Archivio del Tag ‘Hillary Clinton’
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Bruxelles, svelata la lista dei 226 Soros-boys (14 italiani)
Affidabili perché? Amichetti di chi? I parlamentari italiani affidabili per George Soros e la sua Open Society, ma soprattutto per i suoi progetti di diffusione di immigrati e profughi in tutta Europa, sono 14, dei quali 13 del Partito Democratico, che a Bruxelles e Strasburgo sta nel gruppo che ora si chiama “alleanza progressista democratici e socialisti”, e 1 della lista Tsipras, che è Barbara Spinelli. Gli altri sono Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti. I loro nomi compaiono in un documento interno della Open Society che è una mappa dettagliata fino alla maniacalità sul Parlamento Europeo e la sua struttura, le sue ramificazioni, al centro della quale ci sono 226 parlamentari sui 751 dell’intero Parlamento, 7 vicepresidenti, decine di coordinatori e di questori, i membri di 11 commissioni e 26 delegazioni, tutti definiti affidabili alleati già dimostratisi tali o che tali possono diventare, assieme al gruppo dei loro assistenti, collaboratori, funzionari e portaborse a titolo vario.La maggioranza, 82, è nel partito dell’Alleanza progressista dei socialisti e democratici, ma ci sono circa 38 del Partito Popolare Europeo e 36 del gruppo Liberale, 34 della Sinistra Nordica, fino a 7 conservatori e riformisti europei. Un appoggio trasversale. Per carità, le grandi compagnie nell’organizzare attività di lobby così fanno, individuano le persone avvicinabili in una istituzione per disponibilità e per competenza. Ma se si trattasse solamente di individuare chi è vicino a certe opinioni, certe battaglie, a certe campagne in modo ideale, per appartenenza politica e sentimento, perché solo 226 presi nell’intera area progressista del Parlamento, e non solo? Perché solo 14 italiani, quando si suppone che tutti e 31 gli eletti del Partito Democratico dovrebbero condividere le stesse opinioni? Perché nessuno dei 17 eletti dei 5 Stelle? Nessuno sensibilizzabile fra i 13 di Forza Italia?È un bel malloppo quello preparato dalla Open Society che “DCleaks” ha reso noto, e che il governo ungherese, gran nemico di George Soros, ora ritiene di poter utilizzare nella sua furibonda battaglia contro i progetti della Open Society di riempire di profughi e di immigrati tutti i paesi europei. I 226 parlamentari sono elencati per incarichi, competenze, interessi, background, appartenenza politica, paesi di provenienza, ruoli nelle varie commissioni passati presenti e futuri; c’è Martin Schulz, non più presidente perché si è candidato nel partito socialdemocratico tedesco e ha sfidato la Merkel portando il suddetto partito al suo minimo storico. C’è l’italiano Gianni Pittella, che del gruppo Socialista è il presidente. Ci sono nomi famosi come Sergio Cofferati e Barbara Spinelli, e meno noti al pubblico, ma segnalati come influenti nel loro partito e nel Parlamento Europeo, come Roberto Gualtieri.Sull’autenticità del rapporto non c’è il minimo dubbio; su reazioni, annunci e speculazioni che fanno gli ungheresi alcune premesse sono necessarie perché il rapporto tra governo di Budapest e George Soros è di guerra. A dir la verità siamo prossimi alla guerra anche tra gli organismi che dirigono l’Unione Europea e Budapest, ma anche Varsavia, Bratislava e Praga, a cui aggiungere Vienna. Lo scontro ruota intorno alla politica di accoglienza indiscriminata, causa principale anche dell’uscita dell’Inghilterra, sarà bene ricordarlo. Con Soros, Budapest e il governo nazionalista di Viktor Orban hanno un conto doppio, perché George Soros è nato in Ungheria, nel 1930, da ebreo del ghetto di Budapest ai nazisti, imparando magistralmente fin da bambino l’arte della sopravvivenza a modo suo, denunciando ai nazisti i luoghi nei quali altri ebrei erano rifugiati. Da lì è partita la sua straordinaria avventura di finanziere e speculatore, con pelo sullo stomaco come pochi, basta ricordare la svalutazione della sterlina e della lira nel 1992.La Open Society e la filantropia sono venute dopo, ma non sono meno aggressive nei metodi e nei finanziamenti di certi partiti e di certi candidati piuttosto che di altri. Open Society Foundation si propone di “far accettare agli europei i migranti e la scomparsa delle frontiere”, cito il titolo di un progetto. Progetto finanziato di recente per 18 miliardi di dollari con il passaggio di una parte del patrimonio di Soros a Open society. Sarà complottismo, impazza anche negli Stati Uniti, visti i rapporti strettissimi tra Barack Obama e Hillary Clinton e Soros, e lo smacco subito con l’elezione di Donald Trump che proprio non era prevista visto il fiume di soldi profusi, ma l’idea è che per raggiungere l’obiettivo basterebbe negli Stati europei un milione di migranti l’anno, con la collaborazione attiva della sinistra “no borders”, della finanza apolide, dei neoguelfi al potere in Vaticano. Tutte colonie.Nelle parole di Viktor Orban, giudicato pericoloso autocrate nelle capitali dell’Europa occidentale ma estremamente popolare nel suo paese, l’Europa potrebbe diventare presto ostaggio di «un impero finanziario e speculativo che promuove l’invasione orchestrata di nuovi immigrati». Magari Orban è pazzo, ma come mai senza un appuntamento prestabilito né un argomento dichiarato, George Soros può incontrare Jean-Claude Juncker? Se è per questo, ha lungamente incontrato anche il premier italiano, Gentiloni, l’estate scorsa, in piena crisi di barconi. Insomma, a 87 anni compiuti, ma evidentemente ancora sostenuto da un’energia indomabile, il vecchio speculatore si muove come un leader politico mondiale. E liste come questa del Parlamento Europeo aiutano lui ma non aiutano la considerazione e la fiducia degli elettori.(Maria Giovanna Maglie, “Svelata la lista dei 226 parlamentari europei considerati affidabili dal miliardario Soros: gli italiani sono 14, di cui 13 del Pd”, da “Dagospia” del 1° novembre 2017).Affidabili perché? Amichetti di chi? I parlamentari italiani affidabili per George Soros e la sua Open Society, ma soprattutto per i suoi progetti di diffusione di immigrati e profughi in tutta Europa, sono 14, dei quali 13 del Partito Democratico, che a Bruxelles e Strasburgo sta nel gruppo che ora si chiama “alleanza progressista democratici e socialisti”, e 1 della lista Tsipras, che è Barbara Spinelli. Gli altri sono Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti. I loro nomi compaiono in un documento interno della Open Society che è una mappa dettagliata fino alla maniacalità sul Parlamento Europeo e la sua struttura, le sue ramificazioni, al centro della quale ci sono 226 parlamentari sui 751 dell’intero Parlamento, 7 vicepresidenti, decine di coordinatori e di questori, i membri di 11 commissioni e 26 delegazioni, tutti definiti affidabili alleati già dimostratisi tali o che tali possono diventare, assieme al gruppo dei loro assistenti, collaboratori, funzionari e portaborse a titolo vario.
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Tenetevi forte, il vero Russiagate inguaia i Clinton e Obama
Bye bye Clintons. Scommettete che gli stessi che li hanno vezzeggiati e coperti per decenni stanno per farli fuori esattamente come hanno fatto col maiale Weinstein? Il dossier farlocco su Trump e la Russia l’hanno pagato i democratici, e tutti, Fbi compreso, sono stati complici. Uranium One è stata una svendita di patrimonio nazionale e materiale nucleare ai russi, pagata ai Clinton con denaro riciclato. Le due storiacce si intersecano e si intrecciano, partono da lontano, da un accordo di affari in Kazakistan siglato da Bill Clinton, passano per le famose email fatte sparire da Hillary, infangano niente male l’immacolato Barack Obama, il suo consigliere nazionale e il suo attorney-general. Avete letto qualcosa in proposito sui giornali italiani? Sarebbe una notizia. Eppure lo scandalo sta per esplodere, Hillary Clinton ha un bel dichiarare che è tutto un baloney, tutte cazzate, ma la prova del contrario sta nel fatto che ora i giornali suoi alleati e amici si affrettano a pubblicare notizie compromettenti e a ribadire la certezza delle fonti, nel fatto che il Congresso si è deciso a indagare, che persino il superprocuratore dell’inchiesta sul Russiagate sta cambiando direzione di indagini.Tenetevi forte, è proprio vero che a forza di tentare di fregare qualcuno, magari ricorrendo a fake news, arrivano le notizie vere e investono in pieno l’accusatore, in questo caso la candidata trombata Hillary Clinton, l’ex presidente Barack Obama, la sua Amministrazione, l’agenzia federale di investigazione, Fbi. Naturalmente l’affare si complica se uno dei collusi del passato, Robert Mueller, già direttore dell’Fbi, adesso è a capo dell’investigazione sull’avversario, ovvero su Donald Trump e la sua campagna, accusati pesantemente con campagna mediatica oltre che nomina di procuratore speciale, di collusioni con la Russia di Vladimir Putin tali da falsare il risultato elettorale. Ma invece è tutto il contrario, sono stati la campagna Clinton e il Comitato Democratico a pagare il dossier bufala su Trump che innescò il Russiagate. A questa operazione ha lavorato per i democratici proprio Paul Manafort, ovvero l’ex consigliere di Donald Trump, principale accusato dell’inchiesta di oggi. Seguono una serie di domande, alcune delle quali ormai praticamente retoriche.L’Fbi di James Comey ha utilizzato quel dossier pagato dalla campagna Clinton e dal Comitato democratico, e non verificato, per ottenere dalla Corte Fisa un mandato a sorvegliare il team Trump durante e dopo la campagna elettorale? I dati raccolti illegalmente sui componenti del team sono stati comunicati senza necessaria autorizzazione ad almeno due ministri dell’amministrazione Obama? L’operazione truffaldina è stata fatta non solo per danneggiare prima il candidato, poi il presidente, ma anche per coprire le collusioni passate con la Russia, arrivate fino a venderle un quinto dell’uranio, materiale nucleare, americano in cambio di denaro sporco a Bill Clinton e alla fondazione Clinton? L’intera operazione è stata scoperta dall’Fbi e non comunicata al Congresso su ordine del governo Obama? Il capo di allora dell’Fbi che tacque colpevolmente è lo stesso che ora presiede la commissione di inchiesta sul Russiagate?Il tutto cominciò con un viaggio di Bill Clinton nel 2005 assieme al socio canadese della fondazione, Frank Giustra, in Kazakistan a fare accordi con un pericoloso autocrate filorusso, Nursultan A. Nazarbayev, mentre la moglie Hillary era senatore e si preparava a candidarsi alle presidenziali? Frank Giustra era anche il titolare della UrAsia Energy, venduta ad Uranium One nel 2007. Queste notizie sono state tenute accuratamente nascoste per mesi, ipotesi avanzate solo dai pochi media vicini al presidente, come “New York Post”, “Fox News”, fino a “Breitbart News”, ma ora pubblicano scoop e ricostruzioni un giornale progressista come “The Hill”, l’arci avversario “Washington Post”, “Seattle Times” e “Los Angeles Times”, e persino il “New York Times” comincia a ricordarsi di accurate inchieste del passato poi sepolte. Probabilmente vuol dire che la realtà incalza e tocca correre.Viene la confusione a me, figuriamoci a voi. Proviamo ad andare per ordine. Questa vicenda è gravissima, altro che Watergate, lo dico da mesi e lo ribadisco oggi. Naturalmente potete decidere che preferite leggervi sui giornaloni importanti come il “Corriere” racconti puntuti su quanto non sia in realtà ricco Trump, evidentemente ne sanno più di “Forbes”, su come sia stata fondamentale la campagna su Facebook per far vincere le elezioni a Trump, evidentemente con 6500 dollari – tanti su 100mila ne sono stati dedicati al candidato repubblicano – si influenza una campagna presidenziale, sul fatto che Trump tenga appeso sul suo aereo privato, non nella Trump Tower giudicata dal “Corriere” troppo cafona per accettare di viverci, un Renoir che è una crosta perché l’originale sta al museo di Chicago, probabilmente ha ragione il museo, ma ricordare di quanti falsi siano pieni i musei, magari la storia del falsario Mark Landis, non guasterebbe. Se invece decidete che lo scandalo che presto potrebbe fare impallidire Watergate vi interessa, ecco i primi elementi certi.Il famoso dossier che conteneva immagini e racconti di uno scandaletto sessuale protagonista Donald Trump in un albergo di una città dell’Est europeo, e che suggeriva pesanti connections con Mosca e Putin, è stato finanziato e commissionato dalla campagna presidenziale di Hillary Clinton e dal Comitato Nazionale Democratico alla Fusion Gps, il cui presidente e vicepresidente in questi giorni si rifiutano di rispondere alla commissione di Intelligence, invocando il Quinto emendamento, ovvero il diritto a non autoincriminarsi. La Fusion Gps fa capo dal 2016 a Marc Elias, un avvocato che rappresenta la campagna Clinton e il comitato democratico. Fu assoldato un ex agente segreto inglese, Christopher Steele, che aveva mantenuto dei rapporti con Fbi e servizi segreti degli Stati Uniti, che aveva a lungo lavorato in Russia. Confezionò un insieme di pezzi di dossier vecchi in un unico falso, anche piuttosto sfacciato, come poi è risultato essere. Trump in quella città non c’è neanche mai stato. Il tutto è stato pagato circa 9 milioni di dollari. Steele fu tanto preso sul serio che quando incominciò l’indagine sul presunto Russiagate, l’Fbi lo assoldò sia pure per poco tempo.Il famoso dossier ha poi fatto il giro del mondo per alcuni mesi, dopo l’elezione del presidente, al Congresso ci ha pensato il repubblicano John McCain a farlo distribuire, dovrebbe spiegare perché, i giornali lo avevano tutti ma nessuno aveva il coraggio di pubblicarlo perché smaccatamente fasullo, finché non lo fece una piccola pubblicazione, e da lì si parte per il Russiagate. Due parole in più sullo scandalo invece di Uranium One, partendo da alcune precisazioni che finalmente si fanno strada. Basterebbe il mezzo milione di dollari che in una sola volta Putin ha fatto avere per una conferenza a Bill Clinton a suscitare un sospetto di connivenza. Invece tutti concentrati su centomila dollari in tutto di inserzioni su Facebook, che secondo i democratici e secondo anche alcuni giornalisti italiani, avrebbero sfacciatamente favorito l’elezione di Trump. Quelle inserzioni sono cominciate a giugno del 2015, e a controllarle tutte vedrete che sono genericamente messaggi sul razzismo e sul controllo di armi; secondo Marx Penn, analista e stratega politico, sempre di area democratica, sulle elezioni del 2016 si sono soffermate inserzioni per 6.500 dollari.Se qualche impiccio con la Russia va ipotizzato, varranno ben di più i soldi incassati dai Clinton tra conferenze e affare di Uranium One, no? Però, essendo all’epoca della stipula del contratto di vendita la Clinton segretario di Stato e membro di una commissione governativa incaricata degli accordi, non si può accusare solamente lei, ma l’intera amministrazione di Barack Obama, e qui si parla di interessi e sicurezza nazionale. Si parla di aver venduto un quinto della capacità americana di estrarre uranio alla Russia e per l’esattezza a una compagnia di energia nucleare controllata dallo Stato, la Rosatom. La quale nella sua filiale americana, come l’Fbi ben sapeva, si dava un gran da fare in truffe, ricatti riciclaggio di denaro, frodi ed estorsioni. Se l’Fbi indagò e riferì al dipartimento di Giustizia, quest’ultimo nascose, tanto che l’attività della Rosatom americana continua ancora indisturbata per 4 anni. L’avessero rivelata per tempo, la vendita non sarebbe mai avvenuta. C’era un informatore che aveva lavorato sotto copertura il quale voleva riferire tutto al Congresso, e fu minacciato e bloccato dal Fbi. Ora però parlerà. Per ora mi fermo. Tanto siamo solo agli inizi.(Maria Giovanna Maglie, “Il vero Russiagate scoppierà adesso, e travolgerà i Clinton che l’hanno fabbricato, complice Obama”, da “Dagospia” del 26 ottobre 2017).Bye bye Clintons. Scommettete che gli stessi che li hanno vezzeggiati e coperti per decenni stanno per farli fuori esattamente come hanno fatto col maiale Weinstein? Il dossier farlocco su Trump e la Russia l’hanno pagato i democratici, e tutti, Fbi compreso, sono stati complici. Uranium One è stata una svendita di patrimonio nazionale e materiale nucleare ai russi, pagata ai Clinton con denaro riciclato. Le due storiacce si intersecano e si intrecciano, partono da lontano, da un accordo di affari in Kazakistan siglato da Bill Clinton, passano per le famose email fatte sparire da Hillary, infangano niente male l’immacolato Barack Obama, il suo consigliere nazionale e il suo attorney-general. Avete letto qualcosa in proposito sui giornali italiani? Sarebbe una notizia. Eppure lo scandalo sta per esplodere, Hillary Clinton ha un bel dichiarare che è tutto un baloney, tutte cazzate, ma la prova del contrario sta nel fatto che ora i giornali suoi alleati e amici si affrettano a pubblicare notizie compromettenti e a ribadire la certezza delle fonti, nel fatto che il Congresso si è deciso a indagare, che persino il superprocuratore dell’inchiesta sul Russiagate sta cambiando direzione di indagini.
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L’overdose da Fentanyl stermina 91 americani ogni giorno
E’ ormai la prima causa di morte per gli americani sotto i 50 anni, quindi in età produttiva: 91 americani muoiono ogni giorno per overdose da Fentanyl, un oppioide sintetico, antidolorifico, che crea forte dipendenza. La chiamano “opioid epidemic”: 52.000 morti nel 2015, 59.000 nel 2016 (più 19%), già oltre 60.000 ad agosto 2017; saranno almeno 65.000 a fine anno. Aumenti spaventosi. Gli Stati Uniti sono il paese con più morti per overdose del mondo per milione di abitante e lo sono per un differenziale enorme: 245,8 morti ogni milione all’anno contro i 26,4 per milione in Europa, dati del 2015, quindi 10 volte di più. A morire per overdose non sono tanto i neri o gli ispanici, sono soprattutto i bianchi, e soprattutto i maschi bianchi. Un coroner della Pennsylvania occidentale lamenta: ogni notte mi arrivano anche 13 corpi, non so più dove metterli; è come una peste. In vari Stati i poliziotti sono stati forniti di Naloxone, un farmaco d’emergenza: se trovano un morente per overdose, l’iniezione può salvarlo, ma ovviamente non fa nulla per ridurre il tasso di dipendenza. Lo Stato dell’Ohio ha querelato cinque farmaceutiche che fabbricano e producono il Fentanyl, per “favoreggiamento dell’epidemia”.Incredibilmente, il Fentanyl viene prescritto dai medici, appunto come antidolorifico – almeno all’inizio. Poi i pazienti cominciano a comprarlo illegalmente. Ci sarebbe anzitutto da chiedere: per quali mai dolori gli americani si rivolgono al medico, se il medico trova normale prescrivere un “antidolorifico” oppioide sintetico «che è 50 volte più forte dell’eroina e 100 volte più potente della morfina»? Quali dolori – se non quelli incoercibili del cancro terminale – richiedono un tale palliativo? Oppure si tratta della necessità di “funzionare” sul lavoro anche se si soffre per un qualunque dolore perché non ci si può assentare? E poi: sono dolori fisici, quelli che gli americani maschi bianchi vogliono soffocare con la prescrizione, o dolori spirituali a cui non sanno dare un nome? Anche il male sociale è stato privatizzato. Te lo curi da te. Il sito “Governing.com”, notiziario di tutti gli enti locali, osa un’altra diagnosi: «Non è come le passate crisi per droga, come quelle del crack o delle meta-anfetamine, non è la comparsa di una nuova classe di droghe che creano dipendenza a far morire ogni giorno 91 americani. Questa crisi degli oppiacei è una crisi del lavoro; è una crisi di affitti accessibili per le case. Le stesse forze che hanno rimodellato l’economia nel decennio scorso, hanno lasciato il vuoto riempito, in certe zone, dagli oppioidi».E aggiunge: «Uno studio dell’Università di Pennsylvania dopo le elezioni presidenziali dello scorso novembre ha scoperto che il presidente Trump ha preso enormemente più voti del previsto in quelle province (contee) che registrano il più alto tasso di “morti da disperazione”, ossia suicidi, overdosi di droga o da alcolismo. Ciò mostra che molti americani si sentono lasciati indietro dall’economia che cambia, e non credono più che il quadro politico attuale li sta aiutando». Dunque sono i bianchi maschi, in età da lavoro, che devono “funzionare” anche se malati per non essere licenziati; gente che votava democratico, spesso, che invece ha votato l’uomo nuovo che ha promesso, o anche solo dato l’impressione, di avere a cuore la loro tragedia? Forse i dolori che accusano questi bianchi non vengono dal corpo, né propriamente dallo spirito – ma vengono da una malattia sociale cui non sono più abituati a dare il senso giusto: ossia politico e collettivo, e che reinterpretano come un dolore privato, da “superare” e da “ingoiare”?Ho già accennato – troppo in breve – a un altro studio di due università, la Boston University – Department of Political Science – e la University of Minnesota Law School, sul rovesciamento del voto in circoscrizioni tradizionalmente democratiche, che hanno rifiutato Hillary Clinton e votato invece per Trump: sono quelle dove un numero maggiore di soldati, giovani che avevano “servito la patria” nei 15 anni di guerre americane, sono tornati nelle bare, o vivi e mutilati, o invalidi psichici. Per lo studio, tre Stati chiave per la vittoria di Donald (Pennsylvania, Michigan e Wisconsin) avrebbero dato la vittoria a Hillary se i vicini non avessero visto tante famiglie in lutto o con un invalido di guerra in casa. «Trump ha parlato a questa parte dimenticata dell’America». L’America dimenticata che sta elevando una silenziosa protesta per il costo umano che sta subendo per sostenere i 15 anni di guerre insensate non solo politicamente, ma eticamente (sono infatti, sappiamo, “guerre per Israele”). Il tasso immane di suicidi fra i soldati americani, da otto anni in crescita, è leggibile come l’estrema protesta silenziosa e impotente di un popolo per quello che lo costringono a fare?Nella fanteria, la più colpita, si toccano 29,9 suicidi per 100.000 persone, oltre il doppio della popolazione generale (12,6 per 100.000). Punte di un suicidio ogni 2,2 giorni. Si uccidono molto gli appena arruolati, anche prima di essere dispiegati in territorio nemico; ma moltissimo i congedati: «Venti reduci ogni giorno muoiono per suicidio», dice un rapporto ufficiale della Veteran Authority del 2016. Sulle cause, silenzio. Jason Roncoroni, un tenente colonnello che ha fondato una associazione di prevenzione del suicidio, tocca l’argomento tabù: «Attribuisce il tasso fra i militari al sentimento, fra loro, che le guerre americane non finiranno mai, e l’aspettativa di missioni future senza fine. Abbiamo sfumato la linea tra il tempo di guerra e il tempo di pace». Già: il tasso di suicidi s’è alzato dai primi anni 2000, inizio delle guerre “al terrorismo” (11 Settembre 2001), e non è mai calato. Anche, qui, sono i maschi bianchi a suicidarsi di più: i bianchi compongono poco più della metà dei soldati in servizio, ma i suicidi fra loro sono 7 su 10.Si piega sotto il fardello dell’uomo bianco, l’americano qualunque; l’uomo bianco che deve “funzionare”, e proprio per questo l’hanno caricato con un fardello che ormai lo schiaccia. E lui, sotto, incapace di sollevarlo, ci si uccide. Fatto istruttivo, solo l’armata israeliana ha tassi di suicidi paragonabili. Aggiungiamoci i 500 omicidi l’anno nella sola città di Chicago, in cui sono coinvolti soprattutto negri, quasi due al giorno, e in continuo aumento. Nell’insieme è l’immagine di una popolazione che si autodistrugge, che si devasta. O che viene devastata dalla “economia che cambia” e “li lascia indietro”, con paghe sempre minori ed affitti da pagare, e la coscienza della propria inutilità. E’ il capitalismo terminale, quello che fa profitti non più producendo merci ma producendo bolle finanziarie, che nella sua perfezione ideologica applicata persegue la massima efficienza come la intende: pagare il meno possibile il lavoro, precarizzarlo, sostituirlo con robot a tappe forzate, per retribuire al massimo il capitale finanziario.Tale “efficienza” porta l’effetto paradossale e opposto, che le imprese industriali rimaste in Usa fanno fatica a trovare lavoratori qualificati che non siano resi inservibili dall’oppioide. L’allarme è stato lanciato non da organizzazioni sociali, ma dalla stessa Federal Reserve. Le Fed di St. Louis ha denunciato l’introvabilità di lavoratori non drogati, e quindi improduttivi, in un “Libro Beige” diffuso il 12 luglio. La stessa Janet Yellen, la governatrice della Federal Reserve, ha spiegato in un’audizione al Senato che «gli oppioidi erano una delle cause del crollo della forza-lavoro», insieme beninteso ai robot e alle delocalizzazioni. Un crollo inaudito dalla «partecipazione alla forza lavoro», ossia delle persone che si offrono di lavorare. «Oggi, il 15% degli uomini fra i 25 e i 54 sono inspiegabilmente spariti dalla forza-lavoro – ossia uno ogni sette – nonostante il tasso di disoccupazione sia calato». Sono drogati che non riescono più a “funzionare”. La Yellen ha aggiunto di non capire e non sapere se «un così diffuso abuso di oppiacei sia la causa, o invece il sintomo di “malattie di lunga durata” di questi lavoratori».(Maurizio Blondet, estratto dal post “Usa, la nuova peste stermina l’uomo bianco, ormai superfluo”, pubblicato sul blog di Blondet il 16 agosto 2017).E’ ormai la prima causa di morte per gli americani sotto i 50 anni, quindi in età produttiva: 91 americani muoiono ogni giorno per overdose da Fentanyl, un oppioide sintetico, antidolorifico, che crea forte dipendenza. La chiamano “opioid epidemic”: 52.000 morti nel 2015, 59.000 nel 2016 (più 19%), già oltre 60.000 ad agosto 2017; saranno almeno 65.000 a fine anno. Aumenti spaventosi. Gli Stati Uniti sono il paese con più morti per overdose del mondo per milione di abitante e lo sono per un differenziale enorme: 245,8 morti ogni milione all’anno contro i 26,4 per milione in Europa, dati del 2015, quindi 10 volte di più. A morire per overdose non sono tanto i neri o gli ispanici, sono soprattutto i bianchi, e soprattutto i maschi bianchi. Un coroner della Pennsylvania occidentale lamenta: ogni notte mi arrivano anche 13 corpi, non so più dove metterli; è come una peste. In vari Stati i poliziotti sono stati forniti di Naloxone, un farmaco d’emergenza: se trovano un morente per overdose, l’iniezione può salvarlo, ma ovviamente non fa nulla per ridurre il tasso di dipendenza. Lo Stato dell’Ohio ha querelato cinque farmaceutiche che fabbricano e producono il Fentanyl, per “favoreggiamento dell’epidemia”.
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Folli sanzioni di guerra, imposte a Trump per farlo cadere
È uno scandalo senza precedenti. Il segretario generale della Casa Bianca, Reince Priebus, faceva parte della congiura intesa a destabilizzare il presidente Trump e preparare la sua rimozione. Ha alimentato le fughe di notizie quotidiane che perturbano la vita politica statunitense, tra cui la presunta collusione tra la squadra di Trump e il Cremlino. Nel farlo dimettere, il presidente Trump è entrato in conflitto con l’establishment del Partito Repubblicano, di cui Priebus è l’ex presidente. Osserviamo di passaggio che nessuna di queste soffiate in merito alle agende e ai contatti degli uni e degli altri ha apportato la benché minima prova delle accuse. La riorganizzazione della squadra di Trump che ne è seguita è avvenuta esclusivamente a spese di personalità repubblicane e a vantaggio di militari opposti alla tutela dello Stato profondo. L’alleanza che era stata conclusa facendo buon viso a cattivo gioco dal partito repubblicano con Donald Trump in occasione della convention di investitura, il 21 luglio 2016, è morta. Così ci si ritrova con l’equazione di partenza: da una parte il presidente outsider dell’«America profonda», dall’altro, l’intera classe dirigente di Washington sostenuta dallo Stato profondo (cioè dalla parte dell’amministrazione incaricata della continuità dello Stato al di là delle alternanze politiche). Ovviamente questa coalizione è sostenuta dal Regno Unito e da Israele.Quel che doveva arrivare alla fine è arrivato: i leader democratici e repubblicani si sono intesi nel contrastare la politica estera del presidente Trump e preservare i loro vantaggi imperiali. Per fare questo, hanno approvato al Congresso una legge di 70 pagine che introduce formalmente sanzioni contro la Corea del Nord, contro l’Iran e contro la Russia. Questo testo impone unilateralmente a tutti gli altri Stati del mondo di rispettare questi divieti commerciali. Queste sanzioni quindi valgono tanto per l’Unione Europea e la Cina quanto per gli Stati ufficialmente presi di mira. Solo cinque parlamentari si sono dissociati dalla coalizione e hanno votato contro questa legge: i deputati Justin Amash, Tom Massie e Jimmy Duncan e i senatori Rand Paul e Bernie Sanders. Le disposizioni di questa legge proibiscono grosso modo all’esecutivo di ammorbidire queste interdizioni commerciali sotto qualsiasi forma. Donald Trump è teoricamente legato mani e piedi. Certo, potrebbe opporre il suo veto, ma secondo la Costituzione, al Congresso basterebbe votare di nuovo il testo negli stessi termini per poterlo imporre al presidente. Costui quindi lo promulgherà senza imporsi l’affronto di doversi mettere al passo del Congresso. Nei prossimi giorni inizierà una guerra senza precedenti.I partiti politici Usa intendono cancellare la “dottrina Trump”, secondo cui gli Stati Uniti devono svilupparsi più velocemente degli altri per mantenere la leadership mondiale. Intendono invece ripristinare la “Dottrina Wolfowitz” del 1992, secondo la quale Washington deve conservare il proprio vantaggio sul resto del mondo rallentando lo sviluppo di qualsiasi potenziale concorrente. Paul Wolfowitz è un trotskista messosi al servizio del presidente repubblicano Bush per lottare contro la Russia. Divenne dapprima vicesegretario della difesa, dieci anni più tardi, sotto il figlio di Bush, poi presidente della Banca Mondiale. L’anno scorso ha dato il suo sostegno alla democratica Hillary Clinton. Nel 1992 scrisse che il concorrente più pericoloso degli Stati Uniti era l’Unione Europea e che Washington doveva distruggerla politicamente, cioè economicamente. La legge rimette in questione tutto ciò che Donald Trump ha fatto nel corso degli ultimi sei mesi, compresa la lotta contro i Fratelli Musulmani e le loro organizzazioni jihadiste, la preparazione dell’indipendenza del Donbass (Malorossiya), e il ripristino della Via della Seta.Come prima ritorsione, la Russia ha chiesto a Washington di ridurre il personale della sua ambasciata a Mosca al livello della propria ambasciata a Washington, ossia 455 persone, espellendo 755 diplomatici. Secondo le nostre informazioni, ci sarebbe una pletora di diplomatici statunitensi in Russia, tra 1.100 e 1.500. In questo modo, Mosca intende ricordare che se anche avesse interferito nella politica americana, questo non avrebbe misure paragonabili con l’importanza dell’ingerenza degli Stati Uniti nella propria vita politica. A questo proposito, è stato appena il 27 febbraio scorso che il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, annunciava alla Duma che le forze armate russe sono ora in grado anch’esse di organizzare “rivoluzioni colorate”, con 28 anni di ritardo sugli Stati Uniti. Gli europei si rendono conto con stupore che i loro amici di Washington (i democratici Obama e Clinton, i repubblicani McCain e McConnell) hanno appena stoppato ogni speranza di crescita nell’Unione. Lo shock è certamente pesante, ma ancora non hanno ammesso che il presunto “imprevedibile” Donald Trump è in realtà il loro migliore alleato. Completamente storditi da questo voto, sopraggiunto durante le loro vacanze estive, gli europei si sono messi in stand-by.Salvo reazione immediata, le aziende che hanno investito nella soluzione adottata dalla Commissione europea per l’approvvigionamento energetico dell’Ue sono rovinate. Wintershall, E.On Ruhrgas, N.V. Nederlandse Gasunie, e Engie (ex Gdf Suez) si sono impegnate a raddoppiare il gasdotto North Stream, ora vietato dal Congresso. Perdono non solo il diritto di competere in gare d’appalto Usa, ma perfino tutti i loro beni negli Stati Uniti. È loro negato l’accesso alle banche internazionali e non possono continuare le loro attività al di fuori dell’Unione. Per il momento, solo il governo tedesco ha espresso il suo sgomento. Non si sa se riuscirà a convincere i suoi partner europei e a organizzare l’Unione contro la signoria Usa che la sovrasta. Mai una tale crisi si è verificata, e quindi non v’è alcun elemento di riferimento precedente che consenta di anticipare il seguito degli avvenimenti. È probabile che alcuni Stati membri dell’Unione difenderanno gli interessi degli Stati Uniti, così come sono concepiti dal Congresso, contro i loro partner europei.Gli Stati Uniti, come ogni Stato, possono vietare alle loro aziende di commerciare con l’estero e alle società straniere di commerciare con loro. Ma, secondo la Carta delle Nazioni Unite, non possono imporre le proprie scelte in materia ai loro alleati e partner. Eppure questo è ciò che hanno fatto a partire dalle loro sanzioni contro Cuba. A quel tempo, sotto la guida di Fidel Castro – che non era un comunista – il governo rivoluzionario cubano aveva lanciato una riforma agraria alla quale Washington intendeva opporsi. I membri della Nato, che nulla avevano a che fare con questa piccola isola dei Caraibi, ne seguirono l’esempio. A poco a poco, l’Occidente, sempre più pieno di sé, ha considerato cosa normale affamare gli Stati che osavano resistere al suo potente signore. Ecco quindi che – per la prima volta – l’Unione Europea è direttamente toccata da quel sistema che essa stessa ha contribuito a mettere in campo. Più che mai, il conflitto Trump/Establishment prende una forma culturale. Esso oppone i discendenti di immigrati alla ricerca del “sogno americano” a quelli dei puritani del Mayflower. Da qui, per esempio, la denuncia da parte della stampa internazionale del linguaggio volgare del nuovo responsabile della comunicazione della Casa Bianca, Anthony Scaramucci.Fin qui Hollywood si era perfettamente accomodata alle maniere degli uomini d’affari di New York, ma improvvisamente questo linguaggio da carrettieri è presentato come incompatibile con l’esercizio del potere. Solo il presidente Richard Nixon si esprimeva così. Fu costretto a dimettersi da parte dell’Fbi che ha organizzato lo scandalo del Watergate contro di lui. Eppure, tutti sono d’accordo nel riconoscere che è stato un grande presidente, ponendo fine alla guerra del Vietnam e riequilibrando le relazioni internazionali con la Cina Popolare contro l’Unione Sovietica. È sorprendente vedere la stampa della vecchia Europa riprendere l’argomento puritano, religioso, contro il vocabolario di Scaramucci per giudicare la competenza politica della squadra di Trump, e il presidente Trump stesso licenziarlo appena nominato. Dietro quella che può sembrare solo una lotta fra clan, si gioca il futuro del mondo. O rapporti conflittuali e di dominio, o di cooperazione e sviluppo.(Thierry Meyssan, “L’establishment Usa contro il resto del mondo”, da “Megachip” del 31 luglio 2017).È uno scandalo senza precedenti. Il segretario generale della Casa Bianca, Reince Priebus, faceva parte della congiura intesa a destabilizzare il presidente Trump e preparare la sua rimozione. Ha alimentato le fughe di notizie quotidiane che perturbano la vita politica statunitense, tra cui la presunta collusione tra la squadra di Trump e il Cremlino. Nel farlo dimettere, il presidente Trump è entrato in conflitto con l’establishment del Partito Repubblicano, di cui Priebus è l’ex presidente. Osserviamo di passaggio che nessuna di queste soffiate in merito alle agende e ai contatti degli uni e degli altri ha apportato la benché minima prova delle accuse. La riorganizzazione della squadra di Trump che ne è seguita è avvenuta esclusivamente a spese di personalità repubblicane e a vantaggio di militari opposti alla tutela dello Stato profondo. L’alleanza che era stata conclusa facendo buon viso a cattivo gioco dal partito repubblicano con Donald Trump in occasione della convention di investitura, il 21 luglio 2016, è morta. Così ci si ritrova con l’equazione di partenza: da una parte il presidente outsider dell’«America profonda», dall’altro, l’intera classe dirigente di Washington sostenuta dallo Stato profondo (cioè dalla parte dell’amministrazione incaricata della continuità dello Stato al di là delle alternanze politiche). Ovviamente questa coalizione è sostenuta dal Regno Unito e da Israele.
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Rothschild Connection in Libia, grazie al loro uomo: Macron
«Ciò che avviene oggi in Libia è il nodo di una destabilizzazione dai molteplici aspetti»: lo ha dichiarato il presidente Emmanuel Macron celebrando all’Eliseo l’accordo che «traccia la via per la pace e la riconciliazione nazionale». Macron attribuisce la caotica situazione del paese unicamente ai movimenti terroristi, i quali «approfittano della destabilizzazione politica e della ricchezza economica e finanziaria che può esistere in Libia per prosperare». Per questo – conclude – la Francia aiuta la Libia a bloccare i terroristi. Macron capovolge, in tal modo, i fatti. Artefice della destabilizzazione della Libia è stata proprio la Francia, unitamente agli Stati Uniti, alla Nato e alle monarchie del Golfo. Nel 2010, documentava la Banca mondiale, la Libia registrava in Africa i più alti indicatori di sviluppo umano, con un reddito pro capite medio-alto, l’accesso universale all’istruzione primaria e secondaria e del 46% alla terziaria. Vi trovavano lavoro circa 2 milioni di immigrati africani. La Libia favoriva con i suoi investimenti la formazione di organismi economici indipendenti dell’Unione Africana.
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Carpeoro: l’Isis finirà presto, grazie ai massoni progressisti
Gli attentati dell’Isis nascono dall’esigenza, da parte di logge massoniche reazionarie e di alcuni interessi e gruppi economici di potere, di fronteggiare il fatto che parte della massoneria, parte della finanza e parte, per certi aspetti, anche del potere, che non è necessariamente un’entità negativa, si sta dissociando. C’è stata un’evoluzione, iniziata con l’epoca Bush, con “fronti di gestione” del potere in cui c’era una componente che era un po’ il “gruppo alfa” e l’altra, che stava zitta. Questa seconda componente – che si esprime nella finanza, nella massoneria, nei gruppi di potere – non è più allineata. Non è poù disposta a tacere, a subire, e ha preso piede. Aveva già preso piede con la figura del leader svedese Olof Palme (assassinato nel 1986), che stava diventando segretario generale dell’Onu – non una “carichetta” di poco conto, e la sua nomina era certa. E’ stato ammazzato perché la massoneria reazionaria non voleva che un massone progressista, con linee politiche-economiche moltro precise, arrivasse a una posizione di stra-potere. E con lui è stata “ammazzata” tutta la classe socialista e progressista europea, è stata disarcionata. E questa realtà traumatica ha richiesto un po’ di tempo perché le cose si riorganizzassero.Ma la massoneria progressista e i socialisti adesso si sono riorganizzati. E si sono riorganizzati in termini così pericolosi, per gli avversari, che c’è stato un fenomeno Sanders in America, esattamente come c’è una ripresa di un certo tipo in Inghilterra. E, grazie ai deliri di Macron, tra poco avverrà anche in Francia, dove c’era un prestanome, Hollande – che non è un socialista vero, come non lo era Tony Blair. Erano controfigure. Invece quello inglese, Corbyn, è uno che viene da là. E adesso i socialisti francesi, che stanno per fare un congresso, tireranno fuori un altro personaggio – l’ennesimo massone progressista “con le palle” – che a Macron farà un’opposizione di un certo spessore; ve ne accorgerete tra qualche mese. Quindi, a questo punto, succede che la parte più determinata e sanguinaria, quella che non aveva esitato a fare la guerra a Saddam, che non aveva esitato – per arrivare in America a determinate leggi repressive – a organizzare il primo fantoccio, Al-Qaeda, e poi il secondo fantoccio, Isis, oggi ha bisogno di tenere alta la tensione. E’ una specie di strategia della tensione a livello mondiale.Ha bisogno di questo terrorismo: perché ti fa vincere le elezioni localmente, ti fa gestire. Ma non lo possono portare avanti più di tanto, non è possibile: perché tu puoi, per tre anni, traccheggiare con quei quattro staccioni che ci sono in Siria, facendo finta che possano mettere in difficoltà le sette potenze mondiali, ma non la puoi tirare in lungo più di tanto, anche perché ci sono ripercussioni economiche, per esempio sulla gestione del petrolio. Nel momento in cui si deve abbassare il livello di tensione, per la componente che ha progettato l’Isis cominceranno a fioccare le sconflitte, grazie all’azione dell’area progressista. E ad agire non saranno più dei prestanome: il presentare la Clinton, Hollande o Tony Blair come area progressista faceva parte dell’operazione truffaldina che è stata fatta fino a ieri. Ma questa operazione ormai sta crollando: tutti, ormai, si rendono conto che quei soggetti non sono di area progressista – come non è di area progressista Renzi: non si può presentare come progressismo una cosa che non è progressismo, non è socialismo, non è socialdemocrazia.Nel momento in cui questa tensione terroristica si abbasserà, si riapriranno man mano gli orizzonti politici per delle forze progressiste che si sono riorganizzate, che hanno ritrovarto dei dirigenti – quello inglese mi sembra “tosto”; Sanders è un “personaggino” di cui tra poco comincerete a vedere gli effetti, perché anche lì stanno allevando il “delfino”. Secondo me, questo orizzonte cambierà. Alle primarie democratiche, Sanders sapeva benissimo che la situazione non era ancora pronta, per il suo fronte. Le cose maturano – politicamente, socialmente – con dei loro tempi. Sanders aveva il compito di lanciare un segnale, e l’ha lanciato bello forte. Poi, siccome è un politico raffinato, ha capito che doveva ammorbidire le sue posizioni. Anche perché, quand’è che ha ammorbidito la sua linea? Quando la Clinton ha avuto il primo malore. Cioè: quando ha avuto la certezza che la Clinton non sarebbe stata eletta. Tutti quelli che capiscono di America sapevano perfettamente che già dopo il primo malore, dopo le prime voci sulla sua salute, la Clinton non sarebbe stata eletta. Perché gli americani non lo votano, un candidato presidente che ha problemi di salute; sono troppo efficientisti, culturalmente.Pensate che gli esami medici dei presidenti Usa sono sempre stati un problema pubblico, non privato; provate a chiederli a Renzi, i suoi esami medici, e vedete come vi manda a quel paese. Là non funziona non così: l’America è un paese che un presidente con problemi di salute non lo vota, non lo elegge, col rischio di ritrovarsi poi un vicepresidente, alla Casa Bianca. Figurarsi la Clinton dopo che ha avuto il secondo malore, quello grosso. Ma i sentori che sarebbe stato eletto Trump c’erano già tutti. D’altro canto, Trump è perfettamente funzionale per lo sviluppo di una seria area progressista, in America. Perché i danni che fa Trump all’area conservatrice sono irreparabili. Quindi, questo quadro era già chiaro, limpido, netto. Ci sono politici che lo sanno. Quando Renzi perse le prime primarie, sapeva perfettamente che avrebbe vinto le seconde. Sapeva perfettamente che Bersani non avrebbe preso la maggioranza assoluta, che sarebbe stato sbeffeggiato dai grillini, che non sarebbe neppure stato capace di far eleggere il presidente della Repubblica, avrebbero dovuto rinnovare Napolitano – era tutto già scritto, non c’era possibilità di varianti.Il problema, in Italia – molto serio – è che noi abbiamo difficoltà a ristrutturare l’area progressista. Non ci riusciamo, per un insieme di motivi. Perché anche qui c’è un prestanome, che si prende l’area progressista senza essere progressista, avendo questa strana ripulsa per le ideologie: è il movimento grillino. Il Movimento 5 Stelle dovrebbe diventare più ideologico e porsi dei problemi di progressismo, ma siccome nasce solo sul marcare la sua differenza, non fondata su cose che afferma, ma solo su cose che smentisce e contesta, è più difficile. Perché l’area progressista è un’area di proposta. E poi, scusate, questo fatto che le ideologie sarebbero un crimine mi ha stufato. Io sono profondamente ideologico, me ne vanto: mi vanto di avere un’ideologia, perché l’ideologia è il progetto – qualunque sia: è il progetto che tu proponi agli altri. Se non hai un’ideologia non hai un progetto, stai proponendo solo una speculazione. Tu mi devi dire come vuoi organizzare la società, la politica, l’economia, poi io ti dico se ti voto o no. In realtà quelle della politica sono diventate proposte non-ideologiche, quindi sostanzialmente non-progettuali – da qualunque punto di vista: liberale, socialista. Io sono stufo di questa truffa: la politica senza ideologia è solo speculazione. Questo bisogna dirlo, agli italiani: tutti quelli che ti dicono “non vogliono avere un’ideologia” è perché ti vogliono fottere.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate nell’ambito della diretta web-radio “Border Nights” del 23 luglio 2017, condotta da Fabio Frabetti e ripresa su YouTube. Carpeoro, massone e simbologo, nel 2016 ha pubblicato il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che illumina i retroscena che collegano massoneria internazionale reazionaria, servizi segreti Usa e manovalanza islamista, nell’ambito della “sovragestione” del terrorismo internazionale, ieri targato Al-Qaeda e oggi Isis. Carpeoro è anche impegnato nel Movimento Roosevelt, fondato da Gioele Magaldi per tentare di rigenerare in senso progressista la politica italiana).Gli attentati dell’Isis nascono dall’esigenza, da parte di logge massoniche reazionarie e di alcuni interessi e gruppi economici di potere, di fronteggiare il fatto che parte della massoneria, parte della finanza e parte, per certi aspetti, anche del potere, che non è necessariamente un’entità negativa, si sta dissociando. C’è stata un’evoluzione, iniziata con l’epoca Bush, con “fronti di gestione” del potere in cui c’era una componente che era un po’ il “gruppo alfa” e l’altra, che stava zitta. Questa seconda componente – che si esprime nella finanza, nella massoneria, nei gruppi di potere – non è più allineata. Non è poù disposta a tacere, a subire, e ha preso piede. Aveva già preso piede con la figura del leader svedese Olof Palme (assassinato nel 1986), che stava diventando segretario generale dell’Onu – non una “carichetta” di poco conto, e la sua nomina era certa. E’ stato ammazzato perché la massoneria reazionaria non voleva che un massone progressista, con linee politiche-economiche moltro precise, arrivasse a una posizione di stra-potere. E con lui è stata “ammazzata” tutta la classe socialista e progressista europea, è stata disarcionata. E questa realtà traumatica ha richiesto un po’ di tempo perché le cose si riorganizzassero.
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Flynn: Usa terroristi, l’Isis è in Siria grazie a Obama e Hillary
Un folle pilota americano ha abbattuto un aereo siriano che stava attaccando l’Isis. Questo conferma che Washington non sta combattendo i terroristi, ma li sta proteggendo, in quanto suoi agenti in Siria per rovesciarne il governo. Il generale Michael Flynn, ex direttore della Defense Intelligence Agency, ha rivelato in un’intervista tv che Obama e la Clinton hanno voluto fortemente inviare l’Isis in Siria, contro il suo parere. L’Isis è la scusa per entrare abusivamente in Siria. Russia e Iran vi sono legalmente, invitati da un governo eletto. Gli americani invece sono lì come criminali di guerra. Secondo il diritto internazionale, stabilito dagli stessi yankees, è un crimine di guerra aggredire un paese che non ha sollevato un pugno contro di te. Ora che un pilota americano ha dimostrato che gli Usa sono in Siria solo per sostenere il proprio agente, l’Isis, nemmeno una “presstituta” come Megyn Kelly può credere alla versione di Washington. Russi, siriani e iraniani lo sapevano sin dall’inizio. Tuttavia, queste fonti ufficiali sono tutte considerate sospette dai media occidentali. Per questo, la bugia è rimasta in piedi, fino a quando l’idiota pilota americano ha tolto il velo dalla menzogna.Washington, naturalmente, mentirà spudoratamente. È l’unica cosa che sa fare. Dirà che era un “combattente della coalizione”, cioè che qualcun altro stava guidando gli F-18 americani. Non eravamo noi. Oppure affermeranno che il fighter siriano stava attaccando donne e bambini, oppure un gruppo di transgender o ancora un reparto maternità per donne violentate dalle “brutali truppe” di Assad. Il governo la girerà in qualche modo per rendere un aggressivo crimine di guerra un’eroica difesa di un gruppo di vittime. La domanda è: l’idiota pilota ha fatto tutto da solo, in stile Top Gun, oppure è stata un’iniziativa del complesso militare per iniziare un conflitto Stati Uniti-Russia che impedirebbe a Trump di calmare le tensioni con Putin? Sono in gioco 1 trilione di dollari annui pagati dai contribuenti americani. Non sappiamo se il pilota abbia agito da sé o su ordine. Quel che sappiamo è che non è andata giù ai russi. Il ministro della difesa ha dichiarato oggi che considera la decisione del comando statunitense come una «violazione intenzionale del memorandum per evitare incidenti di voli aerei nelle operazioni in Siria, firmato il 20 ottobre 2015». Che sorpresa! Gli americani hanno rotto un altro accordo fatto con la Russia.Quando capirà Mosca che un accordo firmato con Washington non ha senso? I nativi americani non lo hanno mai fatto. C’è una famosa maglietta in America: “Certo che puoi fidarti del governo: chiedi ad un nativo”. Il ministro della difesa russo ha annunciato oggi che il paese sta interrompendo tutte le interazioni con gli Stati Uniti nell’ambito del memorandum di prevenzione degli incidenti nei cieli siriani. Ha aggiunto inoltre che la difesa missilistica intercetterà qualsiasi aeromobile nella zona delle Forze Aerospaziali russe in Siria, e che «nelle aree in cui l’aviazione sta conducendo missioni di combattimento nei cieli siriani, qualsiasi oggetto volante, inclusi jet e veicoli aerei senza pilota della coalizione internazionale, scoperti ad ovest del fiume Eufrate, verranno seguiti da difese aeree e terrestri russe come bersagli aerei». In altre parole, la Russia ha velatamente indetto una “no-fly zone” in tutte le aree della Siria in cui operano le forze siriane e russe. Ogni intruso verrà colpito. Americani, israeliani, chiunque sarà fatto fuori.Poiché è la Russia, e non Washington, ad avere la superiorità aerea in Siria, tutto ciò che serve è un altro pilota americano sconsiderato, e i totali cretini di Washington dovranno ritirarsi o fare un errore. Date la stupidità e la hybris a D.C., i cretini commetteranno un errore. Non c’è nessuna intelligenza a Washington, solo arroganza. Nel quarto di secolo che ci sono stato ho visto le persone più stupide al mondo. Credo che la Russia e la sua abile leadership ne usciranno vincenti. Tuttavia, penso anche che abbia lasciato troppo che la crisi siriana si sviluppasse. Russia e Siria avrebbero vinto la guerra molto tempo fa, se Mosca avesse evitato di continuare a dichiarare una vittoria prematura, andandosene, dovendo tornare, sperando sempre di raggiungere un accordo con Washington. Raggiungere un accordo con gli americani era quasi più importante che vincere la guerra. Che cosa assurda. Sono gli americani che hanno fomentato il terrorismo in Cecenia.I russi sembrano non capire che non esistono terroristi indipendenti. Il terrorismo è un’arma di Washington. Come può dunque Mosca fare un accordo con un paese che le sta usando il terrorismo contro? Quale crede che sia il piano neocon di conquistare Siria ed Iran, se non portare più terrorismo in Russia? Putin è un leader esperto, forte e capace, forse l’unico fuori della Cina. Palesemente non ce n’è nessuno, in Occidente: un deserto di leadership. Pochi dubbi che sia un capo morale, che si oppone alla guerra e vuole il meglio per tutti i paesi. Tuttavia, cercando accordi con Washington, dà l’idea di essere debole e scavalcabile. Sarebbe molto meglio se Putin dicesse chiaramente: «Se volete la guerra, l’avrete in mezz’ora». Improvvisamente, la Russia verrebbe subito presa sul serio. Ammiro il presidente russo. Ma sta sbagliando mossa. Invece di parare l’aggressione di Washington, dovrebbe costringere Europa e Stati Uniti a venire da lui per una soluzione. Putin, il leader del mondo libero, non dovrebbe essere passivo rispetto ad un governo in bancarotta, corrotto e che si rotola nel male.(Paul Craig Roberts, “Un altro passo verso la guerra totale”, da “Information Clearing House” del 19 giugno, post tradotto da Hmg per “Come Don Chisciotte”. Craig Roberts è stato viceministro del Tesoro nel governo di Ronald Reagan).Un folle pilota americano ha abbattuto un aereo siriano che stava attaccando l’Isis. Questo conferma che Washington non sta combattendo i terroristi, ma li sta proteggendo, in quanto suoi agenti in Siria per rovesciarne il governo. Il generale Michael Flynn, ex direttore della Defense Intelligence Agency, ha rivelato in un’intervista tv che Obama e la Clinton hanno voluto fortemente inviare l’Isis in Siria, contro il suo parere. L’Isis è la scusa per entrare abusivamente in Siria. Russia e Iran vi sono legalmente, invitati da un governo eletto. Gli americani invece sono lì come criminali di guerra. Secondo il diritto internazionale, stabilito dagli stessi yankees, è un crimine di guerra aggredire un paese che non ha sollevato un pugno contro di te. Ora che un pilota americano ha dimostrato che gli Usa sono in Siria solo per sostenere il proprio agente, l’Isis, nemmeno una “presstituta” come Megyn Kelly può credere alla versione di Washington. Russi, siriani e iraniani lo sapevano sin dall’inizio. Tuttavia, queste fonti ufficiali sono tutte considerate sospette dai media occidentali. Per questo, la bugia è rimasta in piedi, fino a quando l’idiota pilota americano ha tolto il velo dalla menzogna.
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Dinaro africano: perché Hillary fece assassinare Gheddafi
Le mail appena rivelate mostrano che la Nato intervenne in Libia perché Gheddafi voleva creare una propria moneta, agganciata all’oro, per competere con l’euro e il dollaro. Lo afferma Brad Hoff su “Foreign Policy”. A capodanno sono state pubblicate oltre 3.000 nuove e-mail della Clinton quando era al Dipartimento di Stato. «La “Cnn” ovviamente si è concentrata sulle più futili», mentre gli analisti si sono soffermati «sulle conferme esplosive ivi contenute: ammissioni di crimini di guerra, infiltrati in Libia sin dall’inizio delle rivolte, la presenza di Al-Qaeda nell’opposizione appoggiata dagli Usa, paesi occidentali che si combattono per il petrolio libico e la preoccupazione per le riserve d’oro e d’argento di Gheddafi che minacciavano l’euro». Il 27 marzo scorso, una nota di Sidney Blumenthal, storico consigliere dei Clinton e raccoglitore di intelligence per Hillary, contiene evidenti testimonianze di crimini di guerra compiuti dai ribelli sostenuti dalla Nato. Citando come fonte un comandante dei ribelli, Blumenthal riferisce confidenzialmente che «sotto l’attacco delle forze aeree e navali degli alleati», le truppe libiche «hanno cominciato sempre più ad unirsi ai ribelli». Commento della fonte: «In confidenza, un comandante ribelle ha detto che le sue truppe continuano a uccidere tutti i mercenari stranieri catturati nei combattimenti».Mentre l’illegalità degli omicidi degli “squadroni della morte” di Hillary è facilmente riconoscibile, dietro al riferimento ai “mercenari stranieri” potrebbe esserci una sinistra realtà, non immediatamente evidente alla maggior parte della gente, scrive Hoff in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. «Gheddafi era noto per avvalersi di aziende europee e internazionali per lavori di sicurezza e infrastrutture, e guarda caso nessuna di queste è stata presa di mira dai ribelli. Ci sono invece molte testimonianze che dimostrano che civili libici e lavoratori sub-sahariani, popolazione favorita da Gheddafi nelle sue politiche per l’Unione Africana, sono stati obiettivi della “pulizia razziale” dei ribelli, che vedevano i neri libici come troppo legati al regime. Questi ultimi sono stati comunemente etichettati dai ribelli come “mercenari stranieri” per la loro fedeltà assoluta al leader, sono stati soggetti a torture ed esecuzioni e hanno subìto una pulizia etnica. Ne è un esempio Tawergha, città popolata interamente da 30.000 libici “scuri”, scomparsi nell’agosto 2011 dopo la sua presa da parte delle brigate Nrc Misratan, sostenute dalla Nato».Questi attacchi erano ben noti fin dal 2012 e spesso filmati, come conferma il report del “Telegraph”: «Dopo la cattura di Gheddafi ad agosto, centinaia di lavoratori migranti provenienti dagli Stati vicini sono stati imprigionati da combattenti alleati alle nuove e provvisorie autorità. Accusano gli africani neri di essere mercenari del defunto leader». In più, «sembra che la Clinton venisse personalmente informata dei crimini dei suoi amati combattenti anti-Gheddafi ben prima che questi avvenissero». La mail di Blumenthal, aggiunge Hoff, conferma anche il sospetto che le forze speciali di addestramento avessero collegamenti con Al-Qaeda. Sempre Blumenthal ammette che unità speciali britanniche, francesi ed egiziane stavano formando militanti libici lungo il confine egiziano-libico e nelle periferie di Bengasi. «Questa è la prova definitiva che forze speciali erano sul territorio subito dopo l’inizio delle proteste scoppiate a metà febbraio 2011 a Bengasi». Dal 27 marzo di quella che si era presunto fosse una semplice “rivolta popolare”, operativi esterni stavano già «sovrintendendo al trasferimento di armi e forniture ai ribelli», tra cui «una fornitura apparentemente infinita di fucili Ak-47 e relative munizioni».Solo alcuni paragrafi dopo questa ammissione, aggiunge Hoff, si invoca invece cautela sulle milizie che queste forze speciali occidentali stavano formando. C’era infatti la preoccupazione che «gruppi radicali terroristici come il Gruppo dei combattenti islamici libici e Al-Qaida nel Maghreb islamico (Aqim) infiltrassero l’Ntc e il suo comando militare». Anche se la risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza Onu proposto dalla Francia diceva che la “no-fly zone” sulla Libia era per proteggere civili, una mail di aprile 2011 inviata ad Hillary con l’argomento “il cliente francese e l’oro di Gheddafi” svela altri fini. Indica infatti che Sarkozy «era in prima fila nell’intervento in Libia, per cinque ordini di motivi: ottenere il petrolio libico, consolidare l’influenza nella regione, aumentare la propria reputazione a livello nazionale, affermare il potere militare francese e togliere l’ascendente di Gheddafi sull’“Africa francofona”». La cosa più sorprendente, aggiunge Hoff, è la lunga sezione che descrive l’enorme minaccia posta dalle riserve d’oro e argento del leader, stimate in 143 tonnellate ciascuna, al franco francese (Cfa), che circola come prima moneta africana. Altro che “responsabilità alla protezione”, a tutela dei civili. La spiegazione “riservata” è la seguente: «Questo oro è stato accumulato prima della ribellione attuale ed era destinato a creare una moneta pan-africana basata sul dinaro».Il piano, continua l’email riservata, era di «dare agli africani francofoni un’alternativa al franco». Secondo gli esperti, questa quantità d’oro e d’argento valeva più di 7 miliardi di dollari. «L’intelligence francese ha scoperto questo progetto poco dopo l’inizio dell’attuale ribellione e questo è il motivo della decisione di Sarkozy». Da notare che il salvataggio dei civili non viene neanche menzionato, chiosa Hoff. «Invece, la grande paura era che la Libia potesse dare indipendenza al Nord Africa col dinaro. L’intelligence francese “ha scoperto” l’alternativa libica all’euro: non poteva essere concesso». All’inizio del conflitto libico, la Clinton accusò formalmente Gheddafi e il suo esercito di usare lo stupro di massa (con l’aiuto del Viagra) come strumento di guerra. «Sebbene numerose organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty, dimostrarono subito la falsità di queste affermazioni, le accuse vennero pompate da politici e media occidentali: visto che infangava il leader libico, la cosa venne presa per buona dai network».Altra fiaba: il regime “sposta cadaveri” là dove cadono le bombe Nato. E’ lo stesso Blumenthal ad ammettere che sono semplici “rumors”, cui ha dato eco Robert Gates, allora segretario alla difesa, mentre la «narrativa degli stupri» è stata rilanciata da Susan Rice, ambasciatrice Usa all’Onu, nell’accusare pubblicamente la Libia davanti al Consiglio di Sicurezza. «Queste mail confermano che il Dipartimento di Stato non solo sapeva della natura spuria di ciò che Blumenthal chiama “voci” che avevano come fonte esclusiva il lato dei ribelli, ma anche che non ha fatto nulla per impedire che tali false notizie arrivassero ai piani alti, che ne hanno poi dato “credibilità”», conclude Hoff. «Sembra inoltre che la storia del Viagra probabilmente sia stata inventata di sana pianta da Blumenthal stesso». Interamente falso, dunque, il castello di accuse: Gheddafi, semplicemente, doveva cadere. Rappresentava una sfida all’impero euro-atlantico dell’euro e del dollaro, nonché un argine allo jihadismo, che è funzionale alla Nato: andava eliminato, per poter costruire la leggenda successiva, quella dell’Isis.Le mail appena rivelate mostrano che la Nato intervenne in Libia perché Gheddafi voleva creare una propria moneta, agganciata all’oro, per competere con l’euro e il dollaro. Lo afferma Brad Hoff su “Foreign Policy”. A capodanno sono state pubblicate oltre 3.000 nuove e-mail della Clinton quando era al Dipartimento di Stato. «La “Cnn” ovviamente si è concentrata sulle più futili», mentre gli analisti si sono soffermati «sulle conferme esplosive ivi contenute: ammissioni di crimini di guerra, infiltrati in Libia sin dall’inizio delle rivolte, la presenza di Al-Qaeda nell’opposizione appoggiata dagli Usa, paesi occidentali che si combattono per il petrolio libico e la preoccupazione per le riserve d’oro e d’argento di Gheddafi che minacciavano l’euro». Il 27 marzo scorso, una nota di Sidney Blumenthal, storico consigliere dei Clinton e raccoglitore di intelligence per Hillary, contiene evidenti testimonianze di crimini di guerra compiuti dai ribelli sostenuti dalla Nato. Citando come fonte un comandante dei ribelli, Blumenthal riferisce confidenzialmente che «sotto l’attacco delle forze aeree e navali degli alleati», le truppe libiche «hanno cominciato sempre più ad unirsi ai ribelli». Commento della fonte: «In confidenza, un comandante ribelle ha detto che le sue truppe continuano a uccidere tutti i mercenari stranieri catturati nei combattimenti».
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Rovesciare Trump e insediare Mike Pence: il piano procede
Ma cosa sta succedendo negli Usa? Per capirlo bisogna ripercorrere in rapida sequenza i primi 5 mesi della presidenza. Trump inizia come un presidente di rottura, che nel suo discorso inaugurale traccia degli obiettivi e una visione del ruolo degli Stati Uniti nel mondo antitetici rispetto ai suoi predecessori. Come prevedibile, la reazione dell’establishment è durissima: manifestazioni di piazza, giudici che bloccano decisioni presidenziali, l’intelligence che soffia sul fuoco del Russiagate alimentando lo spettro che Mosca abbia interferito nelle elezioni mentre molti repubblicani si schierano con i democratici. Lo Stato Profondo (Deep State) è in rivolta e protagonista di ogni forma di boicottaggio. Dopo appena tre settimane, uno dei suoi consiglieri più, quello alla sicurezza nazionale, Michael Flynn, si dimette per aver nascosto alcune conversazioni con l’ambasciatore russo a Washington. In sé nulla di irrimediabile, anche il team di Hillary ha avuto contatti con l’ambasciata russa. Trump, che non conosce la potenza dell’apparato, commette un errore, si dimostra arrendevole e abbandona Flynn.Il 6 aprile nuovo cedimento: l’altro fedelissimo, Steve Bannon, viene estromesso dal Consiglio nazionale della sicurezza, dove restano solo falchi, tra cui molti neoconservatori. Dopo poche ore Trump rinnega i capisaldi del suo discorso inaugurale e diventa improvvisamente interventista. Bombarda con i missili una base militare in Siria, lancia la “madre di tutte le bombe” in Afghanistan, fa salire alle stelle le tensioni con la Corea del Nord. Intanto, al Pentagono, si affinano i piani di guerra. Trump appare normalizzato, inghiottito dall’establishment. E improvvisamente il Russiagate sparisce dalle prime pagine, perde di intensità e di importanza. Il presidente annuncia la revoca del trattato di libero scambio Nafta ma dopo poche ore si rimangia tutto, a conferma del suo ammansimento. La revoca dell’Obamacare torna d’attualità con il convinto assenso del partito repubblicano. Poi, però, accade qualcosa. Trump ci ripensa o, almeno, dimostra di volersi riprendere qualche spazio, soprattutto diplomatico.Dopo aver incontrato da solo il leader cinese Xi, con cui stabilisce un ottimo rapporto personale, esautora di fatto il Dipartimento di Stato, decidendo da solo la visita dal Papa il 24 maggio e, soprattutto, avviando un dialogo con Mosca; parla al telefono con Putin e riceve alla Casa Bianca il ministro degli esteri russo Lavrov. L’establishment non gradisce e inizia ad agitarsi. Le polemiche interne riaffiorano, i giornali ricominciano a descrivere una Casa Bianca spaccata e caotica. Quando il presidente decide di licenziare il capo dell’Fbi Comey, il Deep State dichiara una nuova guerra, verosimilmente definitiva, al redivivo Trump. Seguendo i dettami illustrati dall’ex consigliere di Obama Kupchan, che invitava ad «adoperare i media e l’opinione pubblica», sulla stampa amica – ovvero “New York Times” e “Washington Post” fioccano indiscrezioni e rivelazioni pesantissime, insinuanti e, come sempre, anonime, ma di fonte sicura: servizi segreti, esponenti dell’amministrazione. Gli altri media amplificano. E l’isteria monta.Qualunque voce o ricostruzione contro Trump viene presentata dai media come sicura e provata, qualunque indizio a sua discolpa viene relativizzato o ignorato. La “Washington Post” annuncia che le informazioni passate a Lavrov durante l’incontro alla Casa Bianca sono segrete e che il presidente ha messo a repentaglio la sicurezza nazionale. Si scopre, tuttavia, che si tratta dell’allarme sulla possibilità che l’Isis compia attentati sugli aerei nascondendo bombe nei laptop, rischio noto da giorni, e lo stesso Putin smentisce di aver ricevuto informazioni segretissime e si dice pronto a dimostrarlo. Ma non basta a riportare la quiete. McCain cita il Watergate, i democratici incalzano, i media attaccano con toni scandalizzati. E ora? Un esponente di lungo corso della politica Usa, insospettabile perché rappresenta la sinistra americana, Dennis Kucinich, legge con molta lucidità la situazione. Ricorda di non aver nulla in comune con Trump ma, in un’intervista a “Fox News”, giudica pretestuosa questa campagna.«Se l’informazione era così sensibile perché è stata passata al “Washington Post”?», si chiede. E ancora: «Qualcosa è fuori controllo. C’è un tentativo di stravolgere la relazione con la Russia. Dobbiamo chiederci: perché l’intelligence sta cercando di sovvertire il presidente degli Stati Uniti con questi leaks? Io sono in disaccordo con Trump su molte questioni, ma su questa no. Ci può essere solo un presidente e qualcuno, nel mondo dei servizi segreti, sta cercando di rovesciare questo presidente al fine di perseguire una linea politica che ci mette in conflitto con la Russia. Il punto è: perché? E chi? Abbiamo bisogno di scoprirlo». Kucinich ha quasi certamente ragione. Qualunque pretesto è utile per perseguire lo scopo finale: ribaltare la volontà popolare, cacciare Trump e mantenere il potere nelle mani dell’establishment, al cui interno si annullano le differenze politiche tra destra e sinistra, e che governa gli Usa dai tempi di Kennedy. Il successore è già pronto: è il vice Mike Pence, che non è mai stato un fedelissimo di Trump. E’ uomo del partito repubblicano. Di lui si fidano.(Marcello Foa, “Obiettivo finale, rovesciare Trump. Preparatevi…”, dal blog di Foa sul “Giornale” del 17 maggio 2017).Ma cosa sta succedendo negli Usa? Per capirlo bisogna ripercorrere in rapida sequenza i primi 5 mesi della presidenza. Trump inizia come un presidente di rottura, che nel suo discorso inaugurale traccia degli obiettivi e una visione del ruolo degli Stati Uniti nel mondo antitetici rispetto ai suoi predecessori. Come prevedibile, la reazione dell’establishment è durissima: manifestazioni di piazza, giudici che bloccano decisioni presidenziali, l’intelligence che soffia sul fuoco del Russiagate alimentando lo spettro che Mosca abbia interferito nelle elezioni mentre molti repubblicani si schierano con i democratici. Lo Stato Profondo (Deep State) è in rivolta e protagonista di ogni forma di boicottaggio. Dopo appena tre settimane, uno dei suoi consiglieri più, quello alla sicurezza nazionale, Michael Flynn, si dimette per aver nascosto alcune conversazioni con l’ambasciatore russo a Washington. In sé nulla di irrimediabile, anche il team di Hillary ha avuto contatti con l’ambasciata russa. Trump, che non conosce la potenza dell’apparato, commette un errore, si dimostra arrendevole e abbandona Flynn.
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Manchester Satanic e terroristi Nato, nessuno è innocente
Ora viene fuori che il papà dell’attentatore di Manchester, il signor Ramadan Abidi, era un uomo reclutato dai servizi britannici, coinvolto in un vasto piano dell’esercito libico per assassinare Gheddafi, salvato – dopo che la sua copertura era stata svelata – dai servizi che l’avevano fatto esfiltrare con la famiglia. Il “Lybia Herald” lo indica come «un federalista della Cirenaica, che lottava per l’autonomia della regione, ma non noto per affiliazione religiosa». E’ stato nella Libia orientale che fu innescata la insurrezione tribale che portò alla caduta ed uccisione di Gheddafi, nel marzo 2011. Arrivarono carichi di armi dal Qatar. Truppe speciali britanniche erano sul terreno ad aiutare i rivoltosi: la “Bbc” riportò allora che sei elementi Sas erano stati catturati dalle truppe fedeli a Gheddafi; negli stessi giorni, sei “corpi speciali olandesi” (sic) furono catturati nella Libia occidentale mentre, dissero, aiutavano l’esfiltrazione di loro connazionali. Dunque, membri della Nato stavano assistendo (comandando, guidando) il Gruppo Islamico Libico Combattente, il cui capo sul fronte orientale era Abdelhakim Belhadj, noto esponente di Al-Qaeda.Ora, secondo l’“Independent”, Salman Abedi, il figlio stragista di Manchester, si trovava nella Libia Orientale nel 2011, quando gli aerei britannici bombardavano le truppe del governo libico per portare al potere i Takfiri. Era giovanissimo. Secondo i suoi compagni di scuola, cambiò allora: «Prima era un ragazzo di compagnia, beveva, fumava erba – ma quando tornò dalla Libia nel 2011 era un’altra persona. Diventò religioso. Per qualche tempo è stata innalzata una bandiera nera con scritte in arabo sul tetto della casa degli Abedi a Elsmore Road». Spero che i lettori non abbiano dimenticato come, sotto gli auspici di Hillary Clinton allora segretaria di Stato, carichi e carichi di armamenti saccheggiati dai forniti arsenali di Gheddafi furono spediti in Siria, per armare i Takfiri mercenari arruolati per abbattere il legittimo governo. Una sporchissima faccenda in cui trovò la morte l’ambasciatore Usa Chris Stevens, sacrificato con la sua scorta di Marines per non far saltare fuori la storia. Potevano essere salvati, un commando era pronto a decollare dalla Sicilia, fu dato l’ordine di “stand-down”. Insomma la strage “islamica” di Manchester è un effetto collaterale delle sovversioni britanniche in Libia e in Oriente in obbedienza ai neocon americani. A meno che non sia un’operazione voluta dagli stessi servizi britannici – l’attentatore era ben noto agli agenti – per distrarre l’opinione pubblica da qualcos’altro (Brexit? Elezioni?).Personalmente penso che valga più la prima ipotesi. Ma, come si dice: mai sprecare un disturbato mentale utilizzabile come islamista kamikaze. Quanto alla pop-star Ariana Grande, idolo delle giovanissime: nel 2014, in una intervista a “Billboard”, ha rivelato di essere divenuta “kabbalista” (complimenti) secondo «gli insegnamenti del rabbino Philip Berg», un agente d’assicurazione di New York, fondatore di una organizzazione magica chiamata Centro della Kabbala. Ariana Grande non è la sola celebrità ad aderirivi: Naomi Campbell, Madonna, Leonardo Di Caprio, Britney Spears, Demi Moore e (poteva mancare?) Paris Hilton si dice ne facciano parte. La giovanissima Ariana Grande ne deve essere particolarmente addentro, perché in una intervista ha parlato di come talora venga “abitata” da presenze inequivocabili: «Appena ho chiuso gli occhi ho sentito questa vampata davvero forte vicino alla mia testa… quando ho chiuso gli occhi ho iniziato di nuovo con i sussurri per molto tempo… ho iniziato a vedere questa immagine veramente inquietante, come con forme rosse».Sul web naturalmente si sono affollati complottisti che hanno intuito “messaggi” kabbalisti, per esempio, nell’età dell’attentatore e nella data della strage (22 è il numero delle lettere ebraiche su cui si basa la magia della Kabbala); altri hanno indicato simboli kabbalistici nei videoclip della piccola. La cosa ci stupirebbe poco e poco ci interessa. Oltretutto un produttore cinematografico che ha passato la vita ad Hollywood, Jon Robberson, ha appena accusato l’industria cinematografica hollywoodiana di essere «un nido di pedo-criminalità di natura luciferina». Il che, naturalmente, ci stupirà ancor meno. Stupirebbe di più il fatto che nessun giudice in Usa voglia riprendere in mano la faccenda della strana morte di Seth Rich, un addetto del comitato elettorale democratico che aveva rivelato a Wikileaks migliaia di mail compromettenti sul funzionamento interno del partito: fra cui i trucchi e i giochi sporchi con cui quel partito favoriva la Clinton e sabotava l’altro candidato, Bernie Sanders. «Seth Conrad Rich, 27 anni, fu assassinato per strada l’8 luglio in Washington Dc, da una o diverse persone che non gli rubarono nulla di quello che indossava, lasciando anche la sua ventiquattrore, il suo orologio o il cellulare». Julian Assange accusò Hillary come mandante dell’omicidio (Hillary: «Ma non c’è un drone, qualcosa, per ammazzarlo?»). Il fatto è che si stanno accumulando prove, indizi e testimonianze che puntano ai colpevoli nel Partito Democratico. Ma i giudici e i politici Usa sono tutti concentrati a cercare prove sul delitto originale di Trump, quello di essere un agente di Putin.(Maurizio Blondet, “Manchester Satanic, nessuno è innocente”, dal blog di Blondet del 25 maggio 2017).Ora viene fuori che il papà dell’attentatore di Manchester, il signor Ramadan Abidi, era un uomo reclutato dai servizi britannici, coinvolto in un vasto piano dell’esercito libico per assassinare Gheddafi, salvato – dopo che la sua copertura era stata svelata – dai servizi che l’avevano fatto esfiltrare con la famiglia. Il “Lybia Herald” lo indica come «un federalista della Cirenaica, che lottava per l’autonomia della regione, ma non noto per affiliazione religiosa». E’ stato nella Libia orientale che fu innescata la insurrezione tribale che portò alla caduta ed uccisione di Gheddafi, nel marzo 2011. Arrivarono carichi di armi dal Qatar. Truppe speciali britanniche erano sul terreno ad aiutare i rivoltosi: la “Bbc” riportò allora che sei elementi Sas erano stati catturati dalle truppe fedeli a Gheddafi; negli stessi giorni, sei “corpi speciali olandesi” (sic) furono catturati nella Libia occidentale mentre, dissero, aiutavano l’esfiltrazione di loro connazionali. Dunque, membri della Nato stavano assistendo (comandando, guidando) il Gruppo Islamico Libico Combattente, il cui capo sul fronte orientale era Abdelhakim Belhadj, noto esponente di Al-Qaeda.
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Craig Roberts: tradire chi li ha votati è la loro vera missione
La svendita di Trump al termine della svendita di Obama, durata otto anni. Istruttivo: ora abbiamo un presidente democratico che ha svenduto i suoi elettori, e un presidente repubblicano che ha appena fatto la stessa cosa. Questo è un punto molto interessante, il cui significato sfugge alla maggior parte delle persone – ma non al presidente russo Vladimir Putin, che al summit del Club Valdai ha riassunto lo stato della democrazia occidentale in termini che riassumo così, parafrasandoli: “In Occidente, gli elettori non possono cambiare la politica attraverso le elezioni, perché le élite dominanti controllano chiunque sia eletto. Le elezioni danno l’illusione della democrazia, ma il voto non cambia le politiche che favoriscono la guerra e le élite. Pertanto, la volontà popolare è neutralizzata. I cittadini vedono che il loro voto non ha alcuna influenza sugli affari del paese. Ciò li rende impauriti, frustrati e arrabbiati: una combinazione di emozioni pericolose per l’élite dominante che, in risposta, orienta i poteri dello Stato contro il popolo, esortandoli con la propaganda a sostenere altre guerre. Obama aveva promesso di uscire dall’Afghanistan o dall’Iraq, o forse da entrambi i paesi. Aveva promesso di abolire lo “Stato di polizia” creato dal regime di George W. Bush. E aveva promesso di concentrare le risorse americane sui problemi domestici, come l’assistenza sanitaria”.Ma cosa ha fatto, Obama? Ha esteso le guerre in corso e ne ha lanciate di nuove, ha distrutto la Libia e tentato di distruggere la Siria, ma è stato fermato dalla non-partecipazione britannica e dall’opposizione russa. Ha rovesciato i governi democratici in Honduras e in Ucraina. Ha ampliato lo “Stato di polizia”. Ha iniziato la demonizzazione della Russia e di Putin. Ha tradito nuovamente il popolo americano, permettendo all’industria assicurativa privata di scrivere il suo piano sanitario, conosciuto come Obamacare. Gli interessi privati, di fatto, hanno predisposto direttamente il programma, che dirotta i fondi pubblici dall’assistenza sanitaria verso i loro profitti. Tutto questo è stato dimenticato quando le élite governative e i media “presstiuti” al loro servizio hanno rifocalizzato la demonizzazione su Trump. Improvvisamente, il presidente neo-eletto è diventato il principale pericolo per gli Stati Uniti e per il popolo americano. Trump era un agente russo. Aveva cospirato con Putin per rubare l’elezione a Hillary Clinton e rendere la Casa Bianca un partner della presunta riconfigurazione di Putin dell’Impero Sovietico.Una sciocchezza furiosa, ma efficace. Così Trump ha ceduto alla pressione e ha sacrificato il suo consigliere per la sicurezza nazionale, che aveva sostenuto la promessa di normalizzare i rapporti con la Russia. Trump lo ha sostituito con un idiota russofobo che, a quanto pare, non vede l’ora di vedere nubi a forma di fungo atomico sulle città di tutto il mondo occidentale. Perché i due presidenti succedutisi alla Casa Bianca hanno completamente “venduto” la gente che aveva votato per loro? La risposta è che i presidenti non sono tanto potenti quanto i gruppi di interesse che prendono le decisioni. Trump era d’accordo sull’idea di sganciarsi dalla Siria, ma poi ha commesso un ambiguo crimine di guerra, attaccando gratuitamente Siria con i missili Tomahawk. Stava per normalizzare i rapporti con la Russia, ma ora il suo segretario di Stato annuncia che le sanzioni economiche statunitensi resteranno invariate, sulla Russia, finché Mosca non cede all’Ucraina la sua base navale sul Mar Nero, in Crimea. È impossibile normalizzare le relazioni quando il loro costo, per l’altra parte, è il suicidio nazionale.Nonostante la completa resa di Trump a quei poteri, il 2 maggio su “Npr” (National Public Radio) ho sentito della grezza propaganda, travestita da “opinione di esperti”, secondo cui Trump sarebbe allergico ai media, quando invece quello che tutti abbiamo visto è una massiccia preoccupazione dei media contro Trump, compreso il programma che stavo ascoltando. “Npr”, ad esempio, aveva messo insieme “esperti” che dicevano che Trump avesse calunniato Obama, accusandolo di intercettare le sue comunicazioni. “Npr” non ha detto niente sull’attacco del regime Obama contro Trump, accusato di aver cospirato con Putin per “scippare” l’elezione da Hillary Clinton. Se c’era una calunnia era proprio quella, e invece il discorso, in radio, era tutto concentrato su come Obama potrebbe citare in giudizio Trump. Ma perché l’oligarchia dominante utilizza ancora i suoi “presstituti” per combattere contro un presidente che si è arreso? Forse la risposta è che il vero potere sta “pestando” Trump a mo’ di avvertimento, in modo che nessun candidato faccia mai più un appello populista all’elettorato.(Paul Craig Roberts, “Democrazia americana, un morto che cammina”, dal blog di Craig Roberts del 2 maggio 2017).La svendita di Trump al termine della svendita di Obama, durata otto anni. Istruttivo: ora abbiamo un presidente democratico che ha svenduto i suoi elettori, e un presidente repubblicano che ha appena fatto la stessa cosa. Questo è un punto molto interessante, il cui significato sfugge alla maggior parte delle persone – ma non al presidente russo Vladimir Putin, che al summit del Club Valdai ha riassunto lo stato della democrazia occidentale in termini che riassumo così, parafrasandoli: “In Occidente, gli elettori non possono cambiare la politica attraverso le elezioni, perché le élite dominanti controllano chiunque sia eletto. Le elezioni danno l’illusione della democrazia, ma il voto non cambia le politiche che favoriscono la guerra e le élite. Pertanto, la volontà popolare è neutralizzata. I cittadini vedono che il loro voto non ha alcuna influenza sugli affari del paese. Ciò li rende impauriti, frustrati e arrabbiati: una combinazione di emozioni pericolose per l’élite dominante che, in risposta, orienta i poteri dello Stato contro il popolo, esortandoli con la propaganda a sostenere altre guerre. Obama aveva promesso di uscire dall’Afghanistan o dall’Iraq, o forse da entrambi i paesi. Aveva promesso di abolire lo “Stato di polizia” creato dal regime di George W. Bush. E aveva promesso di concentrare le risorse americane sui problemi domestici, come l’assistenza sanitaria”.
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Macedonia: fabbrica fake news, intasca 10.000 euro al mese
Ha festeggiato i 18 anni, quattro mesi fa, con una festa sontuosa nella sua città natale e ha dichiarato alla “Nbc News” che «senza il presidente eletto Donald Trump non sarebbe stato possibile». Ma che c’entra? Dimitri, il nome è di fantasia perché ha chiesto l’anonimato al giornalista che l’ha intervistato, è uno dei tanti adolescenti-smanettoni che si sono arricchiti durante la campagna elettorale americana. Di giorno va a scuola e di notte ‘sforna’ bufale in inglese. Nel piccolo paesino di Veles, in Macedonia, esistono delle vere e proprie ‘fabbriche’ di fake news: ogni giorno producono notizie false, ma scritte in modo tale da risultare vere a chi le legge sui social network e sui siti d’informazione. Come queste tre notizie, scritte da Dimitri e pubblicate su “Huffingtonpolitics.com”, la versione fake del HuffingtonPost: “Lo stilista di Michelle Obama si rifiuta di vestire Melania Trump”, “La regina Elisabetta ha invitato Trump”, l’attore George Lopez “promette di lasciare gli Usa a causa della vittoria di Trump”).Come si è arricchito spacciando notizie false? In due modi. Scrivendo notizie false e vendendole ai siti d’informazione degli Stati Uniti e pubblicandole anche su siti, come “Usa Daily News 24”, per poi postarle su Facebook. Più clic si riceve più si guadagna (un centesimo per clic) grazie alle pubblicità di Google inserite nel sito. I soldi arrivano direttamente nel suo account Google AdSense, che solo nel mese di settembre ha visto un + 7.500 euro. Un sito che, come si può vedere, ha una bella grafica e sembra, a tutti gli effetti un sito web americano, in realtà è nato ed è stato registrato a Veles, come altri 200 che garantiscono tanti soldi ad almeno sei ‘squadre’ che sfornano fake news in questa cittadina di 55mila abitanti, diventata la miniera d’oro delle bufale sul web. Dimitri ha raccontato di aver guadagnato almeno 56mila euro negli ultimi sei mesi, superando di gran lunga il reddito dei genitori e di molte altre famiglie della sua città, dove il salario medio annuo è di 4.500 euro. La sua principale fonte di denaro? I sostenitori e gli elettori del presidente eletto Donald Trump che, inevitabilmente, hanno messo “Mi Piace” e condiviso sui social le tante notizie negative scritte ad arte su Hillary Clinton.«Ho scritto, in inglese logicamente, gran parte delle bufale sullo scandalo delle email che ha investito la Clinton, e sulla sua (probabile) malattia, e per questo non adatta come presidente degli Usa”, ha dichiarato Dimitri all’emittente americana. Perché proprio Veles è la fabbrica delle bufale? Quasi un quarto dei macedoni è attualmente disoccupato, un tasso di circa cinque volte superiore a quello negli Stati Uniti. Poi la maggior parte dei ragazzi parla correntemente l’inglese. Chi produce notizie false guadagna talmente tanti soldi da poterli investire comprando case e appartamenti, fondando aziende e acquistando automobili costose. E, come accade in ogni parte del mondo, ora questi ragazzi sono diventati anche “più belli” agli occhi delle ragazze. «Non è un’attività criminale», ha affermato il sindaco della città, «perché», ha concluso, «tutto il denaro guadagnato dagli adolescenti viene tassato regolarmente».(Luigi Garofalo, “Fake news, ha guadagnato 56mila euro in 6 mesi ‘fabbricando’ bufale. La storia di un 18enne macedone”, da “Key4Biz” del 18 gennaio 2017. Diretto da Raffaele Barberio, “Key4Biz” è un newsmagazine sulla “digital economy”, con aggiornamenti quotidiani sul mondo del web).Ha festeggiato i 18 anni, quattro mesi fa, con una festa sontuosa nella sua città natale e ha dichiarato alla “Nbc News” che «senza il presidente eletto Donald Trump non sarebbe stato possibile». Ma che c’entra? Dimitri, il nome è di fantasia perché ha chiesto l’anonimato al giornalista che l’ha intervistato, è uno dei tanti adolescenti-smanettoni che si sono arricchiti durante la campagna elettorale americana. Di giorno va a scuola e di notte ‘sforna’ bufale in inglese. Nel piccolo paesino di Veles, in Macedonia, esistono delle vere e proprie ‘fabbriche’ di fake news: ogni giorno producono notizie false, ma scritte in modo tale da risultare vere a chi le legge sui social network e sui siti d’informazione. Come queste tre notizie, scritte da Dimitri e pubblicate su “Huffingtonpolitics.com”, la versione fake del HuffingtonPost: “Lo stilista di Michelle Obama si rifiuta di vestire Melania Trump”, “La regina Elisabetta ha invitato Trump”, l’attore George Lopez “promette di lasciare gli Usa a causa della vittoria di Trump”).