macroeconomico c’è ancora, così come l’ipotesi della “ristrutturazione” del debito pubblico italiano (e cioè: tagli devastanti alla spesa pubblica). Ricorda il professore: se la Commissione Ue ritiene che sono necessarie «ulteriori misure», e che la situazione economico-finanziaria dello Stato in questione abbia «importanti effetti negativi sulla stabilità finanziaria della zona euro o dei suoi Stati membri», l’autorità europea «può raccomandare allo Stato membro interessato di adottare misure correttive precauzionali o di predisporre un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico». Il problema non sono i 36 miliardi della linea di credito del Mes, chiarisce Menéndez: «L’obiettivo del Fondo salva-Stati e di chi lo difende è rafforzare il vincolo esterno, che l’appartenenza all’Eurozona già implica, aggiungendo una nuova leva di controllo».La cosiddetta “governance” economica europea, dice ancora Menéndez, è un mare di norme informali «fatto di guidelines, memoranda of understanding, letters of intention e via dicendo». Sembra tutto molto “chic”, «ma questa informalità ha un prezzo salatissimo». Quale? «La sicurezza», spiega il professore. «Ricordiamoci che i famosi memoranda of understanding ai quali si condizionò l’assistenza finanziaria a Grecia o Portogallo erano riscritti ogni sei mesi appunto perché “flessibili”. I creditori potevano dettare le condizioni a loro volontà, senza essere vincolati neppure a delle condizioni anteriori». Domani, altri commissari potranno cambiare le condizioni del Mes sanitario. Perché allora non modificare regolamenti e trattati? Menéndez critica «la complessità del processo decisionale europeo», che spiega anche «la frequenza delle decisioni emergenziali», oltre che il ricorso a quella strana “informalità” delle prescrizioni. Di fatto, ribadisce Menéndez, l’Italia ha di fronte “gendarmi” come la Germania e l’Olanda: è altamente improbabile, conclude, che i governi dei paesi cosiddetti “frugali” possano dire sì a una proposta di emendamento dei regolamenti.L’obiettivo del Mes? Farci diventare debitori contro la nostra volontà. Non innanzitutto per ragioni economico-finanziarie (i soldi che mancano), ma squisitamente politiche. Lo spiega al “Sussidiario” Augustín José Menéndez, docente di diritto pubblico e comparato nell’Università Autonoma di Madrid. E il progetto si sta realizzando, scrive Federico Ferraù: finora Conte ha preso tempo, sul Mes, ma forse non aveva calcolato la resistenza interna di una parte dei 5 Stelle. «È vero, ci sarebbe il soccorso di Berlusconi. Ma il Parlamento risulterebbe nettamente diviso, proprio alla vigilia del Consiglio Ue del 16-17 luglio, un appuntamento cruciale perché si parlerà del prossimo bilancio europeo. E sarebbe un vero guaio, per Conte, parteciparvi con un consenso dimezzato e il partito – i 5 Stelle – che lo ha messo a palazzo Chigi diviso al suo interno». A svelare in modo sorprendente la debolezza del governo è stato Mario Monti, con un articolo uscito il 1° luglio sul “Corriere della Sera”. Monti, riassume Ferraù, ha suggerito a Conte di prendere tempo, facendosi dare un mandato parlamentare in cui il Mes venga solo menzionato, senza un rifiuto pregiudiziale. In questo modo – secondo Monti – il governo può guadagnare tempo, permettendo al Mes di perdere «alcuni dei suoi aspetti totemici», facendo «prevalere il pragmatismo».
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O facciamo l’Irlanda del Mediterraneo, o moriamo di Troika
I soldi dall’Ue arriveranno tardi e – tolti quelli che sono prestiti da restituire – saranno meno generosi di quanto si finga di credere. In compenso la volontà di fare spesa pubblica corrente non si estinguerà, e alimenterà la spirale del debito pubblico. Lo scenario più probabile, a mio parere, è che entro la fine del 2021 i mercati o le autorità europee presentino il conto. A quel punto saranno dolori: nel giro di 2-3 anni potremmo ritrovarci come la Grecia negli anni 10 di questo secolo. Mai come in questo caso ho desiderato di sbagliarmi. Una strada per evitare questa fosca prospettiva? Non so se ci riusciremo, perché abbiamo già buttato molto, troppo tempo. O facciamo come l’Irlanda, o si muore. Siamo un paese infestato dalla burocrazia; dobbiamo liberarcene, perché uccide le imprese. Cominciamo con l’eliminare la “presunzione di furbizia” che sta alla base dell’ipertrofia delle norme. Poi serve un taglio drastico delle tasse: serve una imposta societaria al 12,5%. Infine è indispensabile che la pubblica amministrazione paghi i debiti verso le imprese. In una recente intervista ho criticato l’impostazione di tutti i precedenti tentativi, di destra e di sinistra, di diminuire la pressione fiscale. Il punto sta nel voler accontentare la più ampia platea possibile di beneficiari, facendo riduzioni modeste: Iva, Imu, Irpef, contributi sociali.Invece bisognerebbe intervenire subito sulle tasse che scoraggiano le attività produttive, Irap e Ires. Solo le imprese realmente produttive e competitive possono risollevare la nostra economia. Chi può farci diventare una “Irlanda mediterranea”? Certamente non questo governo. Nell’inerzia governativa potrebbe esserci anche un elemento di calcolo: lasciar marcire i problemi per prolungare la permanenza al governo ed eleggere un presidente della Repubblica di parte (in barba alle affermazioni del passato, secondo cui il Capo dello Stato andrebbe scelto con il concorso dell’opposizione). La cosa fondamentale che manca, a chiunque abbia il compito di governare, è la conoscenza di quale sarà la situazione a settembre: e senza quella conoscenza, formulare linee guida operative è impossibile. Per ora i dipendenti pubblici hanno aggiunto ai loro privilegi classici quello di lavorare poco e quasi tutti da casa. Quanto al futuro secondo me bisogna distinguere nettamente fra due scenari. Nello scenario A, con crollo del Pil ma senza una crisi finanziaria tipo 2011 o peggio, è probabile che i dipendenti pubblici conservino sostanzialmente i propri stipendi, e che un eventuale aggiustamento venga scaricato sulle pensioni medio-alte. Lo scenario B è crollo del Pil più crisi finanziaria drammatica, con i mercati che non ci rinnovano i titoli di Stato.In quel caso si potrebbe arrivare a una situazione tipo quella della Grecia dieci anni fa: commissariamento da parte della Troika e austerità per tutti, compresi i dipendenti pubblici. Il governo si trova in un’inerzia decisionale preoccupante. È inadeguatezza o calcolo politico? Forse tutte e due le cose. Che i nostri governanti siano gravemente inadeguati, può dubitarne solo chi è accecato dall’ideologia. Il governo Pd-M5S è stato costruito per impedire le elezioni e per evitare che il centrodestra potesse condizionare l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Il prezzo di questa strategia è un ennesimo rinvio dei problemi cruciali, ma soprattutto un aggravamento della situazione economica. Il ritardo con cui si è arrivati al vero lockdown – il blocco degli spostamenti fra comuni – è costato migliaia di morti, che si sarebbero potuti evitare intervenendo ai primi di marzo, come in quei giorni aveva auspicato il professor Andrea Crisanti, anziché tre settimane dopo. Anche all’economia il rinvio è costato molto: se si fosse intervenuti subito e drasticamente, la chiusura delle attività economiche sarebbe durata molto di meno, e anziché perdere 15-20 punti di Pil – come temo succederà – ne avremmo persi parecchi di meno, in linea con i principali paesi europei.Anche volendo, il centrodestra non riuscirebbe a infliggere all’economia danni maggiori di quelli che le sta infliggendo il governo giallorosso. Ma, pur essendo meno pericoloso per l’economia, anche il centrodestra non ha una visione convincente del futuro dell’Italia, né possiede una strategia economica all’altezza della situazione. Mi riferisco in particolare a quattro punti. Primo, le divisioni sul Mes e l’ambiguità del rapporto con l’Europa: Berlusconi pro-Europa, Salvini che conferisce lo scettro dell’economia ad Alberto Bagnai, economista di valore e convintamente anti-euro. Secondo punto: la sostanziale riproposizione del programma di governo del 2018, con la Flat Tax e il condono fiscale (ossia una misura inattuabile e una inopportuna). Terzo: la mancanza di una strategia convincente sul debito pubblico, e la tendenza a richiedere scostamenti di bilancio ancora maggiori di quelli stabiliti dal governo, come se fare ancora più debito fosse una soluzione. Ultimo rilievo: un’eccessiva concentrazione sul lavoro autonomo e sulle piccole imprese, perfettamente comprensibile in termini di acquisizione del consenso ma largamente inadeguata per un paese che ha un gravissimo problema di produttività.(Luca Ricolfi, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù nell’intervista “O facciamo l’Irlanda del Mediterraneo o moriamo di Troika”, pubblicata sul “Sussidiario” il 30 giugno 2020. Ricolfi è docente di analisi dei dati all’Università di Torino e presidente della Fondazione David Hume).I soldi dall’Ue arriveranno tardi e – tolti quelli che sono prestiti da restituire – saranno meno generosi di quanto si finga di credere. In compenso la volontà di fare spesa pubblica corrente non si estinguerà, e alimenterà la spirale del debito pubblico. Lo scenario più probabile, a mio parere, è che entro la fine del 2021 i mercati o le autorità europee presentino il conto. A quel punto saranno dolori: nel giro di 2-3 anni potremmo ritrovarci come la Grecia negli anni 10 di questo secolo. Mai come in questo caso ho desiderato di sbagliarmi. Una strada per evitare questa fosca prospettiva? Non so se ci riusciremo, perché abbiamo già buttato molto, troppo tempo. O facciamo come l’Irlanda, o si muore. Siamo un paese infestato dalla burocrazia; dobbiamo liberarcene, perché uccide le imprese. Cominciamo con l’eliminare la “presunzione di furbizia” che sta alla base dell’ipertrofia delle norme. Poi serve un taglio drastico delle tasse: serve una imposta societaria al 12,5%. Infine è indispensabile che la pubblica amministrazione paghi i debiti verso le imprese. In una recente intervista ho criticato l’impostazione di tutti i precedenti tentativi, di destra e di sinistra, di diminuire la pressione fiscale. Il punto sta nel voler accontentare la più ampia platea possibile di beneficiari, facendo riduzioni modeste: Iva, Imu, Irpef, contributi sociali.
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Zangrillo: nessuna seconda ondata, ora il Covid è curabile
Il messaggio che voglio dare anche a nome dei miei colleghi è: siamo tutti dalla stessa parte della scienza; la nostra iniziativa, pacata e responsabile, non è di contrapposizione, ma di divulgazione scientifica obiettiva. È innanzitutto una notizia positiva, che le autorità sanitarie devono recepire per quello che è: un messaggio da chi la clinica la vive quotidianamente, perché noi abbiamo vissuto in mezzo alla malattia, perché io mi sono spaventato personalmente, ho rischiato di prenderla, ho lavorato fin dall’inizio a fianco dei miei collaboratori per salvare delle vite umane. Secondo l’Oms, il Covid si comporterà come la Spagnola, tornando in autunno e mietendo molte vittime? Non ci sarà una seconda ondata perché nessuno di noi vuole rivederla. Poi non posso negare che in autunno inoltrato, con la ripresa del freddo, come per tutti i virus respiratori, si possa verificare un risveglio del Covid. Ma sono certo che sapremo controllare questa ripresa della viremia. Il crollo dei malati di coronavirus è ormai inequivocabile. Abbiamo verificato che la carica virale naso-faringea dei tamponi eseguiti in maggio era assolutamente più bassa rispetto a una popolazione omogenea, cioè con le stesse caratteristiche, di quanto lo fosse due-tre mesi fa. Questo warning della virologia è stato poi verificato a livello italiano e internazionale, trovando più conferme.Io non ricovero un paziente in terapia intensiva dal 18 aprile e non ricovero di fatto dall’inizio di maggio pazienti che arrivano al pronto soccorso del San Raffaele, grande ospedale metropolitano con uno dei pronto soccorsi più importanti della città, per una sintomatologia clinica da Covid. Al San Raffaele eseguiamo il tampone a tutti i malati che vengono ricoverati per le più diverse patologie: organiche, internistiche, chirurgiche, cardiovascolari, oncologiche. Ebbene, di questi pazienti non ce n’è uno nell’ultimo mese che sia stato ricoverato qui per ragioni correlate con l’infezione da Covid. Non siamo un caso isolato: dai contatti avuti con i colleghi di diversi ospedali, da Crema a Parma, da Bergamo al Niguarda, tutti dicono la stessa cosa. La malattia in Italia è completamente cambiata e come l’abbiamo conosciuta nelle sue forme gravi non c’è più. Tant’è vero che tutti i trial che prevedevano la somministrazione di farmaci per andare a perlustrare l’efficacia nella malattia di taluni antinfiammatori, antivirali o immunomodulatori, sono stati sospesi. Perché? Per mancanza di questi pazienti Covid. È da qui che nasce la mia dichiarazione “il virus è clinicamente morto”. Se l’ho fatto è perché ho veramente vissuto questa epidemia fin dal primo giorno, ho le idee chiare e forse anche un po’ di severità, di intolleranza verso coloro che parlano per sentito dire o verso coloro che non hanno mai visto un malato in corsia.Il lockdown ha dunque funzionato? Il documento firmato con Remuzzi, Bassetti, Gattinoni, Lorini e gli altri non è stato fatto per andare contro Brusaferro o Locatelli. Anzi, ho detto e confermo che non avrei voluto essere al posto del premier Conte; ho detto e confermo che Conte ha tenuto, sanitariamente parlando, il timone saldo; ho detto e confermo che ha dovuto compiere delle scelte che nella sostanza si sono rivelate vincenti e hanno fatto scuola, perché abbiamo chiuso il paese prima degli altri e forse lo abbiamo riaperto tempestivamente. Dal momento che gli italiani si sono comportati bene e abbiamo ribadito quali sono le norme da rispettare, ora arriva un supporto straordinario dall’evidenza clinica, che conferma i meriti dell’Iss e del governo sul fatto che le misure di contenimento hanno funzionato, meglio che in Francia, in Spagna, in Inghilterra o negli Stati Uniti. Abbiamo difeso Milano e abbiamo circoscritto l’epidemia in Lombardia nonostante il virus circolasse già tre mesi prima che fosse scoperto il paziente-1. Perché questo virus ha colpito come uno tsunami la Lombardia? Hanno giocato vari fattori: la densità demografica della regione, l’età media di talune zone e l’alta concentrazione di polveri sottili in Pianura Padana, che possono aver influito in misura negativa sul rapporto virus-recettore.Ci accusano di mandare segnali fuorvianti e incitare al “liberi tutti”? Due cose. Innanzitutto, ci tengo a dire che noi non ci poniamo in una logica di contrapposizione, perché le nostre osservazioni si basano su un paradigma inviolabile che è la definizione di scienza. La scienza è osservazione, valutazione, calcolo, esperienza. In secondo luogo, il nostro documento non dice “liberi tutti, d’ora in avanti ognuno faccia come crede”. Noi diciamo: se continuiamo a comportarci con buon senso, la situazione, come si vede, clinicamente sta migliorando. E penso che in determinate circostanze ambientali – gli spazi aperti o i luoghi tipici della vita estiva, in montagna o al mare – si possa abbandonare col tempo anche l’uso della mascherina. Oltre al buon senso, però, la prima misura deve essere quella dell’igiene personale: stare molto attenti alla detersione delle mani. La curva dei contagi ha ripreso a risalire? È quella che io chiamo la tempesta dei numeri: anche oggi 250 positivi, anche oggi 50 morti… Bisogna operare una netta separazione tra la positività al tampone e la malattia. Essere positivi oggi vuol dire, il più delle volte, essere debolmente positivi: non vuol dire essere malati. Non è corretto dare per automatico il passaggio tra numero dei positivi (che allo stato attuale sono per lo più debolmente positivi) e numero dei malati. Altrimenti li avrei in ospedale.Focolai in Germania, a Roma, in Calabria, a Mondragone nel Casertano e presso un’azienda di Bologna? Io non ho mai detto che il virus è scomparso, né che si sia modificato; e se qualcuno osa dire il contrario, dice una falsità. Ma dobbiamo altresì riconoscere che la carica virale ha una sua importanza. E a mio avviso la carica virale si è abbassata, per le mascherine e per il distanziamento sociale. Ma questo non impedisce al virus di svilupparsi in contesti ambientali di un certo tipo: che sono, appunto, quelli dei casi sopra citati. Ripeto: dobbiamo stare attenti, usare norme igieniche che evidentemente in quei contesti non sono state rispettate e fare in modo che all’interno degli spazi di associazione lavorativa vengano prese le opportune precauzioni. Ma a parte qualche ricovero, non si è verificato nulla di particolare. Sapere che la curva epidemica in Lombardia non si azzererà mai, a me importa relativamente, se coincide con il fatto che non ci si tornerà ad ammalare gravemente come una volta. Ancora oggi, però, si continuano a spaventare troppo le persone: è da irresponsabili, come ha fatto il professor Crisanti, continuare a dire che a settembre l’Italia tornerà come è oggi il mattatoio in Germania.L’Oms fa il paragone con la Spagnola? Non ci sarà una seconda ondata, in autunno: sono certo che sapremo controllare questa ripresa della viremia, perché conosciamo il virus, sappiamo come affrontarlo terapeuticamente, come gestirlo dal punto di vista organizzativo e soprattutto perché ci sarà una maggiore coesione tra l’istituzione ospedaliera e i medici del territorio, che prima non c’è stata. Al San Raffaele abbiamo studiato tutti i malati, eseguendo prelievi sierologici e prelievi a campione, per cui abbiamo creato una banca dati con migliaia di soggetti; e da questi nostri studi emergeranno evidenze fondamentali per sviluppare adeguati processi terapeutici utili a tenere sotto controllo le epidemie del futuro. Se è consigliabile che il prossimo autunno ci si vaccini contro l’influenza? Sì, invito caldamente le categorie a rischio a vaccinarsi contro l’influenza. Sono stato il primo, a metà aprile, a dire: prepariamoci a convivere con il Covid. E convivere con il Covid non vuol dire suicidarsi. Dire adesso “forse non faremo tornare i bambini a scuola, non dobbiamo prendere gli aerei, dobbiamo rimanere a casa” equivale a dire che dobbiamo morire.(Alberto Zangrillo, dichiarazioni rilasciate a Marco Biscella nell’intervista “Nessuna seconda ondata perché sappiamo cosa fare”, pubblicata dal “Sussidiario” il 27 giugno 2020. Primario di anestesia e rianimazione generale all’ospedale San Raffaele di Milano, già a maggio il professor Zangrillo fece scalpore definendo “clinicamente morto” il virus responsabile della sindrome Covid. Nei giorni scorsi, per ribadire che il virus non fa più paura perché i contagiati sono ormai solo “debolmente positivi” e inoltre i medici hanno trovato le opportune contromisure terapeutiche, Zangrillo ha firmato un documento insieme ad altri 9 colleghi scienziati: Matteo Bassetti, Arnaldo Caruso, Massimo Clementi, Luciano Gattinoni, Donato Greco, Luca Lorini, Giorgio Palù, Giuseppe Remuzzi e Roberto Rigoli).Il messaggio che voglio dare anche a nome dei miei colleghi è: siamo tutti dalla stessa parte della scienza; la nostra iniziativa, pacata e responsabile, non è di contrapposizione, ma di divulgazione scientifica obiettiva. È innanzitutto una notizia positiva, che le autorità sanitarie devono recepire per quello che è: un messaggio da chi la clinica la vive quotidianamente, perché noi abbiamo vissuto in mezzo alla malattia, perché io mi sono spaventato personalmente, ho rischiato di prenderla, ho lavorato fin dall’inizio a fianco dei miei collaboratori per salvare delle vite umane. Secondo l’Oms, il Covid si comporterà come la Spagnola, tornando in autunno e mietendo molte vittime? Non ci sarà una seconda ondata perché nessuno di noi vuole rivederla. Poi non posso negare che in autunno inoltrato, con la ripresa del freddo, come per tutti i virus respiratori, si possa verificare un risveglio del Covid. Ma sono certo che sapremo controllare questa ripresa della viremia. Il crollo dei malati di coronavirus è ormai inequivocabile. Abbiamo verificato che la carica virale naso-faringea dei tamponi eseguiti in maggio era assolutamente più bassa rispetto a una popolazione omogenea, cioè con le stesse caratteristiche, di quanto lo fosse due-tre mesi fa. Questo warning della virologia è stato poi verificato a livello italiano e internazionale, trovando più conferme.
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Conte cade a luglio, governo-tampone e poi Draghi al Colle
Conte avrà gioco facile nel dire che non ha abbassato l’Iva perché il Pd non ha voluto. Qualcosa si sta rompendo, perché in questa situazione, in cui si sa che il Pil andrà sotto del 10% e il rapporto debito-Pil arriverà al 160%, ormai i politici populisti vanno a briglie sciolte. Siamo al “tana libera tutti”. È come mettere un obeso in pasticceria. Nel disastro totale, che differenza fa spendere 10 miliardi in più o in meno? È per questo che il Pd sente tremare la terra sotto i piedi. Gualtieri deve stare attento, perché è lui quello che paga le pensioni e gli stipendi degli statali. Questo potrebbe indurre il Pd ad accelerare la resa dei conti, cioè a tentare la strada della crisi. Potrebbe: le certezze sono poche. L’unica cosa che si sa del Recovery Fund è che non arriverà prima del 2021. Il Mes provocherà una scissione nel M5S, ci saranno almeno 20-30 parlamentari grillini che voteranno contro. Finché possiamo emettere Btp a tassi bassi grazie all’aiuto della Bce, il gioco regge. Ma potrebbe anche scatenarsi la speculazione, e a quel punto cambierebbe tutto. Ci ritroveremmo nel 2011 con Monti o nel 1992 con Amato.Il Pd si è imbarcato in questa avventura di governo nella convinzione di condizionare Conte, ma non pare ci stia riuscendo. Sta accadendo l’opposto: la linea di Bettini e Zingaretti è fallita anche sul fronte 5 Stelle. Il Pd sperava di completare l’annientamento dei grillini realizzato a metà da Salvini, che li ha fatti scendere dal 32 al 17%. Invece il M5S si mantiene intorno al 15-16% nei sondaggi. C’è un precedente storico che dovrebbe preoccupare il Pd: esattamente cento anni fa, i liberali di Giolitti si illudevano di addomesticare i fascisti. Fecero il listone e Mussolini se li mangiò. Sarà Berlusconi a salvare Conte sul Mes e non solo, se dovessero esserci defezioni nei 5 Stelle? Sì. Forza Italia – e non solo la Carfagna, da sempre favorevole – è pronta a subentrare, e direi che non vede l’ora. Ovviamente non gratis. A quali condizioni? Via Conte da Palazzo Chigi, e Forza Italia puntella la maggioranza Pd-M5S in cambio di un nuovo premier. Noi vi appoggiamo, ma si apre una nuova fase politica, eccetera. Potrebbe essere prima di settembre? Difficile dirlo. La politica è imprevedibile. Anche la crisi economica.Se a Conte va male, va avanti fino a luglio, se gli va bene può durare fino a settembre. Anche le regionali, non solo la crisi economica, potrebbe scalzarlo da Palazzo Chigi. Il 20 settembre i grillini verranno ulteriormente massacrati, al Nord scenderanno sotto il 10%, quindi non si capirà perché debbano esprimere il premier. Chi accreditare come capo del governo? Guerini o Franceschini? Sono nomi possibili. Girano anche outsider tipo Cantone. Salvini ha lanciato un amo al M5S, auspicando l’elezione del prossimo presidente della Repubblica con il centrodestra, ma il M5S non vuole escludere il Pd. Salvini tecnicamente ha ragione: dopo la terza votazione non ci vogliono più i due terzi, basta la maggioranza assoluta. Quella di Pd e M5S sarebbe risicata. Potrebbero riuscire ad imporre il Capo dello Stato se anche Fi votasse con loro. Le danze sono già iniziate. Alcuni nomi? Prodi, Veltroni… Anche Mattarella ci crede? Non penso ci possa essere un bis del Napolitano-bis. Se a un anno e mezzo di distanza dovessi scommettere, direi Draghi. Avrebbe con sé la maggioranza assoluta degli italiani.Non è la prima volta che si parla di uno scenario in cui lo Stato non ha più soldi per pagare gli stipendi agli statali. Cosa succederebbe? La stessa cosa del novembre 2011, quando lo spread arrivò a 500 e cadde il governo Berlusconi. Come allora si arrivò subito a una unità nazionale con Monti, così adesso salterebbe il quadro politico e si farebbe un governo di emergenza. È il rischio cui andiamo incontro. Adesso i lavoratori privati sono protetti dal divieto di licenziamento, ma vietare i licenziamenti significa dover pagare miliardi di cassa integrazione. Quando cadrà il divieto, i disoccupati fioccheranno a decine di migliaia. Subentrerà il sussidio di disoccupazione, il Naspi, che però dura 6 mesi, e a scalare. Allora il M5S dovrà elargire ad altri il suo reddito di cittadinanza, ma non si sa con quali soldi.(Mauro Suttora, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Conte sfiduciato a luglio e governo Fi-Pd-M5S”, pubblicata sul “Sussidiario” il 23 giugno 2020. Già redattore per “L’Europeo” e “Oggi”, Suttora ha lavorato come inviato e corrispondente per varie testate, italiane e americane).Conte avrà gioco facile nel dire che non ha abbassato l’Iva perché il Pd non ha voluto. Qualcosa si sta rompendo, perché in questa situazione, in cui si sa che il Pil andrà sotto del 10% e il rapporto debito-Pil arriverà al 160%, ormai i politici populisti vanno a briglie sciolte. Siamo al “tana libera tutti”. È come mettere un obeso in pasticceria. Nel disastro totale, che differenza fa spendere 10 miliardi in più o in meno? È per questo che il Pd sente tremare la terra sotto i piedi. Gualtieri deve stare attento, perché è lui quello che paga le pensioni e gli stipendi degli statali. Questo potrebbe indurre il Pd ad accelerare la resa dei conti, cioè a tentare la strada della crisi. Potrebbe: le certezze sono poche. L’unica cosa che si sa del Recovery Fund è che non arriverà prima del 2021. Il Mes provocherà una scissione nel M5S, ci saranno almeno 20-30 parlamentari grillini che voteranno contro. Finché possiamo emettere Btp a tassi bassi grazie all’aiuto della Bce, il gioco regge. Ma potrebbe anche scatenarsi la speculazione, e a quel punto cambierebbe tutto. Ci ritroveremmo nel 2011 con Monti o nel 1992 con Amato.
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Morte dell’Italia: aziende svendute, messe ko dal lockdown
Si calcola che vi siano 250.000 aziende italiane, piccole e medie, tutte in difficoltà: tra qualche mese avrebbero convenienza a vendere la loro realtà a quelli per cui già lavorano e forniscono “pezzi” per grandi realizzazioni industriali. «Passeremmo così, nel giro di un trentennio circa, dalla “stagione delle privatizzazioni” alla “grande svendita”», avverte Gianluigi Da Rold. «È un disastro da evitare a tutti i costi». A questo punto, aggiunge Da Rold, gli Stati Generali non ricorderebbero neppure quelli del 1789, né quelli di Richelieu del 1650, ma quelli del 1302, «tenuti dal più catastrofico re dei Capetingi, Filippo IV, detto il “bello”, ma anche il simbolo dell’assolutismo più ignobile». In una ricognizione giornalistica sul “Sussidiario“, Da Rold – già storico inviato del “Corriere della Sera” – lancia l’allarme: se col passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica abbiamo svenduto l’hardware statale che fungeva da volano per l’economia, ora – di fronte all’inazione del governo Conte alle prese col disastro Covid – rischiamo di perdere anche il software, cioè il grande patrimonio nazionale rappresentato dalla manifattura di qualità: aziende che fanno gola al mercato, e che tra qualche mese potrebbero chiudere o essere cedute a prezzi di saldo.
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Mes, o fine dell’aiuto Bce. Mangia: il Pd ci vende ai tedeschi
Grazie al governo Conte, l’Italia dovrà entrare nel Mes per non vedersi rifiutare gli acquisti di Btp dalla Banca Centrale Europea. Lo afferma Federico Ferraù sul “Sussidiario”, in un’intervista con Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano. Finora, gli avversari del “vincolo esterno” si sono opposti al Mes contando sugli acquisti della Bce: c’è la banca centrale, dunque il Mes non ci serve. Ma se la Bce dovesse interromperli? «Lo scenario è l’ingresso dell’Italia nel Mes come contropartita degli acquisti: il nostro paese dovrebbe entrare nel Meccanismo Europeo di Stabilità per consentire la prosecuzione degli acquisti illimitati». Christine Lagarde ha chiesto di approvare rapidamente il bilancio 2021 e il Recovery Fund: come dire, sbrigatevi, perché il gioco non può continuare. Ma a che servono, i prestiti del Recovery Fund e del Mes, se la Bce sta facendo gli “straordinari”? «A rigore non dovrebbero servire a nulla», sostiene Mangia: «La Bce sta facendo quello che avrebbe fatto la Banca d’Italia prima del divorzio Ciampi-Andreatta del 1981. Che è poi quello che stanno facendo tutte le banche centrali del mondo. Solo che lo deve fare di nascosto, coprendosi dietro cortine fumogene».La Bce, spiega il professore, è stata costretta ad anticipare i tempi: compera tutto quel che deve comperare, e poi qualcuno si attende che si entri nel Mes come contropartita. Da qui le pressioni concentriche, anche da parte di Confindustria. «Non capiscono le implicazioni che avrà il Mes sul sistema bancario italiano e sulle loro possibilità di finanziamento future», avverte Mangia, che segnala la recessione annunciata da Bankitalia (una flessione di almeno il 13% del Pil). Addio possibilità di finanziare le imprese: «Altro che 2011. E con un debito pubblico downgradato dalla presenza di creditori privilegiati, dove andrà il valore del debito pubblico che hanno in pancia?». Sul Mes, pesano le pressioni politiche «soprattutto di qualche partito che, a Mes attivato, spera di continuare a governare l’Italia per conto terzi, come sta facendo adesso». Evidente l’allusione al Pd. E poi ci sono le pressioni degli stessi funzionari del Mes, «che rilasciano interviste da piazzisti promettendo sconti a prestiti che nessuno vuole, a parte il partito del “vincolo esterno”». Insiste Mangia: «Quella del Mes sembra ormai una televendita: più si aspetta, più il prezzo per entrare si abbassa». Ma la fregatura è scontata: «Stupisce chi se ne fa fautore, favoleggiando di rinnovi del sistema sanitario nazionale con un finanziamento a termine e a condizioni capestro».Finora – osserva Ferraù – l’iniziativa di Francoforte ha poggiato esclusivamente sull’importanza dell’Italia per l’Eurozona, sul nostro essere “troppo grandi per fallire”. E invece? «E invece la Bce, pur facendo tutto quel che dovrebbe fare una banca centrale, ha i suoi problemi. In Germania e non solo in Germania il fastidio verso il Pepp è fortissimo, visto che è un aggiramento se non una violazione dei Trattati. Tant’è vero che in Germania è all’ordine del giorno il dibattito sull’opportunità di lasciare la zona euro». Insomma, è Berlino a mettere sotto pressione la Lagarde, che sta aiutando l’Italia. «Cosa succede se dall’oggi al domani la Bce, o meglio la Banca d’Italia su mandato Bce, smette di comperare sul mercato secondario, come già è successo in passato?». Stupisce, secondo Mangia, che il Tesoro non approfitti di una situazione oggi eccezionalmente favorevole, per finanziarsi: «Che si mettano sul mercato 15 miliardi con una richiesta di 100 è singolare, no? Sembra quasi che si voglia restare con la cassa prosciugata per poter dire che non si possono non prendere 36 miliardi e finire in mano alla Troika». Intanto, il 5 giugno persino la Grecia ha detto no al Mes sanitario. «Anche se ormai viene offerto a tassi negativi, il Mes non lo vuole nessuno. E chi se lo è preso (come la Spagna) ne è voluto uscire prima del tempo. Questo dovrebbe dire qualcosa».Dunque lo si vuole solo in Italia, il Mes? «Lo si vuole solo in Italia e solo da qualcuno. Chissà perché. Mi sembra un fatto molto politico e molto poco economico», osserva Mangia, che avverte: prima o poi, sotto la pressione della Germania, gli auti straordinari della Bce finiranno. Il 5 agosto ci sarà la resa dei conti di fronte alla Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe sugli acquisti selettivi della Bce. E non è un mistero che in Bce ci si prepari al peggio. Sull’Italia, buio pesto: «Politicamente, i 5 Stelle non esistono più: servono solo come massa di manovra al Pd in cambio di un prolungamento della legislatura». Per Mangia, «il problema che abbiamo da quasi trent’anni è quello di una Repubblica parlamentare senza più partiti, costretta a farsi governare da presidenza della Repubblica e magistratura». Cosa aspettarsi? «Come minimo, l’assalto delle categorie che si aprirà nel gennaio 2021, quando arriveranno i primi prestiti dall’Europa sotto specie di Recovery Fund. Tutti hanno bisogno di soldi, e quindi è un momento di grandi occasioni che aprirà la sagra del peggio. Tutti alla ricerca di mance e mancette, come ai tempi delle finanziarie di trent’anni fa». Con quale differenza? «Adesso il paese è molto più povero e disarticolato. E senza classe politica», chiosa Mangia. «Tant’è vero che, invece di rivolgersi ai partiti, ci si rivolge alle task force».Grazie al governo Conte, l’Italia dovrà entrare nel Mes per non vedersi rifiutare gli acquisti di Btp dalla Banca Centrale Europea. Lo afferma Federico Ferraù sul “Sussidiario“, in un’intervista con Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano. Finora, gli avversari del “vincolo esterno” si sono opposti al Mes contando sugli acquisti della Bce: c’è la banca centrale, dunque il Mes non ci serve. Ma se la Bce dovesse interromperli? «Lo scenario è l’ingresso dell’Italia nel Mes come contropartita degli acquisti: il nostro paese dovrebbe entrare nel Meccanismo Europeo di Stabilità per consentire la prosecuzione degli acquisti illimitati». Christine Lagarde ha chiesto di approvare rapidamente il bilancio 2021 e il Recovery Fund: come dire, sbrigatevi, perché il gioco non può continuare. Ma a che servono, i prestiti del Recovery Fund e del Mes, se la Bce sta facendo gli “straordinari”? «A rigore non dovrebbero servire a nulla», sostiene Mangia: «La Bce sta facendo quello che avrebbe fatto la Banca d’Italia prima del divorzio Ciampi-Andreatta del 1981. Che è poi quello che stanno facendo tutte le banche centrali del mondo. Solo che lo deve fare di nascosto, coprendosi dietro cortine fumogene».
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Sapelli: solo prestiti e tasse, così l’Ue farà a pezzi l’Italia
Se non si comprende che la proposta di Recovery Fund proviene da un’Europa in cui il capitalismo è impegnato in una guerra affannosa per la sopravvivenza per la crisi pandemica, non si comprende il senso della tragedia che si avvicina. Pensate all’acciaio e al destino cui una classe tecnocratica e politica europea (così si autodefinisce) l’ha ridotto. Il caso Ilva ne è l’emblema, con la sua definitiva scomparsa dopo averla affidata all’unico gruppo mondiale che ricercava senza mascheramenti di ridurre la sovrapproduzione in cui era immerso, tanto che andrà chiusa… facendo sì che la siderurgia ad acciai speciali migliore del mondo non possa partecipare alla gara per la futura ricostruzione mesopotamica, grazie alla concorrenza sleale degli acciai cinesi e degli altri produttori turchi ed europei. Il solo Massimiliano Salini, non a caso cremonese e giustamente impegnato nella difesa del suo territorio, l’ha recentemente con coraggio ricordato, questo vero e proprio dramma che non interessa più nessuno e che cova una tragedia umana, sociale, ambientale, politica, terroristica. Ma veniamo al parto del bimbo deforme, poverino, battezzato Next Generation Eu. Frutto del travaglio della Commissione, potrà essere attivato – lo si legge solo sul “Wall Street Journal” – il primo di gennaio del 2021, quando la cenere si sarà posata. Vediamo di fare chiarezza nella tragedia.L’Ue ricercherà sui mercati mondiali circa 750 miliardi di euro. Li prenderà a prestito. Di questi, come si è detto, 500 saranno erogati come sussidi e garanzie. Altri 250 saranno prestati agli Stati dopo negoziazioni che dilanieranno l’Europa, piuttosto che unirla – purtroppo – come pensano, se pensano, le anime belle. Si dice che l’Italia otterrà, grazie agli accordi informali già stipulati, circa 80 miliardi di sussidi e 90 di prestiti. Quello che non dice nessuno (salvo l’attento e severo professor Perotti a cui vanno resi onore e gloria) è che anche i sussidi saranno raccolti dall’Ue a debito e non saranno regalati a nessuno perché andranno ripagati con finanziamenti degli Stati dell’Ue. Come? Si è ancora incerti, ma le nuove tasse non potranno mancare e saranno parametrate al Pil degli Stati medesimi con proporzionalità alle quote nazionali che concorrono a formare il bilancio dell’Ue. Si dovrebbero ottenere circa 17 miliardi di sussidi (non tantissimi!) nel corso dei quattro anni a partire dall’1 gennaio del 2021, con un esborso molto diluito nel tempo. Certo c’è grande differenza nei tassi: l’Ue emette debito a tassi inferiori a quello di ogni singolo Stato, ma la sostanza dell’indebitamento rimane, risparmiando circa, io credo (con il buon Perotti), un miliardo, un miliardo e mezzo l’anno.Il problema forse ancora più grande, vista l’incapacità assoluta delle attuali classi politiche di gestire la cosa pubblica, è il fatto che il governo, i governi presenti e futuri, dovranno amministrare una quota non indifferente del Pil in quattro anni con piani in parte indicati dalla Commissione, ma in parte affidati alle classi politiche attualmente incaricate di governarci. Se si pone mente a quale sia lo stato di frantumazione e divisione profonda in cui è caduto lo Stato italiano devertebrato e patrimonializzato sia da gruppi di interessi, sia dagli ordini dello Stato (in primis l’ordine giudiziario trasformatosi in potere che promana da ordinamenti di fatto in continuazione annichilendo la stessa Costituzione repubblicana nel sonno della Corte costituzionale, a differenza di ciò che accade in Germania e in Francia e in Spagna) si comprende quale rischio corra la cosa pubblica per effetto dell’aprirsi di una cornucopia che invece che darci, come si dice, la salvezza, mi pare che ci darà il colpo finale come Repubblica parlamentare, come Stato, come comunità.La crisi dell’ordoliberismo – del resto – non si ferma. l’Europa rischia scontri tra le nazioni potenti e pericolosissimi se non si ritroverà la saggia meditazione sulla necessità di lavorare per costruire uno stato di diritto in Europa sospendendo i Trattati e ripensando tutta l’architettura dell’Unione. Del resto l’articolo 112 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione del 2012 recita proprio in tal senso quando evoca eventi catastrofici in presenza di cui si possono sospendere tutti i Trattati tra gli Stati che reggono l’Europa funzionalista senza sovranità e senza leggi.(Giulio Sapelli, estratto dall’intervento “Col Recovery Fund ancora più tasse, così l’Italia va in pezzi”, pubblicato sul “Sussidiario” il 30 maggio 2020).Se non si comprende che la proposta di Recovery Fund proviene da un’Europa in cui il capitalismo è impegnato in una guerra affannosa per la sopravvivenza per la crisi pandemica, non si comprende il senso della tragedia che si avvicina. Pensate all’acciaio e al destino cui una classe tecnocratica e politica europea (così si autodefinisce) l’ha ridotto. Il caso Ilva ne è l’emblema, con la sua definitiva scomparsa dopo averla affidata all’unico gruppo mondiale che ricercava senza mascheramenti di ridurre la sovrapproduzione in cui era immerso, tanto che andrà chiusa… facendo sì che la siderurgia ad acciai speciali migliore del mondo non possa partecipare alla gara per la futura ricostruzione mesopotamica, grazie alla concorrenza sleale degli acciai cinesi e degli altri produttori turchi ed europei. Il solo Massimiliano Salini, non a caso cremonese e giustamente impegnato nella difesa del suo territorio, l’ha recentemente con coraggio ricordato, questo vero e proprio dramma che non interessa più nessuno e che cova una tragedia umana, sociale, ambientale, politica, terroristica. Ma veniamo al parto del bimbo deforme, poverino, battezzato Next Generation Eu. Frutto del travaglio della Commissione, potrà essere attivato – lo si legge solo sul “Wall Street Journal” – il primo di gennaio del 2021, quando la cenere si sarà posata. Vediamo di fare chiarezza nella tragedia.