Archivio del Tag ‘ideologia’
-
Scuri come africani: ecco i nostri antenati europei
Occhi azzurri, ma pelle scura. Lo dice il Dna estratto dal dente di un maschio cacciatore e raccoglitore che sarebbe vissuto circa 7.000 anni fa nella regione delle Asturie, nel nord della Spagna. Lo riferisce il “Guardian”, su recenti indagini condotte da un pool di scienziati dediti allo studio dell’Homo Sapiens in Europa. Già in precedenza, ricorda Gary Leupp, gli studiosi avevano compreso che gli occhi azzurri erano il risultato di una mutazione genetica avvenuta tra 10.000 e 6.000 anni fa: prima di allora tutti gli uomini avevano gli occhi castani. Ma fino a pochi anni fa si era convinti che la pelle bianca fosse comparsa molto prima di allora: il pool genico europeo, con la sua tipica carnagione chiara, sembrava essersi completamente “differenziato” da quello dell’Asia orientale circa 50.000 anni fa, quando l’Homo Sapiens comparve per la prima volta in Europa e poi in Cina. Ma ora questa analisi temporale dev’essere rivista. Sembra infatti che il pallore europeo abbia avuto origini in tempi molto più recenti.Forse, 7.000 anni fa in Europa non esistevano uomini bianchi quando era in vita il cacciatore-raccoglitore dagli occhi azzurri, che nell’articolo del “Guardian” viene chiamato “bruno”. Secondo Leupp, storico della Tufts University, la nuova ricerca conferma la teoria secondo cui la diffusione dell’agricoltura in Europa, iniziata solo 6.000 anni fa, abbia favorito la sopravvivenza delle persone con una mutazione genetica, capace di generare la carnagione chiara. Tutto questo, sette millenni fa: «E’ un periodo davvero remoto, più di 2.000 anni prima della costruzione di Stonehenge o delle prime piramidi egizie, prima della divisione in classi, prima della nascita degli Stati e della scrittura», osserva Leupp in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”. «L’agricoltura era agli albori nella valle del Nilo e nella valle del Fiume Giallo in Cina, mentre questi proto-scandinavi iniziavano nella parte più isolata d’Europa la loro attività di caccia e raccolta. Siamo ancora lontani millenni dall’apparizione storica delle grandi popolazioni europee dei greci, italiani, celti, popoli germanici e slavi».Ancora una volta, però, i tempi sembrano essere molto più dilatati del previsto: «Ci sono prove a supporto del fatto che gli abitanti della penisola scandinava discendessero da popolazioni che si erano insediate in quelle zone già da molto tempo. Se al contrario, così come i celti e i popoli germanici, discendessero dai cacciatori-raccoglitori con gli occhi azzurri delle Asturie, con la pelle scura di 7.000 anni fa, sarebbe opportuno rivalutare l’origine della pelle chiara, non credete?». Ne consegue un’ovvia affermazione: «Gli europei (caucasici) non sono l’unica popolazione bianca del pianeta». A partire dal loro primo contatto con il popolo giapponese nel 1.540 fino almeno all’inizio del 1.800, gli europei descrissero sia i giapponesi che i cinesi come “bianchi”. Marco Polo, alla fine del 1.200, descrisse i cinesi come “bianchi”. Categorizzazione poi sostituita intorno al 1.800 dalla nuova categoria “fulvo” o “giallo”, «che era percepito come un colore intermedio, appena sotto il bianco, in una gerarchia razziale che vede in cima i bianchi e i neri in fondo. Questo concetto, associato al “darwinismo sociale” è un primo approccio ideologico a sostegno del colonialismo e della schiavitù oltre che l’attuale fondamento del razzismo e dell’imperialismo».Le popolazioni dell’est asiatico, così come gli europei, hanno subito una mutazione genetica che li ha resi bianchi, continua Leupp. Mutazione avvenuta migliaia di anni prima rispetto ai nostri antenati nordici? Non possiamo più essere sicuri che fossero “bianchi” i nostri progenitori europei di 7.000 anni fa. Ma forse lo erano i giapponesi. «L’Homo Sapiens che visse nella valle del Fiume Giallo nella Cina del nord 7.000 anni fa, appartenente alla cultura Yangshao che avrebbe inventato a breve l’agricoltura, si pensa fosse “anatomicamente cinese”. I loro forse non lontani cugini giapponesi, i popoli Jomon, in Giappone da 14.000 anni, e il popolo Yayoi, che forma la gran parte del pool genetico giapponese, si crede fossero di pelle chiara». Se erano effettivamente di pelle chiara, conclude Leupp, potrebbero essere stati i primi “bianchi” sul pianeta, ben lontani «da quelli che si pensavano essere i fulcri da cui si è sviluppata la pelle chiara, come il Caucaso, la Scandinavia o la Germania». Le popolazioni di pelle chiara nell’Est asiatico potrebbero aver proliferato e aver raggiunto l’Europa attraverso la vasta steppa russa. «Il genetista Luigi Luca Cavalli-Sforza dell’università di Standford sostiene che due terzi dei geni europei arrivano dall’Asia, un terzo invece dall’Africa».Quand’è che l’uomo è diventato bianco? Dov’è accaduto? «Non ci è chiaro», ammette Leupp, «ma è successo piuttosto di recente e non per forza in Europa». Perché è importante saperlo? «Perché le nozioni di gerarchia razziale basate sul colore della pelle continuano a tormentarci e a perseguitare il nostro inconscio. Vivono nella mente collettiva nordamericana, per essere pronti all’uso ogni qual volta il regime consideri sia giunta l’ora di bombardare un altro Stato asiatico o africano, per portare la “nostra” civiltà bianca alle popolazioni indigene e per poter raffigurare qualsiasi possibile fatto spiacevole come “il fardello dell’uomo bianco”: si vedano ad esempio le lamentele degli uomini del Congresso su come gli iracheni o gli afghani siano stati poco riconoscenti nonostante gli enormi sforzi fatti per conquistarli». Per Leupp, «la comprensione e demistificazione delle vere origini della pelle bianca potrebbero aiutarci a superare la questione».Occhi azzurri, ma pelle scura. Lo dice il Dna estratto dal dente di un maschio cacciatore e raccoglitore che sarebbe vissuto circa 7.000 anni fa nella regione delle Asturie, nel nord della Spagna. Lo riferisce il “Guardian”, su recenti indagini condotte da un pool di scienziati dediti allo studio dell’Homo Sapiens in Europa. Già in precedenza, ricorda Gary Leupp, gli studiosi avevano compreso che gli occhi azzurri erano il risultato di una mutazione genetica avvenuta tra 10.000 e 6.000 anni fa: prima di allora tutti gli uomini avevano gli occhi castani. Ma fino a pochi anni fa si era convinti che la pelle bianca fosse comparsa molto prima di allora: il pool genico europeo, con la sua tipica carnagione chiara, sembrava essersi completamente “differenziato” da quello dell’Asia orientale circa 50.000 anni fa, quando l’Homo Sapiens comparve per la prima volta in Europa e poi in Cina. Ma ora questa analisi temporale dev’essere rivista. Sembra infatti che il pallore europeo abbia avuto origini in tempi molto più recenti.
-
Internet per ricchi: i loro contenuti, veloci e costosi
«Immaginate un’autostrada con la corsia di sorpasso riservata ai soli proprietari di Mercedes e Bmw. Perché nel prezzo d’acquisto delle loro auto è incluso quel privilegio. Oppure, forse peggio ancora, la corsia veloce riservata a un paio di società multinazionali che gestiscono flotte di Tir, e hanno comprato quel diritto a farli circolare molto più in fretta di voi». Questo, avverte Federico Rampini, può accadere ben presto per la più importante di tutte le autostrade: Internet. La Rete da cui transita l’informazione, la comunicazione, ormai quasi ogni servizio essenziale, avrà qualità e servizi diversi. «Due velocità, per ricchi e poveri. È questa la conseguenza di una nuova normativa che sta per prendere forma negli Stati Uniti, la nazione che ha dato al mondo l’infrastruttura portante dell’èra digitale». Associazioni dei consumatori in rivolta, col mondo dei media dalla loro parte «nel denunciare la fine imminente di un principio che sembrava sacro: la Net Neutrality, la neutralità della Rete».Da un quarto di secolo, dalla nascita di Internet, il digitale ha avuto una sua ideologia egualitaria, l’idea cioè che Internet fosse potenzialmente “il grande livellatore”, che l’accesso alla conoscenza potesse abbattere barriere e diseguaglianze? Ora, scrive Rampini in un reportage su “Repubblica” ripreso da “Micromega”, il principio stesso che siamo tutti uguali quando ci colleghiamo online, sta vacillando. «La novità non sarà visibile a occhio nudo, anzi sarà ben nascosta per l’utente medio». Infatti non si parla di tariffe differenziate per chi vuole accesso alla banda larga, a una connessione Internet più veloce e potente, differenziazioni peraltro già diffuse grazie al ruolo sempre più dominante degli smartphone come strumento di accesso a Internet. La battaglia che si è aperta riguarda l’altra estremità della Rete: i colossi che l’alimentano di contenuti, e gli altri colossi che gestiscono l’infrastruttura stessa.In America – e quindi, a cascata, nel mondo intero – è uno scontro fra titani: da una parte le telecom (Comcast, Verizon, At&t, TimeWarner) che quasi sempre sono anche i gestori della cable-tv e degli accessi Internet, e dall’altra Google con la sua filiale YouTube, il numero uno dei servizi di videostreaming Netflix, la Walt Disney, Microsoft con Skype, Apple con iTunes. «Sono questi ultimi – scrive Rampini – i colossi che distribuiscono contenuti: informazione, comunicazione, spettacolo, musica». La “santa alleanza” delle telecom preme da anni sulle authority Usa, per spuntare il diritto a far pagare di più questi maxiutenti. «L’argomento ha una sua logica: se Google con YouTube “occupa” una parte consistente della banda larga, chi gestisce l’infrastruttura vuole fargli pagare questo volume di traffico da smaltire ad alta velocità». La posizione delle telecom ha fatto breccia, e ora la svolta viene data per certa. “Presto avremo le corsie veloci per il traffico online”, intitola il “New York Times”.Fin qui, aggiunge Rampini, sembra una contesa tra i big del capitalismo americano: la posta in gioco, in apparenza, è solo una redistribuzione di guadagni fra di loro. Ma non la pensa affatto così un paladino degli utenti online, Todd O’Boyle, che dirige la Common Cause’s Media and Democracy Reform Initiative. Secondo O’Boyle, «agli americani fu promesso fin dalle origini un Internet senza caselli né pedaggi atostradali, senza corsie preferenziali, senza censure statali o private; se passano queste nuove regole la promessa sarà tradita». È dello stesso parere un altro difensore dei consumatori, Michael Weinberg dell’associazione Public Knowledge: «Si va verso una discriminazione commerciale, l’opposto della neutralità di Internet che si fonda sulla non-discriminazione».In che modo sarebbero colpiti i consumatori, gli utenti finali? «Anzitutto – spiega Rampini – se vince la lobby delle telecom e quindi conquista il diritto di prelevare tariffe diverse da Google e Amazon, non c’è da illudersi su chi pagherà il conto: sempre noi, perché ovviamente grandi gruppi come Google e Amazon scaricheranno il sovrapprezzo sull’utente finale». Altre conseguenze dannose sono addirittura più subdole, aggiunge il corrispondente di “Repubblica”: «È ovvio che in cambio della tariffa superiore, i big dell’economia digitale avranno diritto a un servizio migliore. È una distorsione piena di pericoli. Anzitutto perché noi stessi non ci accorgeremo, quando navighiamo in Rete, che alcuni giganti del commercio online o “aggregatori d’informazione” arrivano a noi molto più velocemente coi loro contenuti. Crederemo di andare su Internet in cerca di qualcosa, in realtà sarà “qualcosa” a trovare noi molto a scapito di altri contenuti forse migliori e più utili».Infine, una «minaccia enorme» incombe sui piccoli operatori: aziende locali, startup, giovani con idee innovative, creatori di contenuto originale (filmati, musiche, informazione, e-book). Per i loro siti, «l’accesso al pubblico finale sarà tutto in salita, perché verranno confinati nelle corsie lente, superati dalle colonne di Tir che trasportano i servizi di YouTube, Amazon, Netflix, Skype, Ebay, Disney». Le nuove regole, ribadisce Weinberg, imporranno un prezzo d’ingresso e quindi una barriera d’entrata, contro l’innovazione. Se fosse esistito un Internet a due velocità fin dalle origini, forse Microsoft avrebbe impedito l’emergere di rivali come Apple? Una delle forze della Silicon Valley è stata la “distruzione creatrice” che sconvolge periodicamente le gerarchie di potere, con dei ventenni che inventano una nuova azienda e sfidano i giganti già esistenti. Finita la Net neutrality, in una Rete a due velocità vinceranno sempre gli stessi?Uno scontro simile, conclude Rampini, si sta riproducendo in Europa. L’inglese Vodafone e la tedesca Deutsche Telekom imitano le loro sorelle americane: vogliono far pagare a Google e Netflix una tariffa superiore per l’uso intenso delle infrastrutture, inondate di video-streaming. Argomento insidioso: sostengono che, in mancanza di adegaumenti tariffari, non avrebbero incentivi a investire per modernizzare la Rete, facendo perdere terreno all’Europa rispetto agli Usa e all’Asia. Poi la trasparenza: le “corsie preferenziali” di fatto esisterebbero già, perché gli operatori di telefonia e Internet favoriscono più o meno occultamente l’accesso alle proprie consociate e filiali, per esempio boicottando Skype in Europa o rallentando vistosamente i film di Netflix per chi cerca di scaricarli dalla rete TimeWarner che ha la sua offerta di videonoleggio concorrente. Sancire l’esistenza della “corsia veloce” alla luce del sole renderebbe le cose più trasparenti? Finora l’Ue ha scelto di difendere la neutralità di Internet. Per il giurista americano Tim Wu, se si abbandona la neutralità «anche Internet diventerà omologato ad ogni altro aspetto della società americana: sarà diseguale, e per ciò stesso una minaccia alla nostra prosperità nel lungo termine».«Immaginate un’autostrada con la corsia di sorpasso riservata ai soli proprietari di Mercedes e Bmw. Perché nel prezzo d’acquisto delle loro auto è incluso quel privilegio. Oppure, forse peggio ancora, la corsia veloce riservata a un paio di società multinazionali che gestiscono flotte di Tir, e hanno comprato quel diritto a farli circolare molto più in fretta di voi». Questo, avverte Federico Rampini, può accadere ben presto per la più importante di tutte le autostrade: Internet. La Rete da cui transita l’informazione, la comunicazione, ormai quasi ogni servizio essenziale, avrà qualità e servizi diversi. «Due velocità, per ricchi e poveri. È questa la conseguenza di una nuova normativa che sta per prendere forma negli Stati Uniti, la nazione che ha dato al mondo l’infrastruttura portante dell’èra digitale». Associazioni dei consumatori in rivolta, col mondo dei media dalla loro parte «nel denunciare la fine imminente di un principio che sembrava sacro: la Net Neutrality, la neutralità della Rete».
-
Votiamo chi ci spolperà: siamo un paese di imbecilli?
«Il sonno è ciò che i siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali». Così il Principe di Salina nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. Citazione perfetta, secondo Rosanna Spadini, per fotografare lo sconcertante voto italiano delle europee, che trasformano l’incolore Pd neoliberista nel primo partito europeo, ufficialmente ancora “di sinistra” benché renziano e ligio ai diktat della destra economica euro-atlantica, prontissimo anche ora alle larghe intese a Bruxelles coi popolari della Merkel e del navigato tecnocrate lussemburghese Juncker, ennesima controfigura del super-potere antidemocratico diretto dalla Troika.«Io però non credo all’esito di queste elezioni», protesta Spadini. «Non credo che gli italiani possano essere così imbecilli da rifiutare il cambiamento, o comunque barattarlo con un voto di scambio degli 80 euro. Non credo che siano state elezioni pienamente libere e democratiche, perché garantite da una casta politica che usa le garanzie solo per sé».La dissonanza dell’Italia è dolorosa, preoccupante. In Francia, il Front National di Marine Le Pen conquista il 25% e demolisce il socialista Hollande, in Spagna crollano i due grandi partiti del bipolarismo iberico, popolari e Psoe, che dimezzano la loro rappresentanza europea. E mentre in Gran Bretagna lo Ukip di Farage diventa primo partito stracciando il prenier Cameron relegato in terza posizione, in Grecia, con Syriza, Tispras arriva al 26,7%, staccando di quattro punti il partito del premier Antonis Samaras. «Che cos’ha l’Italia per essere diversa?». La mancanza di alternative credibili? Grillo ambiguo sull’euro? Non basta: con una posizione più netta sulla moneta unica, il M5S avrebbe recuperato «i 3 punti che sono andati alla Lega» e si sarebbe fermato a quota 24-25%, quella del febbraio 2013. Bravo Salvini, certo: ha «riesumato un partito-spazzatura», corresponsabile «di tutte le nefandezze euriste che hanno saccheggiato il paese», compresi «tutti i trattati-capestro europei che stanno trasformando l’Italia in economia da terzo mondo».«Oggi – continua Rosanna Spadini su “Come Don Chisciotte” – l’Italia ha perso tutte le proprie sovranità, quella monetaria con l’introduzione dell’euro, quella economica con la legge del divorzio tra il Tesoro e Bankitalia (Ciampi-Andreatta, 1981) e quella politica, da quando nel 2011 il governo Berlusconi è stato silurato dal “golpe bianco” dello spread e sostituito da “governi oligarchici” impostici da quei poteri finanziari che hanno commissariato l’Italia e la spolperanno fino all’osso. Io non credo – continua Spadini – che gli italiani abbiano capito cosa sta succedendo a loro e al loro paese, mentre il governo Renzi proseguirà nel progetto di svendita dei gioielli di Stato (Eni, Enel, Finmeccanica) alle lobby finanziarie straniere, e nella realizzazione del suo piano di lavoro Jobs Act, che precarizzerà a vita il lavoro delle giovani generazioni – se ne troveranno uno e retribuito decentemente». Gli italiani? «Non hanno capito la nuova proposta politica del M5S, un movimento di cittadini che si fanno Stato, cittadini comuni entrano nelle istituzioni, ma solo per due mandati».Una forma di democrazia diretta, quella dei 5 Stelle, che «risponde benissimo alle sfide del nostro tempo e si adatta perfettamente alla società dei consumatori, dove i grandi apparati politici si sono sgretolati sotto il crollo delle ideologie, dove le grandi fabbriche si stanno dissolvendo a vista d’occhio sotto i colpi della globalizzazione (vedi Fiat)». Il Movimento 5 Stelle non sparirà facilmente: «Si è confermato comunque come prima forza politica di opposizione e seconda forza in Italia», quindi «continuerà a restituire i soldi dello stipendio e a rifiutare i rimborsi elettorali, a difendere la Costituzione, i giovani dal precariato e gli imprenditori da Equitalia», mentre il Pd confluirà nel Partito Socialista Europeo che ha già annunciato che si alleerà con il Ppe della Merkel e di Berlusconi – possibile che gli elettori Pd non se ne siano “accorti”? Più facile, invece, che nel frattempo sparisca l’Italia, «condannata al declino inesorabile stabilito dagli oligarchi». E’ un destino di terzomondizzazione, «sancito da quelle lobby finanziarie che pilotano Renzi and company: l’Italia è destinata a diventare un’economia da terzo mondo – anzi, se vogliamo culturalmente lo è già, perché così ha stabilito il vero potere».«Il sonno è ciò che i siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali». Così il Principe di Salina nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. Citazione perfetta, secondo Rosanna Spadini, per fotografare lo sconcertante voto italiano delle europee, che trasformano l’incolore Pd neoliberista nel primo partito europeo, ufficialmente ancora “di sinistra” benché renziano e ligio ai diktat della destra economica euro-atlantica, prontissimo anche ora alle larghe intese a Bruxelles coi popolari della Merkel e del navigato tecnocrate lussemburghese Juncker, ennesima controfigura del super-potere antidemocratico diretto dalla Troika.«Io però non credo all’esito di queste elezioni», protesta Spadini. «Non credo che gli italiani possano essere così imbecilli da rifiutare il cambiamento, o comunque barattarlo con un voto di scambio degli 80 euro. Non credo che siano state elezioni pienamente libere e democratiche, perché garantite da una casta politica che usa le garanzie solo per sé».
-
Retorica e privatizzazioni: com’è antico il nuovo Renzi
L’imprevisto plebiscito nazionale pro Renzi motiva i giudizi più severi da parte di Gomez e Padellaro sui toni sovreccitati della campagna grillesca, cui si aggiunge «una deleteria e autolesionistica esposizione dell’impresentabile Casaleggio», scrive Pier Franco Pellizzetti. Certo, il Beppe urlante e il Gianroberto sibilante «hanno terrorizzato non poco», ma il trionfo renziano «non può essere spiegato solo con un eccesso di decibel e un difetto di icone nella comunicazione avversaria». L’impressione di Pellizzetti è che i risultati delle europee siano “in maschera”, cioè di significato apparente, non reale. Se in Europa brillano gli euroscettici contrari all’establishment, visto come «un conglomerato colluso di imprenditori politici interessati esclusivamente al mantenimento delle proprie posizioni di potere», in Italia non ha vinto il centrosinistra col suo nuovo look anti-ideologico. C’è un equivoco: «Non ha vinto il Pd, ha vinto Renzi».Renzi, cioè «colui che è balzato sulla scena nazionale come portabandiera della rottamazione», e che da premier ha proseguito in questa retorica «facendo a cartellate con manager pubblici, statali e vertici sindacali». Tutti «abili bersagli polemici, mentre il presunto “angelo vendicatore” imbarcava sul suo carro interi spezzoni della vecchia classe dirigente politica, giornalistica e imprenditoriale: la combriccola di furboni consapevole che grazie al gattopardismo frenetico del giovanotto furbacchione era possibile rinsaldare l’antica presa del privilegio sull’intera società». Dunque, aggiunge Pellizzetti su “Micromega”, «assistiamo al successo del tradizionale trasformismo italico, che introietta nel suo presunto novismo anche altre – non propriamente gloriose – attitudini del genius loci». Nient’altro che l’apprezzamento di «un paese intimamente plebeo» per la regalia da parte del potente di turno, «si tratti del pacco contenente zucchero e pasta offerto dalla nobildonna benefattrice, la scarpa dal candidato sindaco di Napoli Achille Lauro o l’obolo di ottanta euro».«Il trasformista benefattore – continua Pellizzetti – vince perché l’intima natura del restyling renziano ancora non è venuta completamente alla luce, e anche perché presenta un profilo sfuggente che le invettive di Grillo e le frasi smozzicate di Casaleggio sono inadatte a intercettare criticamente». Cultura politica e la memoria storica? Non pervenute. «Tanto da far risultare sorprendente e originale un tipo che ripropone ricette blairiane vent’anni dopo l’originale, e da far sembrare “di sinistra” (socialdemocratica) pratiche puramente mimetiche e blandizie paternalistiche». Il tutto, «a effettivo vantaggio di un establishment che si camuffa da anti-establishment, secondo la migliore ricetta americana, da Clinton a Obama». Quanto durerà l’incantamento? «Certo più a lungo del necessario». Servirebero «letture attente e meno emotive del fenomeno Renzi», anche per «strappare la maschera dietro la quale il plebiscitato cela la sua vera natura di spregiudicato manovratore», edi cui è evidente «la forte vocazione privatistica», cioè la più pericolosa per un paese «che continua a precipitare in una crisi strutturale».L’imprevisto plebiscito nazionale pro Renzi motiva i giudizi più severi da parte di Gomez e Padellaro sui toni sovreccitati della campagna grillesca, cui si aggiunge «una deleteria e autolesionistica esposizione dell’impresentabile Casaleggio», scrive Pierfranco Pellizzetti. Certo, il Beppe urlante e il Gianroberto sibilante «hanno terrorizzato non poco», ma il trionfo renziano «non può essere spiegato solo con un eccesso di decibel e un difetto di icone nella comunicazione avversaria». L’impressione di Pellizzetti è che i risultati delle europee siano “in maschera”, cioè di significato apparente, non reale. Se in Europa brillano gli euroscettici contrari all’establishment, visto come «un conglomerato colluso di imprenditori politici interessati esclusivamente al mantenimento delle proprie posizioni di potere», in Italia non ha vinto il centrosinistra col suo nuovo look anti-ideologico. C’è un equivoco: «Non ha vinto il Pd, ha vinto Renzi».
-
L’Altra Europa con Vendola, stampella del neoliberista Pd
Allarme rosso: il voto italiano offre carta bianca a Matteo Renzi per le sue cosiddette riforme: in caso di difficoltà il premier potrà appellarsi al consenso popolare e minacciare elezioni anticipate. Il programma è noto: una piccola riduzione delle tasse e altri bonus in busta paga per nuove fasce di cittadini serviranno a far digerire nuovi pesanti tagli alle amministrazioni locali (cioè riduzione dei servizi), e soprattutto privatizzazioni massicce, ulteriore precarizzazione del lavoro, deregulation nell’edilizia eccetera, legge elettorale ultra-maggioritaria per blindare l’assetto di potere. Il tutto, recitando la parte di chi cerca di “correggere” – per quel poco che si può – le politiche europee di austerity, «legate all’ideologia neoliberale dominante in tutte le istituzioni della Ue quindi molto solide e modificabili solo per alcuni dettagli», sottolinea Lorenzo Guadagnucci.Tutto questo, «inseguendo la chimera della ripresa e della crescita», ovvero «la speranza che ha probabilmente animato gli elettori italiani, convinti che qualche decimale in più nel Pil, da ottenere con le cosiddette riforme annunciate da Renzi, porterà nuova occupazione e il mantenimento dei servizi pubblici che vengono normalmente dati per scontati, come sanità e scuola». In realtà, puntualizza Guadagnucci su “Micromega”, la “ripresa” e l’aumento del Pil sono «argomenti virtuali, agitati dai tecnocrati e dai capi politici neoliberali in assenza di un’alternativa che sia alla loro portata», dal momento che «l’alternativa porta fuori dal paradigma neoliberale», che lavora per l’azzeramento dello Stato e del welfare, la fine delle tutele pubbliche per i cittadini. «Gli elettori – continua l’analista – prima o poi scopriranno che la chimera della ripresa è appunto tale (è dal 2008 che viene annunciata la ripresa entro pochi mesi) e che in ogni caso l’alta disoccupazione in Europa è un dato strutturale».Gli elettori italiani, anche quelli che hanno votato Renzi, «scopriranno prima o poi che il progetto delle élite politiche neoliberali è quello dichiarato da Mario Draghi l’anno scorso – la fine del sistema sociale europeo, che andrà fortemente ridotto e assegnato ai privati – e precisato da Jp Morgan quando ha sostenuto che le Costituzioni antifasciste nate dopo la guerra sono un ostacolo perché concedono troppi diritti ai lavoratori e ai cittadini che contestano il potere». Ed ecco allora la vera missione politica di Renzi nei prossimi mesi: «Rallentare e rimandare lo smascheramento dell’illusione neoliberale», che per Luciano Gallino è «una sorta di religione», visto che «non ammette confutazioni sulla base dei fatti storici». E’ la teologia dell’élite finanziaria: «La recessione in atto da anni, secondo i sacerdoti di quella dottrina, non è dovuta al fallimento delle sue premesse e promesse, bensì a un’imperfetta applicazione delle regole-dogmi della religione stessa».La cosiddetta crisi, continua Guadagnucci, è in realtà «un sistema di governo che per resistere – in presenza di alta e crescente disoccupazione, destrutturazione dello stato sociale, immiserimento della vita causa mercificazione di ogni aspetto dell’esistenza – dev’essere verticistico e tendenzialmente autoritario: i cittadini devono stare al loro posto, votare ogni 4-5 anni e nel frattempo affidarsi alle oligarchie finanziarie, tecnocratiche e politiche dominanti». Proprio per questo, «si preme per sistemi poltici fortemente maggioritari e fortemente personalizzati». Scontato: «Renzi si muoverà subito in questa direzione, e potrà contare nel tempo sull’appoggio dei grandi media per le sue politiche neoliberali e anche per mascherarne gli effetti nefasti e gli insuccessi rispetto alle grandi promesse formulate nelle settimane scorse (e molte altre sono in arrivo)».La domanda, per Guadagnucci, ora è questa: è ancora possibile immaginare la costruzione di un’area culturale e politica al di fuori dell’ideologia neoliberale? Qualcosa che prefiguri una via d’uscita? In Grecia, Syriza ha ottenuto la maggioranza relativa proponendo una rottura col paradigma neoliberale: oggi quello di Tispras è il primo partito del paese, ma non ha davvero sfondato (è al 26%). In Spagna, la lunga protesta degli “indignados” ha avuto un’eco elettorale in una lista che è arrivata all’8%, “Podemos”, mentre in Italia la lista “L’Altra Europa con Tsipras” ha superato faticosamente la soglia del 4%. Ben diversa la tendenza di Francia e Gran Bretagna, dove Ukip e Front National hanno vinto le elezioni, sfoderando solidi argomenti nazionalisti, sovranisti e contrari all’attuale europeismo. Per un’alternativa democratica italiana, dice Guadagnucci, è necessario innanzitutto rompere col Pd, guidato dall’ex democristiano Renzi che individua in Blair, campione del neoliberismo, l’unica sua parentela con “qualcosa di sinistra”, anche se Blair è l’uomo che ha seppellito le istanze della sinistra in Gran Bretagna per votarsi al culto del mercato. Che sarà della Lista Tispras? Vendola, uno dei suoi maggiori azionisti, già propone una convergenza col Pd. Si accomodi pure, dice Guadagnucci: quello del centrosinistra italiano è un binario morto.Allarme rosso: il voto italiano offre carta bianca a Matteo Renzi per le sue cosiddette riforme: in caso di difficoltà il premier potrà appellarsi al consenso popolare e minacciare elezioni anticipate. Il programma è noto: una piccola riduzione delle tasse e altri bonus in busta paga per nuove fasce di cittadini serviranno a far digerire nuovi pesanti tagli alle amministrazioni locali (cioè riduzione dei servizi), e soprattutto privatizzazioni massicce, ulteriore precarizzazione del lavoro, deregulation nell’edilizia eccetera, legge elettorale ultra-maggioritaria per blindare l’assetto di potere. Il tutto, recitando la parte di chi cerca di “correggere” – per quel poco che si può – le politiche europee di austerity, «legate all’ideologia neoliberale dominante in tutte le istituzioni della Ue quindi molto solide e modificabili solo per alcuni dettagli», sottolinea Lorenzo Guadagnucci.
-
Sternhell: basta apartheid, il mondo libero isoli Israele
Chiedere ad Abu Mazen di riconoscere Israele come Stato ebraico significa pretendere che i palestinesi ammettano la loro sconfitta storica e riconoscano la proprietà esclusiva degli ebrei del paese. Ciò che si chiede loro è rinnegare la loro identità nazionale, accettando una resa storico-culturale prima ancora che politica. Ciò che mi preoccupa di più è l’idea di “pace” che oggi permea trasversalmente Israele: un’idea diventata senso comune per la maggioranza dell’opinione pubblica israeliana. E’ qualcosa di più e di più grave di una idea di pace a costo zero. E’ la convinzione che l’unica pace accettabile sia la resa incondizionata dei palestinesi. Se si chiede a un cittadino medio israeliano se è per la pace o per la guerra, risponderà pronto che lui vuole la pace. Ma la “psicologia di una nazione” emerge quando si scava nell’idea di pace. E’ qui che si nasconde l’arretramento. Una pace senza giustizia è un esercizio retorico destinato a un misero fallimento.La giustizia, in questo caso, è tale se riconosce e rispetta i diritti di tutti e non solo di chi esercita il monopolio della forza. Nel mio paese chi si considera di sinistra evoca spesso la necessità di battersi per la giustizia sociale. Ma come è possibile realizzare la giustizia sociale senza definire la giustizia come un valore universale? Quali sono i confini della giustizia e della sua attuazione? Questo ci riporta all’ occupazione. La giustizia non è solo il diritto a un alloggio decente per gli ebrei, è anche il diritto alla libertà per un popolo che vive sotto occupazione. Prima che in politica, la sinistra ha perso la sua battaglia nel campo della cultura, del confronto di visioni. A 68 anni dalla nascita d’Israele, ad affermarsi sembra essere il revisionismo sionista di Jabotinsky, quello che affida a Israele una sorta di ruolo “messianico”, da popolo eletto; una idea per cui a essere centrate è “Eretz Israel”, la sacra Terra d’Israele, piuttosto che “Medinat Israel”, lo Stato d’Israele.In questa visione lo Stato non esiste per garantire la democrazia, l’uguaglianza, i diritti umani o anche una vita dignitosa a tutti; esiste per garantire il dominio ebraico sulla Terra di Israele e per assicurarsi che nessuna entità politica supplementare è qui stabilita. Tutto è ritenuto lecito per raggiungere tale fine, e nessun prezzo è considerato troppo elevato. Ma tutto ciò non ha nulla a che vedere con la “modernità”. Inesorabilmente Israele si sta trasformando sempre più in una entità anacronistica. Uno Stato di apartheid? Non si tratta di un rischio, è qualcosa che già si sta determinando nella realtà quotidiana, negli atti compiuti dalle autorità e nella percezione di sé e dell’altro che ne è il tratto ideologico: l’idea per cui se il palestinese, o l’arabo israeliano, vuol essere “tollerato” deve accettare la propria inferiorità. Quello che così facendo si è creato è un “popolo di espropriati”. Espropriati non solo delle loro terre ma della loro identità, del loro essere più profondo.Purtroppo, la strada per il Sudafrica è stata pavimentata, e potrà essere smantellata solo se il mondo libero, l’Occidente, porrà Israele di fronte a un aut-aut: fermare l’annessione e smantellare la maggior parte delle colonie e lo stato dei coloni, o essere emarginato. Fuori e dentro Israele è aperto da tempo un dibattito sul boicottaggio dei prodotti che provengono dagli insediamenti. Il boicottaggio è soprattutto un modo civile, non violento ma concreto, per protestare contro il colonialismo e l’apartheid prevalente nei Territori. Una tesi condivisa da molti intellettuali israeliani. E’ un bene che sia così, ed è un bene per Israele, per la sua immagine nel mondo. Gli intellettuali israeliani sono i migliori ambasciatori del sionismo, ma rappresentano la società israeliana, non la realtà coloniale. Pensano che calpestare i diritti dei palestinesi in nome dei nostri diritti esclusivi per la terra, e in virtù di un decreto divino, contamini la storia ebraica di una macchia indelebile.C’è chi vede proprio nel sionismo la radice ideologica e l’esperienza politica “fatta Stato” che è alla base dell’espansionismo israeliano, ma non è così: questa è una caricatura del sionismo, o comunque ne è una traduzione politica strumentale, in alcuni casi funzionale ad ammantare di idealità positiva una pratica intollerabile. Il sionismo si fonda sui diritti naturali dei popoli all’autodeterminazione e all’autogoverno. Questi diritti naturali dei popoli valgono per tutti, inclusi i palestinesi. Resto fermamente convinto che il sionismo ha il diritto di esistere solo se riconosce i diritti dei palestinesi. Purtroppo, gli insediamenti realizzati dopo la guerra del ’67 oltre la Linea Verde rappresentano la più grande catastrofe nella storia del sionismo: hanno creato una situazione coloniale, proprio quello che il sionismo voleva evitare. Da questo punto di vista, per come è stata interpretata e per ciò che ha innescato, la Guerra dei Sei Giorni è in rottura e non in continuazione con la Guerra del ’48. Quest’ultima fondò lo Stato d’Israele, quella del ’67 si trasformò, soprattutto per la destra ma non solo per essa, da risposta di difesa ad un segno “divino” di una missione superiore da compiere: quella di edificare la Grande Israele.(Zeev Sternhell, dichiarazioni rilasciate a Umberto De Giovannangeli per un’intervista pubblicata da “L’Unità” e ripresa dal blog di Gad Lerner il 5 maggio 2014. Sternhell,79 anni, è considerato il più autorevole storico israeliano, insignito nel 2008 dal Premio Israele per le Scienze Politiche, massima onorihicenza culturale del paese. Tra le sue opere, “Nascita d’Israele. Miti, storia, contraddizioni”).Chiedere ad Abu Mazen di riconoscere Israele come Stato ebraico significa pretendere che i palestinesi ammettano la loro sconfitta storica e riconoscano la proprietà esclusiva degli ebrei del paese. Ciò che si chiede loro è rinnegare la loro identità nazionale, accettando una resa storico-culturale prima ancora che politica. Ciò che mi preoccupa di più è l’idea di “pace” che oggi permea trasversalmente Israele: un’idea diventata senso comune per la maggioranza dell’opinione pubblica israeliana. E’ qualcosa di più e di più grave di una idea di pace a costo zero. E’ la convinzione che l’unica pace accettabile sia la resa incondizionata dei palestinesi. Se si chiede a un cittadino medio israeliano se è per la pace o per la guerra, risponderà pronto che lui vuole la pace. Ma la “psicologia di una nazione” emerge quando si scava nell’idea di pace. E’ qui che si nasconde l’arretramento. Una pace senza giustizia è un esercizio retorico destinato a un misero fallimento.
-
Riforme criminali targate Ocse, prepariamoci al peggio
Riforme criminali: contro il lavoro, il reddito, il benessere diffuso dei cittadini. Per quelle “riforme” è in corso da vent’anni una campagna martellante, sintetizza Marco Della Luna. E il loro unico, vero obiettivo è «rendere la società market-friendly, “marktkonform”, ossia amica del mercato (finanziario)». A nulla vale il confronto con la realtà: flessione del Pil e dell’export, boom del debito pubblico, disoccupazione dilagante. E’ perché “dobbiamo fare le riforme”, recitano i politici e i media mainstream. Sono le “riforme” in corso da due decenni nell’area Ocse, «quelle riforme che tanto ci chiedono l’Europa, il Fmi, il Colle». Oggi, in Italia, sono le “riforme” di cui parla il nuovo autocrate Renzi, consacrato dal battesimo elettorale delle europee. Riforme già viste altrove, purtroppo: «Sono state socialmente costose e insieme controproducenti rispetto al fine di rilanciare l’economia e l’occupazione». Hanno rilanciato solo i maxi-profitti, non il benessere diffuso. «Il loro scopo è un altro: la concentrazione dei redditi e del potere».
-
Pritchard: così l’euro-sinistra ha svenduto i popoli all’élite
«Per un terribile rovescio del destino, la politica della sinistra europea sostiene la politica economica più reazionaria: i grandi partiti socialisti europei del dopoguerra sono rimasti intrappolati nella dinamica corrosiva dell’unione monetaria, apologeti della disoccupazione di massa e di un regime deflazionistico stile anni ‘30 che, sottilmente, favorisce gli interessi delle élite». In poche righe, Ambrose Evans-Pritchard fotografa la tragedia europea: i partiti che “inventarono” il sistema di welfare migliore del mondo sono oggi i migliori interpreti del rigore escogitato per demolire proprio quel welfare, il frutto migliore che la sinistra europea sia stata capace di creare dopo la Seconda Guerra Mondiale. Fino a cancellare la stessa idea di Europa come patria comune, traguardo civile di convivenza. E’ stato il centrosinistra europeo a far ingoiare l’amara medicina dell’oligarchia finanziaria, abusando della fiducia storicamente ottenuta dalle fasce popolari e dall’elettorato progressista.«Uno dopo l’altro, la stanno pagando tutti», scrive Pritchard sul “Telegraph”, in un’analisi ripresa da “Come Don Chisciotte”. Primo esempio, i Paesi Bassi: «Il partito laburista olandese che diede vita al “Polder Model” e amministrò l’Olanda per mezzo secolo ha perso i suoi bastioni a Amsterdam, Rotterdam e Utrecht, i suoi sostenitori sono scesi al 10% per aver timidamente approvato le politiche di austerità che hanno portato alla deflazione e ad un abbattimento del valore immobiliare tanto da arrivare a ipoteche sul 25% di patrimoni netti negativi». Le politiche recessive «sono velenose per i paesi che già hanno problemi». L’indebitamento delle famiglie olandesi è passato dal 230% al 250% del reddito disponibile dal 2008 a oggi, mentre il debito dei britannici (che si sono tenuti la sterlina) è sceso da 151% al 133% nello stesso periodo. E’ tutta colpa del rigore imposto da Bruxelles, ma il partito laburista olandese «non può fare nessuna critica coerente, perché il suo orientamento pro-Ue lo costringe quasi al silenzio».«Il Partito Socialista non ha mai creduto nell’euro e non ci crediamo nemmeno adesso: dobbiamo quindi smettere di chiedere sempre più sacrifici per mantenerlo», ha detto Dennis de Jong, il leader del partito a Strasburgo che si appella a un “Piano B” per smantellare l’unione monetaria in modo ordinato». In Grecia, il socialista Pasok che ha guidato il paese verso la democrazia dopo la dittatura dei “colonnelli”, è sceso al 5,5%: un guscio svuotato da Syriza, che ora con il 25% di voti promette di strappare Atene dalle grinfie della Troika Ue. «Il Pasok si è meritato il suo annientamento», scrive il notista del “Telepgraph”: «Ha cospirato nel colpo di stato fatto nel retrobottega a novembre 2011, ancora una volta accettando le richieste dell’Ue per rovesciare il proprio primo ministro e per annullare il referendum della Grecia sul bail-out. Rinunciò, allora, ad una prova di forza catartica e necessaria con Bruxelles, per la troppa paura di rischiare l’espulsione dall’euro. Questo referendum si farà adesso: Tsipras ha trasformato le elezioni europee di questa settimana in un verdetto sulla servitù del debito».Se si può capire la paura della sinistra nei paesi periferici, aggiunge Evans-Pritchard, «il mistero è il motivo per cui un presidente socialista francese, con una maggioranza parlamentare, debba subire passivamente le politiche che stanno fiaccando la linfa vitale dell’economia francese e che stanno distruggendo la sua presidenza». François Hollande ha vinto due anni fa puntando sulla crescita e promettendo di bocciare il Fiscal Compact. Da quando è in carica, però, la disoccupazione francese è salita dal 10,1 al 10,4%, la crescita del Pil è scesa a zero e anche nell’ultimo trimestre la Francia ha perso 23.600 posti di lavoro, dopo i 57.000 perduti nel 2013. Sicché, secondo l’ultimo sondaggio Ifop, l’indice di gradimento di Hollande è crollato sotto il 18%: il peggiore da sempre per un leader francese. «La sua retorica del New Deal non ha portato a niente». Hollande «è capitolato sul Fiscal Compact, accettando una camicia di forza che obbliga la Francia a tagliare il debito pubblico ogni anno per un importo fisso per due decenni, fino a quando non sarà scesi al 60% del Pil, a prescindere dalla demografia o dal gap che esista nel settore privato o dalle esigenze di investimento dell’economia».La sua presidenza? «E’ stata tutto uno spettacolo dell’orrore di pacchetti di austerità, uno dopo l’altro, un circolo vizioso di maggiori imposte che fanno abortire qualsiasi recupero e lo debilitano con un effetto moltiplicatore che peggiora la situazione». Inasprimento fiscale nonostante il disavanzo: è la ricetta per il suicidio, se la Bce non interviene per compensare con iniezioni di denaro. «La risposta di Hollande è stata un raddoppio del rigore per infiocchettare il pacchetto: ha ceduto alle richieste di Bruxelles per altri 50 miliardi di euro di austerità nei prossimi tre anni». Questa volta, «la scure cadrà sulla spesa pubblica, arrivata al 57% del Pil». Inoltre, «ci saranno radicali riforme del lavoro, una variante della terapia-shock Hartz IV che servì per fottere i salari tedeschi dieci anni fa». In altre parole: se il socialista Hollande ha fatto pace con le grandi imprese, «sarà l’austerità a farlo a fette».Hollande si era prodigato per una “alleanza latina” per contrastare i deflattori quando presero il potere e per costringere la Germania a mettere il veto sulle azioni della Bce. Quella momentanea dimostrazione di grinta aveva spinto Draghi verso un piano di retromarcia sul debito italiano e spagnolo nel mese di agosto 2012, aiutato molto da Washington, ma poi non è andato avanti «e la Spagna ha continuato per la sua strada, come se fosse una Prussia del Sud o una nuova Tigre latina». La Bce? «Ancora una volta ha continuato a rigirarsi i pollici, incurante della deflazione». Francoforte «ha lasciato che i vincoli negativi bloccassero il bilancio francese facendolo ridurre di 800 miliardi, mentre l’euro si è rivalutato dell’ 8% contro lo yuan e del 15% contro lo yen, in un anno». Mentre gran parte del mondo sta cercando di tener basso il cambio delle valute e la deflazione delle esportazioni, l’Europa «è rimasta l’unica e tenersi tutto il pacco sulle spalle».I francesi non possono accettare di morire per asfissia economica: «La Francia è il cuore pulsante dell’Europa, l’unico paese con una statura di civiltà capace di condurre una rivolta e di prendersi carico della macchina politica dell’Unione Monetaria. Ma per scoprire il bluff della Germania, con una minima credibilità, Hollande dovrebbe essere pronto a rovesciare tutto il progetto dalle sue fondamenta e persino a rischiare una rottura sull’euro». Ed è quello che non farà mai. «Tutta la sua vita politica, da Mitterrand a Maastricht, è stata intessuta negli affari europei». Hollande «è prigioniero dell’ideologia di questo progetto, convinto come è che un condominio franco-tedesco rimanga la leva del potere francese e che sia l’euro a tenere legati i due paesi». Lo statista francese Jean-Pierre Chevenement confronta l’acquiescenza di Hollande con il corso rovinoso dei decreti deflazionistici di Pierre Laval nel 1935 durate il Gold Standard, cioè «l’ultima volta che un leader francese pensò di dover cavare sangue dal suo paese per difendere il vezzo di un cambio fisso».E’ la verità brutale, aggiunge Evans-Pritchard: «I socialisti francesi pensavano di non avere nulla da temere dall’ascesa del Fronte Nazionale, un partito che si prepara a sfruttare la furia prorompente dalla “France Profonde”, con l’impegno di ripristinare il controllo sovrano francese su tutto ciò che conta nella nazione, e che ha messo l’euro al primo posto tra i suoi compiti». I socialisti pensavano che il Fn avrebbe tolto voti ai gollisti, dividendo la destra? Errore: Marine Le Pen «sta dilaniando, con lo stesso vigore, anche le loro proprie roccaforti della classe operaia». Hanno sottovalutato la Le Pen, ora quotata al 24%, e sono scivolati al terzo posto, travolti dal “lepenismo di sinistra”, nuovo guardiano del welfare francese. I socialisti «non hanno nessuna risposta» da opporre agli attacchi del Fn sulla “austerità insensata” e “le politiche monetarie folli della Bce”, che continuano a intaccare il nucleo industriale della Francia. La Le Pen ripete che il prgetto dell’euro coincide con la disoccupazione di massa? «E’ tutto vero», dice Evans-Pritchard, ed è per questo che Hollande non sa cosa rispondere a Marine Le Pen.Tutto cominciò con il “referendum rubato”, la fatidica decisione di approvare il Trattato di Lisbona senza farlo votare, dopo che il popolo francese aveva già respinto un testo quasi identico chiamato “Costituzione europea”. «Nella scelta di ignorare la scelta del popolo del maggio 2005 – scrive Evans-Pritchard – i leader francesi hanno anticipato tutto quello che stiamo vedendo ora in Europa», ovvero «le scosse di assestamento di quel terremoto anti-democratico in Europa», per dirla con Coralie Delaume e il suo “Gli Stati Disuniti d’Europa”. «I socialisti dicono che è un oltraggio rifiutare un referendum su Lisbona, ma quando venne il momento di votarlo in parlamento, 142 deputati e senatori si astennero, e 30 votarono a favore del Trattato e diedero al presidente Nicolas Sarkozy la maggioranza dei tre quinti», ricorda Evans-Pritchard. «Le élite pensavano di essersela cavata con le loro prestidigitazioni su Lisbona? Non se l’erano cavata affatto», ma è ormai storia lo squallore del centrosinistra europeo, senza il quale l’oligarchia neoliberista non arebbe mai potuto imporre la crisi, attraverso il progetto neo-feudale chiamato euro.«Per un terribile rovescio del destino, la politica della sinistra europea sostiene la politica economica più reazionaria: i grandi partiti socialisti europei del dopoguerra sono rimasti intrappolati nella dinamica corrosiva dell’unione monetaria, apologeti della disoccupazione di massa e di un regime deflazionistico stile anni ‘30 che, sottilmente, favorisce gli interessi delle élite». In poche righe, Ambrose Evans-Pritchard fotografa la tragedia europea: i partiti che “inventarono” il sistema di welfare migliore del mondo sono oggi i più inflessibili interpreti del rigore escogitato per demolire proprio quel welfare, il traguardo più avanzato che la sinistra europea sia stata capace di centrare dopo la Seconda Guerra Mondiale. Fino a cancellare la stessa idea di Europa come patria comune, traguardo civile di convivenza. E’ stato il centrosinistra europeo a far ingoiare l’amara medicina dell’oligarchia finanziaria, abusando della fiducia storicamente ottenuta dalle fasce popolari e dall’elettorato progressista.
-
Siamo in pieno fascismo, spiegatelo agli antifascisti
È appena trascorso il 25 aprile, Festa della Liberazione, e può essere utile svolgere alcune considerazioni sullo statuto dell’antifascismo all’interno della nostra società. Fermo restando il valore dell’antifascismo quando era presente il fascismo (l’antifascismo di Gramsci e di Gobetti, per intenderci), occorre interrogarsi sul senso e sul valore dell’odierno antifascismo in assenza completa di fascismo. A un primo sguardo, mi pare potersi così compendiare il paradosso dell’odierno antifascismo a sessant’anni dalla fine del fascismo: se per fascismo intendiamo il fascismo storico mussoliniano, esso si è estinto da ormai più di cinquant’anni e non ha senso, dunque, la sopravvivenza dell’-anti alla realtà cui l’-anti si contrapponeva. Se per fascismo intendiamo genericamente la violenza, oggi allora il fascismo è l’economia capitalistica (Fiscal Compact, debito, precariato, ecc.), ossia ciò che gli odierni sedicenti antifascisti accettano in silenzio.Morale? Variante ideologica del neoliberismo trionfante, l’antifascismo oggi è solo un alibi per non essere anticapitalisti, una volgare scusa per combattere un nemico che non c’è più e accettare vigliaccamente quello esistente, il capitalismo. La divisione dell’immaginario politico secondo la bipartizione fascisti-antifascisti, ma poi anche la divisione tra una destra e una sinistra che, al di là dei nomi, risultano interscambiabili, è una preziosa risorsa simbolica per l’assoggettamento dell’opinione pubblica al profilo culturale del monoteismo del mercato, invisibile al cospetto del proliferare di tali opposizioni. Essere antifascisti in assenza completa del fascismo o anticomunisti a vent’anni dall’estinzione del comunismo storico novecentesco costituisce un alibi per non essere anticapitalisti, facendo slittare la passione della critica dalla contraddizione reale a quella irreale perché non più sussistente.L’antifascismo svolge oggi il ruolo di fondazione e di mantenimento dell’identità di una sinistra ormai conciliata con l’ordine neoliberale, che deve dirsi antifascista per non essere anticapitalista, che deve combattere il manganello passato e non più esistente per accettare in silenzio quello invisibile se non nei suoi effetti (ingiustizia, miseria e storture d’ogni sorta hanno, privatizzazioni e precarizzazione, ecc.). Quanta insistenza sul passato è necessaria per non vedere il presente? Quanto occorre insistere sugli orrori fortunatamente estinti per far sì che la gente non si accorga nemmeno più di quelli oggi dominanti? Quanta foga nel denunciare tutte le violenze che non siano quelle silenziose dell’economia e del mercato! Il manganello oggi ha cambiato forma, ma si fa ugualmente sentire: si chiama violenza economica, taglio delle spesa pubblica, precariato, rimozione dei diritti sociali, selvagge politiche neoliberali all’insegna dello “Stato minimo”.(Diego Fusaro, “Il paradosso dell’odierno antifascismo”, da “Lo Spiffero” del 28 aprile 2014).È appena trascorso il 25 aprile, Festa della Liberazione, e può essere utile svolgere alcune considerazioni sullo statuto dell’antifascismo all’interno della nostra società. Fermo restando il valore dell’antifascismo quando era presente il fascismo (l’antifascismo di Gramsci e di Gobetti, per intenderci), occorre interrogarsi sul senso e sul valore dell’odierno antifascismo in assenza completa di fascismo. A un primo sguardo, mi pare potersi così compendiare il paradosso dell’odierno antifascismo a sessant’anni dalla fine del fascismo: se per fascismo intendiamo il fascismo storico mussoliniano, esso si è estinto da ormai più di cinquant’anni e non ha senso, dunque, la sopravvivenza dell’-anti alla realtà cui l’-anti si contrapponeva. Se per fascismo intendiamo genericamente la violenza, oggi allora il fascismo è l’economia capitalistica (Fiscal Compact, debito, precariato, ecc.), ossia ciò che gli odierni sedicenti antifascisti accettano in silenzio.
-
Un mondo diverso: quello che non ci avete lasciato
Stavo guardando su Facebook una lunga serie di fotografie risalenti agli anni ‘60 e ‘70. Le lotte, le manifestazioni, scontri con la polizia, gli striscioni, i colori visibili anche in bianco e nero, gli slogan, rabbia, molta rabbia, anche molta voglia di stare insieme, di condividere gli spazi, i sogni, il destino. Sì, bello, affascinante e tutto quanto. Poi però i nostalgici di anni mai vissuti – accusati di essere rimasti ad allora solo perché di quegli anni invidiano la partecipazione, la radicalità, il realismo dell’utopia – pensano subito all’oggi, al deserto di oggi. Ogni volta mi viene da pensare che quelle piazze stracolme e così rebeldi erano fatte di gente in carne e ossa; altro non sono che i nostri genitori, o nonni. E mi domando, sempre, cosa ci avete lasciato? Perché ci avete tirato su così ferocemente calcolatori, disinteressati, pavidi?Noi, che siamo i figli di quella generazione, siamo probabilmente – anzi no: ne sono sicuro – la gioventù o post gioventù più conformista e innocua che l’Italia da inizio ‘900 in poi abbia conosciuto. Ed è vero che il crollo delle ideologie, il consumismo, la televisione, il web eccetera, ok. È vero però che qualcuno dovrà pur averci educato, e forse non lo ha fatto bene, o forse quella ribellione di allora non era così sincera, o forse nel frattempo chi combattevate vi ha blandito e infine comprato. Fosse solo una questione economica, poi. I soldi dopotutto non ci sono mai mancati, anche adesso che il lavoro scarseggia, perché c’eravate e ci siete voi.Quel che non ci avete insegnato è invece il poter credere che esista un’altra possibilità oltre all’adesione ad un sistema che ci è stato raccontato così, come se fosse dio, come se fosse legge di natura. Perché dovevamo essere performanti, noi. Pragmatici come lo siete diventati voi. Meno coraggio, meglio un sei politico esistenziale. Meno utopia, più piccola bottega. E comunque tranquilli, perché la cosa più bella che ci avete regalato è una: l’incoscienza. Il progresso è finito da un pezzo, le cose vanno oggettivamente peggio e noi non ce ne stiamo nemmeno accorgendo.(Matteo Pucciarelli, “Quel che non ci avete lasciato”, da “Micromega” del 13 aprile 2014).Stavo guardando su Facebook una lunga serie di fotografie risalenti agli anni ‘60 e ‘70. Le lotte, le manifestazioni, scontri con la polizia, gli striscioni, i colori visibili anche in bianco e nero, gli slogan, rabbia, molta rabbia, anche molta voglia di stare insieme, di condividere gli spazi, i sogni, il destino. Sì, bello, affascinante e tutto quanto. Poi però i nostalgici di anni mai vissuti – accusati di essere rimasti ad allora solo perché di quegli anni invidiano la partecipazione, la radicalità, il realismo dell’utopia – pensano subito all’oggi, al deserto di oggi. Ogni volta mi viene da pensare che quelle piazze stracolme e così rebeldi erano fatte di gente in carne e ossa; altro non sono che i nostri genitori, o nonni. E mi domando, sempre, cosa ci avete lasciato? Perché ci avete tirato su così ferocemente calcolatori, disinteressati, pavidi?
-
Barnard: neo-feudalesimo, chi e perché ci ha rovinato
Il complotto. Una parola trasformatasi in un’arma micidiale ai danni di chi studia, denuncia e lotta contro il Vero Potere. E’ usata da giornalisti, soprattutto, quelli che dalle pagine dei grandi quotidiani e dagli schermi Tv ammiccano sorrisetti spregiativi quando quelli come me parlano di Unione Europea criminale, di progetto Neoclassico e infine di Neofeudalesimo. Ci tacciano di essere dei fantasisti o pazzoidi che parlano di complotti, sciocchezze… suvvia, siamo seri. Io (e pochissimi altri) denuncio cose che volano in effetti chilometri sopra la comprensione comune della gente. Esse sono così distanti dal ‘ragionevole’, dal ‘plausibile’, che è gioco facile, per coloro che sanno invece benissimo che quello che io denuncio è vero, squalificarmi come complottista. E allora l’Olocausto?Il massimo storico dell’Olocausto mai esistito si chiamava Prof. Raul Hilberg. Il suo monumentale volume “La Distruzione degli Ebrei d’Europa” racconta fra la tante cose un fatto proprio ‘irragionevole’ e ‘non-plausibile’, una cosa che si direbbe pazzesca. Ed è che, nella civilissima Germania degli anni ’40 del XX secolo, la macchina mostruosa dell’Olocausto si compose precisamente di due componenti: a) di un’ideologia divenuta fede – cioè che l’ebreo andava eliminato per la salvezza del continente Europa; b) e di una, si faccia attenzione!, macchina burocratica di sterminio AUTOPROPAGATASI autopropagatosi, cioè non comandata dall’alto né pianificata dai vertici nazisti. Ovvero di un moto perpetuo e autonomo che creava pezzi della macchina di sterminio man mano che questo moto passava da una testa all’altra, da una burocrazia all’altra, da una regione all’altra, da un’autorità locale all’altra, in Germania come in Polonia.Nessun decreto di Hitler con le parole “gassateli”, nessun comando berlinese di ingegneri pianificatori dei campi di concentramento, nessuna riunione del Terzo Reich dove ogni sei mesi si faceva il punto dello sterminio. Ma, ripeto, un moto AUTOPROPAGATOSI autopropagatosi da un’ideologia/fede e che ha finito col ricomporsi SPONTANEAMENTE spontaneamente in un Olocausto gestito da migliaia di pezzetti burocratici autonomi senza alcuna gestione centrale. Non so se vi è chiaro, ma tutto questo ha dell’incredibile, eppure fu così, lo decreta il massimo storico del Nazismo mai esistito. Ora… immaginate se un’autorità della statura immensa come quella del Prof. Raul Hilberg avesse scritto di tutto ciò, previsto tutto ciò, negli anni dell’ascesa al potere di Hitler. Ma è straovvio: lo avrebbero squalificato come un mentecatto delirante e un complottista, probabilmente anche dagli stessi ebrei tedeschi. Facile, come bere un bicchier d’acqua.E qui arrivo al nostro NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo. Il mio lavoro di oggi, dopo il saggio “Il Più Grande Crimine 2011”, sta svelando una pianificazione di quasi un secolo da parte delle élite Tradizionaliste Neofeudali europee, cioè il Vero Potere, per riprendersi il dominio perduto dall’Illuminismo in poi; per, soprattutto, re-imporre alle “masse ignoranti” d’Europa un GIUSTO ORDINE giusto ordine che ne avrebbe evitato, a loro parere, la degenerazione in un modello di ‘depravata democrazia all’americana’. Il GIUSTO ORDINE giusto ordine significava e significa oggi per loro l’assoluto controllo di una élite non-eletta su centinaia di milioni di cittadini europei sempre più impoveriti, e quindi resi servi impotenti. E lo strumento che queste élite Neofeudali hanno usato per portare al successo quella pianificazione è l’UNIONE MONETARIA EUROPEA Unione Monetaria Europea, oggi chiamata Eurozona, che infatti sta ottenendo la devastazione della democrazia e degli standard di vita in tutta Europa, con crolli di quegli standard e dell’economia della piccola-media borghesia di proporzioni indicibili. Ebbene, ricordate Hilberg: facile per i tromboni servi del Vero Potere ridicolizzare me e le mie autorevoli fonti accademiche come complottisti. Ma non lo siamo. Noi vi stiamo raccontando il prossimo Olocausto, dove nei campi di sterminio è già oggi finita la DEMOCRAZIA democrazia.Elite Tradizionaliste Neofeudali: da dove nascono? E cosa hanno fatto?Per semplificare un racconto immenso, parto dal New Deal di Franklyn D. Roosevelt. Quando la notizia di quella rivoluzione sociale ed economica americana giunse in Europa, essa fu accolta dai discendenti delle famiglie dominanti e dai maggiori capitani d’industria, i Tradizionalisti Neofeudali, con orrore. Niente meno che orrore. Ma che stava facendo quel pazzo degenerato di Roosevelt?, pensarono. Dio! Stava usando i soldi dello Stato per creare dei “falsi diritti” per le “masse ignoranti”, per i disoccupati, e gli stava migliorando lo standard di vita! Questo era anatema per Tradizionalisti Neofeudali, per due motivi: lo Stato Usa, poiché possessore di una moneta sovrana, aveva in mano uno strumento di potere di fuoco infinito per far avanzare proprio le spregevoli “masse ignoranti”, e questo poteva contagiare anche gli Stati d’Europa. Andava evitato a tutti i costi; e una volta che le “masse ignoranti” avessero ottenuto abbastanza diritti e benessere, sarebbero divenute troppo potenti e avrebbero definitivamente distrutto i VALORI DEL GIUSTO ORDINE SOCIALE valori del giusto ordine sociale perduto dopo il crollo dei feudalesimi a favore della democrazia.Questi valori sono: a) sottomissione delle “masse ignoranti” alla superiore saggezza delle élite non-elette, che le governa attraverso istituzioni SOVRANAZIONALI sovranazionali rette da tecnocrati fedeli ai Tradizionalisti Neofeudali (vi dice già qualcosa….?); b) una vita di permanente povertà o scarsità delle “masse ignoranti” per non alzare troppo la testa sopra il regno della Chiesa vaticana, fedele alleata della restaurazione del GIUSTO ORDINE giusto ordine; c) da quella scarsità doveva venire paura e insicurezza continua delle “masse ignoranti” per cementare tutto ciò. Un esempio concreto: essi pensarono che con “masse ignoranti” rese benestanti ‘all’americana’ non sarebbe più stato possibile spedire milioni di poveracci a crepare come maiali al macello nelle trincee di una guerra Neofeudale (I Guerra Mondiale), o in avventure coloniali dello stesso stampo; non sarebbe più stato possibile estrarre manodopera della gleba per i loro conglomerati industriali.Ora ecco chi erano i Tradizionalisti Neofeudali. Il primo gruppo si riunì fra le due Grandi Guerre attorno al Comité des Forges in Francia, finanziato dalla famiglia Wendel e dai tedeschi Krupp, con interventi finanziari di non poco conto della Banca di Francia. Erano politici, principalmente, ma raccoglievano le idee di pensatori noti, da Junger a Keyserling, Heidegger, Jouvenel, Perroux, Mounier, Céline, naturalmente selezionandone le analisi più convenienti per il loro sogno di restaurazione del GIUSTO ORDINE giusto ordine, e scartandone molte altre (ad eccezione di Perroux che fu preso e copia-incollato da cima a fondo). Gli economisti di riferimento erano i Neoclassici più noti allora: Walras, Jevons, Menger. Questo primo drappello fu immediatamente ingrossato nelle sue fila dai maggiori industriali nordeuropei (franco-tedeschi soprattutto, il cosiddetto cartello dell’acciaio-carbone), dalle famiglie nobili, prima fra tutte la famiglia tedesca dei Thurn Und Taxis e i belgi Davignon e Boel, i Reali allora esistenti in Europa (esclusa la Gran Bretagna) e la miriade di discendenti della casa Hohenstaufen (non posso qui elencare tutti questi ‘rentiers’ europei, ma sono migliaia di famiglie).Se ne deduce che era principalmente un ‘asse’ franco-tedesco, ed aveva un progetto ben preciso: sottomettere a quasi servitù intere nazioni europee a cominciare da Italia, Portogallo, Spagna, il Benelux e anche gli scandinavi. L’Europa dell’est neppure era presa in considerazione, la consideravano territorio coloniale come l’Africa. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i Tradizionalisti Neofeudali avevano due visioni nette: la prima era che la ‘democrazia dei consumi’ d’oltreoceano avrebbe finito per corrompere quella società con i valori ‘depravati’ del benessere minimo della gente, fino alla sua distruzione. Infatti il capitalismo americano, per quanto infestato di imperfezioni, doveva (e deve) mantenere in vita un minimo di spesa pubblica per evitare il collasso totale dei consumi, che è contrario agli interessi delle corporations, e quindi doveva (e deve) mantenere le strutture democratiche di: governo sovrano, Parlamento che decide la spesa (Congresso) e Banca Centrale che la finanza (Fed). Tutti elementi, questi, che per i Tradizionalisti Neofeudali erano bestemmie politiche allo stato puro che avrebbero affondato gli Usa celebrando la vittoria della loro Europa neofeudale.La seconda visione era che appunto l’Europa non avrebbe mai dovuto diventare un modello americano di Stati Uniti d’Europa con un governo centrale democraticamente eletto, un Tesoro comune e Banca Centrale a garanzia dei debiti pubblici (vi dice già qualcosa…..?). Il fatto è che in America nessun singolo Potere era, ed è mai riuscito badate bene, come invece in Europa oggi proprio al culmine del sogno Neofeudale, a impossessarsi di tutti e tre i poteri fondamentali delle élite: il potere economico, quello politico e quello di manipolazione delle masse. I Tradizionalisti Neofeudali invece lavorarono proprio per impossessarsi di tutti e tre questi poteri, con un successo tragico oggi chiamato Unione Europea / Eurozona.Ora torniamo al loro valore numero uno, sopradescritto come: a) sottomissione delle “masse ignoranti” alla superiore saggezza delle élite non-elette, che le governa attraverso istituzioni SOVRANAZIONALI sovranazionali rette da tecnocrati fedeli ai Tradizionalisti Neofeudali. La domanda che si posero fu come ottenere una struttura simile. La risposta che gli arrivò fu lampante: creare una UNIONE MONETARIA Unione Monetaria che, privando gli Stati della loro moneta, li distruggeva di fatto totalmente e li assoggettava ai gestori esterni, sovranazionali, di quella UNIONE Unione. Uno Stato senza portafoglio è un eunuco, anche meno di questo, è come un padre di famiglia senza reddito, il cui Parlamento diventa una facciata di cartapesta: democrazia MORTA morta. Di conseguenza le “masse ignoranti” sarebbero andate allo sbando e crollate nella deflazione permanente del loro standard di vita (vi dice già qualcosa….?), esattamente lo scopo dei Tradizionalisti Neofeudali.La sopraccitata risposta gli fu servita da quattro uomini: Robert Schuman, lobbista dell’industria pesante francese di acciaio e carbone, e un prediletto del Vaticano, uomo di collegamento coi trust dell’acciao-carbone tedeschi; Jean Monnet, banchiere, esperto di finanza, e uomo strategico perché in buoni rapporti con gli Usa; Walter Funk, presidente della Reichsbank (1943); e Francois Perroux, economista, il vero cervello dietro la moneta unica e il modello di Banca Centrale Europea che poi sarebbe venuto, un filonazista puro (almeno fino a che non giudicò Hitler troppo ‘soffice’), con cui lavorava un altro economista di pura tradizione neofeudale, Jaques Rueff.I Neofeudali di Francia e Germania, a quel tempo – e qui stiamo già parlando dei primi anni dopo il 1945 – capirono però che non potevano portare avanti un progetto di rottura così violento coi valori americani, perché l’Europa ridotta a macerie era appesa alla tetta di Washington disperatamente. Qui fu la furbizia di Monnet a fare il trucco. Monnet semplicemente descrisse il micidiale progetto neofeudale della UNIONE MONETARIA Unione Monetaria ai presidenti Usa Truman e Eisenhower come un’unione europea di nazioni retta da un governo di saggi in funzione anti-sovietica! Un muro contro il ‘pericolo rosso’. Non solo, Monnet disse agli americani che la Banca di Francia avrebbe continuato a finanziare la Germania dell’ovest, visto che i Wendel erano di fatto i padroni della banca. Washington ci cascò, e rimase totalmente inconsapevole della vera natura del progetto descritta sopra, e del suo odio feroce per qualsiasi modello americano.Prima di proseguire, va spiegata una cosa di una importanza cruciale, ma veramente assoluta. Quando parliamo di uomini del Vero Potere, tendiamo automaticamente a pensare a questi vampiri che siedono su castelli stracolmi di oro, ricchezze, fortune immani, e che fanno ciò che fanno a milioni di innocenti per pura arrogante avidità. No. Fermi. Personaggi di questa matrice esistono certamente, ma sono più gli americani a essere di quella pasta, come alcuni europei certo, ma NON non i Tradizionalisti Neofeudali. No, no e no. Essi, dovete capirlo, lavorarono, e oggi lavorano, solo per due motivi: a) Un senso di investitura divina al DIRITTO diritto di governare le “masse ignoranti”, esattamente come i loro antenati in epoca feudale. Ma soprattutto… b) Un senso del DOVERE dovere, cioè di dover fare quello che fanno, se no, essi sono convinti, il mondo del GIUSTO ORDINE SOCIALE giusto ordine sociale verrà travolto dalla depravazione di quel mostro purulento chiamato democrazia, che per loro è la fonte della fine di ogni valore, di ogni buon senso, la fonte della fine di tutto. Loro DEVONO devono salvarsi e salvarci, a costo di ammassare montagne di cadaveri.Ricordate bene: un uomo come l’attuale presidente del Consiglio Europeo, il super-Neofeudale Herman Von Rompuy, o un uomo come Mario Monti, ne sono convinti fin nel midollo. Così Juncker, Draghi, Issing, Barnier, Rehn, così erano Padoa Schioppa e soci. Ecco perché non mostrano un milligrammo di pietà umana per le sofferenze di milioni di europei oggi (vedi Grecia). Pensano che essa è la giusta via del SACRIFICIO sacrificio per impedire a tutto il continente di sprofondare nella sparizione finale dei loro ‘GIUSTI VALORI’ ‘giusti valori’. Lo Stato non dovrà MAI PIU’ mai più garantire alle masse i “falsi diritti” del welfare, della democrazia, del benessere in crescita (non vi dice già qualcosa….?).In questo i Tradizionalisti Neofeudali odierni derivano la loro ideologia non solo dai personaggi sopraccitati, ma anche da Heidegger, Hitler, Goebbels, Funk e Schacht, tutti autori di scritti e noti discorsi contro la ‘perversione’ del New Deal di Roosevelt, cioè del modello di Stato interventista nel sociale, e a favore invece della supremazia delle elite su Stati imbelli. Ma la derivano soprattutto (Monti fra i primi) da colui che si contende il titolo di ‘Il più sociopatico economista mai vissuto’ con Robert Malthus, cioè Friedrich Von Hayek, della cosiddetta scuola austriaca, un vero razzista di proporzioni epiche, l’uomo che scrisse di poter tollerare un minimo di Stato Sociale ma solo «per impedire ai poveri di esasperarsi al punto da divenire un pericolo fisico per le classi dominanti» (sic). E’ l’uomo che dopo il francese Perroux si batté per impedire l’accesso delle “masse ignoranti” all’istruzione pubblica, considerata pericolosa perché avrebbe fatto comprendere alle masse l’economia.Il salto del Neofeudalesimo dei Tradizionalisti al Vero Potere Neofeudale del giorno d’oggi.Non vi faccio perdere tempo. La nascita dell’Unione Europea è roba stranota come tappe formali: Piano Schuman 1949, la Ceca nel 1951, il Trattato di Roma 1957, nel 1967 la Comunità Europea (Ce), nel 1979 eleggemmo il primo Parlamento Europeo, poi arriva il 1993 quando nasce l’Unione Europea col Trattato di Maastricht, che sancì una serie di riforme eclatanti, fra cui dal 1° gennaio 2002 quella dell’euro come moneta unica per i suoi membri. La nostra Banca Centrale Europea di oggi è stata modellata precisamente sulle indicazioni del tradizionalista neofeudale François Perroux, che già allora scrisse quelli che oggi sono i comandamenti della Bce: impedire agli Stati di spendere a deficit per il terrore dell’inflazione; le crisi si curano con Austerità feroci, cioè tagli sociali e super-tasse; il Mercato Unico deve esser il Signore assoluto senza nessuna interferenza degli Stati; la flessibilità del lavoro è un comandamento imprescindibile. Questo scrisse il neofeudale Perroux nel 1943 (!), e questo è oggi!E sempre stando col francese, ma anche con l’ultra-neofeudale austriaco sopraccitato, Hayek, si viene a sapere che l’idea di sottomettere le banche al potere delle élite neofeudali – oggi in pieno svolgimento con l’Unione Bancaria Ue (………………………..) – fu loro già 60 anni fa. Oggi, le idee tradizionaliste/neofeudali degli anni ’30 di UNIONE MONETARIA Unione Monetariia, Banca Centrale e distruzione della spesa pubblica degli Stati, hanno preso la forma della perversa struttura dell’Eurozona, con l’UNIONE MONETARIA Unione Monetaria, la Bce e le AUSTERITA’ austerità. Queste perfette riproduzioni del vecchio progetto tradizionalista neofeudale hanno di fatto spogliato totalmente gli Stati ex sovrani di ogni reale potere consegnandolo a élite non-elette (Commissione Ue), e ne hanno esautorato i Parlamenti con i Trattati Ue sovranazionali che sono superiori in autorità alle nostre leggi, cioè il sogno neofeudale come detto più sopra.Ora notate però una cosa: il progetto tradizionalista neofeudale ha tolto tutto allo Stato nazionale meno una cosa: il potere di polizia fiscale, proprio per imporre a milioni di esasperati cittadini gli orrori del ‘giusto sacrificio’ del GIUSTO ORDINE giusto ordine neofeudale, che io ho battezzato coi nomi di Economicidio e Chemiotassazione. Bene, anche questa idea risale al club di Perroux, Funk, Rueff e soci, altra mostruosità neofeudale presente sulla soglia di casa di milioni di noi oggi. Ma chi sono oggi i portatori dell’oscena torcia Neofeudale nella Ue? Cioè: CHI SONO GLI UOMINI CHE HANNO RACCOLTO L’EREDITA’ DEL PIANO TRADIZIONALISTA NEOFEUDALE DEGLI ANNI ’30, E CHE LA STANNO PORTANDO ALLA VITTORIA CON LA DEVASTAZIONE DI TUTTE LE NOSTRE EX DEMOCRAZIE, CON DISOCCUPAZIONE RECORD, PAURA SOCIALE, E DEFLAZIONE ECONOMICA PERMANENTE AI MASSIMI LIVELLI DA 70 ANNI CREATE A TAVOLINO DALL’EUROZONA E DAI SUOI TRATTATI?Chi sono gli uomini che hanno raccolto l’eredità del piano tradizionalista neofeudale degli anni ‘30, e che la stanno portando alla vittoria con la devastazione di tutte nostre ex democrazie, con disoccupazione record, paura sociale e deflazione economica permanente ai massimi livelli da 70 anni, create a tavolino dall’Eurozona e dai suoi trattati?Ne ho già nominati alcuni, cioè Herman Von Rompuy, Mario Monti, Juncker, Draghi, Issing, Barnier, Rehn, Barroso, così era Padoa Schioppa. Aggiungo alcuni altri colossi neofeudali: Jaques Attali, Jaques Santer, lo fu François Mitterrand, Jean-Claude Trichet, poi Giuliano Amato, Romano Prodi, Theo Weigel, col codazzo di centinaia di vassalli tecnocrati come gli italiani Marco Buti e Massimo Tononi. Vi si aggiunge la corte di latifondisti, nobili e massoni ammorbati di Opus Dei che si riuniscono attorno a Etienne Davignon e al famigerato club Bilderberg, sempre potentissimi. Poi il micidiale Jaques Delors, l’uomo di devota ‘scuola Perroux’ che ha tenuto le massime redini d’Europa (presidente della Commissione Europea, il vero potere Ue) per tutti i 10 anni cruciali del passaggio dalle democrazie degli anni ’70 agli Stati fantoccio del dopo-Maastricht, Eurozona. Poi non si dimentichino le correnti tedesche di economia della Scuola di Berlino e di Bremen, con il cosiddetto ‘Ordo-Liberismo’ di Walter Eucken che ha spacciato a generazioni di gonzi tedeschi il Neofeudalesimo come corrente sociale!Ma qui c’è un altro passaggio da capire, che è cruciale. L’avanzata del NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo, cioè della VERA ANIMA vera anima di tutto quello che a voi raccontano come Eurozona e Unione Europea e che ci sta distruggendo come democrazie, si è servita di una specie di ‘ascensore’ per arrivare invisibile nella stanze del potere. Hanno usato l’economia cosiddetta Neoclassica e quella Neoliberista. Come detto, i Neofeudali hanno usato un’arma principale per ottenere l’abbattimento del potere degli Stati di spendere per la crescita del popolo e della democrazia: l’UNIONE MONETARIA Unione Monetaria che, ripeto, significa 1) bloccare la spesa pubblica 2) creare il terrore dei deficit 3) imprigionare i governi entro spese pubbliche microscopiche 4) quindi paralizzare il flusso di denaro nelle società, portando deflazione economica, fallimenti a catena, disoccupazione alle stelle, paura e insicurezza di tutti 5) e consegnare noi cittadini/aziende nelle mani dei produttori ‘privati’ di denaro, cioè le banche, visto che il produttore di denaro pubblico, lo Stato, è stato castrato.Bene, queste folli regole erano per coincidenza anche il vangelo degli economisti prezzolati dal Vero Potere che si organizzarono per distruggere, per letteralmente polverizzare, tutta l’Economia Sociale nata dal pensiero di Marx, di Keynes, della Robinson, di Kalecki, di Godley, quella cioè che predicava l’esatto opposto: uno Stato DEVE SPENDERE PIU’ DI QUELLO CHE TASSA PER FAR CRESCERE IL 99%, A SCAPITO DELL’1%. Deve spendere più di quello che tassa per far crescere il 99% a scapito dell’1%. Questi economisti prezzolati dal Vero Potere erano e sono appunto i Neoclassici e i Neoliberisti, quelli che (parlando dell’Italia) oggi campeggiano alla Bocconi e sul “Corriere della Sera”, cioè i Giavazzi, gli Alesina, i Boeri, i Mingardi, Stagnaro, Boldrin, ecc. Ma soprattutto i loro ‘superiori’ internazionali come Von Mises, Friedman, Brunner, Tsiang, Meltzer, Lucas, Reinhart e Rogoff, Mankiw.La cosa pietosa di ’sto drappello di venduti con crimini sociali sulla coscienza è che non si sono mai resi conto di essere stati usati come ‘ascensori’ da un potere ben più devastante, quello Neofeudale, che li disprezza persino, considerandoli troppo morbidi nell’opera di annientamento delle “masse ignoranti”, così come Perroux considerava Hitler troppo morbido. Ma i Neofeudali li hanno e li stanno ancora usando. Il problema è che tantissimi antagonisti del Vero Potere credono in buona fede che il nemico da combattere in Ue siano ’ste ‘puttane’ dell’economia Neoclassica e Neoliberista, mentre no! NO!, No!, il nemico ha un altro nome: NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo. Ma naturalmente…. Barnard è un complottista… eh? Cari miei economisti ‘di sinistra’ eteroignari alla Brancaccio, Zezza o Bellofiore? Non avete ancora capito NIENTE niente del Vero gioco, sciocchi.Il grande paradosso capitalistico.Una domanda, sono certo, vi ha già percorso la mente da un bel po’. Questa: ma le classi capitaliste europee non la vedono la contraddizione fra la dottrina ormai dilagante del Neofeudalesimo e i loro interessi? Non lo vedono che distruggere la ricchezza immessa dallo Stato in cittadini/aziende (la spesa pubblica), creare così deflazione permanente e ridurre alla semi-povertà milioni di europei li danneggia nei commerci di beni e servizi e quindi nei profitti? La risposta a questa domanda è sempre – come tutto è quando si parla di Vero Potere, e così come nell’esempio iniziale dell’Olocausto – scioccante e incredibile. La semplifico. Uno dei colossi dell’economia sociale, quella dell’INTERESSE PUBBLICO Interesse Pubblico, e naturalmente sepolto e dimenticato, era Michal Kalecki, polacco. Già lui negli anni ’40 del XX secolo ci avvisava della miopia, MIOPIA, miopia, permanente e irrimediabile della classe capitalista imprenditrice. Disse Kalecki che, contrariamente a tutte le evidenze della scienza economica, gli imprenditori nascono, crescono e muoiono con stampato nel loro cervello il Dogma secondo cui un’azienda profitta se paga i lavoratori il meno possibile. E questo, già ai tempi del geniale polacco, valeva per il gigante Krupp come per il salumaio di quartiere.Oggi questa demenziale distorsione mentale esiste identica in tutta la classe imprenditrice europea, dalla Fiat o Siemens, alle piccole medie imprese, al bar. Non è valso nulla che un altro genio dell’economia sociale come John Maynard Keynes abbia dimostrato all’infinito che il “Paradosso del Risparmio” è una rovina di tutto il ciclo economico mondiale: se si pagano poco i lavoratori, se si risparmia e non si spende, crolla il flusso di liquidità che è proprio quello che fa crescere aziende ed economia, che permette gli investimenti e infine i profitti stessi. E’ lampante no? Ma no. Non è valso a nulla che Marx nell’800 o che Godley pochi decenni fa abbiano spiegato ai capitalisti i precisi meccanismi della creazione del profitto, che richiede SEMPRE sempre l’esistenza di categorie di salariati capaci di spendere bene a favore di altre categorie (e se possibile senza ricorrere al debito con le banche) con, come fornitore di liquidità di ultima istanza, lo Stato. No. Niente. I capitalisti non lo capivano, e non lo capiscono ancora oggi.Gli imprenditori colossi, ma anche quelli medi e piccoli, non la vogliono capire. E allora ecco che si spiega perché il fanatismo dei Neoclassici di ridurre tutti i salari a livelli di semi-povertà gli va a genio perfettamente. E’ il trionfo del loro istinto idiota di dominare i dipendenti credendo di trarne profitto. E’ il trionfo della cocciuta stupidità dell’imprenditore che NON CAPISCE MAI, non capisce mai, MAI NULLA DEI FONDAMENTALI DELLA MACROECONOMIA KEYNESIANA, mai nulla dei fondamentali della macroeconomia keynesiana, che invece farebbe la fortuna sua e dei suoi dipendenti allo stesso tempo. Pensate, in questo contesto, al fenomeno delle mega-fusioni e acquisizioni industriali e bancarie. Spiego: da diversi anni assistiamo a una corsa maniacale di corporations e banche ad acquistare rivali, o aziende minori, per creare questi colossi sempre più immensi. Cito solo la tedesca Audi o la Deutsche Bank, perché la Germania è oggi lo Stato che più al mondo corre per gonfiare in modo mostruoso le dimensioni delle proprie maggiori aziende; ma anche la nostra Unicredit, Eni o Enel tentano espansioni simili, e altri esempi sono infiniti. Il punto che hanno in comune tutti questi operatori del mega-capitale è sempre il medesimo: tagliare i costi e i salari.Cosa stanno facendo questi sciagurati? Semplice: obbediscono all’ordine Neofeudale secondo cui, appunto, l’immane concentrazione del potere dei Signori deve ritornare agli splendori dei secoli IX o XII, con servitù della gleba come manodopera sia di colletti bianchi che blu. E di nuovo non comprendono che questo deprimerà proprio l’economia su cui vivono. No! Comandare è più importante per loro, del resto sono ciechi. E poi si faccia attenzione: i Neofeudali sanno benissimo che una volta che una Corporation o una banca divengono ipertroficamente colossali, è impossibile per qualsiasi Stato lasciarle fallire quando l’economia che esse stesse hanno depresso, come detto sopra, collassa, perché finirebbero per trascinarsi dietro mezzo mondo. E allora gli Stati devono usare il denaro pubblico per salvarle, chinando la testa come sguatteri. E perché la chinano? PERCHE’ NON POSSONO PIU’ USARE LA LEGGE DEI PARLAMENTI PER COMANDARE NELL’INTERESSE PUBBLICO, VISTO CHE I NEOFEUDALI SONO OGGI I SOLI POSSESSORI DELLA LEGGE SOVANAZIONALE. Perché non possono più usare la legge dei Parlamenti per comandare nell’Interesse Pubblico, visto che i Neofeudali sono oggi i soli possessori della legge sovranazionale. Attenti a questo passaggio, lo ripeto. Solo i Tecnocrati Neofeudali possono oggi controllare questi colossi industriali e bancari, visto che sono loro, i Neofeudali della Commissione Europea, della Bce o del Consiglio Ue che gestiscono l’arma finale di tutte le armi: LA LEGGE la legge, oggi da loro esclusivamente creata in Ue.La disperazione di un pubblico che non capisce. Cosa va fatto.Una precisazione importantissima per i lettori, che, mi perdonino, non riescono mai bene a capire le ombre del Vero Potere e virano sempre verso un quadro di buoni contro cattivi, chi vince chi perde. No, le cose nel mondo del Vero Potere, specialmente nella sua versione Neofeudale, non stanno così. La guerra è in corso, non è vinta; i Neofeudali hanno indiscutibilmente ottenuto vittorie agghiaccianti, le ho già descritte alla noia, ma ribadisco: basti pensare al fatto che Camera e Senato oggi sono stati resi teatrino di campagna assieme alla nostra Costituzione; basti pensare che l’Italia non ha mai visto un crollo dei consumi come quello odierno dalla fine della II Guerra Mondiale (Istat), con i giovani disoccupati italiani in numeri di livello africano. Io qui vi ho raccontato dell’esistenza di questo mostro e di ciò a cui mira in futuro. Ma ci sono forze antagoniste alla restaurazione finale del NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo in Europa: non sono certo gli attivisti, che non ci capiscono nulla e si rifiutano di capire; non sono certo (perdonate, conato…) i sindacati. Sono alcune forze di capitalismo europeo filo-Usa; è una parte del mondo finanziario, quella più vicina al sistema bancario ‘retail’, cioè piccole-medie banche; ma soprattutto sono le colossali incognite del capitalismo russo e cinese, dell’asse che stanno creando con l’idea di uno Yuan moneta di riserva internazionale sostenuta dal gas/petrolio russo, cioè una rivoluzione economica sempre modellata sugli Stati Uniti che potrebbe spazzare via da sola tutto il progetto neofeudale in pochi anni.Ma per ora i Neofeudali sono qui, a Bruxelles e a Francoforte, e sono micidiali, hanno in mano tutto il potere, TUTTO tutto. E qui arriva la mia disperazione: un pubblico che non capisce. Lo avete capito che tutto ciò che hanno creato i NEOFEUDALI Neofeudali in oltre 70 anni è all’origine della più devastante crisi delle democrazie, dell’economia, dei posti di lavoro, del futuro dei giovani, della tutela sociale dalla fine della II Guerra Mondiale? Lo capite che l’urlo dell’operaio del Veneto, che la depressione della famiglia laziale una volta benestante e oggi in crisi, che il collasso dei diritti alla vita dignitosa alla salute alla prosperità di milioni di noi provengono tutti dal progetto Neofeudale, OGGI VINCITORE oggi vincitore? Lo avete capito che quel progetto ha distrutto la spesa pubblica, la sovranità dei Parlamenti e l’economia dell’Interesse Pubblico, per restaurare il GIUSTO ORDINE giusto ordine del regno delle élite sulle “masse ignoranti”? E si chiama Eurozona, Ue dei tecnocrati.Lo avete capito che un fantoccio patetico come Renzi, immediatamente chiamato a obbedienza dalla neofeudale Angela Merkel, conta come una cacca di piccione sul davanzale d’Europa? Lo capite che i politici di Roma sono ridicoli figuranti impotenti e grottescamente ignari di tutto il Vero Potere? Vi è chiaro che gli sbraiti di un cretino di Genova neppure arrivano alla soglia di casa dell’autista di uno come Herman Von Rompuy? Che neppure arrivano all’orecchio della camiciaia di Barnier? Lo avete capito che il Vero Potere va studiato e che dobbiamo contrapporgli una guerra totale combattuta da uomini e donne con pedigree d’acciaio, con una preparazione che spacca un capello con uno sguardo? Che va combattuto da chi ha la seguente idea chiara, limpida e scolpita nell’acciaio della propria determinazione a liberarsi:I NEOFEUDALI CI HANNO SOTTOMESSI, DEPREDATI DI DEMOCRAZIA E DIRITTI, CI HANNO SCHIAVIZZATI USANDO CODICI DI LEGALITA’ DA LORO RESI ‘PLAUSIBILI’, QUANDO INVECE ERANO ‘INIMMAGINABILI’, E CI RISERVANO UN FUTURO DA SERVITU’ DELLA GLEBA NEL TERZO MILLENNIO.ORA NOI DOBBIAMO RIPRENDERCI 250 ANNI DI CODICI DI VERA LEGALITA’, QUELLA CHE HA PRODOTTO LE PIU’ AVANZATE COSTITUZIONI DEL MONDO PER L’INTERESSE PUBBLICO, E SBATTERGLIELA IN FACCIA, CON IL POTERE RESTITUITO AGLI STATI SOVRANI E AI PARLAMENTI DI FERMARLI E DI ARRESTARLI, DI PROCESSARLI PER I LORO IMMANI CRIMINI, E DI FARLI SPARIRE.I Neofeudali ci hanno sottomessi, depredati di democrazia e diritti, ci hanno schiavizzati usando codici di legalità da loro resi ‘plausibili’, quando invece erano ‘inimmaginabili’, e ci riservano un futuro da servitù della gleba nel terzo millennio.Ora noi dobbiamo riprenderci 250 anni di vera legalità, quella che ha prodotto le più avanzate Costituzioni del mondo per l’Interesse Pubblico, e sbattergliele in faccia, con il potere restituito agli Stati sovrani e ai Parlamenti di fermarli e di arrestarli, di processarli per i loro immani crimini, e di farli sparire.Questo dobbiamo fare. Significa: l’uscita dell’Italia dall’Eurozona neofeudale, il ripristino della nostra SOVRANITA’ MONETARIA E PARLAMENTARE sovranità monetaria e parlamentare, e l’applicazione in Italia della migliore economia dell’Interesse Pubblico mai esistita: la Mosler Economics Mmt (leggete il Programma di Salvezza Economica per il Paese). Ma significa soprattutto un’altra cosa, caro lettore, cara lettrice: che tu, come me, ritrovi il CORAGGIO coraggio, il coraggio di ribellarti, ora che sai cosa ti stanno facendo. Caro lettore, cara lettrice, senza coraggio siete morti, e saranno morti i vostri figli, e se non avrete coraggio ve lo meritate. Ps: buone elezioni europee… come andare a investire in un pollaio di Vicenza credendo di influenzare la Borsa di New York.(Paolo Barnard, “Il feudalesimo si chiama Eurozona. E’ un mostro. Storia, nomi, fatti”, dal blog di Barnard del 27aprile 2014).Il complotto. Una parola trasformatasi in un’arma micidiale ai danni di chi studia, denuncia e lotta contro il Vero Potere. E’ usata da giornalisti, soprattutto, quelli che dalle pagine dei grandi quotidiani e dagli schermi Tv ammiccano sorrisetti spregiativi quando quelli come me parlano di Unione Europea criminale, di progetto Neoclassico e infine di Neofeudalesimo. Ci tacciano di essere dei fantasisti o pazzoidi che parlano di complotti, sciocchezze… suvvia, siamo seri. Io (e pochissimi altri) denuncio cose che volano in effetti chilometri sopra la comprensione comune della gente. Esse sono così distanti dal ‘ragionevole’, dal ‘plausibile’, che è gioco facile, per coloro che sanno invece benissimo che quello che io denuncio è vero, squalificarmi come complottista. E allora l’Olocausto?
-
Piano Manhattan: banche, guerra segreta contro Putin
«Questa non è un’altra guerra fredda: non c’è nessun plausibile equilibrio tra Russia e Occidente, e nessuna ideologia mistica da contrapporre». Quella in atto contro Mosca è una guerra economica, che gli Usa stanno preparando da 12 anni. Si chiama “Progetto Manhattan”, messo a punto da un dipartimento d’élite del Tesoro: una «bomba finanziaria al neutrone», progettata per «mettere la Russia in ginocchio senza sparare un colpo». La strategia si basa sul controllo egemonico del sistema bancario globale: si tratta di colpire le banche russe, con la collaborazione – convinta o riluttante – di tutti gli alleati degli Usa. «La resa dei conti per la finanza degli Stati Uniti con la Russia è più pericolosa di quello che sembra», avverte Ambrose Evans-Pritchard: la Russia è il più grande produttore mondiale di energia, ha un fatturato da duemila miliardi di dollari, dispone di eccellenti scienziati e mantiene in efficienza un arsenale nucleare di prim’ordine.Juan Zarate, il “cervello” del Tesoro che ha contribuito a ridisegnare la politica della Casa Bianca dopo l’11 Settembre, la definisce «un nuovo tipo di guerra, una specie di insurrezione finanziaria strisciante, con l’intento di incidere senza precedenti sulla linfa vitale finanziaria dei nostri nemici». Una strategia «più efficiente e sottile di qualsiasi altro confronto geopolitico del passato, ma non meno spietato e distruttivo», scrive nel suo libro “La guerra del Tesoro: lo scatenamento di una nuova era di guerra finanziaria”. Obiettivo: stringere il cappio intorno al collo della Russia di Vladimir Putin, chiudendo lentamente l’accesso al mercato per banche, le aziende gli enti statali russi, scrive Evans-Pritchard in un intervento sul “Telegraph” ripreso da “Come Don Chisciotte”. L’arma invisibile è una disposizione contenuta nel Patriot Act: se una banca si macchia di mancato rispetto delle norme previste – se viene accusata di riciclaggio di denaro o di sovvenzionare attività terroristiche o reati collaterali – diventa “radioattiva” e viene catturata nell’abbraccio mortale di Wall Street. Il suo valore crolla e gli azionisti fuggono.«Questa può essere una condanna a morte, anche se il creditore non svolge nessuna operazione negli Stati Uniti», annota Evans-Pritchard. «Le banche europee non hanno il coraggio di sfidare le autorità di regolamentazione Usa e rompono tutti i loro rapporti con la vittima». Così, finora, hanno fatto anche i cinesi: nel 2005 gli Usa colpirono il Banco Delta Asia (Bda) di Macao, accusandolo di essere stato un canale di pirateria commerciale verso la Corea del Nord. La Cina staccò la spina e il Bda fallì entro due settimane. Zarate, lo stratega della guerra finanziaria contro Mosca, sostiene che gli Usa potrebbero procedere anche da soli con le sanzioni, senza neppure attendere gli alleati europei. Il nuovo arsenale, continua Evans-Pritchard, è stato schierato contro l’Ucraina già nel 2002, quando gli Usa accusarono le banche di Kiev di riciclare i fondi della mafia russa, facendole capitolare.«Si sta facendo una guerra segreta su scala globale di lungo termine», conferma Zarate. EPutin sa esattamente che cosa possono fare gli Usa con le loro armi finanziarie. Secondo Zarate, la Casa Bianca di Obama ha aspettato anche troppo a lungo per fare sul serio, aggrappandosi alla speranza che Putin avrebbe smesso presto di infrangere le regole. Non sono bastati gli “avvertimenti” inviati alle banche russe che sostenevano il regime siriano. Per lo stratega di Washington, gli americani ora «dovrebbero togliersi i guanti: più aspettano, più dovranno muoversi pesantemente». Sempre secondo Zarate, potrebbe essere già troppo tardi per mantenere il controllo dell’Ucraina orientale, ma non troppo tardi per far pagare ai russi un prezzo molto caro. «Se il Tesoro degli Stati Uniti affermasse che tre banche russe sono coinvolte in preoccupanti operazioni di riciclaggio – dice – siamo sicuri che Ubs o Standard Chartered non ci rimetterebbero niente?».Questo potrebbe far emettere sanzioni progressive alle imprese della difesa russa e alle esportazioni di minerali e di energia: basterebbe una stretta su Gazprom, per far crollare tutto il sistema. Per Evans-Pritchard, invece, è meglio che alla Casa Bianca non si facciano illusioni: la Russia ha 470 miliardi di dollari di riserve estere, con le quali la banca centrale combatte la fuga dei capitali e difende il rublo. Il professor Harold James, di Princeton, ricorda la vigilia della Prima Guerra Mondiale: Gran Bretagna e Francia pensavanodi scatenare una guerra finanziaria per controllare la potenza tedesca. Ma attenzione: rompere gli equilibri che sostengono la finanza mondiale significa che niente potrà più contenerla. Le sanzioni? Rischiano solo di innescare reazioni a catena simili allo shock del 2008. «Lehman era solo un piccolo istituto, se lo dovessimo confrontare con le banche austriache, francesi e tedesche che sono oggi altamente esposte al sistema finanziario della Russia. Un congelamento dei beni russi – scrive James “Project Syndicate” – potrebbe essere catastrofico per i mercati finanziari europei, anzi per i mercati globali».Secondo Evans-Pritchard, è molto serio il rischio di una «replica asimmetrica» dal Cremlino: «Gli esperti russi di guerrra cibernetica sono tra i migliori, e fecero un giro di prova sull’Estonia nel 2007. Un fermo cibernetico di un sistema idrico dell’Illinois nel 2011 è stato attribuito a fonti russe. Non sappiamo se la Us Homeland Security possa essere in grado di contrastare un attacco in piena regola che preveda un blocco dei servizi alle reti elettriche, ai sistemi idrici, al controllo del traffico aereo o peggio ancora al New York Stock Exchange, o a Washington stessa». Se scoppiasse una guerra cibernetica oggi, «gli Stati Uniti perderebbero: siamo semplicemente un paese molto dipendente e vulnerabile», disse nel 2010 il capo del servizio di spionaggio Usa, Mike McConnell. E nel 2012 il segretario alla difesa Leon Panetta lanciò l’allerta per un possibile cyber-attack tipo Pearl-Harbour, capace di paralizzare tutti i sistemi di logistica e di erogazione dei servizi vitali.«Potrebbero bloccare la rete elettrica di vaste zone del paese, potrebbero far deragliare treni passeggeri o, ancor più pericolosamente, far deragliare treni carichi di sostanze chimiche letali», o addittura «contaminare la fornitura d’acqua nelle grandi città». Solo una boutade esagerata, quella di Panetta, magari per chiedere più fondi al Congresso? Evans-Pritchard resta prudente: non è saggio provocare la Russia in modo tanto grave e pericoloso. «Le sanzioni sono vecchie come il mondo, così come le lezioni salutari», conclude il notista del “Telegraph”, ricorrendo all’insegnamento dell’antica Grecia. «Pericle cercò di spaventare la città-stato di Megara nel 432 a.C. bloccando tutti i suoi commerci con i mercati dell’impero ateniese e cominciarono così le guerre del Pelopenneso che portarono la fanteria oplita di Sparta ad abbattersi su Atene e distruggere tutto. Il sistema economico della Grecia cadde in rovina e in balia della Persia. Quello fu un assaggio di asimmetria».«Questa non è un’altra guerra fredda: non c’è nessun plausibile equilibrio tra Russia e Occidente, e nessuna ideologia mistica da contrapporre». Quella in atto contro Mosca è una guerra economica, che gli Usa stanno preparando da 12 anni. Si chiama “Progetto Manhattan”, messo a punto da un dipartimento d’élite del Tesoro: una «bomba finanziaria al neutrone», progettata per «mettere la Russia in ginocchio senza sparare un colpo». La strategia si basa sul controllo egemonico del sistema bancario globale: si tratta di colpire le banche russe, con la collaborazione – convinta o riluttante – di tutti gli alleati degli Usa. «La resa dei conti per la finanza degli Stati Uniti con la Russia è più pericolosa di quello che sembra», avverte Ambrose Evans-Pritchard: la Russia è il più grande produttore mondiale di energia, ha un fatturato da duemila miliardi di dollari, dispone di eccellenti scienziati e mantiene in efficienza un arsenale nucleare di prim’ordine.