Archivio del Tag ‘ideologia’
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Rigore, disastro-Italia: 8 milioni senza uno stipendio sicuro
L’Italia ha di fronte uno scenario apocalittico: 7-8 milioni di persone senza lavoro, e con lo Stato sottoposto all’euro-ricatto del debito. Risultato: la disoccupazione, ovvero «il più grande scandalo che una società possa vivere». Lo sostiene il sociologo dell’ateneo torinese Luciano Gallino, in una recente intervista realizzata da Pietro Raitano per “Altreconomia” e ripresa da “Micromega”. La situazione, aggiunge Gallino, è aggravata dalle sciagurate “riforme” che dagli anni ’90 hanno ulteriormente precarizzato il mercato del lavoro: e la precarietà fa crescere la disoccupazione, perché tra un contratto e l’altro passano mesi. «È una delle conseguenze delle dottrine neoliberali, che – per quanto sconfitte, smentite e sconfessate – sono sempre lì, si insegnano nelle università, costituiscono la forma mentale dominante nei media». Chiunque abia studiato la questione, spiega Gallino, capisce che la flessibilità del lavoro non può far aumentare l’occupazione, in nessun caso.
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Hedges: morte alla scuola, vogliono solo docili esecutori
Una nazione che distrugge il proprio sistema educativo, degrada la sua informazione pubblica, sbudella le proprie librerie pubbliche e trasforma le proprie frequenze in veicoli di svago ripetitivo a buon mercato, diventa cieca, sorda e muta. Apprezza i punteggi nei test più del pensiero critico e dell’istruzione. Celebra l’addestramento meccanico al lavoro e la singola, amorale abilità nel far soldi. Sforna prodotti umani rachitici, privi della capacità e del vocabolario per contrastare gli assiomi e le strutture dello Stato e delle imprese. Li incanala in un sistema castale di gestori di droni e di sistemi. Trasforma uno Stato democratico in un sistema feudale di padroni e servi delle imprese. Parola di Chris Hedges, scrittore americano e reporter internazionale premiato con il Pulitzer, nonché editorialista del “New York Times”.
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Hanno paura di Grillo, non del rigore che ci sta uccidendo
Primarie e grandi manovre a destra e sinistra, sotto il panico crescente targato Grillo: dopo l’exploit siciliano ora tremano anche le due princiali Regioni italiane, Lombardia e Lazio, travolte dagli scandali, mentre l’establishment – politico e mediatico – annaspa tra improbabili sondaggi a caccia di macerie di elettorato, inesistenti leadership e logori marketing dei tempi che furono. Tante sigle, ma il programma è uno solo: convincere gli italiani a subire l’impossibile, a continuare a sopportare l’insopportabile, il “massacro sociale” inaugurato dal “golpe finanziario” che alla fine del 2011 – col ricatto terroristico dello spread – ha sfrattato quel che restava dell’imbarazzante governo in carica. Il diktat della Bce, lo sbando del Pdl, la compiacenza del Pd e la regia di Napolitano. Ed ecco i tecno-banchieri agli ordini di Bruxelles, decisi ad attuare la “soluzione finale” dell’economia e della società italiana: colpire il risparmio, tosare i cittadini, mettere in ginocchio le aziende e mandare a spasso i dipendenti.
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Il vero mestiere di Renzi, nuova stella del Financial Times
Chi è Matteo Renzi? In un Parlamento pieno di morti che camminano («dead men walking») e in uno Stato marcio, il giovane Matteo è l’astro nascente («rising star») della politica italiana nella nuova fase aperta dal governo Monti. A sostenerlo non è un qualunque sfasciacarrozze di provincia, e neppure il prof. Ichino, ma il “Financial Times” del 6 marzo 2012. I mercati guardano avanti. Dopo aver fatto scendere da cavallo il Cavaliere, e dopo aver allocato alla testa del governo il rettore bocconiano, adesso allevano con cura lo scalpitante venditore fiorentino. In questo non c’è alcuna novità, a parte lo scapigliato “stil novo” di un politico di professione che fa il verso al caposcuola di Arcore. È manifesta, invece, una razionale continuità, volta a consolidare il potere di comando dei cosiddetti investitori istituzionali, veri proprietari universali.
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Cambiare l’euro-sistema, o ogni altra lotta sarà inutile
Non potevamo prevedere che all’Unione Europea sarebbe stato concesso un Nobel per la Pace: la nostra fantasia non arrivava a tanto. Ma sapevamo che tra le motivazioni c’è sicuramente quella che l’Unione Europea ha garantito la pace e la stabilità in Europa. E’ un’idea sostanzialmente ridicola, perché l’altro aspetto che evidenzia la forza dell’ideologia che ci è stata propinata negli ultimi tempi è quello che l’Unione Europea viene usata come sinonimo di Europa. L’Unione Europea non è l’Europa. Noi abbiamo la pace in Europa, a parte il dettaglio della guerra in Kosovo – “dettaglio” ovviamente detto in modo ironico – c’era l’Unione Europea e abbiamo fatto la guerra, oltre che farla all’esterno ovunque quando gli Stati Uniti vogliono, ma all’interno dell’Europa abbiamo la pace da immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando non c’era nessuna Unione Europea.
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Tringali: a chi conviene l’euro, la nostra grande rovina
Debito pubblico, Berlusconi e la casta, la corruzione, la mafia? Aggravanti, ma non certo la causa della crisi, nonostante le chiacchiere di chi ripete che non saremmo “capaci di stare al pari con gli altri paesi dell’Europa migliori di noi”. Ormai, sostiene Fabrizio Tringali, anche l’opinione pubblica l’ha capito: l’origine della crisi, italiana ed europea, sta tutta nell’adozione della moneta unica, l’euro, che «ha unito economie molto diverse tra di loro». Così quelle più forti, Germania in primis, hanno finito per schiacciare quelle più deboli. Verità palese, ancorché negata, anche se «le criticità dell’unione monetaria europea erano assolutamente note già trent’anni fa». Nessun mistero: se la crisi finanziaria americana esplosa nel 2007-2008 era stata ben poco prevista, quella dell’euro era invece chiaramente segnalata sui radar degli economisti. In Italia, già durante il regno di Giulio Andreotti.
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Monti affonda l’Italia ma vuole lo scalpo dei lavoratori
Il confronto sulla produttività tra governo e parti sociali, che entra nel vivo in questi giorni, è un imbroglio a partire dal suo nome. Non molto tempo fa il Cnel ha annunciato una ricerca che proprio per i suoi risultati sorprendenti è stata subito rimossa. Sulla base di essa, il decennio più produttivo degli ultimi quarant’anni è stato quello tra il 1970 e il 79. Sì, proprio il decennio delle conquiste sindacali, sociali, civili, della scala mobile, del posto fisso, degli orari e dei contratti rigidi, dello stato sociale e della grande industria pubblica. Proprio quel decennio ha visto il nostro paese raggiungere il tasso di produttività più alto di tutto l’Occidente industriale. Da allora quel tasso è progressivamente diminuito, con un andamento parallelo alla regressione delle condizioni del mondo del lavoro. Fino agli anni Duemila, che con l’euro e le privatizzazioni hanno visto un vero e proprio tracollo sia del salario sia della produttività.
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Insostenibile: un chilo di carne vale due quintali di verdura
Il consumo di proteine animali, nel mondo, cresce costantemente. Tanto che, secondo alcuni, questo fenomeno sta aiutando la specie umana ad andare più rapidamente verso la sua autodistruzione. A questo fenomeno, in effetti, sono legati i più gravi problemi ambientali, economici e politici del pianeta: le emissioni di gas climalteranti e l’effetto serra, le guerre per il controllo delle fonti energetiche fossili, la progressiva penuria di un bene indispensabile per la vita come l’acqua, molte forme di inquinamento chimico, la diminuzione di fertilità dei suoli, la perdita della biodiversità, le sempre maggiori sperequazioni tra il 20 per cento dell’umanità che si suicida per eccessivo consumo di cibi sempre meno sani e il 20% privo del necessario per sopravvivere.
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Agenda-suicidio, da rottamare: anche Fassina boccia Monti
L’agenda Monti? Da rottamare. Lo afferma Stefano Fassina, responsabile economico del Pd. Se il governo tecnico voluto da Napolitano e sostenuto da Bersani ha aiutato l’Italia a uscire dall’imbarazzo internazionale del crepuscolo berlusconiano, dopo quasi un anno di emergenza conviene guardare in faccia alla realtà: nessuna delle soluzioni prospettate da Monti sta funzionando, perché il rigore e i tagli mortificano l’economia senza nessuna speranza. «Come correttamente riflesso dagli spread sui titoli decennali dei Piigs – sostiene Fassina – i rischi di rottura della moneta unica e di disgregazione europea sono sempre più elevati». Perché? «Per scelte politiche inadeguate ad affrontare il problema di fondo dell’euro: le divergenze di competitività tra le sue aree», troppo disomogenee, come sapevano bene, «fin dall’inizio», i padri fondatori dell’euro.
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Parguez: l’euro creato per azzopparci, ecco come e perché
In questo mio contributo dedicato ai coraggiosi esponenti della Modern Money Theory in Italia, intendo enfatizzare la straordinaria natura della crisi dell’eurozona. Siamo al termine di un modo di produrre, del capitalismo dinamico inteso in termini marxiani. È la regressione verso un sistema parassitario e decadente, un’economia di puri “rentier” che si alimentano attraverso le banche e le altre istituzioni finanziarie che estraggono risorse dall’economia reale grazie alle permanenti politiche di deflazione applicate dagli Stati. Una regressione simile appare ovvia nel momento in cui si osservano i livelli di disoccupazione in Europa, in particolare in Francia, Belgio e Olanda. Per esempio, in Olanda la disoccupazione effettiva eccede il 50, 60% della forza lavoro! Questo condurrà al drammatico collasso dei redditi anche per chi ancora gode di un normale lavoro
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Italia sovrana: manifesto democratico per salvare il paese
Dato che la nostra economia rimane a livelli di depressione del tutto artificiosi. Dato che la Bce offre fondi legati a condizionalità che mantengono in vita la nostra depressione economica. Dato che la Bce non ha mostrato alcuna intenzione di ammorbidire quelle condizionalità. Dato che la Ue non ha mostrato alcuna intenzione di ridurre la disoccupazione ammorbidendo i limiti ai deficit di bilancio nazionali dettati da Maastricht. Dato che la Ue e la Bce hanno mancato di riconoscere il ruolo dei Deficit Positivi per sostenere la piena occupazione, la produzione aziendale e i risparmi. Dato che l’inflazione da eccesso di domanda non è un pericolo finché la produzione non si riduce drammaticamente. Dato che noi consideriamo le politiche che deliberatamente sostengono livelli alti di disoccupazione un crimine contro l’umanità.
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Giulietto Chiesa: come difendersi dal declino che ci aspetta
A sinistra l’ideologia della crescita, con tutti i suoi corollari, è entrata come il burro, trasmigrando dalla crescita socialista dei piani quinquennali alla crescita infinita del capitalismo totale. Non vedono la necessità di fare i conti con i “limiti allo sviluppo”. Cambiare i consumi, senza ridurli, diventerà presto praticamente impossibile. O si dimostra che questa affermazione è errata, oppure si deve affrontare la questione della decrescita. Non è soltanto una economia in crescita geometrica ad essere insostenibile, comunque la si voglia presentare. Anche un’economia stazionaria, a crescita zero, è comunque insostenibile alla lunga. Anch’essa porta, sebbene più lentamente, al confine con i limiti. Puntare a un’economia stazionaria equivale a condannare a morte il capitalismo come lo conosciamo oggi. Infatti non c’è capitalismo che non cresce e un capitalismo a crescita zero è una contraddizione in termini. Eppure nemmeno essa sarà sufficiente a evitare una catastrofe strategica.